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giovedì 21 dicembre 2017

N. 268 SENTENZA 22 novembre - 14 dicembre 2017 Giudizio di legittimita' costituzionale in via incidentale. Tutela della salute - Soggetti danneggiati da complicanze di tipo irreversibile a causa di vaccinazione antinfluenzale, non obbligatoria ma raccomandata - Diritto all'indennizzo. - Legge 25 febbraio 1992, n. 210 (Indennizzo a favore dei soggetti danneggiati da complicanze di tipo irreversibile a causa di vaccinazioni obbligatorie, trasfusioni e somministrazione di emoderivati) art. 1, comma 1. - (GU n.51 del 20-12-2017 )





N. 268 SENTENZA 22 novembre - 14 dicembre 2017

Giudizio di legittimita' costituzionale in via incidentale.

Tutela della salute - Soggetti danneggiati  da  complicanze  di  tipo
  irreversibile  a  causa   di   vaccinazione   antinfluenzale,   non
  obbligatoria ma raccomandata - Diritto all'indennizzo.
- Legge 25 febbraio 1992, n. 210 (Indennizzo a  favore  dei  soggetti
  danneggiati  da  complicanze  di  tipo  irreversibile  a  causa  di
  vaccinazioni  obbligatorie,  trasfusioni  e   somministrazione   di
  emoderivati) art. 1, comma 1.


(GU n.51 del 20-12-2017 )

 

                       LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori:
Presidente:Paolo GROSSI;
Giudici :Giorgio LATTANZI, Aldo CAROSI, Marta CARTABIA, Mario Rosario
  MORELLI, Giancarlo CORAGGIO, Giuliano AMATO, Silvana SCIARRA, Daria
  de  PRETIS,  Nicolo'  ZANON,  Augusto   Antonio   BARBERA,   Giulio
  PROSPERETTI,

     
    ha pronunciato la seguente

                              SENTENZA

    nel giudizio di legittimita' costituzionale dell'art. 1, comma 1,
della legge 25  febbraio  1992,  n.  210  (Indennizzo  a  favore  dei
soggetti danneggiati da complicanze di tipo irreversibile a causa  di
vaccinazioni  obbligatorie,   trasfusioni   e   somministrazione   di
emoderivati), promosso  dalla  Corte  d'appello  di  Milano,  sezione
lavoro, con ordinanza del 20 luglio 2016,  iscritta  al  n.  252  del
registro ordinanze 2016 e pubblicata nella Gazzetta  Ufficiale  della
Repubblica n. 50, prima serie speciale, dell'anno 2016.
    Udito nella camera di consiglio del 22 novembre 2017  il  Giudice
relatore Nicolo' Zanon.

                          Ritenuto in fatto

    1.- Con ordinanza del 20 luglio 2016 (r.o. n. 252 del  2016),  la
Corte  d'appello  di  Milano,  sezione  lavoro,  ha   sollevato,   in
riferimento agli artt. 2, 3 e 32  della  Costituzione,  questioni  di
legittimita' costituzionale dell'art. 1,  comma  1,  della  legge  25
febbraio 1992, n. 210 (Indennizzo a favore dei  soggetti  danneggiati
da  complicanze  di  tipo  irreversibile  a  causa  di   vaccinazioni
obbligatorie, trasfusioni e somministrazione di  emoderivati),  nella
parte in cui «non prevede che il diritto all'indennizzo, istituito  e
regolato dalla stessa legge ed alle condizioni ivi  previste,  spetti
anche ai soggetti che abbiano subito lesioni e/o infermita',  da  cui
siano derivati danni irreversibili all'integrita'  psico-fisica,  per
essere  stati  sottoposti  a  vaccinazione   non   obbligatoria,   ma
raccomandata, antinfluenzale».
    1.1.- Le questioni  di  legittimita'  costituzionale  sono  state
sollevate dalla Corte d'appello di Milano nell'ambito di un  giudizio
promosso dal Ministero della salute per impugnare la sentenza con cui
il Tribunale di Milano aveva riconosciuto  al  ricorrente,  in  primo
grado, il diritto  all'indennizzo,  a  fronte  della  diagnosi  della
sindrome di Parsonage  Turner,  insorta  a  seguito  di  vaccinazione
antinfluenzale «fortemente incentivata ai pensionati della sua fascia
di eta' nelle  campagne  di  sensibilizzazione  del  Ministero  della
Salute».
    L'indennizzo era stato  negato  originariamente  sia  dal  centro
medico, sia dal Ministero, poiche' la vaccinazione in oggetto non  e'
obbligatoria, ma solo raccomandata.
    Riferisce la Corte rimettente che il giudice di  primo  grado,  a
seguito di una istruttoria che aveva accertato il  «nesso  eziologico
tra la pratica vaccinale e la comparsa della  Sindrome  di  Parsonage
Turner», aveva ritenuto di interpretare la norma  censurata  in  modo
costituzionalmente conforme, tenendo conto della sentenza n. 107  del
2012 della Corte costituzionale, «sul presupposto che la vaccinazione
[...] rientri tra le ipotesi di vaccinazione raccomandata con  chiare
finalita' preventive di tutela della collettivita'».
    Il Ministero della salute, nel ricorso in  appello,  ritiene,  al
contrario, che il Tribunale di Milano abbia  illegittimamente  esteso
l'ambito applicativo della legge n. 210 del 1992,  che  riconosce  il
diritto all'indennizzo per le sole vaccinazioni  obbligatorie  e  non
per quelle raccomandate. Anche il riferimento alla  sentenza  n.  107
del 2012 della Corte costituzionale sarebbe del  tutto  erroneo,  non
potendosi  assimilare  rosolia,   parotite   e   morbillo   (malattie
specificamente   oggetto   della   citata   sentenza   della    Corte
costituzionale) al virus influenzale. Il Ministero, inoltre, contesta
anche  l'adesione  del  Tribunale  alle  conclusioni  raggiunte   dal
consulente  tecnico  di  ufficio  sul  nesso  di  causalita'  fra  la
vaccinazione e l'insorgere della patologia, «dovendosi  ritenere  che
tale conclusione sia definibile  in  termini  scientifici  come  mera
possibilita' [...] e non di probabilita' ne' tantomeno di certezza».
    1.2.- Cio' premesso, la Corte d'appello di Milano,  innanzitutto,
ritiene infondate le censure proposte  dal  Ministero  della  salute,
relative alla mancata dimostrazione del nesso di  causalita'  fra  la
vaccinazione e la patologia, affermando che l'esito della  consulenza
tecnica di ufficio  sarebbe  sostenuta  dai  «dati  ricavabili  dalla
letteratura scientifica», i quali conducono a ritenere la sussistenza
di una «correlazione causale» in termini di «probabilita'».
    1.3.- Sostiene la Corte rimettente che, sebbene  la  vaccinazione
antinfluenzale   non   sia   obbligatoria   (come   richiesto   dalla
disposizione censurata ai fini del diritto all'indennizzo), essa  «e'
stata oggetto di raccomandazione da parte del Ministero della Salute»
e che il ricorrente rientra in una categoria di persone «ad aumentato
rischio di malattia grave»  (essendo  «affetto  da  broncopneumopatia
cronica ostruttiva»).
    Richiama  inoltre  la  sentenza  n.  107  del  2012  della  Corte
costituzionale (oltre alle decisioni n. 423 del 2000 e n. 27 del 1998
della stessa Corte), che ha riconosciuto  il  diritto  all'indennizzo
anche nei casi in cui «la lesione alla  salute  sia  derivata  da  un
trattamento   vaccinale   non   obbligatorio,   bensi'   raccomandato
dall'autorita' sanitaria pubblica per ragioni di tutela della  salute
pubblica, e precisamente dalla vaccinazione contro  il  morbillo,  la
parotite e la rosolia».
    Tale estensione  si  giustifica,  secondo  la  Corte  rimettente,
considerando che, «in presenza di diffuse  e  reiterate  campagne  di
comunicazione a favore  della  pratica  vaccinale,  resta  del  tutto
irrilevante o indifferente  che  [...]  l'effetto  cooperativo  della
popolazione sia riconducibile ad un obbligo o ad una persuasione».
    1.4.- La Corte d'appello  di  Milano,  in  presenza  di  un  dato
letterale inequivoco che non consente indennizzo se non  in  presenza
di menomazioni permanenti derivanti da vaccinazioni obbligatorie, non
condivide la decisione del giudice di primo  grado,  il  quale  aveva
riconosciuto  il  diritto  all'indennizzo  attraverso   una   pretesa
interpretazione costituzionalmente conforme  dell'art.  1,  comma  1,
della legge n. 210 del 1992.
    In conseguenza, solleva questione di legittimita'  costituzionale
della medesima disposizione, per violazione degli artt.  2,  3  e  32
Cost.
    2.- La Corte rimettente ritiene che le questioni sollevate  siano
rilevanti, sussistendo ogni altra condizione  per  il  riconoscimento
del richiesto indennizzo, cosi' da essere decisiva per l'esito  della
controversia la decisione della Corte costituzionale su di esse.
    3.- Le questioni sarebbero, inoltre, non manifestamente infondate
rispetto «al diritto-dovere di solidarieta' di cui all'art. 2  Cost.,
al principio di uguaglianza di cui all'art. 3 Cost. e al diritto alla
salute di cui all'art. 32 Cost.»
    Se non fosse riconosciuto un  indennizzo,  il  singolo  soggetto,
infatti, sarebbe costretto a farsi carico delle conseguenze  negative
derivanti da un trattamento sanitario effettuato  non  solo  nel  suo
interesse,  ma  «anche  e  soprattutto»  nell'interesse   dell'intera
collettivita'.
    Inoltre, si determinerebbe un  trattamento  differenziato  fra  i
soggetti che si sono sottoposti a  una  vaccinazione  obbligatoria  e
coloro che invece hanno aderito a un «appello alla collaborazione  ad
un programma  sanitario  pubblico,  riservando  a  questi  ultimi  un
trattamento deteriore». Si determinerebbe, infine,  la  «lesione  del
diritto alla salute  della  fascia  di  popolazione  piu'  anziana  e
debole».
    4.- Con atto depositato il 3  gennaio  2017,  e'  intervenuto  in
giudizio il Presidente del Consiglio dei  ministri,  rappresentato  e
difeso  dall'Avvocatura  generale  dello  Stato,  chiedendo  che   le
questioni di  legittimita'  costituzionale  vengano  dichiarate,  «in
gradato subordine, inammissibil[i], non rilevant[i] ed infondat[e]».
    4.1.-  L'Avvocatura  generale  dello   Stato   ritiene   che   le
motivazioni che sostengono l'ordinanza di rimessione siano errate sia
dal punto di vista medico-scientifico, sia da quello giuridico.
    Innanzitutto, «l'influenza c.d. stagionale non  assume  ne'  puo'
mai assumere il carattere di una pandemia», cioe' di una epidemia «la
cui diffusione interessa piu' aree geografiche del mondo, con un alto
numero di casi  gravi  ed  una  mortalita'  elevata».  Al  contrario,
l'influenza stagionale sarebbe «una malattia infettiva dal  carattere
ricorrente [...] ma  dal  decorso  generalmente  benigno».  Essa,  in
questa prospettiva, risulterebbe «realmente pericolosa solo  per  ben
determinate categorie di soggetti, di regola ultrasessantacinquenni o
gia' affetti da determinate patologie  croniche».  Tenendo  conto  di
queste considerazioni specifiche, le  autorita'  sanitarie  avrebbero
intrapreso campagne  di  sensibilizzazione  tese  a  raccomandare  la
vaccinazione per le categorie a  rischio,  in  tal  modo  assicurando
primariamente «una tutela individuale "rafforzata"» del diritto  alla
salute.
    Proprio in ragione della dimensione  prevalentemente  individuale
della tutela che si  intende  assicurare,  si  farebbe  ricorso  alla
raccomandazione amministrativa che «non e' - ne' puo' essere -  fonte
di obblighi per i destinatari ne',  tantomeno,  contempla  -  o  puo'
contemplare  -  sanzioni  per  coloro  che  non  si  sottopongono  al
trattamento sanitario raccomandato».
    Ritiene  la  difesa  statale  (richiamando  ampi  passaggi  della
sentenza n. 107 del 2012 della Corte costituzionale) che  il  diritto
all'indennizzo sia riconosciuto al  singolo,  quando  costui  si  sia
sottoposto a vaccinazione (obbligatoria o raccomandata) «in  funzione
della tutela di un interesse superiore», ossia  quello  della  salute
collettiva. Solo in tale prospettiva  si  giustificherebbe  l'obbligo
posto in  capo  alla  collettivita'  di  farsi  carico  di  eventuali
conseguenze negative che derivino dalle vaccinazioni stesse.
    4.2.-  Poste  queste  considerazioni  preliminari,   l'Avvocatura
generale dello Stato eccepisce l'inammissibilita' delle questioni per
carenza di rilevanza, perche' la Corte rimettente - senza considerare
il carattere determinante dell'intervento del medico di  base,  nella
scelta del ricorrente di  sottoporsi  al  vaccino  -  avrebbe  invece
ritenuto che a tale scelta egli si sia  determinato  a  fronte  delle
raccomandazioni ministeriali.
    Inoltre, le questioni sarebbero  irrilevanti,  poiche'  la  Corte
d'appello di Milano avrebbe dovuto distinguere fra  le  categorie  di
soggetti a rischio o non a rischio, per  valutare  il  riconoscimento
dell'indennizzo.  Se  per   i   primi,   infatti,   la   vaccinazione
antinfluenzale  «e'  raccomandata  nel  loro   (se   non   esclusivo,
quantomeno)  prevalente   interesse»,   per   gli   altri   «potrebbe
eventualmente  discutersi  se  il  trattamento  vaccinale   e'   loro
consigliato nel  prevalente  interesse  generale».  Solo  rispetto  a
questi  ultimi  si  potrebbe  porre   il   dubbio   di   legittimita'
costituzionale derivante dal mancato riconoscimento di un indennizzo.
    La Corte rimettente, peraltro, non avrebbe spiegato in  che  modo
l'applicazione  della  norma  censurata   sia   necessaria   per   la
prosecuzione del giudizio e avrebbe omesso ogni motivazione in merito
alle ragioni che hanno indotto il ricorrente a sottoporsi al vaccino.
L'individuazione    della    dimensione    dell'interesse    tutelato
(individuale o collettiva) sarebbe essenziale al fine di  riconoscere
il  diritto  all'indennizzo,  senza  invece  che  assuma  rilievo  il
carattere obbligatorio o solo raccomandato della vaccinazione.
    Ancora, la difesa statale ritiene che, in  caso  di  accoglimento
delle questioni prospettate, permarrebbe una serie di nodi irrisolti,
che solo il legislatore potrebbe sciogliere, nell'esercizio della sua
discrezionalita'.  In  particolare,  dovrebbero  essere  definiti   i
criteri in base ai quali individuare le categorie  dei  soggetti  cui
riconoscere l'indennizzo.
    Secondo l'Avvocatura generale  dello  Stato,  inoltre,  la  Corte
rimettente  non  avrebbe  nemmeno  chiarito   perche'   ritiene   che
l'influenza stagionale abbia carattere  pandemico.  In  questo  caso,
infatti, la vaccinazione avrebbe dovuto essere raccomandata  o  anche
imposta a tutti i soggetti e non  solo  a  quelli  che  rientrano  in
particolari categorie a rischio.
    La Corte d'appello di Milano, peraltro, non avrebbe  motivato  le
ragioni per le quali ritiene assimilabili l'influenza stagionale e le
altre  malattie  rispetto  alle  quali  e'   intervenuta   la   Corte
costituzionale   per   estendere   la    previsione    del    diritto
all'indennizzo. La difesa statale ritiene che tale equiparazione  non
sia possibile, tenuto conto del diverso grado di pericolosita'  delle
patologie in questione, nonche' del  diverso  grado  di  pervasivita'
delle  campagne  di  sensibilizzazione  delle   rispettive   pratiche
vaccinali (a questo  proposito  viene  specificamente  richiamata  la
sentenza n. 27 del 1998 della Corte costituzionale).
    Un ulteriore profilo di inammissibilita', «che  ridonda  peraltro
anche  in  infondatezza»,  risiede  nel   fatto   che   il   «mancato
riconoscimento [...] di un indennizzo [...] non si traduce affatto, e
di per se',  nella  lesione»  del  diritto  alla  salute.  In  questa
prospettiva, la difesa statale ricorda che e' pur  sempre  possibile,
per coloro che abbiano subito un grave pregiudizio  a  seguito  della
vaccinazione  antinfluenzale,  agire  in  giudizio  per  ottenere  il
risarcimento del danno, che coprirebbe tutte le voci  di  pregiudizio
(patrimoniale e non patrimoniale) determinato dalla vaccinazione.
    Secondo l'Avvocatura  generale  dello  Stato,  ancora,  la  Corte
d'appello di Milano non avrebbe  chiarito  il  motivo  per  il  quale
ritiene che il mancato riconoscimento dell'indennizzo  determinerebbe
una lesione del «diritto alla salute  delle  fasce  piu'  vulnerabili
della  popolazione»,  alla  luce  del  carattere  facoltativo   della
vaccinazione e della gratuita' della somministrazione.
    4.3.- L'Avvocatura generale dello Stato ritiene che le  questioni
siano comunque non fondate, perche' il ricorrente si era  determinato
a sottoporsi alla vaccinazione su consiglio medico, in relazione alla
specifica patologia da cui e' affetto, che lo colloca  in  una  delle
cosiddette "categorie a rischio".
    Proprio tale personale condizione di salute,  quindi,  renderebbe
evidente, nel caso in esame, la prevalenza dell'interesse alla tutela
della salute individuale, con esclusione del diritto  all'indennizzo,
non  rilevando  invece  il  carattere  obbligatorio  o   meno   della
vaccinazione.
    Ne' potrebbe essere riconosciuto un indennizzo a fronte di  tutte
le  vaccinazioni,  considerando  che  queste  soddisfano  sempre  una
componente anche collettiva del diritto  alla  salute:  diversamente,
infatti, verrebbero stravolti «quella particolare  simmetria  e  quel
particolare  bilanciamento  tra  benefici  e  costi,  individuali   e
collettivi, che [...] costituisce la ratio del riconoscimento o,  per
converso, della negazione della provvidenza indennitaria pubblica».
    Gli appartenenti alle  categorie  a  rischio,  dunque,  sarebbero
indotti  a  effettuare  la  vaccinazione  nel  prevalente   interesse
individuale,  che,  in  questa  prospettiva,  non  ammetterebbe   «la
traslazione a carico della  collettivita'  del  peso  economico»  dei
relativi danni.
    Da un secondo punto di vista, le questioni  sarebbero  infondate,
perche'  «la  vaccinazione  antinfluenzale  non  e'  in  alcun   modo
assimilabile, ne' quanto a pericolosita'  del  virus  ne'  quanto  ad
ampiezza,  contenuto  e  destinatari  della   raccomandazione,   alle
tipologie di vaccinazione» per le quali la  Corte  costituzionale  ha
riconosciuto    l'illegittimita'    costituzionale    del     mancato
riconoscimento dell'indennizzo.

                       Considerato in diritto

    1.- La Corte d'appello di Milano, sezione  lavoro,  ha  sollevato
questioni di legittimita' costituzionale, in relazione agli artt.  2,
3 e 32 della Costituzione, dell'art.  1,  comma  1,  della  legge  25
febbraio 1992, n. 210 (Indennizzo a favore dei  soggetti  danneggiati
da  complicanze  di  tipo  irreversibile  a  causa  di   vaccinazioni
obbligatorie, trasfusioni e somministrazione di  emoderivati),  nella
parte in cui non prevede che il diritto all'indennizzo,  istituito  e
regolato dalla stessa legge ed alle condizioni ivi  previste,  spetti
anche ai soggetti che abbiano subito lesioni  o  infermita',  da  cui
siano derivati danni irreversibili  all'integrita'  psico-fisica,  in
seguito   a   vaccinazione   non   obbligatoria,   ma   raccomandata,
antinfluenzale.
    Ritiene  la  Corte  rimettente  che,  in  caso   di   menomazione
permanente dell'integrita' psico-fisica derivante dalla  vaccinazione
raccomandata    antinfluenzale,     il     mancato     riconoscimento
dell'indennizzo determini la violazione, innanzitutto, degli artt.  2
e 32 Cost. Sarebbe infatti leso «il diritto-dovere di  solidarieta'»,
poiche', in difetto  di  una  prestazione  indennitaria,  il  singolo
danneggiato sarebbe  costretto  a  sopportare  le  gravi  conseguenze
negative derivanti da un trattamento sanitario, raccomandato non solo
a tutela della sua salute individuale, ma anche di quella collettiva.
    La disposizione censurata, inoltre, violerebbe  il  principio  di
uguaglianza  di  cui  all'art.  3   Cost.,   poiche'   determinerebbe
un'irragionevole differenziazione di trattamento tra  coloro  che  si
sono sottoposti a vaccinazione in osservanza di un obbligo  giuridico
e coloro  che,  invece,  a  tale  vaccinazione  si  sono  determinati
aderendo   alle   raccomandazioni    delle    autorita'    sanitarie.
L'irragionevolezza deriverebbe dal riconoscimento solo ai  primi,  in
caso di menomazioni permanenti, del diritto all'indennizzo, a  fronte
del medesimo rilievo che raccomandazione e obbligo assumono  al  fine
della tutela della salute collettiva.
    2.- La Corte d'appello  rimettente  esclude  la  possibilita'  di
orientarsi verso un'interpretazione costituzionalmente conforme della
disposizione censurata, che riconosca il diritto all'indennizzo sulla
base dei medesimi principi che hanno condotto questa  Corte,  con  la
sentenza   n.   107   del   2012,   a   dichiarare   l'illegittimita'
costituzionale del medesimo art. 1, comma 1, della legge n.  210  del
1992, nella parte in cui non prevedeva quel  diritto,  a  seguito  di
menomazione permanente derivante  da  vaccinazione  contro  morbillo,
parotite e rosolia.
    Osserva il giudice a quo che, pur a seguito di tale sentenza,  il
contenuto   normativo   della   disposizione   censurata   resterebbe
inequivocabilmente chiaro nel riconoscere l'indennizzo nei soli  casi
di menomazioni causate  da  vaccinazioni  obbligatorie.  Infatti,  il
dispositivo di  accoglimento  della  sentenza  n.  107  del  2012  si
riferirebbe unicamente  a  quella  determinata  vaccinazione,  e  non
potrebbe essere esteso al caso di specie  se  non  a  prezzo  di  una
sostanziale disapplicazione della disposizione censurata.
    Per questo, consapevolmente,  la  Corte  rimettente  ravvisa  nel
tenore   testuale    della    disposizione    un    impedimento    ad
un'interpretazione  compatibile  con   i   parametri   costituzionali
invocati.
    Tale modo di procedere e' corretto, giacche' questa Corte  ha  in
piu' occasioni affermato che quando il rimettente si prospetta la via
dell'interpretazione conforme ma esclude che essa  sia  percorribile,
la questione di legittimita' costituzionale che ne  deriva  non  puo'
ritenersi  inammissibile.  Al  contrario,  laddove  l'univoco  tenore
letterale della disposizione  precluda  un'interpretazione  conforme,
s'impone il sindacato di legittimita' costituzionale (da  ultimo,  ex
multis, sentenze n. 83 e n. 82 del 2017, n. 241 e n. 219 del 2016).
    3.- Alcuni profili  d'inammissibilita'  preliminarmente  eccepiti
dall'Avvocatura  generale  dello  Stato  involgono  il  merito  delle
questioni  sollevate  e  sono  percio'  da  apprezzare  unitamente  a
quest'ultimo.
    Cio'  e'  a  dirsi  per  l'insistito  rilievo  secondo  il  quale
l'ordinanza di rimessione non avrebbe dato  sufficiente  conto  delle
motivazioni che hanno sorretto la scelta, da parte  del  soggetto  in
causa nel giudizio a quo, di sottoporsi a vaccinazione  raccomandata:
giacche', ammesso che tali  motivazioni  siano  rilevanti,  qualunque
riflessione su di esse comporta all'evidenza  una  valutazione  sulla
natura della raccomandazione proveniente dalle autorita' sanitarie  e
sulla sua incidenza nello spazio di autodeterminazione  del  singolo,
richiedendo,  quindi,  un  giudizio  sul  merito  delle  censure   di
legittimita' costituzionale sollevate.
    Allo stesso modo, l'asserita mancata individuazione, nel  petitum
dell'ordinanza, delle categorie cui dovrebbe effettivamente  spettare
il riconoscimento dell'indennizzo non e', nel caso di specie, profilo
preliminare, ma questione che si pone solo una volta  che  sia  stata
decisa,  in  caso  di  menomazioni  permanenti   derivanti   da   una
vaccinazione    raccomandata,     l'illegittimita'     costituzionale
dell'esclusione  dell'indennizzo   stesso.   Solo   a   quel   punto,
logicamente, si presenta la questione di quanto ampia debba essere la
platea dei destinatari dell'estensione.
    4.- Inconferente per la soluzione delle questioni  all'attenzione
di questa Corte  e'  l'osservazione  dell'Avvocatura  generale  dello
Stato secondo cui il soggetto che abbia subito un  grave  pregiudizio
della  propria   integrita'   psico-fisica   in   conseguenza   della
vaccinazione antinfluenzale avrebbe comunque la possibilita' di agire
in giudizio per il risarcimento del danno alla salute.
    L'osservazione non e' infatti utile ne'  a  fondare  un'eccezione
preliminare d'inammissibilita', ne' a sostenere argomenti  di  merito
per la soluzione delle questioni sollevate.
    Dal primo punto di vista, la Corte d'appello rimettente  ha  reso
specificamente conto dell'avvenuto  accertamento  del  nesso  causale
che, nel caso in esame, collega la vaccinazione antinfluenzale  e  la
menomazione psico-fisica, al fine di dimostrare la sussistenza  delle
condizioni di applicabilita' della specifica disciplina che la  legge
n. 210 del 1992 reca in tema di indennizzo.
    Quanto al secondo aspetto, questa Corte ha gia' precisato che  la
disciplina apprestata dalla legge appena citata  opera  su  un  piano
diverso da  quello  in  cui  si  colloca  la  normativa  in  tema  di
risarcimento del danno. Il risarcimento, infatti, presuppone un nesso
tra  fatto   illecito   e   danno   ingiusto,   mentre   il   diritto
all'indennizzo, che prescinde dalla colpa, sorge a  fronte  del  solo
accertamento  che  la   menomazione   irreversibile   consegua   alla
vaccinazione «e deriva dall'inderogabile dovere di solidarieta'  che,
in  questi  casi,   incombe   sull'intera   collettivita'»,   laddove
quest'ultima tragga beneficio dal trattamento vaccinale  del  singolo
(sentenza n. 118 del 1996).
    Ferma in ogni caso la possibilita' per l'interessato di  azionare
anche l'ordinaria  pretesa  risarcitoria,  che  potra'  eventualmente
essere riconosciuta ove ricorrano le  condizioni  previste  dall'art.
2043 del codice civile, il legislatore ha dunque previsto un'autonoma
misura economica di sostegno, di natura  indennitaria  ed  equitativa
(sentenza n. 118 del 1996), in caso di  danno  alla  salute,  il  cui
ottenimento dipende dal semplice fatto obiettivo dell'aver subito  un
pregiudizio. Tale misura consente  agli  interessati  una  protezione
certa nell'an e  nel  quantum,  non  subordinata  all'esperimento  di
un'azione di risarcimento del danno, che richiede  l'accertamento  di
un fatto illecito e l'individuazione del  responsabile  (sentenze  n.
423 del 2000, n. 27 del 1998 e n. 118 del 1996).
    5.- Nel merito, la decisione delle questioni sollevate  richiede,
in primo luogo, che sia precisato sulla base di quali presupposti e a
quali condizioni questa Corte ha esteso, in sue precedenti  pronunce,
il riconoscimento dell'indennizzo - che  l'art.  1,  comma  1,  della
legge  n.  210  del  1992  testualmente  riserva   alle   menomazioni
permanenti derivanti da vaccinazioni obbligatorie - anche a fronte di
gravi e permanenti  lesioni  all'integrita'  psico-fisica  insorte  a
seguito  di  alcune,  specificamente  individuate,  vaccinazioni  non
obbligatorie, ma raccomandate.
    In secondo  luogo,  deve  essere  accertato  se  queste  medesime
considerazioni valgano anche per  la  vaccinazione  non  obbligatoria
antinfluenzale, di cui si discute nel giudizio principale.
    6.-  Con  le  sentenze  n.  107  del  2012  (in  relazione   alla
vaccinazione contro morbillo, parotite e rosolia), n.  423  del  2000
(con riferimento alla vaccinazione, allora solo raccomandata,  contro
l'epatite B) e n. 27 del 1998 (quanto  alla  vaccinazione,  anch'essa
allora solo raccomandata, contro la poliomielite),  questa  Corte  ha
dichiarato l'illegittimita' costituzionale, in riferimento agli artt.
2, 3 e 32 Cost., dell'art. 1, comma 1, della legge n. 210  del  1992,
nella parte in cui non  prevedeva  il  diritto  all'indennizzo  -  in
presenza di una patologia irreversibile  e  previo  accertamento  del
nesso causale tra questa e  la  vaccinazione  -  per  le  menomazioni
permanenti  derivanti  dalle  ricordate  vaccinazioni,  oggetto   dei
rispettivi giudizi principali.
    In tema di trattamenti vaccinali, la tecnica dell'obbligatorieta'
(prescritta per legge o per ordinanza di un'autorita' sanitaria, come
si esprime la disposizione censurata) e quella della  raccomandazione
(nelle forme di cui si dara' esplicito  conto  piu'  avanti)  possono
essere sia il frutto di concezioni parzialmente diverse del  rapporto
tra individuo e autorita' sanitarie pubbliche, sia  il  risultato  di
diverse  condizioni  sanitarie  della  popolazione  di   riferimento,
opportunamente accertate dalle autorita' preposte.
    Nel  primo  caso,  la  libera  determinazione  individuale  viene
diminuita attraverso la previsione di un obbligo,  assistito  da  una
sanzione. Tale soluzione - rimessa  alla  decisione  delle  autorita'
sanitarie pubbliche, fondata su obiettive e riconosciute esigenze  di
profilassi  -  non  e'  incompatibile  con  l'art.  32  Cost.  se  il
trattamento  obbligatorio  sia  diretto  non  solo  a  migliorare   o
preservare lo stato di salute di chi vi  e'  assoggettato,  ma  anche
quello  degli  altri,  giacche'  e'  proprio  tale  ulteriore  scopo,
attinente  alla  salute  come  interesse   della   collettivita',   a
giustificare  la  compressione  dell'autodeterminazione  del  singolo
(sentenze n. 107 del 2012, n. 226 del 2000, n. 118 del 1996,  n.  258
del 1994 e n. 307 del 1990).
    Nel secondo caso, anziche' all'obbligo,  le  autorita'  sanitarie
preferiscono fare appello all'adesione degli individui a un programma
di politica  sanitaria.  La  tecnica  della  raccomandazione  esprime
maggiore attenzione all'autodeterminazione individuale (o,  nel  caso
di minori, alla responsabilita' dei genitori) e, quindi,  al  profilo
soggettivo del diritto fondamentale alla salute, tutelato  dal  primo
comma dell'art. 32 Cost., ma e' pur sempre indirizzata allo scopo  di
ottenere la migliore salvaguardia della salute come interesse (anche)
collettivo.
    Proprio da quest'ultimo  punto  di  vista,  ferma  la  differente
impostazione delle due tecniche ora in discussione, quel che tuttavia
rileva,  per   la   decisione   delle   questioni   di   legittimita'
costituzionale in  esame,  e'  l'obiettivo  essenziale  che  entrambe
perseguono nella profilassi delle malattie infettive: ossia il comune
scopo di garantire e tutelare la salute (anche) collettiva attraverso
il raggiungimento della massima copertura vaccinale.
    In questa prospettiva, incentrata sulla  salute  quale  interesse
(anche)  obiettivo  della  collettivita',  non   vi   e'   differenza
qualitativa tra  obbligo  e  raccomandazione:  l'obbligatorieta'  del
trattamento  vaccinale  e'  semplicemente  uno  degli   strumenti   a
disposizione delle autorita' sanitarie pubbliche per il perseguimento
della tutela della salute collettiva, al pari della  raccomandazione.
I diversi attori (autorita'  pubbliche  e  individui)  finiscono  per
realizzare l'obiettivo della piu' ampia immunizzazione dal rischio di
contrarre la malattia indipendentemente dall'esistenza  di  una  loro
specifica volonta' di collaborare: «e resta del tutto irrilevante,  o
indifferente, che l'effetto cooperativo sia riconducibile,  dal  lato
attivo, a un obbligo o, piuttosto, a una  persuasione  o  anche,  dal
lato passivo, all'intento di evitare una sanzione  o,  piuttosto,  di
aderire a un invito» (sentenza n. 107 del 2012).
    Per   quanto   concerne   piu'   direttamente   le   vaccinazioni
raccomandate,  in  presenza  di  diffuse  e  reiterate  campagne   di
comunicazione a favore dei trattamenti vaccinali, e' naturale che  si
sviluppi un affidamento nei confronti  di  quanto  consigliato  dalle
autorita' sanitarie: e cio' rende la scelta  individuale  di  aderire
alla  raccomandazione  di  per   se'   obiettivamente   votata   alla
salvaguardia  anche  dell'interesse  collettivo,  al  di  la'   delle
particolari motivazioni che muovono i singoli.
    Questa Corte ha  conseguentemente  riconosciuto  che,  sul  piano
degli  interessi  garantiti  dagli  artt.  2,  3  e  32   Cost.,   e'
giustificata la traslazione in  capo  alla  collettivita',  anch'essa
obiettivamente  favorita  dalle  scelte  individuali,  degli  effetti
dannosi che eventualmente da queste conseguano.
    La ragione determinante del diritto all'indennizzo,  quindi,  non
deriva dall'essersi sottoposti  a  un  trattamento  obbligatorio,  in
quanto tale; essa risiede piuttosto nelle  esigenze  di  solidarieta'
sociale che si  impongono  alla  collettivita',  laddove  il  singolo
subisca conseguenze negative per la propria  integrita'  psico-fisica
derivanti da un trattamento sanitario (obbligatorio  o  raccomandato)
effettuato anche nell'interesse della collettivita'.
    Per questo, la mancata previsione del diritto  all'indennizzo  in
caso di patologie irreversibili derivanti da determinate vaccinazioni
raccomandate si risolve in una lesione degli artt. 2, 3 e  32  Cost.:
perche' le esigenze di solidarieta' sociale e di tutela della  salute
del singolo richiedono che sia la collettivita' ad accollarsi l'onere
del pregiudizio individuale, mentre sarebbe ingiusto  consentire  che
siano i singoli danneggiati a sopportare il costo del beneficio anche
collettivo (sentenza n. 107 del 2012).
    Proprio alla luce di tali considerazioni, si puo' qui  aggiungere
che  le  ragioni  dell'estensione  del  riconoscimento  del   diritto
all'indennizzo ricavabili dalla giurisprudenza  ricordata  non  hanno
mai comportato ne' comportano, da parte di questa Corte,  valutazioni
negative   sul   grado    di    affidabilita'    scientifica    della
somministrazione delle  vaccinazioni.  Al  contrario,  la  previsione
dell'indennizzo,  originariamente  riservata  ai  casi   di   lesioni
permanenti  derivanti  da  vaccinazioni  obbligatorie,   e   la   sua
estensione (ad opera di questa Corte) ai citati casi di  vaccinazioni
raccomandate - pur sempre se sia accertato un nesso di causalita' tra
somministrazione del vaccino e menomazione permanente - completano il
"patto di solidarieta'" tra individuo  e  collettivita'  in  tema  di
tutela della salute e rendono piu' serio e affidabile ogni  programma
sanitario volto alla diffusione dei trattamenti  vaccinali,  al  fine
della piu' ampia copertura della popolazione.
    7.- Non vi sono ragioni per non estendere al caso ora in esame  e
alle questioni di legittimita' costituzionale in  esso  sollevate  le
affermazioni ricavabili  dalla  ricordata  giurisprudenza  di  questa
Corte.
    La vaccinazione antinfluenzale rientra a pieno titolo tra  quelle
raccomandate.
    La verifica di tale condizione e'  un  passaggio  essenziale  del
giudizio di questa Corte. Rispondere alla domanda se, analogamente  a
quanto  accertato  in  relazione  ad  altre  specifiche  vaccinazioni
raccomandate, anche per quella antinfluenzale sia stata e  sia  posta
in atto, da parte delle autorita' sanitarie, una  effettiva  campagna
informativa consente, infatti, di verificare il rilievo  che  assume,
in tal caso, la tutela della salute anche collettiva.
    Questa Corte non puo' quindi esimersi da una analisi mirata sulle
peculiarita'  della  singola  raccomandazione  di   cui   si   faccia
questione, non potendo limitarsi ad  estendere,  senza  una  verifica
caso per caso, i pur chiari principi della propria  giurisprudenza  a
qualunque  indicazione  di  profilassi  proveniente  dalle  autorita'
pubbliche.
    In  questa   prospettiva,   il   carattere   della   vaccinazione
antinfluenzale quale trattamento sanitario raccomandato puo' emergere
alla luce della sussistenza di una serie di  atti,  corrispondenti  a
quelli gia' individuati da questa  Corte  nella  sua  giurisprudenza:
insistite e ampie campagne  anche  straordinarie  di  informazione  e
raccomandazione da parte delle autorita'  sanitarie  pubbliche  nelle
loro  massime  istanze;  distribuzione   di   materiale   informativo
specifico;  informazioni  contenute  sul   sito   istituzionale   del
Ministero della  salute;  decreti  e  circolari  ministeriali;  piani
nazionali di prevenzione vaccinale;  oppure  la  stessa  legge  (come
accadeva,  ad  esempio,   nel   caso   relativo   alla   vaccinazione
poliomielitica, a suo tempo raccomandata dalla legge 30 luglio  1959,
n. 695, recante «Provvedimenti per rendere integrale la  vaccinazione
antipoliomielitica») (si vedano, ancora, le sentenze n. 107 del 2012,
n. 423 del 2000 e n. 27 del 1998).
    Nel caso specifico della vaccinazione antinfluenzale, di  cui  si
tratta nel giudizio a quo, sono  in  particolare  rilevanti  i  Piani
nazionali di prevenzione vaccinale (da  ultimo,  il  Piano  nazionale
prevenzione vaccinale 2017-2019), che,  affiancando  la  vaccinazione
antinfluenzale ad altri tipi di vaccinazioni raccomandate e indicando
i rispettivi  obiettivi  di  copertura,  definiscono  la  complessiva
programmazione vaccinale;  le  raccomandazioni  del  Ministero  della
salute adottate specificamente, per ogni  stagione,  con  riferimento
alla vaccinazione antinfluenzale (da ultimo, "Prevenzione e controllo
dell'influenza:  raccomandazioni  per  la  stagione  2017-2018");  le
campagne informative istituzionali del Ministero della salute,  oltre
che delle Regioni.
    7.1.- Alla luce di tali  considerazioni,  la  collettivita'  deve
dunque sostenere i costi del pregiudizio individuale, anche nel  caso
in cui la menomazione  permanente  sia  derivata  dalla  vaccinazione
antinfluenzale. Sarebbe del resto irragionevole  riservare  a  coloro
che hanno aderito  alle  ricordate  raccomandazioni  delle  autorita'
sanitarie  pubbliche  un  trattamento  deteriore  rispetto  a  quello
riconosciuto a quanti abbiano ubbidito ad un precetto  (nello  stesso
senso, con riferimento alla vaccinazione contro la  poliomielite,  la
sentenza n. 27 del 1998). E la traslazione sulla collettivita'  delle
conseguenze  negative  eventualmente  derivanti  dalla   vaccinazione
antinfluenzale (pur sempre alle  condizioni  e  nei  limiti  previsti
dalla legge n. 210 del 1992) consegue all'applicazione  dei  principi
costituzionali di solidarieta' (art. 2 Cost.), di tutela della salute
anche collettiva (art. 32 Cost.) e di ragionevolezza (art. 3  Cost.),
oltre a completare, in termini che rendono piu'  serio  e  affidabile
ogni  programma  sanitario  volto  alla  diffusione  dei  trattamenti
vaccinali, il ricordato  "patto  di  solidarieta'"  tra  individuo  e
collettivita', al fine della piu' ampia copertura della popolazione.
    Ne'  si  puo'  trascurare,   ancora   a   giustificazione   della
traslazione  a  carico   della   collettivita'   dell'indennizzo   in
questione, che la piu'  ampia  sottoposizione  a  vaccinazione  quale
profilassi preventiva puo' notevolmente alleviare il carico non  solo
economico che le epidemie  influenzali  solitamente  determinano  sul
sistema sanitario nazionale e sulle attivita' lavorative.
    7.2.- Osserva l'Avvocatura generale dello Stato che, in  caso  di
accoglimento  del  petitum  come  formulato  dalla  Corte   d'appello
rimettente, resterebbero insolute e incerte una  serie  di  questioni
che  solo  il  legislatore  potrebbe,  nella  sua   discrezionalita',
definire,   in   particolare   quella   relativa    ai    destinatari
dell'estensione dell'indennizzo.
    L'obiezione non coglie nel segno.
    Le  raccomandazioni  delle  autorita'  sanitarie  in  materia  di
vaccinazione antinfluenzale riguardano, in  primo  luogo,  specifiche
categorie  di  soggetti  a  rischio,  in  relazione   ai   quali   la
vaccinazione e' espressamente raccomandata  a  fronte  o  di  un'eta'
avanzata o di particolari condizioni di  salute;  in  secondo  luogo,
determinate categorie di operatori e  lavoratori,  per  le  quali  la
vaccinazione, oltre alla salvaguardia della salute individuale, ha il
duplice scopo di proteggere quanti entrano con loro in contatto e  di
evitare l'interruzione di servizi essenziali per la collettivita'; in
terzo luogo, coloro che convivono con  soggetti  a  rischio,  venendo
anche qui in rilievo la necessita' di tutela  non  solo  individuale.
Per queste categorie, il recente aggiornamento dei livelli essenziali
di assistenza (decreto del Presidente del Consiglio dei  ministri  12
gennaio  2017,  recante  «Definizione  e  aggiornamento  dei  livelli
essenziali di assistenza, di cui all'articolo 1, comma 7, del decreto
legislativo 30  dicembre  1992,  n.  502»),  il  Piano  nazionale  di
prevenzione vaccinale (2017-2019) e le  raccomandazioni  ministeriali
(2017-2018) prevedono l'offerta gratuita del vaccino  antinfluenzale.
L'individuazione  specifica  di  tali  categorie,  nell'ambito  della
generalita'  della  popolazione,   ha,   dunque,   questo   obiettivo
principale, mentre  non  potrebbe  ovviamente  servire  a  delimitare
l'ambito dei possibili destinatari dell'indennizzo.
    D'altra parte, le campagne di  informazione  e  sensibilizzazione
tese alla piu' ampia copertura vaccinale coinvolgono  inevitabilmente
la generalita' della popolazione, a prescindere da  una  pregressa  e
specifica condizione individuale di salute, di eta', di lavoro  o  di
convivenza:  giacche',  anche  in  questo  caso,  l'applicazione  del
trattamento consente di tutelare sia la dimensione individuale  della
salute, sia quella collettiva, impedendosi l'eventuale contagio fra i
soggetti non a rischio e quelli a rischio  e  contribuendosi  in  tal
modo anche alla protezione di coloro che non possono  ricorrere  alla
vaccinazione a causa della propria specifica condizione di salute.
    7.3.- In definitiva, alla luce  dei  principi  individuati  dalla
giurisprudenza di questa Corte - che fa espresso riferimento, ai fini
del riconoscimento del  diritto  all'indennizzo,  alla  tutela  della
salute collettiva - il fatto che la raccomandazione sia accompagnata,
per   alcune   categorie   di   soggetti,   dalla   gratuita'   della
somministrazione, non potrebbe fondare alcuna limitazione del  novero
dei destinatari dell'indennizzo.
    La specifica posizione di tali categorie di  soggetti  non  elide
affatto il rilievo collettivo che la tutela della salute assume anche
nei confronti della popolazione in generale, la vaccinazione di tutti
e di ciascuno contribuendo all'obiettivo della piu' ampia  copertura,
perseguito attraverso la raccomandazione. Del resto, se i vincoli  di
ordine finanziario possono giustificare limitazioni  del  novero  dei
soggetti  cui  la  vaccinazione,  in  quanto  inserita  nei   livelli
essenziali di assistenza, sia somministrabile gratuitamente, di certo
essi non giustificano alcun  esonero  dall'obbligo  d'indennizzo,  in
presenza delle condizioni previste dalla legge.
    Va pertanto dichiarata l'illegittimita' costituzionale  dell'art.
1, comma 1, della legge n. 210  del  1992  nella  parte  in  cui  non
prevede il diritto ad un  indennizzo,  alle  condizioni  e  nei  modi
stabiliti dalla medesima legge, a favore di chiunque abbia  riportato
lesioni o  infermita',  dalle  quali  sia  derivata  una  menomazione
permanente della integrita' psico-fisica, a causa della  vaccinazione
antinfluenzale.

     

                          per questi motivi
                       LA CORTE COSTITUZIONALE

    dichiara l'illegittimita' costituzionale dell'art.  1,  comma  1,
della legge 25  febbraio  1992,  n.  210  (Indennizzo  a  favore  dei
soggetti danneggiati da complicanze di tipo irreversibile a causa  di
vaccinazioni  obbligatorie,   trasfusioni   e   somministrazioni   di
emoderivati),  nella  parte   in   cui   non   prevede   il   diritto
all'indennizzo, alle condizioni e nei modi stabiliti  dalla  medesima
legge, nei confronti di coloro che si siano sottoposti a vaccinazione
antinfluenzale.
    Cosi' deciso in Roma,  nella  sede  della  Corte  costituzionale,
Palazzo della Consulta, il 22 novembre 2017.

                                F.to:
                      Paolo GROSSI, Presidente
                      Nicolo' ZANON, Redattore
                     Roberto MILANA, Cancelliere

    Depositata in Cancelleria il 14 dicembre 2017.

                   Il Direttore della Cancelleria
                        F.to: Roberto MILANA


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