N. 268 SENTENZA 22 novembre - 14 dicembre 2017
Giudizio di legittimita' costituzionale in via incidentale.
Tutela della salute - Soggetti danneggiati da complicanze di tipo
irreversibile a causa di vaccinazione antinfluenzale, non
obbligatoria ma raccomandata - Diritto all'indennizzo.
- Legge 25 febbraio 1992, n. 210 (Indennizzo a favore dei soggetti
danneggiati da complicanze di tipo irreversibile a causa di
vaccinazioni obbligatorie, trasfusioni e somministrazione di
emoderivati) art. 1, comma 1.
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(GU n.51 del 20-12-2017 )
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori:
Presidente:Paolo GROSSI;
Giudici :Giorgio LATTANZI, Aldo CAROSI, Marta CARTABIA, Mario Rosario
MORELLI, Giancarlo CORAGGIO, Giuliano AMATO, Silvana SCIARRA, Daria
de PRETIS, Nicolo' ZANON, Augusto Antonio BARBERA, Giulio
PROSPERETTI,
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nel giudizio di legittimita' costituzionale dell'art. 1, comma 1,
della legge 25 febbraio 1992, n. 210 (Indennizzo a favore dei
soggetti danneggiati da complicanze di tipo irreversibile a causa di
vaccinazioni obbligatorie, trasfusioni e somministrazione di
emoderivati), promosso dalla Corte d'appello di Milano, sezione
lavoro, con ordinanza del 20 luglio 2016, iscritta al n. 252 del
registro ordinanze 2016 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della
Repubblica n. 50, prima serie speciale, dell'anno 2016.
Udito nella camera di consiglio del 22 novembre 2017 il Giudice
relatore Nicolo' Zanon.
Ritenuto in fatto
1.- Con ordinanza del 20 luglio 2016 (r.o. n. 252 del 2016), la
Corte d'appello di Milano, sezione lavoro, ha sollevato, in
riferimento agli artt. 2, 3 e 32 della Costituzione, questioni di
legittimita' costituzionale dell'art. 1, comma 1, della legge 25
febbraio 1992, n. 210 (Indennizzo a favore dei soggetti danneggiati
da complicanze di tipo irreversibile a causa di vaccinazioni
obbligatorie, trasfusioni e somministrazione di emoderivati), nella
parte in cui «non prevede che il diritto all'indennizzo, istituito e
regolato dalla stessa legge ed alle condizioni ivi previste, spetti
anche ai soggetti che abbiano subito lesioni e/o infermita', da cui
siano derivati danni irreversibili all'integrita' psico-fisica, per
essere stati sottoposti a vaccinazione non obbligatoria, ma
raccomandata, antinfluenzale».
1.1.- Le questioni di legittimita' costituzionale sono state
sollevate dalla Corte d'appello di Milano nell'ambito di un giudizio
promosso dal Ministero della salute per impugnare la sentenza con cui
il Tribunale di Milano aveva riconosciuto al ricorrente, in primo
grado, il diritto all'indennizzo, a fronte della diagnosi della
sindrome di Parsonage Turner, insorta a seguito di vaccinazione
antinfluenzale «fortemente incentivata ai pensionati della sua fascia
di eta' nelle campagne di sensibilizzazione del Ministero della
Salute».
L'indennizzo era stato negato originariamente sia dal centro
medico, sia dal Ministero, poiche' la vaccinazione in oggetto non e'
obbligatoria, ma solo raccomandata.
Riferisce la Corte rimettente che il giudice di primo grado, a
seguito di una istruttoria che aveva accertato il «nesso eziologico
tra la pratica vaccinale e la comparsa della Sindrome di Parsonage
Turner», aveva ritenuto di interpretare la norma censurata in modo
costituzionalmente conforme, tenendo conto della sentenza n. 107 del
2012 della Corte costituzionale, «sul presupposto che la vaccinazione
[...] rientri tra le ipotesi di vaccinazione raccomandata con chiare
finalita' preventive di tutela della collettivita'».
Il Ministero della salute, nel ricorso in appello, ritiene, al
contrario, che il Tribunale di Milano abbia illegittimamente esteso
l'ambito applicativo della legge n. 210 del 1992, che riconosce il
diritto all'indennizzo per le sole vaccinazioni obbligatorie e non
per quelle raccomandate. Anche il riferimento alla sentenza n. 107
del 2012 della Corte costituzionale sarebbe del tutto erroneo, non
potendosi assimilare rosolia, parotite e morbillo (malattie
specificamente oggetto della citata sentenza della Corte
costituzionale) al virus influenzale. Il Ministero, inoltre, contesta
anche l'adesione del Tribunale alle conclusioni raggiunte dal
consulente tecnico di ufficio sul nesso di causalita' fra la
vaccinazione e l'insorgere della patologia, «dovendosi ritenere che
tale conclusione sia definibile in termini scientifici come mera
possibilita' [...] e non di probabilita' ne' tantomeno di certezza».
1.2.- Cio' premesso, la Corte d'appello di Milano, innanzitutto,
ritiene infondate le censure proposte dal Ministero della salute,
relative alla mancata dimostrazione del nesso di causalita' fra la
vaccinazione e la patologia, affermando che l'esito della consulenza
tecnica di ufficio sarebbe sostenuta dai «dati ricavabili dalla
letteratura scientifica», i quali conducono a ritenere la sussistenza
di una «correlazione causale» in termini di «probabilita'».
1.3.- Sostiene la Corte rimettente che, sebbene la vaccinazione
antinfluenzale non sia obbligatoria (come richiesto dalla
disposizione censurata ai fini del diritto all'indennizzo), essa «e'
stata oggetto di raccomandazione da parte del Ministero della Salute»
e che il ricorrente rientra in una categoria di persone «ad aumentato
rischio di malattia grave» (essendo «affetto da broncopneumopatia
cronica ostruttiva»).
Richiama inoltre la sentenza n. 107 del 2012 della Corte
costituzionale (oltre alle decisioni n. 423 del 2000 e n. 27 del 1998
della stessa Corte), che ha riconosciuto il diritto all'indennizzo
anche nei casi in cui «la lesione alla salute sia derivata da un
trattamento vaccinale non obbligatorio, bensi' raccomandato
dall'autorita' sanitaria pubblica per ragioni di tutela della salute
pubblica, e precisamente dalla vaccinazione contro il morbillo, la
parotite e la rosolia».
Tale estensione si giustifica, secondo la Corte rimettente,
considerando che, «in presenza di diffuse e reiterate campagne di
comunicazione a favore della pratica vaccinale, resta del tutto
irrilevante o indifferente che [...] l'effetto cooperativo della
popolazione sia riconducibile ad un obbligo o ad una persuasione».
1.4.- La Corte d'appello di Milano, in presenza di un dato
letterale inequivoco che non consente indennizzo se non in presenza
di menomazioni permanenti derivanti da vaccinazioni obbligatorie, non
condivide la decisione del giudice di primo grado, il quale aveva
riconosciuto il diritto all'indennizzo attraverso una pretesa
interpretazione costituzionalmente conforme dell'art. 1, comma 1,
della legge n. 210 del 1992.
In conseguenza, solleva questione di legittimita' costituzionale
della medesima disposizione, per violazione degli artt. 2, 3 e 32
Cost.
2.- La Corte rimettente ritiene che le questioni sollevate siano
rilevanti, sussistendo ogni altra condizione per il riconoscimento
del richiesto indennizzo, cosi' da essere decisiva per l'esito della
controversia la decisione della Corte costituzionale su di esse.
3.- Le questioni sarebbero, inoltre, non manifestamente infondate
rispetto «al diritto-dovere di solidarieta' di cui all'art. 2 Cost.,
al principio di uguaglianza di cui all'art. 3 Cost. e al diritto alla
salute di cui all'art. 32 Cost.»
Se non fosse riconosciuto un indennizzo, il singolo soggetto,
infatti, sarebbe costretto a farsi carico delle conseguenze negative
derivanti da un trattamento sanitario effettuato non solo nel suo
interesse, ma «anche e soprattutto» nell'interesse dell'intera
collettivita'.
Inoltre, si determinerebbe un trattamento differenziato fra i
soggetti che si sono sottoposti a una vaccinazione obbligatoria e
coloro che invece hanno aderito a un «appello alla collaborazione ad
un programma sanitario pubblico, riservando a questi ultimi un
trattamento deteriore». Si determinerebbe, infine, la «lesione del
diritto alla salute della fascia di popolazione piu' anziana e
debole».
4.- Con atto depositato il 3 gennaio 2017, e' intervenuto in
giudizio il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e
difeso dall'Avvocatura generale dello Stato, chiedendo che le
questioni di legittimita' costituzionale vengano dichiarate, «in
gradato subordine, inammissibil[i], non rilevant[i] ed infondat[e]».
4.1.- L'Avvocatura generale dello Stato ritiene che le
motivazioni che sostengono l'ordinanza di rimessione siano errate sia
dal punto di vista medico-scientifico, sia da quello giuridico.
Innanzitutto, «l'influenza c.d. stagionale non assume ne' puo'
mai assumere il carattere di una pandemia», cioe' di una epidemia «la
cui diffusione interessa piu' aree geografiche del mondo, con un alto
numero di casi gravi ed una mortalita' elevata». Al contrario,
l'influenza stagionale sarebbe «una malattia infettiva dal carattere
ricorrente [...] ma dal decorso generalmente benigno». Essa, in
questa prospettiva, risulterebbe «realmente pericolosa solo per ben
determinate categorie di soggetti, di regola ultrasessantacinquenni o
gia' affetti da determinate patologie croniche». Tenendo conto di
queste considerazioni specifiche, le autorita' sanitarie avrebbero
intrapreso campagne di sensibilizzazione tese a raccomandare la
vaccinazione per le categorie a rischio, in tal modo assicurando
primariamente «una tutela individuale "rafforzata"» del diritto alla
salute.
Proprio in ragione della dimensione prevalentemente individuale
della tutela che si intende assicurare, si farebbe ricorso alla
raccomandazione amministrativa che «non e' - ne' puo' essere - fonte
di obblighi per i destinatari ne', tantomeno, contempla - o puo'
contemplare - sanzioni per coloro che non si sottopongono al
trattamento sanitario raccomandato».
Ritiene la difesa statale (richiamando ampi passaggi della
sentenza n. 107 del 2012 della Corte costituzionale) che il diritto
all'indennizzo sia riconosciuto al singolo, quando costui si sia
sottoposto a vaccinazione (obbligatoria o raccomandata) «in funzione
della tutela di un interesse superiore», ossia quello della salute
collettiva. Solo in tale prospettiva si giustificherebbe l'obbligo
posto in capo alla collettivita' di farsi carico di eventuali
conseguenze negative che derivino dalle vaccinazioni stesse.
4.2.- Poste queste considerazioni preliminari, l'Avvocatura
generale dello Stato eccepisce l'inammissibilita' delle questioni per
carenza di rilevanza, perche' la Corte rimettente - senza considerare
il carattere determinante dell'intervento del medico di base, nella
scelta del ricorrente di sottoporsi al vaccino - avrebbe invece
ritenuto che a tale scelta egli si sia determinato a fronte delle
raccomandazioni ministeriali.
Inoltre, le questioni sarebbero irrilevanti, poiche' la Corte
d'appello di Milano avrebbe dovuto distinguere fra le categorie di
soggetti a rischio o non a rischio, per valutare il riconoscimento
dell'indennizzo. Se per i primi, infatti, la vaccinazione
antinfluenzale «e' raccomandata nel loro (se non esclusivo,
quantomeno) prevalente interesse», per gli altri «potrebbe
eventualmente discutersi se il trattamento vaccinale e' loro
consigliato nel prevalente interesse generale». Solo rispetto a
questi ultimi si potrebbe porre il dubbio di legittimita'
costituzionale derivante dal mancato riconoscimento di un indennizzo.
La Corte rimettente, peraltro, non avrebbe spiegato in che modo
l'applicazione della norma censurata sia necessaria per la
prosecuzione del giudizio e avrebbe omesso ogni motivazione in merito
alle ragioni che hanno indotto il ricorrente a sottoporsi al vaccino.
L'individuazione della dimensione dell'interesse tutelato
(individuale o collettiva) sarebbe essenziale al fine di riconoscere
il diritto all'indennizzo, senza invece che assuma rilievo il
carattere obbligatorio o solo raccomandato della vaccinazione.
Ancora, la difesa statale ritiene che, in caso di accoglimento
delle questioni prospettate, permarrebbe una serie di nodi irrisolti,
che solo il legislatore potrebbe sciogliere, nell'esercizio della sua
discrezionalita'. In particolare, dovrebbero essere definiti i
criteri in base ai quali individuare le categorie dei soggetti cui
riconoscere l'indennizzo.
Secondo l'Avvocatura generale dello Stato, inoltre, la Corte
rimettente non avrebbe nemmeno chiarito perche' ritiene che
l'influenza stagionale abbia carattere pandemico. In questo caso,
infatti, la vaccinazione avrebbe dovuto essere raccomandata o anche
imposta a tutti i soggetti e non solo a quelli che rientrano in
particolari categorie a rischio.
La Corte d'appello di Milano, peraltro, non avrebbe motivato le
ragioni per le quali ritiene assimilabili l'influenza stagionale e le
altre malattie rispetto alle quali e' intervenuta la Corte
costituzionale per estendere la previsione del diritto
all'indennizzo. La difesa statale ritiene che tale equiparazione non
sia possibile, tenuto conto del diverso grado di pericolosita' delle
patologie in questione, nonche' del diverso grado di pervasivita'
delle campagne di sensibilizzazione delle rispettive pratiche
vaccinali (a questo proposito viene specificamente richiamata la
sentenza n. 27 del 1998 della Corte costituzionale).
Un ulteriore profilo di inammissibilita', «che ridonda peraltro
anche in infondatezza», risiede nel fatto che il «mancato
riconoscimento [...] di un indennizzo [...] non si traduce affatto, e
di per se', nella lesione» del diritto alla salute. In questa
prospettiva, la difesa statale ricorda che e' pur sempre possibile,
per coloro che abbiano subito un grave pregiudizio a seguito della
vaccinazione antinfluenzale, agire in giudizio per ottenere il
risarcimento del danno, che coprirebbe tutte le voci di pregiudizio
(patrimoniale e non patrimoniale) determinato dalla vaccinazione.
Secondo l'Avvocatura generale dello Stato, ancora, la Corte
d'appello di Milano non avrebbe chiarito il motivo per il quale
ritiene che il mancato riconoscimento dell'indennizzo determinerebbe
una lesione del «diritto alla salute delle fasce piu' vulnerabili
della popolazione», alla luce del carattere facoltativo della
vaccinazione e della gratuita' della somministrazione.
4.3.- L'Avvocatura generale dello Stato ritiene che le questioni
siano comunque non fondate, perche' il ricorrente si era determinato
a sottoporsi alla vaccinazione su consiglio medico, in relazione alla
specifica patologia da cui e' affetto, che lo colloca in una delle
cosiddette "categorie a rischio".
Proprio tale personale condizione di salute, quindi, renderebbe
evidente, nel caso in esame, la prevalenza dell'interesse alla tutela
della salute individuale, con esclusione del diritto all'indennizzo,
non rilevando invece il carattere obbligatorio o meno della
vaccinazione.
Ne' potrebbe essere riconosciuto un indennizzo a fronte di tutte
le vaccinazioni, considerando che queste soddisfano sempre una
componente anche collettiva del diritto alla salute: diversamente,
infatti, verrebbero stravolti «quella particolare simmetria e quel
particolare bilanciamento tra benefici e costi, individuali e
collettivi, che [...] costituisce la ratio del riconoscimento o, per
converso, della negazione della provvidenza indennitaria pubblica».
Gli appartenenti alle categorie a rischio, dunque, sarebbero
indotti a effettuare la vaccinazione nel prevalente interesse
individuale, che, in questa prospettiva, non ammetterebbe «la
traslazione a carico della collettivita' del peso economico» dei
relativi danni.
Da un secondo punto di vista, le questioni sarebbero infondate,
perche' «la vaccinazione antinfluenzale non e' in alcun modo
assimilabile, ne' quanto a pericolosita' del virus ne' quanto ad
ampiezza, contenuto e destinatari della raccomandazione, alle
tipologie di vaccinazione» per le quali la Corte costituzionale ha
riconosciuto l'illegittimita' costituzionale del mancato
riconoscimento dell'indennizzo.
Considerato in diritto
1.- La Corte d'appello di Milano, sezione lavoro, ha sollevato
questioni di legittimita' costituzionale, in relazione agli artt. 2,
3 e 32 della Costituzione, dell'art. 1, comma 1, della legge 25
febbraio 1992, n. 210 (Indennizzo a favore dei soggetti danneggiati
da complicanze di tipo irreversibile a causa di vaccinazioni
obbligatorie, trasfusioni e somministrazione di emoderivati), nella
parte in cui non prevede che il diritto all'indennizzo, istituito e
regolato dalla stessa legge ed alle condizioni ivi previste, spetti
anche ai soggetti che abbiano subito lesioni o infermita', da cui
siano derivati danni irreversibili all'integrita' psico-fisica, in
seguito a vaccinazione non obbligatoria, ma raccomandata,
antinfluenzale.
Ritiene la Corte rimettente che, in caso di menomazione
permanente dell'integrita' psico-fisica derivante dalla vaccinazione
raccomandata antinfluenzale, il mancato riconoscimento
dell'indennizzo determini la violazione, innanzitutto, degli artt. 2
e 32 Cost. Sarebbe infatti leso «il diritto-dovere di solidarieta'»,
poiche', in difetto di una prestazione indennitaria, il singolo
danneggiato sarebbe costretto a sopportare le gravi conseguenze
negative derivanti da un trattamento sanitario, raccomandato non solo
a tutela della sua salute individuale, ma anche di quella collettiva.
La disposizione censurata, inoltre, violerebbe il principio di
uguaglianza di cui all'art. 3 Cost., poiche' determinerebbe
un'irragionevole differenziazione di trattamento tra coloro che si
sono sottoposti a vaccinazione in osservanza di un obbligo giuridico
e coloro che, invece, a tale vaccinazione si sono determinati
aderendo alle raccomandazioni delle autorita' sanitarie.
L'irragionevolezza deriverebbe dal riconoscimento solo ai primi, in
caso di menomazioni permanenti, del diritto all'indennizzo, a fronte
del medesimo rilievo che raccomandazione e obbligo assumono al fine
della tutela della salute collettiva.
2.- La Corte d'appello rimettente esclude la possibilita' di
orientarsi verso un'interpretazione costituzionalmente conforme della
disposizione censurata, che riconosca il diritto all'indennizzo sulla
base dei medesimi principi che hanno condotto questa Corte, con la
sentenza n. 107 del 2012, a dichiarare l'illegittimita'
costituzionale del medesimo art. 1, comma 1, della legge n. 210 del
1992, nella parte in cui non prevedeva quel diritto, a seguito di
menomazione permanente derivante da vaccinazione contro morbillo,
parotite e rosolia.
Osserva il giudice a quo che, pur a seguito di tale sentenza, il
contenuto normativo della disposizione censurata resterebbe
inequivocabilmente chiaro nel riconoscere l'indennizzo nei soli casi
di menomazioni causate da vaccinazioni obbligatorie. Infatti, il
dispositivo di accoglimento della sentenza n. 107 del 2012 si
riferirebbe unicamente a quella determinata vaccinazione, e non
potrebbe essere esteso al caso di specie se non a prezzo di una
sostanziale disapplicazione della disposizione censurata.
Per questo, consapevolmente, la Corte rimettente ravvisa nel
tenore testuale della disposizione un impedimento ad
un'interpretazione compatibile con i parametri costituzionali
invocati.
Tale modo di procedere e' corretto, giacche' questa Corte ha in
piu' occasioni affermato che quando il rimettente si prospetta la via
dell'interpretazione conforme ma esclude che essa sia percorribile,
la questione di legittimita' costituzionale che ne deriva non puo'
ritenersi inammissibile. Al contrario, laddove l'univoco tenore
letterale della disposizione precluda un'interpretazione conforme,
s'impone il sindacato di legittimita' costituzionale (da ultimo, ex
multis, sentenze n. 83 e n. 82 del 2017, n. 241 e n. 219 del 2016).
3.- Alcuni profili d'inammissibilita' preliminarmente eccepiti
dall'Avvocatura generale dello Stato involgono il merito delle
questioni sollevate e sono percio' da apprezzare unitamente a
quest'ultimo.
Cio' e' a dirsi per l'insistito rilievo secondo il quale
l'ordinanza di rimessione non avrebbe dato sufficiente conto delle
motivazioni che hanno sorretto la scelta, da parte del soggetto in
causa nel giudizio a quo, di sottoporsi a vaccinazione raccomandata:
giacche', ammesso che tali motivazioni siano rilevanti, qualunque
riflessione su di esse comporta all'evidenza una valutazione sulla
natura della raccomandazione proveniente dalle autorita' sanitarie e
sulla sua incidenza nello spazio di autodeterminazione del singolo,
richiedendo, quindi, un giudizio sul merito delle censure di
legittimita' costituzionale sollevate.
Allo stesso modo, l'asserita mancata individuazione, nel petitum
dell'ordinanza, delle categorie cui dovrebbe effettivamente spettare
il riconoscimento dell'indennizzo non e', nel caso di specie, profilo
preliminare, ma questione che si pone solo una volta che sia stata
decisa, in caso di menomazioni permanenti derivanti da una
vaccinazione raccomandata, l'illegittimita' costituzionale
dell'esclusione dell'indennizzo stesso. Solo a quel punto,
logicamente, si presenta la questione di quanto ampia debba essere la
platea dei destinatari dell'estensione.
4.- Inconferente per la soluzione delle questioni all'attenzione
di questa Corte e' l'osservazione dell'Avvocatura generale dello
Stato secondo cui il soggetto che abbia subito un grave pregiudizio
della propria integrita' psico-fisica in conseguenza della
vaccinazione antinfluenzale avrebbe comunque la possibilita' di agire
in giudizio per il risarcimento del danno alla salute.
L'osservazione non e' infatti utile ne' a fondare un'eccezione
preliminare d'inammissibilita', ne' a sostenere argomenti di merito
per la soluzione delle questioni sollevate.
Dal primo punto di vista, la Corte d'appello rimettente ha reso
specificamente conto dell'avvenuto accertamento del nesso causale
che, nel caso in esame, collega la vaccinazione antinfluenzale e la
menomazione psico-fisica, al fine di dimostrare la sussistenza delle
condizioni di applicabilita' della specifica disciplina che la legge
n. 210 del 1992 reca in tema di indennizzo.
Quanto al secondo aspetto, questa Corte ha gia' precisato che la
disciplina apprestata dalla legge appena citata opera su un piano
diverso da quello in cui si colloca la normativa in tema di
risarcimento del danno. Il risarcimento, infatti, presuppone un nesso
tra fatto illecito e danno ingiusto, mentre il diritto
all'indennizzo, che prescinde dalla colpa, sorge a fronte del solo
accertamento che la menomazione irreversibile consegua alla
vaccinazione «e deriva dall'inderogabile dovere di solidarieta' che,
in questi casi, incombe sull'intera collettivita'», laddove
quest'ultima tragga beneficio dal trattamento vaccinale del singolo
(sentenza n. 118 del 1996).
Ferma in ogni caso la possibilita' per l'interessato di azionare
anche l'ordinaria pretesa risarcitoria, che potra' eventualmente
essere riconosciuta ove ricorrano le condizioni previste dall'art.
2043 del codice civile, il legislatore ha dunque previsto un'autonoma
misura economica di sostegno, di natura indennitaria ed equitativa
(sentenza n. 118 del 1996), in caso di danno alla salute, il cui
ottenimento dipende dal semplice fatto obiettivo dell'aver subito un
pregiudizio. Tale misura consente agli interessati una protezione
certa nell'an e nel quantum, non subordinata all'esperimento di
un'azione di risarcimento del danno, che richiede l'accertamento di
un fatto illecito e l'individuazione del responsabile (sentenze n.
423 del 2000, n. 27 del 1998 e n. 118 del 1996).
5.- Nel merito, la decisione delle questioni sollevate richiede,
in primo luogo, che sia precisato sulla base di quali presupposti e a
quali condizioni questa Corte ha esteso, in sue precedenti pronunce,
il riconoscimento dell'indennizzo - che l'art. 1, comma 1, della
legge n. 210 del 1992 testualmente riserva alle menomazioni
permanenti derivanti da vaccinazioni obbligatorie - anche a fronte di
gravi e permanenti lesioni all'integrita' psico-fisica insorte a
seguito di alcune, specificamente individuate, vaccinazioni non
obbligatorie, ma raccomandate.
In secondo luogo, deve essere accertato se queste medesime
considerazioni valgano anche per la vaccinazione non obbligatoria
antinfluenzale, di cui si discute nel giudizio principale.
6.- Con le sentenze n. 107 del 2012 (in relazione alla
vaccinazione contro morbillo, parotite e rosolia), n. 423 del 2000
(con riferimento alla vaccinazione, allora solo raccomandata, contro
l'epatite B) e n. 27 del 1998 (quanto alla vaccinazione, anch'essa
allora solo raccomandata, contro la poliomielite), questa Corte ha
dichiarato l'illegittimita' costituzionale, in riferimento agli artt.
2, 3 e 32 Cost., dell'art. 1, comma 1, della legge n. 210 del 1992,
nella parte in cui non prevedeva il diritto all'indennizzo - in
presenza di una patologia irreversibile e previo accertamento del
nesso causale tra questa e la vaccinazione - per le menomazioni
permanenti derivanti dalle ricordate vaccinazioni, oggetto dei
rispettivi giudizi principali.
In tema di trattamenti vaccinali, la tecnica dell'obbligatorieta'
(prescritta per legge o per ordinanza di un'autorita' sanitaria, come
si esprime la disposizione censurata) e quella della raccomandazione
(nelle forme di cui si dara' esplicito conto piu' avanti) possono
essere sia il frutto di concezioni parzialmente diverse del rapporto
tra individuo e autorita' sanitarie pubbliche, sia il risultato di
diverse condizioni sanitarie della popolazione di riferimento,
opportunamente accertate dalle autorita' preposte.
Nel primo caso, la libera determinazione individuale viene
diminuita attraverso la previsione di un obbligo, assistito da una
sanzione. Tale soluzione - rimessa alla decisione delle autorita'
sanitarie pubbliche, fondata su obiettive e riconosciute esigenze di
profilassi - non e' incompatibile con l'art. 32 Cost. se il
trattamento obbligatorio sia diretto non solo a migliorare o
preservare lo stato di salute di chi vi e' assoggettato, ma anche
quello degli altri, giacche' e' proprio tale ulteriore scopo,
attinente alla salute come interesse della collettivita', a
giustificare la compressione dell'autodeterminazione del singolo
(sentenze n. 107 del 2012, n. 226 del 2000, n. 118 del 1996, n. 258
del 1994 e n. 307 del 1990).
Nel secondo caso, anziche' all'obbligo, le autorita' sanitarie
preferiscono fare appello all'adesione degli individui a un programma
di politica sanitaria. La tecnica della raccomandazione esprime
maggiore attenzione all'autodeterminazione individuale (o, nel caso
di minori, alla responsabilita' dei genitori) e, quindi, al profilo
soggettivo del diritto fondamentale alla salute, tutelato dal primo
comma dell'art. 32 Cost., ma e' pur sempre indirizzata allo scopo di
ottenere la migliore salvaguardia della salute come interesse (anche)
collettivo.
Proprio da quest'ultimo punto di vista, ferma la differente
impostazione delle due tecniche ora in discussione, quel che tuttavia
rileva, per la decisione delle questioni di legittimita'
costituzionale in esame, e' l'obiettivo essenziale che entrambe
perseguono nella profilassi delle malattie infettive: ossia il comune
scopo di garantire e tutelare la salute (anche) collettiva attraverso
il raggiungimento della massima copertura vaccinale.
In questa prospettiva, incentrata sulla salute quale interesse
(anche) obiettivo della collettivita', non vi e' differenza
qualitativa tra obbligo e raccomandazione: l'obbligatorieta' del
trattamento vaccinale e' semplicemente uno degli strumenti a
disposizione delle autorita' sanitarie pubbliche per il perseguimento
della tutela della salute collettiva, al pari della raccomandazione.
I diversi attori (autorita' pubbliche e individui) finiscono per
realizzare l'obiettivo della piu' ampia immunizzazione dal rischio di
contrarre la malattia indipendentemente dall'esistenza di una loro
specifica volonta' di collaborare: «e resta del tutto irrilevante, o
indifferente, che l'effetto cooperativo sia riconducibile, dal lato
attivo, a un obbligo o, piuttosto, a una persuasione o anche, dal
lato passivo, all'intento di evitare una sanzione o, piuttosto, di
aderire a un invito» (sentenza n. 107 del 2012).
Per quanto concerne piu' direttamente le vaccinazioni
raccomandate, in presenza di diffuse e reiterate campagne di
comunicazione a favore dei trattamenti vaccinali, e' naturale che si
sviluppi un affidamento nei confronti di quanto consigliato dalle
autorita' sanitarie: e cio' rende la scelta individuale di aderire
alla raccomandazione di per se' obiettivamente votata alla
salvaguardia anche dell'interesse collettivo, al di la' delle
particolari motivazioni che muovono i singoli.
Questa Corte ha conseguentemente riconosciuto che, sul piano
degli interessi garantiti dagli artt. 2, 3 e 32 Cost., e'
giustificata la traslazione in capo alla collettivita', anch'essa
obiettivamente favorita dalle scelte individuali, degli effetti
dannosi che eventualmente da queste conseguano.
La ragione determinante del diritto all'indennizzo, quindi, non
deriva dall'essersi sottoposti a un trattamento obbligatorio, in
quanto tale; essa risiede piuttosto nelle esigenze di solidarieta'
sociale che si impongono alla collettivita', laddove il singolo
subisca conseguenze negative per la propria integrita' psico-fisica
derivanti da un trattamento sanitario (obbligatorio o raccomandato)
effettuato anche nell'interesse della collettivita'.
Per questo, la mancata previsione del diritto all'indennizzo in
caso di patologie irreversibili derivanti da determinate vaccinazioni
raccomandate si risolve in una lesione degli artt. 2, 3 e 32 Cost.:
perche' le esigenze di solidarieta' sociale e di tutela della salute
del singolo richiedono che sia la collettivita' ad accollarsi l'onere
del pregiudizio individuale, mentre sarebbe ingiusto consentire che
siano i singoli danneggiati a sopportare il costo del beneficio anche
collettivo (sentenza n. 107 del 2012).
Proprio alla luce di tali considerazioni, si puo' qui aggiungere
che le ragioni dell'estensione del riconoscimento del diritto
all'indennizzo ricavabili dalla giurisprudenza ricordata non hanno
mai comportato ne' comportano, da parte di questa Corte, valutazioni
negative sul grado di affidabilita' scientifica della
somministrazione delle vaccinazioni. Al contrario, la previsione
dell'indennizzo, originariamente riservata ai casi di lesioni
permanenti derivanti da vaccinazioni obbligatorie, e la sua
estensione (ad opera di questa Corte) ai citati casi di vaccinazioni
raccomandate - pur sempre se sia accertato un nesso di causalita' tra
somministrazione del vaccino e menomazione permanente - completano il
"patto di solidarieta'" tra individuo e collettivita' in tema di
tutela della salute e rendono piu' serio e affidabile ogni programma
sanitario volto alla diffusione dei trattamenti vaccinali, al fine
della piu' ampia copertura della popolazione.
7.- Non vi sono ragioni per non estendere al caso ora in esame e
alle questioni di legittimita' costituzionale in esso sollevate le
affermazioni ricavabili dalla ricordata giurisprudenza di questa
Corte.
La vaccinazione antinfluenzale rientra a pieno titolo tra quelle
raccomandate.
La verifica di tale condizione e' un passaggio essenziale del
giudizio di questa Corte. Rispondere alla domanda se, analogamente a
quanto accertato in relazione ad altre specifiche vaccinazioni
raccomandate, anche per quella antinfluenzale sia stata e sia posta
in atto, da parte delle autorita' sanitarie, una effettiva campagna
informativa consente, infatti, di verificare il rilievo che assume,
in tal caso, la tutela della salute anche collettiva.
Questa Corte non puo' quindi esimersi da una analisi mirata sulle
peculiarita' della singola raccomandazione di cui si faccia
questione, non potendo limitarsi ad estendere, senza una verifica
caso per caso, i pur chiari principi della propria giurisprudenza a
qualunque indicazione di profilassi proveniente dalle autorita'
pubbliche.
In questa prospettiva, il carattere della vaccinazione
antinfluenzale quale trattamento sanitario raccomandato puo' emergere
alla luce della sussistenza di una serie di atti, corrispondenti a
quelli gia' individuati da questa Corte nella sua giurisprudenza:
insistite e ampie campagne anche straordinarie di informazione e
raccomandazione da parte delle autorita' sanitarie pubbliche nelle
loro massime istanze; distribuzione di materiale informativo
specifico; informazioni contenute sul sito istituzionale del
Ministero della salute; decreti e circolari ministeriali; piani
nazionali di prevenzione vaccinale; oppure la stessa legge (come
accadeva, ad esempio, nel caso relativo alla vaccinazione
poliomielitica, a suo tempo raccomandata dalla legge 30 luglio 1959,
n. 695, recante «Provvedimenti per rendere integrale la vaccinazione
antipoliomielitica») (si vedano, ancora, le sentenze n. 107 del 2012,
n. 423 del 2000 e n. 27 del 1998).
Nel caso specifico della vaccinazione antinfluenzale, di cui si
tratta nel giudizio a quo, sono in particolare rilevanti i Piani
nazionali di prevenzione vaccinale (da ultimo, il Piano nazionale
prevenzione vaccinale 2017-2019), che, affiancando la vaccinazione
antinfluenzale ad altri tipi di vaccinazioni raccomandate e indicando
i rispettivi obiettivi di copertura, definiscono la complessiva
programmazione vaccinale; le raccomandazioni del Ministero della
salute adottate specificamente, per ogni stagione, con riferimento
alla vaccinazione antinfluenzale (da ultimo, "Prevenzione e controllo
dell'influenza: raccomandazioni per la stagione 2017-2018"); le
campagne informative istituzionali del Ministero della salute, oltre
che delle Regioni.
7.1.- Alla luce di tali considerazioni, la collettivita' deve
dunque sostenere i costi del pregiudizio individuale, anche nel caso
in cui la menomazione permanente sia derivata dalla vaccinazione
antinfluenzale. Sarebbe del resto irragionevole riservare a coloro
che hanno aderito alle ricordate raccomandazioni delle autorita'
sanitarie pubbliche un trattamento deteriore rispetto a quello
riconosciuto a quanti abbiano ubbidito ad un precetto (nello stesso
senso, con riferimento alla vaccinazione contro la poliomielite, la
sentenza n. 27 del 1998). E la traslazione sulla collettivita' delle
conseguenze negative eventualmente derivanti dalla vaccinazione
antinfluenzale (pur sempre alle condizioni e nei limiti previsti
dalla legge n. 210 del 1992) consegue all'applicazione dei principi
costituzionali di solidarieta' (art. 2 Cost.), di tutela della salute
anche collettiva (art. 32 Cost.) e di ragionevolezza (art. 3 Cost.),
oltre a completare, in termini che rendono piu' serio e affidabile
ogni programma sanitario volto alla diffusione dei trattamenti
vaccinali, il ricordato "patto di solidarieta'" tra individuo e
collettivita', al fine della piu' ampia copertura della popolazione.
Ne' si puo' trascurare, ancora a giustificazione della
traslazione a carico della collettivita' dell'indennizzo in
questione, che la piu' ampia sottoposizione a vaccinazione quale
profilassi preventiva puo' notevolmente alleviare il carico non solo
economico che le epidemie influenzali solitamente determinano sul
sistema sanitario nazionale e sulle attivita' lavorative.
7.2.- Osserva l'Avvocatura generale dello Stato che, in caso di
accoglimento del petitum come formulato dalla Corte d'appello
rimettente, resterebbero insolute e incerte una serie di questioni
che solo il legislatore potrebbe, nella sua discrezionalita',
definire, in particolare quella relativa ai destinatari
dell'estensione dell'indennizzo.
L'obiezione non coglie nel segno.
Le raccomandazioni delle autorita' sanitarie in materia di
vaccinazione antinfluenzale riguardano, in primo luogo, specifiche
categorie di soggetti a rischio, in relazione ai quali la
vaccinazione e' espressamente raccomandata a fronte o di un'eta'
avanzata o di particolari condizioni di salute; in secondo luogo,
determinate categorie di operatori e lavoratori, per le quali la
vaccinazione, oltre alla salvaguardia della salute individuale, ha il
duplice scopo di proteggere quanti entrano con loro in contatto e di
evitare l'interruzione di servizi essenziali per la collettivita'; in
terzo luogo, coloro che convivono con soggetti a rischio, venendo
anche qui in rilievo la necessita' di tutela non solo individuale.
Per queste categorie, il recente aggiornamento dei livelli essenziali
di assistenza (decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 12
gennaio 2017, recante «Definizione e aggiornamento dei livelli
essenziali di assistenza, di cui all'articolo 1, comma 7, del decreto
legislativo 30 dicembre 1992, n. 502»), il Piano nazionale di
prevenzione vaccinale (2017-2019) e le raccomandazioni ministeriali
(2017-2018) prevedono l'offerta gratuita del vaccino antinfluenzale.
L'individuazione specifica di tali categorie, nell'ambito della
generalita' della popolazione, ha, dunque, questo obiettivo
principale, mentre non potrebbe ovviamente servire a delimitare
l'ambito dei possibili destinatari dell'indennizzo.
D'altra parte, le campagne di informazione e sensibilizzazione
tese alla piu' ampia copertura vaccinale coinvolgono inevitabilmente
la generalita' della popolazione, a prescindere da una pregressa e
specifica condizione individuale di salute, di eta', di lavoro o di
convivenza: giacche', anche in questo caso, l'applicazione del
trattamento consente di tutelare sia la dimensione individuale della
salute, sia quella collettiva, impedendosi l'eventuale contagio fra i
soggetti non a rischio e quelli a rischio e contribuendosi in tal
modo anche alla protezione di coloro che non possono ricorrere alla
vaccinazione a causa della propria specifica condizione di salute.
7.3.- In definitiva, alla luce dei principi individuati dalla
giurisprudenza di questa Corte - che fa espresso riferimento, ai fini
del riconoscimento del diritto all'indennizzo, alla tutela della
salute collettiva - il fatto che la raccomandazione sia accompagnata,
per alcune categorie di soggetti, dalla gratuita' della
somministrazione, non potrebbe fondare alcuna limitazione del novero
dei destinatari dell'indennizzo.
La specifica posizione di tali categorie di soggetti non elide
affatto il rilievo collettivo che la tutela della salute assume anche
nei confronti della popolazione in generale, la vaccinazione di tutti
e di ciascuno contribuendo all'obiettivo della piu' ampia copertura,
perseguito attraverso la raccomandazione. Del resto, se i vincoli di
ordine finanziario possono giustificare limitazioni del novero dei
soggetti cui la vaccinazione, in quanto inserita nei livelli
essenziali di assistenza, sia somministrabile gratuitamente, di certo
essi non giustificano alcun esonero dall'obbligo d'indennizzo, in
presenza delle condizioni previste dalla legge.
Va pertanto dichiarata l'illegittimita' costituzionale dell'art.
1, comma 1, della legge n. 210 del 1992 nella parte in cui non
prevede il diritto ad un indennizzo, alle condizioni e nei modi
stabiliti dalla medesima legge, a favore di chiunque abbia riportato
lesioni o infermita', dalle quali sia derivata una menomazione
permanente della integrita' psico-fisica, a causa della vaccinazione
antinfluenzale.
per questi motivi
LA CORTE COSTITUZIONALE
dichiara l'illegittimita' costituzionale dell'art. 1, comma 1,
della legge 25 febbraio 1992, n. 210 (Indennizzo a favore dei
soggetti danneggiati da complicanze di tipo irreversibile a causa di
vaccinazioni obbligatorie, trasfusioni e somministrazioni di
emoderivati), nella parte in cui non prevede il diritto
all'indennizzo, alle condizioni e nei modi stabiliti dalla medesima
legge, nei confronti di coloro che si siano sottoposti a vaccinazione
antinfluenzale.
Cosi' deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale,
Palazzo della Consulta, il 22 novembre 2017.
F.to:
Paolo GROSSI, Presidente
Nicolo' ZANON, Redattore
Roberto MILANA, Cancelliere
Depositata in Cancelleria il 14 dicembre 2017.
Il Direttore della Cancelleria
F.to: Roberto MILANA
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