Translate

mercoledì 5 giugno 2019

N. 134 SENTENZA 7 - 29 maggio 2019 Giudizio di legittimita' costituzionale in via principale. Sanzioni amministrative - Pesca - Sanzioni pecuniarie per chi pesca le specie ittiche fuori dai periodi consentiti e per chi esercita la pesca in periodi o orari di divieto o in acque nelle quali la pesca e' vietata. - Legge della Regione Abruzzo 8 giugno 2018, n. 11, recante «Modifiche ed integrazioni alla legge regionale 27 aprile 2017, n. 28 (Gestione della fauna ittica e disciplina della pesca nelle acque interne)», art. 8. - (GU n.23 del 5-6-2019 )

N. 134 SENTENZA 7 - 29 maggio 2019

Giudizio di legittimita' costituzionale in via principale.

Sanzioni amministrative - Pesca - Sanzioni pecuniarie per  chi  pesca
  le specie ittiche fuori dai periodi consentiti e per  chi  esercita
  la pesca in periodi o orari di divieto o in acque  nelle  quali  la
  pesca e' vietata.
- Legge  della  Regione  Abruzzo  8  giugno  2018,  n.  11,   recante
  «Modifiche ed integrazioni alla legge regionale 27 aprile 2017,  n.
  28 (Gestione della fauna ittica  e  disciplina  della  pesca  nelle
  acque interne)», art. 8.

(GU n.23 del 5-6-2019 )
 

                       LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori:
Presidente:Giorgio LATTANZI;
Giudici  :Aldo  CAROSI,  Marta  CARTABIA,  Mario   Rosario   MORELLI,
  Giancarlo CORAGGIO,  Giuliano  AMATO,  Silvana  SCIARRA,  Daria  de
  PRETIS, Nicolo' ZANON, Franco  MODUGNO,  Augusto  Antonio  BARBERA,
  Giulio  PROSPERETTI,  Giovanni  AMOROSO,  Francesco  VIGANO',  Luca
  ANTONINI,
     
    ha pronunciato la seguente

                              SENTENZA

    nel giudizio di legittimita'  costituzionale  dell'art.  8  della
legge della Regione Abruzzo 8 giugno 2018, n. 11, recante  «Modifiche
ed integrazioni alla legge regionale 27 aprile 2017, n. 28  (Gestione
della fauna ittica e disciplina della pesca  nelle  acque  interne)»,
promosso dal Presidente  del  Consiglio  dei  ministri,  con  ricorso
notificato il 10-13 agosto 2018,  depositato  in  cancelleria  il  17
agosto 2018, iscritto al n. 50 del registro ricorsi 2018 e pubblicato
nella  Gazzetta  Ufficiale  della  Repubblica  n.  37,  prima   serie
speciale, dell'anno 2018.
    Udito nell'udienza pubblica del 7 maggio 2019 il Giudice relatore
Francesco Vigano';
    udito  l'avvocato  dello  Stato  Massimo  Salvatorelli   per   il
Presidente del Consiglio dei ministri.

                          Ritenuto in fatto

    1.- Con ricorso notificato il 10-13 agosto 2018 e  depositato  in
cancelleria il 17 agosto 2018 (r. r. n. 50 del 2018),  il  Presidente
del Consiglio dei ministri, rappresentato  e  difeso  dall'Avvocatura
generale dello Stato, ha impugnato l'art. 8 della legge della Regione
Abruzzo 8 giugno 2018, n. 11, recante «Modifiche ed integrazioni alla
legge regionale 27 aprile 2017, n. 28 (Gestione della fauna ittica  e
disciplina  della  pesca  nelle  acque  interne)»,   assumendone   il
contrasto con l'art. 25, comma 2, della Costituzione e con  l'art.  1
della legge 24 novembre 1981, n. 689 (Modifiche al  sistema  penale),
«quale norma interposta».
    1.1.- La disposizione impugnata sostituisce l'art. 30  (Sanzioni)
della legge reg. Abruzzo n. 28 del 2017, prevedendo, tra l'altro, che
«[l]e infrazioni alle disposizioni della  presente  legge,  salvo  le
sanzioni di carattere penale e tributario  previste  dalle  normative
vigenti, sono soggette alle seguenti sanzioni  amministrative:  [...]
n) da euro 100,00 a euro 500,00 per chi pesca le specie ittiche fuori
dai periodi consentiti dall'articolo 26; [...] w) da  euro  100,00  a
euro 600,00 per chi esercita la pesca in periodi o orari di divieto o
in acque nelle quali la pesca e' vietata».
    Il ricorrente evidenzia preliminarmente che le  disposizioni  ora
impugnate riproducono quasi  testualmente  quelle  analoghe  previste
nella legge reg. Abruzzo n. 28 del 2017, non impugnate  dal  Governo.
Cio' non inficerebbe, peraltro, l'ammissibilita' del ricorso odierno,
sulla base  della  costante  giurisprudenza  di  questa  Corte  (sono
citate, tra le altre, le sentenze n. 71 del 2012, n. 187 del 2011, n.
40 del 2010 e n. 298 del 2009).
    1.2.- L'Avvocatura  generale  dello  Stato  chiarisce  quindi  la
portata dei parametri evocati, osservando  come  l'art.  25,  secondo
comma, Cost.  costituisca  «una  regola  di  carattere  assolutamente
generale», non confinata alla  sola  materia  penale,  bensi'  estesa
anche alla materia delle  sanzioni  amministrative,  come  confermato
dall'art. 1 della legge n. 689 del 1981. Si  tratterebbe,  ad  avviso
del ricorrente, di un principio a sua volta concretizzato «nei cc.dd.
"principi di precisione, chiarezza, e determinatezza" (le  norme  che
individuano il comportamento suscettibile di essere sanzionato devono
essere sufficientemente  chiare  e  di  facile  comprensione  per  il
consociato: profilo valorizzato anche  in  materia  tributaria)»  (e'
citata la sentenza n. 327 del 2008).
    Richiamandosi alla giurisprudenza di questa Corte che, «in  linea
con l'orientamento assunto dalla Corte EDU», avrebbe esteso  a  tutte
le  misure  di  carattere  punitivo-afflittivo  la  disciplina  della
sanzione penale in senso stretto (e' citata la sentenza  n.  196  del
2010), l'Avvocatura generale dello Stato ritiene che, anche  in  base
alla  giurisprudenza  costituzionale   piu'   risalente,   priva   di
riferimenti  alla  Convenzione  per  la  salvaguardia   dei   diritti
dell'uomo e delle liberta` fondamentali (CEDU), firmata a Roma  il  4
novembre 1950, ratificata e resa esecutiva con legge 4  agosto  1955,
n. 848, il principio di legalita' di cui all'art. 25, secondo  comma,
Cost.,  debba  trovare  «piena  applicazione»  anche  riguardo   alle
sanzioni amministrative (sono citate le sentenze n. 447 del 1988 e n.
78 del 1967).
    Il principio sarebbe d'altra parte ribadito, per il sistema delle
sanzioni amministrative, dalla regola  generale  fissata  dal  citato
art. 1 della legge n. 689 del 1981.
    1.3.- Il ricorrente  osserva  quindi  che  le  lettere  n)  e  w)
dell'art. 30 della legge reg. Abruzzo n. 28 del 2017, come  novellate
dall'art. 8 della legge  reg.  Abruzzo  n.  11  del  2018  impugnata,
«prevedono   rispettivamente,   che   siano   soggette   a   sanzione
amministrativa le infrazioni concernenti la pesca di  specie  ittiche
fuori dai periodi consentiti dall'art. 26 [...] e  l'esercizio  della
pesca in periodi o orari di divieto o in acque nelle quali  la  pesca
e' vietata [...]». Entrambe  le  previsioni  sarebbero  «afflitte  da
patente genericita', in violazione del principio di legalita'».
    Il ricorrente  ricorda  che,  secondo  la  stessa  giurisprudenza
costituzionale, il principio di legalita' nelle sue varie espressioni
non e' violato  qualora  una  norma  sanzionatoria  rinvii  ad  altra
disposizione per  integrare  il  suo  contenuto,  purche'  «la  norma
primaria sia caratterizzata da una sua "autosufficienza  precettiva":
che cioe' [...], essa delinei esaurientemente la fattispecie in tutte
le sue componenti essenziali» (e'  citata  la  sentenza  n.  199  del
1993). Al contrario, «il principio di  legalita'  risultera'  violato
quando "non sia una legge (o un atto equiparato) dello  Stato  -  non
importa se proprio la medesima legge che prevede la sanzione penale o
un'altra  legge  -  a  indicare  con  sufficiente  specificazione   i
presupposti, i caratteri, il contenuto e i limiti  dei  provvedimenti
dell'autorita' non legislativa, alla  trasgressione  dei  quali  deve
seguire la pena"» (sono citate le sentenze n. 336 del 1987, n. 58 del
1975 e n. 26 del 1966).
    Non vi sarebbe dunque  «violazione  del  principio  di  legalita'
laddove fonti diverse dalla legge formale si limitino a completare la
norma di legge,  come  ad  esempio  sovente  (legittimamente)  accade
laddove siano necessarie integrazioni di natura tecnica»;  mentre  vi
sarebbe violazione «laddove si sia  in  presenza  di  una  norma  "in
bianco" che rinvii ad un regolamento o provvedimento [...]  destinati
a completarla in taluno dei suoi elementi essenziali» (e'  citata  la
sentenza n. 282 del 1990).
    Secondo  l'Avvocatura  generale  dello  Stato,  le   disposizioni
impugnate «non solo sono estremamente generiche,  facendo  pressoche'
totale rinvio ad  una  normazione  subordinata  che  non  e'  nemmeno
individuata (la  lettera  w),  ovvero  non  e'  comunque  determinata
essendo per di piu' futura e/o  incerta  (con  riferimento  a  quanto
previsto dai commi 2, 3 e 4 dell'art. 26,  richiamato  dalla  lettera
n), ma appaiono addirittura  potenzialmente  sovrapporsi  nella  loro
almeno parziale genericita', cosi' determinando inevitabili  problemi
interpretativi ed incertezza nel destinatario della norma quanto alla
corretta individuazione degli elementi costitutivi dell'illecito».
    2. - La Regione Abruzzo non si e' costituita in giudizio.

                       Considerato in diritto

    1.- Con il  ricorso  indicato  in  epigrafe,  il  Presidente  del
Consiglio dei ministri  ha  impugnato  l'art.  8  della  legge  della
Regione  Abruzzo  8  giugno  2018,  n.  11,  recante  «Modifiche   ed
integrazioni alla legge regionale 27 aprile  2017,  n.  28  (Gestione
della fauna ittica e disciplina della pesca nelle acque interne)», in
riferimento  all'art.  25,  secondo  comma,  della  Costituzione,   e
all'art. 1 della legge 24 novembre 1981, n. 689 (Modifiche al sistema
penale), «quale norma interposta».
    La disposizione impugnata sostituisce l'art. 30 (Sanzioni)  della
legge reg. Abruzzo n. 28 del 2017. Dal tenore complessivo del ricorso
si  evince  che  oggetto  dell'impugnazione  sono  esclusivamente  le
previsioni di cui alle lettere n) e w) dell'art. 30 novellato, che  -
in parte qua - recita come segue: «[l]e infrazioni alle  disposizioni
della presente  legge,  salvo  le  sanzioni  di  carattere  penale  e
tributario previste  dalle  normative  vigenti,  sono  soggette  alle
seguenti sanzioni amministrative: [...] n)  da  euro  100,00  a  euro
500,00 per chi pesca le specie ittiche fuori dai  periodi  consentiti
dall'articolo 26; [...] w) da euro  100,00  a  euro  600,00  per  chi
esercita la pesca in periodi o orari di  divieto  o  in  acque  nelle
quali la pesca e' vietata».
    Secondo il ricorrente, tali disposizioni sarebbero  «afflitte  da
patente  genericita'»,  «facendo  pressoche'  totale  rinvio  ad  una
normazione subordinata che non e' nemmeno individuata (la lettera w),
ovvero non e' comunque determinata essendo per  di  piu'  futura  e/o
incerta (con riferimento a  quanto  previsto  dai  commi  2,  3  e  4
dell'art. 26, richiamato dalla lettera n).
    Inoltre, le  due  disposizioni  sarebbero  caratterizzate  da  un
ambito applicativo potenzialmente  sovrapposto,  «cosi'  determinando
inevitabili problemi interpretativi ed  incertezza  nel  destinatario
della  norma  quanto  alla  corretta  individuazione  degli  elementi
costitutivi dell'illecito».
    2.-   In   via   preliminare,    occorre    rilevare    d'ufficio
l'inammissibilita' della questione sollevata in relazione all'art.  1
della legge n. 689 del 1981,  testualmente  qualificata  nel  ricorso
«norma interposta».
    Tale  disposizione,  che  enuncia  il  principio   di   legalita'
nell'ambito delle sanzioni ammnistrative, ha in effetti mero rango di
legge ordinaria, e non puo' comunque assurgere al rango di  parametro
interposto in un giudizio di  legittimita'  costituzionale  formulato
con riferimento non gia' all'art. 117  Cost.,  bensi'  esclusivamente
all'art. 25, secondo comma, Cost.
    3.- Nel merito, le questioni di legittimita' costituzionale delle
due disposizioni impugnate,  con  riferimento  all'art.  25,  secondo
comma, Cost., non sono fondate.
    3.1.- Non puo' anzitutto considerarsi pertinente  alle  questioni
all'esame la giurisprudenza di questa Corte, invocata dal ricorrente,
in materia di limiti all'eterointegrazione  del  precetto  penale  da
parte di fonti di rango secondario.
    Tale giurisprudenza  si  riferisce  infatti  esclusivamente  alle
leggi penali in senso stretto, per le quali ai  sensi  dell'art.  25,
secondo comma, Cost. vige il principio della  riserva  (assoluta)  di
legge  statale,  in  forza  del  quale  integrazioni   del   precetto
penalmente sanzionato debbono in effetti  ritenersi  consentite  solo
nei ristretti limiti individuati dalla giurisprudenza richiamata  dal
ricorrente (Ritenuto in fatto, punto 1.3.). Tale  giurisprudenza  non
e'  invece  applicabile  alle  leggi  regionali  che  prevedano  mere
sanzioni amministrative, le quali ben possono rinviare - nel rispetto
dei meno stringenti principi desumibili dall'art. 23 Cost.  (sentenza
n.  115  del  2011)  -  anche  ad   atti   sublegislativi   ai   fini
dell'integrazione del precetto  (amministrativamente)  sanzionato  in
forza della stessa legge regionale.
    3.2.- Cio' che, invece, anche le leggi regionali che stabiliscono
sanzioni amministrative debbono garantire ai propri destinatari e' la
conoscibilita' del precetto e  la  prevedibilita'  delle  conseguenze
sanzionatorie:  requisiti   questi   ultimi   che   condizionano   la
legittimita' costituzionale di tali leggi regionali, al cospetto  del
diverso principio di determinatezza delle norme sanzionatorie  aventi
carattere  punitivo-afflittivo,  desumibile  dall'art.  25,   secondo
comma, Cost.
    Come questa Corte ha recentemente ribadito, tale  principio  «per
un verso, vuole evitare che, in  contrasto  con  il  principio  della
divisione  dei  poteri,  l'autorita'  amministrativa  o  "il  giudice
assuma[no] un ruolo creativo, individuando, in luogo del legislatore,
i confini tra il lecito e l'illecito" (sentenza n. 327 del 2008;  sul
punto anche ordinanza n. 24  del  2017);  per  un  altro  verso,  non
diversamente dal principio d'irretroattivita', intende "garantire  la
libera autodeterminazione individuale,  permettendo  al  destinatario
della  norma  penale  di   apprezzare   a   priori   le   conseguenze
giuridico-penali della propria condotta" (ancora sentenza n. 327  del
2008)» (sentenza n. 121 del 2018). La sentenza da ultimo  citata  ha,
in  particolare,   rilevato   che   «il   principio   di   legalita',
prevedibilita' e accessibilita' della condotta sanzionabile  e  della
sanzione aventi carattere punitivo-afflittivo, qualunque sia il nomen
ad essa  attribuito  dall'ordinamento  [...]  non  puo',  ormai,  non
considerarsi  patrimonio   derivato   non   soltanto   dai   principi
costituzionali, ma  anche  da  quelli  del  diritto  convenzionale  e
sovranazionale europeo, in base ai quali  e'  illegittimo  sanzionare
comportamenti posti in essere da soggetti che non siano  stati  messi
in condizione di "conoscere", in tutte le sue  dimensioni  tipizzate,
la illiceita' della  condotta  omissiva  o  commissiva  concretamente
realizzata» (sentenza n. 121 del 2018).
    3.3.- Tutto cio' ribadito, va pero' escluso ogni  vulnus  a  tale
principio da parte delle due disposizioni impugnate.
    3.3.1.- Quanto alla lettera n)  dell'art.  30  della  legge  reg.
Abruzzo n. 28 del 2017, come novellato dalla disposizione  impugnata,
essa prevede la sanzione amministrativa da euro 100 a euro  500  «per
chi pesca le specie ittiche fuori dai  periodi  consentiti  dall'art.
26».
    Tale rinvio consente agevolmente ai destinatari  della  norma  di
avere contezza dei precisi contorni del divieto sanzionato.
    Anzitutto, il comma  1  dell'art.  26  determina  direttamente  i
periodi di pesca in vigore per un numero rilevante di specie ittiche.
    I commi 2 e 3 dell'art. 26, poi, rinviano per  la  determinazione
dei periodi di pesca relativi a un numero  piu'  limitato  di  specie
(arborella meridionale, coregone nasello, rovella, trota  macrostigma
e anguilla) ai piani di gestione previsti -  a  loro  volta  -  dalla
Carta ittica regionale, di cui  al  precedente  art.  7,  ovvero  dal
regolamento (CE) n. 1100/2007 del Consiglio, del 18  settembre  2007,
che istituisce misure per la ricostituzione dello stock  di  anguilla
europea: piani di gestione che non vi e' motivo, per questa Corte, di
ritenere a priori non idonei a indicare con chiarezza  i  periodi  in
cui le specie in questione possono essere legittimamente  pescate,  e
viceversa quelli in cui la loro  pesca  debba  ritenersi  vietata  e,
pertanto,  sanzionata  ai  sensi  della  disposizione  impugnata.  La
circostanza, alla quale allude il ricorrente, per cui tali  piani  di
gestione non sarebbero ancora stati  emanati,  non  sarebbe  comunque
idonea a inficiare di per se' la  legittimita'  costituzionale  della
previsione  sanzionatoria  impugnata,  posto  che,  fino  alla   loro
adozione, risulta vietata la pesca alle specie  per  cui  tali  piani
sono prescritti.
    Analoghe considerazioni debbono svolgersi in relazione all'ultimo
comma  dell'art.  26,  che  consente  alla  Regione  di  ampliare   e
modificare i periodi di proibizione stabiliti dal comma 1, sulla base
delle indicazioni della «Carta ittica regionale». L'eventuale mancata
emanazione  di   tale   carta   determinerebbe,   semplicemente,   la
persistente validita' dei periodi di divieto della pesca previsti dal
comma 1 in relazione alle specie ivi enumerate.
    3.3.2.- Quanto poi alla lettera w) dell'art. 30 della legge  reg.
Abruzzo n. 28 del 2017, come parimenti novellato  dalla  disposizione
impugnata, essa prevede la sanzione amministrativa da euro 100 a euro
600 «per chi esercita la pesca in periodi o orari  di  divieto  o  in
acque nelle quali la pesca e' vietata».
    Secondo  il   Governo   la   disposizione   sarebbe   del   tutto
indeterminata,  in  quanto  neppure  individuerebbe  le  disposizioni
richiamate, la cui violazione dovrebbe dar  luogo  alle  sanzioni  da
essa previste.
    In realta',  la  considerazione  dell'intero  corpo  della  legge
regionale in parola consente abbastanza agevolmente di individuare le
singole disposizioni di divieto - diverse dall'art. 26, espressamente
richiamato dalla lettera n) -,  che  disciplinano  periodi,  orari  e
acque  in  cui  la  pesca  e'  consentita  o  vietata.   Vengono   in
considerazione, ad esempio, l'art. 3, comma 4, che  attribuisce  alla
Regione il potere di vietare temporaneamente la  pesca,  su  tutti  o
parte degli  ambienti  acquatici,  in  presenza  di  «condizioni  che
turbano l'equilibrio  biologico  del  patrimonio  ittico  autoctono»;
l'art   20,   comma   5,   in   cui   si   prevede   che   la   pesca
dilettantistico-sportiva nelle acque a  categoria  A  «e'  consentita
dalle ore otto del primo sabato di marzo fino alle  ore  ventiquattro
dell'ultima domenica di settembre»; l'art. 24, comma 16,  che  rinvia
la fissazione degli orari per l'esercizio  della  pesca  alle  «linee
guida emanate dalla Giunta regionale»; l'art. 9, comma 2, lettera e),
in tema di acque nelle  quali  «sussiste  il  divieto  temporaneo  di
pesca».
    L'agevole conoscibilita' per i loro destinatari di  tutti  queste
disposizioni, implicitamente richiamate dalla lettera w) in esame, e'
d'altra parte garantita dal calendario ittico  regionale,  nel  quale
vengono   riprodotte   tutte   le   prescrizioni   sanzionate   dalla
disposizione  impugnata,  e  che  risulta  essere  stato  adottato  e
pubblicato per l'anno 2019.
    Dal che l'infondatezza anche  delle  censure  concernenti  questa
seconda disposizione.
     

                          per questi motivi
                       LA CORTE COSTITUZIONALE

    1)  dichiara   inammissibile   la   questione   di   legittimita'
costituzionale dell'art. 8 della legge della Regione Abruzzo 8 giugno
2018, n. 11, recante «Modifiche ed integrazioni alla legge  regionale
27 aprile 2017, n. 28 (Gestione della fauna ittica e disciplina della
pesca nelle acque interne)»,  promossa,  in  riferimento  all'art.  1
della legge 24 novembre 1981, n. 689 (Modifiche al  sistema  penale),
dal Presidente del Consiglio dei ministri con il ricorso indicato  in
epigrafe;
    2)  dichiara   non   fondata   la   questione   di   legittimita'
costituzionale dell'art. 8 della legge reg. Abruzzo n. 11  del  2018,
promossa,  in  riferimento  all'art.   25,   secondo   comma,   della
Costituzione, dal  Presidente  del  Consiglio  dei  ministri  con  il
ricorso indicato in epigrafe.
    Cosi' deciso in Roma,  nella  sede  della  Corte  costituzionale,
Palazzo della Consulta, il 7 maggio 2019.

                                F.to:
                    Giorgio LATTANZI, Presidente
                    Francesco VIGANO', Redattore
                     Roberto MILANA, Cancelliere

    Depositata in Cancelleria il 29 maggio 2019.

                   Il Direttore della Cancelleria
                        F.to: Roberto MILANA

Nessun commento: