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mercoledì 11 luglio 2018

N. 143 SENTENZA 18 aprile - 5 luglio 2018 Giudizio di legittimita' costituzionale in via incidentale. Reati e pene - Determinazione della prescrizione - Normativa piu' favorevole al reo - Applicabilita' ai reati sessuali commessi in danno di minori. - Legge 5 dicembre 2005, n. 251 (Modifiche al codice penale e alla legge 26 luglio 1975, n. 354, in materia di attenuanti generiche, di recidiva, di giudizio di comparazione delle circostanze di reato per i recidivi, di usura e di prescrizione), art. 6, commi 1, 4 e 5, nel testo anteriore alle modifiche apportate dalla legge 1° ottobre 2012, n. 172 (Ratifica ed esecuzione della Convenzione del Consiglio d'Europa per la protezione dei minori contro lo sfruttamento e l'abuso sessuale, fatta a Lanzarote il 25 ottobre 2007, nonche' norme di adeguamento dell'ordinamento interno). - (GU n.28 del 11-7-2018 )



N. 143 SENTENZA 18 aprile - 5 luglio 2018

Giudizio di legittimita' costituzionale in via incidentale.

Reati e pene - Determinazione della  prescrizione  -  Normativa  piu'
  favorevole al reo - Applicabilita' ai reati  sessuali  commessi  in
  danno di minori.
- Legge 5 dicembre 2005, n. 251 (Modifiche al codice  penale  e  alla
  legge 26 luglio 1975, n. 354, in materia di  attenuanti  generiche,
  di recidiva, di giudizio di comparazione delle circostanze di reato
  per i recidivi, di usura e di prescrizione), art. 6, commi 1,  4  e
  5, nel testo anteriore alle  modifiche  apportate  dalla  legge  1°
  ottobre 2012, n. 172 (Ratifica ed esecuzione della Convenzione  del
  Consiglio  d'Europa  per  la  protezione  dei  minori   contro   lo
  sfruttamento e l'abuso sessuale, fatta a Lanzarote  il  25  ottobre
  2007, nonche' norme di adeguamento dell'ordinamento interno).


(GU n.28 del 11-7-2018 )

 

                       LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori:
Presidente:Giorgio LATTANZI;
Giudici  :Aldo  CAROSI,  Marta  CARTABIA,  Mario   Rosario   MORELLI,
  Giancarlo CORAGGIO,  Giuliano  AMATO,  Silvana  SCIARRA,  Daria  de
  PRETIS,   Franco   MODUGNO,   Augusto   Antonio   BARBERA,   Giulio
  PROSPERETTI, Giovanni AMOROSO, Francesco VIGANO',

     
    ha pronunciato la seguente

                              SENTENZA

    nel giudizio di legittimita' costituzionale dell'art. 6, commi 1,
4 e 5, della legge 5 dicembre  2005,  n.  251  (Modifiche  al  codice
penale e alla legge 26 luglio 1975, n. 354, in materia di  attenuanti
generiche, di recidiva, di giudizio di comparazione delle circostanze
di reato per i recidivi, di  usura  e  di  prescrizione),  nel  testo
anteriore alle modifiche apportate dalla legge 1°  ottobre  2012,  n.
172 (Ratifica ed esecuzione della Convenzione del Consiglio  d'Europa
per la  protezione  dei  minori  contro  lo  sfruttamento  e  l'abuso
sessuale, fatta a Lanzarote il 25  ottobre  2007,  nonche'  norme  di
adeguamento  dell'ordinamento  interno),   promosso   dal   Tribunale
ordinario di Roma, nel procedimento penale a carico  di  V.  B.,  con
ordinanza del 21  giugno  2016,  iscritta  al  n.  220  del  registro
ordinanze 2016 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica
n. 44, prima serie speciale, dell'anno 2016.
    Visti l'atto di  costituzione  della  Curia  generale  dei  Padri
Somaschi, nonche' l'atto di intervento del Presidente  del  Consiglio
dei ministri;
    udito nella udienza  pubblica  del  10  aprile  2018  il  Giudice
relatore Marta Cartabia;
    uditi l'avvocato Roberto Borgogno per la Curia generale dei Padri
Somaschi e l'avvocato dello Stato Maurizio Greco  per  il  Presidente
del Consiglio dei ministri.

                          Ritenuto in fatto

    1.- Con ordinanza del 21 giugno 2016, il Tribunale  ordinario  di
Roma, sezione ottava penale, ha sollevato questione  di  legittimita'
costituzionale dell'art. 6, commi 1, 4 e 5, della  legge  5  dicembre
2005, n. 251 (Modifiche al codice penale e alla legge 26 luglio 1975,
n. 354, in materia di attenuanti generiche, di recidiva, di  giudizio
di comparazione delle circostanze di reato per i recidivi, di usura e
di prescrizione), nel testo anteriore alle modifiche apportate  dalla
legge  1°  ottobre  2012,  n.  172  (Ratifica  ed  esecuzione   della
Convenzione del Consiglio  d'Europa  per  la  protezione  dei  minori
contro lo sfruttamento e l'abuso sessuale, fatta a  Lanzarote  il  25
ottobre 2007, nonche' norme di adeguamento dell'ordinamento interno),
in riferimento agli artt. 11 e 117, primo comma, della  Costituzione,
in relazione all'art. 8, punto 6, della decisione quadro  2004/68/GAI
del Consiglio, del 22 dicembre 2003, relativa alla  lotta  contro  lo
sfruttamento sessuale dei bambini e la pornografia infantile.
    1.1.- Il rimettente e' investito del giudizio nei confronti di V.
B., imputato di reati di violenza sessuale  ai  danni  di  un  minore
(nato nel 1986), commessi in un arco temporale che va dall'anno  1995
al 17 ottobre 2004.
    Il Tribunale ritiene  che,  in  conformita'  alla  giurisprudenza
della Corte costituzionale e della Corte  di  cassazione,  l'istituto
della prescrizione abbia natura sostanziale e che, per tale  ragione,
si applichi la norma di cui all'art.  2,  quarto  comma,  del  codice
penale, secondo cui, in caso di successione di leggi nel tempo,  deve
applicarsi  la  disciplina   piu'   favorevole   all'imputato.   Cio'
imporrebbe al Tribunale di ritenere prescritti i reati commessi  fino
al 21 dicembre  2003,  in  forza  delle  previsioni  piu'  favorevoli
introdotte  dall'art.  6  legge  n.  251  del  2005  (cosiddetta  "ex
Cirielli").
    Tale disposizione si porrebbe tuttavia in contrasto con la citata
decisione quadro 2004/68/GAI, il cui contenuto e' stato confermato  e
rafforzato dal cosiddetto  Trattato  di  Lanzarote  (Convenzione  del
Consiglio  d'Europa  per  la  protezione   dei   minori   contro   lo
sfruttamento e l'abuso sessuale, fatta  a  Lanzarote  il  25  ottobre
2007) e dalla direttiva  2011/93/UE  del  Parlamento  europeo  e  del
Consiglio, del 13 dicembre 2011, relativa alla lotta contro l'abuso e
lo sfruttamento sessuale dei minori e la pornografia minorile, e  che
sostituisce  la  decisione  quadro  2004/68/GAI  del  Consiglio.   In
particolare,  le  disposizioni  censurate  non   consentirebbero   di
raggiungere  l'obiettivo  indicato  dalla  normativa   europea,   che
richiede agli Stati membri di adottare le misure necessarie affinche'
sia reso possibile il perseguimento dei reati sessuali  in  danno  di
minori dopo che la vittima abbia raggiunto la maggiore eta'. Un  tale
obiettivo,  secondo  il  rimettente,   sarebbe   assicurato   se   si
applicassero  i  piu'  ampi  termini  di  prescrizione  previsti  sia
anteriormente alla legge n. 251  del  2005,  sia  dopo  le  modifiche
introdotte dalla legge n. 172  del  2012,  mentre  sarebbe  frustrato
dall'applicazione della legge n. 251 del 2005,  in  quanto  normativa
piu' favorevole.
    1.2.- Il rimettente ricorda che, secondo la sentenza della  Corte
costituzionale n. 227 del 2010, il contrasto tra la normativa interna
e  una  decisione  quadro  dell'Unione  europea   non   comporta   la
«disapplicazione»   della   disciplina   nazionale,   ma    la    sua
illegittimita' costituzionale, ai sensi dell'art. 117,  primo  comma,
Cost. Infatti,  in  questi  casi,  il  controllo  spetta  alla  Corte
costituzionale che, all'uopo, deve essere investita di  questione  di
legittimita' costituzionale per violazione  degli  artt.  11  e  117,
primo comma, Cost. (vengono citate, a conforto di questa conclusione,
le sentenze della Corte costituzionale n. 28 del  2010,  n.  284  del
2007, n. 317 del 1996 e n. 170 del 1984).
    Secondo  il  giudice  a  quo,  inoltre,  dovrebbe  escludersi  la
necessita' di investire la Corte  di  giustizia  dell'Unione  europea
tramite rinvio pregiudiziale, poiche' non  vi  sarebbe  alcun  dubbio
interpretativo da risolvere per chiarire il significato  della  norma
comunitaria (in proposito vengono citate la sentenza 27  marzo  1963,
in causa C-28-30/62, Da Costa  e  altri,  della  Corte  di  giustizia
dell'Unione europea  e  l'ordinanza  n.  103  del  2008  della  Corte
costituzionale).
    Inoltre, il Tribunale ordinario  di  Roma  ritiene  che  non  sia
percorribile alcuna interpretazione della disposizione nazionale  che
consenta di assicurarne la conformita' alla norma comunitaria.
    Tutto cio' induce il rimettente  a  ritenere  non  manifestamente
infondata la questione di legittimita' costituzionale del citato art.
6, commi 1, 4 e 5, legge n. 251 del 2005, in riferimento  agli  artt.
11 e 117, primo comma, Cost., in relazione all'art. 8, punto 6, della
decisione quadro 2004/68/GAI, «nella parte in cui non  esclude  dalla
sua disciplina i reati sessuali nei confronti di minori».
    1.3.- Il giudice a quo ritiene  che  la  sollevata  questione  di
legittimita' costituzionale sia rilevante, in quanto il suo eventuale
accoglimento  comporterebbe  la  possibilita'  di  applicare,   nella
fattispecie in esame, la disciplina  sulla  prescrizione  previgente,
che  consentirebbe  di  ritenere  non  prescritto  alcuno  dei  fatti
contestati, cosi' da permettere una piena pronuncia di merito,  anche
in relazione alle domande avanzate dalla parte civile. Il  rimettente
osserva  che  non  si  incorrerebbe  nel  divieto   di   applicazione
retroattiva di norme penali sfavorevoli al reo, dato che la normativa
previgente era coeva ai fatti per cui si procede.
    2.- Con atto depositato il 22 novembre 2016,  e'  intervenuto  il
Presidente  del  Consiglio  dei  ministri,  rappresentato  e   difeso
dall'Avvocatura generale dello  Stato,  chiedendo  che  la  questione
venga dichiarata «inammissibile ovvero infondata».
    In primo luogo, l'interveniente ritiene che il giudice rimettente
non abbia tentato una interpretazione adeguatrice volta ad  escludere
il lamentato contrasto con la norma comunitaria.
    In secondo luogo, l'Avvocatura generale dello Stato  osserva  che
le scelte  sul  tempo  necessario  a  prescrivere  determinati  reati
rientrano nella sfera riservata alle valutazioni del  legislatore  e,
pertanto,  devono  ritenersi  sottratte  al  sindacato  della   Corte
costituzionale,  salvo  il   caso   in   cui   siano   manifestamente
irragionevoli o sproporzionate.
    Inoltre,  la  difesa  ritiene  che  una  pronuncia  della   Corte
costituzionale  sarebbe  preclusa  da  una  costante   giurisprudenza
costituzionale (sono citate le sentenze n. 324 del 2008 e n. 394  del
2006, e l'ordinanza n. 65 del 2008), secondo cui il  principio  della
riserva  di  legge,  sancito  dall'art.  25,  secondo  comma,  Cost.,
inibisce pronunce che abbiano l'effetto di incidere  in  pejus  sulla
risposta punitiva o su aspetti inerenti la punibilita', tra  i  quali
rientrano quelli riguardanti la disciplina sulla prescrizione  e  sui
relativi atti interruttivi o sospensivi.
    3.- Con atto depositato il 22 novembre  2016,  si  e'  costituito
l'ente ecclesiastico «Curia Generale dei Padri Somaschi», citato come
responsabile civile nel giudizio a quo.
    3.1.- In primo luogo, la parte ritiene che la sollevata questione
di legittimita' costituzionale non sia rilevante nel giudizio a  quo,
in quanto una decisione quadro dell'Unione europea non  potrebbe  mai
avere come effetto, di per  se'  e  indipendentemente  da  una  legge
interna adottata per la sua attuazione, di determinare o aggravare la
responsabilita' penale di un imputato, secondo  quanto  costantemente
affermato dalla giurisprudenza della Corte di giustizia  UE  (vengono
citate le sentenze della Corte di giustizia  dell'Unione  europea  28
aprile 2011, in causa C-61/11 PPU, El Dridi; 16 giugno 2005, in causa
C-105/03, Pupino;  3  maggio  2005,  in  cause  C-387,  391,  403/02,
Berlusconi e altri; 8  ottobre  1987,  in  causa  80/86,  Kolpinghuis
Nijmegen). Conseguentemente, secondo la  parte,  la  pronuncia  della
Corte  costituzionale  non  potrebbe  mai  incidere  sulla  posizione
dell'attuale imputato.
    3.2.- In secondo luogo, il responsabile civile  contesta  che  la
decisione quadro dell'Unione europea invocata dal rimettente  imponga
al legislatore nazionale di aumentare i termini di prescrizione per i
reati sessuali nei confronti dei minori. Rimarca, inoltre, che  anche
la successiva  direttiva  2011/93/UE  -  che  sostituisce  la  citata
decisione quadro del Consiglio - sul punto si limita a  ribadire  che
«[l]a durata del congruo periodo di tempo di perseguibilita' dovrebbe
essere determinata conformemente al diritto nazionale» in  modo  tale
che i reati in parola  «possano  essere  perseguiti  per  un  congruo
periodo di tempo dopo che la vittima ha raggiunto la  maggiore  eta',
in misura proporzionata alla gravita' del reato in questione».
    Solo  il  1°  ottobre  2012,  con  la  legge  di  ratifica  della
Convenzione di Lanzarote,  l'Italia  ha  raddoppiato  il  termine  di
prescrizione per alcuni delitti  sessuali,  con  una  disciplina  non
applicabile ai fatti in esame, in quanto successiva ai medesimi.
    Conseguentemente,  ad  avviso  della  parte,  non   si   potrebbe
fondatamente sostenere, come fa invece  il  giudice  a  quo,  che  la
normativa europea sia chiara e  che  non  sia  necessario  un  rinvio
pregiudiziale alla Corte di giustizia dell'Unione europea.
    3.3.-   Sarebbe   poi    inesatta    l'affermazione,    contenuta
nell'ordinanza di rimessione, secondo cui il censurato art.  6  legge
n. 251 del 2005 avrebbe mitigato il regime della  prescrizione,  cio'
dipendendo  dal  giudizio  sulla   concessione   all'imputato   delle
circostanze attenuanti generiche  e  dalla  prevalenza  da  accordare
eventualmente alle medesime. Il Tribunale rimettente  avrebbe  omesso
qualsiasi considerazione sul punto e, quindi,  la  questione  sarebbe
inammissibile, giacche' la  rilevanza  nel  giudizio  a  quo  sarebbe
soltanto eventuale.
    3.4.- Nel complesso, il regime  prescrizionale  introdotto  dalla
legge n. 251 del 2005 per i reati di sfruttamento sessuale dei minori
non sarebbe affatto  irragionevole  e  si  adeguerebbe  all'esigenza,
indicata dalla normativa europea, di prevedere termini prescrizionali
piu' lunghi, non derogabili in  base  al  giudizio  di  bilanciamento
delle circostanze, per i reati commessi quando la vittima  non  aveva
ancora  compiuto  i  dieci  e  i  quattordici  anni,  proprio   nella
prospettiva di assicurare la loro perseguibilita' dopo che la vittima
abbia  raggiunto  la  maggiore  eta',  in   perfetta   aderenza   con
l'obiettivo indicato dalla decisione quadro citata dal rimettente. La
disciplina impugnata sarebbe percio' del tutto ragionevole e tale  da
assicurare la perseguibilita' dei reati sessuali contro i minori  per
un tempo ragionevole dopo che la vittima  ha  raggiunto  la  maggiore
eta' (nel 2004).
    D'altra parte,  si  sottolinea  che  l'applicazione  del  termine
ordinario di prescrizione costituisce la regola, mentre la previsione
di un termine  speciale  rappresenterebbe  la  deroga,  che  dovrebbe
essere giustificata dal legislatore  in  termini  di  ragionevolezza,
mentre in nessun caso debbono farsi ricadere sull'imputato i  ritardi
dovuti a disfunzioni  del  sistema  giudiziario,  relativamente  alle
quali sussiste appunto il  presidio  della  prescrizione,  che  attua
l'art. 27, secondo comma, Cost.
    In conclusione, la parte ritiene che la questione  sollevata  sia
inammissibile e infondata.
    4.- Con atto depositato il 30 maggio 2017, la parte  ha  ribadito
le considerazioni e le conclusioni di cui all'atto di costituzione. A
sostegno delle precedenti considerazioni, la parte ha ricordato  che,
nella recente ordinanza n. 24 del 2017, la  Corte  costituzionale  ha
confermato  la  natura   penale   sostanziale   dell'istituto   della
prescrizione, che  e'  pertanto  soggetta  al  principio  di  stretta
legalita'.
    5.- Con ulteriore memoria depositata il 20 marzo 2018,  la  parte
ha  ribadito  le  precedenti   conclusioni,   aggiungendo   ulteriori
considerazioni.
    In particolare, ha osservato che la Corte di giustizia UE, con la
sentenza 5 dicembre 2017, C-42/17, M. A. S. e M. B., ha  escluso  che
il giudice nazionale possa disapplicare le disposizioni interne sulla
prescrizione,  quando  una  siffatta  disapplicazione  comporti   una
violazione del principio di legalita' dei reati e delle pene a  causa
dell'insufficiente   determinatezza   della   legge   applicabile   o
dell'applicazione retroattiva di una normativa che impone  un  regime
di punibilita'  piu'  severo  di  quello  vigente  al  momento  della
commissione del reato.
    Da cio' si  dovrebbe  desumere  che,  nel  caso  di  specie,  nel
rispetto del principio di irretroattivita' della legge  penale  e  di
quello, ad esso connesso, dell'applicazione retroattiva  della  legge
piu' mite, la sindacabilita' delle norme interne  per  contrasto  con
uno strumento normativo di diritto europeo non potrebbe mai  condurre
all'applicazione  di   un   trattamento   deteriore   nei   confronti
dell'imputato, in quanto, diversamente opinando, si  incorrerebbe  in
una violazione dei principi costituzionali dell'ordinamento  italiano
che  la  stessa  Corte  di  giustizia  UE  ritiene   debbano   essere
salvaguardati.
    In conclusione, la parte ha insistito perche'  la  questione  sia
dichiarata inammissibile e, in via subordinata, ha chiesto che  venga
sollevata questione pregiudiziale interpretativa davanti  alla  Corte
di giustizia dell'Unione europea affinche' chiarisca se la  decisione
quadro citata obblighi a prevedere termini prescrizionali piu' estesi
rispetto a quelli di cui alla legge n. 251  del  2005,  nel  caso  di
reati sessuali commessi nei confronti di minori.

                       Considerato in diritto

    1.- Con ordinanza del 21 giugno 2016, il Tribunale  ordinario  di
Roma, sezione ottava penale, ha sollevato, questione di  legittimita'
costituzionale dell'art. 6, commi 1, 4 e 5, della  legge  5  dicembre
2005, n. 251 (Modifiche al codice penale e alla legge 26 luglio 1975,
n. 354, in materia di attenuanti generiche, di recidiva, di  giudizio
di comparazione delle circostanze di reato per i recidivi, di usura e
di prescrizione), nel testo anteriore alle modifiche apportate  dalla
legge  1°  ottobre  2012,  n.  172  (Ratifica  ed  esecuzione   della
Convenzione del Consiglio  d'Europa  per  la  protezione  dei  minori
contro lo sfruttamento e l'abuso sessuale, fatta a  Lanzarote  il  25
ottobre 2007, nonche' norme di adeguamento dell'ordinamento interno).
    Il rimettente dubita che le disposizioni censurate - nella  parte
in cui non escludono i reati sessuali nei confronti di  minori  dalla
piu'  favorevole  disciplina  in  materia  di  prescrizione  da  esse
introdotta  -  violino  gli  artt.  11  e  117,  primo  comma,  della
Costituzione, in relazione  all'art.  8,  punto  6,  della  decisione
quadro 2004/68/GAI del Consiglio, del 22 dicembre 2003, relativa alla
lotta contro lo sfruttamento sessuale dei bambini  e  la  pornografia
infantile,  in  quanto  esse  non  consentirebbero   di   raggiungere
l'obiettivo indicato dalla normativa europea, che richiede di rendere
possibile il perseguimento dei reati sessuali in danno di minori dopo
che la vittima abbia raggiunto la maggiore eta'.
    2.- In particolare, la questione di  legittimita'  costituzionale
portata all'esame della Corte si fonda sull'assunto che il  censurato
art. 6, commi 1, 4 e 5, legge n. 251 del  2005  abbia  modificato  il
regime della prescrizione in senso piu' favorevole  all'imputato,  al
punto da non permettere il  perseguimento  dei  reati  di  abuso  nei
confronti dei minori dopo che la vittima abbia raggiunto la  maggiore
eta', come richiesto dalla decisione quadro dell'Unione  europea  del
2003.
    A sostegno di tale impostazione, il  rimettente  espone  con  una
analisi dettagliata il mutamento dei criteri di calcolo  del  termine
della prescrizione intervenuti con la legge n. 251 del 2005 e ritiene
che, con  riferimento  ai  reati  sessuali,  tale  cambiamento  abbia
determinato  una  significativa  compressione  del  termine,  che  si
sarebbe ridotto dai quindici anni - estensibili sino  al  massimo  di
ventidue anni e sei mesi in presenza di  atti  interruttivi  -  della
disciplina previgente, ai dieci anni - estensibili sino al massimo di
dodici anni e sei mesi in caso di atti interruttivi  -  di  cui  alla
legge appena citata.
    Il  rimettente  prosegue   considerando   che,   in   base   alla
giurisprudenza costituzionale e a quella della Corte  di  cassazione,
la  prescrizione  costituisce   un   istituto   di   diritto   penale
sostanziale; essa quindi  rientrerebbe  nell'ambito  di  applicazione
dell'art. 2, quarto comma, del codice penale, secondo cui, in caso di
successione  di  leggi  nel  tempo,  deve  applicarsi   quella   piu'
favorevole. Pertanto, ad  avviso  del  giudice  a  quo,  bisognerebbe
applicare ai fatti di reato ascritti all'imputato la piu'  favorevole
disciplina della prescrizione introdotta dalla legge n. 251 del  2005
e, per l'effetto, ritenere gia' coperti da  prescrizione  la  maggior
parte di essi, vale a dire quelli che si reputano consumati  fino  al
21 dicembre  2003,  salvo  un  breve  periodo  di  sospensione  della
prescrizione pari a 21 giorni.
    A nulla rileverebbe il fatto che, con la successiva legge n.  172
del 2012, all'art. 4, comma 1, lettera a),  si  e'  stabilito  che  i
termini  della  prescrizione  per  i  «reati»  (tali   ritenuti   dal
rimettente) di cui agli artt.  609-bis  e  609-ter,  cod.  pen.  sono
raddoppiati e sono estesi percio' ad anni venti, con  aumento  di  un
quarto in presenza di atti interruttivi. Infatti per il principio  di
non retroattivita'  della  norma  penale  piu'  sfavorevole,  di  cui
all'art. 25 Cost., la novella del 2012  non  sarebbe  applicabile  al
caso di specie.
    3.- In via preliminare, deve osservarsi che si e' costituito  nel
giudizio costituzionale  l'ente  ecclesiastico  «Curia  Generale  dei
Padri   Somaschi»   cui   appartiene   l'imputato.   Poiche'   l'ente
ecclesiastico  e'  stato  citato   come   responsabile   civile   nel
procedimento penale a quo, deve considerarsi parte  nello  stesso  e,
come tale, secondo la consolidata giurisprudenza  costituzionale  (ex
plurimis, sentenze n. 76 del 2016, n. 178 e n. 37 del  2015,  n.  162
del 2014; ordinanze n. 156 del 2013 e n. 150 del 2012) e' ammissibile
la  sua  costituzione  nel  corrispondente  giudizio   costituzionale
incidentale.
    4.- Quanto all'ammissibilita' della questione  sollevata,  questa
Corte osserva che la legge n. 251 del 2005 (cosiddetta "ex Cirielli")
costituisce un intervento normativo complesso  che  ha  profondamente
inciso sul regime  della  prescrizione,  innovando  l'impianto  delle
regole  precedentemente  in  vigore  e  ponendosi  in   un   rapporto
variamente articolato rispetto alla disciplina previgente: per alcuni
aspetti  la  legge  denunciata  modifica   l'ordinamento   in   senso
senz'altro piu' favorevole, mentre per altri profili e'  suscettibile
di sortire effetti meno favorevoli nel singolo caso, specialmente per
la diversa incidenza del bilanciamento delle circostanze, di  cui  si
dira' tra breve.
    4.1.- Per quanto rileva in questa sede,  occorre  osservare  che,
prima della legge n. 251 del 2005, il termine della prescrizione  era
stabilito per scaglioni, a seconda della fascia a cui apparteneva  la
pena massima del reato contestato: cosi', se il fatto era punito  con
la pena della reclusione non inferiore nel massimo a dieci  anni,  il
termine della prescrizione era di anni quindici, mentre se  il  reato
era punito con la reclusione non inferiore nel massimo a cinque anni,
la prescrizione era di anni dieci.
    Inoltre, per la determinazione della pena  ai  fini  del  computo
della prescrizione si teneva conto  delle  circostanze  attenuanti  e
aggravanti e del bilanciamento fra  le  medesime,  vale  a  dire  del
giudizio di equivalenza, prevalenza o soccombenza  tra  aggravanti  e
attenuanti.
    In caso, poi, di atti interruttivi, i termini non potevano essere
prolungati oltre la meta'.
    Ancora, nell'ipotesi di reato continuato (come nella specie),  il
termine  di  prescrizione  decorreva  a  partire  dalla  fine   della
continuazione.
    4.2.- Con la riforma introdotta dalla legge n. 251 del 2005 si e'
modificato  il  criterio  di  calcolo  del  termine   prescrizionale,
commisurandolo al massimo della pena edittale stabilita  dalla  legge
per ciascun reato, fermo restando il limite della  soglia  minima  di
sei anni per i delitti e di  quattro  anni  per  le  contravvenzioni,
anche se puniti con la sola pena pecuniaria (art. 157, comma 1,  cod.
pen.).
    Per calcolare il termine di prescrizione di un determinato  reato
si ha riguardo al massimo edittale  della  pena,  senza  tener  conto
delle  circostanze  aggravanti  e  attenuanti,  ad  eccezione   delle
aggravanti per le quali  la  legge  stabilisce  una  pena  di  specie
diversa da quella ordinaria e quelle ad effetto  speciale,  nel  qual
caso si considera l'aumento massimo di pena previsto per l'aggravante
(art. 157, comma 2, cod. pen.).
    Per cio'  che  concerne  l'interruzione  della  prescrizione,  di
regola essa non puo' comportare l'aumento di piu' di  un  quarto  del
tempo necessario a prescrivere (salvo quanto  si  dira'  tra  breve),
secondo quanto previsto dall'art. 161, secondo comma, cod. pen.
    Quanto alla decorrenza del termine, in  base  all'art.  158  cod.
pen., esso deve essere computato  a  partire  dalla  consumazione  di
ciascun singolo reato commesso in  esecuzione  del  medesimo  disegno
criminoso.
    4.3.-  Accanto  a  cio'  -  e  il  dato  non  puo'   considerarsi
trascurabile - deve  osservarsi  che,  mentre  l'originario  impianto
della   prescrizione   era   articolato   esclusivamente   su    base
quantitativa, calibrato,  cioe',  soltanto  in  funzione  della  pena
stabilita dalla legge per  ciascun  reato  tentato  o  consumato,  il
legislatore ha poi invece introdotto,  e  via  via  incrementato,  un
criterio "misto", nel quale  accanto  al  parametro  quantitativo  e'
stata affiancata una disciplina speciale in rapporto a una  serie  di
reati nominativamente indicati. Tra tali reati sono stati inseriti  -
dalla citata legge n. 172 del 2012 di ratifica della  Convenzione  di
Lanzarote - i reati a sfondo sessuale,  per  i  quali  i  termini  di
prescrizione sono, di regola, raddoppiati. Infatti,  l'attuale  sesto
comma dell'art. 157 cod. pen., come modificato dall'art. 4, comma  1,
lettera a), legge n. 172 del 2012, prevede che  siano  raddoppiati  i
termini di prescrizione in riferimento, tra l'altro, ai reati di  cui
agli artt. 609-bis (violenza sessuale), 609-quater (atti sessuali con
minorenne), 609-quinquies  (corruzione  di  minorenne)  e  609-octies
(violenza sessuale di gruppo),  cod.  pen.,  «salvo  che  risulti  la
sussistenza delle circostanze attenuanti contemplate dal terzo  comma
dell'articolo  609-bis  ovvero   dal   quarto   comma   dell'articolo
609-quater».
    Nella  stessa  logica  sono  state  introdotte  deroghe  di  tipo
"qualitativo" anche per  cio'  che  attiene  al  regime  dei  termini
massimi di prescrizione in  caso  di  atti  interruttivi  (art.  160,
ultimo  comma,  cod.  pen.),  nonche'  in  tema  di   effetti   della
interruzione (art. 161, secondo comma, cod. pen.).
    4.4.- Le leggi susseguitesi nel tempo, dunque,  differiscono  fra
loro sotto molti profili, sicche' su un piano astratto  non  si  puo'
del tutto predeterminare quale di esse  possa  produrre  nei  singoli
casi effetti piu'  favorevoli  o  meno  favorevoli  all'imputato.  La
normativa  oggi  vigente  si  e'  venuta   a   stratificare   secondo
connotazioni assai diversificate,  sia  per  la  molteplicita'  delle
esigenze che la prescrizione mira  a  soddisfare  (quali  evidenziate
dalla Corte costituzionale, ad esempio, nelle  sentenze  n.  115  del
2018, n. 143 del 2014, n. 236 del 2011, n. 294 del 2010 e n. 393  del
2006; ordinanze n. 34 del 2009, n. 317 del 2000 e n. 288  del  1999),
sia per la variabile dinamica a cui tale istituto, pur afferendo alla
sfera del diritto penale sostanziale (come ribadito da questa  Corte,
da ultimo, nella sentenza n. 115 del 2018), e'  in  concreto  esposto
nelle singole vicende processuali,  ciascuna  contrassegnata  da  uno
specifico andamento in sede giurisdizionale. Pertanto, l'applicazione
delle regole sulla prescrizione richiede una valutazione in concreto,
alla luce delle caratteristiche del singolo caso, come  pacificamente
riconosciuto dalla  giurisprudenza  della  Corte  di  cassazione  (ad
esempio, e da ultimo, proprio con riferimento a  reati  sessuali,  la
sentenza della Corte di cassazione, sezione terza penale, 17 novembre
2016 -24 gennaio 2017, n. 3385).
    5.-  Il  rimettente  trascura  la  complessita'  dei  dati  sopra
evidenziati, si concentra essenzialmente sul mutamento dei criteri di
calcolo del termine della prescrizione  e  si  limita  a  chiedere  a
questa Corte  di  dichiarare  l'illegittimita'  costituzionale  della
disciplina introdotta dalla legge n. 251 del 2005 nella parte in  cui
non esclude i reati sessuali  nei  confronti  di  minori  dall'ambito
della sua applicazione.
    Tale semplificazione si rivela inadeguata specie a fronte  di  un
parametro interposto, come l'art. 8, punto 6, della citata  decisione
quadro 2004/68/GAI, ampio e indeterminato quanto alla  individuazione
dei reati a cui si riferisce e alla durata  minima  necessaria  della
prescrizione da applicarsi in tali casi, posto che esso si  limita  a
richiedere, senza ulteriori specificazioni, che ciascuno Stato membro
adotti  «le  misure  necessarie  affinche'  sia  reso  possibile   il
perseguimento, conformemente al diritto nazionale,  almeno  dei  piu'
gravi dei reati» relativi allo  sfruttamento  sessuale  dei  bambini,
indicati all'art. 2 della medesima decisione  quadro,  «dopo  che  la
vittima abbia raggiunto la maggiore eta'». Oltretutto, il  rimettente
omette  di  illustrare  se,  nel  caso  concreto  sottoposto  al  suo
giudizio, i reati contestati fossero in tutto o in  parte  prescritti
quando la vittima aveva raggiunto la maggiore eta'.
    Del resto, trascurando la complessita' delle  riforme  introdotte
dalla legge n. 251 del 2005 e i suoi articolati effetti  nei  singoli
casi, evidenziati nei paragrafi precedenti, anche la formulazione del
petitum  risente  di  una  incertezza,   rinvenibile   nella   stessa
impostazione  della  questione  di  legittimita'   costituzionale   e
presenta risvolti di contraddittorieta'.
    Da un lato, infatti, con la questione  sollevata  si  lamenta  un
vizio  di  carattere  omissivo:  la  disciplina   censurata   sarebbe
incostituzionale,  in  quanto  avrebbe  illegittimamente  mancato  di
assicurare un adeguato risalto ai reati a sfondo sessuale commessi in
danno  di  minori,  mentre  ad  avviso  del  giudice  rimettente   il
legislatore  avrebbe  dovuto  escludere  tali  reati  dal  campo   di
applicazione della nuova normativa generale, per riservare ad essi un
piu' severo regime, distinto e specifico,  capace  di  assicurare  il
conseguimento degli obiettivi richiesti dalla decisione  quadro  piu'
volte citata. A tale omissione,  osserva  il  citato  rimettente,  il
legislatore avrebbe posto rimedio solo tardivamente con la  legge  n.
172 del 2012 di ratifica ed esecuzione  del  Trattato  di  Lanzarote.
D'altro lato, pero', il petitum rivolto a questa Corte - la quale  in
nessun caso sarebbe  dotata  del  potere  di  disegnare  ex  novo  un
apposito regime ad hoc per la prescrizione  dei  reati  sessuali  nei
confronti dei minori  che  non  sia  gia'  presente  nell'ordinamento
(sentenze n. 179 del 2017 e n. 236  del  2016),  a  cio'  ostando  il
principio  di  legalita'  di  cui  all'art.   25   Cost.   -   sembra
implicitamente  chiedere   la   reviviscenza   della   previgente   e
asseritamente piu' severa legislazione, da  applicarsi  limitatamente
ai suddetti reati di abuso sessuale sui minori.
    D'altra parte l'ottemperanza ai principi della  decisione  quadro
assunta a parametro interposto avrebbe  potuto  realizzarsi  in  modi
diversi e alternativi alla dilatazione della  prescrizione  richiesta
dal rimettente.
    6.- Per le carenze della prospettazione sopra esposte deve essere
dichiarata l'inammissibilita' della questione sollevata.
    Resta impregiudicata ogni ulteriore considerazione -  sollecitata
in una eccezione di inammissibilita' dell'Avvocatura  generale  dello
Stato - circa l'ampiezza e i limiti degli interventi manipolativi  di
questa Corte in materia penale in malam partem, che pure sono oggetto
di una significativa evoluzione giurisprudenziale (sentenze n. 5 e n.
32 del 2014, n. 28 del 2010, n. 394 del 2006), anche  alla  luce  del
fatto che, nella giurisprudenza costituzionale,  al  principio  della
retroattivita' della lex mitior non e' riconosciuto lo stesso statuto
costituzionale del principio di irretroattivita' della  norma  penale
sfavorevole (sentenza  n.  236  del  2011)  e  che  il  principio  di
retroattivita' della legge penale piu' favorevole, in ogni caso, puo'
trovare applicazione solo  se  tale  legge  sia  esente  da  vizi  di
illegittimita' costituzionale (sentenza n. 394 del 2006).

     

                          per questi motivi
                       LA CORTE COSTITUZIONALE

    dichiara   inammissibile    la    questione    di    legittimita'
costituzionale dell'art. 6, commi 1, 4 e 5, della  legge  5  dicembre
2005, n. 251 (Modifiche al codice penale e alla legge 26 luglio 1975,
n. 354, in materia di attenuanti generiche, di recidiva, di  giudizio
di comparazione delle circostanze di reato per i recidivi, di usura e
di prescrizione), nel testo anteriore alle modifiche apportate  dalla
legge  1°  ottobre  2012,  n.  172  (Ratifica  ed  esecuzione   della
Convenzione del Consiglio  d'Europa  per  la  protezione  dei  minori
contro lo sfruttamento e l'abuso sessuale, fatta a  Lanzarote  il  25
ottobre 2007, nonche' norme di adeguamento dell'ordinamento interno),
sollevata, in riferimento agli artt. 11 e  117,  primo  comma,  della
Costituzione, in relazione  all'art.  8,  punto  6,  della  decisione
quadro del Consiglio 2004/68/GAI, del 22 dicembre 2003, relativa alla
lotta contro lo sfruttamento sessuale dei bambini  e  la  pornografia
infantile, dal Tribunale ordinario di Roma, con l'ordinanza  indicata
in epigrafe.

    Cosi' deciso in Roma,  nella  sede  della  Corte  costituzionale,
Palazzo della Consulta, il 18 aprile 2018.

                                F.to:
                    Giorgio LATTANZI, Presidente
                      Marta CARTABIA, Redattore
                     Roberto MILANA, Cancelliere

    Depositata in Cancelleria il 5 luglio 2018.

                   Il Direttore della Cancelleria
                        F.to: Roberto MILANA


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