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mercoledì 11 luglio 2018
N. 140 SENTENZA 5 giugno - 5 luglio 2018 Giudizio di legittimita' costituzionale in via principale. Edilizia e urbanistica - Adozione di regolamenti comunali per la determinazione di criteri e modalita' di alienazione e locazione di immobili acquisiti al patrimonio dell'ente per mancata ottemperanza all'ordine di demolizione, sulla base di Linee guida emanate dalla Giunta regionale - Disciplina transitoria per interventi consentiti in assenza di pianificazione urbanistica. - Legge della Regione Campania 22 giugno 2017, n. 19 (Misure di semplificazione e linee guida di supporto ai Comuni in materia di governo del territorio), artt. 2, comma 2, e 4, comma 1, lettera e). - (GU n.28 del 11-7-2018 )
N. 140 SENTENZA 5 giugno - 5 luglio 2018
Giudizio di legittimita' costituzionale in via principale.
Edilizia e urbanistica - Adozione di regolamenti comunali per la
determinazione di criteri e modalita' di alienazione e locazione di
immobili acquisiti al patrimonio dell'ente per mancata ottemperanza
all'ordine di demolizione, sulla base di Linee guida emanate dalla
Giunta regionale - Disciplina transitoria per interventi consentiti
in assenza di pianificazione urbanistica.
- Legge della Regione Campania 22 giugno 2017, n. 19 (Misure di
semplificazione e linee guida di supporto ai Comuni in materia di
governo del territorio), artt. 2, comma 2, e 4, comma 1, lettera
e).
-
(GU n.28 del 11-7-2018 )
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori:
Presidente:Giorgio LATTANZI;
Giudici :Aldo CAROSI, Marta CARTABIA, Mario Rosario MORELLI,
Giancarlo CORAGGIO, Giuliano AMATO, Silvana SCIARRA, Daria de
PRETIS, Nicolo' ZANON, Franco MODUGNO, Augusto Antonio BARBERA,
Giulio PROSPERETTI, Giovanni AMOROSO, Francesco VIGANO',
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nel giudizio di legittimita' costituzionale degli artt. 2, comma
2, e 4, comma 1, lettera e), della legge della Regione Campania 22
giugno 2017, n. 19 (Misure di semplificazione e linee guida di
supporto ai Comuni in materia di governo del territorio), promosso
dal Presidente del Consiglio dei ministri, con ricorso notificato il
21 agosto 2017, depositato in cancelleria il 22 agosto 2017, iscritto
al n. 56 del registro ricorsi 2017 e pubblicato nella Gazzetta
Ufficiale della Repubblica n. 37, prima serie speciale, dell'anno
2017.
Visti l'atto di costituzione della Regione Campania, nonche'
l'atto di intervento dell'Associazione Italiana per il World Wide
Fund for Nature (WWF Italia) ONLUS;
udito nell'udienza pubblica del 5 giugno 2018 il Giudice relatore
Silvana Sciarra;
uditi l'avvocato dello Stato Vincenzo Nunziata per il Presidente
del Consiglio dei ministri e l'avvocato Almerina Bove per la Regione
Campania.
Ritenuto in fatto
1. - Con ricorso spedito per la notificazione il 21 agosto 2017 e
depositato il successivo 22 agosto (reg. ric. n. 56 del 2017), il
Presidente del Consiglio dei ministri ha promosso, in riferimento
agli artt. 117, secondo comma, lettera s), e terzo comma, della
Costituzione - quest'ultimo in relazione ai principi fondamentali
della legislazione dello Stato nella materia «governo del territorio»
- questioni di legittimita' costituzionale degli artt. 2, comma 2, e
4, comma 1, lettera e), della legge della Regione Campania 22 giugno
2017, n. 19 (Misure di semplificazione e linee guida di supporto ai
Comuni in materia di governo del territorio).
1.1. - Il ricorrente premette che il comma 1 dell'art. 2 della
legge reg. Campania n. 19 del 2017 prevede che, al fine di perseguire
indirizzi uniformi in ambito regionale, la Giunta regionale, entro
novanta giorni dall'entrata in vigore della medesima legge, «adotta
linee guida non vincolanti per supportare gli enti locali nella
regolamentazione ed attuazione, se ne ricorrono i presupposti, di
misure alternative alla demolizione degli immobili abusivi ai sensi
dell'articolo 31, comma 5 del D.P.R. n. 380/2001». Tali linee guida
sono approvate dalla Giunta regionale entro novanta giorni
dall'entrata in vigore della legge regionale, su proposta della
struttura amministrativa regionale competente in materia di governo
del territorio, «con riferimento a quanto previsto dal comma 2»
(secondo periodo).
L'impugnato comma 2 dello stesso art. 2 stabilisce quindi che,
«[f]erma restando l'autonoma valutazione dei Consigli comunali
sull'esistenza di prevalenti interessi pubblici rispetto alla
procedura di demolizione dei beni acquisiti al patrimonio comunale, i
Comuni, nell'ambito delle proprie competenze, possono avvalersi delle
linee guida di cui al presente articolo per approvare, in conformita'
e nel rispetto della normativa nazionale vigente in materia, atti
regolamentari e d'indirizzo riguardanti: a) i parametri e criteri
generali di valutazione del prevalente interesse pubblico rispetto
alla demolizione; b) i criteri per la valutazione del non contrasto
dell'opera con rilevanti interessi urbanistici, ambientali o di
rispetto dell'assetto idrogeologico; c) la regolamentazione della
locazione e alienazione degli immobili acquisiti al patrimonio
comunale per inottemperanza all'ordine di demolizione, anche con
preferenza per gli occupanti per necessita' al fine di garantire un
alloggio adeguato alla composizione del relativo nucleo familiare; d)
i criteri di determinazione del canone di locazione e del prezzo di
alienazione ad onerosita' differenziata fra le superfici adeguate
alla composizione del nucleo familiare e quelle in eventuale
eccedenza; e) i criteri di determinazione del possesso del requisito
soggettivo di occupante per necessita', anche per quanto riferito
alla data di occupazione dell'alloggio; f) i criteri di
determinazione del limite di adeguatezza dell'alloggio alla
composizione del nucleo familiare; g) le modalita' di accertamento
degli elementi di cui alle lettere e), f) e del possesso dei
requisiti morali di cui all'articolo 71, comma 1, lettere a), b), e),
f) del decreto legislativo 26 marzo 2010, n. 59 (Attuazione della
direttiva 2006/123/CE relativa ai servizi del mercato interno); h) le
modalita' di comunicazione delle delibere consiliari approvate ai
sensi dell'articolo 31, comma 5 del D.P.R. n. 380/2001 all'autorita'
giudiziaria che abbia ordinato, per gli stessi immobili, la
demolizione ai sensi dell'articolo 31, comma 9 del D.P.R. n.
380/2001».
Il ricorrente rammenta che l'art. 31 (rubricato: «Interventi
eseguiti in assenza di permesso di costruire, in totale difformita' o
con variazioni essenziali») del decreto del Presidente della
Repubblica 6 giugno 2001, n. 380, recante «Testo unico delle
disposizioni legislative e regolamentari in materia edilizia (Testo
A)», dopo avere definito, al comma 1, gli «interventi eseguiti in
totale difformita' dal permesso di costruire», dispone che:
l'amministrazione comunale, accertata l'esecuzione di interventi in
assenza di permesso, in totale difformita' dal medesimo o con
variazioni essenziali, «ingiunge al proprietario e al responsabile
dell'abuso la rimozione o la demolizione» (comma 2); se il
responsabile dell'abuso non provvede alla demolizione e al ripristino
dello stato dei luoghi entro novanta giorni dall'ingiunzione, «il
bene e l'area di sedime [...] sono acquisiti di diritto gratuitamente
al patrimonio del comune» (comma 3); l'accertamento
dell'inottemperanza all'ingiunzione a demolire «costituisce titolo
per l'immissione nel possesso e per la trascrizione nei registri
immobiliari» (comma 4); per gli interventi abusivamente eseguiti su
terreni sottoposti a vincolo di inedificabilita', «l'acquisizione
gratuita, nel caso di inottemperanza all'ingiunzione di demolizione,
si verifica di diritto a favore delle amministrazioni cui compete la
vigilanza sull'osservanza del vincolo. Tali amministrazioni
provvedono alla demolizione delle opere abusive ed al ripristino
dello stato dei luoghi a spese dei responsabili dell'abuso. Nella
ipotesi di concorso dei vincoli, l'acquisizione si verifica a favore
del patrimonio del comune» (comma 6).
Il ricorrente evidenzia poi, in particolare, la disposizione del
comma 5 dell'art. 31 del d.P.R. n. 31 del 2001 - «espressamente
richiamato nella legge regionale [...] a fondamento delle linee guida
per le "misure alternative alla demolizione degli immobili"» abusivi
- secondo cui «[l]'opera acquisita e' demolita con ordinanza del
dirigente o del responsabile del competente ufficio comunale a spese
dei responsabili dell'abuso, salvo che con deliberazione consiliare
non si dichiari l'esistenza di prevalenti interessi pubblici e sempre
che l'opera non contrasti con rilevanti interessi urbanistici,
ambientali o di rispetto dell'assetto idrogeologico».
Da tale disposizione risulterebbe, sempre ad avviso del
Presidente del Consiglio dei ministri, che la possibilita' di non
demolire l'opera acquisita e' contemplata «in via del tutto
eccezionale ed in deroga alla doverosa conclusione demolitoria» ed e'
«un'ipotesi ammessa nei soli limiti indicati dalla normativa
statale», giacche' l'acquisizione al patrimonio comunale
dell'immobile non demolito «si atteggia come una sanzione impropria,
preordinata principalmente alla demolizione dello stesso».
A tale proposito, il ricorrente asserisce che il Consiglio di
Stato ha piu' volte chiarito che la sanzione amministrativa della
demolizione costituisce un'attivita' vincolata diretta a ristabilire
la legalita' mediante il ripristino di una situazione di fatto
conforme alla normativa urbanistica ed edilizia.
1.1.1. - Tenuto conto di cio', l'art. 2, comma 2, legge reg.
Campania n. 19 del 2017 violerebbe, anzitutto, l'art. 117, secondo
comma, lettera s), Cost., che attribuisce allo Stato la competenza
legislativa esclusiva nella materia «tutela dell'ambiente».
A proposito di tale violazione, il ricorrente afferma che la
disposizione impugnata, col prevedere, alla lettera c), la
regolamentazione, da parte dei Comuni, della locazione e
dell'alienazione degli immobili acquisiti al patrimonio comunale in
seguito all'inottemperanza all'ordine di demolirli, sembra
prefigurare, anche alla luce delle successive lettere da d) a h),
«una sorta di prelazione nell'assegnazione o nell'alienazione degli
immobili acquisiti dagli stessi occupanti, anche nel caso in cui i
medesimi occupanti siano stati anche gli autori dell'illecito
edilizio sanzionato con la demolizione».
Sempre ad avviso del Presidente del Consiglio dei ministri,
«[l]'accorpamento di argomenti assolutamente eterogenei tra i
contenuti degli atti di indirizzo comunali previsti alle [...]
lettere a), b), e c)» indurrebbe a ritenere «che la mancata
ottemperanza all'ordine di demolizione e la conseguente acquisizione
al patrimonio comunale determinino il venir meno della pretesa
demolitoria, a prescindere dalle necessarie valutazioni di cui
all'art. 31, comma 5 decreto del Presidente della Repubblica n. 380
del 2001».
Secondo il ricorrente, in definitiva, a fronte di una disciplina
statale in base alla quale la demolizione degli immobili abusivi
acquisiti al patrimonio del Comune «costituisce la doverosa risposta
sanzionatoria per reprimere l'illecito», salve le sole ipotesi
previste dal comma 5 dell'art. 31 d.P.R. n. 380 del 2001, con la
disposizione impugnata «si ha che il bene, una volta acquisito al
patrimonio comunale, non viene demolito, ma assegnato, sulla base di
una apposita procedura, agli stessi occupanti, a prescindere che
questi siano anche gli autori dell'illecito e senza l'effettiva
verifica sulla ricorrenza delle circostanze previste, solo in via
eccezionale, nel citato art. 31, comma 5».
Il ricorrente conclude sul punto affermando che, in tale modo, la
disposizione impugnata «incide, sminuendone la portata deterrente e
repressiva, sulle norme statali poste a tutela dell'ambiente,
violando la competenza esclusiva statale, ex art. 117, comma 2,
lettera s) della Costituzione».
Sempre con riguardo alla violazione di tale parametro, il
Presidente del Consiglio dei ministri afferma inoltre che le lettere
c) e d) del comma 2 dell'art. 2 della legge reg. Campania n. 19 del
2017 realizzerebbero, «nella sostanza, un effetto analogo a quello di
un "condono edilizio straordinario", in quanto consent[ono] che
immobili abusivi siano "regolarizzati" e assegnati agli autori degli
abusi stessi».
A questo proposito, il ricorrente richiama la sentenza di questa
Corte n. 233 del 2015 (in particolare, il punto 3.1. del Considerato
in diritto), in cui si chiarisce, tra l'altro, che «esula dalla
potesta' legislativa regionale il potere di disporre autonomamente
una sanatoria straordinaria per il solo territorio regionale»; cio'
che, invece, si verificherebbe con l'impugnato art. 2, comma 2.
1.1.2. - Tale disposizione violerebbe, «in ogni caso», l'art.
117, terzo comma, Cost.
Secondo il ricorrente, come sarebbe reso evidente dalla stessa
rubrica dell'art. 2 legge reg. Campania n. 19 del 2017 («Linee guida
per le misure alternative alle demolizioni di immobili abusivi»),
tale intervento legislativo si collocherebbe nell'ambito materiale di
legislazione concorrente del governo del territorio, comprensivo, in
linea di principio, di tutto cio' che attiene all'uso del territorio
e alla localizzazione di impianti o attivita'.
Essa contrasterebbe, tuttavia, con i principi fondamentali del
d.P.R. n. 380 del 2001, cui, a norma degli artt. 1 e 2, commi 1 e 3,
dello stesso testo unico dell'edilizia, le Regioni devono attenersi
nell'esercizio della potesta' legislativa concorrente.
In proposito, il Presidente del Consiglio dei ministri afferma
che, mentre i commi da 3 a 6 dell'art. 31 d.P.R. n. 380 del 2001
configurano l'acquisizione dell'immobile abusivo al patrimonio del
Comune «come una sanzione impropria, preordinata principalmente alla
demolizione dello stesso», secondo l'impugnato art. 2, comma 2, legge
reg. Campania n. 19 del 2017, viceversa, l'inottemperanza
all'ingiunzione a demolire e la conseguente acquisizione al
patrimonio comunale «determinano [...] un sostanziale venire meno
della pretesa demolitoria, a prescindere dalle valutazioni richieste
dalla normativa statale, ex art. 31, comma 5 decreto del Presidente
della Repubblica n. 380/2001, in ordine all'esistenza "di prevalenti
interessi pubblici" alla conservazione dell'opera abusiva e
all'accertamento che la stessa "non contrasti con rilevanti interessi
urbanistici, ambientali, o del rispetto dell'assetto idrogeologico"».
Inoltre, le lettere c) e d) dell'impugnato comma 2 produrrebbero,
«nella sostanza, un effetto analogo a quello di un "condono edilizio
straordinario", in quanto si consente che immobili abusivi siano
"regolarizzati" e assegnati agli autori degli abusi stessi, con
evidente elusione dei limiti della potesta' legislativa concorrente
della Regione (Corte Cost. n. 233/2015 cit.)».
Il Presidente del Consiglio dei ministri ritiene non si possa
ragionevolmente sostenere che l'applicabilita' della normativa
statale sulla repressione degli abusi edilizi sia, nella sostanza,
subordinata alla previa valutazione discrezionale del competente
ufficio comunale in ordine alla sussistenza di un perdurante
interesse pubblico alla rimessione in pristino rispetto
all'affidamento dell'immobile abusivo al privato, atteso che
l'interesse di questi al mantenimento dello stesso e' recessivo
rispetto all'interesse pubblico all'osservanza della normativa
urbanistico-edilizia e al corretto governo del territorio (e'
nuovamente citata la sentenza n. 233 del 2015). Cio' in quanto -
sempre ad avviso del ricorrente - l'esercizio del potere repressivo
degli abusi edilizi costituisce un'attivita' vincolata
dell'amministrazione, non soggetta a termini di decadenza o di
prescrizione, tanto che, ai fini dell'adozione dell'ordine di
demolizione, non e' necessario l'invio della comunicazione di avvio
del procedimento.
Da cio' il contrasto della disposizione impugnata con l'art. 117,
terzo comma, Cost.
1.2. - Quanto alla seconda delle disposizioni impugnate, l'art.
4, comma 1, lettera e), legge reg. Campania n. 19 del 2017,
inserisce, dopo il comma 4-bis dell'art. 44 della legge della Regione
Campania 22 dicembre 2004, n. 16 (Norme sul governo del territorio),
un comma 4-ter, il quale dispone che, «[n]ei Comuni sprovvisti di
strumento urbanistico comunale, nelle more dell'approvazione del
Piano urbanistico comunale, per edifici regolarmente assentiti,
adibiti ad attivita' manifatturiere, industriali e artigianali, sono
consentiti ampliamenti che determinano un rapporto di copertura
complessivo fino ad un massimo del 60 per cento».
Il ricorrente afferma che tale disposizione contrasta con l'art.
9 d.P.R. n. 380 del 2001, «che limita, invece, gli interventi edilizi
realizzabili in assenza di pianificazione generale e attuativa e che
costituisce un principio fondamentale in materia di governo del
territorio».
1.2.1. - L'impugnato art. 4, comma 1, lettera e), «risultando non
conforme alla citata legislazione di settore», violerebbe, anzitutto,
l'art. 117, secondo comma, lettera s), Cost.
Sarebbe infatti evidente che gli ampliamenti da esso consentiti
«introducono un'indebita estensione della potesta' legislativa
regionale, in violazione dell'anzidetto parametro costituzionale, e
sono idonei, tra l'altro, a realizzare una disparita' di trattamento
di situazioni analoghe sul territorio, atteso che, cio' che e' stato
escluso a livello nazionale dal testo unico in materia di edilizia,
verrebbe [...] consentito [...] per la sola Regione Campania».
1.2.2. -Ad avviso del ricorrente, la disposizione impugnata,
inoltre, ponendosi in contrasto con i principi fondamentali contenuti
nel d.P.R. n. 380 del 2001 - ai quali i legislatori regionali si
dovrebbero attenere a norma degli artt. 1 e 2, commi 1 e 3, dello
stesso t.u. edilizia - «eccede dalla sfera di competenza regionale
concorrente in materia di "governo del territorio"».
A tale proposito, il Presidente del Consiglio dei ministri
richiama la sentenza di questa Corte n. 84 del 2017, in cui e' stato
statuito che i limiti all'edificazione nelle cosiddette "zone
bianche", previsti dall'art. 9 d.P.R. n. 380 del 2001, hanno «le
caratteristiche intrinseche del principio fondamentale della
legislazione statale in materia di governo del territorio» e
sottolinea come gli stessi costituiscano dei «limiti minimi,
derogabili dalle regioni solo nella direzione dell'innalzamento della
tutela», come riconosciuto dalla stessa sentenza n. 84 del 2017,
nonche' dalla sentenza del Consiglio di Stato, sezione quarta, 12
marzo 2010, n. 1461.
2. - Si e' costituita in giudizio la Regione Campania, chiedendo
che le questioni proposte siano dichiarate inammissibili o non
fondate.
3. - E' intervenuta l'Associazione Italiana per il World Wide
Fund for Nature (WWF Italia) ONLUS, chiedendo che le questioni
proposte siano dichiarate fondate.
4. - In prossimita' dell'udienza pubblica, la Regione Campania ha
depositato una memoria illustrativa.
4.1. - La Regione resistente ribadisce, in primo luogo,
l'inammissibilita' e, comunque, l'infondatezza delle questioni di
legittimita' costituzionale dell'art. 2, comma 2, legge reg. Campania
n. 19 del 2017.
4.1.1. - Con riguardo all'inammissibilita' di esse, la Regione
Campania rappresenta la necessita' che il giudizio di legittimita'
costituzionale, anche in via principale, abbia a oggetto questioni
«concrete e non [...] ipotetiche o astratte o premature». Sulla base
di tale premessa, la stessa Regione, considerato che l'impugnato art.
2, comma 2, «riguarda l'adozione di linee guida per atti comunali
meramente facoltativi, e quindi ipotetici ed eventuali, di cui non e'
dato ipotizzare [...] alcuna lesione delle competenze legislative
statali», eccepisce che «risulta precluso impugnare una legge
lamentando la mera possibilita' che un atto attuativo della legge
medesima possa contrastare, eventualmente ed ipoteticamente, con
l'art. 117 della Costituzione».
4.1.2. - Con riguardo all'infondatezza delle questioni di
legittimita' costituzionale dell'art. 2, comma 2, legge reg. Campania
n. 19 del 2017, la Regione nega che tale disposizione si ponga in
contrasto con gli invocati parametri costituzionali.
4.1.2.1. - Quanto, in primo luogo, all'art. 117, secondo comma,
lettera s), Cost., il denunciato vulnus a tale parametro sarebbe
palesemente insussistente, in quanto la legge reg. Campania n. 19 del
2017 atterrebbe all'urbanistica e all'edilizia, che, secondo il
costante orientamento della Corte costituzionale, dovrebbero essere
ricondotte alla materia «governo del territorio», di cui all'art.
117, terzo comma, Cost. e non alla materia «tutela dell'ambiente», di
cui all'art. 117, secondo comma, lettera s), Cost.
La Regione Campania aggiunge che, in ogni caso, la disposizione
impugnata non modifica in peius il livello di tutela assicurato
dall'art. 31, comma 5, d.P.R. n. 380 del 2001.
4.1.2.2. - Quanto all'art. 117, terzo comma, Cost., la Regione
Campania deduce anzitutto che il potere delle Regioni di adottare
atti di indirizzo nella materia urbanistico-edilizia sarebbe stato
riconosciuto dalla Corte costituzionale (e' citata la sentenza n. 84
del 2017). La mancata impugnazione del comma 1 dell'art. 2 legge reg.
Campania n. 19 del 2017 confermerebbe, del resto, che neppure il
ricorrente dubita dell'esistenza di tale potere.
Cio' precisato, la Regione resistente sottolinea le previsioni
sia di tale comma, la' dove stabilisce l'adozione di linee guida non
vincolanti a supporto dei Comuni nella regolamentazione e attuazione
di misure alternative alla demolizione, «ai sensi dell'art. 31, comma
5 del D.P.R. n. 380/2001», sia dell'impugnato comma 2, la' dove
dispone che gli atti regolamentari e d'indirizzo che gli stessi
Comuni potranno approvare avvalendosi delle linee guida siano
adottati «in conformita' e nel rispetto della normativa nazionale
vigente in materia».
L'art. 2 legge reg. Campania n. 19 del 2017 prevederebbe quindi
soltanto l'adozione, da parte della Regione, di un atto orientativo,
di indirizzo, privo di portata normativa e sprovvisto, percio', del
potere di condizionare i Comuni; i quali potranno decidere di seguire
i criteri elencati alle lettere da a) ad h) dell'impugnato comma 2 -
dettati per esigenze di omogeneita' nel territorio regionale - oppure
di compiere delle scelte autonome, difformi dalle linee guida
regionali.
Dal tenore letterale del comma impugnato emergerebbe dunque che
esso non impone alcun comportamento in contrasto con la normativa
nazionale, in particolare, con il d.P.R. n. 380 del 2001, ma si
limita a prevedere una facolta', in capo ai Comuni, di adottare atti
regolamentari coerenti con le linee guida.
Ne' l'art. 2 legge reg. Campania n. 19 del 2017 configurerebbe un
condono straordinario, giacche' tale disposizione, la' dove fa
riferimento alla locazione e all'alienazione degli immobili - che
sarebbero pacificamente consentite -, «non contempla alcuna
regolarizzazione in favore dell'autore dell'illecito».
Sarebbe, altresi', palesemente infondata la tesi del ricorrente
secondo cui lo stesso art. 2 escluderebbe la demolizione
indipendentemente dalle valutazioni richieste, a tale fine, dall'art.
31, comma 5, d.P.R. n. 380 del 2001, atteso che questo parametro
interposto e' espressamente richiamato dal medesimo art. 2.
La Regione resistente rappresenta infine che, in attuazione di
tale articolo, la Giunta regionale della Campania, con la delibera 6
febbraio 2018, n. 57, ha approvato le «Linee guida relative ai
problemi dell'abusivismo edilizio». La stessa Regione sottolinea che
in esse si ribadisce la mancanza di «precettivita' e vincolativita'»
e se ne conferma la coerenza con la normativa statale di principio,
in particolare, con l'art. 31, comma 5, d.P.R. n. 380 del 2001. Tale
disposizione, peraltro, «non offre una elencazione dei "prevalenti"
interessi pubblici, la cui concreta determinazione e' rimessa, per
legge, in forma esclusiva e discrezionale, al Consiglio Comunale».
4.2. - La Regione resistente, deduce, in secondo luogo,
l'«improcedibilita'» del ricorso per la parte relativa
all'impugnazione dell'art. 4, comma 1, lettera e), legge reg.
Campania n. 19 del 2017.
Nell'affermare l'infondatezza della questione promossa in
riferimento all'art. 117, secondo comma, lettera s), Cost., in quanto
la disposizione regionale afferisce alla materia «governo del
territorio», la Regione Campania rappresenta che il comma 4-ter
dell'art. 44 legge reg. Campania n. 16 del 2004, aggiunto
dall'impugnato art. 4, comma 1, lettera e), e' stato abrogato
dall'art. 14, comma 2, della legge della Regione Campania 29 dicembre
2017, n. 38 (Disposizioni per la formazione del bilancio di
previsione finanziario per il triennio 2018-2020 della Regione
Campania - Legge di stabilita' regionale per il 2018), e «non risulta
avere avuto applicazione nel periodo della sua vigenza».
5. - Il 30 maggio 2018, la Regione Campania ha depositato nella
cancelleria della Corte costituzionale due note (numeri 344158 e
344256 del 29 maggio 2018) della Direzione generale per il governo
del territorio, i lavori pubblici e la protezione civile, in cui si
attesta che, dall'esame delle banche dati, erano quindici i Comuni
della Regione Campania che, nel periodo della vigenza della
disposizione impugnata, risultavano sprovvisti di pianificazione
urbanistica; tali quindici Comuni, espressamente indicati, attestano
di non avere rilasciato, nello stesso periodo, titoli abilitativi in
base alla disposizione impugnata.
Considerato in diritto
1.- Il Presidente del Consiglio dei ministri ha promosso
questioni di legittimita' costituzionale degli artt. 2, comma 2, e 4,
comma 1, lettera e), della legge della Regione Campania 22 giugno
2017, n. 19 (Misure di semplificazione e linee guida di supporto ai
Comuni in materia di governo del territorio), in riferimento all'art.
117, secondo comma, lettera s), e terzo comma, della Costituzione.
2.- In via preliminare, deve essere dichiarata l'inammissibilita'
dell'intervento in giudizio spiegato dall'Associazione Italiana per
il World Wide Fund for Nature (WWF Italia) ONLUS.
Secondo la costante giurisprudenza di questa Corte, infatti, «il
giudizio di costituzionalita' delle leggi, promosso in via d'azione
ai sensi dell'art. 127 Cost. e degli artt. 31 e seguenti della legge
11 marzo 1953, n. 87 (Norme sulla costituzione e sul funzionamento
della Corte costituzionale), si svolge esclusivamente tra soggetti
titolari di potesta' legislativa e non ammette l'intervento di
soggetti che ne siano privi, fermi restando, per costoro, ove ne
ricorrano i presupposti, gli altri mezzi di tutela giurisdizionale
eventualmente esperibili» (da ultimo, sentenza n. 170 del 2017, punto
3. del Considerato in diritto; nello stesso senso, ex plurimis,
sentenze n. 110 e n. 63 del 2016, n. 251, n. 118 e n. 31 del 2015).
3.- Il ricorrente impugna, anzitutto, l'art. 2, comma 2, legge
reg. Campania n. 19 del 2017.
3.1.- Il comma 1 di tale articolo prevede che, al fine di
perseguire indirizzi uniformi in ambito regionale, la Giunta
regionale «adotta linee guida non vincolanti per supportare gli enti
locali nella regolamentazione ed attuazione, se ne ricorrono i
presupposti, di misure alternative alla demolizione degli immobili
abusivi ai sensi dell'articolo 31, comma 5 del D.P.R. n. 380/2001»
(primo periodo). Tali linee guida sono approvate dalla Giunta
regionale entro novanta giorni dall'entrata in vigore della legge
regionale, su proposta della struttura amministrativa regionale
competente in materia di governo del territorio, «con riferimento a
quanto previsto dal comma 2» (secondo periodo).
L'impugnato comma 2 stabilisce quindi che, «[f]erma restando
l'autonoma valutazione dei Consigli comunali sull'esistenza di
prevalenti interessi pubblici rispetto alla procedura di demolizione
dei beni acquisiti al patrimonio comunale, i Comuni, nell'ambito
delle proprie competenze, possono avvalersi delle linee guida di cui
al presente articolo per approvare, in conformita' e nel rispetto
della normativa nazionale vigente in materia, atti regolamentari e
d'indirizzo riguardanti: a) i parametri e criteri generali di
valutazione del prevalente interesse pubblico rispetto alla
demolizione; b) i criteri per la valutazione del non contrasto
dell'opera con rilevanti interessi urbanistici, ambientali o di
rispetto dell'assetto idrogeologico; c) la regolamentazione della
locazione e alienazione degli immobili acquisiti al patrimonio
comunale per inottemperanza all'ordine di demolizione, anche con
preferenza per gli occupanti per necessita' al fine di garantire un
alloggio adeguato alla composizione del relativo nucleo familiare; d)
i criteri di determinazione del canone di locazione e del prezzo di
alienazione ad onerosita' differenziata fra le superfici adeguate
alla composizione del nucleo familiare e quelle in eventuale
eccedenza; e) i criteri di determinazione del possesso del requisito
soggettivo di occupante per necessita', anche per quanto riferito
alla data di occupazione dell'alloggio; f) i criteri di
determinazione del limite di adeguatezza dell'alloggio alla
composizione del nucleo familiare; g) le modalita' di accertamento
degli elementi di cui alle lettere e), f) e del possesso dei
requisiti morali di cui all'articolo 71, comma 1, lettere a), b), e),
f) del decreto legislativo 26 marzo 2010, n. 59 (Attuazione della
direttiva 2006/123/CE relativa ai servizi del mercato interno); h) le
modalita' di comunicazione delle delibere consiliari approvate ai
sensi dell'articolo 31, comma 5 del D.P.R. n. 380/2001 all'autorita'
giudiziaria che abbia ordinato, per gli stessi immobili, la
demolizione ai sensi dell'articolo 31, comma 9 del D.P.R. n.
380/2001».
3.2.- Secondo il Presidente del Consiglio dei ministri,
l'impugnato comma 2, prevedendo che i Comuni della Regione Campania
possano non demolire gli immobili abusivi acquisiti al proprio
patrimonio a seguito dell'inottemperanza all'ordine di demolizione -
in particolare, che possano locarli o alienarli, anche agli occupanti
(e anche quando questi siano i responsabili dell'abuso) -
indipendentemente dalla verifica delle circostanze in presenza delle
quali l'art. 31, comma 5, del decreto del Presidente della Repubblica
6 giugno 2001, n. 380, recante «Testo unico delle disposizioni
legislative e regolamentari in materia edilizia (Testo A)», consente
di non procedere alla demolizione degli stessi, violerebbe: l'art.
117, secondo comma, lettera s), Cost., perche' «incide, sminuendone
la portata deterrente e repressiva, sulle norme statali poste a
tutela dell'ambiente»; l'art. 117, terzo comma, Cost., perche'
contrasta con il principio fondamentale della materia «governo del
territorio» stabilito dall'art. 31, commi da 3 a 6, d.P.R. n. 380 del
2001, i quali «configura[no] l'acquisizione al patrimonio del comune
dell'immobile abusivo come una sanzione [...] preordinata
principalmente alla demolizione dello stesso».
Sempre ad avviso del Presidente del Consiglio dei ministri,
l'impugnato comma 2 e, in particolare, le disposizioni delle lettere
c) e d), dello stesso, sarebbero in contrasto con l'art. 117, secondo
comma, lettera s), e terzo comma, Cost., anche perche' «realizza,
nella sostanza, un effetto analogo a quello di un "condono edilizio
straordinario", in quanto consente che immobili abusivi siano
'regolarizzati' e assegnati agli autori degli abusi stessi».
3.3.- La Regione Campania ha eccepito l'inammissibilita' di tali
questioni perche' «ipotetiche o astratte o premature».
Secondo la Regione, in particolare, considerato che la
disposizione impugnata «riguarda l'adozione di linee guida per atti
comunali meramente facoltativi, e quindi ipotetici ed eventuali, di
cui non e' dato ipotizzare [...] alcuna lesione delle competenze
legislative statali», sarebbe «precluso impugnare una legge
lamentando la mera possibilita' che un atto attuativo della [...]
medesima possa contrastare, eventualmente ed ipoteticamente, con
l'art. 117 della Costituzione».
L'eccezione non e' fondata.
Deve anzitutto osservarsi che, contrariamente a quanto ritenuto
dalla Regione Campania, le qualificazioni di questione ipotetica,
questione astratta e questione prematura sono state elaborate e
utilizzate da questa Corte esclusivamente con riferimento alle
questioni di legittimita' costituzionale in via incidentale e non
anche in via principale; segnatamente, in relazione al requisito
della rilevanza delle questioni incidentali, requisito per cui si
richiede che esse abbiano a oggetto disposizioni effettivamente (e
non solo eventualmente o solo successivamente) applicabili nel
giudizio a quo.
In secondo luogo, diversamente da quanto affermato dalla Regione
resistente, nel ricorso e' lamentata la violazione dell'art. 117
Cost. non da parte degli atti regolamentari o di indirizzo che i
Comuni campani potranno eventualmente approvare in attuazione
dell'art. 2, comma 2, legge reg. Campania n. 19 del 2017, ma da parte
di questa stessa disposizione.
Ne' e' possibile dubitare dell'interesse dello Stato
all'impugnazione di essa. La previsione dell'adozione, da parte della
Giunta regionale della Campania, di linee guida per le misure
alternative alle demolizioni di immobili abusivi, con riferimento, in
particolare, a quanto previsto dall'impugnato comma 2, aventi la
funzione di fornire criteri che possano orientare i Comuni
nell'esercizio della discrezionalita' amministrativa loro
riconosciuta dall'art. 31, comma 5, d.P.R. n. 380 del 2001, appare
potenzialmente idonea a recare un vulnus alle invocate competenze
statali in materia.
3.4.- La risoluzione del merito delle questioni sopra indicate
richiede, preliminarmente, di individuare l'ambito materiale cui la
disposizione impugnata deve essere ricondotta.
Il comma 2 dell'art. 2 legge reg. Campania n. 19 del 2017
riguarda - come esplicitamente risulta dalla rubrica («Linee guida
per le misure alternative alle demolizioni di immobili abusivi»),
oltre che dal contenuto di tale articolo - interventi edilizi,
qualificati, dalla stessa disposizione regionale, «abusivi», e in
particolare fa riferimento alla disciplina della demolizione o,
«alternativamente», della conservazione di essi.
Ne consegue che viene in rilievo «l'insegnamento costante di
questa Corte secondo cui l'urbanistica e l'edilizia vanno ricondotte
alla materia "governo del territorio", di cui all'art. 117, terzo
comma, Cost.» (sentenza n. 68 del 2018, punto 9.1. del Considerato in
diritto; nello stesso senso, ex plurimis, sentenza n. 84 del 2017).
La sentenza n. 233 del 2015, in particolare, ha ascritto alla materia
«governo del territorio» una disciplina regionale attinente alla
esclusione della sanzione della demolizione (nonche' della
«succedanea acquisizione gratuita delle aree al patrimonio comunale,
in caso di inadempimento dell'ordine di demolizione») di opere e
interventi edilizi abusivi (punto 3.1. del Considerato in diritto).
In tale «materia di legislazione concorrente [...] lo Stato ha il
potere di fissare i principi fondamentali, mentre spetta alle Regioni
il potere di emanare la normativa di dettaglio» (sentenza n. 84 del
2017, punto 7. del Considerato in diritto; nello stesso senso, ex
plurimis, sentenza n. 233 del 2015).
3.5.- Individuato nel «governo del territorio» l'ambito materiale
cui va ascritto l'impugnato comma 2 dell'art. 2 legge reg. Campania
n. 19 del 2017, deve ora essere esaminata la censura con cui il
Presidente del Consiglio dei ministri lamenta, in riferimento
all'art. 117, terzo comma, Cost., il contrasto di tale comma con il
principio fondamentale, stabilito dall'art. 31, commi da 3 a 6,
d.P.R. n. 380 del 2001, secondo cui l'acquisizione dell'immobile
abusivo al patrimonio del Comune a seguito dell'inottemperanza
all'ordine di demolirlo si «configura come una sanzione [...]
preordinata principalmente alla demolizione dello stesso».
La questione e' fondata.
3.5.1.- Ai fini dello scrutinio della stessa, e' anzitutto
necessario considerare, nel piu' ampio contesto dell'art. 31 d.P.R.
n. 380 del 2001, il contenuto precettivo dei commi da 3 a 6, invocati
dal ricorrente a parametro interposto, e valutare se esso sia
qualificabile come principio fondamentale della materia «governo del
territorio».
3.5.1.1.- Inserito nel Capo II (intitolato «Sanzioni») del Titolo
IV (intitolato «Vigilanza sull'attivita' urbanistico-edilizia,
responsabilita' e sanzioni») del d.P.R. n. 380 del 2001, il citato
art. 31 appresta l'apparato sanzionatorio per le violazioni piu'
gravi della normativa urbanistico-edilizia - segnatamente, gli
interventi eseguiti in assenza di permesso di costruire, in totale
difformita' o con variazioni essenziali rispetto a esso - prevedendo,
di conseguenza, le sanzioni piu' rigorose.
Per cogliere appieno la funzione assegnata a tali sanzioni, e'
utile ricostruire le due fasi in cui l'irrogazione delle stesse si
articola.
Nella prima fase - disciplinata dal comma 2 dell'art. 31 d.P.R.
n. 380 del 2001 - il dirigente o il responsabile del competente
ufficio comunale, accertata l'esecuzione di interventi in assenza di
permesso di costruire, in totale difformita' o con variazioni
essenziali rispetto a esso, notifica al proprietario e al
responsabile dell'abuso l'ingiunzione a demolire le opere (o a
rimuovere gli effetti degli interventi posti in essere senza la
realizzazione di trasformazioni fisiche), indicando l'area che, in
caso di inottemperanza all'ordine, sara' acquisita al patrimonio del
Comune ai sensi del comma 3.
A tale riguardo, l'Adunanza plenaria del Consiglio di Stato, con
la recente sentenza 17 ottobre 2017, n. 9, ha affermato il principio
di diritto che il provvedimento con cui si ingiunge la demolizione di
un immobile abusivo, «per la sua natura vincolata e rigidamente
ancorata al ricorrere dei relativi presupposti in fatto e in diritto,
non richiede motivazione in ordine alle ragioni di pubblico interesse
(diverse da quelle inerenti al ripristino della legittimita' violata)
che impongono la rimozione dell'abuso». Tale principio «non ammette
deroghe neppure nell'ipotesi in cui l'ingiunzione di demolizione
intervenga a distanza di tempo dalla realizzazione dell'abuso, il
titolare attuale non sia responsabile dell'abuso e il trasferimento
non denoti intenti elusivi dell'onere di ripristino» (nello stesso
senso, successivamente, Consiglio di Stato, sezione quarta, sentenza
11 dicembre 2017, n. 5788). Il menzionato potere di repressione degli
abusi edilizi non e' soggetto a termini di decadenza o di
prescrizione (ex plurimis, Consiglio di Stato, sezione sesta,
sentenza 5 gennaio 2015, n. 13). Quanto alle caratteristiche della
sanzione amministrativa della demolizione, il Consiglio di Stato ha
affermato che essa «ha ad oggetto esclusivamente la res abusiva; non
consiste in una misura afflittiva volta a punire la condotta illecita
bensi' a ristabilire l'equilibrio urbanistico violato»; sicche' lo
stesso Consiglio l'ha definita «sanzione ripristinatoria» (sezione
sesta, sentenza 22 maggio 2017, n. 2378).
Se il responsabile dell'abuso non provvede alla demolizione e al
ripristino dello stato dei luoghi entro novanta giorni dalla
notificazione dell'ingiunzione a demolire, si apre la eventuale
seconda fase della procedura sanzionatoria, contemplata dagli
invocati commi da 3 a 6 dell'art. 31 d.P.R. n. 380 del 2001.
Il bene immobile abusivo e l'area di sedime (nonche' quella
necessaria, secondo le prescrizioni urbanistiche, alla realizzazione
di opere analoghe a quelle abusive) sono acquisiti, di diritto e
gratuitamente, al patrimonio del Comune (comma 3 dell'art. 31 d.P.R.
n. 380 del 2001).
L'atto con cui si accerta l'inottemperanza all'ingiunzione a
demolire entro il termine di novanta giorni costituisce, previa
notifica all'interessato, titolo per l'immissione nel possesso e per
la trascrizione nei registri immobiliari (comma 4 dell'art. 31 d.P.R.
n. 380 del 2001).
A proposito dell'acquisizione dell'immobile abusivo e dell'area
di sedime al patrimonio comunale, questa Corte ha chiarito che essa
costituisce una sanzione in senso stretto, distinta dalla
demolizione, che «rappresenta la reazione dell'ordinamento al duplice
illecito posto in essere da chi, dapprima esegue un'opera abusiva e,
poi, non adempie all'obbligo di demolirla» (sentenza n. 345 del 1991,
punto 2. del Considerato in diritto; nello stesso senso, sentenza n.
427 del 1995 e ordinanza n. 82 del 1991; analogamente, Corte di
cassazione, sezione terza civile, sentenza 26 gennaio 2006, n. 1693).
Infatti, «l'operativita' dell'ingiunzione a demolire non
presuppone sempre necessariamente la preventiva acquisizione
dell'immobile al patrimonio comunale, perche' l'ingiunzione e' un
provvedimento amministrativo di natura autoritativa che, in quanto
tale, e' assistito [...] dal carattere della esecutorieta' insito nel
potere di autotutela». Sicche' «appare evidente che, qualora non
ricorrano i presupposti per l'acquisizione gratuita del bene, come
nel caso in cui l'area sia di proprieta' del terzo [estraneo
all'illecito], la funzione ripristinatoria dell'interesse pubblico
violato dall'abuso, sia pur ristretta alla sola possibilita' della
demolizione, rimane affidata al potere-dovere degli organi comunali
di darvi esecuzione d'ufficio» (sentenza n. 345 del 1991, punto 3.
del Considerato in diritto).
L'inottemperanza all'ordine di demolizione e' presidiata anche
dalla sanzione pecuniaria prevista dal comma 4-bis dell'art. 31
d.P.R. n. 380 del 2001 (comma aggiunto dall'art. 17, comma 1, lettera
q-bis, del decreto-legge 12 settembre 2014, n. 133, recante «Misure
urgenti per l'apertura dei cantieri, la realizzazione delle opere
pubbliche, la digitalizzazione del Paese, la semplificazione
burocratica, l'emergenza del dissesto idrogeologico e per la ripresa
delle attivita' produttive», convertito, con modificazioni, nella
legge 11 novembre 2014, n. 164).
Il fatto che, con l'acquisizione al patrimonio comunale, il bene
diventi pubblico non comporta, tuttavia, che l'opera diventi
legittima sotto il profilo urbanistico-edilizio. Essa e' destinata a
essere «demolita con ordinanza del dirigente o del responsabile del
competente ufficio comunale a spese dei responsabili dell'abuso»
(comma 5 dell'art. 31 d.P.R. n. 380 del 2001).
La regola della demolizione ammette una deroga. Lo stesso comma
5, in via eccezionale, prevede la possibilita' di conservare l'opera
quando, «con deliberazione consiliare [...] si dichiari l'esistenza
di prevalenti interessi pubblici e sempre che l'opera [stessa] non
contrasti con rilevanti interessi urbanistici, ambientali o di
rispetto dell'assetto idrogeologico».
Queste ultime disposizioni hanno, all'evidenza, un ruolo decisivo
nello scrutinio della questione in esame. Il legislatore statale ha
dettato innanzi tutto la regola secondo cui l'opera abusiva acquisita
al patrimonio comunale deve essere demolita e ha consentito, in via
di eccezione a tale regola, ai singoli Comuni - con attribuzione
della relativa competenza al consiglio comunale - di utilizzare,
anziche' demolire, l'opera abusiva quando ritengano l'esistenza di un
interesse pubblico alla conservazione e la prevalenza di esso sul
concorrente interesse, anch'esso pubblico, al ripristino della
conformita' del territorio alla normativa urbanistico-edilizia.
L'interesse pubblico alla conservazione dell'opera, inoltre, puo'
essere preso in considerazione - e ritenuto, eventualmente,
prevalente - sempre che non sussistano le situazioni preclusive
costituite dal contrasto dell'opera «con rilevanti interessi
urbanistici, ambientali o di rispetto dell'assetto idrogeologico».
Per gli interventi abusivamente eseguiti su terreni sottoposti,
in conformita' a leggi statali o regionali, a vincoli di
inedificabilita', l'acquisizione gratuita, nel caso di inottemperanza
all'ingiunzione a demolire, «si verifica di diritto a favore delle
amministrazioni cui compete la vigilanza sull'osservanza del
vincolo», le quali «provvedono alla demolizione delle opere abusive
ed al ripristino dello stato dei luoghi», sempre a spese dei
responsabili dell'abuso (primo e secondo periodo del comma 6
dell'art. 31 d.P.R. n. 380 del 2001).
E' infine utile ricordare che, per le opere abusive contemplate
nello stesso art. 31, il giudice penale, con la sentenza di condanna
per il reato di cui all'art. 44 d.P.R. n. 380 del 2001, ne ordina la
demolizione, qualora non sia stata altrimenti eseguita (comma 9
dell'art. 31 d.P.R. n. 380 del 2001).
3.5.1.2.- Ricostruito il contenuto precettivo dei commi da 3 a 6
dell'art. 31 d.P.R. n. 380 del 2001, occorre ora valutare se la
demolizione dell'immobile abusivo acquisito al patrimonio comunale -
con le sole deroghe previste dal comma 5 dello stesso articolo -
costituisca o no un principio fondamentale della materia «governo del
territorio».
La risposta non puo' che essere affermativa.
L'aver previsto che, a fronte delle violazioni piu' gravi della
normativa urbanistico-edilizia - quali sono la realizzazione di opere
in assenza di permesso di costruire, in totale difformita' o con
variazioni essenziali rispetto a esso - si debba fare luogo, da parte
dello stesso responsabile dell'abuso o, in difetto, del Comune che
abbia percio' acquisito il bene, alla demolizione dell'opera abusiva,
esprime una scelta fondamentale del legislatore statale.
Quest'ultimo, in considerazione della gravita' del pregiudizio recato
all'interesse pubblico dai menzionati abusi, ha inteso imporne la
rimozione - e, con essa, il rispristino dell'ordinato assetto del
territorio - in modo uniforme in tutte le Regioni.
Le deroghe al principio della demolizione degli immobili abusivi
acquisiti al patrimonio del Comune - previste dall'art. 31, comma 5,
d.P.R. n. 380 del 2001 - sono fondate su un rapporto di stretta
connessione con la regola base. In ragione di questo collegamento
esse contribuiscono a definire la portata del principio fondamentale.
Pertanto, se pure si volesse ignorare l'autoqualificazione, in
questo caso corretta, data dall'art. 1, comma 1, d.P.R. n. 380 del
2001, vi sono solide ragioni per affermare che la demolizione degli
immobili abusivi acquisiti al patrimonio del Comune, con le sole
deroghe previste dal comma 5 dell'art. 31 d.P.R. n. 380 del 2001,
costituisce un principio fondamentale della legislazione statale che
vincola la legislazione regionale di dettaglio in materia di «misure
alternative alle demolizioni».
3.5.2.- Alla luce di quanto detto, l'impugnato art. 2, comma 2,
legge reg. Campania n. 19 del 2017 viola il principio fondamentale,
espresso dai commi da 3 a 6 dell'art. 31 d.P.R. n. 380 del 2001,
perche', attraverso gli atti regolamentari e d'indirizzo, i Comuni
della Regione Campania, avvalendosi delle linee guida, possono
eludere l'obbligo di demolire le opere abusive acquisite al proprio
patrimonio.
Come si e' visto (punto 3.1.), oltre al comma 1 e alla previsione
dell'adozione di linee guida non vincolanti per supportare gli enti
locali nella regolamentazione e attuazione di misure alternative alla
demolizione degli immobili abusivi «ai sensi dell'articolo 31, comma
5 del D.P.R. n. 380/2001», si deve tenere presente l'alinea
dell'impugnato comma 2, in cui si precisa che i Comuni se ne possono
avvalere per approvare atti regolamentari e d'indirizzo «in
conformita' e nel rispetto della normativa nazionale vigente in
materia», ferma restando l'autonoma valutazione dei consigli comunali
sull'esistenza di prevalenti interessi pubblici rispetto alla
demolizione dei beni acquisiti al patrimonio comunale.
Tuttavia, i richiami alle disposizioni della legislazione statale
- su cui insiste la difesa della Regione Campania - sono contraddetti
da quanto stabilito nelle lettere da a) ad h) dell'impugnato comma 2,
ovvero dai contenuti degli atti regolamentari e d'indirizzo
adottabili dai Comuni.
A un esame complessivo risulta che, dopo l'indicazione nelle
lettere a) e b), rispettivamente dei «parametri e criteri generali di
valutazione del prevalente interesse pubblico rispetto alla
demolizione» e dei «criteri per la valutazione del non contrasto
dell'opera con rilevanti interessi urbanistici, ambientali o di
rispetto dell'assetto idrogeologico», la lettera c) prevede,
specificamente, che gli atti regolamentari e d'indirizzo dei Comuni
«regolament[ino la] locazione e alienazione degli immobili acquisiti
al patrimonio comunale per inottemperanza all'ordine di demolizione,
anche con preferenza per gli occupanti per necessita' al fine di
garantire un alloggio adeguato alla composizione del relativo nucleo
familiare». Tutte le successive lettere, da d) a g), riguardano
aspetti connessi e strumentali rispetto alla locazione e alla
alienazione.
La citata lettera c) dell'impugnato comma 2 riveste un ruolo
centrale per la definizione della questione in esame.
Piu' nel dettaglio, col prevedere la regolamentazione della
locazione e dell'alienazione degli immobili abusivi acquisiti al
patrimonio comunale «anche con preferenza per gli occupanti per
necessita'», essa comporta che le stesse potrebbero essere a favore
sia degli occupanti per necessita', anche «con preferenza» (al fine
di garantire loro un alloggio adeguato alla composizione del nucleo
familiare), sia di qualsiasi altro soggetto, persona fisica o ente,
non occupante per necessita'.
In entrambe tali ipotesi, la lettera c) non esclude - e, quindi,
consente - che la locazione o l'alienazione siano a favore del
responsabile dell'abuso. Nella prima ipotesi si puo' plausibilmente
affermare che l'occupante per necessita' si trovi solitamente a
coincidere con il responsabile dell'abuso e che a questi venga
accordata una «preferenza» nella locazione e alienazione degli
immobili.
Quale che sia il soggetto cui gli immobili abusivi, acquisiti al
patrimonio comunale, potrebbero essere locati o alienati, e' di tutta
evidenza che locazione e alienazione sono contemplate dall'impugnato
comma 2 come esiti "normali" verso cui destinare i suddetti immobili.
Ne consegue che l'impugnato comma 2, considerato nel suo insieme
per le strette implicazioni delle disposizioni in esso contenute,
viola il principio fondamentale espresso dai commi da 3 a 6 dell'art.
31 d.P.R. n. 380 del 2001. Tale principio implica che l'opera abusiva
acquisita al patrimonio comunale debba, di regola, essere demolita e
che possa essere conservata, in via eccezionale, soltanto se, con
autonoma deliberazione del consiglio comunale relativa alla singola
opera, si ritenga, sulla base di tutte le circostanze del caso,
l'esistenza di uno specifico interesse pubblico alla conservazione
della stessa e la prevalenza di questo sull'interesse pubblico al
ripristino della conformita' del territorio alla normativa
urbanistico-edilizia, nonche' l'assenza di un contrasto della
conservazione dell'opera con rilevanti interessi urbanistici,
ambientali o di rispetto dell'assetto idrogeologico. Si noti che la
facolta' riconosciuta ai Comuni, di non demolire le opere abusive di
cui qui si discute deve implicare un'analisi puntuale delle
caratteristiche di ognuna di esse, rispettosa dei canoni individuati
dalla legge statale, che sola puo' garantire uniformita' sull'intero
territorio nazionale.
Il disallineamento della disciplina regionale rispetto al
principio fondamentale della legislazione statale - quello che
individua nella demolizione l'esito "normale" della edificazione di
immobili abusivi acquisiti al patrimonio dei comuni - finisce con
intaccare e al tempo stesso sminuire l'efficacia anche deterrente del
regime sanzionatorio dettato dallo Stato all'art. 31 d.P.R. n. 380
del 2001, incentrato, come si e' visto, sulla demolizione dell'opera
abusiva, la cui funzione essenzialmente ripristinatoria non ne
esclude l'incidenza negativa nella sfera del responsabile.
L'effettivita' delle sanzioni risulterebbe ancora piu' sminuita
nel caso di specie, in cui l'interesse pubblico alla conservazione
dell'immobile abusivo potrebbe consistere nella locazione o
nell'alienazione dello stesso all'occupante per necessita'
responsabile dell'abuso.
Per queste ragioni, l'art. 2, comma 2, legge reg. Campania n. 19
del 2017 deve essere dichiarato costituzionalmente illegittimo per
violazione dell'art. 117, terzo comma, Cost.
3.6.- L'accoglimento della questione promossa in riferimento
all'art. 117, terzo comma, Cost., sotto il profilo indicato, comporta
l'assorbimento delle altre censure mosse dal ricorrente avverso
l'art. 2, comma 2, legge reg. Campania n. 19 del 2017.
4.- Il ricorrente impugna, in secondo luogo, l'art. 4, comma 1,
lettera e), legge reg. Campania n. 19 del 2017.
4.1. - Tale lettera inserisce, dopo il comma 4-bis dell'art. 44
della legge della Regione Campania 22 dicembre 2004, n. 16 (Norme sul
governo del territorio), un comma 4-ter, in cui si prevede che,
«[n]ei Comuni sprovvisti di strumento urbanistico comunale, nelle
more dell'approvazione del Piano urbanistico comunale, per edifici
regolarmente assentiti, adibiti ad attivita' manifatturiere,
industriali e artigianali, sono consentiti ampliamenti che
determinano un rapporto di copertura complessivo fino ad un massimo
del 60 per cento».
4.2. - Secondo il Presidente del Consiglio dei ministri, tale
disposizione, col consentire, nei Comuni della Campania sprovvisti di
strumento urbanistico, nelle more dell'approvazione del piano
urbanistico comunale, ampliamenti degli edifici regolarmente
assentiti adibiti ad attivita' manifatturiere, industriali e
artigianali in deroga ai piu' ristretti limiti previsti, per
l'attivita' edilizia nei Comuni sprovvisti di pianificazione
urbanistica, dall'art. 9 d.P.R. n. 380 del 2001, si porrebbe in
contrasto con l'art. 117, secondo comma, lettera s), Cost., perche'
invaderebbe l'ambito materiale della «tutela dell'ambiente,
dell'ecosistema e dei beni culturali»; e con l'art. 117, terzo comma,
Cost., perche' violerebbe il principio fondamentale della materia
«governo del territorio» espresso dal predetto art. 9.
4.3. - In ordine a tali questioni, deve essere dichiarata la
cessazione della materia del contendere.
4.3.1. - Al riguardo, si deve anzitutto confermare il costante
orientamento di questa Corte secondo cui la materia del contendere
«cessa solo se lo ius superveniens ha carattere satisfattivo delle
pretese avanzate con il ricorso e se le disposizioni censurate non
hanno avuto medio tempore applicazione» (sentenza n. 68 del 2018,
punto 14.1. del Considerato in diritto; nello stesso senso, tra le
piu' recenti, sentenze n. 44, n. 38 e n. 5 del 2018).
Entrambe tali condizioni ricorrono nel caso di specie.
4.3.1.1. - Quanto alla prima, il comma 4-ter dell'art. 44 della
legge reg. Campania n. 16 del 2004 - cioe' il comma aggiunto a tale
articolo dall'impugnato art. 4, comma 1, lettera e) - e' stato
abrogato dal successivo art. 14, comma 2, della legge della Regione
Campania 29 dicembre 2017, n. 38 (Disposizioni per la formazione del
bilancio di previsione finanziario per il triennio 2018-2020 della
Regione Campania - Legge di stabilita' regionale per il 2018), con
effetto evidentemente satisfattivo delle doglianze mosse con il
ricorso avverso la suddetta impugnata disposizione.
4.3.1.2. - Quanto alla seconda condizione, premesso che il comma
4-ter dell'art. 44 legge reg. Campania n. 16 del 2004 e' rimasto in
vigore dal 22 giugno 2017 al 31 dicembre 2017, la Regione Campania,
in prossimita' dell'udienza pubblica, ha depositato nella cancelleria
della Corte due note (numeri 344158 e 344256 del 29 maggio 2018)
della Direzione generale per il governo del territorio, i lavori
pubblici e la protezione civile in cui si attesta che, dall'esame
delle banche dati, i Comuni della Regione Campania che, nel periodo
della vigenza del citato comma 4-ter, erano sprovvisti di
pianificazione urbanistica erano quindici. Oltre alla specifica
indicazione degli stessi, sono prodotte le attestazioni di ciascuno
di essi di non avere rilasciato, nel medesimo periodo, titoli
abilitativi in base allo stesso comma 4-ter.
Tale documentazione risulta idonea a comprovare - in assenza, tra
l'altro, di contestazioni da parte del ricorrente - la mancata
applicazione medio tempore della disposizione impugnata.
per questi motivi
LA CORTE COSTITUZIONALE
1) dichiara inammissibile l'intervento dell'Associazione Italiana
per il World Wide Fund for Nature (WWF Italia) ONLUS nel giudizio
promosso dal Presidente del Consiglio dei ministri con il ricorso
indicato in epigrafe;
2) dichiara l'illegittimita' costituzionale dell'art. 2, comma 2,
della legge della Regione Campania 22 giugno 2017, n. 19 (Misure di
semplificazione e linee guida di supporto ai Comuni in materia di
governo del territorio);
3) dichiara cessata la materia del contendere in ordine alle
questioni di legittimita' costituzionale dell'art. 4, comma 1,
lettera e), della legge reg. Campania n. 19 del 2017, promosse, in
riferimento all'art. 117, secondo comma, lettera s), e terzo comma,
della Costituzione, dal Presidente del Consiglio dei ministri con il
ricorso indicato in epigrafe.
Cosi' deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale,
Palazzo della Consulta, il 5 giugno 2018.
F.to:
Giorgio LATTANZI, Presidente
Silvana SCIARRA, Redattore
Roberto MILANA, Cancelliere
Depositata in Cancelleria il 5 luglio 2018.
Il Direttore della Cancelleria
F.to: Roberto MILANA
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