N. 56 SENTENZA 26 febbraio - 26 marzo 2020
Giudizio di legittimita' costituzionale in via principale.
Trasporto pubblico - Servizio di noleggio con conducente (NCC) -
Nuovo regime - Obbligo di iniziare e terminare il servizio presso
le rimesse, con ritorno alle stesse - Violazione dei limiti alla
competenza esclusiva statale in materia di tutela della concorrenza
- Illegittimita' costituzionale parziale.
Trasporto pubblico - Servizio di noleggio con conducente (NCC) -
Nuovo regime - Limitate deroghe all'obbligo di iniziare e terminare
il servizio presso le rimesse, con ritorno alle stesse - Violazione
dei limiti posti alla competenza esclusiva statale in materia di
tutela della concorrenza - Illegittimita' costituzionale parziale.
Trasporto pubblico - Servizio di noleggio con conducente (NCC) -
Nuovo regime - Obbligo di ricevere le richieste e le prenotazioni
presso la rimessa o la sede , anche mediante l'utilizzo di
strumenti tecnologici; obbligo di compilare e tenere un "foglio di
servizio"; divieto temporaneo di nuove licenze, fino alla piena
operativita' del registro informatico pubblico nazionale delle
imprese di settore - Ricorso della Regione Calabria - Denunciata
violazione dei limiti alla competenza esclusiva statale in materia
di tutela della concorrenza e della competenza esclusiva regionale
in materia di trasporto pubblico locale - Non fondatezza della
questione.
Trasporto pubblico - Servizio di noleggio con conducente (NCC) -
Nuovo regime - Possibilita' per il vettore di disporre di ulteriori
rimesse nel territorio di altri Comuni della medesima Provincia o
area metropolitana in cui ricade il territorio del Comune che ha
rilasciato l'autorizzazione - Termine del 28 febbraio 2019 per il
raggiungimento di una "diversa intesa" in sede di Conferenza
unificata - Ricorso della Regione Calabria - Lamentata violazione
del principio di leale collaborazione - Non fondatezza della
questione.
- Decreto-legge 14 dicembre 2018, n. 135, convertito, con
modificazioni, nella legge 11 febbraio 2019, n. 12, art. 10-bis,
commi 1, lettere a), b), e) (nelle parti in cui ha sostituito
l'art. 11, comma 4, primo, secondo, terzo, quarto, quinto e sesto
periodo, della legge 15 gennaio 1992, n. 21) ed f) (nelle parti in
cui ha aggiunto i commi 4-bis e 4-ter all'art. 11 della legge n. 21
del 1992), 6, 7, 8 e 9.
- Costituzione, artt. 3, 9, 41, 117, commi primo, secondo, lettera
e), e quarto, e 120; Trattato sul funzionamento dell'Unione
Europea, artt. 49, 56, da 101 a 109.
(GU n.14 del 1-4-2020 )
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori:
Presidente:Marta CARTABIA;
Giudici :Aldo CAROSI, Mario Rosario MORELLI, Giancarlo CORAGGIO,
Giuliano AMATO, Silvana SCIARRA, Daria de PRETIS, Nicolo' ZANON,
Franco MODUGNO, Augusto Antonio BARBERA, Giulio PROSPERETTI,
Giovanni AMOROSO, Francesco VIGANO', Luca ANTONINI, Stefano
PETITTI,
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nel giudizio di legittimita' costituzionale dell'art. 10-bis,
commi 1, lettere a), b), e) e f), 6, 7, 8 e 9, del decreto-legge 14
dicembre 2018, n. 135 (Disposizioni urgenti in materia di sostegno e
semplificazione per le imprese e per la pubblica amministrazione),
convertito, con modificazioni, nella legge 11 febbraio 2019, n. 12,
promosso dalla Regione Calabria con ricorso notificato il 12-19
aprile 2019, depositato in cancelleria il 17 aprile 2019, iscritto al
n. 52 del registro ricorsi 2019 e pubblicato nella Gazzetta Ufficiale
della Repubblica n. 24, prima serie speciale, dell'anno 2019.
Visti l'atto di costituzione del Presidente del Consiglio dei
ministri e gli atti di intervento, ad adiuvandum, della «Associazione
EFFE SERVIZI» e altra, nonche', ad opponendum, della «Federazione
Nazionale UGL Taxi» (UGL TAXI) e altri;
udito nell'udienza pubblica del 25 febbraio 2020 il Giudice
relatore Daria de Pretis;
uditi gli avvocati Demetrio Verbaro per la Regione Calabria,
Pietro Troianiello per la «Associazione EFFE SERVIZI» e per la
«C.RO.NO. Service societa' cooperativa», Marco Giustiniani per la
«Federazione Nazionale UGL Taxi» (UGL TAXI) e altri e l'avvocato
dello Stato Giulio Bacosi per il Presidente del Consiglio dei
ministri;
deliberato nella camera di consiglio del 26 febbraio 2020.
Ritenuto in fatto
1.- Con ricorso notificato il 12-19 aprile 2019, depositato in
cancelleria il 17 aprile 2019 e iscritto al n. 52 del registro
ricorsi per il 2019, la Regione Calabria ha promosso questioni di
legittimita' costituzionale dell'art. 10-bis, commi 1, lettere a),
b), e) e f), 6, 7, 8 e 9, del decreto-legge 14 dicembre 2018, n. 135
(Disposizioni urgenti in materia di sostegno e semplificazione per le
imprese e per la pubblica amministrazione), convertito, con
modificazioni, nella legge 11 febbraio 2019, n. 12.
La ricorrente premette che il settore degli autoservizi pubblici
non di linea e' oggetto da anni di un «percorso assai tortuoso», nel
corso del quale il legislatore avrebbe tentato ripetutamente, ma
infruttuosamente, di riformare in modo organico la disciplina
contenuta nella legge 15 gennaio 1992, n. 21 (Legge quadro per il
trasporto di persone mediante autoservizi pubblici non di linea),
nella quale l'art. 10-bis del d.l. n. 135 del 2018, qui censurato,
inserisce nuove disposizioni.
Nel descrivere l'evoluzione del quadro normativo della materia,
la ricorrente riferisce che la legge n. 21 del 1992 era gia' stata
modificata in modo rilevante dall'art. 29, comma 1-quater, del
decreto-legge 30 dicembre 2008, n. 207 (Proroga di termini previsti
da disposizioni legislative e disposizioni finanziarie urgenti),
convertito, con modificazioni, nella legge 27 febbraio 2009, n. 14.
La normativa cosi' introdotta aveva «ridisegnato» la disciplina del
servizio di noleggio con conducente (NCC) introducendo una serie di
«forti vincoli» a tale attivita', fra i quali l'obbligo di iniziare e
terminare ogni singolo servizio alla rimessa, con rientro alla
stessa, nonche' l'obbligo di effettuare le prenotazioni sempre presso
la rimessa. L'efficacia di tale disciplina, tuttavia, era stata
immediatamente sospesa a seguito delle critiche sollevate
dall'Autorita' garante della concorrenza e del mercato (AGCM),
dapprima con l'adozione dell'art. 7-bis del decreto-legge 10 febbraio
2009, n. 5 (Misure urgenti a sostegno dei settori industriali in
crisi, nonche' disposizioni in materia di produzione lattiera e
rateizzazione del debito nel settore lattiero-caseario), convertito,
con modificazioni, nella legge 9 aprile 2009, n. 33, e
successivamente con una serie continua di proroghe della sospensione,
sino al 29 dicembre 2018, data di emanazione del decreto-legge 29
dicembre 2018, n. 143 (Disposizioni urgenti in materia di autoservizi
pubblici non di linea). Da ultimo, la materia e' stata disciplinata
dall'art. 10-bis del d.l. n. 135 del 2018, inserito dalla legge n. 12
del 2019 in sede di conversione, che riproduce le disposizioni gia'
contenute nel d.l. n. 143 del 2018, abrogandolo contestualmente.
La Regione Calabria afferma che i commi 1, lettere a), b), e) e
f), 6, 7, 8 e 9 del citato art. 10-bis introducono un nuovo regime
dell'attivita' degli autoservizi pubblici non di linea, disciplinando
nel dettaglio «le modalita' operative di svolgimento,
l'organizzazione del servizio e delle relative tempistiche, nonche'
gli obblighi specifici di documentazione».
Cio' premesso, la ricorrente propone cinque questioni di
illegittimita' costituzionale.
1.1.- Con la prima questione, lamenta la violazione del riparto
di competenze tra lo Stato e le regioni e segnatamente la violazione
dell'art. 117, commi secondo, lettera e), e quarto, della
Costituzione. La dettagliata disciplina descritta invaderebbe la
competenza regionale residuale in materia di trasporto pubblico
locale e in ogni caso, anche volendo ricondurre l'intervento
legislativo alla competenza statale "trasversale" in materia di
«tutela della concorrenza», non rispetterebbe i criteri di
adeguatezza e di proporzionalita' che devono essere rispettati nel
suo esercizio.
La ricorrente richiama innanzitutto la costante giurisprudenza
costituzionale secondo cui, dopo la riforma del Titolo V, la materia
del servizio pubblico di trasporto di linea e non di linea, in quanto
non espressamente menzionata, deve considerarsi transitata nella
competenza regionale residuale di cui all'art. 117, quarto comma,
Cost. (e' citata, tra le altre, la sentenza n. 5 del 2019).
A suo avviso, inoltre, l'intervento statale non potrebbe essere
ricondotto alla competenza esclusiva in materia di «tutela della
concorrenza» di cui all'art. 117, secondo comma, lettera e), Cost.,
«in virtu' della peculiarita' operativa» che caratterizzerebbe le
disposizioni impugnate. Al riguardo sono indicate, a titolo
esemplificativo, le modifiche degli artt. 3, comma 1, e 11, comma 4,
primo periodo, della legge n. 21 del 1992 (introdotte dal comma 1,
lettere a e b, dell'art. 10-bis), sulle prenotazioni da effettuarsi
«presso la rimessa o la sede» e anche «mediante l'utilizzo di sistemi
tecnologici», nonche' le ulteriori modifiche del comma 4 dell'art. 11
della legge n. 21 del 1992 sull'obbligo di rientro in rimessa dopo
ogni servizio di NCC e sull'obbligo di compilazione e tenuta di un
«foglio di servizio» in formato elettronico, che sarebbe aggravato da
uno specifico regime transitorio concentrato su minuti dettagli,
quale l'adozione di una numerazione progressiva dei fogli in formato
cartaceo.
Un intervento cosi' pervasivo non sarebbe giustificato dalla
natura "trasversale" della materia della concorrenza, che potrebbe
si' intersecare le competenze legislative regionali, ma solo nei
limiti di quanto strettamente necessario ad assicurare gli interessi
ai quali tale materia e' preposta (e' citata la sentenza n. 80 del
2006).
Secondo la Regione, le disposizioni impugnate non potrebbero
essere in alcun modo ricondotte alla tutela della concorrenza e
sembrerebbero al contrario finalizzate a comprimere il mercato del
trasporto pubblico non di linea esercitato con NCC. Sul punto e'
richiamata la sentenza n. 452 del 2007, con cui questa Corte,
scrutinando la legittimita' di un intervento statale diretto a
consentire ai comuni l'adozione di misure di allargamento della
platea dei soggetti operanti nel mercato degli autoservizi pubblici
non di linea, in asserita violazione della competenza regionale
residuale, ha respinto la censura rilevando come le disposizioni
impugnate si ponessero in una ragionevole e proporzionata relazione
con gli obiettivi perseguiti, non travalicando i limiti della
competenza trasversale dello Stato in materia di concorrenza. In
sostanza, ad avviso della ricorrente la pronuncia avrebbe
giustificato l'intervento statale in quanto finalizzato all'apertura
di un mercato in condizioni concorrenziali deficitarie, e
riconducibile quindi all'esercizio della potesta' legislativa
esclusiva statale in materia di «tutela della concorrenza».
Dalla pronuncia si dovrebbe dedurre, a contrario, che le
disposizioni introdotte dall'art. 10-bis del d.l. n. 135 del 2018 non
possono essere ricondotte alla citata competenza esclusiva statale,
«quanto meno» nella parte in cui prevedono che «[l]'inizio ed il
termine di ogni singolo servizio di noleggio con conducente devono
avvenire presso le rimesse [...], con ritorno alle stesse», e che
«[a] decorrere dalla data di entrata in vigore del presente decreto e
fino alla piena operativita' dell'archivio informatico pubblico
nazionale delle imprese di cui al comma 3, non e' consentito il
rilascio di nuove autorizzazioni per l'espletamento del servizio di
noleggio con conducente con autovettura, motocarrozzetta e natante»,
con cio' escludendo dal divieto di nuove autorizzazioni il servizio
di taxi.
La non riconducibilita' del nuovo regime del servizio di NCC alla
potesta' legislativa a tutela della concorrenza sarebbe poi
desumibile dalle critiche mosse negli ultimi anni dall'AGCM
all'analoga disciplina introdotta dall'art. 29, comma 1-quater, del
d.l. n. 207 del 2008, nonche' a quella contenuta nel d.l. n. 143 del
2018, poi «riversat[a]» nell'art. 10-bis del d.l. n. 135 del 2018.
1.1.1.- Terminata l'illustrazione della prima questione, la
ricorrente espone alcune considerazioni, preliminari alla trattazione
delle altre questioni, in tema di ridondanza sulle competenze
regionali della violazione di parametri diversi da quelli che
sovrintendono al riparto di attribuzioni. Tali considerazioni si
compendiano nella riproduzione di parte di una pronuncia di questa
Corte (sentenza n. 220 del 2013) e nell'assunto che «le norme oggi
censurate, anche al di la' della specifica invasione di materia, sono
lesive anche in virtu' della compromissione di altre attribuzioni e
per il riverbero sul riparto di competenza fra Stato e Regioni, per
come di seguito si rappresentera'».
1.2.- La seconda questione e' posta in rapporto di dichiarata
subordinazione alla prima, ove l'intervento statale fosse ricondotto
alla competenza esclusiva in materia di «tutela della concorrenza».
Essa ha per oggetto i commi 1, lettere a), e) e f), e 8,
dell'art. 10-bis. Tali previsioni, imponendo che le prenotazioni del
servizio di NCC avvengano presso la sede o la rimessa, anche se
mediante strumenti tecnologici, violerebbero l'art. 41 Cost.,
limitando «la libera iniziativa economica privata [...] dei soggetti
che offrono servizi che mettono in collegamento autisti
professionisti dotati di autorizzazione NCC da un lato e domanda di
mobilita' dall'altro».
A sostegno della censura, sono richiamate e parzialmente
riprodotte le considerazioni critiche svolte sul punto dall'AGCM
nell'audizione parlamentare tenuta durante l'iter di conversione del
d.l. n. 143 del 2018, e segnatamente il fatto che il vincolo
prescritto mal si concilierebbe con il pur ammesso uso degli
strumenti tecnologici di intermediazione, che imporrebbero invece una
maggiore flessibilita' nell'utilizzazione del servizio.
1.3.- La Regione lamenta in terzo luogo la violazione dell'art.
117, primo comma, Cost., in relazione agli artt. 49, 56 e da 101 a
109 del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea, come
modificato dall'art. 2 del Trattato di Lisbona del 13 dicembre 2007 e
ratificato dalla legge 2 agosto 2008, n. 130.
La questione ha per oggetto i commi 1, lettere a), b), e) e f), 6
e 9 dell'art. 10-bis del d.l. n. 135 del 2018. Le limitazioni,
introdotte con tali disposizioni, all'ambito territoriale entro cui
l'attivita' di NCC puo' essere effettuata si porrebbero in contrasto
con i principi comunitari di liberta' di stabilimento, di libera
prestazione dei servizi e di concorrenza.
L'obbligo di rientro in rimessa dopo ogni singolo servizio
costituirebbe un evidente limite alla liberta' di stabilimento
tutelata dall'art. 49 del TFUE, in quanto imporrebbe un onere
eccessivo agli operatori e renderebbe «piu' difficile e/o meno
attrattivo» l'esercizio delle attivita' di NCC in Italia.
La ricorrente richiama le osservazioni critiche presentate dalla
Commissione europea nel corso di un giudizio alla Corte di giustizia
dell'Unione europea (cause riunite C-162/12 e C-163/12) e ricorda che
la stessa Commissione europea avrebbe «paventato l'avvio di un
procedimento d'infrazione» nei confronti dell'Italia nell'ambito di
una procedura «EU Pilot», in quanto l'obbligo di effettuare la
prenotazione presso la rimessa, introdotto dall'art. 29, comma
1-quater, del d.l. n. 207 del 2008 e successivamente sospeso, violava
la liberta' di stabilimento.
Le disposizioni impugnate si porrebbero in contrasto anche con la
liberta' di prestazione dei servizi tutelata all'art. 56 del TFUE,
per l'irragionevole limitazione «di fatto» degli ambiti territoriali
entro i quali l'attivita' di NCC puo' essere esercitata, e
discriminerebbero anche «cittadini europei appartenenti a diverse
regioni» (e' citata la sentenza n. 271 del 2009).
La violazione dei principi di libera concorrenza (artt. da 101 a
109 del TFUE) si desumerebbe dalle citate considerazioni dell'AGCM,
secondo cui «[i] suddetti limiti fisici in ordine alla prenotazione
[appaiono] presentare un carattere restrittivo della concorrenza»,
cosi' come «la limitazione territoriale provinciale», per superare la
quale la stessa AGCM aveva auspicato che l'autorizzazione fosse
concessa su base nazionale o, in subordine, regionale.
1.3.1.- In questo contesto, la ricorrente riprende l'argomento
della ridondanza, ritenendo indubitabile che «dette violazioni
ridondino in negativo sulla possibilita' per le regioni di legiferare
in materia». Il riferimento e' operato, per esempio, alle
«disposizioni contenute all'art. 10-bis, comma 6 della legge
impugnata, che sospendono rilascio [sic] di nuove autorizzazioni NCC
fino alla piena operativita' del registro pubblico nazionale (e non
anche per i taxi)», nonche' alle «limitazioni territoriali ristrette
all'ambito provinciale che non consentono alle regioni di
disciplinare il trasporto interregionale [recte: intraregionale] e
che non lasciano spazio per un intervento relativo alla mobilita'
interprovinciale».
1.4.- La quarta questione ha per oggetto il comma 1, lettera b),
dell'art. 10-bis. Secondo la Regione Calabria esso violerebbe il
principio di leale collaborazione ex art. 120 Cost., per l'estrema
brevita' del termine concesso per raggiungere in sede di Conferenza
unificata una «diversa intesa» sulla prevista possibilita' che il
vettore NCC disponga di ulteriori rimesse nel territorio di altri
comuni della medesima provincia o area metropolitana. Il termine e'
fissato al 28 febbraio 2019, appena quindici giorni dopo l'entrata in
vigore della disposizione impugnata (il 13 febbraio 2019). Il
principio di leale collaborazione non consentirebbe infatti, in base
alla giurisprudenza costituzionale, che l'assunzione unilaterale
dell'atto da parte dell'autorita' centrale consegua automaticamente
al mancato raggiungimento dell'intesa entro un determinato periodo di
tempo, specie quando il termine previsto e' molto breve (sono citate
le sentenze n. 1 del 2016 e n. 165 del 2011).
«In subordine», il comma 1, lettera b), dell'art. 10-bis e'
impugnato nella parte in cui prevede che l'intesa possa essere
raggiunta entro il 28 febbraio 2019 «invece che senza limitazioni di
tempo»
1.5.- Con la quinta questione la Regione Calabria lamenta la
violazione, ad opera delle disposizioni contenute ai commi 1, lettere
b), e) e f), e 6 dell'art. 10-bis del d.l. n. 135 del 2018, degli
artt. 3 e 9 Cost., per contrasto con i principi di uguaglianza e di
ragionevolezza.
Le disposizioni impugnate violerebbero i citati parametri in
quanto:
a) introdurrebbero deroghe ingiustificate a favore delle Regioni
Siciliana e autonoma della Sardegna, prevedendo in particolare la
validita' sull'intero territorio regionale dell'autorizzazione
rilasciata da un comune della regione (comma 1, lettera b, che
sostituisce il comma 3 dell'art. 3 della legge n. 21 del 1992) e la
possibilita' per i conducenti di non fare rientro in rimessa al
termine del primo servizio (comma 1, lettera f, che sostituisce il
comma 4 dell'art. 11 della legge n. 21 del 1992);
b) limiterebbero di fatto l'autorizzazione a svolgere il servizio
di NCC alla «sola operativita' provinciale», mentre in altri ambiti
del trasporto, «come per i servizi di mobilita' su gomma a media e
lunga percorrenza», e' prevista anche una «autorizzazione su base
nazionale», come rilevato dall'AGCM;
c) disporrebbero ingiustificatamente solo per il servizio di NCC,
e non anche per il servizio di taxi, la sospensione del rilascio di
nuove autorizzazioni fino alla piena operativita' dell'archivio
informatico pubblico nazionale previsto al comma 3 dello stesso art.
10-bis (comma 6);
d) nel prevedere l'obbligo di rientro in rimessa, ometterebbero
irragionevolmente il bilanciamento con «gli aspetti legati alla
tutela dell'ambiente (art. 9 Cost.)», «posto che le autovetture NCC
viaggeranno senza alcun passeggero per il cinquanta per cento del
tempo e del chilometraggio complessivo», cio' traducendosi in
attivita' dannose per l'ambiente e nello spreco di risorse.
2.- Con atto depositato il 27 maggio 2019 si e' costituito in
giudizio il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e
difeso dall'Avvocatura generale dello Stato, che ha concluso per
l'inammissibilita' e comunque per l'infondatezza delle questioni.
2.1.- Sulla prima questione, l'Avvocatura osserva che, sebbene in
via generale la materia del trasporto pubblico non di linea rientri
tra quelle attribuite alla competenza esclusiva delle regioni, «le
ricadute di tale attivita' nel settore della concorrenza sull'intero
territorio nazionale» giustificano la previsione da parte dello
Stato, nell'esercizio della competenza esclusiva in materia di
«tutela della concorrenza» di cui all'art. 117, secondo comma,
lettera e), Cost., di indirizzi generali idonei a coordinare
l'attivita' di programmazione e pianificazione da parte delle singole
regioni, nonche' l'attivita' dei comuni di rilascio delle
autorizzazioni. L'art. 10-bis del d.l. n. 135 del 2018 costituirebbe
dunque «a pieno titolo» espressione delle attribuzioni del
legislatore nazionale in materia di concorrenza, alla luce della
giurisprudenza costituzionale (e' citata la sentenza n. 265 del
2016).
2.2.- Quanto all'asserita violazione di parametri estranei al
riparto di competenze, la difesa statale eccepisce l'inammissibilita'
delle relative questioni per difetto di motivazione in ordine alla
ridondanza delle dedotte violazioni sulle attribuzioni regionali (e'
citata la sentenza n. 78 del 2018).
Nel merito, le questioni sarebbero comunque infondate, poiche'
l'organica disciplina ora contenuta nella legge n. 21 del 1992
regolerebbe gli autoservizi pubblici non di linea con l'obiettivo di
bilanciare le istanze concorrenziali poste a fondamento dell'intero
sistema economico con le imprescindibili esigenze di tutela degli
utenti e di garanzia della qualita' del servizio.
Sarebbero infondate anche le censure mosse alla disciplina
derogatoria per la Regione Siciliana e quella autonoma della
Sardegna, in base alle quali l'autorizzazione rilasciata da un comune
di quelle regioni e' valida sull'intero territorio regionale. La
previsione sarebbe giustificata dalla «peculiare configurazione
orografica delle Regioni interessate nonche' delle strutture del
trasporto locale», tanto che proprio la sua assenza, auspicata dalla
ricorrente, avrebbe potuto dare luogo a profili di disuguaglianza e
irragionevolezza.
3.- Con atto depositato il 5 giugno 2019 sono intervenute nel
giudizio, ad adiuvandum, la «Associazione EFFE SERVIZI» e la
«C.RO.NO. Service societa' cooperativa».
4.- Con atto depositato il 1° luglio 2019 sono intervenuti nel
giudizio, ad opponendum, la «Federazione Nazionale UGL Taxi» (UGL
TAXI), la «Associazione Tutela Legale Taxi», la «Federazione Taxi
CISAL Provinciale Roma» (FEDERTAXI), la «A.T.I. Taxi», la «TAM -
Tassisti Artigiani Milanesi», la «ANAR -Associazione Nazionale
Autonoleggiatori Riuniti», il « TAXIBLU - Consorzio Radiotaxi
Satellitare societa' cooperativa» e i rispettivi rappresentanti
legali, in proprio, quali titolari di licenze per taxi e di
autorizzazioni per il noleggio con conducente.
5.- La Regione Calabria ha depositato il 10 gennaio 2020 una
memoria, nella quale preliminarmente eccepisce l'inammissibilita'
degli interventi e replica all'eccezione dell'Avvocatura di
inammissibilita' per difetto di motivazione sulla ridondanza. A
questo secondo riguardo osserva che l'eccezione non sarebbe
conferente quanto alla lamentata violazione del principio di leale
collaborazione desumibile dall'art. 120 Cost., giacche' la violazione
ridonderebbe in via immediata sulle attribuzioni regionali, mentre
quanto al resto apparirebbe ben chiaro, nell'impostazione del
ricorso, il collegamento delle censure rispetto alla violazione del
riparto di competenze legislative.
Le censure relative alla violazione del principio di libera
iniziativa economica, dei principi comunitari e dei principi di leale
collaborazione, di uguaglianza e di ragionevolezza dimostrerebbero
che «l'invasione della sfera di competenza delle Regioni da parte
dello Stato ha comportato, quale conseguenza, anche la violazione di
altri principi costituzionali a scapito delle stesse Regioni».
Inoltre, attraverso tali censure sarebbe possibile analizzare il
contenuto, il significato, la portata e gli effetti delle norme
impugnate e, quindi, l'implausibilita' dell'esercizio di competenze
statali trasversali come la tutela della concorrenza, fungendo esse
«d'ausilio» in relazione alla questione di competenza.
5.1.- Nell'illustrare la prima questione, la Regione osserva che
per affermare la sussistenza della competenza trasversale dello Stato
non basterebbe invocare la «tutela della concorrenza», dovendosi
accertare se le norme abbiano per oggetto, diretto o indiretto, la
concorrenza e se siano adeguate e proporzionate al fine prefissato.
Sotto il primo profilo, le disposizioni impugnate sarebbero
completamente estranee alla materia della tutela della concorrenza,
«sostanziandosi nella disciplina e nella regolamentazione
dell'autoservizio NCC», al mero fine di organizzarlo e gestirlo nella
sua totalita' con norme dettagliate, modificando le regole
fondamentali del suo esercizio e violando in tal modo le competenze
legislative regionali (sono citate le sentenze n. 251 del 2016 e n.
345 del 2004).
Sotto il secondo profilo, le disposizioni censurate, nell'imporre
l'ubicazione provinciale delle rimesse, le modalita' di prenotazione
presso la sede o le rimesse, l'obbligo di iniziare e terminare ogni
singolo servizio alla rimessa, la compilazione e la tenuta del foglio
di servizio contenente anche i dati del cliente (con sua
"schedatura") e la "moratoria" nel rilascio di nuove autorizzazioni,
impedirebbero il pieno e libero accesso al mercato, limitando
l'offerta dei servizi e obbligando di fatto il cliente a scegliere
l'operatore non in base al rapporto qualita'/prezzo, ma a criteri che
favoriscono alcuni operatori (non soggetti a tali limiti) a scapito
di altri.
5.2.- Dopo avere rinviato alle argomentazioni svolte nel ricorso
quanto alle violazioni degli artt. 3, 41 e 117, primo comma, Cost.,
la Regione si sofferma sulla questione ex art. 120 Cost., osservando
che, ove si riconducessero le disposizioni impugnate alla «tutela
della concorrenza», la competenza statale non sarebbe comunque
prevalente, onde il legislatore avrebbe dovuto prevedere forme di
coinvolgimento delle regioni tramite preventiva intesa.
A tal fine l'intesa prevista al nuovo comma 3 dell'art. 3 della
legge n. 21 del 1992 sarebbe inadeguata e insufficiente a garantire
il rispetto del principio di leale collaborazione, essendo limitata a
una sola delle regole introdotte dall'art. 10-bis e consentendo alle
regioni di discutere esclusivamente sulla possibilita' di eliminare
per i titolari di autorizzazioni NCC la facolta' di istituire piu'
rimesse su base provinciale e di imporre la base territoriale del
comune che ha rilasciato l'autorizzazione.
Considerato in diritto
1.- La Regione Calabria ha promosso questioni di legittimita'
costituzionale dell'art. 10-bis, commi 1, lettere a), b), e) e f), 6,
7, 8 e 9, del decreto-legge 14 dicembre 2018, n. 135 (Disposizioni
urgenti in materia di sostegno e semplificazione per le imprese e per
la pubblica amministrazione), convertito, con modificazioni, nella
legge 11 febbraio 2019, n. 12.
Le disposizioni impugnate introducono, insieme alle altre
contenute nello stesso art. 10-bis, un nuovo regime dell'attivita' di
noleggio con conducente (NCC).
1.1.- In via preliminare va ribadito quanto stabilito
nell'ordinanza di cui e' stata data lettura in udienza, allegata al
presente provvedimento, sull'inammissibilita' degli interventi ad
adiuvandum della «Associazione EFFE SERVIZI» e della «C.RO.NO.
Service societa' cooperativa», nonche' degli interventi ad opponendum
della «Federazione Nazionale UGL Taxi» (UGL TAXI), della
«Associazione Tutela Legale Taxi», della «Federazione Taxi CISAL
Provinciale Roma» (FEDERTAXI), della «A.T.I. Taxi», la «TAM -
Tassisti Artigiani Milanesi», della «ANAR -Associazione Nazionale
Autonoleggiatori Riuniti», del « TAXIBLU - Consorzio Radiotaxi
Satellitare societa' cooperativa» e dei rispettivi rappresentanti
legali, in proprio, quali titolari di licenze per taxi e di
autorizzazioni per il noleggio con conducente.
Secondo il costante orientamento di questa Corte, il giudizio di
legittimita' costituzionale in via principale si svolge
esclusivamente tra soggetti titolari di potesta' legislativa e non
ammette l'intervento di soggetti che ne siano privi, fermi restando
per costoro, ove ne ricorrano i presupposti, gli altri mezzi di
tutela giurisdizionale eventualmente esperibili (ex plurimis,
sentenze n. 5 del 2018 e allegata ordinanza letta all'udienza del 21
novembre 2017, n. 242, n. 110 e n. 63 del 2016, n. 251 e n. 118 del
2015, n. 278 del 2010; ordinanza n. 213 del 2019). Tale orientamento
va tenuto fermo anche a seguito delle modifiche delle Norme
integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale apportate
con la delibera di questa Corte dell'8 gennaio 2020 (pubblicata nella
Gazzetta Ufficiale n. 17 del 22 gennaio 2020), non incidendo esse sui
requisiti di ammissibilita' degli interventi nei giudizi in via
principale.
2.- La Regione Calabria ha promosso cinque questioni.
La prima riguarda la violazione della competenza residuale delle
regioni ex art. 117, quarto comma, della Costituzione, in materia di
trasporto pubblico locale. Delle altre questioni, una evoca il
principio di leale collaborazione desumibile dall'art. 120 Cost.,
mentre le rimanenti si riferiscono a parametri che non interessano il
riparto di attribuzioni: si tratta (seguendo l'ordine dei motivi di
ricorso) degli artt. 3, 9, 41 e 117, primo comma, Cost., quest'ultimo
in relazione agli artt. 49, 56 e da 101 a 109 del Trattato sul
funzionamento dell'Unione europea, come modificato dall'art. 2 del
Trattato di Lisbona del 13 dicembre 2007 e ratificato dalla legge 2
agosto 2008, n. 130.
Come si desume dalle motivazioni del ricorso, le norme impugnate
sono investite nella loro interezza solo dalle censure con cui e'
lamentata la lesione della competenza residuale regionale; le altre
questioni hanno singolarmente oggetti piu' limitati.
Nell'intestazione e nel dispositivo del ricorso e' indicato, tra
i parametri violati, anche l'art. 118 Cost., ma nella motivazione non
se ne fa cenno, sicche' in riferimento a esso l'impugnazione si deve
ritenere inammissibile per totale carenza di motivazione.
3.- Per quello che qui rileva, l'attivita' di NCC e' regolata
dalla legge 15 gennaio 1992, n. 21 (Legge quadro per il trasporto di
persone mediante autoservizi pubblici non di linea). Il testo vigente
della legge n. 21 del 1992 e' il risultato delle modifiche introdotte
prima dall'art. 29, comma 1-quater, del decreto-legge 30 dicembre
2008, n. 207 (Proroga di termini previsti da disposizioni legislative
e disposizioni finanziarie urgenti), convertito, con modificazioni,
nella legge 27 febbraio 2009, n. 14, e successivamente dall'art.
10-bis del d.l. n. 135 del 2018, impugnato in questa sede.
Se ne tratteggia di seguito una rapida sintesi, mentre si
illustreranno poi nel dettaglio le singole disposizioni incise dalla
normativa censurata.
All'art. 1, la legge n. 21 del 1992 identifica gli autoservizi
pubblici non di linea in «quelli che provvedono al trasporto
collettivo od individuale di persone, con funzione complementare e
integrativa rispetto ai trasporti pubblici di linea [...] e che
vengono effettuati, a richiesta dei trasportati o del trasportato, in
modo non continuativo o periodico, su itinerari e secondo orari
stabiliti di volta in volta» (comma 1). Lo stesso art. 1 stabilisce
poi che «costituiscono autoservizi pubblici non di linea» i servizi
di taxi e di NCC (comma 2).
Gli artt. 2 e 3 descrivono le caratteristiche di tali servizi.
Il servizio di taxi si rivolge a «una utenza indifferenziata»,
che richiede la prestazione in modo diretto grazie allo stazionamento
in luogo pubblico dei mezzi, che devono essere distinguibili dagli
altri autoveicoli; le tariffe sono determinate dagli organi
competenti, che stabiliscono anche le modalita' del servizio; il
prelevamento dell'utente ovvero l'inizio del servizio «avvengono
all'interno dell'area comunale o comprensoriale» (art. 2, comma 1).
Nelle aree di riferimento, «la prestazione del servizio e'
obbligatoria» (comma 2).
Il servizio di NCC, alla luce della vigente formulazione
dell'art. 3, si rivolge invece a una «utenza specifica», che «avanza,
presso la sede o la rimessa, apposita richiesta per una determinata
prestazione a tempo e/o viaggio anche mediante l'utilizzo di
strumenti tecnologici» (art. 3, comma 1). Lo stazionamento dei mezzi
non deve avvenire sulla pubblica via, ma all'interno delle apposite
rimesse (comma 2). La sede operativa del vettore e almeno una rimessa
«devono essere situate nel territorio del comune che ha rilasciato
l'autorizzazione», con possibilita' per il vettore «di disporre di
ulteriori rimesse nel territorio di altri comuni della medesima
provincia o area metropolitana in cui ricade il territorio del comune
che ha rilasciato l'autorizzazione, previa comunicazione ai comuni
predetti» (comma 3).
A tali limitazioni si aggiungono gli obblighi previsti dall'art.
11 della legge n. 21 del 1992, che al comma 4 impone ai titolari
delle autorizzazioni NCC di ricevere nuove prenotazioni presso la
rimessa o la sede e di iniziare e terminare ogni singolo servizio
presso le rimesse medesime, nonche' di compilare e tenere un «foglio
di servizio in formato elettronico» riportante i dati del servizio
svolto.
Pur sottoposto a questi vincoli, il trasporto puo' avvenire senza
limiti territoriali, come si desume dalla previsione, contenuta
sempre al comma 4 dell'art. 11, secondo cui «[i]l prelevamento e
l'arrivo a destinazione dell'utente possono avvenire anche al di
fuori della provincia o dell'area metropolitana in cui ricade il
territorio del comune che ha rilasciato l'autorizzazione». Inoltre, a
differenza del servizio taxi, non sono previsti obblighi tariffari
(il corrispettivo e' liberamente concordato) ne' di prestazione (la
richiesta di trasporto puo' essere rifiutata).
La legge n. 21 del 1992 - che sin dal titolo si presenta come
legge quadro in una materia, all'epoca, di potesta' legislativa
ripartita - riconosce poi in termini espliciti e ampi le competenze
delle regioni in relazione agli autoservizi pubblici non di linea:
«[l]e regioni esercitano le loro competenze in materia di trasporto
di persone mediante autoservizi pubblici non di linea ai sensi del
decreto del Presidente della Repubblica 24 luglio 1977, n. 616, e nel
quadro dei principi fissati dalla presente legge» (art. 4, comma 1).
In particolare, e' previsto (art. 4, comma 2) che le regioni
stabiliscano i criteri cui devono attenersi i comuni nel redigere i
regolamenti sull'esercizio degli autoservizi pubblici non di linea e
che deleghino poi agli enti locali l'esercizio delle funzioni
amministrative attuative.
I comuni provvedono a emanare tali regolamenti e a esercitare in
concreto le funzioni amministrative concernenti il rilascio delle
licenze taxi e delle autorizzazioni NCC e definiscono, nel contempo,
il numero e la tipologia dei veicoli da adibire a tali servizi, le
modalita' di svolgimento e i criteri per la determinazione delle
tariffe (art. 5).
L'art. 6 prescrive inoltre il conseguimento di un certificato di
abilitazione professionale, nonche' un esame da parte di un'apposita
commissione regionale che verifica i requisiti di idoneita'
all'esercizio degli autoservizi pubblici non di linea, con
particolare riferimento alla conoscenza geografica e toponomastica.
Il possesso del certificato e il superamento dell'esame consentono
l'iscrizione al ruolo dei conducenti di veicoli o natanti adibiti ad
autoservizi pubblici non di linea, istituito presso le Camere di
commercio, industria, artigianato e agricoltura, che costituisce
presupposto indispensabile per ottenere le licenze e le
autorizzazioni in materia.
La violazione di quanto disposto dagli artt. 3 e 11 e' punita con
la sospensione dal ruolo (di durata via via crescente in caso di
progressiva recidiva) e con la cancellazione da esso alla quarta
inosservanza (art. 11-bis).
3.1.- Come accennato, la disciplina del servizio di NCC contenuta
nella legge n. 21 del 1992 e' stata oggetto nel tempo di molteplici
interventi.
In primo luogo, il citato d.l. n. 207 del 2008, all'art. 29,
comma 1-quater, ha reso piu' stringenti i vincoli territoriali,
aumentando anche i controlli sul loro rispetto e le sanzioni in caso
di violazione. In particolare, sono stati introdotti a carico dei
prestatori dei servizi di NCC: l'obbligo di avere la sede e la
rimessa esclusivamente nel territorio del comune che ha rilasciato
l'autorizzazione; l'obbligo di iniziare ogni singolo servizio dalla
rimessa e di ritornarvi al termine del servizio; l'obbligo di
compilare e tenere il «foglio di servizio»; l'obbligo di sostare, a
disposizione dell'utenza, esclusivamente all'interno della rimessa.
E' stato inoltre confermato l'obbligo gia' previsto dalla legge n. 21
del 1992 di effettuazione presso le rimesse delle prenotazioni di
trasporto.
Questa disciplina non ha tuttavia avuto applicazione per molto
tempo.
L'efficacia dell'art. 29, comma 1-quater, e' stata dapprima
sospesa sino al 31 marzo 2010 in attesa della ridefinizione della
disciplina dettata dalla legge 15 gennaio 1992, n. 21, in materia di
trasporto di persone mediante autoservizi non di linea (art. 7-bis
del decreto-legge 10 febbraio 2009, n. 5, recante Misure urgenti a
sostegno dei settori industriali in crisi, nonche' disposizioni in
materia di produzione lattiera e rateizzazione del debito nel settore
lattiero-caseario, convertito, con modificazioni, nella legge 9
aprile 2009, n. 33).
In seguito, perdurando la mancanza di tale «ridefinizione»,
l'art. 2, comma 3, del decreto-legge 25 marzo 2010 n. 40
(Disposizioni urgenti tributarie e finanziarie in materia di
contrasto alle frodi fiscali internazionali e nazionali operate, tra
l'altro, nella forma dei cosiddetti «caroselli» e «cartiere», di
potenziamento e razionalizzazione della riscossione tributaria anche
in adeguamento alla normativa comunitaria, di destinazione dei
gettiti recuperati al finanziamento di un Fondo per incentivi e
sostegno della domanda in particolari settori), convertito, con
modificazioni, nella legge 22 maggio 2010, n. 73, ha demandato a un
decreto ministeriale, previa intesa con la Conferenza unificata,
l'adozione di «urgenti disposizioni attuative, tese a impedire
pratiche di esercizio abusivo del servizio di taxi e del servizio di
noleggio con conducente o, comunque, non rispondenti ai principi
ordinamentali che regolano la materia» e di indirizzi generali per
l'attivita' di programmazione e pianificazione delle regioni ai fini
del rilascio dei titoli autorizzativi da parte dei comuni. Tali
misure non sono mai state emanate nonostante che, successivamente, il
legislatore abbia piu' volte prorogato il termine per la loro
adozione.
L'art. 10-bis del d.l. n. 135 del 2018, oggetto di impugnazione
in questa sede, ha letteralmente e integralmente riprodotto le
modifiche che, prima della scadenza dell'ultima proroga, erano state
portate alla legge n. 21 del 1992 dall'art. 1 del decreto-legge 29
dicembre 2018, n. 143 (Disposizioni urgenti in materia di autoservizi
pubblici non di linea), non convertito.
Per meglio comprendere l'assetto normativo vigente, va precisato
che l'art. 10-bis ha a sua volta abrogato, a decorrere dal 1° gennaio
2019, sia il comma 3 dell'art. 2 del d.l. n. 40 del 2010 (al comma
5), che l'art. 7-bis del d.l. n. 5 del 2009 (al comma 7), che avevano
sospeso l'efficacia della piu' stringente disciplina dettata
dall'art. 29, comma 1-quater, del d.l. n. 207 del 2008. Di
conseguenza, dalla indicata data del 1° gennaio 2019 hanno acquistato
efficacia le disposizioni modificative della legge n. 21 del 1992
introdotte dall'art. 29, comma 1-quater, del d.l. n. 207 del 2008,
come ulteriormente modificate dall'art. 10-bis del d.l. n. 135 del
2018, mentre e' venuta meno la previsione di «urgenti disposizioni
attuative» dirette a contrastare il fenomeno dell'abusivismo, da
adottare con decreto ministeriale.
3.2.- Come visto, la ricorrente impugna le seguenti parti
dell'art. 10-bis: le lettere a), b), e) e f) del comma 1, nonche' i
commi 6, 7, 8 e 9. Prima di passare all'esame delle singole censure,
conviene esaminare nel dettaglio il contenuto di tali disposizioni.
La lettera a) del comma 1 modifica il comma 1 dell'art. 3 della
legge n. 21 del 1992, che definisce le caratteristiche del servizio
di NCC e le modalita' di richiesta delle prestazioni, sostituendo le
parole «presso la rimessa» con le seguenti: «presso la sede o la
rimessa» e aggiungendo alla fine le parole «anche mediante l'utilizzo
di strumenti tecnologici».
La lettera b) del comma 1 sostituisce integralmente il comma 3
dello stesso art. 3. Con tale intervento, il legislatore ha previsto,
in primo luogo, che le prestazioni di NCC possano essere richieste
dall'utenza, oltre che nella rimessa, anche presso la sede del
vettore e ha specificato che le richieste possono avvenire anche
mediante l'utilizzo di strumenti tecnologici.
Il nuovo comma 3 dell'art. 3 ribadisce poi che la sede operativa
del vettore NCC e (almeno) una rimessa devono essere situate nel
territorio del comune che ha rilasciato l'autorizzazione. La
previsione si collega a quella dell'art. 8, comma 3, della stessa
legge n. 21 del 1992 (come modificato dall'art. 29, comma 1-quater,
del d.l. n. 207 del 2008 e non oggetto di impugnazione), alla cui
stregua «per poter conseguire e mantenere l'autorizzazione per il
servizio di noleggio con conducente e' obbligatoria la
disponibilita', in base a valido titolo giuridico, di una sede, di
una rimessa o di un pontile di attracco situati nel territorio del
comune che ha rilasciato l'autorizzazione».
E' stata tuttavia introdotta la possibilita' per il vettore di
avere ulteriori rimesse nel territorio di altri comuni della medesima
provincia o area metropolitana in cui ricade il territorio del comune
che ha rilasciato l'autorizzazione, previa comunicazione ai comuni
predetti e salvo diversa intesa raggiunta in Conferenza unificata
entro il 28 febbraio 2019.
Con le descritte modifiche il legislatore del 2018, pur
conservando vincoli territoriali nell'organizzazione del servizio di
NCC, ha voluto introdurre elementi di flessibilita' rispetto alla
fisionomia "disegnata" nel 2008 con l'adozione del citato art. 29,
comma 1-quater. Mentre in precedenza il vettore poteva ricevere la
richiesta dell'utente solo presso la sede e lo stazionamento del
mezzo doveva avvenire nell'unica rimessa a disposizione, ubicata
esclusivamente nel territorio del comune che aveva rilasciato
l'autorizzazione, la nuova disciplina consente al vettore di disporre
di piu' rimesse situate in piu' comuni e di stazionare dunque in
luoghi diversi, anche se sempre all'interno della provincia o
dell'area metropolitana in cui ricade il comune che ha rilasciato
l'autorizzazione.
Una deroga a tale disciplina e' prevista, «in ragione delle
specificita' territoriali e delle carenze infrastrutturali», per la
Sicilia e la Sardegna, dove «l'autorizzazione rilasciata in un comune
della regione e' valida sull'intero territorio regionale» e i vettori
NCC, che devono avere «la sede operativa e almeno una rimessa» entro
il territorio regionale (non gia' solo comunale), in tale stesso
ambito possono stazionare con il mezzo, ricevere le richieste e, come
si vedra', iniziare e terminare ogni singolo servizio.
La lettera e) del comma 1 dell'art. 10-bis sostituisce il comma 4
dell'art. 11 della legge n. 21 del 1992, gia' sostituito dall'art.
29, comma 1-quater, del d.l. n. 207 del 2008.
Dopo avere stabilito (in linea con il disposto dell'art. 3, comma
1) che «le prenotazioni di trasporto per il servizio di noleggio con
conducente sono effettuate presso la rimessa o la sede, anche
mediante l'utilizzo di strumenti tecnologici» (primo periodo), il
nuovo comma 4 prevede che l'inizio e il termine di ogni singolo
servizio di NCC «devono avvenire presso le rimesse di cui
all'articolo 3, comma 3, con ritorno alle stesse» (secondo periodo),
mentre «[i]l prelevamento e l'arrivo a destinazione dell'utente
possono invece avvenire anche al di fuori della provincia o dell'area
metropolitana in cui ricade il territorio del Comune che ha
rilasciato l'autorizzazione» (terzo periodo).
Rispetto al vincolo imposto dal previgente comma 4 - secondo il
quale, in linea con l'ambito comunale della restrizione territoriale
allora operante, «[l]'inizio ed il termine di ogni singolo servizio
di noleggio con conducente devono avvenire alla rimessa, situata nel
comune che ha rilasciato l'autorizzazione, con ritorno alla stessa» -
la norma allarga la sfera di potenziale operativita' alla dimensione
provinciale (o di area metropolitana). In coerenza con la
possibilita' di disporre di ulteriori rimesse introdotta dal nuovo
comma 3 dell'art. 3 - che di fatto gia' autorizza il vettore a
operare all'interno della provincia - l'inizio e la fine del servizio
di NCC possono ora avvenire anche in rimesse situate in altri comuni
della provincia (o dell'area metropolitana) di riferimento.
Il nuovo comma 4 mantiene anche l'obbligo del "foglio di
servizio", ma ne impone la compilazione e la tenuta «in formato
elettronico», demandando la definizione delle specifiche tecniche a
un decreto ministeriale, in attesa del quale il foglio di servizio e'
sostituito da una versione cartacea.
La lettera f) inserisce, dopo il comma 4 dell'art. 11, i commi
4-bis e 4-ter.
Il comma 4-bis prevede una deroga all'obbligo di rientro in
rimessa dopo ogni servizio, consentendo di iniziare un nuovo
trasporto anche senza il rientro in rimessa nel caso di piu'
prenotazioni, oltre la prima, risultanti dal foglio di servizio, «con
partenza o destinazione all'interno della provincia o dell'area
metropolitana in cui ricade il territorio del comune che ha
rilasciato l'autorizzazione». Una deroga piu' ampia e' prevista a
favore dei vettori operanti in Sicilia e Sardegna, per i quali
«partenze e destinazioni possono ricadere entro l'intero territorio
regionale».
Il nuovo comma 4-ter chiarisce infine che, fermo il divieto di
sosta in posteggio di stazionamento su suolo pubblico nei comuni ove
sia esercitato il servizio di taxi (art. 11, comma 3), nel servizio
di NCC «e' in ogni caso consentita la fermata su suolo pubblico
durante l'attesa del cliente che ha effettuato la prenotazione del
servizio e nel corso dell'effettiva prestazione del servizio stesso».
Il comma 6 dell'art. 10-bis va letto insieme al comma 3 (non
impugnato) dello stesso articolo, che prevede l'istituzione, entro un
anno dall'entrata in vigore del d.l. n. 135 del 2018, come
convertito, di «un registro informatico pubblico nazionale delle
imprese titolari di licenza per il servizio taxi [...] e di quelle di
autorizzazione per il servizio di noleggio con conducente [...]»,
demandando a un decreto ministeriale l'individuazione delle
«specifiche tecniche di attuazione e le modalita' con le quali le
predette imprese dovranno registrarsi». Il comma 6 impugnato
introduce per il periodo intermedio una sorta di moratoria nel
rilascio di nuove autorizzazioni per l'espletamento del servizio di
noleggio con conducente, stabilendo che non e' consentito «fino alla
piena operativita' dell'archivio informatico pubblico nazionale delle
imprese di cui al comma 3 [...]».
Con il comma 7 dell'art. 10-bis e' abrogato, a decorrere dal 1°
gennaio 2019, l'art. 7-bis del d.l. n. 5 del 2009, con la conseguenza
che viene cosi' definitivamente meno la sospensione dell'efficacia
dell'art. 29, comma 1-quater, del d.l. n. 207 del 2008 disposta dalla
norma abrogata.
Il comma 8 dell'art. 10-bis prevede che venga disciplinata con
decreto del Presidente del Consiglio dei ministri l'attivita' delle
piattaforme tecnologiche di intermediazione della domanda e offerta
di autoservizi pubblici non di linea.
Il successivo comma 9 introduce un'altra deroga all'obbligo di
rientro in rimessa dopo ogni servizio, consentendo che, fino alla
data di adozione delle deliberazioni della Conferenza unificata di
cui al nuovo art. 3, comma 3, della legge n. 21 del 1992 (sostituito,
come visto, dal comma 1, lettera b, dell'art. 10-bis), e comunque per
un periodo non superiore a due anni dalla data di entrata in vigore
del d.l. n. 135 del 2018, l'inizio di un nuovo servizio, fermo
l'obbligo di prenotazione, possa avvenire senza il rientro in rimessa
anche quando il servizio e` svolto in esecuzione di un contratto
concluso in forma scritta tra il vettore e il cliente, avente data
certa sino a 15 giorni antecedenti alla predetta data di entrata in
vigore e debitamente registrato, da tenere a bordo o in sede e da
esibire in caso di controlli.
In sintesi, il nucleo precettivo delle norme impugnate su cui si
incentra la maggior parte delle censure avanzate dalla Regione
Calabria e' costituito dagli interventi sugli artt. 3 e 11 della
legge n. 21 del 1992, che delineano le caratteristiche del servizio
di NCC e gli obblighi gravanti sui titolari delle relative
autorizzazioni. Si tratta di interventi che interessano, come visto,
i vincoli gia' introdotti dall'art. 29, comma 1-quater, del d.l. n.
207 del 2008, rendendoli in una certa misura piu' flessibili ma
conservandone l'essenza.
4.- Cosi' illustrato il contenuto delle disposizioni statali
censurate, occorre preliminarmente sgombrare il campo da un possibile
profilo di inammissibilita' delle questioni di legittimita'
costituzionale promosse dalla Regione Calabria che investono
disposizioni modificative o sostitutive di disposizioni previgenti,
le quali, lette dall'angolo visuale in cui si pone la ricorrente,
presentavano esse stesse un contenuto ugualmente (anzi, in taluni
casi maggiormente) lesivo della competenza regionale di cui e'
lamentata la violazione. Tali sono in particolare i commi 1 e 3
dell'art. 3 e il comma 4 dell'art. 11 della legge n. 21 del 1992, nel
testo introdotto dall'art. 29, comma 1-quater, del d.l. n. 207 del
2008, che la Regione non ha a suo tempo impugnato.
La circostanza non esclude tuttavia l'ammissibilita' del gravame
regionale, alla luce della costante giurisprudenza di questa Corte
secondo cui nei giudizi in via principale non si applica l'istituto
dell'acquiescenza, atteso che la norma impugnata, anche se
riproduttiva, in tutto o in parte, di una norma anteriore non
impugnata, ha comunque l'effetto di reiterare la lesione da cui
deriva l'interesse a ricorrere (ex plurimis, sentenze n. 41 del 2017,
n. 231 e n. 39 del 2016).
Inoltre, sempre per costante orientamento di questa Corte, «il
giudizio promosso in via principale e' condizionato alla mera
pubblicazione di una legge che si ritenga lesiva della ripartizione
di competenze, a prescindere dagli effetti che essa abbia prodotto
(ex multis, sentenze n. 262 del 2016 e n. 118 del 2015). Questo non
esclude, comunque, che debba sussistere un interesse attuale e
concreto a proporre l'impugnazione, per conseguire, attraverso la
pronuncia richiesta, un'utilita' diretta e immediata; interesse che,
peraltro, nei giudizi in esame consiste nella tutela delle competenze
legislative nel rispetto del riparto delineato dalla Costituzione.
Se, dunque, da una parte, le Regioni hanno titolo a denunciare
soltanto le violazioni che siano in grado di ripercuotere i loro
effetti sulle prerogative costituzionalmente loro riconosciute (ex
plurimis, sentenze n. 68 del 2016 e n. 216 del 2008), dall'altra,
cio' e' anche sufficiente ai fini dell'ammissibilita' delle questioni
a tal fine proposte» (sentenza n. 195 del 2017; nello stesso senso,
sentenze n. 178 del 2018 e n. 235 del 2017).
5.- Con una censura che investe tutte le disposizioni impugnate,
la Regione lamenta innanzitutto la violazione del riparto delle
attribuzioni tra lo Stato e le regioni.
L'introduzione di una dettagliata disciplina delle modalita'
operative di svolgimento, dell'organizzazione e delle tempistiche del
servizio di NCC, nonche' di obblighi specifici di documentazione,
invaderebbe la competenza regionale residuale in materia di trasporto
pubblico locale (art. 117, quarto comma, Cost.). L'intervento
legislativo statale, infatti, non potrebbe essere ricondotto alla
competenza trasversale in materia di «tutela della concorrenza»,
prevista dallo stesso art. 117, secondo comma, lettera e), Cost. In
ogni caso, anche volendolo ascrivere a tale materia, non sarebbero
rispettati i canoni di adeguatezza e di proporzionalita' che
condizionano l'esercizio di detta competenza.
5.1.- In via preliminare la questione va dichiarata inammissibile
per difetto di adeguata motivazione quanto al comma 1, lettera f),
nella parte in cui aggiunge il comma 4-ter all'art. 11 della legge n.
21 del 1992, e ai commi 7 e 8 dell'art. 10-bis. La ricorrente non
indica infatti alcuna specifica censura a tali disposizioni, il cui
contenuto non e' toccato dalle ragioni dell'impugnazione.
5.2.- Passando al merito, la Regione Calabria contesta la
disciplina del servizio di noleggio con conducente introdotta con
legge statale, in quanto lesiva dell'art. 117, commi secondo, lettera
e), e quarto, Cost.
Conviene precisare che il riferimento, contenuto nel ricorso,
all'art. 117, secondo comma, lettera e), Cost., si puo' considerare
come operato al fine di dimostrare che le norme impugnate non possono
essere ricondotte a quell'ambito di competenza statale esclusiva, e
non come parametro dedotto a fondamento dell'impugnazione: cio' che
la renderebbe inammissibile, non essendo concesso alla regione di
dedurre, a fondamento di un proprio ipotetico titolo di intervento,
una competenza primaria riservata in via esclusiva allo Stato,
neppure quando essa si intreccia con distinte competenze di sicura
appartenenza regionale (ex plurimis, sentenze n. 114 del 2017, n. 202
del 2016 e n. 116 del 2006).
Prima della riforma del Titolo V della Parte II della
Costituzione, la materia «tranvie e linee automobilistiche di
interesse regionale» era espressamente assegnata alla Regioni in
regime di potesta' legislativa concorrente e la legislazione statale
puntualmente ricomprendeva in essa anche «i servizi pubblici di
trasporto di persone e merci» (art. 84 del decreto del Presidente
della Repubblica 24 luglio 1977, n. 616, recante «Attuazione della
delega di cui all'art. 1 della legge 22 luglio 1975, n. 382»). La
stessa citata legge n. 21 del 1992 di disciplina organica del settore
degli autoservizi pubblici non di linea si poneva come «legge quadro»
di definizione dei principi fondamentali, restando assegnato alla
competenza delle regioni di disciplinare per il resto la materia ai
sensi del richiamato d.P.R. n. 616 del 1977 (art. 4).
Il trasporto pubblico locale continua a essere, anche
successivamente alla riforma, materia regionale, transitata, secondo
il costante orientamento di questa Corte, nell'ambito della
competenza regionale residuale di cui all'art. 117, quarto comma,
Cost. (ex multis, sentenze n. 137 e n. 78 del 2018, n. 30 del 2016 e
n. 452 del 2007), come e' stato confermato, anche di recente, con
riferimento al settore del «servizio pubblico di trasporto, di linea
e non di linea» (sentenza n. 5 del 2019).
L'esistenza di una competenza regionale avente ad oggetto anche
il trasporto pubblico locale non di linea autorizza dunque la Regione
ricorrente a impugnare le disposizioni statali che incidono
sull'oggetto della sua competenza, ove essa ritenga che le sue
attribuzioni nella materia siano state lese.
5.3.- Se dunque il servizio di trasporto locale non di linea
costituisce legittimo oggetto della potesta' legislativa regionale,
nondimeno anche su di esso lo Stato puo' esercitare la competenza
esclusiva in materia di «tutela della concorrenza» prevista all'art.
117, secondo comma, lettera e), Cost. Secondo la costante
giurisprudenza di questa Corte, stante la natura «trasversale» e il
carattere «finalistico» della competenza attribuita in materia allo
Stato, la tutela della concorrenza assume infatti carattere
prevalente e funge da limite alla disciplina che le regioni possono
dettare nelle materie di loro competenza, concorrente o residuale
(sentenze n. 83 del 2018, n. 165 del 2014, n. 38 del 2013 e n. 299
del 2012), potendo influire su queste ultime fino a incidere sulla
totalita' degli ambiti materiali entro cui si estendono, sia pure nei
limiti strettamente necessari per assicurare gli interessi alla cui
garanzia la competenza statale esclusiva e' diretta (ex plurimis,
sentenze n. 287 del 2016, n. 2 del 2014, n. 291 e n. 18 del 2012, n.
150 del 2011, n. 288 e n. 52 del 2010, n. 452, n. 431, n. 430 e n.
401 del 2007 e n. 80 del 2006).
D'altro canto, che la propria potesta' legislativa in materia di
trasporto pubblico locale possa essere limitata in ragione
dell'intervento statale a tutela della concorrenza e' riconosciuto
dalla stessa Regione ricorrente, la quale tuttavia contesta che la
normativa censurata sia effettivamente riconducibile alla tutela
della concorrenza in quanto, a suo dire, non sarebbe affatto diretta
a tale fine e mirerebbe anzi a comprimere il mercato del trasporto
pubblico non di linea esercitato con NCC. Subordinatamente, per il
caso in cui l'intervento statale dovesse essere ricondotto alla
tutela della concorrenza, la ricorrente ne lamenta la sproporzione e
censura il superamento dei limiti entro i quali soltanto il
legislatore statale, nell'esercizio di una competenza trasversale,
puo' incidere in ambiti assegnati alla potesta' regionale.
5.4.- Occorre dunque chiarire se le previsioni censurate siano
riconducibili alla materia della tutela della concorrenza, tenendo
conto a questo fine, in applicazione dei consueti criteri di
individuazione della materia in cui una certa disposizione ricade,
«della sua ratio, della finalita' che persegue, del contenuto e
dell'oggetto delle singole disposizioni, [...] tralasciando gli
aspetti marginali e gli effetti riflessi in modo da identificare
cosi' correttamente e compiutamente l'interesse tutelato (ex
plurimis, sentenze n. 245 del 2015, n. 167 e 121 del 2014)» (sentenza
n. 287 del 2016).
La giurisprudenza di questa Corte e' costante nell'affermare che
«la nozione di "concorrenza" di cui al secondo comma, lettera e),
dell'art. 117 Cost., non puo' non riflettere quella operante in
ambito europeo (sentenze n. 83 del 2018, n. 291 e n. 200 del 2012, n.
45 del 2010). Essa comprende, pertanto, sia le misure legislative di
tutela in senso proprio, intese a contrastare gli atti e i
comportamenti delle imprese che incidono negativamente sull'assetto
concorrenziale dei mercati, sia le misure legislative di promozione,
volte a eliminare limiti e vincoli alla libera esplicazione della
capacita' imprenditoriale e della competizione tra imprese
(concorrenza "nel mercato"), ovvero a prefigurare procedure
concorsuali di garanzia che assicurino la piu' ampia apertura del
mercato a tutti gli operatori economici (concorrenza "per il
mercato")» (ex plurimis, sentenza n. 137 del 2018).
Di recente, scrutinando una disposizione di legge regionale
proprio in tema di NCC (si trattava di noleggio di autobus con
conducente, disciplinato dalla legge 11 agosto 2003, n. 218, recante
«Disciplina dell'attivita' di trasporto di viaggiatori effettuato
mediante noleggio di autobus con conducente»), questa Corte ha
precisato che lo Stato, esercitando in tale ambito la propria
competenza esclusiva per la tutela della concorrenza, ha inteso
«definire il punto di equilibrio fra il libero esercizio
dell'attivita' di trasporto e gli interessi pubblici interferenti con
tale liberta' (art. 1, comma 4, della legge n. 218 del 2003). Il
bilanciamento cosi' operato - fra la liberta' di iniziativa economica
e gli altri interessi costituzionali -, costituendo espressione della
potesta' legislativa statale nella materia della "tutela della
concorrenza", definisce un assetto degli interessi che il legislatore
regionale non e' legittimato ad alterare (sentenza n. 80 del 2006)»
(sentenza n. 30 del 2016). Tale bilanciamento, nel cui ambito la
valutazione degli interessi confliggenti deve essere intesa sempre in
senso sistemico, complessivo e non frazionato, puo' dunque condurre a
un esito in forza del quale la tutela della concorrenza «si attua
anche attraverso la previsione e la correlata disciplina delle
ipotesi in cui viene eccezionalmente consentito di apporre dei limiti
all'esigenza di tendenziale massima liberalizzazione delle attivita'
economiche» (sentenza n. 30 del 2016, che richiama la sentenza n. 49
del 2014).
Successivamente, occupandosi di un'altra legge regionale che
definiva il novero dei soggetti abilitati a operare nel settore dei
trasporti di persone con le nuove modalita' consentite dai supporti
informatici e riservava in via esclusiva tali attivita' alle
categorie abilitate a prestare i servizi di taxi e di NCC, questa
Corte ha ribadito, richiamando la sentenza n. 30 del 2016, che
«rientra nella competenza legislativa esclusiva statale per la tutela
della concorrenza definire i punti di equilibrio fra il libero
esercizio d[elle] attivita' [economiche] e gli interessi pubblici con
esso interferenti» (sentenza n. 265 del 2016).
Alla luce di queste indicazioni, anche l'impugnata disciplina del
servizio di NCC deve essere ricondotta alla materia della «tutela
della concorrenza», giacche' in essa si individua, ad opera del
legislatore statale a cio' competente, il punto di equilibrio tra il
libero esercizio dell'attivita' di NCC - che si colloca a sua volta
nel suo proprio mercato - e l'attivita' di trasporto esercitata dai
titolari di licenze per taxi.
Quest'ultima attivita' costituisce, al pari di quella di noleggio
con conducente, un servizio pubblico locale non di linea, ma e'
destinata, a differenza della seconda, a un'utenza indifferenziata e
ad essa si applica il regime di obbligatorieta' della prestazione e
di tariffe fisse determinate amministrativamente, finalizzato a
tutelare l'interesse pubblico alla capillarita' e doverosita' del
trasporto non di linea a costo contenuto. Nell'affidare tale servizio
ai titolari di licenze per taxi, lo Stato ha compiuto nel 1992 una
scelta legislativa che non e' in discussione in questa sede e che e'
stata confermata nelle sue linee essenziali anche attraverso
l'espressa sottrazione del settore dal campo di applicazione dei vari
provvedimenti per la liberalizzazione, di matrice europea o
schiettamente nazionale, che si sono succeduti nel frattempo. D'altra
parte, la configurazione del mercato tramite la fissazione di
determinate condizioni per l'accesso degli operatori al settore
rientra nella materia della concorrenza. Pronunciandosi proprio in
tema di autoservizi pubblici non di linea, questa Corte ha gia'
affermato che «[d]efinire quali soggetti siano abilitati a offrire
talune tipologie di servizi e' decisivo ai fini della configurazione
di un determinato settore di attivita' economica: si tratta di una
scelta che impone un limite alla liberta' di iniziativa economica
individuale e incide sulla competizione tra operatori economici nel
relativo mercato», sicche' «tale profilo rientra a pieno titolo
nell'ampia nozione di concorrenza di cui al secondo comma, lettera
e), dell'art. 117 Cost.» (sentenza n. 265 del 2016).
E' appena il caso di osservare che nemmeno il giudizio negativo
sul livello di apertura alla concorrenza del mercato degli
autoservizi pubblici non di linea, che la ricorrente formula facendo
propri, fra gli altri, vari interventi dell'Autorita' garante della
concorrenza e del mercato (AGCM), mette realmente in discussione la
competenza dello Stato a regolare tale mercato anche al fine di
preservarne la struttura, tenendo distinti i due settori
dell'autoservizio pubblico non di linea. Sicche' risulta confermata
l'inerenza di tale disciplina alla materia della tutela della
concorrenza e la riconducibilita' alle scelte politiche del
legislatore statale del mantenimento di detta distinzione.
Intervenendo direttamente sull'organizzazione e sullo svolgimento
del servizio di NCC, il legislatore statale ha adottato misure
dirette allo scopo di assicurarne l'effettiva destinazione a
un'utenza specifica e non indifferenziata e a evitare interferenze
con il servizio di taxi, con l'obiettivo di rafforzare, tramite il
contrasto dei diffusi comportamenti abusivi presenti nel settore, un
assetto di mercato definito con norme in cui si esprime il
bilanciamento tra la libera iniziativa economica e gli altri
interessi in gioco. La sintesi fra tutti questi interessi richiede
invero una disciplina uniforme, finalizzata a garantire condizioni
omogenee di mercato e assenza di distorsioni della concorrenza su
base territoriale, che si potrebbero verificare qualora le condizioni
di svolgimento del servizio di NCC variassero da regione a regione,
salva restando la possibilita' di regimi differenziati per situazioni
particolari, la cui valutazione rientra nelle medesime attribuzioni
statali.
In questa complessa opera di bilanciamento, alla quale concorrono
tutte le disposizioni impugnate, si inquadra anche la previsione del
vincolo di ubicazione in ambito provinciale (o di area metropolitana)
delle ulteriori rimesse consentite in aggiunta alla prima, ai sensi
dell'art. 3, comma 3, secondo periodo, della legge n. 21 del 1992,
come sostituito dall'art. 10-bis, comma 1, lettera b). Il legislatore
statale, nell'esercizio della sua discrezionalita', ha cosi'
individuato nel territorio provinciale la dimensione organizzativa
ottimale del servizio di NCC, tenendo conto della sua vocazione
locale che giustifica la correlata introduzione di limiti al libero
esercizio dell'attivita' di trasporto. Tale servizio - pur potendo
essere svolto senza vincoli territoriali di prelevamento e di arrivo
a destinazione dell'utente (art. 11, comma 4, terzo periodo, della
legge n. 21 del 1992, come sostituito dall'art. 10-bis, comma 1,
lettera e) - mira infatti a soddisfare, in via complementare e
integrativa (art. 1, comma 1, della legge n. 21 del 1992), le
esigenze di trasporto delle singole comunita', alla cui tutela e'
preposto il comune che rilascia l'autorizzazione. In questa
prospettiva, che trova eco nella giurisprudenza amministrativa
(Consiglio di Stato, sezione quinta, sentenza 23 giugno 2016, n.
2807), cio' che viene percepito dalla ricorrente come una
discriminatoria restrizione della concorrenza su base territoriale
costituisce invece un limite intrinseco alla stessa natura del
servizio, che peraltro il legislatore del 2018 ha temperato
consentendo la localizzazione sul territorio provinciale di piu'
rimesse e superando con cio' il vincolo di ubicazione di un'unica
rimessa in ambito esclusivamente comunale, in precedenza dettato
dall'art. 29, comma 1-quater, del d.l. n. 207 del 2008.
5.5.- Stabilito che l'intervento statale, per i suoi contenuti e
la sua funzione, costituisce espressione della competenza legislativa
esclusiva in materia di tutela della concorrenza ex art. 117, secondo
comma, lettera e), Cost., occorre ancora verificare se la scelta
adottata in concreto, con la previsione degli obblighi gravanti sui
vettori NCC su cui si incentrano le censure della ricorrente, sia
adeguata e proporzionata rispetto all'obiettivo prefissato.
Come questa Corte ha da tempo chiarito, infatti, il riferimento
alla tutela della concorrenza non puo' «essere cosi' pervasivo da
assorbire, aprioristicamente, le materie di competenza regionale»
(sentenza n. 98 del 2017) e l'esercizio della competenza trasversale
in materia, quando interseca titoli di potesta' regionale, deve
rispettare i limiti dell'adeguatezza e della proporzionalita'
rispetto al fine perseguito e agli obiettivi attesi (ex plurimis,
sentenze n. 137 del 2018, n. 452 e n. 401 del 2007).
Cio' non esclude peraltro che, una volta ricondotto l'intervento
statale al legittimo esercizio di una potesta' legislativa esclusiva
di carattere trasversale e quindi valutato esso positivamente in
termini di proporzionalita' e adeguatezza, tale intervento possa
presentare «anche un contenuto analitico» (sentenze n. 452 e n. 401
del 2007).
5.6.- Valutate le disposizioni impugnate alla luce di tali
principi, solo una di esse non risulta rientrare nei limiti indicati
e solo con riferimento ad essa, dunque, la questione in esame deve
ritenersi fondata, nella parte in cui investe la previsione dell'art.
10-bis, comma 1, lettera e), del d.l. n. 135 del 2018 che ha
sostituito il secondo periodo del comma 4 dell'art. 11 della legge n.
21 del 1992.
In via generale, si deve osservare che l'estrema facilita' con
cui possono essere commessi abusi nel settore del trasporto pubblico
locale non di linea e, per converso, l'estrema difficolta' dei
controlli e di conseguenza della repressione delle condotte - cio'
che rende l'apparato sanzionatorio (pur previsto) poco dissuasivo -
giustificano l'adozione di misure rigorose dirette a prevenire la
possibilita' di abusi. La verifica della ragionevolezza delle misure
assunte e della proporzionalita' degli obblighi imposti a tali fini
va condotta alla stregua dei criteri indicati nella giurisprudenza di
questa Corte, secondo cui in particolare il principio di
proporzionalita' tanto piu' deve trovare rigorosa applicazione nel
contesto delle relazioni fra Stato e regioni, quanto piu', come nel
caso in esame, la previsione statale comporti una significativa
compressione dell'autonomia regionale, precisando che il test di
proporzionalita' richiede di valutare se la norma oggetto di
scrutinio, con la misura e le modalita' di applicazione stabilite,
sia necessaria e idonea al conseguimento di obiettivi legittimamente
perseguiti, in quanto, tra piu' misure appropriate, prescriva quella
meno restrittiva dei diritti a confronto e stabilisca oneri non
sproporzionati rispetto al perseguimento di detti obiettivi (ex
plurimis, sentenze n. 137 del 2018 e n. 272 del 2015).
5.6.1.- In questa logica, l'obbligo di ricevere le richieste di
prestazioni e le prenotazioni presso la rimessa o la sede, anche con
l'utilizzo di strumenti tecnologici, e l'obbligo di compilare e
tenere un "foglio di servizio" (art. 11, comma 4, quarto, quinto e
sesto periodo, della legge n. 21 del 1992, come sostituito dall'art.
10-bis, comma 1, lettera e), costituiscono misure non irragionevoli e
non sproporzionate. Esse appaiono infatti per un verso adeguate ad
assicurare l'effettivita' del fondamentale divieto per i vettori NCC
di rivolgersi a un'utenza indifferenziata senza sottostare al regime
del servizio pubblico di piazza, e per altro verso impositive di un
onere a carico dei vettori NCC rapportato alle caratteristiche del
servizio offerto - che presuppone pur sempre un'apposita e nominativa
richiesta di prestazione - e non eccessivamente gravoso, essendo
possibile farvi fronte senza un aggravio dell'organizzazione
dell'azienda, che presuppone comunque la necessita' di una sede o di
una rimessa come base dell'attivita' aziendale.
5.6.2.- Nemmeno la censurata previsione del comma 6 dell'art.
10-bis, che vieta temporaneamente il rilascio di nuove autorizzazioni
per il servizio di NCC fino alla piena operativita' del registro
informatico pubblico nazionale delle imprese del settore, introdotto
al comma 3 dello stesso art. 10-bis, risulta superare gli indicati
limiti. Essa e' giustificata da ragioni di opportunita', avendo il
fine di bloccare il numero delle imprese operanti nel settore per il
tempo tecnico strettamente necessario ad adottare in concreto il
nuovo registro. Ne' essa comporta, come lamenta la ricorrente,
un'irragionevole restrizione della concorrenza a vantaggio dei
titolari di licenze per taxi, per le quali il divieto temporaneo di
rilascio non opera. La diversita' - per modalita' di svolgimento,
regime tariffario, ambito di operativita', rapporti con l'utenza,
eccetera - dei due tipi di autoservizi pubblici non di linea e la
loro necessaria reciproca distinzione, a cui presidio sono poste
proprio le misure in esame - compresa quella dell'iscrizione nel
registro informatico in via di predisposizione - escludono che la
politica delle licenze adottata per uno di essi possa determinare
vantaggi o pregiudizi per l'altro.
5.6.3.- La verifica di adeguatezza e proporzionalita'
dell'intervento statale da' invece esito negativo quanto alla
previsione dell'obbligo di iniziare e terminare ogni singolo servizio
di NCC presso le rimesse, con ritorno alle stesse, ai sensi di quanto
previsto dal secondo periodo del comma 4 dell'art. 11, della legge n.
21 del 1992, come sostituito dall'art. 10-bis, comma 1, lettera e),
del d.l. n. 135 del 2018.
Il rigido vincolo imposto dal legislatore - derogabile nei
limitati casi previsti al nuovo comma 4-bis dell'art. 11 della legge
n. 21 del 1992 e al comma 9 dell'art. 10-bis - si risolve infatti in
un aggravio organizzativo e gestionale irragionevole, in quanto
obbliga il vettore, nonostante egli possa prelevare e portare a
destinazione uno specifico utente in ogni luogo, a compiere
necessariamente un viaggio di ritorno alla rimessa "a vuoto" prima di
iniziare un nuovo servizio. La prescrizione non e' solo in se'
irragionevole - come risulta evidente se non altro per l'ipotesi in
cui il vettore sia chiamato a effettuare un servizio proprio dal
luogo in cui si e' concluso il servizio precedente - ma risulta anche
sproporzionata rispetto all'obiettivo prefissato di assicurare che il
servizio di trasporto sia rivolto a un'utenza specifica e non
indifferenziata, in quanto travalica il limite della stretta
necessita', considerato che tale obiettivo e' comunque presidiato
dall'obbligo di prenotazione presso la sede o la rimessa e da quello,
previsto all'art. 3, comma 2, della legge n. 21 del 1992, di
stazionamento dei mezzi all'interno delle rimesse (o dei pontili
d'attracco). Neppure e' individuabile un inscindibile nesso
funzionale tra il ritorno alla rimessa e le modalita' di richiesta o
di prenotazione del servizio presso la rimessa o la sede «anche
mediante l'utilizzo di strumenti tecnologici», previste agli artt. 3,
comma 1, e 11, comma 4, primo periodo, della legge n. 21 del 1992,
nel testo risultante dalle modifiche introdotte al comma 1, lettere
a) ed e), dell'art. 10-bis. La necessita' di ritornare ogni volta
alla sede o alla rimessa per raccogliere le richieste o le
prenotazioni cola' effettuate puo' essere evitata, senza che per
questo si creino interferenze con il servizio di piazza, proprio
grazie alla possibilita', introdotta dalla stessa normativa statale
in esame, di utilizzare gli strumenti tecnologici, specie per il
tramite di un'appropriata disciplina dell'attivita' delle piattaforme
tecnologiche che intermediano tra domanda e offerta di autoservizi
pubblici non di linea, demandata dal comma 8 dell'art. 10-bis, come
visto, a un decreto del Presidente del Consiglio dei ministri.
Il carattere sproporzionato della misura non e' superato - ma
solo attenuato, rispetto alla previgente disciplina piu' restrittiva
dettata dall'art. 29, comma 1-quater, del d.l. n. 207 del 2008 -
dalla possibilita' concessa al vettore di utilizzare, per l'inizio e
il termine del servizio, una qualsiasi delle rimesse di cui disponga
nell'ambito territoriale provinciale o di area metropolitana, di cui
all'art. 3, comma 3, della legge n. 21 del 1992, come sostituito dal
comma 1, lettera a), dell'art. 10-bis.
Deve essere dichiarata dunque l'illegittimita' costituzionale
dell'art. 10-bis, comma 1, lettera e), del d.l. n. 135 del 2018,
nella parte in cui ha sostituito il secondo periodo del comma 4
dell'art. 11 della legge n. 21 del 1992.
5.6.4.- Per la loro stretta connessione all'obbligo di iniziare e
terminare ogni viaggio alla rimessa, sono illegittime anche le norme
che derogano in casi particolari allo stesso obbligo, e segnatamente
il comma 1, lettera f), nella parte in cui ha aggiunto il comma 4-bis
all'art. 11 della legge n. 21 del 1992, e il comma 9 dell'art. 10-bis
del d.l. n. 135 del 2018.
5.6.5.- Per le ragioni indicate (ai precedenti punti 5.6.1 e
5.6.2), la questione in esame dev'essere invece dichiarata non
fondata per quanto riguarda il comma 1, lettere a), b) ed e),
quest'ultima nella parte in cui ha sostituito il comma 4, primo,
terzo, quarto, quinto e sesto periodo, dell'art. 11 della legge n. 21
del 1992, e il comma 6 dello stesso art. 10-bis.
6.- Quanto alle questioni (seconda, terza e quinta) con le quali
la Regione Calabria lamenta la violazione degli artt. 3, 9, 41 e 117,
primo comma, Cost., in relazione agli artt. 49, 56 e da 101 a 109 del
TFUE, esse devono essere dichiarate inammissibili per difetto di
motivazione sulla ridondanza delle lamentate violazioni sulle
competenze regionali.
6.1.- La questione ex art. 41 Cost., promossa in via subordinata,
ha per oggetto l'art. 10-bis, commi 1, lettere a), e) e f), e 8 del
d.l. n. 135 del 2018. Prevedendo che le prenotazioni del servizio di
NCC siano effettuate presso la rimessa o la sede anche mediante
l'utilizzo di strumenti tecnologici, tali disposizioni violerebbero
per questo «la libera iniziativa economica privata [...] dei soggetti
che offrono servizi che mettono in collegamento autisti
professionisti dotati di autorizzazione NCC da un lato e domanda di
mobilita' dall'altro».
A sua volta il comma 1, lettere a), b), e) e f), e i commi 6 e 9
dell'art. 10-bis violerebbero l'art. 117, primo comma, Cost., in
relazione agli artt. 49, 56 e da 101 a 109 del TFUE, in quanto le
limitazioni all'ambito territoriale dell'attivita' di NCC si
porrebbero in contrasto con i principi comunitari in materia di
liberta' di stabilimento, di libera prestazione dei servizi e di
concorrenza.
Infine, il comma 1, lettere b), e) e f), e il comma 6 dello
stesso art. 10-bis violerebbero sotto vari profili gli artt. 3 e 9
Cost., per contrasto con i principi di uguaglianza e di
ragionevolezza. In particolare: sarebbero ingiustificate le deroghe
previste per la sola Regione Siciliana e quella autonoma della
Sardegna quanto alla validita' dell'autorizzazione sull'intero
territorio (comma 1, lettera b) e alla possibilita' per i conducenti
di non fare rientro in rimessa al termine del primo servizio (comma
1, lettera f); irragionevolmente l'autorizzazione all'esercizio del
servizio di NCC sarebbe limitata alla «sola operativita'
provinciale», mentre in altri ambiti del trasporto, «come per i
servizi di mobilita' su gomma a media e lunga percorrenza», avrebbe
«base nazionale»; sarebbe irragionevole la sospensione del rilascio
di nuove autorizzazioni fino alla piena operativita' dell'archivio
informatico pubblico nazionale previsto dal comma 3 dello stesso art.
10-bis (comma 6) solo per il servizio di NCC, e non per il servizio
di taxi; il legislatore avrebbe irragionevolmente omesso, nel
prevedere l'obbligo di rientro in rimessa, di considerare «gli
aspetti legati alla tutela dell'ambiente (art. 9 Cost.)» e di
bilanciarli con gli altri interessi in gioco.
6.2.- Secondo la costante giurisprudenza di questa Corte le
regioni possono evocare parametri di legittimita' diversi da quelli
che sovrintendono al riparto di attribuzioni solo quando la
violazione denunciata sia potenzialmente idonea a determinare una
lesione delle loro attribuzioni costituzionali e le stesse regioni
motivino sufficientemente in ordine ai profili di una possibile
ridondanza della predetta violazione sul riparto di competenze,
assolvendo all'onere di operare la necessaria indicazione della
specifica competenza regionale che ne risulterebbe offesa e delle
ragioni di tale lesione (ex plurimis, sentenze n. 151 del 2017, n.
147 e n. 29 del 2016, n. 251, n. 218 e n. 89 del 2015).
Di recente, questa Corte, dopo avere ribadito tale costante
orientamento, ha precisato che «[l]'esigenza di evitare
un'ingiustificata espansione dei vizi censurabili dalle Regioni nel
giudizio in via d'azione e, quindi, la trasformazione della natura di
tale rimedio giurisdizionale obbliga le Regioni stesse a dare conto,
in maniera puntuale e dettagliata, della effettiva sussistenza e
della portata del "condizionamento" prodotto dalla norma statale
impugnata [...]. Il vizio in ridondanza deve, infatti, essere
illustrato in modo da soddisfare un duplice requisito: per un verso,
non deve risultare generico, e quindi difettare dell'indicazione
delle competenze asseritamente violate; per un altro, non deve essere
apodittico, e deve dunque essere adeguatamente motivato in ordine
alla sussistenza, nel caso oggetto di giudizio, di un titolo di
competenza regionale rispetto all'oggetto regolato dalla legge
statale» (sentenza n. 194 del 2019).
Il ricorso della Regione Calabria non rispetta questo duplice
requisito.
Come messo in evidenza dal Presidente del Consiglio dei ministri
nelle sue difese, la ricorrente, pur sollevando censure in
riferimento a parametri costituzionali diversi da quelli attinenti al
riparto delle attribuzioni fra Stato e regioni, omette di indicare le
ragioni per le quali tali pretese violazioni ridonderebbero sulle sue
attribuzioni.
Non puo' infatti essere considerata sufficiente a tali fini la
generica affermazione - operata in via preliminare alla trattazione
delle varie censure - della sussistenza di una ridondanza sulle
competenze regionali sull'assunto che «le norme oggi censurate, anche
al di la' della specifica invasione di materia, sono lesive anche in
virtu' della compromissione di altre attribuzioni e per il riverbero
sul riparto di competenza fra Stato e Regioni, per come di seguito si
rappresentera'», accompagnata dalla citazione di parte di una
pronuncia di questa Corte (sentenza n. 220 del 2013).
Il generico riferimento ad «altre attribuzioni» regionali, non
meglio specificate ma evidentemente diverse («altre») da quelle
relative alla materia dei trasporti pubblici locali, e al «riverbero
[della lamentata violazione] sul riparto di competenza fra Stato e
Regioni» non costituisce all'evidenza un'adeguata motivazione della
lamentata lesione indiretta. Ne' vale a integrarla il cenno, operato
dalla Regione trattando del terzo motivo, al fatto che sarebbe
indubitabile che «dette violazioni ridondino in negativo sulla
possibilita' per le regioni di legiferare in materia».
Considerato infine che le lacune motivazionali del ricorso non
possono essere colmate dalla memoria illustrativa depositata in
prossimita' dell'udienza (ex plurimis, sentenze n. 114 del 2017, n.
202 del 2016 e n. 286 del 2004), tanto meno puo' essere ritenuta
adeguata motivazione dell'asserita lesione indiretta il generico
collegamento delle censure con la violazione del riparto di
competenze legislative, affermato dalla Regione in tale memoria, in
replica all'eccezione dell'Avvocatura di inammissibilita' per difetto
di motivazione sulla ridondanza.
7.- Resta da esaminare infine la quarta questione, con cui la
ricorrente lamenta la lesione del principio di leale collaborazione
desumibile dall'art. 120 Cost.
Con riguardo ad essa l'eccezione di inammissibilita' per difetto
di motivazione della ridondanza proposta dalla difesa statale e'
infondata, giacche' in questo caso il parametro invocato afferisce
direttamente all'assetto delle relazioni fra Stato e regioni e la
Regione Calabria e' legittimata a farlo valere a diretta tutela delle
sue prerogative.
7.1.- Nel merito tuttavia la censura non e' fondata.
Secondo la ricorrente la disposizione contenuta al comma 1,
lettera b) dell'art. 10-bis del d.l. n. 135 del 2018 violerebbe
l'art. 120 Cost., per contrasto con il principio di leale
collaborazione, a causa dell'estrema brevita' - solo quindici giorni
dall'entrata in vigore della norma impugnata - del termine assegnato
per raggiungere, in sede di Conferenza unificata, una «diversa
intesa» sulla prevista possibilita' che il vettore NCC disponga di
ulteriori rimesse nel territorio di altri comuni della medesima
provincia o area metropolitana in cui ricade il territorio del comune
che ha rilasciato l'autorizzazione.
La disposizione e' altresi' impugnata, «[i]n subordine», nella
parte in cui prevede che l'intesa possa essere raggiunta entro il 28
febbraio 2019 (alla scadenza del termine di quindici giorni
dall'entrata in vigore dell'art. 10-bis del d.l. n. 135 del 2018)
«invece che senza limitazioni di tempo».
Ad avviso della Regione il principio di leale collaborazione,
letto alla luce della giurisprudenza di questa Corte, non
consentirebbe di far conseguire automaticamente al mancato
raggiungimento dell'intesa entro un determinato periodo di tempo -
tanto meno quando il termine previsto e' molto breve - la
possibilita' per l'autorita' centrale di assumere unilateralmente
l'atto di cui si tratti. A sostegno della censura la ricorrente
richiama ipotesi di "drastico" superamento unilaterale dell'intesa da
parte del Governo in caso di dissenso, senza la previsione di idonee
procedure per consentire reiterate trattative volte a superare le
divergenze: ipotesi in cui, secondo la giurisprudenza costituzionale
da essa citata (sentenze n. 1 del 2016 e n. 165 del 2011), non e'
assicurato il rispetto del principio di leale collaborazione.
La disposizione impugnata, tuttavia, non e' riconducibile al tipo
di quelle appena ricordate, giacche', a differenza di esse, il suo
obiettivo non e' di consentire al Governo di provvedere
unilateralmente e automaticamente, in caso di mancata intesa entro un
certo termine, facendo prevalere la sua volonta', ma semplicemente
quello di prevedere che entro un certo termine, sia pure molto breve,
si possa, tramite un'intesa, modificare quanto da essa stessa
previsto.
E' altresi' infondata la censura, proposta in via subordinata,
con cui si contesta il fatto che la previsione fissi un termine per
l'intesa anziche' consentirne la possibilita' senza limitazioni di
tempo. La previsione di una possibile intesa modificativa e' da
ricondurre a una scelta del legislatore statale adottata nella
materia della «tutela della concorrenza», e non deriva da un vincolo
di rispetto del principio di leale collaborazione. Di conseguenza,
l'asserita necessita' di consentire l'intesa senza limiti di tempo
non ha fondamento costituzionale.
Infine, non sono ammissibili le ulteriori censure con cui la
ricorrente, in sede di memoria illustrativa, estende la questione,
riferita nel ricorso alla sola previsione del comma 1, lettera b)
dell'art. 10-bis, anche ad altre disposizioni, ampliando in tal modo
inammissibilmente il thema decidendum (ex plurimis, sentenza n. 261
del 2017, punto 16.1 del Considerato in diritto).
per questi motivi
LA CORTE COSTITUZIONALE
1) dichiara l'illegittimita' costituzionale dell'art. 10-bis,
comma 1, lettera e), del decreto-legge 14 dicembre 2018, n. 135
(Disposizioni urgenti in materia di sostegno e semplificazione per le
imprese e per la pubblica amministrazione), convertito, con
modificazioni, nella legge 11 febbraio 2019, n. 12, nella parte in
cui ha sostituito il secondo periodo del comma 4 dell'art. 11 della
legge 15 gennaio 1992, n. 21 (Legge quadro per il trasporto di
persone mediante autoservizi pubblici non di linea);
2) dichiara l'illegittimita' costituzionale dell'art. 10-bis,
commi 1, lettera f), nella parte in cui ha aggiunto il comma 4-bis
all'art. 11 della legge n. 21 del 1992, e 9, del d.l. n. 135 del
2018;
3) dichiara inammissibili le questioni di illegittimita'
costituzionale dell'art. 10-bis, commi 1, lettere b), e) e f), e 6,
del d.l. n. 135 del 2018, promosse dalla Regione Calabria, in
riferimento agli artt. 3 e 9 della Costituzione, con il ricorso
indicato in epigrafe;
4) dichiara inammissibile la questione di legittimita'
costituzionale dell'art. 10-bis, commi 1, lettere a), e) e f), e 8,
del d.l. n. 135 del 2018, promossa dalla Regione Calabria, in
riferimento all'art. 41 Cost., con il ricorso indicato in epigrafe;
5) dichiara inammissibile la questione di illegittimita'
costituzionale dell'art. 10-bis, commi 1, lettere a), b), e) e f), 6
e 9, del d.l. n. 135 del 2018, promossa dalla Regione Calabria, in
riferimento all'art. 117, primo comma, Cost., in relazione agli artt.
49, 56 e da 101 a 109 del Trattato sul funzionamento dell'Unione
europea, come modificato dall'art. 2 del Trattato di Lisbona del 13
dicembre 2007 e ratificato dalla legge 2 agosto 2008, n. 130, con il
ricorso indicato in epigrafe;
6) dichiara inammissibile la questione di illegittimita'
costituzionale dell'art. 10-bis, commi 1, lettera f), nella parte in
cui ha aggiunto il comma 4-ter all'art. 11 della legge n. 21 del
1992, 7 e 8, del d.l. n. 135 del 2018, promossa dalla Regione
Calabria, in riferimento agli artt. 117, secondo comma, lettera e), e
quarto comma, Cost., con il ricorso indicato in epigrafe;
7) dichiara inammissibile la questione di legittimita'
costituzionale dell'art. 10-bis, commi 1, lettere a), b), e) e f), 6,
7, 8 e 9, del d.l. n. 135 del 2018, promossa dalla Regione Calabria,
in riferimento all'art. 118 Cost., con il ricorso indicato in
epigrafe;
8) dichiara non fondata la questione di illegittimita'
costituzionale dell'art. 10-bis, commi 1, lettere a), b) ed e),
quest'ultima nella parte in cui ha sostituito il primo, terzo,
quarto, quinto e sesto periodo del comma 4 dell'art. 11 della legge
n. 21 del 1992, e 6, del d.l. n. 135 del 2018, promossa dalla Regione
Calabria, in riferimento agli artt. 117, secondo comma, lettera e), e
quarto comma, Cost., con il ricorso indicato in epigrafe;
9) dichiara non fondata la questione di legittimita'
costituzionale dell'art. 10-bis, comma 1, lettera b), del d.l. n. 135
del 2018, promossa dalla Regione Calabria, in riferimento all'art.
120 Cost., con il ricorso indicato in epigrafe.
Cosi' deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale,
Palazzo della Consulta, il 26 febbraio 2020.
F.to:
Marta CARTABIA, Presidente
Daria de PRETIS, Redattore
Roberto MILANA, Cancelliere
Depositata in Cancelleria il 26 marzo 2020.
Il Direttore della Cancelleria
F.to: Roberto MILANA
Allegato:
Ordinanza letta all'udienza del 25 febbraio 2020
ORDINANZA
Visti gli atti relativi al giudizio di legittimita'
costituzionale dell'art. 10-bis, comma 1, lettere a), b), e) e f), e
commi 6, 7, 8 e 9, del decreto-legge 14 dicembre 2018, n. 135
(Disposizioni urgenti in materia di sostegno e semplificazione per le
imprese e per la pubblica amministrazione), convertito, con
modificazioni, nella legge 11 febbraio 2019, n. 12, promosso dalla
Regione Calabria con ricorso depositato il 19 aprile 2019 (reg. ric.
n. 52 del 2019).
Rilevato che nel giudizio sono intervenuti, ad adiuvandum, con
atto depositato il 5 giugno 2019, la «Associazione EFFE SERVIZI» e la
«C.RO.NO. Service societa' cooperativa», nonche', ad opponendum, con
atto depositato il 1° luglio 2019, la «Federazione Nazionale UGL
Taxi» (UGL TAXI), la «Associazione Tutela Legale Taxi», la
«Federazione Taxi CISAL Provinciale Roma» (FEDERTAXI), la «A.T.I.
Taxi», la «TAM - Tassisti Artigiani Milanesi», la «ANAR -
Associazione Nazionale Autonoleggiatori Riuniti», il «TAXIBLU -
Consorzio Radiotaxi Satellitare societa' cooperativa» e i rispettivi
rappresentanti legali, in proprio, quali titolari di licenze per taxi
e di autorizzazioni per il noleggio con conducente.
Considerato che le associazioni intervenienti si qualificano come
rappresentanti degli interessi di categoria degli operatori del
servizio di taxi e del servizio di noleggio con conducente, mentre le
societa' e le persone fisiche sono intervenute quali soggetti
esercenti tali servizi, portatori, dunque, di interessi individuali;
che, secondo il costante orientamento di questa Corte, il
giudizio di legittimita' costituzionale in via principale si svolge
esclusivamente tra soggetti titolari di potesta' legislativa e non
ammette l'intervento di soggetti che ne siano privi, fermi restando
per costoro, ove ne ricorrano i presupposti, gli altri mezzi di
tutela giurisdizionale eventualmente esperibili (ex plurimis,
sentenze n. 5 del 2018 e allegata ordinanza letta all'udienza del 21
novembre 2017, n. 242, n. 110 e n. 63 del 2016, n. 251 e n. 118 del
2015, n. 278 del 2010; ordinanza n. 213 del 2019);
che tale orientamento va tenuto fermo anche a seguito delle
modifiche delle Norme integrative per i giudizi davanti alla Corte
costituzionale apportate con la delibera di questa Corte 8 gennaio
2020 (pubblicata in Gazzetta Ufficiale n. 17 del 22 gennaio 2020),
non incidendo esse sui requisiti di ammissibilita' degli interventi
nei giudizi in via principale;
che gli interventi vanno pertanto dichiarati inammissibili.
per questi motivi
LA CORTE COSTITUZIONALE
dichiara inammissibili, nel presente giudizio di
costituzionalita', gli interventi di «Associazione EFFE SERVIZI» e
«C.RO.NO. Service societa' cooperativa», nonche' gli interventi di
«Federazione Nazionale UGL Taxi» (UGL TAXI), «Associazione Tutela
Legale Taxi», «Federazione Taxi CISAL Provinciale Roma» (FEDERTAXI),
«A.T.I. TAXI», «TAM - Tassisti Artigiani Milanesi», «ANAR -
Associazione Nazionale Autonoleggiatori Riuniti», «TAXIBLU -
Consorzio Radiotaxi Satellitare societa' cooperativa» e dei
rispettivi rappresentanti legali, in proprio.
F.to: Marta Cartabia, Presidente
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