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mercoledì 11 luglio 2018
N. 143 SENTENZA 18 aprile - 5 luglio 2018 Giudizio di legittimita' costituzionale in via incidentale. Reati e pene - Determinazione della prescrizione - Normativa piu' favorevole al reo - Applicabilita' ai reati sessuali commessi in danno di minori. - Legge 5 dicembre 2005, n. 251 (Modifiche al codice penale e alla legge 26 luglio 1975, n. 354, in materia di attenuanti generiche, di recidiva, di giudizio di comparazione delle circostanze di reato per i recidivi, di usura e di prescrizione), art. 6, commi 1, 4 e 5, nel testo anteriore alle modifiche apportate dalla legge 1° ottobre 2012, n. 172 (Ratifica ed esecuzione della Convenzione del Consiglio d'Europa per la protezione dei minori contro lo sfruttamento e l'abuso sessuale, fatta a Lanzarote il 25 ottobre 2007, nonche' norme di adeguamento dell'ordinamento interno). - (GU n.28 del 11-7-2018 )
N. 143 SENTENZA 18 aprile - 5 luglio 2018
Giudizio di legittimita' costituzionale in via incidentale.
Reati e pene - Determinazione della prescrizione - Normativa piu'
favorevole al reo - Applicabilita' ai reati sessuali commessi in
danno di minori.
- Legge 5 dicembre 2005, n. 251 (Modifiche al codice penale e alla
legge 26 luglio 1975, n. 354, in materia di attenuanti generiche,
di recidiva, di giudizio di comparazione delle circostanze di reato
per i recidivi, di usura e di prescrizione), art. 6, commi 1, 4 e
5, nel testo anteriore alle modifiche apportate dalla legge 1°
ottobre 2012, n. 172 (Ratifica ed esecuzione della Convenzione del
Consiglio d'Europa per la protezione dei minori contro lo
sfruttamento e l'abuso sessuale, fatta a Lanzarote il 25 ottobre
2007, nonche' norme di adeguamento dell'ordinamento interno).
-
(GU n.28 del 11-7-2018 )
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori:
Presidente:Giorgio LATTANZI;
Giudici :Aldo CAROSI, Marta CARTABIA, Mario Rosario MORELLI,
Giancarlo CORAGGIO, Giuliano AMATO, Silvana SCIARRA, Daria de
PRETIS, Franco MODUGNO, Augusto Antonio BARBERA, Giulio
PROSPERETTI, Giovanni AMOROSO, Francesco VIGANO',
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nel giudizio di legittimita' costituzionale dell'art. 6, commi 1,
4 e 5, della legge 5 dicembre 2005, n. 251 (Modifiche al codice
penale e alla legge 26 luglio 1975, n. 354, in materia di attenuanti
generiche, di recidiva, di giudizio di comparazione delle circostanze
di reato per i recidivi, di usura e di prescrizione), nel testo
anteriore alle modifiche apportate dalla legge 1° ottobre 2012, n.
172 (Ratifica ed esecuzione della Convenzione del Consiglio d'Europa
per la protezione dei minori contro lo sfruttamento e l'abuso
sessuale, fatta a Lanzarote il 25 ottobre 2007, nonche' norme di
adeguamento dell'ordinamento interno), promosso dal Tribunale
ordinario di Roma, nel procedimento penale a carico di V. B., con
ordinanza del 21 giugno 2016, iscritta al n. 220 del registro
ordinanze 2016 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica
n. 44, prima serie speciale, dell'anno 2016.
Visti l'atto di costituzione della Curia generale dei Padri
Somaschi, nonche' l'atto di intervento del Presidente del Consiglio
dei ministri;
udito nella udienza pubblica del 10 aprile 2018 il Giudice
relatore Marta Cartabia;
uditi l'avvocato Roberto Borgogno per la Curia generale dei Padri
Somaschi e l'avvocato dello Stato Maurizio Greco per il Presidente
del Consiglio dei ministri.
Ritenuto in fatto
1.- Con ordinanza del 21 giugno 2016, il Tribunale ordinario di
Roma, sezione ottava penale, ha sollevato questione di legittimita'
costituzionale dell'art. 6, commi 1, 4 e 5, della legge 5 dicembre
2005, n. 251 (Modifiche al codice penale e alla legge 26 luglio 1975,
n. 354, in materia di attenuanti generiche, di recidiva, di giudizio
di comparazione delle circostanze di reato per i recidivi, di usura e
di prescrizione), nel testo anteriore alle modifiche apportate dalla
legge 1° ottobre 2012, n. 172 (Ratifica ed esecuzione della
Convenzione del Consiglio d'Europa per la protezione dei minori
contro lo sfruttamento e l'abuso sessuale, fatta a Lanzarote il 25
ottobre 2007, nonche' norme di adeguamento dell'ordinamento interno),
in riferimento agli artt. 11 e 117, primo comma, della Costituzione,
in relazione all'art. 8, punto 6, della decisione quadro 2004/68/GAI
del Consiglio, del 22 dicembre 2003, relativa alla lotta contro lo
sfruttamento sessuale dei bambini e la pornografia infantile.
1.1.- Il rimettente e' investito del giudizio nei confronti di V.
B., imputato di reati di violenza sessuale ai danni di un minore
(nato nel 1986), commessi in un arco temporale che va dall'anno 1995
al 17 ottobre 2004.
Il Tribunale ritiene che, in conformita' alla giurisprudenza
della Corte costituzionale e della Corte di cassazione, l'istituto
della prescrizione abbia natura sostanziale e che, per tale ragione,
si applichi la norma di cui all'art. 2, quarto comma, del codice
penale, secondo cui, in caso di successione di leggi nel tempo, deve
applicarsi la disciplina piu' favorevole all'imputato. Cio'
imporrebbe al Tribunale di ritenere prescritti i reati commessi fino
al 21 dicembre 2003, in forza delle previsioni piu' favorevoli
introdotte dall'art. 6 legge n. 251 del 2005 (cosiddetta "ex
Cirielli").
Tale disposizione si porrebbe tuttavia in contrasto con la citata
decisione quadro 2004/68/GAI, il cui contenuto e' stato confermato e
rafforzato dal cosiddetto Trattato di Lanzarote (Convenzione del
Consiglio d'Europa per la protezione dei minori contro lo
sfruttamento e l'abuso sessuale, fatta a Lanzarote il 25 ottobre
2007) e dalla direttiva 2011/93/UE del Parlamento europeo e del
Consiglio, del 13 dicembre 2011, relativa alla lotta contro l'abuso e
lo sfruttamento sessuale dei minori e la pornografia minorile, e che
sostituisce la decisione quadro 2004/68/GAI del Consiglio. In
particolare, le disposizioni censurate non consentirebbero di
raggiungere l'obiettivo indicato dalla normativa europea, che
richiede agli Stati membri di adottare le misure necessarie affinche'
sia reso possibile il perseguimento dei reati sessuali in danno di
minori dopo che la vittima abbia raggiunto la maggiore eta'. Un tale
obiettivo, secondo il rimettente, sarebbe assicurato se si
applicassero i piu' ampi termini di prescrizione previsti sia
anteriormente alla legge n. 251 del 2005, sia dopo le modifiche
introdotte dalla legge n. 172 del 2012, mentre sarebbe frustrato
dall'applicazione della legge n. 251 del 2005, in quanto normativa
piu' favorevole.
1.2.- Il rimettente ricorda che, secondo la sentenza della Corte
costituzionale n. 227 del 2010, il contrasto tra la normativa interna
e una decisione quadro dell'Unione europea non comporta la
«disapplicazione» della disciplina nazionale, ma la sua
illegittimita' costituzionale, ai sensi dell'art. 117, primo comma,
Cost. Infatti, in questi casi, il controllo spetta alla Corte
costituzionale che, all'uopo, deve essere investita di questione di
legittimita' costituzionale per violazione degli artt. 11 e 117,
primo comma, Cost. (vengono citate, a conforto di questa conclusione,
le sentenze della Corte costituzionale n. 28 del 2010, n. 284 del
2007, n. 317 del 1996 e n. 170 del 1984).
Secondo il giudice a quo, inoltre, dovrebbe escludersi la
necessita' di investire la Corte di giustizia dell'Unione europea
tramite rinvio pregiudiziale, poiche' non vi sarebbe alcun dubbio
interpretativo da risolvere per chiarire il significato della norma
comunitaria (in proposito vengono citate la sentenza 27 marzo 1963,
in causa C-28-30/62, Da Costa e altri, della Corte di giustizia
dell'Unione europea e l'ordinanza n. 103 del 2008 della Corte
costituzionale).
Inoltre, il Tribunale ordinario di Roma ritiene che non sia
percorribile alcuna interpretazione della disposizione nazionale che
consenta di assicurarne la conformita' alla norma comunitaria.
Tutto cio' induce il rimettente a ritenere non manifestamente
infondata la questione di legittimita' costituzionale del citato art.
6, commi 1, 4 e 5, legge n. 251 del 2005, in riferimento agli artt.
11 e 117, primo comma, Cost., in relazione all'art. 8, punto 6, della
decisione quadro 2004/68/GAI, «nella parte in cui non esclude dalla
sua disciplina i reati sessuali nei confronti di minori».
1.3.- Il giudice a quo ritiene che la sollevata questione di
legittimita' costituzionale sia rilevante, in quanto il suo eventuale
accoglimento comporterebbe la possibilita' di applicare, nella
fattispecie in esame, la disciplina sulla prescrizione previgente,
che consentirebbe di ritenere non prescritto alcuno dei fatti
contestati, cosi' da permettere una piena pronuncia di merito, anche
in relazione alle domande avanzate dalla parte civile. Il rimettente
osserva che non si incorrerebbe nel divieto di applicazione
retroattiva di norme penali sfavorevoli al reo, dato che la normativa
previgente era coeva ai fatti per cui si procede.
2.- Con atto depositato il 22 novembre 2016, e' intervenuto il
Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso
dall'Avvocatura generale dello Stato, chiedendo che la questione
venga dichiarata «inammissibile ovvero infondata».
In primo luogo, l'interveniente ritiene che il giudice rimettente
non abbia tentato una interpretazione adeguatrice volta ad escludere
il lamentato contrasto con la norma comunitaria.
In secondo luogo, l'Avvocatura generale dello Stato osserva che
le scelte sul tempo necessario a prescrivere determinati reati
rientrano nella sfera riservata alle valutazioni del legislatore e,
pertanto, devono ritenersi sottratte al sindacato della Corte
costituzionale, salvo il caso in cui siano manifestamente
irragionevoli o sproporzionate.
Inoltre, la difesa ritiene che una pronuncia della Corte
costituzionale sarebbe preclusa da una costante giurisprudenza
costituzionale (sono citate le sentenze n. 324 del 2008 e n. 394 del
2006, e l'ordinanza n. 65 del 2008), secondo cui il principio della
riserva di legge, sancito dall'art. 25, secondo comma, Cost.,
inibisce pronunce che abbiano l'effetto di incidere in pejus sulla
risposta punitiva o su aspetti inerenti la punibilita', tra i quali
rientrano quelli riguardanti la disciplina sulla prescrizione e sui
relativi atti interruttivi o sospensivi.
3.- Con atto depositato il 22 novembre 2016, si e' costituito
l'ente ecclesiastico «Curia Generale dei Padri Somaschi», citato come
responsabile civile nel giudizio a quo.
3.1.- In primo luogo, la parte ritiene che la sollevata questione
di legittimita' costituzionale non sia rilevante nel giudizio a quo,
in quanto una decisione quadro dell'Unione europea non potrebbe mai
avere come effetto, di per se' e indipendentemente da una legge
interna adottata per la sua attuazione, di determinare o aggravare la
responsabilita' penale di un imputato, secondo quanto costantemente
affermato dalla giurisprudenza della Corte di giustizia UE (vengono
citate le sentenze della Corte di giustizia dell'Unione europea 28
aprile 2011, in causa C-61/11 PPU, El Dridi; 16 giugno 2005, in causa
C-105/03, Pupino; 3 maggio 2005, in cause C-387, 391, 403/02,
Berlusconi e altri; 8 ottobre 1987, in causa 80/86, Kolpinghuis
Nijmegen). Conseguentemente, secondo la parte, la pronuncia della
Corte costituzionale non potrebbe mai incidere sulla posizione
dell'attuale imputato.
3.2.- In secondo luogo, il responsabile civile contesta che la
decisione quadro dell'Unione europea invocata dal rimettente imponga
al legislatore nazionale di aumentare i termini di prescrizione per i
reati sessuali nei confronti dei minori. Rimarca, inoltre, che anche
la successiva direttiva 2011/93/UE - che sostituisce la citata
decisione quadro del Consiglio - sul punto si limita a ribadire che
«[l]a durata del congruo periodo di tempo di perseguibilita' dovrebbe
essere determinata conformemente al diritto nazionale» in modo tale
che i reati in parola «possano essere perseguiti per un congruo
periodo di tempo dopo che la vittima ha raggiunto la maggiore eta',
in misura proporzionata alla gravita' del reato in questione».
Solo il 1° ottobre 2012, con la legge di ratifica della
Convenzione di Lanzarote, l'Italia ha raddoppiato il termine di
prescrizione per alcuni delitti sessuali, con una disciplina non
applicabile ai fatti in esame, in quanto successiva ai medesimi.
Conseguentemente, ad avviso della parte, non si potrebbe
fondatamente sostenere, come fa invece il giudice a quo, che la
normativa europea sia chiara e che non sia necessario un rinvio
pregiudiziale alla Corte di giustizia dell'Unione europea.
3.3.- Sarebbe poi inesatta l'affermazione, contenuta
nell'ordinanza di rimessione, secondo cui il censurato art. 6 legge
n. 251 del 2005 avrebbe mitigato il regime della prescrizione, cio'
dipendendo dal giudizio sulla concessione all'imputato delle
circostanze attenuanti generiche e dalla prevalenza da accordare
eventualmente alle medesime. Il Tribunale rimettente avrebbe omesso
qualsiasi considerazione sul punto e, quindi, la questione sarebbe
inammissibile, giacche' la rilevanza nel giudizio a quo sarebbe
soltanto eventuale.
3.4.- Nel complesso, il regime prescrizionale introdotto dalla
legge n. 251 del 2005 per i reati di sfruttamento sessuale dei minori
non sarebbe affatto irragionevole e si adeguerebbe all'esigenza,
indicata dalla normativa europea, di prevedere termini prescrizionali
piu' lunghi, non derogabili in base al giudizio di bilanciamento
delle circostanze, per i reati commessi quando la vittima non aveva
ancora compiuto i dieci e i quattordici anni, proprio nella
prospettiva di assicurare la loro perseguibilita' dopo che la vittima
abbia raggiunto la maggiore eta', in perfetta aderenza con
l'obiettivo indicato dalla decisione quadro citata dal rimettente. La
disciplina impugnata sarebbe percio' del tutto ragionevole e tale da
assicurare la perseguibilita' dei reati sessuali contro i minori per
un tempo ragionevole dopo che la vittima ha raggiunto la maggiore
eta' (nel 2004).
D'altra parte, si sottolinea che l'applicazione del termine
ordinario di prescrizione costituisce la regola, mentre la previsione
di un termine speciale rappresenterebbe la deroga, che dovrebbe
essere giustificata dal legislatore in termini di ragionevolezza,
mentre in nessun caso debbono farsi ricadere sull'imputato i ritardi
dovuti a disfunzioni del sistema giudiziario, relativamente alle
quali sussiste appunto il presidio della prescrizione, che attua
l'art. 27, secondo comma, Cost.
In conclusione, la parte ritiene che la questione sollevata sia
inammissibile e infondata.
4.- Con atto depositato il 30 maggio 2017, la parte ha ribadito
le considerazioni e le conclusioni di cui all'atto di costituzione. A
sostegno delle precedenti considerazioni, la parte ha ricordato che,
nella recente ordinanza n. 24 del 2017, la Corte costituzionale ha
confermato la natura penale sostanziale dell'istituto della
prescrizione, che e' pertanto soggetta al principio di stretta
legalita'.
5.- Con ulteriore memoria depositata il 20 marzo 2018, la parte
ha ribadito le precedenti conclusioni, aggiungendo ulteriori
considerazioni.
In particolare, ha osservato che la Corte di giustizia UE, con la
sentenza 5 dicembre 2017, C-42/17, M. A. S. e M. B., ha escluso che
il giudice nazionale possa disapplicare le disposizioni interne sulla
prescrizione, quando una siffatta disapplicazione comporti una
violazione del principio di legalita' dei reati e delle pene a causa
dell'insufficiente determinatezza della legge applicabile o
dell'applicazione retroattiva di una normativa che impone un regime
di punibilita' piu' severo di quello vigente al momento della
commissione del reato.
Da cio' si dovrebbe desumere che, nel caso di specie, nel
rispetto del principio di irretroattivita' della legge penale e di
quello, ad esso connesso, dell'applicazione retroattiva della legge
piu' mite, la sindacabilita' delle norme interne per contrasto con
uno strumento normativo di diritto europeo non potrebbe mai condurre
all'applicazione di un trattamento deteriore nei confronti
dell'imputato, in quanto, diversamente opinando, si incorrerebbe in
una violazione dei principi costituzionali dell'ordinamento italiano
che la stessa Corte di giustizia UE ritiene debbano essere
salvaguardati.
In conclusione, la parte ha insistito perche' la questione sia
dichiarata inammissibile e, in via subordinata, ha chiesto che venga
sollevata questione pregiudiziale interpretativa davanti alla Corte
di giustizia dell'Unione europea affinche' chiarisca se la decisione
quadro citata obblighi a prevedere termini prescrizionali piu' estesi
rispetto a quelli di cui alla legge n. 251 del 2005, nel caso di
reati sessuali commessi nei confronti di minori.
Considerato in diritto
1.- Con ordinanza del 21 giugno 2016, il Tribunale ordinario di
Roma, sezione ottava penale, ha sollevato, questione di legittimita'
costituzionale dell'art. 6, commi 1, 4 e 5, della legge 5 dicembre
2005, n. 251 (Modifiche al codice penale e alla legge 26 luglio 1975,
n. 354, in materia di attenuanti generiche, di recidiva, di giudizio
di comparazione delle circostanze di reato per i recidivi, di usura e
di prescrizione), nel testo anteriore alle modifiche apportate dalla
legge 1° ottobre 2012, n. 172 (Ratifica ed esecuzione della
Convenzione del Consiglio d'Europa per la protezione dei minori
contro lo sfruttamento e l'abuso sessuale, fatta a Lanzarote il 25
ottobre 2007, nonche' norme di adeguamento dell'ordinamento interno).
Il rimettente dubita che le disposizioni censurate - nella parte
in cui non escludono i reati sessuali nei confronti di minori dalla
piu' favorevole disciplina in materia di prescrizione da esse
introdotta - violino gli artt. 11 e 117, primo comma, della
Costituzione, in relazione all'art. 8, punto 6, della decisione
quadro 2004/68/GAI del Consiglio, del 22 dicembre 2003, relativa alla
lotta contro lo sfruttamento sessuale dei bambini e la pornografia
infantile, in quanto esse non consentirebbero di raggiungere
l'obiettivo indicato dalla normativa europea, che richiede di rendere
possibile il perseguimento dei reati sessuali in danno di minori dopo
che la vittima abbia raggiunto la maggiore eta'.
2.- In particolare, la questione di legittimita' costituzionale
portata all'esame della Corte si fonda sull'assunto che il censurato
art. 6, commi 1, 4 e 5, legge n. 251 del 2005 abbia modificato il
regime della prescrizione in senso piu' favorevole all'imputato, al
punto da non permettere il perseguimento dei reati di abuso nei
confronti dei minori dopo che la vittima abbia raggiunto la maggiore
eta', come richiesto dalla decisione quadro dell'Unione europea del
2003.
A sostegno di tale impostazione, il rimettente espone con una
analisi dettagliata il mutamento dei criteri di calcolo del termine
della prescrizione intervenuti con la legge n. 251 del 2005 e ritiene
che, con riferimento ai reati sessuali, tale cambiamento abbia
determinato una significativa compressione del termine, che si
sarebbe ridotto dai quindici anni - estensibili sino al massimo di
ventidue anni e sei mesi in presenza di atti interruttivi - della
disciplina previgente, ai dieci anni - estensibili sino al massimo di
dodici anni e sei mesi in caso di atti interruttivi - di cui alla
legge appena citata.
Il rimettente prosegue considerando che, in base alla
giurisprudenza costituzionale e a quella della Corte di cassazione,
la prescrizione costituisce un istituto di diritto penale
sostanziale; essa quindi rientrerebbe nell'ambito di applicazione
dell'art. 2, quarto comma, del codice penale, secondo cui, in caso di
successione di leggi nel tempo, deve applicarsi quella piu'
favorevole. Pertanto, ad avviso del giudice a quo, bisognerebbe
applicare ai fatti di reato ascritti all'imputato la piu' favorevole
disciplina della prescrizione introdotta dalla legge n. 251 del 2005
e, per l'effetto, ritenere gia' coperti da prescrizione la maggior
parte di essi, vale a dire quelli che si reputano consumati fino al
21 dicembre 2003, salvo un breve periodo di sospensione della
prescrizione pari a 21 giorni.
A nulla rileverebbe il fatto che, con la successiva legge n. 172
del 2012, all'art. 4, comma 1, lettera a), si e' stabilito che i
termini della prescrizione per i «reati» (tali ritenuti dal
rimettente) di cui agli artt. 609-bis e 609-ter, cod. pen. sono
raddoppiati e sono estesi percio' ad anni venti, con aumento di un
quarto in presenza di atti interruttivi. Infatti per il principio di
non retroattivita' della norma penale piu' sfavorevole, di cui
all'art. 25 Cost., la novella del 2012 non sarebbe applicabile al
caso di specie.
3.- In via preliminare, deve osservarsi che si e' costituito nel
giudizio costituzionale l'ente ecclesiastico «Curia Generale dei
Padri Somaschi» cui appartiene l'imputato. Poiche' l'ente
ecclesiastico e' stato citato come responsabile civile nel
procedimento penale a quo, deve considerarsi parte nello stesso e,
come tale, secondo la consolidata giurisprudenza costituzionale (ex
plurimis, sentenze n. 76 del 2016, n. 178 e n. 37 del 2015, n. 162
del 2014; ordinanze n. 156 del 2013 e n. 150 del 2012) e' ammissibile
la sua costituzione nel corrispondente giudizio costituzionale
incidentale.
4.- Quanto all'ammissibilita' della questione sollevata, questa
Corte osserva che la legge n. 251 del 2005 (cosiddetta "ex Cirielli")
costituisce un intervento normativo complesso che ha profondamente
inciso sul regime della prescrizione, innovando l'impianto delle
regole precedentemente in vigore e ponendosi in un rapporto
variamente articolato rispetto alla disciplina previgente: per alcuni
aspetti la legge denunciata modifica l'ordinamento in senso
senz'altro piu' favorevole, mentre per altri profili e' suscettibile
di sortire effetti meno favorevoli nel singolo caso, specialmente per
la diversa incidenza del bilanciamento delle circostanze, di cui si
dira' tra breve.
4.1.- Per quanto rileva in questa sede, occorre osservare che,
prima della legge n. 251 del 2005, il termine della prescrizione era
stabilito per scaglioni, a seconda della fascia a cui apparteneva la
pena massima del reato contestato: cosi', se il fatto era punito con
la pena della reclusione non inferiore nel massimo a dieci anni, il
termine della prescrizione era di anni quindici, mentre se il reato
era punito con la reclusione non inferiore nel massimo a cinque anni,
la prescrizione era di anni dieci.
Inoltre, per la determinazione della pena ai fini del computo
della prescrizione si teneva conto delle circostanze attenuanti e
aggravanti e del bilanciamento fra le medesime, vale a dire del
giudizio di equivalenza, prevalenza o soccombenza tra aggravanti e
attenuanti.
In caso, poi, di atti interruttivi, i termini non potevano essere
prolungati oltre la meta'.
Ancora, nell'ipotesi di reato continuato (come nella specie), il
termine di prescrizione decorreva a partire dalla fine della
continuazione.
4.2.- Con la riforma introdotta dalla legge n. 251 del 2005 si e'
modificato il criterio di calcolo del termine prescrizionale,
commisurandolo al massimo della pena edittale stabilita dalla legge
per ciascun reato, fermo restando il limite della soglia minima di
sei anni per i delitti e di quattro anni per le contravvenzioni,
anche se puniti con la sola pena pecuniaria (art. 157, comma 1, cod.
pen.).
Per calcolare il termine di prescrizione di un determinato reato
si ha riguardo al massimo edittale della pena, senza tener conto
delle circostanze aggravanti e attenuanti, ad eccezione delle
aggravanti per le quali la legge stabilisce una pena di specie
diversa da quella ordinaria e quelle ad effetto speciale, nel qual
caso si considera l'aumento massimo di pena previsto per l'aggravante
(art. 157, comma 2, cod. pen.).
Per cio' che concerne l'interruzione della prescrizione, di
regola essa non puo' comportare l'aumento di piu' di un quarto del
tempo necessario a prescrivere (salvo quanto si dira' tra breve),
secondo quanto previsto dall'art. 161, secondo comma, cod. pen.
Quanto alla decorrenza del termine, in base all'art. 158 cod.
pen., esso deve essere computato a partire dalla consumazione di
ciascun singolo reato commesso in esecuzione del medesimo disegno
criminoso.
4.3.- Accanto a cio' - e il dato non puo' considerarsi
trascurabile - deve osservarsi che, mentre l'originario impianto
della prescrizione era articolato esclusivamente su base
quantitativa, calibrato, cioe', soltanto in funzione della pena
stabilita dalla legge per ciascun reato tentato o consumato, il
legislatore ha poi invece introdotto, e via via incrementato, un
criterio "misto", nel quale accanto al parametro quantitativo e'
stata affiancata una disciplina speciale in rapporto a una serie di
reati nominativamente indicati. Tra tali reati sono stati inseriti -
dalla citata legge n. 172 del 2012 di ratifica della Convenzione di
Lanzarote - i reati a sfondo sessuale, per i quali i termini di
prescrizione sono, di regola, raddoppiati. Infatti, l'attuale sesto
comma dell'art. 157 cod. pen., come modificato dall'art. 4, comma 1,
lettera a), legge n. 172 del 2012, prevede che siano raddoppiati i
termini di prescrizione in riferimento, tra l'altro, ai reati di cui
agli artt. 609-bis (violenza sessuale), 609-quater (atti sessuali con
minorenne), 609-quinquies (corruzione di minorenne) e 609-octies
(violenza sessuale di gruppo), cod. pen., «salvo che risulti la
sussistenza delle circostanze attenuanti contemplate dal terzo comma
dell'articolo 609-bis ovvero dal quarto comma dell'articolo
609-quater».
Nella stessa logica sono state introdotte deroghe di tipo
"qualitativo" anche per cio' che attiene al regime dei termini
massimi di prescrizione in caso di atti interruttivi (art. 160,
ultimo comma, cod. pen.), nonche' in tema di effetti della
interruzione (art. 161, secondo comma, cod. pen.).
4.4.- Le leggi susseguitesi nel tempo, dunque, differiscono fra
loro sotto molti profili, sicche' su un piano astratto non si puo'
del tutto predeterminare quale di esse possa produrre nei singoli
casi effetti piu' favorevoli o meno favorevoli all'imputato. La
normativa oggi vigente si e' venuta a stratificare secondo
connotazioni assai diversificate, sia per la molteplicita' delle
esigenze che la prescrizione mira a soddisfare (quali evidenziate
dalla Corte costituzionale, ad esempio, nelle sentenze n. 115 del
2018, n. 143 del 2014, n. 236 del 2011, n. 294 del 2010 e n. 393 del
2006; ordinanze n. 34 del 2009, n. 317 del 2000 e n. 288 del 1999),
sia per la variabile dinamica a cui tale istituto, pur afferendo alla
sfera del diritto penale sostanziale (come ribadito da questa Corte,
da ultimo, nella sentenza n. 115 del 2018), e' in concreto esposto
nelle singole vicende processuali, ciascuna contrassegnata da uno
specifico andamento in sede giurisdizionale. Pertanto, l'applicazione
delle regole sulla prescrizione richiede una valutazione in concreto,
alla luce delle caratteristiche del singolo caso, come pacificamente
riconosciuto dalla giurisprudenza della Corte di cassazione (ad
esempio, e da ultimo, proprio con riferimento a reati sessuali, la
sentenza della Corte di cassazione, sezione terza penale, 17 novembre
2016 -24 gennaio 2017, n. 3385).
5.- Il rimettente trascura la complessita' dei dati sopra
evidenziati, si concentra essenzialmente sul mutamento dei criteri di
calcolo del termine della prescrizione e si limita a chiedere a
questa Corte di dichiarare l'illegittimita' costituzionale della
disciplina introdotta dalla legge n. 251 del 2005 nella parte in cui
non esclude i reati sessuali nei confronti di minori dall'ambito
della sua applicazione.
Tale semplificazione si rivela inadeguata specie a fronte di un
parametro interposto, come l'art. 8, punto 6, della citata decisione
quadro 2004/68/GAI, ampio e indeterminato quanto alla individuazione
dei reati a cui si riferisce e alla durata minima necessaria della
prescrizione da applicarsi in tali casi, posto che esso si limita a
richiedere, senza ulteriori specificazioni, che ciascuno Stato membro
adotti «le misure necessarie affinche' sia reso possibile il
perseguimento, conformemente al diritto nazionale, almeno dei piu'
gravi dei reati» relativi allo sfruttamento sessuale dei bambini,
indicati all'art. 2 della medesima decisione quadro, «dopo che la
vittima abbia raggiunto la maggiore eta'». Oltretutto, il rimettente
omette di illustrare se, nel caso concreto sottoposto al suo
giudizio, i reati contestati fossero in tutto o in parte prescritti
quando la vittima aveva raggiunto la maggiore eta'.
Del resto, trascurando la complessita' delle riforme introdotte
dalla legge n. 251 del 2005 e i suoi articolati effetti nei singoli
casi, evidenziati nei paragrafi precedenti, anche la formulazione del
petitum risente di una incertezza, rinvenibile nella stessa
impostazione della questione di legittimita' costituzionale e
presenta risvolti di contraddittorieta'.
Da un lato, infatti, con la questione sollevata si lamenta un
vizio di carattere omissivo: la disciplina censurata sarebbe
incostituzionale, in quanto avrebbe illegittimamente mancato di
assicurare un adeguato risalto ai reati a sfondo sessuale commessi in
danno di minori, mentre ad avviso del giudice rimettente il
legislatore avrebbe dovuto escludere tali reati dal campo di
applicazione della nuova normativa generale, per riservare ad essi un
piu' severo regime, distinto e specifico, capace di assicurare il
conseguimento degli obiettivi richiesti dalla decisione quadro piu'
volte citata. A tale omissione, osserva il citato rimettente, il
legislatore avrebbe posto rimedio solo tardivamente con la legge n.
172 del 2012 di ratifica ed esecuzione del Trattato di Lanzarote.
D'altro lato, pero', il petitum rivolto a questa Corte - la quale in
nessun caso sarebbe dotata del potere di disegnare ex novo un
apposito regime ad hoc per la prescrizione dei reati sessuali nei
confronti dei minori che non sia gia' presente nell'ordinamento
(sentenze n. 179 del 2017 e n. 236 del 2016), a cio' ostando il
principio di legalita' di cui all'art. 25 Cost. - sembra
implicitamente chiedere la reviviscenza della previgente e
asseritamente piu' severa legislazione, da applicarsi limitatamente
ai suddetti reati di abuso sessuale sui minori.
D'altra parte l'ottemperanza ai principi della decisione quadro
assunta a parametro interposto avrebbe potuto realizzarsi in modi
diversi e alternativi alla dilatazione della prescrizione richiesta
dal rimettente.
6.- Per le carenze della prospettazione sopra esposte deve essere
dichiarata l'inammissibilita' della questione sollevata.
Resta impregiudicata ogni ulteriore considerazione - sollecitata
in una eccezione di inammissibilita' dell'Avvocatura generale dello
Stato - circa l'ampiezza e i limiti degli interventi manipolativi di
questa Corte in materia penale in malam partem, che pure sono oggetto
di una significativa evoluzione giurisprudenziale (sentenze n. 5 e n.
32 del 2014, n. 28 del 2010, n. 394 del 2006), anche alla luce del
fatto che, nella giurisprudenza costituzionale, al principio della
retroattivita' della lex mitior non e' riconosciuto lo stesso statuto
costituzionale del principio di irretroattivita' della norma penale
sfavorevole (sentenza n. 236 del 2011) e che il principio di
retroattivita' della legge penale piu' favorevole, in ogni caso, puo'
trovare applicazione solo se tale legge sia esente da vizi di
illegittimita' costituzionale (sentenza n. 394 del 2006).
per questi motivi
LA CORTE COSTITUZIONALE
dichiara inammissibile la questione di legittimita'
costituzionale dell'art. 6, commi 1, 4 e 5, della legge 5 dicembre
2005, n. 251 (Modifiche al codice penale e alla legge 26 luglio 1975,
n. 354, in materia di attenuanti generiche, di recidiva, di giudizio
di comparazione delle circostanze di reato per i recidivi, di usura e
di prescrizione), nel testo anteriore alle modifiche apportate dalla
legge 1° ottobre 2012, n. 172 (Ratifica ed esecuzione della
Convenzione del Consiglio d'Europa per la protezione dei minori
contro lo sfruttamento e l'abuso sessuale, fatta a Lanzarote il 25
ottobre 2007, nonche' norme di adeguamento dell'ordinamento interno),
sollevata, in riferimento agli artt. 11 e 117, primo comma, della
Costituzione, in relazione all'art. 8, punto 6, della decisione
quadro del Consiglio 2004/68/GAI, del 22 dicembre 2003, relativa alla
lotta contro lo sfruttamento sessuale dei bambini e la pornografia
infantile, dal Tribunale ordinario di Roma, con l'ordinanza indicata
in epigrafe.
Cosi' deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale,
Palazzo della Consulta, il 18 aprile 2018.
F.to:
Giorgio LATTANZI, Presidente
Marta CARTABIA, Redattore
Roberto MILANA, Cancelliere
Depositata in Cancelleria il 5 luglio 2018.
Il Direttore della Cancelleria
F.to: Roberto MILANA
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