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mercoledì 20 dicembre 2023

Mes e Kiev nella Ue: Tajani contro i nostri interessi

 

Mes e Kiev nella Ue: Tajani contro i nostri interessi

DI ELENA BASILE


Ho conosciuto abbastanza bene il ministro Antonio Tajani quando ero ambasciatrice a Bruxelles e lui era presidente del Parlamento europeo. Veniva in residenza, inviava fiori e mi elogiava in pubblico. Ci siamo ritrovati a lavorare insieme all’Istituto di Cultura, al Parlamento europeo e col Gruppo di Iniziativa italiana che riuniva le imprese italiane presenti a Bruxelles. Arrivato al ministero degli Esteri, cosa rara per un ministro, ha dimenticato le lodi pubbliche alla sottoscritta e si è inchinato alla cupola burocratica che osteggiava la mia carriera per l’indipendenza di pensiero che già allora mostravo.


Ma lasciamo da parte queste banalità e guardiamo alla sostanza delle posizioni espresse dal ministro in un’intervista a Claudio Cerasa sul Foglio, che fortunatamente il giornalista afferma di avere ottenuto in tratto di strada fatto a piedi; altrimenti, data la povertà dei contenuti, saremmo portati a dubitare della sua competenza.


Il Consiglio europeo ha aperto i negoziati con l’Ucraina, ma non è riuscito a fare approvare il nuovo pacchetto di aiuti grazie all’opposizione di un sovranista di destra, l’ungherese Orbán, un tempo amico della presidente del Consiglio e ora tenuto a distanza con la solita altalena di posizioni che caratterizza inevitabilmente una destra di governo. Tajani difende l’ingresso dell’Ucraina in Europa e il pacchetto di aiuti appellandosi alla nota propaganda in base alla quale dobbiamo essere coerenti con i nostri principi e difendere un Paese dall’aggressione del “lupo cattivo”. Di fatto, come tutti sanno, nel marzo del 2022 l’Ucraina poteva essere libera, neutrale e recuperare al prezzo del ritiro delle sanzioni la maggior parte dei suoi territori oggi occupati da Mosca. Quel che stupisce è che l’ex presidente del Parlamento europeo, che ben dovrebbe conoscere meccanismi e procedure dell’Ue, non abbia realizzato come l’ingresso di un Paese fallito, su cui la sovrana della finanza BlackRock ha già fatto shopping a vantaggio degli Usa, un Paese da ricostruire interamente, peserà negativamente sul bilancio economico di un’Europa in recessione, non in grado di investire nei beni comuni (sanità, istruzione, infrastrutture).


Ma il danno non sarà solo economico. L’allargamento feroce degli ultimi anni a Paesi lontani dall’acquis come Ucraina e Moldavia, obbedisce a logiche geostrategiche: al disegno, prima anglosassone e ora mutuato dai nordici, dai Baltici, dalla stessa Olanda, di un’Europa libero mercato e senza approfondimenti. Il ministro insiste nel conciliare posizioni antitetiche con un grande sberleffo alla logica: niente paura, l’Europa può difendere la “libertà occidentale” e allo stesso tempo con la doppia o tripla velocità continuare il progetto degli Stati Uniti d’Europa. Il nocciolo duro andrà avanti. Una cantilena che ascoltiamo da anni e che al tempo mi ritrovavo a difendere con gli scettici svedesi. Ora errare è umano, ma perseverare…


Dall’allargamento in poi l’Europa si è diluita, il progetto mercantilista che ha ucciso l’idea di una comunità fornita di istituzioni politiche federali non ha fatto che regredire. Pochissimi i passi in avanti sulla riforma dei trattati e della governance economica, sulle politiche comuni. Gli Stati un tempo federalisti come Germania e Italia sono dominati all’interno da forze euroscettiche e l’unica unanimità nella politica estera, celebrata persino dal presidente Sergio Mattarella, è nell’appiattimento totale agli interessi statunitensi.


Il ministro difende il Mes, strumento che esiste come àncora di salvataggio in caso di crisi, ma che non deve essere necessariamente utilizzato. Non è così, ministro, lei non può non saperlo. Nessuno Stato europeo è minacciato dal Mes quanto l’Italia. Anche il Belgio che ha un debito importante ratifica il Mes, ma non ha alcuna intenzione di utilizzarlo in quanto non ha problemi a recuperare il finanziamento del debito sul mercato.


Segue...

Siamo noi, signor ministro, che realisticamente in caso di crisi avremmo problemi a reperire i capitali e saremmo obbligati a utilizzare uno strumento che – solo i ciechi non lo comprendono – è un’arma a doppio taglio in grado di strangolare la nostra economia.


La destabilizzazione della frontiera orientale dell’Europa e la rottura della relazione privilegiata russo-tedesca sono un colpo duro all’Europa continentale e mediterranea a vantaggio della cosiddetta nuova Europa orientale, baltica, scandinava. Forza Italia è un partito che ben conosceva l’importanza del dialogo con Mosca, oggi tradito a beneficio esclusivo di Washington.


Signor ministro, la prego, difenda gli interessi italiani ed europei, non quelli della nuova oligarchia che ci governa e ha già ridotto l’Europa alla recessione, al vassallaggio e dimenticato i due obiettivi-chiave della costruzione europea: Pace e Prosperità.


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