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martedì 9 ottobre 2018

Corte dei Conti 2018: diritto del ricorrente, previo riconoscimento dell’applicazione dei coefficienti di rendimento previsti per il personale proveniente dal disciolto Corpo di Agenti di Custodia Corte dei Conti Toscana 223/2018






Corte dei Conti 2018: diritto del ricorrente, previo riconoscimento dell’applicazione dei coefficienti di rendimento previsti per il personale proveniente dal disciolto Corpo di Agenti di Custodia

Corte dei Conti Toscana 223/2018

Sezione

TOSCANA


Esito

SENTENZA


Materia

PENSIONI


Anno

2018


Numero

223


Pubblicazione

24/09/2018


Codice ecli

ECLI:IT:CONT:2018:223SGTOS


Provvedimenti collegati

Nessun provvedimento collegato presente

Sentenza n.223/2018


REPUBBLICA ITALIANA


IN NOME DEL POPOLO ITALIANO


LA CORTE DEI CONTI


SEZIONE GIURISDIZIONALE PER LA REGIONE TOSCANA


In composizione monocratica nella persona del Consigliere, dott. Nicola Ruggiero, in funzione di Giudice unico delle pensioni, ha pronunciato la seguente


SENTENZA


Nel giudizioiscritto al n. 60838 del registro di Segreteria, introdotto con ricorso depositato in data 17 luglio 2017 e proposto dal Sig. xxx xxx xxx, xx, rappresentato e difeso dall’Avv. Luca Marchi ed elettivamente domiciliato presso il suo studio in Firenze, Via Duca D’Aosta n. 5, come da mandato in calce al ricorso;


contro


MINISTERO DELLA GIUSTIZIA, DIPARTIMENTO DELL’AMMINISTRAZIONE PENITENZIARIA, in persona del legale rappresentante pro-tempore in carica, con sede in Roma, Via Largo L. Daga n. 2;


e per quanto di ragione


INPS, in persona del legale rappresentante pro-tempore in carica, con sede in Roma, Via Ciro il Grande n. 21, elettivamente domiciliato in Viale Belfiore n. 28/a, rappresentato e difeso nel presente giudizio, congiuntamente e disgiuntamente, dagli Avv.ti Ilario Maio e Marco Fallaci in forza di procura generale alle liti del 21 luglio 2015, rep. 80974;


per la declaratoria


del diritto del ricorrente, previo riconoscimento dell’applicazione dei coefficienti di rendimento previsti per il personale proveniente dal disciolto Corpo di Agenti di Custodia (ex art. 6 legge n. 1543/63 , richiamato dall’ art. 73 d.lgs 443/92 ), all’applicazione nei suoi confronti del coefficiente di rendimento nella misura massima dell’80% (0,8000) della base pensionale, con conseguente rideterminazione del trattamento pensionistico in godimento a far data dal collocamento in quiescenza (19.7.2015) e con condanna al pagamento in favore del Sig. xxx di tutte le somme ad esso dovute, a titolo di arretrati a seguito della predetta rideterminazione del trattamento pensionistico a far data dal 19.7.2015, maggiorate di interessi legali e rivalutazione monetaria dalle singole scadenze fino all’effettivo pagamento;


Visto l’atto introduttivo del giudizio;


Visti gli altri attiedocumenti di causa;


Uditi nella pubblica udienza del 23 novembre 2017, celebrata con l’assistenza del Segretario, Sig. Carmina Carlini, l’Avv. Luca Marchi per il ricorrente e l’Avv. Paola Forgione per l’INPS, non comparso il Ministero della Giustizia;


Ritenuto in


FATTO


1. Con il ricorso indicato in epigrafe, il ricorrente ha premesso:


a)di essereentrato a far parte del Corpo degli Agenti di Custodia del Ministero della Giustizia il 27.11.1978;


b) di essere transitato, a seguito di concorso, nei ruoli civili del Ministero della Giustizia, con mansioni di commesso giudiziario, con assunzione in servizio presso il Tribunale di Firenze dal 24.9.1989;


c) di essere stato riammesso nel Corpo degli Agenti di Custodia, nel frattempo smilitarizzato, con assunzione della nuova denominazione di Corpo di Polizia Penitenziaria ( legge n. 395/90 ) con decreto del 25.9.1995 e assunzione in servizio dal 30.10.1995, a seguito di domanda del 23.12.1992 (in applicazione dell’art. 132 del T.U. n. 3/57, richiamato dal d.lgs 30.10.1992, n. 443 );


d) di essere stato collocato in quiescenza, con il metodo retributivo, dal 19.7.2015.


Si è lamentato della mancata applicazione nei suoi confronti del coefficiente di rendimento nella misura massima dell’80% (0,8000)


della base pensionabile ex art. art. 6 legge n. 1543/63 , richiamato dall’ art. 73 d.lgs 443/92 , avendo il Ministero della Giustizia, Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria, considerato anche tutto il servizio prestato dall’1.11.1995, ossia successivamente alla riammissione nel Corpo (e fino al collocamento in riposo), come “servizio civile”.


Tale servizio sarebbe stato, dunque, erroneamente considerato come una nuova assunzione, con conseguente applicazione dei coefficienti di rendimento previsti per il personale civile.


L’ art. 73, comma 3, d.lgs n. 443/92 non limiterebbe, infatti, l’applicazione dell’ art. 6 della legge n. 1543/63 al solo personale in “servizio” al momento dell’entrata in vigore della legge n. 395/90 (prevedente l’istituzione del Corpo di Polizia penitenziaria e la soppressione di quello degli agenti di custodia), non potendo allora il xxx essere considerato alla stregua dei dipendenti assunti ex novo dopo tale ultima legge.


Tutto ciò sarebbe confermato dalla circolare INPDAP dell’1.6.2005 n. 19, all’uopo richiamata ed adottata proprio per il personale del Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria.


Di qui la proposizione del presente ricorso, finalizzato ad ottenere la riliquidazione del trattamento pensionistico, a decorrere dalla data del collocamento in quiescenza (19.7.2015), previo riconoscimento del diritto all’applicazione del coefficiente di rendimento nella misura massima dell’80% (0,8000) della base pensionale.


2. L’INPS si è costituito in giudizio con memoria depositata il 6 novembre 2017.


Con la predetta memoria, l’Istituto previdenziale ha chiesto il rigetto del ricorso.


A tal riguardo, ha evidenziato di essersi attenuto alla natura giuridica del rapporto comunicata dal Ministero della Giustizia, essendosi limitato a calcolare il trattamento pensionistico secondo l’inquadramento giuridico operato dal predetto Ministero, tenuto conto dello “status” del ricorrente di dipendente civile (e non militare) per il periodo dal 24.9.1989 in poi, in conseguenza dello svolgimento del proprio rapporto di lavoro quale commesso giudiziario per il periodo dal 24.9.1989 al 30.10.1995.


D’altro canto, il successivo reintegro nel Corpo di Polizia Penitenziaria, dopo l’avvenuta smilitarizzazione di quello degli Agenti di Custodia, non comporterebbe la reviviscenza del rapporto di lavoro come militare (qualifica perduta dal ricorrente dal 24.9.1989), atteso che il Corpo, alla data di ricostituzione del rapporto, non avrebbe rivestito più natura militare.


3. Alla pubblica udienza del 23 novembre 2017, l’Avv. Luca Marchi per il ricorrente si è riportato al ricorso, ribadendo, in particolare, che l’ art. 73 del d.lgs n. 443/92 troverebbe spazio anche nei confronti del personale proveniente dal disciolto Corpo degli Agenti di Custodia.


L’Avv. Paola Forgione per l’INPS si è riporta agli atti scritti.


Il giudizio è passato, dunque, in decisione, con lettura del dispositivo in udienza.


Considerato in


DIRITTO

1. Il presente ricorso risulta infondato e va, come tale, rigettato.


A tal riguardo, giova osservare che, in base all’ art. 73 del d.lgs n. 443/92 , comma 3, “Al personale proveniente dai ruoli del disciolto Corpo degli agenti di custodia continua ad applicarsi l’ articolo 6 della legge 3 novembre 1963, n. 1543 ”.


A sua volta, il richiamato art. 6 prevede che la pensione, tra gli altri, dei militari del Corpo degli agenti di custodia “..è liquidata sulla base dell’importo complessivo dell’ultimo stipendio o paga e delle indennità pensionabili godute. Essa è ragguagliata, al compimento del ventesimo anno di servizio, al 44 per cento della base pensionabile come sopra determinata.


Per ciascun anno di servizio oltre il ventesimo e per non più di dieci anni successivamente compiuti, la pensione sarà aumentata del 3,60 per cento”.


Il medesimo art. 6, con i criteri di liquidazione della pensione ivi previsti, può, dunque, trovare spazio (unicamente) nei confronti del “..personale proveniente dai ruoli del disciolto Corpo degli agenti di custodia”.


Tale non può ritenersi, a giudizio di questo Giudice, l’odierno ricorrente.


Egli, infatti, deve ritenersi proveniente dai ruoli civili dell’Amministrazione della Giustizia, nei quali risulta transitato, con le mansioni di commesso giudiziario, sin dal 24.9.1989.


Aggiungasi che il Corpo degli agenti di custodia è stato “smilitarizzato” in epoca en antecedente a quella di proposizione dell’istanza di riammissione nel Corpo stesso (23.12.1992) e di assunzione in servizio dopo la predetta riammissione (30.10.1995, giusta decreto del 25.9.1995).


Nello specifico, la legge 15.12.1990, n. 395 (entrata in vigore l’11.1.1991), agli artt. 1 e 2, ha previsto la soppressione del Corpo degli agenti di custodia, con il transito del relativo personale, in quello, contestualmente istituito, di Polizia penitenziaria.


Quest’ultimo, a sua volta, per espressa previsione normativa, costituisce un Corpo civile, facente parte delle Forze di Polizia, rispetto al quale trovano spazio, se non diversamente previsto e nei limiti di compatibilità, le norme relative agli impiegati civili dello Stato (art. 1).


Ne consegue, in armonia con quanto correttamente rilevato dall’INPS, che la riammissione del ricorrente nel Corpo degli agenti di custodia (in realtà, Corpo di Polizia penitenziaria) non poteva comportare la reviviscenza del rapporto di lavoro come militare, non rivestendo più il Corpo natura militare.


La posizione del ricorrente deve, dunque, ritenersi equiparata a quella degli assunti in servizio (con rapporto di natura civile) in epoca successiva all’entrata in vigore della legge n. 395/90 , cui fa espresso riferimento la circolare INPDAP n. INPDAP dell’1.6.2005 n. 19.


Né le conclusioni testè esposte risultano inficiate dal richiamo operato dal ricorrente alla giurisprudenza della Corte di Cassazione, alla cui stregua la riammissione in servizio ex art. 132 T.U. 3/57 non comporterebbe l’instaurazione di un nuovo rapporto di lavoro.


Tutto ciò a ragione della peculiarità della fattispecie vagliata in questa sede, caratterizzata dall’intervenuto mutamento medio tempore della natura del Corpo presso il quale il ricorrente è stato riammesso.


In conclusione, alla luce di tutto quanto sopra esposto, l’operato dell’Amministrazione risulta immune da censure.


Il presente ricorso va, dunque, rigettato.


Nondimeno, la peculiarità della situazione concreta sottesa al ricorso giustifica l’integrale compensazione delle spese di giudizio.


P.Q.M.


La Corte dei Conti, Sezione Giurisdizionale per la Regione Toscana, in composizione monocratica di giudice unico delle pensioni, definitivamente pronunciando, rigetta il ricorso.


Spese compensate.


Così deciso in Firenze, nella camera di consiglio del 23 novembre 2017.


IL GIUDICE


F.to dott. Nicola RUGGIERO




Depositato in Segreteria 24/09/2018


Il Direttore della Segreteria


F.to Paola Altini

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