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giovedì 2 aprile 2020

N. 56 SENTENZA 26 febbraio - 26 marzo 2020 Giudizio di legittimita' costituzionale in via principale. Trasporto pubblico - Servizio di noleggio con conducente (NCC) - Nuovo regime - Obbligo di iniziare e terminare il servizio presso le rimesse, con ritorno alle stesse - Violazione dei limiti alla competenza esclusiva statale in materia di tutela della concorrenza - Illegittimita' costituzionale parziale. Trasporto pubblico - Servizio di noleggio con conducente (NCC) - Nuovo regime - Limitate deroghe all'obbligo di iniziare e terminare il servizio presso le rimesse, con ritorno alle stesse - Violazione dei limiti posti alla competenza esclusiva statale in materia di tutela della concorrenza - Illegittimita' costituzionale parziale. Trasporto pubblico - Servizio di noleggio con conducente (NCC) - Nuovo regime - Obbligo di ricevere le richieste e le prenotazioni presso la rimessa o la sede , anche mediante l'utilizzo di strumenti tecnologici; obbligo di compilare e tenere un "foglio di servizio"; divieto temporaneo di nuove licenze, fino alla piena operativita' del registro informatico pubblico nazionale delle imprese di settore - Ricorso della Regione Calabria - Denunciata violazione dei limiti alla competenza esclusiva statale in materia di tutela della concorrenza e della competenza esclusiva regionale in materia di trasporto pubblico locale - Non fondatezza della questione. Trasporto pubblico - Servizio di noleggio con conducente (NCC) - Nuovo regime - Possibilita' per il vettore di disporre di ulteriori rimesse nel territorio di altri Comuni della medesima Provincia o area metropolitana in cui ricade il territorio del Comune che ha rilasciato l'autorizzazione - Termine del 28 febbraio 2019 per il raggiungimento di una "diversa intesa" in sede di Conferenza unificata - Ricorso della Regione Calabria - Lamentata violazione del principio di leale collaborazione - Non fondatezza della questione. - Decreto-legge 14 dicembre 2018, n. 135, convertito, con modificazioni, nella legge 11 febbraio 2019, n. 12, art. 10-bis, commi 1, lettere a), b), e) (nelle parti in cui ha sostituito l'art. 11, comma 4, primo, secondo, terzo, quarto, quinto e sesto periodo, della legge 15 gennaio 1992, n. 21) ed f) (nelle parti in cui ha aggiunto i commi 4-bis e 4-ter all'art. 11 della legge n. 21 del 1992), 6, 7, 8 e 9. - Costituzione, artt. 3, 9, 41, 117, commi primo, secondo, lettera e), e quarto, e 120; Trattato sul funzionamento dell'Unione Europea, artt. 49, 56, da 101 a 109. (GU n.14 del 1-4-2020 )





N. 56 SENTENZA 26 febbraio - 26 marzo 2020

Giudizio di legittimita' costituzionale in via principale.

Trasporto pubblico - Servizio di  noleggio  con  conducente  (NCC)  -
  Nuovo regime - Obbligo di iniziare e terminare il  servizio  presso
  le rimesse, con ritorno alle stesse - Violazione  dei  limiti  alla
  competenza esclusiva statale in materia di tutela della concorrenza
  - Illegittimita' costituzionale parziale.
Trasporto pubblico - Servizio di  noleggio  con  conducente  (NCC)  -
  Nuovo regime - Limitate deroghe all'obbligo di iniziare e terminare
  il servizio presso le rimesse, con ritorno alle stesse - Violazione
  dei limiti posti alla competenza esclusiva statale  in  materia  di
  tutela della concorrenza - Illegittimita' costituzionale parziale.
Trasporto pubblico - Servizio di  noleggio  con  conducente  (NCC)  -
  Nuovo regime - Obbligo di ricevere le richieste e  le  prenotazioni
  presso la  rimessa  o  la  sede  ,  anche  mediante  l'utilizzo  di
  strumenti tecnologici; obbligo di compilare e tenere un "foglio  di
  servizio"; divieto temporaneo di nuove  licenze,  fino  alla  piena
  operativita' del  registro  informatico  pubblico  nazionale  delle
  imprese di settore - Ricorso della Regione  Calabria  -  Denunciata
  violazione dei limiti alla competenza esclusiva statale in  materia
  di tutela della concorrenza e della competenza esclusiva  regionale
  in materia di trasporto pubblico  locale  -  Non  fondatezza  della
  questione.
Trasporto pubblico - Servizio di  noleggio  con  conducente  (NCC)  -
  Nuovo regime - Possibilita' per il vettore di disporre di ulteriori
  rimesse nel territorio di altri Comuni della medesima  Provincia  o
  area metropolitana in cui ricade il territorio del  Comune  che  ha
  rilasciato l'autorizzazione - Termine del 28 febbraio 2019  per  il
  raggiungimento di  una  "diversa  intesa"  in  sede  di  Conferenza
  unificata - Ricorso della Regione Calabria -  Lamentata  violazione
  del principio  di  leale  collaborazione  -  Non  fondatezza  della
  questione.
- Decreto-legge  14  dicembre   2018,   n.   135,   convertito,   con
  modificazioni, nella legge 11 febbraio 2019, n.  12,  art.  10-bis,
  commi 1, lettere a), b), e)  (nelle  parti  in  cui  ha  sostituito
  l'art. 11, comma 4, primo, secondo, terzo, quarto, quinto  e  sesto
  periodo, della legge 15 gennaio 1992, n. 21) ed f) (nelle parti  in
  cui ha aggiunto i commi 4-bis e 4-ter all'art. 11 della legge n. 21
  del 1992), 6, 7, 8 e 9.
- Costituzione, artt. 3, 9, 41, 117, commi  primo,  secondo,  lettera
  e),  e  quarto,  e  120;  Trattato  sul  funzionamento  dell'Unione
  Europea, artt. 49, 56, da 101 a 109.

(GU n.14 del 1-4-2020 )

 

                       LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori:
Presidente:Marta CARTABIA;
Giudici :Aldo CAROSI,  Mario  Rosario  MORELLI,  Giancarlo  CORAGGIO,
  Giuliano AMATO, Silvana SCIARRA, Daria de  PRETIS,  Nicolo'  ZANON,
  Franco  MODUGNO,  Augusto  Antonio  BARBERA,  Giulio   PROSPERETTI,
  Giovanni  AMOROSO,  Francesco  VIGANO',  Luca   ANTONINI,   Stefano
  PETITTI,

     
    ha pronunciato la seguente

                              SENTENZA

    nel giudizio di  legittimita'  costituzionale  dell'art.  10-bis,
commi 1, lettere a), b), e) e f), 6, 7, 8 e 9, del  decreto-legge  14
dicembre 2018, n. 135 (Disposizioni urgenti in materia di sostegno  e
semplificazione per le imprese e per  la  pubblica  amministrazione),
convertito, con modificazioni, nella legge 11 febbraio 2019,  n.  12,
promosso dalla Regione  Calabria  con  ricorso  notificato  il  12-19
aprile 2019, depositato in cancelleria il 17 aprile 2019, iscritto al
n. 52 del registro ricorsi 2019 e pubblicato nella Gazzetta Ufficiale
della Repubblica n. 24, prima serie speciale, dell'anno 2019.
    Visti l'atto di costituzione del  Presidente  del  Consiglio  dei
ministri e gli atti di intervento, ad adiuvandum, della «Associazione
EFFE SERVIZI» e altra, nonche',  ad  opponendum,  della  «Federazione
Nazionale UGL Taxi» (UGL TAXI) e altri;
    udito nell'udienza pubblica  del  25  febbraio  2020  il  Giudice
relatore Daria de Pretis;
    uditi gli avvocati Demetrio  Verbaro  per  la  Regione  Calabria,
Pietro Troianiello per  la  «Associazione  EFFE  SERVIZI»  e  per  la
«C.RO.NO. Service societa' cooperativa»,  Marco  Giustiniani  per  la
«Federazione Nazionale UGL Taxi» (UGL  TAXI)  e  altri  e  l'avvocato
dello Stato  Giulio  Bacosi  per  il  Presidente  del  Consiglio  dei
ministri;
    deliberato nella camera di consiglio del 26 febbraio 2020.

                          Ritenuto in fatto

    1.- Con ricorso notificato il 12-19 aprile  2019,  depositato  in
cancelleria il 17 aprile 2019  e  iscritto  al  n.  52  del  registro
ricorsi per il 2019, la Regione Calabria  ha  promosso  questioni  di
legittimita' costituzionale dell'art. 10-bis, commi  1,  lettere  a),
b), e) e f), 6, 7, 8 e 9, del decreto-legge 14 dicembre 2018, n.  135
(Disposizioni urgenti in materia di sostegno e semplificazione per le
imprese  e  per  la  pubblica   amministrazione),   convertito,   con
modificazioni, nella legge 11 febbraio 2019, n. 12.
    La ricorrente premette che il settore degli autoservizi  pubblici
non di linea e' oggetto da anni di un «percorso assai tortuoso»,  nel
corso del quale il  legislatore  avrebbe  tentato  ripetutamente,  ma
infruttuosamente,  di  riformare  in  modo  organico  la   disciplina
contenuta nella legge 15 gennaio 1992, n. 21  (Legge  quadro  per  il
trasporto di persone mediante autoservizi  pubblici  non  di  linea),
nella quale l'art. 10-bis del d.l. n. 135 del  2018,  qui  censurato,
inserisce nuove disposizioni.
    Nel descrivere l'evoluzione del quadro normativo  della  materia,
la ricorrente riferisce che la legge n. 21 del 1992  era  gia'  stata
modificata in  modo  rilevante  dall'art.  29,  comma  1-quater,  del
decreto-legge 30 dicembre 2008, n. 207 (Proroga di  termini  previsti
da disposizioni  legislative  e  disposizioni  finanziarie  urgenti),
convertito, con modificazioni, nella legge 27 febbraio 2009,  n.  14.
La normativa cosi' introdotta aveva «ridisegnato» la  disciplina  del
servizio di noleggio con conducente (NCC) introducendo una  serie  di
«forti vincoli» a tale attivita', fra i quali l'obbligo di iniziare e
terminare ogni  singolo  servizio  alla  rimessa,  con  rientro  alla
stessa, nonche' l'obbligo di effettuare le prenotazioni sempre presso
la rimessa. L'efficacia  di  tale  disciplina,  tuttavia,  era  stata
immediatamente   sospesa   a   seguito   delle   critiche   sollevate
dall'Autorita'  garante  della  concorrenza  e  del  mercato  (AGCM),
dapprima con l'adozione dell'art. 7-bis del decreto-legge 10 febbraio
2009, n. 5 (Misure urgenti a  sostegno  dei  settori  industriali  in
crisi, nonche' disposizioni  in  materia  di  produzione  lattiera  e
rateizzazione del debito nel settore lattiero-caseario),  convertito,
con  modificazioni,  nella  legge   9   aprile   2009,   n.   33,   e
successivamente con una serie continua di proroghe della sospensione,
sino al 29 dicembre 2018, data di  emanazione  del  decreto-legge  29
dicembre 2018, n. 143 (Disposizioni urgenti in materia di autoservizi
pubblici non di linea). Da ultimo, la materia e'  stata  disciplinata
dall'art. 10-bis del d.l. n. 135 del 2018, inserito dalla legge n. 12
del 2019 in sede di conversione, che riproduce le  disposizioni  gia'
contenute nel d.l. n. 143 del 2018, abrogandolo contestualmente.
    La Regione Calabria afferma che i commi 1, lettere a), b),  e)  e
f), 6, 7, 8 e 9 del citato art. 10-bis introducono  un  nuovo  regime
dell'attivita' degli autoservizi pubblici non di linea, disciplinando
nel   dettaglio   «le    modalita'    operative    di    svolgimento,
l'organizzazione del servizio e delle relative  tempistiche,  nonche'
gli obblighi specifici di documentazione».
    Cio'  premesso,  la  ricorrente  propone  cinque   questioni   di
illegittimita' costituzionale.
    1.1.- Con la prima questione, lamenta la violazione  del  riparto
di competenze tra lo Stato e le regioni e segnatamente la  violazione
dell'art.  117,  commi  secondo,  lettera   e),   e   quarto,   della
Costituzione. La  dettagliata  disciplina  descritta  invaderebbe  la
competenza regionale  residuale  in  materia  di  trasporto  pubblico
locale  e  in  ogni  caso,  anche  volendo  ricondurre   l'intervento
legislativo alla  competenza  statale  "trasversale"  in  materia  di
«tutela  della  concorrenza»,  non   rispetterebbe   i   criteri   di
adeguatezza e di proporzionalita' che devono  essere  rispettati  nel
suo esercizio.
    La ricorrente richiama innanzitutto  la  costante  giurisprudenza
costituzionale secondo cui, dopo la riforma del Titolo V, la  materia
del servizio pubblico di trasporto di linea e non di linea, in quanto
non espressamente  menzionata,  deve  considerarsi  transitata  nella
competenza regionale residuale di cui  all'art.  117,  quarto  comma,
Cost. (e' citata, tra le altre, la sentenza n. 5 del 2019).
    A suo avviso, inoltre, l'intervento statale non  potrebbe  essere
ricondotto alla competenza esclusiva  in  materia  di  «tutela  della
concorrenza» di cui all'art. 117, secondo comma, lettera  e),  Cost.,
«in virtu' della peculiarita'  operativa»  che  caratterizzerebbe  le
disposizioni  impugnate.  Al  riguardo  sono   indicate,   a   titolo
esemplificativo, le modifiche degli artt. 3, comma 1, e 11, comma  4,
primo periodo, della legge n. 21 del 1992 (introdotte  dal  comma  1,
lettere a e b, dell'art. 10-bis), sulle prenotazioni  da  effettuarsi
«presso la rimessa o la sede» e anche «mediante l'utilizzo di sistemi
tecnologici», nonche' le ulteriori modifiche del comma 4 dell'art. 11
della legge n. 21 del 1992 sull'obbligo di rientro  in  rimessa  dopo
ogni servizio di NCC e sull'obbligo di compilazione e  tenuta  di  un
«foglio di servizio» in formato elettronico, che sarebbe aggravato da
uno specifico regime  transitorio  concentrato  su  minuti  dettagli,
quale l'adozione di una numerazione progressiva dei fogli in  formato
cartaceo.
    Un intervento cosi'  pervasivo  non  sarebbe  giustificato  dalla
natura "trasversale" della materia della  concorrenza,  che  potrebbe
si' intersecare le competenze  legislative  regionali,  ma  solo  nei
limiti di quanto strettamente necessario ad assicurare gli  interessi
ai quali tale materia e' preposta (e' citata la sentenza  n.  80  del
2006).
    Secondo la Regione,  le  disposizioni  impugnate  non  potrebbero
essere in alcun modo  ricondotte  alla  tutela  della  concorrenza  e
sembrerebbero al contrario finalizzate a comprimere  il  mercato  del
trasporto pubblico non di linea esercitato  con  NCC.  Sul  punto  e'
richiamata la sentenza  n.  452  del  2007,  con  cui  questa  Corte,
scrutinando la  legittimita'  di  un  intervento  statale  diretto  a
consentire ai comuni  l'adozione  di  misure  di  allargamento  della
platea dei soggetti operanti nel mercato degli  autoservizi  pubblici
non di linea,  in  asserita  violazione  della  competenza  regionale
residuale, ha respinto la  censura  rilevando  come  le  disposizioni
impugnate si ponessero in una ragionevole e  proporzionata  relazione
con  gli  obiettivi  perseguiti,  non  travalicando  i  limiti  della
competenza trasversale dello Stato  in  materia  di  concorrenza.  In
sostanza,  ad  avviso   della   ricorrente   la   pronuncia   avrebbe
giustificato l'intervento statale in quanto finalizzato  all'apertura
di  un  mercato   in   condizioni   concorrenziali   deficitarie,   e
riconducibile  quindi  all'esercizio   della   potesta'   legislativa
esclusiva statale in materia di «tutela della concorrenza».
    Dalla  pronuncia  si  dovrebbe  dedurre,  a  contrario,  che   le
disposizioni introdotte dall'art. 10-bis del d.l. n. 135 del 2018 non
possono essere ricondotte alla citata competenza  esclusiva  statale,
«quanto meno» nella parte in cui  prevedono  che  «[l]'inizio  ed  il
termine di ogni singolo servizio di noleggio  con  conducente  devono
avvenire presso le rimesse [...], con ritorno  alle  stesse»,  e  che
«[a] decorrere dalla data di entrata in vigore del presente decreto e
fino  alla  piena  operativita'  dell'archivio  informatico  pubblico
nazionale delle imprese di cui al  comma  3,  non  e'  consentito  il
rilascio di nuove autorizzazioni per l'espletamento del  servizio  di
noleggio con conducente con autovettura, motocarrozzetta e  natante»,
con cio' escludendo dal divieto di nuove autorizzazioni  il  servizio
di taxi.
    La non riconducibilita' del nuovo regime del servizio di NCC alla
potesta'  legislativa  a  tutela  della   concorrenza   sarebbe   poi
desumibile  dalle  critiche  mosse  negli   ultimi   anni   dall'AGCM
all'analoga disciplina introdotta dall'art. 29, comma  1-quater,  del
d.l. n. 207 del 2008, nonche' a quella contenuta nel d.l. n. 143  del
2018, poi «riversat[a]» nell'art. 10-bis del d.l. n. 135 del 2018.
    1.1.1.-  Terminata  l'illustrazione  della  prima  questione,  la
ricorrente espone alcune considerazioni, preliminari alla trattazione
delle  altre  questioni,  in  tema  di  ridondanza  sulle  competenze
regionali  della  violazione  di  parametri  diversi  da  quelli  che
sovrintendono al riparto  di  attribuzioni.  Tali  considerazioni  si
compendiano nella riproduzione di parte di una  pronuncia  di  questa
Corte (sentenza n. 220 del 2013) e nell'assunto che  «le  norme  oggi
censurate, anche al di la' della specifica invasione di materia, sono
lesive anche in virtu' della compromissione di altre  attribuzioni  e
per il riverbero sul riparto di competenza fra Stato e  Regioni,  per
come di seguito si rappresentera'».
    1.2.- La seconda questione e' posta  in  rapporto  di  dichiarata
subordinazione alla prima, ove l'intervento statale fosse  ricondotto
alla competenza esclusiva in materia di «tutela della concorrenza».
    Essa ha per oggetto i  commi  1,  lettere  a),  e)  e  f),  e  8,
dell'art. 10-bis. Tali previsioni, imponendo che le prenotazioni  del
servizio di NCC avvengano presso la  sede  o  la  rimessa,  anche  se
mediante  strumenti  tecnologici,  violerebbero  l'art.   41   Cost.,
limitando «la libera iniziativa economica privata [...] dei  soggetti
che   offrono   servizi   che   mettono   in   collegamento   autisti
professionisti dotati di autorizzazione NCC da un lato e  domanda  di
mobilita' dall'altro».
    A  sostegno  della  censura,  sono  richiamate   e   parzialmente
riprodotte le considerazioni  critiche  svolte  sul  punto  dall'AGCM
nell'audizione parlamentare tenuta durante l'iter di conversione  del
d.l. n. 143  del  2018,  e  segnatamente  il  fatto  che  il  vincolo
prescritto  mal  si  concilierebbe  con  il  pur  ammesso  uso  degli
strumenti tecnologici di intermediazione, che imporrebbero invece una
maggiore flessibilita' nell'utilizzazione del servizio.
    1.3.- La Regione lamenta in terzo luogo la  violazione  dell'art.
117, primo comma, Cost., in relazione agli artt. 49, 56 e  da  101  a
109  del  Trattato  sul  funzionamento  dell'Unione   europea,   come
modificato dall'art. 2 del Trattato di Lisbona del 13 dicembre 2007 e
ratificato dalla legge 2 agosto 2008, n. 130.
    La questione ha per oggetto i commi 1, lettere a), b), e) e f), 6
e 9 dell'art. 10-bis del  d.l.  n.  135  del  2018.  Le  limitazioni,
introdotte con tali disposizioni, all'ambito territoriale  entro  cui
l'attivita' di NCC puo' essere effettuata si porrebbero in  contrasto
con i principi comunitari di  liberta'  di  stabilimento,  di  libera
prestazione dei servizi e di concorrenza.
    L'obbligo di  rientro  in  rimessa  dopo  ogni  singolo  servizio
costituirebbe  un  evidente  limite  alla  liberta'  di  stabilimento
tutelata dall'art.  49  del  TFUE,  in  quanto  imporrebbe  un  onere
eccessivo agli  operatori  e  renderebbe  «piu'  difficile  e/o  meno
attrattivo» l'esercizio delle attivita' di NCC in Italia.
    La ricorrente richiama le osservazioni critiche presentate  dalla
Commissione europea nel corso di un giudizio alla Corte di  giustizia
dell'Unione europea (cause riunite C-162/12 e C-163/12) e ricorda che
la stessa  Commissione  europea  avrebbe  «paventato  l'avvio  di  un
procedimento d'infrazione» nei confronti dell'Italia  nell'ambito  di
una procedura «EU  Pilot»,  in  quanto  l'obbligo  di  effettuare  la
prenotazione  presso  la  rimessa,  introdotto  dall'art.  29,  comma
1-quater, del d.l. n. 207 del 2008 e successivamente sospeso, violava
la liberta' di stabilimento.
    Le disposizioni impugnate si porrebbero in contrasto anche con la
liberta' di prestazione dei servizi tutelata all'art.  56  del  TFUE,
per l'irragionevole limitazione «di fatto» degli ambiti  territoriali
entro  i  quali  l'attivita'  di  NCC  puo'  essere   esercitata,   e
discriminerebbero anche «cittadini  europei  appartenenti  a  diverse
regioni» (e' citata la sentenza n. 271 del 2009).
    La violazione dei principi di libera concorrenza (artt. da 101  a
109 del TFUE) si desumerebbe dalle citate  considerazioni  dell'AGCM,
secondo cui «[i] suddetti limiti fisici in ordine  alla  prenotazione
[appaiono] presentare un carattere  restrittivo  della  concorrenza»,
cosi' come «la limitazione territoriale provinciale», per superare la
quale la stessa  AGCM  aveva  auspicato  che  l'autorizzazione  fosse
concessa su base nazionale o, in subordine, regionale.
    1.3.1.- In questo contesto, la  ricorrente  riprende  l'argomento
della  ridondanza,  ritenendo  indubitabile  che  «dette   violazioni
ridondino in negativo sulla possibilita' per le regioni di legiferare
in  materia».  Il  riferimento  e'   operato,   per   esempio,   alle
«disposizioni  contenute  all'art.  10-bis,  comma  6   della   legge
impugnata, che sospendono rilascio [sic] di nuove autorizzazioni  NCC
fino alla piena operativita' del registro pubblico nazionale  (e  non
anche per i taxi)», nonche' alle «limitazioni territoriali  ristrette
all'ambito  provinciale  che   non   consentono   alle   regioni   di
disciplinare il trasporto interregionale  [recte:  intraregionale]  e
che non lasciano spazio per un  intervento  relativo  alla  mobilita'
interprovinciale».
    1.4.- La quarta questione ha per oggetto il comma 1, lettera  b),
dell'art. 10-bis. Secondo la  Regione  Calabria  esso  violerebbe  il
principio di leale collaborazione ex art. 120  Cost.,  per  l'estrema
brevita' del termine concesso per raggiungere in sede  di  Conferenza
unificata una «diversa intesa» sulla  prevista  possibilita'  che  il
vettore NCC disponga di ulteriori rimesse  nel  territorio  di  altri
comuni della medesima provincia o area metropolitana. Il  termine  e'
fissato al 28 febbraio 2019, appena quindici giorni dopo l'entrata in
vigore  della  disposizione  impugnata  (il  13  febbraio  2019).  Il
principio di leale collaborazione non consentirebbe infatti, in  base
alla  giurisprudenza  costituzionale,  che  l'assunzione  unilaterale
dell'atto da parte dell'autorita' centrale  consegua  automaticamente
al mancato raggiungimento dell'intesa entro un determinato periodo di
tempo, specie quando il termine previsto e' molto breve (sono  citate
le sentenze n. 1 del 2016 e n. 165 del 2011).
    «In subordine», il comma  1,  lettera  b),  dell'art.  10-bis  e'
impugnato nella parte  in  cui  prevede  che  l'intesa  possa  essere
raggiunta entro il 28 febbraio 2019 «invece che senza limitazioni  di
tempo»
    1.5.- Con la quinta questione  la  Regione  Calabria  lamenta  la
violazione, ad opera delle disposizioni contenute ai commi 1, lettere
b), e) e f), e 6 dell'art. 10-bis del d.l. n.  135  del  2018,  degli
artt. 3 e 9 Cost., per contrasto con i principi di uguaglianza  e  di
ragionevolezza.
    Le disposizioni impugnate  violerebbero  i  citati  parametri  in
quanto:
    a) introdurrebbero deroghe ingiustificate a favore delle  Regioni
Siciliana e autonoma della Sardegna,  prevedendo  in  particolare  la
validita'  sull'intero   territorio   regionale   dell'autorizzazione
rilasciata da un comune  della  regione  (comma  1,  lettera  b,  che
sostituisce il comma 3 dell'art. 3 della legge n. 21 del 1992)  e  la
possibilita' per i conducenti di  non  fare  rientro  in  rimessa  al
termine del primo servizio (comma 1, lettera f,  che  sostituisce  il
comma 4 dell'art. 11 della legge n. 21 del 1992);
    b) limiterebbero di fatto l'autorizzazione a svolgere il servizio
di NCC alla «sola operativita' provinciale», mentre in  altri  ambiti
del trasporto, «come per i servizi di mobilita' su gomma  a  media  e
lunga percorrenza», e' prevista anche  una  «autorizzazione  su  base
nazionale», come rilevato dall'AGCM;
    c) disporrebbero ingiustificatamente solo per il servizio di NCC,
e non anche per il servizio di taxi, la sospensione del  rilascio  di
nuove  autorizzazioni  fino  alla  piena  operativita'  dell'archivio
informatico pubblico nazionale previsto al comma 3 dello stesso  art.
10-bis (comma 6);
    d) nel prevedere l'obbligo di rientro in  rimessa,  ometterebbero
irragionevolmente il  bilanciamento  con  «gli  aspetti  legati  alla
tutela dell'ambiente (art. 9 Cost.)», «posto che le  autovetture  NCC
viaggeranno senza alcun passeggero per il  cinquanta  per  cento  del
tempo  e  del  chilometraggio  complessivo»,  cio'  traducendosi   in
attivita' dannose per l'ambiente e nello spreco di risorse.
    2.- Con atto depositato il 27 maggio 2019  si  e'  costituito  in
giudizio il Presidente del Consiglio dei  ministri,  rappresentato  e
difeso dall'Avvocatura generale dello  Stato,  che  ha  concluso  per
l'inammissibilita' e comunque per l'infondatezza delle questioni.
    2.1.- Sulla prima questione, l'Avvocatura osserva che, sebbene in
via generale la materia del trasporto pubblico non di  linea  rientri
tra quelle attribuite alla competenza esclusiva  delle  regioni,  «le
ricadute di tale attivita' nel settore della concorrenza  sull'intero
territorio nazionale»  giustificano  la  previsione  da  parte  dello
Stato,  nell'esercizio  della  competenza  esclusiva  in  materia  di
«tutela della  concorrenza»  di  cui  all'art.  117,  secondo  comma,
lettera  e),  Cost.,  di  indirizzi  generali  idonei  a   coordinare
l'attivita' di programmazione e pianificazione da parte delle singole
regioni,  nonche'  l'attivita'   dei   comuni   di   rilascio   delle
autorizzazioni. L'art. 10-bis del d.l. n. 135 del 2018  costituirebbe
dunque  «a  pieno  titolo»   espressione   delle   attribuzioni   del
legislatore nazionale in materia  di  concorrenza,  alla  luce  della
giurisprudenza costituzionale (e'  citata  la  sentenza  n.  265  del
2016).
    2.2.- Quanto all'asserita violazione  di  parametri  estranei  al
riparto di competenze, la difesa statale eccepisce l'inammissibilita'
delle relative questioni per difetto di motivazione  in  ordine  alla
ridondanza delle dedotte violazioni sulle attribuzioni regionali  (e'
citata la sentenza n. 78 del 2018).
    Nel merito, le questioni sarebbero  comunque  infondate,  poiche'
l'organica disciplina ora  contenuta  nella  legge  n.  21  del  1992
regolerebbe gli autoservizi pubblici non di linea con l'obiettivo  di
bilanciare le istanze concorrenziali poste a  fondamento  dell'intero
sistema economico con le imprescindibili  esigenze  di  tutela  degli
utenti e di garanzia della qualita' del servizio.
    Sarebbero  infondate  anche  le  censure  mosse  alla  disciplina
derogatoria  per  la  Regione  Siciliana  e  quella  autonoma   della
Sardegna, in base alle quali l'autorizzazione rilasciata da un comune
di quelle regioni e'  valida  sull'intero  territorio  regionale.  La
previsione  sarebbe  giustificata  dalla  «peculiare   configurazione
orografica delle Regioni  interessate  nonche'  delle  strutture  del
trasporto locale», tanto che proprio la sua assenza, auspicata  dalla
ricorrente, avrebbe potuto dare luogo a profili di  disuguaglianza  e
irragionevolezza.
    3.- Con atto depositato il 5 giugno  2019  sono  intervenute  nel
giudizio,  ad  adiuvandum,  la  «Associazione  EFFE  SERVIZI»  e   la
«C.RO.NO. Service societa' cooperativa».
    4.- Con atto depositato il 1° luglio 2019  sono  intervenuti  nel
giudizio, ad opponendum, la «Federazione  Nazionale  UGL  Taxi»  (UGL
TAXI), la «Associazione Tutela Legale  Taxi»,  la  «Federazione  Taxi
CISAL Provinciale Roma» (FEDERTAXI), la  «A.T.I.  Taxi»,  la  «TAM  -
Tassisti  Artigiani  Milanesi»,  la  «ANAR  -Associazione   Nazionale
Autonoleggiatori  Riuniti»,  il  «  TAXIBLU  -  Consorzio   Radiotaxi
Satellitare  societa'  cooperativa»  e  i  rispettivi  rappresentanti
legali,  in  proprio,  quali  titolari  di  licenze  per  taxi  e  di
autorizzazioni per il noleggio con conducente.
    5.- La Regione Calabria ha depositato  il  10  gennaio  2020  una
memoria, nella  quale  preliminarmente  eccepisce  l'inammissibilita'
degli  interventi  e   replica   all'eccezione   dell'Avvocatura   di
inammissibilita' per  difetto  di  motivazione  sulla  ridondanza.  A
questo  secondo  riguardo  osserva  che   l'eccezione   non   sarebbe
conferente quanto alla lamentata violazione del  principio  di  leale
collaborazione desumibile dall'art. 120 Cost., giacche' la violazione
ridonderebbe in via immediata sulle  attribuzioni  regionali,  mentre
quanto  al  resto  apparirebbe  ben  chiaro,  nell'impostazione   del
ricorso, il collegamento delle censure rispetto alla  violazione  del
riparto di competenze legislative.
    Le censure relative  alla  violazione  del  principio  di  libera
iniziativa economica, dei principi comunitari e dei principi di leale
collaborazione, di uguaglianza e  di  ragionevolezza  dimostrerebbero
che «l'invasione della sfera di competenza  delle  Regioni  da  parte
dello Stato ha comportato, quale conseguenza, anche la violazione  di
altri  principi  costituzionali  a  scapito  delle  stesse  Regioni».
Inoltre, attraverso tali  censure  sarebbe  possibile  analizzare  il
contenuto, il significato, la  portata  e  gli  effetti  delle  norme
impugnate e, quindi, l'implausibilita' dell'esercizio  di  competenze
statali trasversali come la tutela della concorrenza,  fungendo  esse
«d'ausilio» in relazione alla questione di competenza.
    5.1.- Nell'illustrare la prima questione, la Regione osserva  che
per affermare la sussistenza della competenza trasversale dello Stato
non basterebbe invocare  la  «tutela  della  concorrenza»,  dovendosi
accertare se le norme abbiano per oggetto, diretto  o  indiretto,  la
concorrenza e se siano adeguate e proporzionate al fine prefissato.
    Sotto il  primo  profilo,  le  disposizioni  impugnate  sarebbero
completamente estranee alla materia della tutela  della  concorrenza,
«sostanziandosi   nella   disciplina   e    nella    regolamentazione
dell'autoservizio NCC», al mero fine di organizzarlo e gestirlo nella
sua  totalita'  con  norme   dettagliate,   modificando   le   regole
fondamentali del suo esercizio e violando in tal modo  le  competenze
legislative regionali (sono citate le sentenze n. 251 del 2016  e  n.
345 del 2004).
    Sotto il secondo profilo, le disposizioni censurate, nell'imporre
l'ubicazione provinciale delle rimesse, le modalita' di  prenotazione
presso la sede o le rimesse, l'obbligo di iniziare e  terminare  ogni
singolo servizio alla rimessa, la compilazione e la tenuta del foglio
di  servizio  contenente  anche  i  dati   del   cliente   (con   sua
"schedatura") e la "moratoria" nel rilascio di nuove  autorizzazioni,
impedirebbero  il  pieno  e  libero  accesso  al  mercato,  limitando
l'offerta dei servizi e obbligando di fatto il  cliente  a  scegliere
l'operatore non in base al rapporto qualita'/prezzo, ma a criteri che
favoriscono alcuni operatori (non soggetti a tali limiti)  a  scapito
di altri.
    5.2.- Dopo avere rinviato alle argomentazioni svolte nel  ricorso
quanto alle violazioni degli artt. 3, 41 e 117, primo  comma,  Cost.,
la Regione si sofferma sulla questione ex art. 120 Cost.,  osservando
che, ove si riconducessero le  disposizioni  impugnate  alla  «tutela
della  concorrenza»,  la  competenza  statale  non  sarebbe  comunque
prevalente, onde il legislatore avrebbe  dovuto  prevedere  forme  di
coinvolgimento delle regioni tramite preventiva intesa.
    A tal fine l'intesa prevista al nuovo comma 3 dell'art.  3  della
legge n. 21 del 1992 sarebbe inadeguata e insufficiente  a  garantire
il rispetto del principio di leale collaborazione, essendo limitata a
una sola delle regole introdotte dall'art. 10-bis e consentendo  alle
regioni di discutere esclusivamente sulla possibilita'  di  eliminare
per i titolari di autorizzazioni NCC la facolta'  di  istituire  piu'
rimesse su base provinciale e di imporre  la  base  territoriale  del
comune che ha rilasciato l'autorizzazione.

                       Considerato in diritto

    1.- La Regione Calabria ha  promosso  questioni  di  legittimita'
costituzionale dell'art. 10-bis, commi 1, lettere a), b), e) e f), 6,
7, 8 e 9, del decreto-legge 14 dicembre 2018,  n.  135  (Disposizioni
urgenti in materia di sostegno e semplificazione per le imprese e per
la pubblica amministrazione), convertito,  con  modificazioni,  nella
legge 11 febbraio 2019, n. 12.
    Le  disposizioni  impugnate  introducono,  insieme   alle   altre
contenute nello stesso art. 10-bis, un nuovo regime dell'attivita' di
noleggio con conducente (NCC).
    1.1.-  In  via   preliminare   va   ribadito   quanto   stabilito
nell'ordinanza di cui e' stata data lettura in udienza,  allegata  al
presente provvedimento,  sull'inammissibilita'  degli  interventi  ad
adiuvandum  della  «Associazione  EFFE  SERVIZI»  e  della  «C.RO.NO.
Service societa' cooperativa», nonche' degli interventi ad opponendum
della  «Federazione   Nazionale   UGL   Taxi»   (UGL   TAXI),   della
«Associazione Tutela Legale  Taxi»,  della  «Federazione  Taxi  CISAL
Provinciale  Roma»  (FEDERTAXI),  della  «A.T.I.  Taxi»,  la  «TAM  -
Tassisti Artigiani Milanesi»,  della  «ANAR  -Associazione  Nazionale
Autonoleggiatori  Riuniti»,  del  «  TAXIBLU  -  Consorzio  Radiotaxi
Satellitare societa' cooperativa»  e  dei  rispettivi  rappresentanti
legali,  in  proprio,  quali  titolari  di  licenze  per  taxi  e  di
autorizzazioni per il noleggio con conducente.
    Secondo il costante orientamento di questa Corte, il giudizio  di
legittimita'   costituzionale   in   via   principale    si    svolge
esclusivamente tra soggetti titolari di potesta'  legislativa  e  non
ammette l'intervento di soggetti che ne siano privi,  fermi  restando
per costoro, ove ne ricorrano  i  presupposti,  gli  altri  mezzi  di
tutela  giurisdizionale  eventualmente   esperibili   (ex   plurimis,
sentenze n. 5 del 2018 e allegata ordinanza letta all'udienza del  21
novembre 2017, n. 242, n. 110 e n. 63 del 2016, n. 251 e n.  118  del
2015, n. 278 del 2010; ordinanza n. 213 del 2019). Tale  orientamento
va  tenuto  fermo  anche  a  seguito  delle  modifiche  delle   Norme
integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale apportate
con la delibera di questa Corte dell'8 gennaio 2020 (pubblicata nella
Gazzetta Ufficiale n. 17 del 22 gennaio 2020), non incidendo esse sui
requisiti di ammissibilita'  degli  interventi  nei  giudizi  in  via
principale.
    2.- La Regione Calabria ha promosso cinque questioni.
    La prima riguarda la violazione della competenza residuale  delle
regioni ex art. 117, quarto comma, della Costituzione, in materia  di
trasporto pubblico  locale.  Delle  altre  questioni,  una  evoca  il
principio di leale collaborazione  desumibile  dall'art.  120  Cost.,
mentre le rimanenti si riferiscono a parametri che non interessano il
riparto di attribuzioni: si tratta (seguendo l'ordine dei  motivi  di
ricorso) degli artt. 3, 9, 41 e 117, primo comma, Cost., quest'ultimo
in relazione agli artt. 49, 56 e  da  101  a  109  del  Trattato  sul
funzionamento dell'Unione europea, come modificato  dall'art.  2  del
Trattato di Lisbona del 13 dicembre 2007 e ratificato dalla  legge  2
agosto 2008, n. 130.
    Come si desume dalle motivazioni del ricorso, le norme  impugnate
sono investite nella loro interezza solo dalle  censure  con  cui  e'
lamentata la lesione della competenza residuale regionale;  le  altre
questioni hanno singolarmente oggetti piu' limitati.
    Nell'intestazione e nel dispositivo del ricorso e' indicato,  tra
i parametri violati, anche l'art. 118 Cost., ma nella motivazione non
se ne fa cenno, sicche' in riferimento a esso l'impugnazione si  deve
ritenere inammissibile per totale carenza di motivazione.
    3.- Per quello che qui rileva, l'attivita'  di  NCC  e'  regolata
dalla legge 15 gennaio 1992, n. 21 (Legge quadro per il trasporto  di
persone mediante autoservizi pubblici non di linea). Il testo vigente
della legge n. 21 del 1992 e' il risultato delle modifiche introdotte
prima dall'art. 29, comma 1-quater,  del  decreto-legge  30  dicembre
2008, n. 207 (Proroga di termini previsti da disposizioni legislative
e disposizioni finanziarie urgenti), convertito,  con  modificazioni,
nella legge 27 febbraio 2009,  n.  14,  e  successivamente  dall'art.
10-bis del d.l. n. 135 del 2018, impugnato in questa sede.
    Se ne  tratteggia  di  seguito  una  rapida  sintesi,  mentre  si
illustreranno poi nel dettaglio le singole disposizioni incise  dalla
normativa censurata.
    All'art. 1, la legge n. 21 del 1992  identifica  gli  autoservizi
pubblici  non  di  linea  in  «quelli  che  provvedono  al  trasporto
collettivo od individuale di persone, con  funzione  complementare  e
integrativa rispetto ai trasporti  pubblici  di  linea  [...]  e  che
vengono effettuati, a richiesta dei trasportati o del trasportato, in
modo non continuativo o  periodico,  su  itinerari  e  secondo  orari
stabiliti di volta in volta» (comma 1). Lo stesso art.  1  stabilisce
poi che «costituiscono autoservizi pubblici non di linea»  i  servizi
di taxi e di NCC (comma 2).
    Gli artt. 2 e 3 descrivono le caratteristiche di tali servizi.
    Il servizio di taxi si rivolge a  «una  utenza  indifferenziata»,
che richiede la prestazione in modo diretto grazie allo stazionamento
in luogo pubblico dei mezzi, che devono  essere  distinguibili  dagli
altri  autoveicoli;  le  tariffe  sono   determinate   dagli   organi
competenti, che stabiliscono anche  le  modalita'  del  servizio;  il
prelevamento dell'utente  ovvero  l'inizio  del  servizio  «avvengono
all'interno dell'area comunale o comprensoriale» (art. 2,  comma  1).
Nelle  aree  di  riferimento,  «la  prestazione   del   servizio   e'
obbligatoria» (comma 2).
    Il  servizio  di  NCC,  alla  luce  della  vigente   formulazione
dell'art. 3, si rivolge invece a una «utenza specifica», che «avanza,
presso la sede o la rimessa, apposita richiesta per  una  determinata
prestazione  a  tempo  e/o  viaggio  anche  mediante  l'utilizzo   di
strumenti tecnologici» (art. 3, comma 1). Lo stazionamento dei  mezzi
non deve avvenire sulla pubblica via, ma all'interno  delle  apposite
rimesse (comma 2). La sede operativa del vettore e almeno una rimessa
«devono essere situate nel territorio del comune  che  ha  rilasciato
l'autorizzazione», con possibilita' per il vettore  «di  disporre  di
ulteriori rimesse nel  territorio  di  altri  comuni  della  medesima
provincia o area metropolitana in cui ricade il territorio del comune
che ha rilasciato l'autorizzazione, previa  comunicazione  ai  comuni
predetti» (comma 3).
    A tali limitazioni si aggiungono gli obblighi previsti  dall'art.
11 della legge n. 21 del 1992, che al  comma  4  impone  ai  titolari
delle autorizzazioni NCC di ricevere  nuove  prenotazioni  presso  la
rimessa o la sede e di iniziare e  terminare  ogni  singolo  servizio
presso le rimesse medesime, nonche' di compilare e tenere un  «foglio
di servizio in formato elettronico» riportante i  dati  del  servizio
svolto.
    Pur sottoposto a questi vincoli, il trasporto puo' avvenire senza
limiti territoriali,  come  si  desume  dalla  previsione,  contenuta
sempre al comma 4 dell'art. 11,  secondo  cui  «[i]l  prelevamento  e
l'arrivo a destinazione dell'utente  possono  avvenire  anche  al  di
fuori della provincia o dell'area  metropolitana  in  cui  ricade  il
territorio del comune che ha rilasciato l'autorizzazione». Inoltre, a
differenza del servizio taxi, non sono  previsti  obblighi  tariffari
(il corrispettivo e' liberamente concordato) ne' di  prestazione  (la
richiesta di trasporto puo' essere rifiutata).
    La legge n. 21 del 1992 - che sin dal  titolo  si  presenta  come
legge quadro in  una  materia,  all'epoca,  di  potesta'  legislativa
ripartita - riconosce poi in termini espliciti e ampi  le  competenze
delle regioni in relazione agli autoservizi pubblici  non  di  linea:
«[l]e regioni esercitano le loro competenze in materia  di  trasporto
di persone mediante autoservizi pubblici non di linea  ai  sensi  del
decreto del Presidente della Repubblica 24 luglio 1977, n. 616, e nel
quadro dei principi fissati dalla presente legge» (art. 4, comma  1).
In particolare,  e'  previsto  (art.  4,  comma  2)  che  le  regioni
stabiliscano i criteri cui devono attenersi i comuni nel  redigere  i
regolamenti sull'esercizio degli autoservizi pubblici non di linea  e
che  deleghino  poi  agli  enti  locali  l'esercizio  delle  funzioni
amministrative attuative.
    I comuni provvedono a emanare tali regolamenti e a esercitare  in
concreto le funzioni amministrative  concernenti  il  rilascio  delle
licenze taxi e delle autorizzazioni NCC e definiscono, nel  contempo,
il numero e la tipologia dei veicoli da adibire a  tali  servizi,  le
modalita' di svolgimento e i  criteri  per  la  determinazione  delle
tariffe (art. 5).
    L'art. 6 prescrive inoltre il conseguimento di un certificato  di
abilitazione professionale, nonche' un esame da parte di  un'apposita
commissione  regionale  che  verifica  i   requisiti   di   idoneita'
all'esercizio  degli  autoservizi  pubblici   non   di   linea,   con
particolare riferimento alla conoscenza geografica  e  toponomastica.
Il possesso del certificato e il  superamento  dell'esame  consentono
l'iscrizione al ruolo dei conducenti di veicoli o natanti adibiti  ad
autoservizi pubblici non di linea,  istituito  presso  le  Camere  di
commercio, industria,  artigianato  e  agricoltura,  che  costituisce
presupposto   indispensabile   per   ottenere   le   licenze   e   le
autorizzazioni in materia.
    La violazione di quanto disposto dagli artt. 3 e 11 e' punita con
la sospensione dal ruolo (di durata via  via  crescente  in  caso  di
progressiva recidiva) e con la  cancellazione  da  esso  alla  quarta
inosservanza (art. 11-bis).
    3.1.- Come accennato, la disciplina del servizio di NCC contenuta
nella legge n. 21 del 1992 e' stata oggetto nel tempo  di  molteplici
interventi.
    In primo luogo, il citato d.l. n.  207  del  2008,  all'art.  29,
comma 1-quater, ha  reso  piu'  stringenti  i  vincoli  territoriali,
aumentando anche i controlli sul loro rispetto e le sanzioni in  caso
di violazione. In particolare, sono stati  introdotti  a  carico  dei
prestatori dei servizi di NCC:  l'obbligo  di  avere  la  sede  e  la
rimessa esclusivamente nel territorio del comune  che  ha  rilasciato
l'autorizzazione; l'obbligo di iniziare ogni singolo  servizio  dalla
rimessa e  di  ritornarvi  al  termine  del  servizio;  l'obbligo  di
compilare e tenere il «foglio di servizio»; l'obbligo di  sostare,  a
disposizione dell'utenza, esclusivamente all'interno  della  rimessa.
E' stato inoltre confermato l'obbligo gia' previsto dalla legge n. 21
del 1992 di effettuazione presso le  rimesse  delle  prenotazioni  di
trasporto.
    Questa disciplina non ha tuttavia avuto  applicazione  per  molto
tempo.
    L'efficacia dell'art.  29,  comma  1-quater,  e'  stata  dapprima
sospesa sino al 31 marzo 2010 in  attesa  della  ridefinizione  della
disciplina dettata dalla legge 15 gennaio 1992, n. 21, in materia  di
trasporto di persone mediante autoservizi non di  linea  (art.  7-bis
del decreto-legge 10 febbraio 2009, n. 5, recante  Misure  urgenti  a
sostegno dei settori industriali in crisi,  nonche'  disposizioni  in
materia di produzione lattiera e rateizzazione del debito nel settore
lattiero-caseario,  convertito,  con  modificazioni,  nella  legge  9
aprile 2009, n. 33).
    In seguito,  perdurando  la  mancanza  di  tale  «ridefinizione»,
l'art.  2,  comma  3,  del  decreto-legge  25  marzo   2010   n.   40
(Disposizioni  urgenti  tributarie  e  finanziarie  in   materia   di
contrasto alle frodi fiscali internazionali e nazionali operate,  tra
l'altro, nella forma dei  cosiddetti  «caroselli»  e  «cartiere»,  di
potenziamento e razionalizzazione della riscossione tributaria  anche
in  adeguamento  alla  normativa  comunitaria,  di  destinazione  dei
gettiti recuperati al finanziamento  di  un  Fondo  per  incentivi  e
sostegno della  domanda  in  particolari  settori),  convertito,  con
modificazioni, nella legge 22 maggio 2010, n. 73, ha demandato  a  un
decreto ministeriale, previa  intesa  con  la  Conferenza  unificata,
l'adozione  di  «urgenti  disposizioni  attuative,  tese  a  impedire
pratiche di esercizio abusivo del servizio di taxi e del servizio  di
noleggio con conducente o,  comunque,  non  rispondenti  ai  principi
ordinamentali che regolano la materia» e di  indirizzi  generali  per
l'attivita' di programmazione e pianificazione delle regioni ai  fini
del rilascio dei titoli  autorizzativi  da  parte  dei  comuni.  Tali
misure non sono mai state emanate nonostante che, successivamente, il
legislatore abbia  piu'  volte  prorogato  il  termine  per  la  loro
adozione.
    L'art. 10-bis del d.l. n. 135 del 2018, oggetto  di  impugnazione
in questa  sede,  ha  letteralmente  e  integralmente  riprodotto  le
modifiche che, prima della scadenza dell'ultima proroga, erano  state
portate alla legge n. 21 del 1992 dall'art. 1  del  decreto-legge  29
dicembre 2018, n. 143 (Disposizioni urgenti in materia di autoservizi
pubblici non di linea), non convertito.
    Per meglio comprendere l'assetto normativo vigente, va  precisato
che l'art. 10-bis ha a sua volta abrogato, a decorrere dal 1° gennaio
2019, sia il comma 3 dell'art. 2 del d.l. n. 40 del  2010  (al  comma
5), che l'art. 7-bis del d.l. n. 5 del 2009 (al comma 7), che avevano
sospeso  l'efficacia  della  piu'   stringente   disciplina   dettata
dall'art.  29,  comma  1-quater,  del  d.l.  n.  207  del  2008.   Di
conseguenza, dalla indicata data del 1° gennaio 2019 hanno acquistato
efficacia le disposizioni modificative della legge  n.  21  del  1992
introdotte dall'art. 29, comma 1-quater, del d.l. n.  207  del  2008,
come ulteriormente modificate dall'art. 10-bis del d.l.  n.  135  del
2018, mentre e' venuta meno la previsione  di  «urgenti  disposizioni
attuative» dirette a  contrastare  il  fenomeno  dell'abusivismo,  da
adottare con decreto ministeriale.
    3.2.-  Come  visto,  la  ricorrente  impugna  le  seguenti  parti
dell'art. 10-bis: le lettere a), b), e) e f) del comma 1,  nonche'  i
commi 6, 7, 8 e 9. Prima di passare all'esame delle singole  censure,
conviene esaminare nel dettaglio il contenuto di tali disposizioni.
    La lettera a) del comma 1 modifica il comma 1 dell'art.  3  della
legge n. 21 del 1992, che definisce le caratteristiche  del  servizio
di NCC e le modalita' di richiesta delle prestazioni, sostituendo  le
parole «presso la rimessa» con le seguenti:  «presso  la  sede  o  la
rimessa» e aggiungendo alla fine le parole «anche mediante l'utilizzo
di strumenti tecnologici».
    La lettera b) del comma 1 sostituisce integralmente  il  comma  3
dello stesso art. 3. Con tale intervento, il legislatore ha previsto,
in primo luogo, che le prestazioni di NCC  possano  essere  richieste
dall'utenza, oltre che  nella  rimessa,  anche  presso  la  sede  del
vettore e ha specificato che  le  richieste  possono  avvenire  anche
mediante l'utilizzo di strumenti tecnologici.
    Il nuovo comma 3 dell'art. 3 ribadisce poi che la sede  operativa
del vettore NCC e (almeno) una  rimessa  devono  essere  situate  nel
territorio  del  comune  che  ha  rilasciato   l'autorizzazione.   La
previsione si collega a quella dell'art. 8,  comma  3,  della  stessa
legge n. 21 del 1992 (come modificato dall'art. 29,  comma  1-quater,
del d.l. n. 207 del 2008 e non oggetto  di  impugnazione),  alla  cui
stregua «per poter conseguire e  mantenere  l'autorizzazione  per  il
servizio   di   noleggio   con   conducente   e'   obbligatoria    la
disponibilita', in base a valido titolo giuridico, di  una  sede,  di
una rimessa o di un pontile di attracco situati  nel  territorio  del
comune che ha rilasciato l'autorizzazione».
    E' stata tuttavia introdotta la possibilita' per  il  vettore  di
avere ulteriori rimesse nel territorio di altri comuni della medesima
provincia o area metropolitana in cui ricade il territorio del comune
che ha rilasciato l'autorizzazione, previa  comunicazione  ai  comuni
predetti e salvo diversa intesa  raggiunta  in  Conferenza  unificata
entro il 28 febbraio 2019.
    Con  le  descritte  modifiche  il  legislatore  del   2018,   pur
conservando vincoli territoriali nell'organizzazione del servizio  di
NCC, ha voluto introdurre elementi  di  flessibilita'  rispetto  alla
fisionomia "disegnata" nel 2008 con l'adozione del  citato  art.  29,
comma 1-quater. Mentre in precedenza il vettore  poteva  ricevere  la
richiesta dell'utente solo presso la  sede  e  lo  stazionamento  del
mezzo doveva avvenire  nell'unica  rimessa  a  disposizione,  ubicata
esclusivamente  nel  territorio  del  comune  che  aveva   rilasciato
l'autorizzazione, la nuova disciplina consente al vettore di disporre
di piu' rimesse situate in piu' comuni  e  di  stazionare  dunque  in
luoghi  diversi,  anche  se  sempre  all'interno  della  provincia  o
dell'area metropolitana in cui ricade il  comune  che  ha  rilasciato
l'autorizzazione.
    Una deroga a tale  disciplina  e'  prevista,  «in  ragione  delle
specificita' territoriali e delle carenze infrastrutturali»,  per  la
Sicilia e la Sardegna, dove «l'autorizzazione rilasciata in un comune
della regione e' valida sull'intero territorio regionale» e i vettori
NCC, che devono avere «la sede operativa e almeno una rimessa»  entro
il territorio regionale (non gia'  solo  comunale),  in  tale  stesso
ambito possono stazionare con il mezzo, ricevere le richieste e, come
si vedra', iniziare e terminare ogni singolo servizio.
    La lettera e) del comma 1 dell'art. 10-bis sostituisce il comma 4
dell'art. 11 della legge n. 21 del 1992,  gia'  sostituito  dall'art.
29, comma 1-quater, del d.l. n. 207 del 2008.
    Dopo avere stabilito (in linea con il disposto dell'art. 3, comma
1) che «le prenotazioni di trasporto per il servizio di noleggio  con
conducente sono  effettuate  presso  la  rimessa  o  la  sede,  anche
mediante l'utilizzo di strumenti  tecnologici»  (primo  periodo),  il
nuovo comma 4 prevede che l'inizio  e  il  termine  di  ogni  singolo
servizio  di  NCC  «devono  avvenire  presso  le   rimesse   di   cui
all'articolo 3, comma 3, con ritorno alle stesse» (secondo  periodo),
mentre «[i]l  prelevamento  e  l'arrivo  a  destinazione  dell'utente
possono invece avvenire anche al di fuori della provincia o dell'area
metropolitana  in  cui  ricade  il  territorio  del  Comune  che   ha
rilasciato l'autorizzazione» (terzo periodo).
    Rispetto al vincolo imposto dal previgente comma 4 -  secondo  il
quale, in linea con l'ambito comunale della restrizione  territoriale
allora operante, «[l]'inizio ed il termine di ogni  singolo  servizio
di noleggio con conducente devono avvenire alla rimessa, situata  nel
comune che ha rilasciato l'autorizzazione, con ritorno alla stessa» -
la norma allarga la sfera di potenziale operativita' alla  dimensione
provinciale  (o  di  area  metropolitana).   In   coerenza   con   la
possibilita' di disporre di ulteriori rimesse  introdotta  dal  nuovo
comma 3 dell'art. 3 - che  di  fatto  gia'  autorizza  il  vettore  a
operare all'interno della provincia - l'inizio e la fine del servizio
di NCC possono ora avvenire anche in rimesse situate in altri  comuni
della provincia (o dell'area metropolitana) di riferimento.
    Il  nuovo  comma  4  mantiene  anche  l'obbligo  del  "foglio  di
servizio", ma ne impone la  compilazione  e  la  tenuta  «in  formato
elettronico», demandando la definizione delle specifiche  tecniche  a
un decreto ministeriale, in attesa del quale il foglio di servizio e'
sostituito da una versione cartacea.
    La lettera f) inserisce, dopo il comma 4 dell'art.  11,  i  commi
4-bis e 4-ter.
    Il comma 4-bis prevede  una  deroga  all'obbligo  di  rientro  in
rimessa  dopo  ogni  servizio,  consentendo  di  iniziare  un   nuovo
trasporto anche  senza  il  rientro  in  rimessa  nel  caso  di  piu'
prenotazioni, oltre la prima, risultanti dal foglio di servizio, «con
partenza o  destinazione  all'interno  della  provincia  o  dell'area
metropolitana  in  cui  ricade  il  territorio  del  comune  che   ha
rilasciato l'autorizzazione». Una deroga piu'  ampia  e'  prevista  a
favore dei vettori operanti  in  Sicilia  e  Sardegna,  per  i  quali
«partenze e destinazioni possono ricadere entro  l'intero  territorio
regionale».
    Il nuovo comma 4-ter chiarisce infine che, fermo  il  divieto  di
sosta in posteggio di stazionamento su suolo pubblico nei comuni  ove
sia esercitato il servizio di taxi (art. 11, comma 3),  nel  servizio
di NCC «e' in ogni caso  consentita  la  fermata  su  suolo  pubblico
durante l'attesa del cliente che ha effettuato  la  prenotazione  del
servizio e nel corso dell'effettiva prestazione del servizio stesso».
    Il comma 6 dell'art. 10-bis va letto  insieme  al  comma  3  (non
impugnato) dello stesso articolo, che prevede l'istituzione, entro un
anno  dall'entrata  in  vigore  del  d.l.  n.  135  del  2018,   come
convertito, di «un  registro  informatico  pubblico  nazionale  delle
imprese titolari di licenza per il servizio taxi [...] e di quelle di
autorizzazione per il servizio di  noleggio  con  conducente  [...]»,
demandando  a  un   decreto   ministeriale   l'individuazione   delle
«specifiche tecniche di attuazione e le modalita'  con  le  quali  le
predette  imprese  dovranno  registrarsi».  Il  comma   6   impugnato
introduce per il  periodo  intermedio  una  sorta  di  moratoria  nel
rilascio di nuove autorizzazioni per l'espletamento del  servizio  di
noleggio con conducente, stabilendo che non e' consentito «fino  alla
piena operativita' dell'archivio informatico pubblico nazionale delle
imprese di cui al comma 3 [...]».
    Con il comma 7 dell'art. 10-bis e' abrogato, a decorrere  dal  1°
gennaio 2019, l'art. 7-bis del d.l. n. 5 del 2009, con la conseguenza
che viene cosi' definitivamente meno  la  sospensione  dell'efficacia
dell'art. 29, comma 1-quater, del d.l. n. 207 del 2008 disposta dalla
norma abrogata.
    Il comma 8 dell'art. 10-bis prevede che  venga  disciplinata  con
decreto del Presidente del Consiglio dei ministri  l'attivita'  delle
piattaforme tecnologiche di intermediazione della domanda  e  offerta
di autoservizi pubblici non di linea.
    Il successivo comma 9 introduce un'altra  deroga  all'obbligo  di
rientro in rimessa dopo ogni servizio,  consentendo  che,  fino  alla
data di adozione delle deliberazioni della  Conferenza  unificata  di
cui al nuovo art. 3, comma 3, della legge n. 21 del 1992 (sostituito,
come visto, dal comma 1, lettera b, dell'art. 10-bis), e comunque per
un periodo non superiore a due anni dalla data di entrata  in  vigore
del d.l. n. 135 del  2018,  l'inizio  di  un  nuovo  servizio,  fermo
l'obbligo di prenotazione, possa avvenire senza il rientro in rimessa
anche quando il servizio e` svolto  in  esecuzione  di  un  contratto
concluso in forma scritta tra il vettore e il  cliente,  avente  data
certa sino a 15 giorni antecedenti alla predetta data di  entrata  in
vigore e debitamente registrato, da tenere a bordo o  in  sede  e  da
esibire in caso di controlli.
    In sintesi, il nucleo precettivo delle norme impugnate su cui  si
incentra la  maggior  parte  delle  censure  avanzate  dalla  Regione
Calabria e' costituito dagli interventi sugli  artt.  3  e  11  della
legge n. 21 del 1992, che delineano le caratteristiche  del  servizio
di  NCC  e  gli  obblighi  gravanti  sui  titolari   delle   relative
autorizzazioni. Si tratta di interventi che interessano, come  visto,
i vincoli gia' introdotti dall'art. 29, comma 1-quater, del  d.l.  n.
207 del 2008, rendendoli in  una  certa  misura  piu'  flessibili  ma
conservandone l'essenza.
    4.- Cosi' illustrato  il  contenuto  delle  disposizioni  statali
censurate, occorre preliminarmente sgombrare il campo da un possibile
profilo  di  inammissibilita'   delle   questioni   di   legittimita'
costituzionale  promosse  dalla  Regione   Calabria   che   investono
disposizioni modificative o sostitutive di  disposizioni  previgenti,
le quali, lette dall'angolo visuale in cui  si  pone  la  ricorrente,
presentavano esse stesse un contenuto  ugualmente  (anzi,  in  taluni
casi maggiormente)  lesivo  della  competenza  regionale  di  cui  e'
lamentata la violazione. Tali sono in  particolare  i  commi  1  e  3
dell'art. 3 e il comma 4 dell'art. 11 della legge n. 21 del 1992, nel
testo introdotto dall'art. 29, comma 1-quater, del d.l.  n.  207  del
2008, che la Regione non ha a suo tempo impugnato.
    La circostanza non esclude tuttavia l'ammissibilita' del  gravame
regionale, alla luce della costante giurisprudenza  di  questa  Corte
secondo cui nei giudizi in via principale non si  applica  l'istituto
dell'acquiescenza,  atteso  che  la   norma   impugnata,   anche   se
riproduttiva, in tutto  o  in  parte,  di  una  norma  anteriore  non
impugnata, ha comunque l'effetto  di  reiterare  la  lesione  da  cui
deriva l'interesse a ricorrere (ex plurimis, sentenze n. 41 del 2017,
n. 231 e n. 39 del 2016).
    Inoltre, sempre per costante orientamento di  questa  Corte,  «il
giudizio  promosso  in  via  principale  e'  condizionato  alla  mera
pubblicazione di una legge che si ritenga lesiva  della  ripartizione
di competenze, a prescindere dagli effetti che  essa  abbia  prodotto
(ex multis, sentenze n. 262 del 2016 e n. 118 del 2015).  Questo  non
esclude, comunque,  che  debba  sussistere  un  interesse  attuale  e
concreto a proporre l'impugnazione,  per  conseguire,  attraverso  la
pronuncia richiesta, un'utilita' diretta e immediata; interesse  che,
peraltro, nei giudizi in esame consiste nella tutela delle competenze
legislative nel rispetto del riparto  delineato  dalla  Costituzione.
Se, dunque, da una  parte,  le  Regioni  hanno  titolo  a  denunciare
soltanto le violazioni che siano in  grado  di  ripercuotere  i  loro
effetti sulle prerogative costituzionalmente  loro  riconosciute  (ex
plurimis, sentenze n. 68 del 2016 e n.  216  del  2008),  dall'altra,
cio' e' anche sufficiente ai fini dell'ammissibilita' delle questioni
a tal fine proposte» (sentenza n. 195 del 2017; nello  stesso  senso,
sentenze n. 178 del 2018 e n. 235 del 2017).
    5.- Con una censura che investe tutte le disposizioni  impugnate,
la Regione lamenta  innanzitutto  la  violazione  del  riparto  delle
attribuzioni tra lo Stato e le regioni.
    L'introduzione di  una  dettagliata  disciplina  delle  modalita'
operative di svolgimento, dell'organizzazione e delle tempistiche del
servizio di NCC, nonche' di  obblighi  specifici  di  documentazione,
invaderebbe la competenza regionale residuale in materia di trasporto
pubblico  locale  (art.  117,  quarto  comma,  Cost.).   L'intervento
legislativo statale, infatti, non  potrebbe  essere  ricondotto  alla
competenza trasversale in  materia  di  «tutela  della  concorrenza»,
prevista dallo stesso art. 117, secondo comma, lettera e),  Cost.  In
ogni caso, anche volendolo ascrivere a tale  materia,  non  sarebbero
rispettati  i  canoni  di  adeguatezza  e  di  proporzionalita'   che
condizionano l'esercizio di detta competenza.
    5.1.- In via preliminare la questione va dichiarata inammissibile
per difetto di adeguata motivazione quanto al comma  1,  lettera  f),
nella parte in cui aggiunge il comma 4-ter all'art. 11 della legge n.
21 del 1992, e ai commi 7 e 8 dell'art.  10-bis.  La  ricorrente  non
indica infatti alcuna specifica censura a tali disposizioni,  il  cui
contenuto non e' toccato dalle ragioni dell'impugnazione.
    5.2.-  Passando  al  merito,  la  Regione  Calabria  contesta  la
disciplina del servizio di noleggio  con  conducente  introdotta  con
legge statale, in quanto lesiva dell'art. 117, commi secondo, lettera
e), e quarto, Cost.
    Conviene precisare che il  riferimento,  contenuto  nel  ricorso,
all'art. 117, secondo comma, lettera e), Cost., si  puo'  considerare
come operato al fine di dimostrare che le norme impugnate non possono
essere ricondotte a quell'ambito di competenza statale  esclusiva,  e
non come parametro dedotto a fondamento dell'impugnazione:  cio'  che
la renderebbe inammissibile, non essendo  concesso  alla  regione  di
dedurre, a fondamento di un proprio ipotetico titolo  di  intervento,
una competenza  primaria  riservata  in  via  esclusiva  allo  Stato,
neppure quando essa si intreccia con distinte  competenze  di  sicura
appartenenza regionale (ex plurimis, sentenze n. 114 del 2017, n. 202
del 2016 e n. 116 del 2006).
    Prima  della  riforma  del  Titolo  V  della   Parte   II   della
Costituzione,  la  materia  «tranvie  e  linee  automobilistiche   di
interesse regionale» era  espressamente  assegnata  alla  Regioni  in
regime di potesta' legislativa concorrente e la legislazione  statale
puntualmente ricomprendeva in  essa  anche  «i  servizi  pubblici  di
trasporto di persone e merci» (art. 84  del  decreto  del  Presidente
della Repubblica 24 luglio 1977, n. 616,  recante  «Attuazione  della
delega di cui all'art. 1 della legge 22 luglio  1975,  n.  382»).  La
stessa citata legge n. 21 del 1992 di disciplina organica del settore
degli autoservizi pubblici non di linea si poneva come «legge quadro»
di definizione dei principi  fondamentali,  restando  assegnato  alla
competenza delle regioni di disciplinare per il resto la  materia  ai
sensi del richiamato d.P.R. n. 616 del 1977 (art. 4).
    Il  trasporto  pubblico   locale   continua   a   essere,   anche
successivamente alla riforma, materia regionale, transitata,  secondo
il  costante  orientamento  di  questa   Corte,   nell'ambito   della
competenza regionale residuale di cui  all'art.  117,  quarto  comma,
Cost. (ex multis, sentenze n. 137 e n. 78 del 2018, n. 30 del 2016  e
n. 452 del 2007), come e' stato confermato,  anche  di  recente,  con
riferimento al settore del «servizio pubblico di trasporto, di  linea
e non di linea» (sentenza n. 5 del 2019).
    L'esistenza di una competenza regionale avente ad  oggetto  anche
il trasporto pubblico locale non di linea autorizza dunque la Regione
ricorrente  a  impugnare  le  disposizioni   statali   che   incidono
sull'oggetto della sua  competenza,  ove  essa  ritenga  che  le  sue
attribuzioni nella materia siano state lese.
    5.3.- Se dunque il servizio di  trasporto  locale  non  di  linea
costituisce legittimo oggetto della potesta'  legislativa  regionale,
nondimeno anche su di esso lo Stato  puo'  esercitare  la  competenza
esclusiva in materia di «tutela della concorrenza» prevista  all'art.
117,  secondo  comma,  lettera  e),   Cost.   Secondo   la   costante
giurisprudenza di questa Corte, stante la natura «trasversale»  e  il
carattere «finalistico» della competenza attribuita in  materia  allo
Stato,  la  tutela  della  concorrenza   assume   infatti   carattere
prevalente e funge da limite alla disciplina che le  regioni  possono
dettare nelle materie di loro  competenza,  concorrente  o  residuale
(sentenze n. 83 del 2018, n. 165 del 2014, n. 38 del 2013  e  n.  299
del 2012), potendo influire su queste ultime fino  a  incidere  sulla
totalita' degli ambiti materiali entro cui si estendono, sia pure nei
limiti strettamente necessari per assicurare gli interessi  alla  cui
garanzia la competenza statale esclusiva  e'  diretta  (ex  plurimis,
sentenze n. 287 del 2016, n. 2 del 2014, n. 291 e n. 18 del 2012,  n.
150 del 2011, n. 288 e n. 52 del 2010, n. 452, n. 431, n.  430  e  n.
401 del 2007 e n. 80 del 2006).
    D'altro canto, che la propria potesta' legislativa in materia  di
trasporto  pubblico  locale  possa   essere   limitata   in   ragione
dell'intervento statale a tutela della  concorrenza  e'  riconosciuto
dalla stessa Regione ricorrente, la quale tuttavia  contesta  che  la
normativa censurata  sia  effettivamente  riconducibile  alla  tutela
della concorrenza in quanto, a suo dire, non sarebbe affatto  diretta
a tale fine e mirerebbe anzi a comprimere il  mercato  del  trasporto
pubblico non di linea esercitato con NCC.  Subordinatamente,  per  il
caso in cui  l'intervento  statale  dovesse  essere  ricondotto  alla
tutela della concorrenza, la ricorrente ne lamenta la sproporzione  e
censura  il  superamento  dei  limiti  entro  i  quali  soltanto   il
legislatore statale, nell'esercizio di  una  competenza  trasversale,
puo' incidere in ambiti assegnati alla potesta' regionale.
    5.4.- Occorre dunque chiarire se le  previsioni  censurate  siano
riconducibili alla materia della tutela  della  concorrenza,  tenendo
conto  a  questo  fine,  in  applicazione  dei  consueti  criteri  di
individuazione della materia in cui una  certa  disposizione  ricade,
«della sua ratio, della  finalita'  che  persegue,  del  contenuto  e
dell'oggetto  delle  singole  disposizioni,  [...]  tralasciando  gli
aspetti marginali e gli effetti  riflessi  in  modo  da  identificare
cosi'  correttamente  e  compiutamente   l'interesse   tutelato   (ex
plurimis, sentenze n. 245 del 2015, n. 167 e 121 del 2014)» (sentenza
n. 287 del 2016).
    La giurisprudenza di questa Corte e' costante nell'affermare  che
«la nozione di "concorrenza" di cui al  secondo  comma,  lettera  e),
dell'art. 117 Cost., non  puo'  non  riflettere  quella  operante  in
ambito europeo (sentenze n. 83 del 2018, n. 291 e n. 200 del 2012, n.
45 del 2010). Essa comprende, pertanto, sia le misure legislative  di
tutela  in  senso  proprio,  intese  a  contrastare  gli  atti  e   i
comportamenti delle imprese che incidono  negativamente  sull'assetto
concorrenziale dei mercati, sia le misure legislative di  promozione,
volte a eliminare limiti e vincoli  alla  libera  esplicazione  della
capacita'  imprenditoriale   e   della   competizione   tra   imprese
(concorrenza  "nel  mercato"),   ovvero   a   prefigurare   procedure
concorsuali di garanzia che assicurino la  piu'  ampia  apertura  del
mercato  a  tutti  gli  operatori  economici  (concorrenza  "per   il
mercato")» (ex plurimis, sentenza n. 137 del 2018).
    Di recente,  scrutinando  una  disposizione  di  legge  regionale
proprio in tema di NCC  (si  trattava  di  noleggio  di  autobus  con
conducente, disciplinato dalla legge 11 agosto 2003, n. 218,  recante
«Disciplina dell'attivita' di  trasporto  di  viaggiatori  effettuato
mediante noleggio  di  autobus  con  conducente»),  questa  Corte  ha
precisato che  lo  Stato,  esercitando  in  tale  ambito  la  propria
competenza esclusiva per  la  tutela  della  concorrenza,  ha  inteso
«definire  il  punto  di   equilibrio   fra   il   libero   esercizio
dell'attivita' di trasporto e gli interessi pubblici interferenti con
tale liberta' (art. 1, comma 4, della legge  n.  218  del  2003).  Il
bilanciamento cosi' operato - fra la liberta' di iniziativa economica
e gli altri interessi costituzionali -, costituendo espressione della
potesta'  legislativa  statale  nella  materia  della  "tutela  della
concorrenza", definisce un assetto degli interessi che il legislatore
regionale non e' legittimato ad alterare (sentenza n. 80  del  2006)»
(sentenza n. 30 del 2016). Tale  bilanciamento,  nel  cui  ambito  la
valutazione degli interessi confliggenti deve essere intesa sempre in
senso sistemico, complessivo e non frazionato, puo' dunque condurre a
un esito in forza del quale la tutela  della  concorrenza  «si  attua
anche attraverso  la  previsione  e  la  correlata  disciplina  delle
ipotesi in cui viene eccezionalmente consentito di apporre dei limiti
all'esigenza di tendenziale massima liberalizzazione delle  attivita'
economiche» (sentenza n. 30 del 2016, che richiama la sentenza n.  49
del 2014).
    Successivamente, occupandosi  di  un'altra  legge  regionale  che
definiva il novero dei soggetti abilitati a operare nel  settore  dei
trasporti di persone con le nuove modalita' consentite  dai  supporti
informatici  e  riservava  in  via  esclusiva  tali  attivita'   alle
categorie abilitate a prestare i servizi di taxi  e  di  NCC,  questa
Corte ha ribadito, richiamando  la  sentenza  n.  30  del  2016,  che
«rientra nella competenza legislativa esclusiva statale per la tutela
della concorrenza definire  i  punti  di  equilibrio  fra  il  libero
esercizio d[elle] attivita' [economiche] e gli interessi pubblici con
esso interferenti» (sentenza n. 265 del 2016).
    Alla luce di queste indicazioni, anche l'impugnata disciplina del
servizio di NCC deve essere ricondotta  alla  materia  della  «tutela
della concorrenza», giacche' in  essa  si  individua,  ad  opera  del
legislatore statale a cio' competente, il punto di equilibrio tra  il
libero esercizio dell'attivita' di NCC - che si colloca a  sua  volta
nel suo proprio mercato - e l'attivita' di trasporto  esercitata  dai
titolari di licenze per taxi.
    Quest'ultima attivita' costituisce, al pari di quella di noleggio
con conducente, un servizio pubblico  locale  non  di  linea,  ma  e'
destinata, a differenza della seconda, a un'utenza indifferenziata  e
ad essa si applica il regime di obbligatorieta' della  prestazione  e
di  tariffe  fisse  determinate  amministrativamente,  finalizzato  a
tutelare l'interesse pubblico alla  capillarita'  e  doverosita'  del
trasporto non di linea a costo contenuto. Nell'affidare tale servizio
ai titolari di licenze per taxi, lo Stato ha compiuto  nel  1992  una
scelta legislativa che non e' in discussione in questa sede e che  e'
stata  confermata  nelle  sue  linee  essenziali   anche   attraverso
l'espressa sottrazione del settore dal campo di applicazione dei vari
provvedimenti  per  la  liberalizzazione,  di   matrice   europea   o
schiettamente nazionale, che si sono succeduti nel frattempo. D'altra
parte,  la  configurazione  del  mercato  tramite  la  fissazione  di
determinate condizioni  per  l'accesso  degli  operatori  al  settore
rientra nella materia della concorrenza.  Pronunciandosi  proprio  in
tema di autoservizi pubblici non  di  linea,  questa  Corte  ha  gia'
affermato che «[d]efinire quali soggetti siano  abilitati  a  offrire
talune tipologie di servizi e' decisivo ai fini della  configurazione
di un determinato settore di attivita' economica: si  tratta  di  una
scelta che impone un limite alla  liberta'  di  iniziativa  economica
individuale e incide sulla competizione tra operatori  economici  nel
relativo mercato», sicche'  «tale  profilo  rientra  a  pieno  titolo
nell'ampia nozione di concorrenza di cui al  secondo  comma,  lettera
e), dell'art. 117 Cost.» (sentenza n. 265 del 2016).
    E' appena il caso di osservare che nemmeno il  giudizio  negativo
sul  livello  di  apertura  alla  concorrenza   del   mercato   degli
autoservizi pubblici non di linea, che la ricorrente formula  facendo
propri, fra gli altri, vari interventi dell'Autorita'  garante  della
concorrenza e del mercato (AGCM), mette realmente in  discussione  la
competenza dello Stato a regolare  tale  mercato  anche  al  fine  di
preservarne  la   struttura,   tenendo   distinti   i   due   settori
dell'autoservizio pubblico non di linea. Sicche'  risulta  confermata
l'inerenza  di  tale  disciplina  alla  materia  della  tutela  della
concorrenza  e  la  riconducibilita'  alle   scelte   politiche   del
legislatore statale del mantenimento di detta distinzione.
    Intervenendo direttamente sull'organizzazione e sullo svolgimento
del servizio di  NCC,  il  legislatore  statale  ha  adottato  misure
dirette  allo  scopo  di  assicurarne  l'effettiva   destinazione   a
un'utenza specifica e non indifferenziata e  a  evitare  interferenze
con il servizio di taxi, con l'obiettivo di  rafforzare,  tramite  il
contrasto dei diffusi comportamenti abusivi presenti nel settore,  un
assetto  di  mercato  definito  con  norme  in  cui  si  esprime   il
bilanciamento  tra  la  libera  iniziativa  economica  e  gli   altri
interessi in gioco. La sintesi fra tutti  questi  interessi  richiede
invero una disciplina uniforme, finalizzata  a  garantire  condizioni
omogenee di mercato e assenza di  distorsioni  della  concorrenza  su
base territoriale, che si potrebbero verificare qualora le condizioni
di svolgimento del servizio di NCC variassero da regione  a  regione,
salva restando la possibilita' di regimi differenziati per situazioni
particolari, la cui valutazione rientra nelle  medesime  attribuzioni
statali.
    In questa complessa opera di bilanciamento, alla quale concorrono
tutte le disposizioni impugnate, si inquadra anche la previsione  del
vincolo di ubicazione in ambito provinciale (o di area metropolitana)
delle ulteriori rimesse consentite in aggiunta alla prima,  ai  sensi
dell'art. 3, comma 3, secondo periodo, della legge n.  21  del  1992,
come sostituito dall'art. 10-bis, comma 1, lettera b). Il legislatore
statale,  nell'esercizio  della  sua   discrezionalita',   ha   cosi'
individuato nel territorio provinciale  la  dimensione  organizzativa
ottimale del servizio di  NCC,  tenendo  conto  della  sua  vocazione
locale che giustifica la correlata introduzione di limiti  al  libero
esercizio dell'attivita' di trasporto. Tale servizio  -  pur  potendo
essere svolto senza vincoli territoriali di prelevamento e di  arrivo
a destinazione dell'utente (art. 11, comma 4,  terzo  periodo,  della
legge n. 21 del 1992, come  sostituito  dall'art.  10-bis,  comma  1,
lettera e) - mira  infatti  a  soddisfare,  in  via  complementare  e
integrativa (art. 1, comma  1,  della  legge  n.  21  del  1992),  le
esigenze di trasporto delle singole comunita',  alla  cui  tutela  e'
preposto  il  comune  che  rilascia   l'autorizzazione.   In   questa
prospettiva,  che  trova  eco  nella  giurisprudenza   amministrativa
(Consiglio di Stato, sezione quinta,  sentenza  23  giugno  2016,  n.
2807),  cio'  che  viene  percepito   dalla   ricorrente   come   una
discriminatoria restrizione della concorrenza  su  base  territoriale
costituisce invece  un  limite  intrinseco  alla  stessa  natura  del
servizio,  che  peraltro  il  legislatore  del  2018   ha   temperato
consentendo la localizzazione  sul  territorio  provinciale  di  piu'
rimesse e superando con cio' il vincolo  di  ubicazione  di  un'unica
rimessa in ambito  esclusivamente  comunale,  in  precedenza  dettato
dall'art. 29, comma 1-quater, del d.l. n. 207 del 2008.
    5.5.- Stabilito che l'intervento statale, per i suoi contenuti  e
la sua funzione, costituisce espressione della competenza legislativa
esclusiva in materia di tutela della concorrenza ex art. 117, secondo
comma, lettera e), Cost., occorre  ancora  verificare  se  la  scelta
adottata in concreto, con la previsione degli obblighi  gravanti  sui
vettori NCC su cui si incentrano le  censure  della  ricorrente,  sia
adeguata e proporzionata rispetto all'obiettivo prefissato.
    Come questa Corte ha da tempo chiarito, infatti,  il  riferimento
alla tutela della concorrenza non puo'  «essere  cosi'  pervasivo  da
assorbire, aprioristicamente, le  materie  di  competenza  regionale»
(sentenza n. 98 del 2017) e l'esercizio della competenza  trasversale
in materia, quando  interseca  titoli  di  potesta'  regionale,  deve
rispettare  i  limiti  dell'adeguatezza  e   della   proporzionalita'
rispetto al fine perseguito e agli  obiettivi  attesi  (ex  plurimis,
sentenze n. 137 del 2018, n. 452 e n. 401 del 2007).
    Cio' non esclude peraltro che, una volta ricondotto  l'intervento
statale al legittimo esercizio di una potesta' legislativa  esclusiva
di carattere trasversale e  quindi  valutato  esso  positivamente  in
termini di proporzionalita'  e  adeguatezza,  tale  intervento  possa
presentare «anche un contenuto analitico» (sentenze n. 452 e  n.  401
del 2007).
    5.6.- Valutate  le  disposizioni  impugnate  alla  luce  di  tali
principi, solo una di esse non risulta rientrare nei limiti  indicati
e solo con riferimento ad essa, dunque, la questione  in  esame  deve
ritenersi fondata, nella parte in cui investe la previsione dell'art.
10-bis, comma 1, lettera  e),  del  d.l.  n.  135  del  2018  che  ha
sostituito il secondo periodo del comma 4 dell'art. 11 della legge n.
21 del 1992.
    In via generale, si deve osservare che  l'estrema  facilita'  con
cui possono essere commessi abusi nel settore del trasporto  pubblico
locale non di  linea  e,  per  converso,  l'estrema  difficolta'  dei
controlli e di conseguenza della repressione delle  condotte  -  cio'
che rende l'apparato sanzionatorio (pur previsto) poco  dissuasivo  -
giustificano l'adozione di misure rigorose  dirette  a  prevenire  la
possibilita' di abusi. La verifica della ragionevolezza delle  misure
assunte e della proporzionalita' degli obblighi imposti a  tali  fini
va condotta alla stregua dei criteri indicati nella giurisprudenza di
questa  Corte,  secondo  cui   in   particolare   il   principio   di
proporzionalita' tanto piu' deve trovare  rigorosa  applicazione  nel
contesto delle relazioni fra Stato e regioni, quanto piu',  come  nel
caso in esame,  la  previsione  statale  comporti  una  significativa
compressione dell'autonomia regionale,  precisando  che  il  test  di
proporzionalita'  richiede  di  valutare  se  la  norma  oggetto   di
scrutinio, con la misura e le modalita'  di  applicazione  stabilite,
sia necessaria e idonea al conseguimento di obiettivi  legittimamente
perseguiti, in quanto, tra piu' misure appropriate, prescriva  quella
meno restrittiva dei diritti  a  confronto  e  stabilisca  oneri  non
sproporzionati rispetto  al  perseguimento  di  detti  obiettivi  (ex
plurimis, sentenze n. 137 del 2018 e n. 272 del 2015).
    5.6.1.- In questa logica, l'obbligo di ricevere le  richieste  di
prestazioni e le prenotazioni presso la rimessa o la sede, anche  con
l'utilizzo di strumenti  tecnologici,  e  l'obbligo  di  compilare  e
tenere un "foglio di servizio" (art. 11, comma 4,  quarto,  quinto  e
sesto periodo, della legge n. 21 del 1992, come sostituito  dall'art.
10-bis, comma 1, lettera e), costituiscono misure non irragionevoli e
non sproporzionate. Esse appaiono infatti per un  verso  adeguate  ad
assicurare l'effettivita' del fondamentale divieto per i vettori  NCC
di rivolgersi a un'utenza indifferenziata senza sottostare al  regime
del servizio pubblico di piazza, e per altro verso impositive  di  un
onere a carico dei vettori NCC rapportato  alle  caratteristiche  del
servizio offerto - che presuppone pur sempre un'apposita e nominativa
richiesta di prestazione -  e  non  eccessivamente  gravoso,  essendo
possibile  farvi  fronte  senza   un   aggravio   dell'organizzazione
dell'azienda, che presuppone comunque la necessita' di una sede o  di
una rimessa come base dell'attivita' aziendale.
    5.6.2.- Nemmeno la censurata previsione  del  comma  6  dell'art.
10-bis, che vieta temporaneamente il rilascio di nuove autorizzazioni
per il servizio di NCC fino  alla  piena  operativita'  del  registro
informatico pubblico nazionale delle imprese del settore,  introdotto
al comma 3 dello stesso art. 10-bis, risulta  superare  gli  indicati
limiti. Essa e' giustificata da ragioni di  opportunita',  avendo  il
fine di bloccare il numero delle imprese operanti nel settore per  il
tempo tecnico strettamente necessario  ad  adottare  in  concreto  il
nuovo registro.  Ne'  essa  comporta,  come  lamenta  la  ricorrente,
un'irragionevole  restrizione  della  concorrenza  a  vantaggio   dei
titolari di licenze per taxi, per le quali il divieto  temporaneo  di
rilascio non opera. La diversita' -  per  modalita'  di  svolgimento,
regime tariffario, ambito di  operativita',  rapporti  con  l'utenza,
eccetera - dei due tipi di autoservizi pubblici non  di  linea  e  la
loro necessaria reciproca distinzione,  a  cui  presidio  sono  poste
proprio le misure in esame  -  compresa  quella  dell'iscrizione  nel
registro informatico in via di predisposizione  -  escludono  che  la
politica delle licenze adottata per uno  di  essi  possa  determinare
vantaggi o pregiudizi per l'altro.
    5.6.3.-   La   verifica   di   adeguatezza   e   proporzionalita'
dell'intervento  statale  da'  invece  esito  negativo  quanto   alla
previsione dell'obbligo di iniziare e terminare ogni singolo servizio
di NCC presso le rimesse, con ritorno alle stesse, ai sensi di quanto
previsto dal secondo periodo del comma 4 dell'art. 11, della legge n.
21 del 1992, come sostituito dall'art. 10-bis, comma 1,  lettera  e),
del d.l. n. 135 del 2018.
    Il rigido  vincolo  imposto  dal  legislatore  -  derogabile  nei
limitati casi previsti al nuovo comma 4-bis dell'art. 11 della  legge
n. 21 del 1992 e al comma 9 dell'art. 10-bis - si risolve infatti  in
un aggravio  organizzativo  e  gestionale  irragionevole,  in  quanto
obbliga il vettore, nonostante  egli  possa  prelevare  e  portare  a
destinazione  uno  specifico  utente  in  ogni  luogo,   a   compiere
necessariamente un viaggio di ritorno alla rimessa "a vuoto" prima di
iniziare un nuovo servizio.  La  prescrizione  non  e'  solo  in  se'
irragionevole - come risulta evidente se non altro per  l'ipotesi  in
cui il vettore sia chiamato a  effettuare  un  servizio  proprio  dal
luogo in cui si e' concluso il servizio precedente - ma risulta anche
sproporzionata rispetto all'obiettivo prefissato di assicurare che il
servizio di  trasporto  sia  rivolto  a  un'utenza  specifica  e  non
indifferenziata,  in  quanto  travalica  il  limite   della   stretta
necessita', considerato che tale  obiettivo  e'  comunque  presidiato
dall'obbligo di prenotazione presso la sede o la rimessa e da quello,
previsto all'art. 3,  comma  2,  della  legge  n.  21  del  1992,  di
stazionamento dei mezzi all'interno  delle  rimesse  (o  dei  pontili
d'attracco).  Neppure  e'   individuabile   un   inscindibile   nesso
funzionale tra il ritorno alla rimessa e le modalita' di richiesta  o
di prenotazione del servizio presso  la  rimessa  o  la  sede  «anche
mediante l'utilizzo di strumenti tecnologici», previste agli artt. 3,
comma 1, e 11, comma 4, primo periodo, della legge n.  21  del  1992,
nel testo risultante dalle modifiche introdotte al comma  1,  lettere
a) ed e), dell'art. 10-bis. La necessita'  di  ritornare  ogni  volta
alla  sede  o  alla  rimessa  per  raccogliere  le  richieste  o   le
prenotazioni cola' effettuate puo'  essere  evitata,  senza  che  per
questo si creino interferenze con  il  servizio  di  piazza,  proprio
grazie alla possibilita', introdotta dalla stessa  normativa  statale
in esame, di utilizzare gli  strumenti  tecnologici,  specie  per  il
tramite di un'appropriata disciplina dell'attivita' delle piattaforme
tecnologiche che intermediano tra domanda e  offerta  di  autoservizi
pubblici non di linea, demandata dal comma 8 dell'art.  10-bis,  come
visto, a un decreto del Presidente del Consiglio dei ministri.
    Il carattere sproporzionato della misura non  e'  superato  -  ma
solo attenuato, rispetto alla previgente disciplina piu'  restrittiva
dettata dall'art. 29, comma 1-quater, del d.l.  n.  207  del  2008  -
dalla possibilita' concessa al vettore di utilizzare, per l'inizio  e
il termine del servizio, una qualsiasi delle rimesse di cui  disponga
nell'ambito territoriale provinciale o di area metropolitana, di  cui
all'art. 3, comma 3, della legge n. 21 del 1992, come sostituito  dal
comma 1, lettera a), dell'art. 10-bis.
    Deve essere  dichiarata  dunque  l'illegittimita'  costituzionale
dell'art. 10-bis, comma 1, lettera e), del  d.l.  n.  135  del  2018,
nella parte in cui ha sostituito  il  secondo  periodo  del  comma  4
dell'art. 11 della legge n. 21 del 1992.
    5.6.4.- Per la loro stretta connessione all'obbligo di iniziare e
terminare ogni viaggio alla rimessa, sono illegittime anche le  norme
che derogano in casi particolari allo stesso obbligo, e  segnatamente
il comma 1, lettera f), nella parte in cui ha aggiunto il comma 4-bis
all'art. 11 della legge n. 21 del 1992, e il comma 9 dell'art. 10-bis
del d.l. n. 135 del 2018.
    5.6.5.- Per le ragioni indicate  (ai  precedenti  punti  5.6.1  e
5.6.2), la  questione  in  esame  dev'essere  invece  dichiarata  non
fondata per quanto riguarda  il  comma  1,  lettere  a),  b)  ed  e),
quest'ultima nella parte in cui ha  sostituito  il  comma  4,  primo,
terzo, quarto, quinto e sesto periodo, dell'art. 11 della legge n. 21
del 1992, e il comma 6 dello stesso art. 10-bis.
    6.- Quanto alle questioni (seconda, terza e quinta) con le  quali
la Regione Calabria lamenta la violazione degli artt. 3, 9, 41 e 117,
primo comma, Cost., in relazione agli artt. 49, 56 e da 101 a 109 del
TFUE, esse devono essere  dichiarate  inammissibili  per  difetto  di
motivazione  sulla  ridondanza  delle  lamentate   violazioni   sulle
competenze regionali.
    6.1.- La questione ex art. 41 Cost., promossa in via subordinata,
ha per oggetto l'art. 10-bis, commi 1, lettere a), e) e f), e  8  del
d.l. n. 135 del 2018. Prevedendo che le prenotazioni del servizio  di
NCC siano effettuate presso la  rimessa  o  la  sede  anche  mediante
l'utilizzo di strumenti tecnologici, tali  disposizioni  violerebbero
per questo «la libera iniziativa economica privata [...] dei soggetti
che   offrono   servizi   che   mettono   in   collegamento   autisti
professionisti dotati di autorizzazione NCC da un lato e  domanda  di
mobilita' dall'altro».
    A sua volta il comma 1, lettere a), b), e) e f), e i commi 6 e  9
dell'art. 10-bis violerebbero l'art.  117,  primo  comma,  Cost.,  in
relazione agli artt. 49, 56 e da 101 a 109 del  TFUE,  in  quanto  le
limitazioni  all'ambito  territoriale  dell'attivita'   di   NCC   si
porrebbero in contrasto con  i  principi  comunitari  in  materia  di
liberta' di stabilimento, di libera  prestazione  dei  servizi  e  di
concorrenza.
    Infine, il comma 1, lettere b), e) e  f),  e  il  comma  6  dello
stesso art. 10-bis violerebbero sotto vari profili gli artt.  3  e  9
Cost.,  per  contrasto  con  i   principi   di   uguaglianza   e   di
ragionevolezza. In particolare: sarebbero ingiustificate  le  deroghe
previste per la  sola  Regione  Siciliana  e  quella  autonoma  della
Sardegna  quanto  alla  validita'   dell'autorizzazione   sull'intero
territorio (comma 1, lettera b) e alla possibilita' per i  conducenti
di non fare rientro in rimessa al termine del primo  servizio  (comma
1, lettera f); irragionevolmente l'autorizzazione  all'esercizio  del
servizio  di   NCC   sarebbe   limitata   alla   «sola   operativita'
provinciale», mentre in altri  ambiti  del  trasporto,  «come  per  i
servizi di mobilita' su gomma a media e lunga  percorrenza»,  avrebbe
«base nazionale»; sarebbe irragionevole la sospensione  del  rilascio
di nuove autorizzazioni fino alla  piena  operativita'  dell'archivio
informatico pubblico nazionale previsto dal comma 3 dello stesso art.
10-bis (comma 6) solo per il servizio di NCC, e non per  il  servizio
di  taxi;  il  legislatore  avrebbe  irragionevolmente  omesso,   nel
prevedere l'obbligo  di  rientro  in  rimessa,  di  considerare  «gli
aspetti legati  alla  tutela  dell'ambiente  (art.  9  Cost.)»  e  di
bilanciarli con gli altri interessi in gioco.
    6.2.- Secondo la  costante  giurisprudenza  di  questa  Corte  le
regioni possono evocare parametri di legittimita' diversi  da  quelli
che  sovrintendono  al  riparto  di  attribuzioni  solo   quando   la
violazione denunciata sia potenzialmente  idonea  a  determinare  una
lesione delle loro attribuzioni costituzionali e  le  stesse  regioni
motivino sufficientemente in  ordine  ai  profili  di  una  possibile
ridondanza della  predetta  violazione  sul  riparto  di  competenze,
assolvendo all'onere  di  operare  la  necessaria  indicazione  della
specifica competenza regionale che ne  risulterebbe  offesa  e  delle
ragioni di tale lesione (ex plurimis, sentenze n. 151  del  2017,  n.
147 e n. 29 del 2016, n. 251, n. 218 e n. 89 del 2015).
    Di recente, questa  Corte,  dopo  avere  ribadito  tale  costante
orientamento,   ha   precisato   che   «[l]'esigenza    di    evitare
un'ingiustificata espansione dei vizi censurabili dalle  Regioni  nel
giudizio in via d'azione e, quindi, la trasformazione della natura di
tale rimedio giurisdizionale obbliga le Regioni stesse a dare  conto,
in maniera puntuale e  dettagliata,  della  effettiva  sussistenza  e
della portata del  "condizionamento"  prodotto  dalla  norma  statale
impugnata  [...].  Il  vizio  in  ridondanza  deve,  infatti,  essere
illustrato in modo da soddisfare un duplice requisito: per un  verso,
non deve risultare  generico,  e  quindi  difettare  dell'indicazione
delle competenze asseritamente violate; per un altro, non deve essere
apodittico, e deve dunque essere  adeguatamente  motivato  in  ordine
alla sussistenza, nel caso oggetto  di  giudizio,  di  un  titolo  di
competenza  regionale  rispetto  all'oggetto  regolato  dalla   legge
statale» (sentenza n. 194 del 2019).
    Il ricorso della Regione Calabria  non  rispetta  questo  duplice
requisito.
    Come messo in evidenza dal Presidente del Consiglio dei  ministri
nelle  sue  difese,  la  ricorrente,  pur   sollevando   censure   in
riferimento a parametri costituzionali diversi da quelli attinenti al
riparto delle attribuzioni fra Stato e regioni, omette di indicare le
ragioni per le quali tali pretese violazioni ridonderebbero sulle sue
attribuzioni.
    Non puo' infatti essere considerata sufficiente a  tali  fini  la
generica affermazione - operata in via preliminare  alla  trattazione
delle varie censure -  della  sussistenza  di  una  ridondanza  sulle
competenze regionali sull'assunto che «le norme oggi censurate, anche
al di la' della specifica invasione di materia, sono lesive anche  in
virtu' della compromissione di altre attribuzioni e per il  riverbero
sul riparto di competenza fra Stato e Regioni, per come di seguito si
rappresentera'»,  accompagnata  dalla  citazione  di  parte  di   una
pronuncia di questa Corte (sentenza n. 220 del 2013).
    Il generico riferimento ad «altre  attribuzioni»  regionali,  non
meglio specificate  ma  evidentemente  diverse  («altre»)  da  quelle
relative alla materia dei trasporti pubblici locali, e al  «riverbero
[della lamentata violazione] sul riparto di competenza  fra  Stato  e
Regioni» non costituisce all'evidenza un'adeguata  motivazione  della
lamentata lesione indiretta. Ne' vale a integrarla il cenno,  operato
dalla Regione trattando  del  terzo  motivo,  al  fatto  che  sarebbe
indubitabile  che  «dette  violazioni  ridondino  in  negativo  sulla
possibilita' per le regioni di legiferare in materia».
    Considerato infine che le lacune motivazionali  del  ricorso  non
possono essere  colmate  dalla  memoria  illustrativa  depositata  in
prossimita' dell'udienza (ex plurimis, sentenze n. 114 del  2017,  n.
202 del 2016 e n. 286 del 2004),  tanto  meno  puo'  essere  ritenuta
adeguata motivazione  dell'asserita  lesione  indiretta  il  generico
collegamento  delle  censure  con  la  violazione  del   riparto   di
competenze legislative, affermato dalla Regione in tale  memoria,  in
replica all'eccezione dell'Avvocatura di inammissibilita' per difetto
di motivazione sulla ridondanza.
    7.- Resta da esaminare infine la quarta  questione,  con  cui  la
ricorrente lamenta la lesione del principio di  leale  collaborazione
desumibile dall'art. 120 Cost.
    Con riguardo ad essa l'eccezione di inammissibilita' per  difetto
di motivazione della ridondanza  proposta  dalla  difesa  statale  e'
infondata, giacche' in questo caso il  parametro  invocato  afferisce
direttamente all'assetto delle relazioni fra Stato  e  regioni  e  la
Regione Calabria e' legittimata a farlo valere a diretta tutela delle
sue prerogative.
    7.1.- Nel merito tuttavia la censura non e' fondata.
    Secondo la ricorrente  la  disposizione  contenuta  al  comma  1,
lettera b) dell'art. 10-bis del  d.l.  n.  135  del  2018  violerebbe
l'art.  120  Cost.,  per  contrasto  con  il   principio   di   leale
collaborazione, a causa dell'estrema brevita' - solo quindici  giorni
dall'entrata in vigore della norma impugnata - del termine  assegnato
per raggiungere,  in  sede  di  Conferenza  unificata,  una  «diversa
intesa» sulla prevista possibilita' che il vettore  NCC  disponga  di
ulteriori rimesse nel  territorio  di  altri  comuni  della  medesima
provincia o area metropolitana in cui ricade il territorio del comune
che ha rilasciato l'autorizzazione.
    La disposizione e' altresi' impugnata,  «[i]n  subordine»,  nella
parte in cui prevede che l'intesa possa essere raggiunta entro il  28
febbraio  2019  (alla  scadenza  del  termine  di   quindici   giorni
dall'entrata in vigore dell'art. 10-bis del d.l.  n.  135  del  2018)
«invece che senza limitazioni di tempo».
    Ad avviso della Regione il  principio  di  leale  collaborazione,
letto  alla  luce  della  giurisprudenza   di   questa   Corte,   non
consentirebbe  di   far   conseguire   automaticamente   al   mancato
raggiungimento dell'intesa entro un determinato periodo  di  tempo  -
tanto  meno  quando  il  termine  previsto  e'  molto  breve   -   la
possibilita' per l'autorita'  centrale  di  assumere  unilateralmente
l'atto di cui si tratti.  A  sostegno  della  censura  la  ricorrente
richiama ipotesi di "drastico" superamento unilaterale dell'intesa da
parte del Governo in caso di dissenso, senza la previsione di  idonee
procedure per consentire reiterate trattative  volte  a  superare  le
divergenze: ipotesi in cui, secondo la giurisprudenza  costituzionale
da essa citata (sentenze n. 1 del 2016 e n. 165  del  2011),  non  e'
assicurato il rispetto del principio di leale collaborazione.
    La disposizione impugnata, tuttavia, non e' riconducibile al tipo
di quelle appena ricordate, giacche', a differenza di  esse,  il  suo
obiettivo  non  e'   di   consentire   al   Governo   di   provvedere
unilateralmente e automaticamente, in caso di mancata intesa entro un
certo termine, facendo prevalere la sua  volonta',  ma  semplicemente
quello di prevedere che entro un certo termine, sia pure molto breve,
si  possa,  tramite  un'intesa,  modificare  quanto  da  essa  stessa
previsto.
    E' altresi' infondata la censura, proposta  in  via  subordinata,
con cui si contesta il fatto che la previsione fissi un  termine  per
l'intesa anziche' consentirne la possibilita'  senza  limitazioni  di
tempo. La previsione di  una  possibile  intesa  modificativa  e'  da
ricondurre a  una  scelta  del  legislatore  statale  adottata  nella
materia della «tutela della concorrenza», e non deriva da un  vincolo
di rispetto del principio di leale  collaborazione.  Di  conseguenza,
l'asserita necessita' di consentire l'intesa senza  limiti  di  tempo
non ha fondamento costituzionale.
    Infine, non sono ammissibili le  ulteriori  censure  con  cui  la
ricorrente, in sede di memoria illustrativa,  estende  la  questione,
riferita nel ricorso alla sola previsione del  comma  1,  lettera  b)
dell'art. 10-bis, anche ad altre disposizioni, ampliando in tal  modo
inammissibilmente il thema decidendum (ex plurimis, sentenza  n.  261
del 2017, punto 16.1 del Considerato in diritto).

     

                          per questi motivi
                       LA CORTE COSTITUZIONALE

    1) dichiara  l'illegittimita'  costituzionale  dell'art.  10-bis,
comma 1, lettera e), del  decreto-legge  14  dicembre  2018,  n.  135
(Disposizioni urgenti in materia di sostegno e semplificazione per le
imprese  e  per  la  pubblica   amministrazione),   convertito,   con
modificazioni, nella legge 11 febbraio 2019, n. 12,  nella  parte  in
cui ha sostituito il secondo periodo del comma 4 dell'art.  11  della
legge 15 gennaio 1992, n.  21  (Legge  quadro  per  il  trasporto  di
persone mediante autoservizi pubblici non di linea);
    2) dichiara  l'illegittimita'  costituzionale  dell'art.  10-bis,
commi 1, lettera f), nella parte in cui ha aggiunto  il  comma  4-bis
all'art. 11 della legge n. 21 del 1992, e 9,  del  d.l.  n.  135  del
2018;
    3)  dichiara  inammissibili  le   questioni   di   illegittimita'
costituzionale dell'art. 10-bis, commi 1, lettere b), e) e f),  e  6,
del d.l. n.  135  del  2018,  promosse  dalla  Regione  Calabria,  in
riferimento agli artt. 3 e  9  della  Costituzione,  con  il  ricorso
indicato in epigrafe;
    4)  dichiara   inammissibile   la   questione   di   legittimita'
costituzionale dell'art. 10-bis, commi 1, lettere a), e) e f),  e  8,
del d.l. n.  135  del  2018,  promossa  dalla  Regione  Calabria,  in
riferimento all'art. 41 Cost., con il ricorso indicato in epigrafe;
    5)  dichiara  inammissibile  la   questione   di   illegittimita'
costituzionale dell'art. 10-bis, commi 1, lettere a), b), e) e f),  6
e 9, del d.l. n. 135 del 2018, promossa dalla  Regione  Calabria,  in
riferimento all'art. 117, primo comma, Cost., in relazione agli artt.
49, 56 e da 101 a 109  del  Trattato  sul  funzionamento  dell'Unione
europea, come modificato dall'art. 2 del Trattato di Lisbona  del  13
dicembre 2007 e ratificato dalla legge 2 agosto 2008, n. 130, con  il
ricorso indicato in epigrafe;
    6)  dichiara  inammissibile  la   questione   di   illegittimita'
costituzionale dell'art. 10-bis, commi 1, lettera f), nella parte  in
cui ha aggiunto il comma 4-ter all'art. 11  della  legge  n.  21  del
1992, 7 e 8, del  d.l.  n.  135  del  2018,  promossa  dalla  Regione
Calabria, in riferimento agli artt. 117, secondo comma, lettera e), e
quarto comma, Cost., con il ricorso indicato in epigrafe;
    7)  dichiara   inammissibile   la   questione   di   legittimita'
costituzionale dell'art. 10-bis, commi 1, lettere a), b), e) e f), 6,
7, 8 e 9, del d.l. n. 135 del 2018, promossa dalla Regione  Calabria,
in riferimento  all'art.  118  Cost.,  con  il  ricorso  indicato  in
epigrafe;
    8)  dichiara  non  fondata   la   questione   di   illegittimita'
costituzionale dell'art. 10-bis, commi  1,  lettere  a),  b)  ed  e),
quest'ultima nella parte  in  cui  ha  sostituito  il  primo,  terzo,
quarto, quinto e sesto periodo del comma 4 dell'art. 11  della  legge
n. 21 del 1992, e 6, del d.l. n. 135 del 2018, promossa dalla Regione
Calabria, in riferimento agli artt. 117, secondo comma, lettera e), e
quarto comma, Cost., con il ricorso indicato in epigrafe;
    9)  dichiara   non   fondata   la   questione   di   legittimita'
costituzionale dell'art. 10-bis, comma 1, lettera b), del d.l. n. 135
del 2018, promossa dalla Regione Calabria,  in  riferimento  all'art.
120 Cost., con il ricorso indicato in epigrafe.
    Cosi' deciso in Roma,  nella  sede  della  Corte  costituzionale,
Palazzo della Consulta, il 26 febbraio 2020.

                                F.to:
                     Marta CARTABIA, Presidente
                     Daria de PRETIS, Redattore
                     Roberto MILANA, Cancelliere

    Depositata in Cancelleria il 26 marzo 2020.

                   Il Direttore della Cancelleria
                        F.to: Roberto MILANA


                                                            Allegato:
                     Ordinanza letta all'udienza del 25 febbraio 2020

                              ORDINANZA

    Visti   gli   atti   relativi   al   giudizio   di   legittimita'
costituzionale dell'art. 10-bis, comma 1, lettere a), b), e) e f),  e
commi 6, 7, 8 e  9,  del  decreto-legge  14  dicembre  2018,  n.  135
(Disposizioni urgenti in materia di sostegno e semplificazione per le
imprese  e  per  la  pubblica   amministrazione),   convertito,   con
modificazioni, nella legge 11 febbraio 2019, n.  12,  promosso  dalla
Regione Calabria con ricorso depositato il 19 aprile 2019 (reg.  ric.
n. 52 del 2019).
    Rilevato che nel giudizio sono intervenuti,  ad  adiuvandum,  con
atto depositato il 5 giugno 2019, la «Associazione EFFE SERVIZI» e la
«C.RO.NO. Service societa' cooperativa», nonche', ad opponendum,  con
atto depositato il 1° luglio  2019,  la  «Federazione  Nazionale  UGL
Taxi»  (UGL  TAXI),  la  «Associazione  Tutela   Legale   Taxi»,   la
«Federazione Taxi CISAL Provinciale  Roma»  (FEDERTAXI),  la  «A.T.I.
Taxi»,  la  «TAM  -  Tassisti  Artigiani  Milanesi»,   la   «ANAR   -
Associazione  Nazionale  Autonoleggiatori  Riuniti»,  il  «TAXIBLU  -
Consorzio Radiotaxi Satellitare societa' cooperativa» e i  rispettivi
rappresentanti legali, in proprio, quali titolari di licenze per taxi
e di autorizzazioni per il noleggio con conducente.
    Considerato che le associazioni intervenienti si qualificano come
rappresentanti degli  interessi  di  categoria  degli  operatori  del
servizio di taxi e del servizio di noleggio con conducente, mentre le
societa'  e  le  persone  fisiche  sono  intervenute  quali  soggetti
esercenti tali servizi, portatori, dunque, di interessi individuali;
    che,  secondo  il  costante  orientamento  di  questa  Corte,  il
giudizio di legittimita' costituzionale in via principale  si  svolge
esclusivamente tra soggetti titolari di potesta'  legislativa  e  non
ammette l'intervento di soggetti che ne siano privi,  fermi  restando
per costoro, ove ne ricorrano  i  presupposti,  gli  altri  mezzi  di
tutela  giurisdizionale  eventualmente   esperibili   (ex   plurimis,
sentenze n. 5 del 2018 e allegata ordinanza letta all'udienza del  21
novembre 2017, n. 242, n. 110 e n. 63 del 2016, n. 251 e n.  118  del
2015, n. 278 del 2010; ordinanza n. 213 del 2019);
    che tale orientamento va  tenuto  fermo  anche  a  seguito  delle
modifiche delle Norme integrative per i giudizi  davanti  alla  Corte
costituzionale apportate con la delibera di questa  Corte  8  gennaio
2020 (pubblicata in Gazzetta Ufficiale n. 17 del  22  gennaio  2020),
non incidendo esse sui requisiti di ammissibilita'  degli  interventi
nei giudizi in via principale;
    che gli interventi vanno pertanto dichiarati inammissibili.

                          per questi motivi
                       LA CORTE COSTITUZIONALE

    dichiara    inammissibili,    nel    presente     giudizio     di
costituzionalita', gli interventi di «Associazione  EFFE  SERVIZI»  e
«C.RO.NO. Service societa' cooperativa», nonche'  gli  interventi  di
«Federazione Nazionale UGL Taxi»  (UGL  TAXI),  «Associazione  Tutela
Legale Taxi», «Federazione Taxi CISAL Provinciale Roma»  (FEDERTAXI),
«A.T.I.  TAXI»,  «TAM  -  Tassisti  Artigiani  Milanesi»,   «ANAR   -
Associazione  Nazionale   Autonoleggiatori   Riuniti»,   «TAXIBLU   -
Consorzio  Radiotaxi  Satellitare   societa'   cooperativa»   e   dei
rispettivi rappresentanti legali, in proprio.

                  F.to: Marta Cartabia, Presidente


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