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mercoledì 11 luglio 2018

N. 140 SENTENZA 5 giugno - 5 luglio 2018 Giudizio di legittimita' costituzionale in via principale. Edilizia e urbanistica - Adozione di regolamenti comunali per la determinazione di criteri e modalita' di alienazione e locazione di immobili acquisiti al patrimonio dell'ente per mancata ottemperanza all'ordine di demolizione, sulla base di Linee guida emanate dalla Giunta regionale - Disciplina transitoria per interventi consentiti in assenza di pianificazione urbanistica. - Legge della Regione Campania 22 giugno 2017, n. 19 (Misure di semplificazione e linee guida di supporto ai Comuni in materia di governo del territorio), artt. 2, comma 2, e 4, comma 1, lettera e). - (GU n.28 del 11-7-2018 )





N. 140 SENTENZA 5 giugno - 5 luglio 2018

Giudizio di legittimita' costituzionale in via principale.

Edilizia e urbanistica - Adozione  di  regolamenti  comunali  per  la
  determinazione di criteri e modalita' di alienazione e locazione di
  immobili acquisiti al patrimonio dell'ente per mancata ottemperanza
  all'ordine di demolizione, sulla base di Linee guida emanate  dalla
  Giunta regionale - Disciplina transitoria per interventi consentiti
  in assenza di pianificazione urbanistica.
- Legge della Regione Campania 22  giugno  2017,  n.  19  (Misure  di
  semplificazione e linee guida di supporto ai Comuni in  materia  di
  governo del territorio), artt. 2, comma 2, e 4,  comma  1,  lettera
  e).


(GU n.28 del 11-7-2018 )

 

                       LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori:
Presidente:Giorgio LATTANZI;
Giudici  :Aldo  CAROSI,  Marta  CARTABIA,  Mario   Rosario   MORELLI,
  Giancarlo CORAGGIO,  Giuliano  AMATO,  Silvana  SCIARRA,  Daria  de
  PRETIS, Nicolo' ZANON, Franco  MODUGNO,  Augusto  Antonio  BARBERA,
  Giulio PROSPERETTI, Giovanni AMOROSO, Francesco VIGANO',

     
    ha pronunciato la seguente

                              SENTENZA

    nel giudizio di legittimita' costituzionale degli artt. 2,  comma
2, e 4, comma 1, lettera e), della legge della  Regione  Campania  22
giugno 2017, n. 19  (Misure  di  semplificazione  e  linee  guida  di
supporto ai Comuni in materia di governo  del  territorio),  promosso
dal Presidente del Consiglio dei ministri, con ricorso notificato  il
21 agosto 2017, depositato in cancelleria il 22 agosto 2017, iscritto
al n. 56 del  registro  ricorsi  2017  e  pubblicato  nella  Gazzetta
Ufficiale della Repubblica n. 37,  prima  serie  speciale,  dell'anno
2017.
    Visti l'atto di  costituzione  della  Regione  Campania,  nonche'
l'atto di intervento dell'Associazione Italiana  per  il  World  Wide
Fund for Nature (WWF Italia) ONLUS;
    udito nell'udienza pubblica del 5 giugno 2018 il Giudice relatore
Silvana Sciarra;
    uditi l'avvocato dello Stato Vincenzo Nunziata per il  Presidente
del Consiglio dei ministri e l'avvocato Almerina Bove per la  Regione
Campania.

                          Ritenuto in fatto

    1. - Con ricorso spedito per la notificazione il 21 agosto 2017 e
depositato il successivo 22 agosto (reg. ric. n.  56  del  2017),  il
Presidente del Consiglio dei ministri  ha  promosso,  in  riferimento
agli artt. 117, secondo comma,  lettera  s),  e  terzo  comma,  della
Costituzione - quest'ultimo in  relazione  ai  principi  fondamentali
della legislazione dello Stato nella materia «governo del territorio»
- questioni di legittimita' costituzionale degli artt. 2, comma 2,  e
4, comma 1, lettera e), della legge della Regione Campania 22  giugno
2017, n. 19 (Misure di semplificazione e linee guida di  supporto  ai
Comuni in materia di governo del territorio).
    1.1. - Il ricorrente premette che il comma 1  dell'art.  2  della
legge reg. Campania n. 19 del 2017 prevede che, al fine di perseguire
indirizzi uniformi in ambito regionale, la  Giunta  regionale,  entro
novanta giorni dall'entrata in vigore della medesima  legge,  «adotta
linee guida non vincolanti  per  supportare  gli  enti  locali  nella
regolamentazione ed attuazione, se ne  ricorrono  i  presupposti,  di
misure alternative alla demolizione degli immobili abusivi  ai  sensi
dell'articolo 31, comma 5 del D.P.R. n. 380/2001». Tali  linee  guida
sono  approvate  dalla  Giunta   regionale   entro   novanta   giorni
dall'entrata in vigore  della  legge  regionale,  su  proposta  della
struttura amministrativa regionale competente in materia  di  governo
del territorio, «con riferimento  a  quanto  previsto  dal  comma  2»
(secondo periodo).
    L'impugnato comma 2 dello stesso art. 2  stabilisce  quindi  che,
«[f]erma  restando  l'autonoma  valutazione  dei  Consigli   comunali
sull'esistenza  di  prevalenti  interessi  pubblici   rispetto   alla
procedura di demolizione dei beni acquisiti al patrimonio comunale, i
Comuni, nell'ambito delle proprie competenze, possono avvalersi delle
linee guida di cui al presente articolo per approvare, in conformita'
e nel rispetto della normativa nazionale  vigente  in  materia,  atti
regolamentari e d'indirizzo riguardanti: a)  i  parametri  e  criteri
generali di valutazione del prevalente  interesse  pubblico  rispetto
alla demolizione; b) i criteri per la valutazione del  non  contrasto
dell'opera con  rilevanti  interessi  urbanistici,  ambientali  o  di
rispetto dell'assetto idrogeologico;  c)  la  regolamentazione  della
locazione  e  alienazione  degli  immobili  acquisiti  al  patrimonio
comunale per inottemperanza  all'ordine  di  demolizione,  anche  con
preferenza per gli occupanti per necessita' al fine di  garantire  un
alloggio adeguato alla composizione del relativo nucleo familiare; d)
i criteri di determinazione del canone di locazione e del  prezzo  di
alienazione ad onerosita' differenziata  fra  le  superfici  adeguate
alla  composizione  del  nucleo  familiare  e  quelle  in   eventuale
eccedenza; e) i criteri di determinazione del possesso del  requisito
soggettivo di occupante per necessita',  anche  per  quanto  riferito
alla  data  di   occupazione   dell'alloggio;   f)   i   criteri   di
determinazione  del  limite   di   adeguatezza   dell'alloggio   alla
composizione del nucleo familiare; g) le  modalita'  di  accertamento
degli elementi di  cui  alle  lettere  e),  f)  e  del  possesso  dei
requisiti morali di cui all'articolo 71, comma 1, lettere a), b), e),
f) del decreto legislativo 26 marzo 2010,  n.  59  (Attuazione  della
direttiva 2006/123/CE relativa ai servizi del mercato interno); h) le
modalita' di comunicazione delle  delibere  consiliari  approvate  ai
sensi dell'articolo 31, comma 5 del D.P.R. n. 380/2001  all'autorita'
giudiziaria  che  abbia  ordinato,  per  gli  stessi   immobili,   la
demolizione  ai  sensi  dell'articolo  31,  comma  9  del  D.P.R.  n.
380/2001».
    Il ricorrente rammenta  che  l'art.  31  (rubricato:  «Interventi
eseguiti in assenza di permesso di costruire, in totale difformita' o
con  variazioni  essenziali»)  del  decreto  del   Presidente   della
Repubblica  6  giugno  2001,  n.  380,  recante  «Testo  unico  delle
disposizioni legislative e regolamentari in materia  edilizia  (Testo
A)», dopo avere definito, al comma 1,  gli  «interventi  eseguiti  in
totale  difformita'  dal  permesso  di   costruire»,   dispone   che:
l'amministrazione comunale, accertata l'esecuzione di  interventi  in
assenza di  permesso,  in  totale  difformita'  dal  medesimo  o  con
variazioni essenziali, «ingiunge al proprietario  e  al  responsabile
dell'abuso  la  rimozione  o  la  demolizione»  (comma  2);   se   il
responsabile dell'abuso non provvede alla demolizione e al ripristino
dello stato dei luoghi entro  novanta  giorni  dall'ingiunzione,  «il
bene e l'area di sedime [...] sono acquisiti di diritto gratuitamente
al    patrimonio    del    comune»    (comma    3);    l'accertamento
dell'inottemperanza all'ingiunzione a  demolire  «costituisce  titolo
per l'immissione nel possesso e  per  la  trascrizione  nei  registri
immobiliari» (comma 4); per gli interventi abusivamente  eseguiti  su
terreni sottoposti a  vincolo  di  inedificabilita',  «l'acquisizione
gratuita, nel caso di inottemperanza all'ingiunzione di  demolizione,
si verifica di diritto a favore delle amministrazioni cui compete  la
vigilanza   sull'osservanza   del   vincolo.   Tali   amministrazioni
provvedono alla demolizione delle  opere  abusive  ed  al  ripristino
dello stato dei luoghi a spese  dei  responsabili  dell'abuso.  Nella
ipotesi di concorso dei vincoli, l'acquisizione si verifica a  favore
del patrimonio del comune» (comma 6).
    Il ricorrente evidenzia poi, in particolare, la disposizione  del
comma 5 dell'art. 31 del d.P.R.  n.  31  del  2001  -  «espressamente
richiamato nella legge regionale [...] a fondamento delle linee guida
per le "misure alternative alla demolizione degli immobili"»  abusivi
- secondo cui «[l]'opera acquisita  e'  demolita  con  ordinanza  del
dirigente o del responsabile del competente ufficio comunale a  spese
dei responsabili dell'abuso, salvo che con  deliberazione  consiliare
non si dichiari l'esistenza di prevalenti interessi pubblici e sempre
che  l'opera  non  contrasti  con  rilevanti  interessi  urbanistici,
ambientali o di rispetto dell'assetto idrogeologico».
    Da  tale  disposizione  risulterebbe,  sempre   ad   avviso   del
Presidente del Consiglio dei ministri, che  la  possibilita'  di  non
demolire  l'opera  acquisita  e'  contemplata  «in  via   del   tutto
eccezionale ed in deroga alla doverosa conclusione demolitoria» ed e'
«un'ipotesi  ammessa  nei  soli  limiti  indicati   dalla   normativa
statale»,   giacche'   l'acquisizione    al    patrimonio    comunale
dell'immobile non demolito «si atteggia come una sanzione  impropria,
preordinata principalmente alla demolizione dello stesso».
    A tale proposito, il ricorrente asserisce  che  il  Consiglio  di
Stato ha piu' volte chiarito che  la  sanzione  amministrativa  della
demolizione costituisce un'attivita' vincolata diretta a  ristabilire
la legalita' mediante  il  ripristino  di  una  situazione  di  fatto
conforme alla normativa urbanistica ed edilizia.
    1.1.1. - Tenuto conto di cio', l'art.  2,  comma  2,  legge  reg.
Campania n. 19 del 2017 violerebbe, anzitutto,  l'art.  117,  secondo
comma, lettera s), Cost., che attribuisce allo  Stato  la  competenza
legislativa esclusiva nella materia «tutela dell'ambiente».
    A proposito di tale violazione,  il  ricorrente  afferma  che  la
disposizione  impugnata,  col  prevedere,   alla   lettera   c),   la
regolamentazione,  da   parte   dei   Comuni,   della   locazione   e
dell'alienazione degli immobili acquisiti al patrimonio  comunale  in
seguito   all'inottemperanza   all'ordine   di   demolirli,    sembra
prefigurare, anche alla luce delle successive lettere  da  d)  a  h),
«una sorta di prelazione nell'assegnazione o  nell'alienazione  degli
immobili acquisiti dagli stessi occupanti, anche nel caso  in  cui  i
medesimi  occupanti  siano  stati  anche  gli  autori   dell'illecito
edilizio sanzionato con la demolizione».
    Sempre ad avviso  del  Presidente  del  Consiglio  dei  ministri,
«[l]'accorpamento  di  argomenti  assolutamente  eterogenei   tra   i
contenuti degli  atti  di  indirizzo  comunali  previsti  alle  [...]
lettere  a),  b),  e  c)»  indurrebbe  a  ritenere  «che  la  mancata
ottemperanza all'ordine di demolizione e la conseguente  acquisizione
al patrimonio  comunale  determinino  il  venir  meno  della  pretesa
demolitoria,  a  prescindere  dalle  necessarie  valutazioni  di  cui
all'art. 31, comma 5 decreto del Presidente della Repubblica  n.  380
del 2001».
    Secondo il ricorrente, in definitiva, a fronte di una  disciplina
statale in base alla quale  la  demolizione  degli  immobili  abusivi
acquisiti al patrimonio del Comune «costituisce la doverosa  risposta
sanzionatoria  per  reprimere  l'illecito»,  salve  le  sole  ipotesi
previste dal comma 5 dell'art. 31 d.P.R. n.  380  del  2001,  con  la
disposizione impugnata «si ha che il bene,  una  volta  acquisito  al
patrimonio comunale, non viene demolito, ma assegnato, sulla base  di
una apposita procedura, agli  stessi  occupanti,  a  prescindere  che
questi siano anche  gli  autori  dell'illecito  e  senza  l'effettiva
verifica sulla ricorrenza delle circostanze  previste,  solo  in  via
eccezionale, nel citato art. 31, comma 5».
    Il ricorrente conclude sul punto affermando che, in tale modo, la
disposizione impugnata «incide, sminuendone la portata  deterrente  e
repressiva,  sulle  norme  statali  poste  a  tutela   dell'ambiente,
violando la competenza esclusiva  statale,  ex  art.  117,  comma  2,
lettera s) della Costituzione».
    Sempre  con  riguardo  alla  violazione  di  tale  parametro,  il
Presidente del Consiglio dei ministri afferma inoltre che le  lettere
c) e d) del comma 2 dell'art. 2 della legge reg. Campania n.  19  del
2017 realizzerebbero, «nella sostanza, un effetto analogo a quello di
un "condono  edilizio  straordinario",  in  quanto  consent[ono]  che
immobili abusivi siano "regolarizzati" e assegnati agli autori  degli
abusi stessi».
    A questo proposito, il ricorrente richiama la sentenza di  questa
Corte n. 233 del 2015 (in particolare, il punto 3.1. del  Considerato
in diritto), in cui si  chiarisce,  tra  l'altro,  che  «esula  dalla
potesta' legislativa regionale il potere  di  disporre  autonomamente
una sanatoria straordinaria per il solo territorio  regionale»;  cio'
che, invece, si verificherebbe con l'impugnato art. 2, comma 2.
    1.1.2. - Tale disposizione violerebbe,  «in  ogni  caso»,  l'art.
117, terzo comma, Cost.
    Secondo il ricorrente, come sarebbe reso  evidente  dalla  stessa
rubrica dell'art. 2 legge reg. Campania n. 19 del 2017 («Linee  guida
per le misure alternative alle  demolizioni  di  immobili  abusivi»),
tale intervento legislativo si collocherebbe nell'ambito materiale di
legislazione concorrente del governo del territorio, comprensivo,  in
linea di principio, di tutto cio' che attiene all'uso del  territorio
e alla localizzazione di impianti o attivita'.
    Essa contrasterebbe, tuttavia, con i  principi  fondamentali  del
d.P.R. n. 380 del 2001, cui, a norma degli artt. 1 e 2, commi 1 e  3,
dello stesso testo unico dell'edilizia, le Regioni  devono  attenersi
nell'esercizio della potesta' legislativa concorrente.
    In proposito, il Presidente del Consiglio  dei  ministri  afferma
che, mentre i commi da 3 a 6 dell'art. 31  d.P.R.  n.  380  del  2001
configurano l'acquisizione dell'immobile abusivo  al  patrimonio  del
Comune «come una sanzione impropria, preordinata principalmente  alla
demolizione dello stesso», secondo l'impugnato art. 2, comma 2, legge
reg.  Campania  n.   19   del   2017,   viceversa,   l'inottemperanza
all'ingiunzione  a  demolire  e  la   conseguente   acquisizione   al
patrimonio comunale «determinano [...]  un  sostanziale  venire  meno
della pretesa demolitoria, a prescindere dalle valutazioni  richieste
dalla normativa statale, ex art. 31, comma 5 decreto  del  Presidente
della Repubblica n. 380/2001, in ordine all'esistenza "di  prevalenti
interessi  pubblici"  alla   conservazione   dell'opera   abusiva   e
all'accertamento che la stessa "non contrasti con rilevanti interessi
urbanistici, ambientali, o del rispetto dell'assetto idrogeologico"».
    Inoltre, le lettere c) e d) dell'impugnato comma 2 produrrebbero,
«nella sostanza, un effetto analogo a quello di un "condono  edilizio
straordinario", in quanto si  consente  che  immobili  abusivi  siano
"regolarizzati" e assegnati  agli  autori  degli  abusi  stessi,  con
evidente elusione dei limiti della potesta'  legislativa  concorrente
della Regione (Corte Cost. n. 233/2015 cit.)».
    Il Presidente del Consiglio dei ministri  ritiene  non  si  possa
ragionevolmente  sostenere  che  l'applicabilita'   della   normativa
statale sulla repressione degli abusi edilizi  sia,  nella  sostanza,
subordinata alla  previa  valutazione  discrezionale  del  competente
ufficio  comunale  in  ordine  alla  sussistenza  di  un   perdurante
interesse   pubblico   alla   rimessione   in    pristino    rispetto
all'affidamento  dell'immobile  abusivo  al   privato,   atteso   che
l'interesse di questi  al  mantenimento  dello  stesso  e'  recessivo
rispetto  all'interesse  pubblico  all'osservanza   della   normativa
urbanistico-edilizia  e  al  corretto  governo  del  territorio   (e'
nuovamente citata la sentenza n. 233 del  2015).  Cio'  in  quanto  -
sempre ad avviso del ricorrente - l'esercizio del  potere  repressivo
degli    abusi    edilizi    costituisce    un'attivita'    vincolata
dell'amministrazione, non  soggetta  a  termini  di  decadenza  o  di
prescrizione,  tanto  che,  ai  fini  dell'adozione  dell'ordine   di
demolizione, non e' necessario l'invio della comunicazione  di  avvio
del procedimento.
    Da cio' il contrasto della disposizione impugnata con l'art. 117,
terzo comma, Cost.
    1.2. - Quanto alla seconda delle disposizioni  impugnate,  l'art.
4, comma  1,  lettera  e),  legge  reg.  Campania  n.  19  del  2017,
inserisce, dopo il comma 4-bis dell'art. 44 della legge della Regione
Campania 22 dicembre 2004, n. 16 (Norme sul governo del  territorio),
un comma 4-ter, il quale dispone che,  «[n]ei  Comuni  sprovvisti  di
strumento urbanistico  comunale,  nelle  more  dell'approvazione  del
Piano  urbanistico  comunale,  per  edifici  regolarmente  assentiti,
adibiti ad attivita' manifatturiere, industriali e artigianali,  sono
consentiti ampliamenti  che  determinano  un  rapporto  di  copertura
complessivo fino ad un massimo del 60 per cento».
    Il ricorrente afferma che tale disposizione contrasta con  l'art.
9 d.P.R. n. 380 del 2001, «che limita, invece, gli interventi edilizi
realizzabili in assenza di pianificazione generale e attuativa e  che
costituisce un principio  fondamentale  in  materia  di  governo  del
territorio».
    1.2.1. - L'impugnato art. 4, comma 1, lettera e), «risultando non
conforme alla citata legislazione di settore», violerebbe, anzitutto,
l'art. 117, secondo comma, lettera s), Cost.
    Sarebbe infatti evidente che gli ampliamenti da  esso  consentiti
«introducono  un'indebita  estensione  della   potesta'   legislativa
regionale, in violazione dell'anzidetto parametro  costituzionale,  e
sono idonei, tra l'altro, a realizzare una disparita' di  trattamento
di situazioni analoghe sul territorio, atteso che, cio' che e'  stato
escluso a livello nazionale dal testo unico in materia  di  edilizia,
verrebbe [...] consentito [...] per la sola Regione Campania».
    1.2.2. -Ad avviso  del  ricorrente,  la  disposizione  impugnata,
inoltre, ponendosi in contrasto con i principi fondamentali contenuti
nel d.P.R. n. 380 del 2001 - ai  quali  i  legislatori  regionali  si
dovrebbero attenere a norma degli artt. 1 e 2, commi  1  e  3,  dello
stesso t.u. edilizia - «eccede dalla sfera  di  competenza  regionale
concorrente in materia di "governo del territorio"».
    A tale  proposito,  il  Presidente  del  Consiglio  dei  ministri
richiama la sentenza di questa Corte n. 84 del 2017, in cui e'  stato
statuito  che  i  limiti  all'edificazione  nelle  cosiddette   "zone
bianche", previsti dall'art. 9 d.P.R. n.  380  del  2001,  hanno  «le
caratteristiche  intrinseche   del   principio   fondamentale   della
legislazione  statale  in  materia  di  governo  del  territorio»   e
sottolinea  come  gli  stessi  costituiscano  dei   «limiti   minimi,
derogabili dalle regioni solo nella direzione dell'innalzamento della
tutela», come riconosciuto dalla stessa  sentenza  n.  84  del  2017,
nonche' dalla sentenza del Consiglio di  Stato,  sezione  quarta,  12
marzo 2010, n. 1461.
    2. - Si e' costituita in giudizio la Regione Campania,  chiedendo
che le  questioni  proposte  siano  dichiarate  inammissibili  o  non
fondate.
    3. - E' intervenuta l'Associazione Italiana  per  il  World  Wide
Fund for Nature  (WWF  Italia)  ONLUS,  chiedendo  che  le  questioni
proposte siano dichiarate fondate.
    4. - In prossimita' dell'udienza pubblica, la Regione Campania ha
depositato una memoria illustrativa.
    4.1.  -  La  Regione  resistente  ribadisce,  in   primo   luogo,
l'inammissibilita' e, comunque,  l'infondatezza  delle  questioni  di
legittimita' costituzionale dell'art. 2, comma 2, legge reg. Campania
n. 19 del 2017.
    4.1.1. - Con riguardo all'inammissibilita' di  esse,  la  Regione
Campania rappresenta la necessita' che il  giudizio  di  legittimita'
costituzionale, anche in via principale, abbia  a  oggetto  questioni
«concrete e non [...] ipotetiche o astratte o premature». Sulla  base
di tale premessa, la stessa Regione, considerato che l'impugnato art.
2, comma 2, «riguarda l'adozione di linee  guida  per  atti  comunali
meramente facoltativi, e quindi ipotetici ed eventuali, di cui non e'
dato ipotizzare [...] alcuna  lesione  delle  competenze  legislative
statali»,  eccepisce  che  «risulta  precluso  impugnare  una   legge
lamentando la mera possibilita' che un  atto  attuativo  della  legge
medesima possa  contrastare,  eventualmente  ed  ipoteticamente,  con
l'art. 117 della Costituzione».
    4.1.2.  -  Con  riguardo  all'infondatezza  delle  questioni   di
legittimita' costituzionale dell'art. 2, comma 2, legge reg. Campania
n. 19 del 2017, la Regione nega che tale  disposizione  si  ponga  in
contrasto con gli invocati parametri costituzionali.
    4.1.2.1. - Quanto, in primo luogo, all'art. 117,  secondo  comma,
lettera s), Cost., il denunciato  vulnus  a  tale  parametro  sarebbe
palesemente insussistente, in quanto la legge reg. Campania n. 19 del
2017 atterrebbe  all'urbanistica  e  all'edilizia,  che,  secondo  il
costante orientamento della Corte costituzionale,  dovrebbero  essere
ricondotte alla materia «governo del  territorio»,  di  cui  all'art.
117, terzo comma, Cost. e non alla materia «tutela dell'ambiente», di
cui all'art. 117, secondo comma, lettera s), Cost.
    La Regione Campania aggiunge che, in ogni caso,  la  disposizione
impugnata non modifica in  peius  il  livello  di  tutela  assicurato
dall'art. 31, comma 5, d.P.R. n. 380 del 2001.
    4.1.2.2. - Quanto all'art. 117, terzo comma,  Cost.,  la  Regione
Campania deduce anzitutto che il potere  delle  Regioni  di  adottare
atti di indirizzo nella materia  urbanistico-edilizia  sarebbe  stato
riconosciuto dalla Corte costituzionale (e' citata la sentenza n.  84
del 2017). La mancata impugnazione del comma 1 dell'art. 2 legge reg.
Campania n. 19 del 2017 confermerebbe,  del  resto,  che  neppure  il
ricorrente dubita dell'esistenza di tale potere.
    Cio' precisato, la Regione resistente  sottolinea  le  previsioni
sia di tale comma, la' dove stabilisce l'adozione di linee guida  non
vincolanti a supporto dei Comuni nella regolamentazione e  attuazione
di misure alternative alla demolizione, «ai sensi dell'art. 31, comma
5 del D.P.R. n. 380/2001»,  sia  dell'impugnato  comma  2,  la'  dove
dispone che gli atti  regolamentari  e  d'indirizzo  che  gli  stessi
Comuni  potranno  approvare  avvalendosi  delle  linee  guida   siano
adottati «in conformita' e nel  rispetto  della  normativa  nazionale
vigente in materia».
    L'art. 2 legge reg. Campania n. 19 del 2017  prevederebbe  quindi
soltanto l'adozione, da parte della Regione, di un atto  orientativo,
di indirizzo, privo di portata normativa e sprovvisto,  percio',  del
potere di condizionare i Comuni; i quali potranno decidere di seguire
i criteri elencati alle lettere da a) ad h) dell'impugnato comma 2  -
dettati per esigenze di omogeneita' nel territorio regionale - oppure
di  compiere  delle  scelte  autonome,  difformi  dalle  linee  guida
regionali.
    Dal tenore letterale del comma impugnato emergerebbe  dunque  che
esso non impone alcun comportamento in  contrasto  con  la  normativa
nazionale, in particolare, con il d.P.R.  n.  380  del  2001,  ma  si
limita a prevedere una facolta', in capo ai Comuni, di adottare  atti
regolamentari coerenti con le linee guida.
    Ne' l'art. 2 legge reg. Campania n. 19 del 2017 configurerebbe un
condono  straordinario,  giacche'  tale  disposizione,  la'  dove  fa
riferimento alla locazione e all'alienazione  degli  immobili  -  che
sarebbero  pacificamente  consentite   -,   «non   contempla   alcuna
regolarizzazione in favore dell'autore dell'illecito».
    Sarebbe, altresi', palesemente infondata la tesi  del  ricorrente
secondo  cui  lo  stesso   art.   2   escluderebbe   la   demolizione
indipendentemente dalle valutazioni richieste, a tale fine, dall'art.
31, comma 5, d.P.R. n. 380 del  2001,  atteso  che  questo  parametro
interposto e' espressamente richiamato dal medesimo art. 2.
    La Regione resistente rappresenta infine che,  in  attuazione  di
tale articolo, la Giunta regionale della Campania, con la delibera  6
febbraio 2018, n. 57,  ha  approvato  le  «Linee  guida  relative  ai
problemi dell'abusivismo edilizio». La stessa Regione sottolinea  che
in esse si ribadisce la mancanza di «precettivita' e  vincolativita'»
e se ne conferma la coerenza con la normativa statale  di  principio,
in particolare, con l'art. 31, comma 5, d.P.R. n. 380 del 2001.  Tale
disposizione, peraltro, «non offre una elencazione  dei  "prevalenti"
interessi pubblici, la cui concreta determinazione  e'  rimessa,  per
legge, in forma esclusiva e discrezionale, al Consiglio Comunale».
    4.2.  -  La  Regione  resistente,  deduce,  in   secondo   luogo,
l'«improcedibilita'»   del   ricorso   per    la    parte    relativa
all'impugnazione  dell'art.  4,  comma  1,  lettera  e),  legge  reg.
Campania n. 19 del 2017.
    Nell'affermare  l'infondatezza  della   questione   promossa   in
riferimento all'art. 117, secondo comma, lettera s), Cost., in quanto
la  disposizione  regionale  afferisce  alla  materia  «governo   del
territorio», la Regione  Campania  rappresenta  che  il  comma  4-ter
dell'art.  44  legge  reg.  Campania  n.  16   del   2004,   aggiunto
dall'impugnato art.  4,  comma  1,  lettera  e),  e'  stato  abrogato
dall'art. 14, comma 2, della legge della Regione Campania 29 dicembre
2017,  n.  38  (Disposizioni  per  la  formazione  del  bilancio   di
previsione  finanziario  per  il  triennio  2018-2020  della  Regione
Campania - Legge di stabilita' regionale per il 2018), e «non risulta
avere avuto applicazione nel periodo della sua vigenza».
    5. - Il 30 maggio 2018, la Regione Campania ha  depositato  nella
cancelleria della Corte costituzionale  due  note  (numeri  344158  e
344256 del 29 maggio 2018) della Direzione generale  per  il  governo
del territorio, i lavori pubblici e la protezione civile, in  cui  si
attesta che, dall'esame delle banche dati, erano  quindici  i  Comuni
della  Regione  Campania  che,  nel  periodo  della   vigenza   della
disposizione  impugnata,  risultavano  sprovvisti  di  pianificazione
urbanistica; tali quindici Comuni, espressamente indicati,  attestano
di non avere rilasciato, nello stesso periodo, titoli abilitativi  in
base alla disposizione impugnata.

                       Considerato in diritto

    1.-  Il  Presidente  del  Consiglio  dei  ministri  ha   promosso
questioni di legittimita' costituzionale degli artt. 2, comma 2, e 4,
comma 1, lettera e), della legge della  Regione  Campania  22  giugno
2017, n. 19 (Misure di semplificazione e linee guida di  supporto  ai
Comuni in materia di governo del territorio), in riferimento all'art.
117, secondo comma, lettera s), e terzo comma, della Costituzione.
    2.- In via preliminare, deve essere dichiarata l'inammissibilita'
dell'intervento in giudizio spiegato dall'Associazione  Italiana  per
il World Wide Fund for Nature (WWF Italia) ONLUS.
    Secondo la costante giurisprudenza di questa Corte, infatti,  «il
giudizio di costituzionalita' delle leggi, promosso in  via  d'azione
ai sensi dell'art. 127 Cost. e degli artt. 31 e seguenti della  legge
11 marzo 1953, n. 87 (Norme sulla costituzione  e  sul  funzionamento
della Corte costituzionale), si svolge  esclusivamente  tra  soggetti
titolari di  potesta'  legislativa  e  non  ammette  l'intervento  di
soggetti che ne siano privi, fermi  restando,  per  costoro,  ove  ne
ricorrano i presupposti, gli altri mezzi  di  tutela  giurisdizionale
eventualmente esperibili» (da ultimo, sentenza n. 170 del 2017, punto
3. del Considerato in  diritto;  nello  stesso  senso,  ex  plurimis,
sentenze n. 110 e n. 63 del 2016, n. 251, n. 118 e n. 31 del 2015).
    3.- Il ricorrente impugna, anzitutto, l'art. 2,  comma  2,  legge
reg. Campania n. 19 del 2017.
    3.1.- Il comma 1  di  tale  articolo  prevede  che,  al  fine  di
perseguire  indirizzi  uniformi  in  ambito  regionale,   la   Giunta
regionale «adotta linee guida non vincolanti per supportare gli  enti
locali nella  regolamentazione  ed  attuazione,  se  ne  ricorrono  i
presupposti, di misure alternative alla  demolizione  degli  immobili
abusivi ai sensi dell'articolo 31, comma 5 del  D.P.R.  n.  380/2001»
(primo  periodo).  Tali  linee  guida  sono  approvate  dalla  Giunta
regionale entro novanta giorni dall'entrata  in  vigore  della  legge
regionale,  su  proposta  della  struttura  amministrativa  regionale
competente in materia di governo del territorio, «con  riferimento  a
quanto previsto dal comma 2» (secondo periodo).
    L'impugnato comma 2  stabilisce  quindi  che,  «[f]erma  restando
l'autonoma  valutazione  dei  Consigli  comunali  sull'esistenza   di
prevalenti interessi pubblici rispetto alla procedura di  demolizione
dei beni acquisiti al  patrimonio  comunale,  i  Comuni,  nell'ambito
delle proprie competenze, possono avvalersi delle linee guida di  cui
al presente articolo per approvare, in  conformita'  e  nel  rispetto
della normativa nazionale vigente in materia,  atti  regolamentari  e
d'indirizzo  riguardanti:  a)  i  parametri  e  criteri  generali  di
valutazione  del  prevalente   interesse   pubblico   rispetto   alla
demolizione; b) i  criteri  per  la  valutazione  del  non  contrasto
dell'opera con  rilevanti  interessi  urbanistici,  ambientali  o  di
rispetto dell'assetto idrogeologico;  c)  la  regolamentazione  della
locazione  e  alienazione  degli  immobili  acquisiti  al  patrimonio
comunale per inottemperanza  all'ordine  di  demolizione,  anche  con
preferenza per gli occupanti per necessita' al fine di  garantire  un
alloggio adeguato alla composizione del relativo nucleo familiare; d)
i criteri di determinazione del canone di locazione e del  prezzo  di
alienazione ad onerosita' differenziata  fra  le  superfici  adeguate
alla  composizione  del  nucleo  familiare  e  quelle  in   eventuale
eccedenza; e) i criteri di determinazione del possesso del  requisito
soggettivo di occupante per necessita',  anche  per  quanto  riferito
alla  data  di   occupazione   dell'alloggio;   f)   i   criteri   di
determinazione  del  limite   di   adeguatezza   dell'alloggio   alla
composizione del nucleo familiare; g) le  modalita'  di  accertamento
degli elementi di  cui  alle  lettere  e),  f)  e  del  possesso  dei
requisiti morali di cui all'articolo 71, comma 1, lettere a), b), e),
f) del decreto legislativo 26 marzo 2010,  n.  59  (Attuazione  della
direttiva 2006/123/CE relativa ai servizi del mercato interno); h) le
modalita' di comunicazione delle  delibere  consiliari  approvate  ai
sensi dell'articolo 31, comma 5 del D.P.R. n. 380/2001  all'autorita'
giudiziaria  che  abbia  ordinato,  per  gli  stessi   immobili,   la
demolizione  ai  sensi  dell'articolo  31,  comma  9  del  D.P.R.  n.
380/2001».
    3.2.-  Secondo  il  Presidente  del   Consiglio   dei   ministri,
l'impugnato comma 2, prevedendo che i Comuni della  Regione  Campania
possano non  demolire  gli  immobili  abusivi  acquisiti  al  proprio
patrimonio a seguito dell'inottemperanza all'ordine di demolizione  -
in particolare, che possano locarli o alienarli, anche agli occupanti
(e  anche  quando  questi  siano   i   responsabili   dell'abuso)   -
indipendentemente dalla verifica delle circostanze in presenza  delle
quali l'art. 31, comma 5, del decreto del Presidente della Repubblica
6 giugno 2001,  n.  380,  recante  «Testo  unico  delle  disposizioni
legislative e regolamentari in materia edilizia (Testo A)»,  consente
di non procedere alla demolizione degli  stessi,  violerebbe:  l'art.
117, secondo comma, lettera s), Cost., perche'  «incide,  sminuendone
la portata deterrente e  repressiva,  sulle  norme  statali  poste  a
tutela  dell'ambiente»;  l'art.  117,  terzo  comma,  Cost.,  perche'
contrasta con il principio fondamentale della  materia  «governo  del
territorio» stabilito dall'art. 31, commi da 3 a 6, d.P.R. n. 380 del
2001, i quali «configura[no] l'acquisizione al patrimonio del  comune
dell'immobile   abusivo   come   una   sanzione   [...]   preordinata
principalmente alla demolizione dello stesso».
    Sempre ad avviso  del  Presidente  del  Consiglio  dei  ministri,
l'impugnato comma 2 e, in particolare, le disposizioni delle  lettere
c) e d), dello stesso, sarebbero in contrasto con l'art. 117, secondo
comma, lettera s), e terzo comma,  Cost.,  anche  perche'  «realizza,
nella sostanza, un effetto analogo a quello di un  "condono  edilizio
straordinario",  in  quanto  consente  che  immobili  abusivi   siano
'regolarizzati' e assegnati agli autori degli abusi stessi».
    3.3.- La Regione Campania ha eccepito l'inammissibilita' di  tali
questioni perche' «ipotetiche o astratte o premature».
    Secondo  la  Regione,  in   particolare,   considerato   che   la
disposizione impugnata «riguarda l'adozione di linee guida  per  atti
comunali meramente facoltativi, e quindi ipotetici ed  eventuali,  di
cui non e' dato ipotizzare  [...]  alcuna  lesione  delle  competenze
legislative  statali»,  sarebbe   «precluso   impugnare   una   legge
lamentando la mera possibilita' che un  atto  attuativo  della  [...]
medesima possa  contrastare,  eventualmente  ed  ipoteticamente,  con
l'art. 117 della Costituzione».
    L'eccezione non e' fondata.
    Deve anzitutto osservarsi che, contrariamente a  quanto  ritenuto
dalla Regione Campania, le  qualificazioni  di  questione  ipotetica,
questione astratta e  questione  prematura  sono  state  elaborate  e
utilizzate  da  questa  Corte  esclusivamente  con  riferimento  alle
questioni di legittimita' costituzionale in  via  incidentale  e  non
anche in via principale;  segnatamente,  in  relazione  al  requisito
della rilevanza delle questioni incidentali,  requisito  per  cui  si
richiede che esse abbiano a oggetto  disposizioni  effettivamente  (e
non  solo  eventualmente  o  solo  successivamente)  applicabili  nel
giudizio a quo.
    In secondo luogo, diversamente da quanto affermato dalla  Regione
resistente, nel ricorso e'  lamentata  la  violazione  dell'art.  117
Cost. non da parte degli atti regolamentari  o  di  indirizzo  che  i
Comuni  campani  potranno  eventualmente  approvare   in   attuazione
dell'art. 2, comma 2, legge reg. Campania n. 19 del 2017, ma da parte
di questa stessa disposizione.
    Ne'   e'   possibile   dubitare   dell'interesse   dello    Stato
all'impugnazione di essa. La previsione dell'adozione, da parte della
Giunta regionale  della  Campania,  di  linee  guida  per  le  misure
alternative alle demolizioni di immobili abusivi, con riferimento, in
particolare, a quanto previsto  dall'impugnato  comma  2,  aventi  la
funzione  di  fornire  criteri  che  possano   orientare   i   Comuni
nell'esercizio    della    discrezionalita'    amministrativa    loro
riconosciuta dall'art. 31, comma 5, d.P.R. n. 380  del  2001,  appare
potenzialmente idonea a recare un  vulnus  alle  invocate  competenze
statali in materia.
    3.4.- La risoluzione del merito delle  questioni  sopra  indicate
richiede, preliminarmente, di individuare l'ambito materiale  cui  la
disposizione impugnata deve essere ricondotta.
    Il comma 2 dell'art.  2  legge  reg.  Campania  n.  19  del  2017
riguarda - come esplicitamente risulta dalla  rubrica  («Linee  guida
per le misure alternative alle  demolizioni  di  immobili  abusivi»),
oltre che dal  contenuto  di  tale  articolo  -  interventi  edilizi,
qualificati, dalla stessa disposizione  regionale,  «abusivi»,  e  in
particolare fa  riferimento  alla  disciplina  della  demolizione  o,
«alternativamente», della conservazione di essi.
    Ne consegue che viene  in  rilievo  «l'insegnamento  costante  di
questa Corte secondo cui l'urbanistica e l'edilizia vanno  ricondotte
alla materia "governo del territorio", di  cui  all'art.  117,  terzo
comma, Cost.» (sentenza n. 68 del 2018, punto 9.1. del Considerato in
diritto; nello stesso senso, ex plurimis, sentenza n. 84  del  2017).
La sentenza n. 233 del 2015, in particolare, ha ascritto alla materia
«governo del territorio»  una  disciplina  regionale  attinente  alla
esclusione  della   sanzione   della   demolizione   (nonche'   della
«succedanea acquisizione gratuita delle aree al patrimonio  comunale,
in caso di inadempimento dell'ordine  di  demolizione»)  di  opere  e
interventi edilizi abusivi (punto 3.1. del Considerato in diritto).
    In tale «materia di legislazione concorrente [...] lo Stato ha il
potere di fissare i principi fondamentali, mentre spetta alle Regioni
il potere di emanare la normativa di dettaglio» (sentenza n.  84  del
2017, punto 7. del Considerato in diritto;  nello  stesso  senso,  ex
plurimis, sentenza n. 233 del 2015).
    3.5.- Individuato nel «governo del territorio» l'ambito materiale
cui va ascritto l'impugnato comma 2 dell'art. 2 legge  reg.  Campania
n. 19 del 2017, deve ora essere  esaminata  la  censura  con  cui  il
Presidente  del  Consiglio  dei  ministri  lamenta,  in   riferimento
all'art. 117, terzo comma, Cost., il contrasto di tale comma  con  il
principio fondamentale, stabilito dall'art.  31,  commi  da  3  a  6,
d.P.R. n. 380 del  2001,  secondo  cui  l'acquisizione  dell'immobile
abusivo  al  patrimonio  del  Comune  a  seguito  dell'inottemperanza
all'ordine  di  demolirlo  si  «configura  come  una  sanzione  [...]
preordinata principalmente alla demolizione dello stesso».
    La questione e' fondata.
    3.5.1.- Ai  fini  dello  scrutinio  della  stessa,  e'  anzitutto
necessario considerare, nel piu' ampio contesto dell'art.  31  d.P.R.
n. 380 del 2001, il contenuto precettivo dei commi da 3 a 6, invocati
dal ricorrente  a  parametro  interposto,  e  valutare  se  esso  sia
qualificabile come principio fondamentale della materia «governo  del
territorio».
    3.5.1.1.- Inserito nel Capo II (intitolato «Sanzioni») del Titolo
IV  (intitolato   «Vigilanza   sull'attivita'   urbanistico-edilizia,
responsabilita' e sanzioni») del d.P.R. n. 380 del  2001,  il  citato
art. 31 appresta l'apparato  sanzionatorio  per  le  violazioni  piu'
gravi  della  normativa  urbanistico-edilizia  -  segnatamente,   gli
interventi eseguiti in assenza di permesso di  costruire,  in  totale
difformita' o con variazioni essenziali rispetto a esso - prevedendo,
di conseguenza, le sanzioni piu' rigorose.
    Per cogliere appieno la funzione assegnata a  tali  sanzioni,  e'
utile ricostruire le due fasi in cui l'irrogazione  delle  stesse  si
articola.
    Nella prima fase - disciplinata dal comma 2 dell'art.  31  d.P.R.
n. 380 del 2001 - il  dirigente  o  il  responsabile  del  competente
ufficio comunale, accertata l'esecuzione di interventi in assenza  di
permesso  di  costruire,  in  totale  difformita'  o  con  variazioni
essenziali  rispetto  a  esso,  notifica   al   proprietario   e   al
responsabile dell'abuso  l'ingiunzione  a  demolire  le  opere  (o  a
rimuovere gli effetti degli  interventi  posti  in  essere  senza  la
realizzazione di trasformazioni fisiche), indicando  l'area  che,  in
caso di inottemperanza all'ordine, sara' acquisita al patrimonio  del
Comune ai sensi del comma 3.
    A tale riguardo, l'Adunanza plenaria del Consiglio di Stato,  con
la recente sentenza 17 ottobre 2017, n. 9, ha affermato il  principio
di diritto che il provvedimento con cui si ingiunge la demolizione di
un immobile abusivo, «per  la  sua  natura  vincolata  e  rigidamente
ancorata al ricorrere dei relativi presupposti in fatto e in diritto,
non richiede motivazione in ordine alle ragioni di pubblico interesse
(diverse da quelle inerenti al ripristino della legittimita' violata)
che impongono la rimozione dell'abuso». Tale principio  «non  ammette
deroghe neppure nell'ipotesi  in  cui  l'ingiunzione  di  demolizione
intervenga a distanza di tempo  dalla  realizzazione  dell'abuso,  il
titolare attuale non sia responsabile dell'abuso e  il  trasferimento
non denoti intenti elusivi dell'onere di  ripristino»  (nello  stesso
senso, successivamente, Consiglio di Stato, sezione quarta,  sentenza
11 dicembre 2017, n. 5788). Il menzionato potere di repressione degli
abusi  edilizi  non  e'  soggetto  a  termini  di  decadenza   o   di
prescrizione  (ex  plurimis,  Consiglio  di  Stato,  sezione   sesta,
sentenza 5 gennaio 2015, n. 13). Quanto  alle  caratteristiche  della
sanzione amministrativa della demolizione, il Consiglio di  Stato  ha
affermato che essa «ha ad oggetto esclusivamente la res abusiva;  non
consiste in una misura afflittiva volta a punire la condotta illecita
bensi' a ristabilire l'equilibrio urbanistico  violato»;  sicche'  lo
stesso Consiglio l'ha definita  «sanzione  ripristinatoria»  (sezione
sesta, sentenza 22 maggio 2017, n. 2378).
    Se il responsabile dell'abuso non provvede alla demolizione e  al
ripristino  dello  stato  dei  luoghi  entro  novanta  giorni   dalla
notificazione dell'ingiunzione  a  demolire,  si  apre  la  eventuale
seconda  fase  della  procedura  sanzionatoria,   contemplata   dagli
invocati commi da 3 a 6 dell'art. 31 d.P.R. n. 380 del 2001.
    Il bene immobile abusivo  e  l'area  di  sedime  (nonche'  quella
necessaria, secondo le prescrizioni urbanistiche, alla  realizzazione
di opere analoghe a quelle abusive)  sono  acquisiti,  di  diritto  e
gratuitamente, al patrimonio del Comune (comma 3 dell'art. 31  d.P.R.
n. 380 del 2001).
    L'atto con cui  si  accerta  l'inottemperanza  all'ingiunzione  a
demolire entro il  termine  di  novanta  giorni  costituisce,  previa
notifica all'interessato, titolo per l'immissione nel possesso e  per
la trascrizione nei registri immobiliari (comma 4 dell'art. 31 d.P.R.
n. 380 del 2001).
    A proposito dell'acquisizione dell'immobile abusivo  e  dell'area
di sedime al patrimonio comunale, questa Corte ha chiarito  che  essa
costituisce  una  sanzione   in   senso   stretto,   distinta   dalla
demolizione, che «rappresenta la reazione dell'ordinamento al duplice
illecito posto in essere da chi, dapprima esegue un'opera abusiva  e,
poi, non adempie all'obbligo di demolirla» (sentenza n. 345 del 1991,
punto 2. del Considerato in diritto; nello stesso senso, sentenza  n.
427 del 1995 e ordinanza n.  82  del  1991;  analogamente,  Corte  di
cassazione, sezione terza civile, sentenza 26 gennaio 2006, n. 1693).
    Infatti,  «l'operativita'   dell'ingiunzione   a   demolire   non
presuppone  sempre   necessariamente   la   preventiva   acquisizione
dell'immobile al patrimonio comunale,  perche'  l'ingiunzione  e'  un
provvedimento amministrativo di natura autoritativa  che,  in  quanto
tale, e' assistito [...] dal carattere della esecutorieta' insito nel
potere di autotutela». Sicche'  «appare  evidente  che,  qualora  non
ricorrano i presupposti per l'acquisizione gratuita  del  bene,  come
nel caso  in  cui  l'area  sia  di  proprieta'  del  terzo  [estraneo
all'illecito], la funzione  ripristinatoria  dell'interesse  pubblico
violato dall'abuso, sia pur ristretta alla  sola  possibilita'  della
demolizione, rimane affidata al potere-dovere degli  organi  comunali
di darvi esecuzione d'ufficio» (sentenza n. 345 del  1991,  punto  3.
del Considerato in diritto).
    L'inottemperanza all'ordine di demolizione  e'  presidiata  anche
dalla sanzione pecuniaria  prevista  dal  comma  4-bis  dell'art.  31
d.P.R. n. 380 del 2001 (comma aggiunto dall'art. 17, comma 1, lettera
q-bis, del decreto-legge 12 settembre 2014, n. 133,  recante  «Misure
urgenti per l'apertura dei cantieri,  la  realizzazione  delle  opere
pubbliche,  la  digitalizzazione  del   Paese,   la   semplificazione
burocratica, l'emergenza del dissesto idrogeologico e per la  ripresa
delle attivita' produttive»,  convertito,  con  modificazioni,  nella
legge 11 novembre 2014, n. 164).
    Il fatto che, con l'acquisizione al patrimonio comunale, il  bene
diventi  pubblico  non  comporta,  tuttavia,  che   l'opera   diventi
legittima sotto il profilo urbanistico-edilizio. Essa e' destinata  a
essere «demolita con ordinanza del dirigente o del  responsabile  del
competente ufficio comunale  a  spese  dei  responsabili  dell'abuso»
(comma 5 dell'art. 31 d.P.R. n. 380 del 2001).
    La regola della demolizione ammette una deroga. Lo  stesso  comma
5, in via eccezionale, prevede la possibilita' di conservare  l'opera
quando, «con deliberazione consiliare [...] si  dichiari  l'esistenza
di prevalenti interessi pubblici e sempre che  l'opera  [stessa]  non
contrasti  con  rilevanti  interessi  urbanistici,  ambientali  o  di
rispetto dell'assetto idrogeologico».
    Queste ultime disposizioni hanno, all'evidenza, un ruolo decisivo
nello scrutinio della questione in esame. Il legislatore  statale  ha
dettato innanzi tutto la regola secondo cui l'opera abusiva acquisita
al patrimonio comunale deve essere demolita e ha consentito,  in  via
di eccezione a tale regola, ai  singoli  Comuni  -  con  attribuzione
della relativa competenza al  consiglio  comunale  -  di  utilizzare,
anziche' demolire, l'opera abusiva quando ritengano l'esistenza di un
interesse pubblico alla conservazione e la  prevalenza  di  esso  sul
concorrente  interesse,  anch'esso  pubblico,  al  ripristino   della
conformita'  del  territorio  alla  normativa   urbanistico-edilizia.
L'interesse pubblico alla  conservazione  dell'opera,  inoltre,  puo'
essere  preso  in  considerazione  -   e   ritenuto,   eventualmente,
prevalente - sempre  che  non  sussistano  le  situazioni  preclusive
costituite  dal  contrasto  dell'opera   «con   rilevanti   interessi
urbanistici, ambientali o di rispetto dell'assetto idrogeologico».
    Per gli interventi abusivamente eseguiti su  terreni  sottoposti,
in  conformita'  a  leggi  statali  o   regionali,   a   vincoli   di
inedificabilita', l'acquisizione gratuita, nel caso di inottemperanza
all'ingiunzione a demolire, «si verifica di diritto  a  favore  delle
amministrazioni  cui  compete  la   vigilanza   sull'osservanza   del
vincolo», le quali «provvedono alla demolizione delle  opere  abusive
ed al  ripristino  dello  stato  dei  luoghi»,  sempre  a  spese  dei
responsabili  dell'abuso  (primo  e  secondo  periodo  del  comma   6
dell'art. 31 d.P.R. n. 380 del 2001).
    E' infine utile ricordare che, per le opere  abusive  contemplate
nello stesso art. 31, il giudice penale, con la sentenza di  condanna
per il reato di cui all'art. 44 d.P.R. n. 380 del 2001, ne ordina  la
demolizione, qualora non  sia  stata  altrimenti  eseguita  (comma  9
dell'art. 31 d.P.R. n. 380 del 2001).
    3.5.1.2.- Ricostruito il contenuto precettivo dei commi da 3 a  6
dell'art. 31 d.P.R. n. 380 del  2001,  occorre  ora  valutare  se  la
demolizione dell'immobile abusivo acquisito al patrimonio comunale  -
con le sole deroghe previste dal comma  5  dello  stesso  articolo  -
costituisca o no un principio fondamentale della materia «governo del
territorio».
    La risposta non puo' che essere affermativa.
    L'aver previsto che, a fronte delle violazioni piu'  gravi  della
normativa urbanistico-edilizia - quali sono la realizzazione di opere
in assenza di permesso di costruire,  in  totale  difformita'  o  con
variazioni essenziali rispetto a esso - si debba fare luogo, da parte
dello stesso responsabile dell'abuso o, in difetto,  del  Comune  che
abbia percio' acquisito il bene, alla demolizione dell'opera abusiva,
esprime   una   scelta   fondamentale   del   legislatore    statale.
Quest'ultimo, in considerazione della gravita' del pregiudizio recato
all'interesse pubblico dai menzionati abusi,  ha  inteso  imporne  la
rimozione - e, con essa, il  rispristino  dell'ordinato  assetto  del
territorio - in modo uniforme in tutte le Regioni.
    Le deroghe al principio della demolizione degli immobili  abusivi
acquisiti al patrimonio del Comune - previste dall'art. 31, comma  5,
d.P.R. n. 380 del 2001 - sono  fondate  su  un  rapporto  di  stretta
connessione con la regola base. In  ragione  di  questo  collegamento
esse contribuiscono a definire la portata del principio fondamentale.
    Pertanto, se pure si volesse  ignorare  l'autoqualificazione,  in
questo caso corretta, data dall'art. 1, comma 1, d.P.R.  n.  380  del
2001, vi sono solide ragioni per affermare che la  demolizione  degli
immobili abusivi acquisiti al patrimonio  del  Comune,  con  le  sole
deroghe previste dal comma 5 dell'art. 31 d.P.R.  n.  380  del  2001,
costituisce un principio fondamentale della legislazione statale  che
vincola la legislazione regionale di dettaglio in materia di  «misure
alternative alle demolizioni».
    3.5.2.- Alla luce di quanto detto, l'impugnato art. 2,  comma  2,
legge reg. Campania n. 19 del 2017 viola il  principio  fondamentale,
espresso dai commi da 3 a 6 dell'art. 31  d.P.R.  n.  380  del  2001,
perche', attraverso gli atti regolamentari e  d'indirizzo,  i  Comuni
della  Regione  Campania,  avvalendosi  delle  linee  guida,  possono
eludere l'obbligo di demolire le opere abusive acquisite  al  proprio
patrimonio.
    Come si e' visto (punto 3.1.), oltre al comma 1 e alla previsione
dell'adozione di linee guida non vincolanti per supportare  gli  enti
locali nella regolamentazione e attuazione di misure alternative alla
demolizione degli immobili abusivi «ai sensi dell'articolo 31,  comma
5  del  D.P.R.  n.  380/2001»,  si  deve  tenere  presente   l'alinea
dell'impugnato comma 2, in cui si precisa che i Comuni se ne  possono
avvalere  per  approvare  atti  regolamentari   e   d'indirizzo   «in
conformita' e nel  rispetto  della  normativa  nazionale  vigente  in
materia», ferma restando l'autonoma valutazione dei consigli comunali
sull'esistenza  di  prevalenti  interessi  pubblici   rispetto   alla
demolizione dei beni acquisiti al patrimonio comunale.
    Tuttavia, i richiami alle disposizioni della legislazione statale
- su cui insiste la difesa della Regione Campania - sono contraddetti
da quanto stabilito nelle lettere da a) ad h) dell'impugnato comma 2,
ovvero  dai  contenuti  degli  atti   regolamentari   e   d'indirizzo
adottabili dai Comuni.
    A un esame complessivo  risulta  che,  dopo  l'indicazione  nelle
lettere a) e b), rispettivamente dei «parametri e criteri generali di
valutazione  del  prevalente   interesse   pubblico   rispetto   alla
demolizione» e dei «criteri per  la  valutazione  del  non  contrasto
dell'opera con  rilevanti  interessi  urbanistici,  ambientali  o  di
rispetto  dell'assetto  idrogeologico»,  la   lettera   c)   prevede,
specificamente, che gli atti regolamentari e d'indirizzo  dei  Comuni
«regolament[ino la] locazione e alienazione degli immobili  acquisiti
al patrimonio comunale per inottemperanza all'ordine di  demolizione,
anche con preferenza per gli occupanti  per  necessita'  al  fine  di
garantire un alloggio adeguato alla composizione del relativo  nucleo
familiare». Tutte le successive  lettere,  da  d)  a  g),  riguardano
aspetti  connessi  e  strumentali  rispetto  alla  locazione  e  alla
alienazione.
    La citata lettera c) dell'impugnato  comma  2  riveste  un  ruolo
centrale per la definizione della questione in esame.
    Piu' nel  dettaglio,  col  prevedere  la  regolamentazione  della
locazione e dell'alienazione  degli  immobili  abusivi  acquisiti  al
patrimonio comunale «anche  con  preferenza  per  gli  occupanti  per
necessita'», essa comporta che le stesse potrebbero essere  a  favore
sia degli occupanti per necessita', anche «con preferenza»  (al  fine
di garantire loro un alloggio adeguato alla composizione  del  nucleo
familiare), sia di qualsiasi altro soggetto, persona fisica  o  ente,
non occupante per necessita'.
    In entrambe tali ipotesi, la lettera c) non esclude - e,  quindi,
consente - che la  locazione  o  l'alienazione  siano  a  favore  del
responsabile dell'abuso. Nella prima ipotesi si  puo'  plausibilmente
affermare che l'occupante  per  necessita'  si  trovi  solitamente  a
coincidere con il  responsabile  dell'abuso  e  che  a  questi  venga
accordata  una  «preferenza»  nella  locazione  e  alienazione  degli
immobili.
    Quale che sia il soggetto cui gli immobili abusivi, acquisiti  al
patrimonio comunale, potrebbero essere locati o alienati, e' di tutta
evidenza che locazione e alienazione sono contemplate  dall'impugnato
comma 2 come esiti "normali" verso cui destinare i suddetti immobili.
    Ne consegue che l'impugnato comma 2, considerato nel suo  insieme
per le strette implicazioni delle  disposizioni  in  esso  contenute,
viola il principio fondamentale espresso dai commi da 3 a 6 dell'art.
31 d.P.R. n. 380 del 2001. Tale principio implica che l'opera abusiva
acquisita al patrimonio comunale debba, di regola, essere demolita  e
che possa essere conservata, in via  eccezionale,  soltanto  se,  con
autonoma deliberazione del consiglio comunale relativa  alla  singola
opera, si ritenga, sulla base  di  tutte  le  circostanze  del  caso,
l'esistenza di uno specifico interesse  pubblico  alla  conservazione
della stessa e la prevalenza di  questo  sull'interesse  pubblico  al
ripristino  della   conformita'   del   territorio   alla   normativa
urbanistico-edilizia,  nonche'  l'assenza  di  un   contrasto   della
conservazione  dell'opera  con   rilevanti   interessi   urbanistici,
ambientali o di rispetto dell'assetto idrogeologico. Si noti  che  la
facolta' riconosciuta ai Comuni, di non demolire le opere abusive  di
cui  qui  si  discute  deve  implicare  un'analisi   puntuale   delle
caratteristiche di ognuna di esse, rispettosa dei canoni  individuati
dalla legge statale, che sola puo' garantire uniformita'  sull'intero
territorio nazionale.
    Il  disallineamento  della  disciplina  regionale   rispetto   al
principio  fondamentale  della  legislazione  statale  -  quello  che
individua nella demolizione l'esito "normale" della  edificazione  di
immobili abusivi acquisiti al patrimonio dei  comuni  -  finisce  con
intaccare e al tempo stesso sminuire l'efficacia anche deterrente del
regime sanzionatorio dettato dallo Stato all'art. 31  d.P.R.  n.  380
del 2001, incentrato, come si e' visto, sulla demolizione  dell'opera
abusiva,  la  cui  funzione  essenzialmente  ripristinatoria  non  ne
esclude l'incidenza negativa nella sfera del responsabile.
    L'effettivita' delle sanzioni risulterebbe ancora  piu'  sminuita
nel caso di specie, in cui l'interesse  pubblico  alla  conservazione
dell'immobile  abusivo  potrebbe   consistere   nella   locazione   o
nell'alienazione   dello   stesso   all'occupante   per    necessita'
responsabile dell'abuso.
    Per queste ragioni, l'art. 2, comma 2, legge reg. Campania n.  19
del 2017 deve essere dichiarato  costituzionalmente  illegittimo  per
violazione dell'art. 117, terzo comma, Cost.
    3.6.- L'accoglimento  della  questione  promossa  in  riferimento
all'art. 117, terzo comma, Cost., sotto il profilo indicato, comporta
l'assorbimento delle  altre  censure  mosse  dal  ricorrente  avverso
l'art. 2, comma 2, legge reg. Campania n. 19 del 2017.
    4.- Il ricorrente impugna, in secondo luogo, l'art. 4,  comma  1,
lettera e), legge reg. Campania n. 19 del 2017.
    4.1. - Tale lettera inserisce, dopo il comma 4-bis  dell'art.  44
della legge della Regione Campania 22 dicembre 2004, n. 16 (Norme sul
governo del territorio), un comma  4-ter,  in  cui  si  prevede  che,
«[n]ei Comuni sprovvisti di  strumento  urbanistico  comunale,  nelle
more dell'approvazione del Piano urbanistico  comunale,  per  edifici
regolarmente  assentiti,   adibiti   ad   attivita'   manifatturiere,
industriali  e   artigianali,   sono   consentiti   ampliamenti   che
determinano un rapporto di copertura complessivo fino ad  un  massimo
del 60 per cento».
    4.2. - Secondo il Presidente del  Consiglio  dei  ministri,  tale
disposizione, col consentire, nei Comuni della Campania sprovvisti di
strumento  urbanistico,  nelle  more  dell'approvazione   del   piano
urbanistico  comunale,   ampliamenti   degli   edifici   regolarmente
assentiti  adibiti  ad  attivita'   manifatturiere,   industriali   e
artigianali  in  deroga  ai  piu'  ristretti  limiti  previsti,   per
l'attivita'  edilizia  nei  Comuni   sprovvisti   di   pianificazione
urbanistica, dall'art. 9 d.P.R. n.  380  del  2001,  si  porrebbe  in
contrasto con l'art. 117, secondo comma, lettera s),  Cost.,  perche'
invaderebbe   l'ambito   materiale   della   «tutela   dell'ambiente,
dell'ecosistema e dei beni culturali»; e con l'art. 117, terzo comma,
Cost., perche' violerebbe il  principio  fondamentale  della  materia
«governo del territorio» espresso dal predetto art. 9.
    4.3. - In ordine a tali  questioni,  deve  essere  dichiarata  la
cessazione della materia del contendere.
    4.3.1. - Al riguardo, si deve anzitutto  confermare  il  costante
orientamento di questa Corte secondo cui la  materia  del  contendere
«cessa solo se lo ius superveniens ha  carattere  satisfattivo  delle
pretese avanzate con il ricorso e se le  disposizioni  censurate  non
hanno avuto medio tempore applicazione» (sentenza  n.  68  del  2018,
punto 14.1. del Considerato in diritto; nello stesso  senso,  tra  le
piu' recenti, sentenze n. 44, n. 38 e n. 5 del 2018).
    Entrambe tali condizioni ricorrono nel caso di specie.
    4.3.1.1. - Quanto alla prima, il comma 4-ter dell'art.  44  della
legge reg. Campania n. 16 del 2004 - cioe' il comma aggiunto  a  tale
articolo dall'impugnato art. 4,  comma  1,  lettera  e)  -  e'  stato
abrogato dal successivo art. 14, comma 2, della legge  della  Regione
Campania 29 dicembre 2017, n. 38 (Disposizioni per la formazione  del
bilancio di previsione finanziario per il  triennio  2018-2020  della
Regione Campania - Legge di stabilita' regionale per  il  2018),  con
effetto evidentemente  satisfattivo  delle  doglianze  mosse  con  il
ricorso avverso la suddetta impugnata disposizione.
    4.3.1.2. - Quanto alla seconda condizione, premesso che il  comma
4-ter dell'art. 44 legge reg. Campania n. 16 del 2004 e'  rimasto  in
vigore dal 22 giugno 2017 al 31 dicembre 2017, la  Regione  Campania,
in prossimita' dell'udienza pubblica, ha depositato nella cancelleria
della Corte due note (numeri 344158 e  344256  del  29  maggio  2018)
della Direzione generale per il  governo  del  territorio,  i  lavori
pubblici e la protezione civile in cui  si  attesta  che,  dall'esame
delle banche dati, i Comuni della Regione Campania che,  nel  periodo
della  vigenza  del  citato  comma   4-ter,   erano   sprovvisti   di
pianificazione  urbanistica  erano  quindici.  Oltre  alla  specifica
indicazione degli stessi, sono prodotte le attestazioni  di  ciascuno
di essi  di  non  avere  rilasciato,  nel  medesimo  periodo,  titoli
abilitativi in base allo stesso comma 4-ter.
    Tale documentazione risulta idonea a comprovare - in assenza, tra
l'altro, di contestazioni  da  parte  del  ricorrente  -  la  mancata
applicazione medio tempore della disposizione impugnata.

     

                          per questi motivi
                       LA CORTE COSTITUZIONALE

    1) dichiara inammissibile l'intervento dell'Associazione Italiana
per il World Wide Fund for Nature (WWF  Italia)  ONLUS  nel  giudizio
promosso dal Presidente del Consiglio dei  ministri  con  il  ricorso
indicato in epigrafe;
    2) dichiara l'illegittimita' costituzionale dell'art. 2, comma 2,
della legge della Regione Campania 22 giugno 2017, n. 19  (Misure  di
semplificazione e linee guida di supporto ai  Comuni  in  materia  di
governo del territorio);
    3) dichiara cessata la materia  del  contendere  in  ordine  alle
questioni  di  legittimita'  costituzionale  dell'art.  4,  comma  1,
lettera e), della legge reg. Campania n. 19 del  2017,  promosse,  in
riferimento all'art. 117, secondo comma, lettera s), e  terzo  comma,
della Costituzione, dal Presidente del Consiglio dei ministri con  il
ricorso indicato in epigrafe.

    Cosi' deciso in Roma,  nella  sede  della  Corte  costituzionale,
Palazzo della Consulta, il 5 giugno 2018.

                                F.to:
                    Giorgio LATTANZI, Presidente
                     Silvana SCIARRA, Redattore
                     Roberto MILANA, Cancelliere

    Depositata in Cancelleria il 5 luglio 2018.

                   Il Direttore della Cancelleria
                        F.to: Roberto MILANA


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