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mercoledì 27 luglio 2011

"In Sicilia cancellato solo il sussidio per il funerale".."Parlamentari, 'liquidazioni' da record





"Giuliano Amato e le pensioni, le ha tagliate tutte tranne la sua"


"Giuliano Amato e le pensioni,
le ha tagliate tutte tranne la sua"

Anticipazione di "Sanguisughe", il nuovo libro di Mario Giordano

foto Dal Web
17:10 - Il 5 aprile prossimo arriverà in libreria il nuovo libro di Mario Giordano, "Sanguisughe", edito da Mondadori. Il volume si presenta come una guida per esplorare la giungla degli scandali della previdenza italiana, scoprendo vitalizi da record alla faccia di chi è costretto a fare sacrifici. Pensioni d'oro, ovvero sanguisughe che ci prosciugano le tasche.

"Sanguisughe" è anche un gruppo su Facebook


Di seguito un brano pubblicato da il Giornale.
Giuliano Amato? Ha tagliato le pensioni di tutti gli italiani. Ma per lui s’è riservato una pensione d’oro. Alla fine di ogni mese, infatti, incassa la bella cifra di 31411 euro. Proprio così: 31411 euro, esattamente 1047 euro per giorno che il buon Dio manda sulla Terra. Non male per l’uomo per primo ha impugnato le forbici per ridurre le aspirazioni nazionali di serena vecchiaia. Ricordate? Era il 1992. “Così non si può andare avanti, serve una riforma delle pensioni”, tuonò l’allora presidente del Consiglio. E la riforma delle pensioni, in effetti, si fece Amato mandò di traverso il caffellatte ai nonnetti di provincia, spaventò milioni di onesti padri di famiglia. E diede il via all’era della previdenza lacrime&sangue.
Da quel momento, com’è noto, non c’è stata più certezza sul futuro previdenziale. Retributivo? Contributivo? Finestre? Non finestre? Ulteriore innalzamento dell’età pensionabile? Domande che divennero assillanti. E il Dottor Sottile sempre lì, con la sua aria da professore ascetico, a spiegarci le storture del sistema del welfare, i segreti della gobba demografica, le esigenze di bilancio di Bruxelles…Un’intervista dopo l’altra, non ha smesso di illustrarci l’importanza dei sacrifici, tanto che per abituarci alla sofferenza una bella notte ha pensato bene di mettere le mani anche nei nostri conti correnti bancari. Si capisce: i sacrifici sono importanti.. Ma solo per gli altri, è ovvio. Mica per lui. Giuliano Amato, infatti, dal 1 gennaio 1998 incassa una pensione Inpdap da ex professore universitario di 12.518 euro netti al mese, cioè 22.048 euro lordi, che corrispondono esattamente a un totale annuo di 264.577 euro. Però non s’accontenta. E dunque, visto che i sacrifici sono necessari, ai 12.518 euro netti che gli entrano in tasca ogni mese aggiunge la pensioncina da parlamentare (9.363 euro). In totale appunto 31411 euro lordi al mese, circa 17mila euro netti. Una cifra che non gli impedisce, per altro, di continuare a prendere incarichi: due pubblici (presidente Treccani e presidente comitato dei garanti per il 150° dell’Unità d’Italia) e uno privato (senior advisor della Deutsche Bank).
Che ci volete fare? Il Dottor Sottile è così: sa difendere con altrettanta gagliardia il bene pubblico e i suoi interessi privati. E se, quando si occupa del benessere degli altri, è il paladino del massimo rigore, quando si tratta del benessere suo, beh, preferisce trasformarsi in generoso dispensatore. Non sfuggirà ai lettori il fatto che il nemico di tutti i baby pensionati è andato in pensione a 59 anni (e mica con due lire: 12.518 euro netti…); non sfuggirà che il nemico di tutti i cumuli cumula allegramente; e non sfuggirà soprattutto che, avendo passato gli ultimi anni a chiedere al Paese di tagliarsi le pensioni, non abbia mai pensato nemmeno lontanamente di tagliare la propria, fosse solo di cento euro, per un beau geste.
Quello che però forse sfugge è che la pensione Inpdap da 12.518 euro al mese, formalmente elargita per il lavoro svolto da Amato come professore universitario, nasce in realtà da un cavillo. Per fortuna delle casse previdenziali, infatti, non tutti i professori universitari, seppur illuminati da brillante carriera, arrivano a tali somme. E allora perché Giulianetto mani di forbice invece sì? Facile spiegarlo. Nel 1996, quando stava scadendo il suo mandato a presidente dell’Antitrust, il dottor Sottile pose agli altri membri della solenne authority, il problema della pensione. Il dilemma era il seguente: il ricco assegno che regolarmente prendiamo alla fine di ogni mese va considerato come semplice indennità o come un vero e proprio stipendio? La legge istitutiva dell’Antitrust non diceva nulla al riguardo, ma voi capirete che la differenza non era da poco: se le retribuzioni fossero state considerate come veri e propri stipendi lo Stato avrebbe dovuto versare i contributi previdenziali, facendo lievitare in modo considerevole i costi delle casse pubbliche ma anche le rendite dei soggetti interessati. Sarebbe bastato infatti ai commissari chiedere il ricongiungimento dei contributi, et voilà... Va notato che fino a quel momento nessuna altra autorithy si era posta il problema. La prima a sollevarlo fu proprio quella del Gengis Khan dell’Inps, Giulianetto nostro, appunto. E va da sé che il Consiglio di Stato diede il parere che egli sperava di avere.
Risultato? Lodo Giuliano approvato, ricongiungimento effettuato, ricca pensione garantita. Ma siccome le casse pubbliche rischiavano un tracollo, lo Stato fu costretto rapidamente a correre ai ripari: con la Finanziaria del 2000, infatti, il governo D’Alema, di cui Amato faceva parte, sterilizzò gli effetti della decisione del Consiglio di Stato. E così, da quel momento, i membri delle authority percepiscono una pensione commisurata non all’indennità super da commissari, ma allo stipendio che avevano prima di essere nominati. Dove sta il trucco? Come sempre, in un cavillo: non essendo infatti la misura retroattiva quelli che hanno smesso di fare i commissari all’Antitrust fra il ’96 (anno della decisione del Consiglio di Stato) e il 2000 (anno della Finanziaria riparatrice) hanno potuto avere ricongiungimento di contributi e conseguente superpensione. Solo loro, s’intende. I più fortunati. Fra questi, ma guarda un po’ il caso, anche il nostro Giulianetto, che così, pur avendo una carriera nel pubblico impiego da professore universitario ordinario (stipendio massimo 5-6mila euro al mese), dal primo gennaio 1998 incassa un vitalizio davvero straordinario, pari appunto a 12mila euro netti al mese.
Non male, no? Amato presidente dell’Antitrust ottiene un beneficio e Amato ministro lo sterilizza, ma la sterilizzazione vale per tutti gli altri e non per sé. Così lui può incassare la superpensione e, nel frattempo, tagliare le pensioni altrui. Meraviglioso. Il Dottor Sottile non ha nulla da dichiarare al proposito? Per carità: predicare tagli previdenziali è giusto e sacrosanto, ma non sarebbe meglio, di grazia, se d’ora in avanti lo facesse qualcun altro? Magari qualcuno che non prende 12mila euro netti al mese in virtù di un cavillo? E infine: la prossima volta che Amato interviene predicando contro l’egoismo, chi è che gli fa una pernacchia?
Mario Giordano

Corte Costituzionale "...Opposizione a sanzioni amministrative: il ricorrente che dichiara la residenza o elegge domicilio in un comune diverso da quello dove ha sede il giudice adito può richiedere che le notificazioni avvengano in modi diversi dal deposito presso la cancelleria..."

 



 
Corte costituzionale

Sentenza 22 dicembre 2010, n. 365





[...] nel giudizio di legittimità costituzionale dell'art. 22, quarto e quinto comma, della legge 11 novembre 1981, n. 689 (Modifiche al sistema penale), promosso dal Giudice di pace di Milano nel procedimento vertente tra F.M. e il Comune di Segrate con ordinanza del 28 ottobre 2008, iscritta al n. 170 del registro ordinanze 2010 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 24, prima serie speciale, dell'anno 2010.

Visto l'atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;

udito nella camera di consiglio del 1° dicembre 2010 il Giudice relatore Sabino Cassese.

RITENUTO IN FATTO

1. - Il Giudice di pace di Milano, sezione II, ha sollevato questione di legittimità costituzionale, con ordinanza del 28 ottobre 2008 (reg. ord. n. 170 del 2010), in relazione agli artt. 3, 24 e 113 della Costituzione, dell'art. 22, quarto e quinto comma, della legge 11 novembre 1981, n. 689 (Modifiche al sistema penale), nella parte in cui pone a carico del ricorrente l'onere di eleggere domicilio nel luogo in cui ha sede il giudice adito e stabilisce che, in difetto, le comunicazioni al medesimo avvengano mediante semplice deposito presso la cancelleria.

2. - L'art. 22, quarto comma, della legge n. 689 del 1981, prevede che, nel caso di opposizione a sanzioni amministrative, «il ricorso deve contenere altresì, quando l'opponente non abbia indicato un suo procuratore, la dichiarazione di residenza o l'elezione di domicilio nel comune dove ha sede il giudice adito». Il successivo quinto comma dispone che «se manca l'indicazione del procuratore oppure la dichiarazione di residenza o l'elezione di domicilio, le notificazioni al ricorrente vengono eseguite mediante deposito in cancelleria».

3. - Il giudice rimettente riporta che il ricorrente nel giudizio principale, con atto depositato in data 30 ottobre 2007 presso l'Ufficio del Giudice di pace di Milano, ha proposto opposizione al verbale della Polizia Locale di Segrate n. 27888/2007-R22935 del 3 settembre 2007, notificatogli il 24 settembre 2007, a seguito di violazione dell'art. 146, comma 3, del decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285 (Nuovo Codice della Strada). L'opponente, residente ad Antegnate (Bergamo), non ha eletto domicilio in Milano e, pertanto, la comunicazione di fissazione dell'udienza è stata effettuata - ai sensi dell'art. 22, quinto comma, della legge n. 689 del 1981 - mediante deposito nella cancelleria dell'Ufficio del Giudice di pace di Milano, sezione IV. All'udienza del 4 aprile 2008 è comparso il ricorrente, ma non si è presentato il Comune opposto che, con atto depositato in cancelleria, ha chiesto un rinvio della causa. Il giudice ha quindi fissato una nuova udienza al 4 ottobre 2008, con avviso al Comune non presente. L'8 luglio 2008 la causa è stata riassegnata al Giudice di pace della sezione II, odierno rimettente, che ha fissato altra udienza per il 28 ottobre 2008. Il provvedimento è stato regolarmente notificato al Comune, mentre è stato comunicato al ricorrente mediante il solo deposito in cancelleria. All'udienza del 28 ottobre 2008 si è presentato il rappresentante del Comune opposto, ma non è comparso il ricorrente.

3.1. - Il giudice a quo rileva, innanzitutto, che il cambiamento del magistrato investito del giudizio, per di più appartenente ad altra sezione, ha reso ancor più problematica ed aleatoria la possibilità per il ricorrente di essere tempestivamente a conoscenza dell'avvenuto deposito ed ancor maggiore la conseguente difficoltà a farsi parte attiva presso la cancelleria, diversa da quella a lui nota. Il giudice rimettente sottolinea, inoltre, che la mancata comparazione del ricorrente riproduce un comportamento assenteista pressoché costante a fronte della comunicazione del provvedimento di convocazione con semplice deposito presso la cancelleria e legittima la supposizione che tale assenza si debba ricondurre proprio alla difficoltà spesso insormontabile di pervenire a conoscenza della comunicazione della data di udienza, considerando di fatto anche l'imprevedibilità dei tempi di deposito del provvedimento.

3.2. - In ordine alla rilevanza, il giudice rimettente osserva che il dubbio di legittimità costituzionale dell'art. 22, quarto e quinto comma, della legge n. 689 del 1981, è determinante agli effetti del giudizio. Quest'ultimo, infatti, «dipende dai diversi elementi di prova di cui il giudice potrebbe disporre a seconda che sia o meno affermata l'illegittimità costituzionale delle norme considerate, per la parte a carico del ricorrente stesso, posto nell'impossibilità concreta di proporli laddove si ritenga legittima la sua convocazione mediante la sola comunicazione in cancelleria». Ad avviso del giudice rimettente, nel caso di specie, per la mancata notifica della sostituzione del giudice, con l'avviso di udienza in data modificata, l'opponente non si è presentato e non ha sviluppato le proprie difese, mentre, dall'altra parte, il Comune opposto non ha prodotto alcunché da cui desumere l'illegittimità o meno della sanzione impugnata. Secondo il giudice a quo, mancherebbero, dunque, i presupposti per una corretta pronuncia di merito.

3.3. - Quanto alla non manifesta infondatezza, il giudice rimettente premette che, in base all'interpretazione prevalente dell'art. 22, quarto e quinto comma, della legge n. 689 del 1981, la comunicazione in cancelleria è legittima ogni volta che non sia stato indicato alcun indirizzo di residenza o domicilio nel luogo dove ha sede il giudice adito. Secondo il giudice a quo, inoltre, sarebbe già stata esclusa la illegittimità costituzionale delle norme censurate (con l'ordinanza n. 391 del 2007), talché non vi sarebbe alcuna violazione della Costituzione laddove sia prevista una diversa forma di comunicazione fra la pubblica amministrazione, da un lato, e i cittadini, dall'altro, trattandosi di materia riservata alla libera valutazione discrezionale del legislatore. Al giudice rimettente sarebbe quindi precluso adottare altro criterio di applicazione delle norme in questione, come quello che riconosca la possibilità di attuare la notifica mediante deposito presso la cancelleria solo nell'ipotesi in cui l'opponente non abbia indicato in assoluto alcun luogo di residenza o di domicilio e non quando abbia, invece, dichiarato la propria residenza in altro Comune.

Il giudice a quo, tuttavia, asserisce di proporre la questione di legittimità costituzionale in termini che non sono ancora stati sottoposti all'esame di questa Corte. Secondo il giudice rimettente, l'art. 22, quarto e quinto comma, della legge n. 689 del 1981, lederebbe il principio di uguaglianza dei cittadini di fronte alla legge e nell'esercizio del loro diritto di tutela giudiziaria nei confronti di qualsiasi atto della pubblica amministrazione (artt. 3, 24 e 113 Cost.), in quanto comporterebbe «una sperequazione fra coloro che risiedono o possono eleggere domicilio - di regola presso un difensore o procuratore legale» nel comune dove ha sede il giudice adito «e coloro che tale possibilità non hanno». Tale disparità contrasterebbe con il principio di uguaglianza perché introdurrebbe «un elemento discriminatorio e privo di qualunque giustificazione progettuale del legislatore, proprio fra i singoli cittadini». Né vi sarebbe altra spiegazione razionale, ad avviso del giudice a quo, data la possibilità per gli uffici di porre in essere altre forme di comunicazione alternative, quali l'uso di telefono, fax, internet, attualmente previsti e utilizzati nelle cause civili. Peraltro, il giudice rimettente rileva che una simile soluzione non sarebbe consentita nel caso delle opposizioni a sanzioni amministrative, trattandosi di materia regolata con norme a carattere eccezionale e, perciò, non interpretabili in via analogica o con applicazione estensiva delle norme generali. La normativa censurata, dunque, secondo il giudice a quo, sarebbe irragionevole, perché non contiene alcuna spiegazione a giustificazione del diverso trattamento dei cittadini, ma è basata soltanto sul fatto della residenza o della possibilità di eleggere o meno domicilio dove ha sede il giudice adito. Né sarebbe invocabile la discrezionalità del legislatore, in quanto si risolverebbe in puro arbitrio, inammissibile per i principi della Costituzione, «che prevede l'impegno dello Stato a rimuovere gli ostacoli che si frappongono all'uguaglianza dei cittadini». L'art. 22, quarto e quinto comma, della legge n. 689 del 1981, dunque, imponendo modalità di ricorso al giudice ordinario in condizioni differenziate per le diverse categorie di cittadini, con riferimento a situazioni di fatto che «ostacolano ad alcuni e non ad altri l'esercizio del loro diritto di tutela giurisdizionale», violerebbe gli artt. 3, 24 e 113 Cost.

4. - È intervenuto in giudizio il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall'Avvocatura generale dello Stato, chiedendo che la questione di legittimità costituzionale sia dichiarata infondata.

La difesa dello Stato rileva che questa Corte è già stata investita in passato delle questioni di legittimità costituzionale dell'art. 22 della legge n. 689 del 1981, in termini analoghi a quelli contenuti nell'ordinanza di rimessione del presente giudizio, optando per l'inammissibilità di tale questione. In particolare, con riferimento all'art. 3 Cost., la Corte ha affermato che «le differenze riscontrabili fra la disciplina delle notificazioni alla parte che non nomina un procuratore ed a quella costituita a mezzo di procuratore legale rispecchiano le differenze esistenti fra la situazione del soggetto che sceglie di difendersi personalmente, ed è perciò interessato a seguire gli sviluppi di un'unica vicenda processuale e la situazione del soggetto che, avendo optato per l'assistenza di un legale, ha diritto di attendersi che quest'ultimo sia in grado di svolgere efficacemente l'attività professionale in sua difesa» (ordinanza n. 42 del 1988). Con riguardo al diritto di difesa, inoltre, questa Corte ha precisato che «il regime di notificazione previsto dalla norma impugnata non rende né impossibile, né eccessivamente gravoso l'esercizio del diritto di difesa, ma si inserisce razionalmente nell'ambito di una normativa diretta a snellire e a semplificare le procedure relative alle infrazioni di lieve entità “depenalizzate”» (ordinanza n. 42 del 1988).

L'Avvocatura generale dello Stato osserva, infine, che, questa Corte avrebbe rilevato che una analoga disciplina per la notifica dei provvedimenti è prevista in disposizioni di contenuto similare, anche per altri procedimenti, tanto da poter affermarsi che tale assetto rappresenta un dato dell'ordinamento variabile in relazione a diversi modelli procedimentali su cui non è possibile operare muovendo da una singola norma e valutando, all'interno del quadro sistematico complessivo, una singola ratio, dovendo, pertanto, riconoscersi che si tratta di materia riservata alla discrezionalità del legislatore (sentenza n. 431 del 1992).

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. - Con ordinanza del 28 ottobre 2008, il Giudice di pace di Milano, sezione II, ha sollevato questione di legittimità costituzionale, in relazione agli artt. 3, 24 e 113 della Costituzione, dell'art. 22, quarto e quinto comma, della legge 11 novembre 1981, n. 689 (Modifiche al sistema penale), nella parte in cui pone a carico del ricorrente l'onere di eleggere domicilio nel luogo in cui ha sede il giudice adito e stabilisce che, in difetto, le comunicazioni al medesimo avvengano mediante semplice deposito presso la cancelleria.

1.1. - La normativa censurata riguarda le modalità delle notificazioni al ricorrente che abbia proposto opposizione a sanzione amministrativa. L'art. 22, quarto comma, della legge n. 689 del 1981, prevede che «il ricorso deve contenere altresì, quando l'opponente non abbia indicato un suo procuratore, la dichiarazione di residenza o la elezione di domicilio nel comune dove ha sede il giudice adito». Il successivo quinto comma stabilisce che «se manca l'indicazione del procuratore oppure la dichiarazione di residenza o la elezione di domicilio, le notificazioni al ricorrente vengono eseguite mediante deposito in cancelleria».

1.2. - Secondo il giudice rimettente, l'art. 22, quarto e quinto comma, della legge n. 689 del 1981, lederebbe il principio di uguaglianza dei cittadini in ordine al loro esercizio del diritto di tutela giudiziaria nei confronti di qualsiasi atto della pubblica amministrazione, in quanto comporterebbe «una sperequazione fra coloro che risiedono o possono eleggere domicilio - di regola presso un difensore o procuratore legale» nel comune dove ha sede il giudice adito «e coloro che tale possibilità non hanno». Ad avviso del giudice a quo, pertanto, la normativa censurata sarebbe irragionevole, perché non contiene alcuna spiegazione a giustificazione del diverso trattamento dei cittadini, ma è basata soltanto sul fatto della residenza o della possibilità di eleggere o meno domicilio dove ha sede il giudice adito. L'art. 22, quarto e quinto comma, della legge n. 689 del 1981, sostiene il rimettente, imponendo modalità di ricorso al giudice ordinario in condizioni differenziate per le diverse categorie di cittadini, con riferimento a situazioni di fatto che ostacolano l'esercizio della tutela giurisdizionale, violerebbe gli artt. 3, 24 e 113 Cost.

2. - La questione è fondata.

2.1. - Il procedimento giurisdizionale di opposizione alle sanzioni amministrative, regolato in via generale dagli artt. 22 e 23 della legge n. 689 del 1981, si caratterizza «per una semplicità di forme del tutto peculiare, all'evidenza intesa a rendere il più possibile agevole l'accesso alla tutela giurisdizionale nella specifica materia» (sentenza n. 98 del 2004). Una volta introdotto il giudizio (art. 22, terzo comma), «l'opponente - cui è data facoltà di stare in giudizio personalmente (art. 23, quarto comma) - non è infatti gravato da alcun ulteriore incombente al fine della instaurazione del contraddittorio, essendo fatto carico alla cancelleria di provvedere alla notificazione alle parti del ricorso stesso e del decreto del giudice contenente la fissazione dell'udienza di comparizione (art. 23, secondo comma). All'udienza i mezzi di prova necessari sono disposti dal giudice anche d'ufficio e la citazione dei testimoni - cui pure si provvede d'ufficio, così come ad ogni comunicazione e notificazione nel corso del processo (art. 23, nono comma) - può essere disposta anche senza formulazione di capitoli (art. 23, sesto comma)» (così ancora la sentenza n. 98 del 2004).

2.2. - In tale contesto, l'art. 22, quarto e quinto comma, della legge n. 689 del 1981, detta modi di notificazione differenziati. Se, infatti, l'opponente non ha dichiarato la propria residenza, né ha eletto domicilio nel comune dove ha sede il giudice adito, le notificazioni al ricorrente sono eseguite mediante deposito in cancelleria. Se, invece, l'opponente ha dichiarato di risiedere o ha eletto domicilio nel comune sede del giudice adito, le notificazioni sono effettuate, a cura della cancelleria (ai sensi dell'art. 23, nono comma , della legge n. 689 del 1981), secondo le norme del codice di procedura civile.

Tale differenziazione rappresenta, in contrasto con la semplificata struttura processuale degli art. 22 e 23 della legge n. 689 del 1981, un fattore di dissuasione anche di natura economica dall'utilizzo del mezzo di tutela giurisdizionale, in considerazione tra l'altro dei costi, del tutto estranei alla funzionalità del giudizio, che l'intervento personale può comportare nei casi, certamente non infrequenti, in cui il foro dell'opposizione non coincida con il luogo di residenza dell'opponente, come questa Corte ha già affermato nel dichiarare l'illegittimità costituzionale dell'art. 22 della legge n. 689 del 1981 nella parte in cui non consente l'utilizzo del servizio postale per la proposizione dell'opposizione (sentenza n. 98 del 2004). La normativa censurata, pertanto, produce una sperequazione fra coloro che risiedono nel comune dove ha sede il giudice adito e coloro che risiedono altrove, con conseguente limitazione del diritto di difesa, in violazione degli artt. 3 e 24 Cost.

2.3. - Questa Corte ha ritenuto legittimo l'art. 22, quarto e quinto comma, della legge n. 689 del 1981 (da ultimo, ordinanza n. 391 del 2007).

Tuttavia, da un lato, la questione, nel presente giudizio, è stata prospettata in termini nuovi, in quanto non era stata ancora lamentata, dinanzi a questa Corte, la discriminazione tra cittadini, determinata dalle disposizioni censurate, «basata soltanto sul fatto della residenza o della possibilità di eleggere o meno domicilio dove ha sede il giudice adito».

Dall'altro lato, in considerazione dei mutamenti intervenuti recentemente nei sistemi di comunicazione, il legislatore ha modificato il quadro normativo riguardante le notificazioni. Il decreto-legge 29 dicembre 2009, n. 193 (Interventi urgenti in materia di funzionalità del sistema giudiziario), convertito in legge 22 febbraio 2010, n. 24, ha inserito, infatti, un nuovo articolo - il 149-bis - nella sezione IV «Delle comunicazioni e delle notificazioni» del libro I del codice di procedura civile. Tale articolo, intitolato «Notificazione a mezzo posta elettronica», prevede che «Se non è fatto espresso divieto dalla legge, la notificazione può eseguirsi a mezzo posta elettronica certificata, anche previa estrazione di copia informatica del documento cartaceo» (primo comma). Successivamente, la legge 29 luglio 2010, n. 120 (Disposizioni in materia di sicurezza stradale), ha emendato, tra l'altro, l'art. 204-bis del decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285 (Nuovo codice della strada), relativo al ricorso al giudice di pace avverso sanzioni amministrative e pecuniarie comminate per illeciti previsti dal codice della strada. In base al nuovo comma 3, «il ricorso e il decreto con cui il giudice fissa l'udienza di comparizione sono notificati, a cura della cancelleria, all'opponente o, nel caso sia stato indicato, al suo procuratore, e ai soggetti di cui al comma 4-bis, anche a mezzo di fax o per via telematica all'indirizzo elettronico comunicato ai sensi dell'articolo 7 del regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica 13 febbraio 2001, n. 123» (si tratta del «Regolamento recante disciplina sull'uso di strumenti informatici e telematici nel processo civile, nel processo amministrativo e nel processo dinanzi alle sezioni giurisdizionali della Corte dei conti»).

Le recenti modifiche del quadro normativo mostrano un favor del legislatore per modalità semplificate di notificazione, divenute possibili grazie alla diffusione delle comunicazioni elettroniche. Tale orientamento si rintraccia anche nella disciplina legislativa del procedimento amministrativo, la quale prevede diverse norme per la comunicazione personale agli interessati, da eseguire a cura del responsabile del procedimento, anche con strumenti telematici (artt. 3-bis, 6, 7, 8 e 10-bis della legge 7 agosto 1990, n. 241 «Nuove norme in materia di procedimento amministrativo e di diritto di accesso ai documenti amministrativi»). La modifica dell'art. 204-bis del codice della strada, inoltre, ha avuto il chiaro intento di porre rimedio al problema lamentato dal giudice rimettente, consistente nel «pressoché costante comportamento assenteista» dell'opponente a fronte della comunicazione del provvedimento di convocazione con deposito presso la cancelleria, previsto dall'art. 22 della legge n. 689 del 1981.

2.4. - In conclusione, sia lo sviluppo tecnologico e la crescente diffusione di nuove forme di comunicazione, sia l'evoluzione del quadro legislativo, hanno reso irragionevole l'effetto discriminatorio determinato dalla normativa censurata, che contempla il deposito presso la cancelleria quale unico modo per effettuare notificazioni all'opponente che non abbia dichiarato residenza o eletto domicilio nel comune sede del giudice adito né abbia indicato un suo procuratore. L'art. 22, quarto e quinto comma, della legge n. 689 del 1981, pertanto, vìola gli artt. 3 e 24 Cost., nella parte in cui non prevede, a richiesta del ricorrente, modi di notificazione ammessi a questo fine dalle norme statali vigenti, alternativi al deposito presso la cancelleria.

3. - Resta assorbito ogni altro profilo di censura.

P.Q.M.
LA CORTE COSTITUZIONALE

dichiara l'illegittimità costituzionale dell'art. 22, quarto e quinto comma, della legge 11 novembre 1981, n. 689 (Modifiche al sistema penale), nella parte in cui non prevede, a richiesta dell'opponente, che abbia dichiarato la residenza o eletto domicilio in un comune diverso da quello dove ha sede il giudice adito, modi di notificazione ammessi a questo fine dalle norme statali vigenti, alternativi al deposito presso la cancelleria

TAR "..istanza di trasferimento per gravi motivi familiari ai sensi dell'art. 55, comma 4, del D.P.R. 335/82


Consiglio di Stato "...accertamento del diritto a percepire l'indennità sostitutiva per ferie non godute..."


GIUSTIZIA AMMINISTRATIVA - PROVA IN GENERE IN MATERIA CIVILE
Cons. Stato Sez. IV, Sent., 25-05-2011, n. 3135
Fatto - Diritto P.Q.M.
Svolgimento del processo - Motivi della decisione
Gli  appellati sono ex dipendenti della soppressa #################### - e chiesero all'Amministrazione  (intimata in primo grado) nella quale sono (provvisoriamente) transitati a far data dal 13 ottobre 1993, l'accertamento del diritto a percepire l'indennità sostitutiva per ferie non godute, e maturate alla data del 12 ottobre 1993.
Il ricorso è stato accolto dal giudice di primo grado con la sentenza in epigrafe, della quale il Ministero dell'Economia e Finanze con l'appello in esame chiede  la riforma ravvisandovi una pronuncia errata in fatto ed in diritto, in  relazione al riconoscimento di un diritto effettuato in assenza di prova dei fatti necessari a tale riconoscimento.
Gli  appellati si sono costituiti in giudizio per resistere al gravame, eccependo preliminarmente la violazione del divieto posto dall'art.345 c.p.c. di introdurre in appello contestazioni non dedotte in primo grado.
Nel merito hanno chiesto la conferma della sentenza impugnata esponendo argomenti, seppure più specifici, in linea con la medesima sentenza.
Con ordinanza n.439 del 2010 è stato richiesto all'amministrazione appellante di trasmettere tutta la documentazione in suo possesso riguardate l'accertamento del diritto di credito per cui è causa
Tale documentazione è stata trasmessa ed è pervenuta alla Sezione in data 21 febbraio 2011.
Parte  appellata alla luce di detta documentazione ha depositato memoria producendo ulteriore documentazione e ribadendo, alla stregua di quest'ultima produzione, la richiesta di conferma della sentenza impugnata. Essa ha, in effetti, ritenuto che dalla documentazione trasmessa dall'Amministrazione si possa ricavare la conferma del pieno diritto a percepire l'indennità sostitutiva per cui è causa.
All'udienza pubblica del 5 aprile 2011 la causa è stata chiamata e trattenuta in decisione.
L'appello dell'Amministrazione è fondato.
La  questione oggetto di giudizio deriva dall'affermazione e dalla conseguente azione promossa dai ricorrenti, secondo i quali la cessata #################### ha goduto delle loro prestazioni lavorative senza corrispondere alcun indennizzo per i periodi feriali durante i quali tali prestazioni si sono svolte.
L'Amministrazione appellante, anche con riferimento alla documentazione prodotta a seguito della citata ordinanza istruttoria di questa Sezione, ha di contro affermato che "non esistono risultanze documentali o probatorie dalle quale si possa evincere che i ricorrenti non hanno fruito delle ferie spettanti per motivi di servizio".
A tale affermazione, a  sua volta, si contrappone quella dei ricorrenti che l'Amministrazione "alcun atto ha depositato........idoneo a comprovare l'avvenuta fruizione dei periodi feriali in questione".
Delineate nel modo che precede le posizioni delle parti in causa, la Sezione ritiene di dover premettere quanto segue.
E'  noto che indicare e provare specificamente i fatti posti a base delle pretese avanzate incombe sulla parte che agisce in giudizio.
Detto principio generale è recato dagli art. 2697 C.c. e 115 c.p.c., ed è pacificamente applicabile anche al processo amministrativo - come si evince dall'art.36 comma 4 del r.d. 26 giugno 1924, n. 1054 e dall'art. 18, comma 1 del agosto 1907, n. 642, applicabili nella fattispecie ratione temporis, in. forza dei quali il ricorrente deve depositare, unitamente al ricorso in originale con la prova delle eseguite notificazioni, anche i documenti sui quali esso si basa - e tanto più laddove si faccia questione, come nella fattispecie di diritti  soggettivi: invero, se può anche ammettersi il ricorso alle presunzioni  semplici ex art. 2729 c.c. per fornire la prova dell'esistenza del diritto di credito e della sua entità, è comunque ineludibile l'obbligo, a monte, di allegare le circostanze di fatto precise che rappresentino la fonte di tale credito.  Sebbene, poi, nel processo
amministrativo l'applicazione del suddetto canone incontra particolari temperamenti, in virtù dell'assetto non paritetico dei rapporti fattuali e giuridici intercorrenti tra il privato e l'amministrazione, che vede sovente quest'ultima in posizione di decisa supremazia nella produzione delle allegazioni giudiziali, anche per effetto dello stabile assetto organizzativo di cui dispone.
Pertanto  può affermarsi che, soprattutto quando i mezzi di prova risultino nella  disponibilità esclusiva dell'amministrazione intimata in giudizio, il sistema probatorio nel processo amministrativo è retto, più che dallo stretto principio dispositivo, dal.principio dispositivo con metodo acquisitivo degli elementi di prova da parte del giudice (tra molte, di recente C. Stato, V, 7 ottobre 2009, n. 6118; in precedenza, IV, 22 giugno 2000, n.. 3493; V, 24 aprile 2000, n.2429; 3 novembre 1999, n. 1702).
Va peraltro, immediatamente chiarito che detto temperamento non si traduce nella possibilità, per il ricorrente, di limitarsi a esporre mere asserzioni o congetture, che affidino interamente all'attività istruttoria giudiziale l'accertamento della loro eventuale fondatezza. E' palese, infatti, che una siffatta opzione si tradurrebbe nella inversione del principio dell'onere della prova come regolato dagli artt. 2697 c.c. e 115 c.p.c, dove, invece, il principio con metodo acquisitivo non può mai tradursi in una assoluta e generale inversione di tale onere (Tar Lazio, Roma, sez. II, 21 maggio 2008, n.4792): tra altro, la dilatazione  dell'oggetto dell'istruttoria giudiziale renderebbe il rimedio (del metodo acquisitivo) in concreto non utilmente esercitabile.
Ne  consegue che, nel processo amministrativo, in mancanza di una prova compiuta a fondamento delle proprie pretese, il ricorrente deve avanzare  almeno un principio di prova, perché il giudice possa esercitare i propri poteri istruttori (da ultimo, C. Stato, V, 7 ottobre 2009, n. 6118; in precedenza, tra tante, 27 marzo 2001, n. 1730; 15 giugno 2000, n. 3317; 13 luglio 1992, n. 637; 23 aprile 1991, n.636; 25 giugno 1990, n. 581; Tar Lazio, 1,10 aprile 1987, n. 791).
Applicando  i predetti principi alla fattispecie di cui si discute, e cioè alla questione dell'asserita esistenza di un credito dei ricorrenti per indennità sostitutiva di ferie non godute, e pur applicando un ulteriore  temperamento della fondato sulla circostanza che una vicenda del genere  di quella in esame coinvolge situazioni molto risalenti nel tempo, deve  osservarsi che gli interessati non hanno fornito alcuna prova sostanziale dell'esistenza del credito da essi vantato, come più in dettaglio si dirà oltre.
Discendendo dalle argomentazioni innanzi esposte, deve ora aggiungersi che va respinta l'eccezione di parte appellata, dedotta ex art.345 c.p.c., oggi sostanzialmente confermato dall'art.104 c.p.a, concernente la non contestabilità dell'efficacia probatoria dei documenti prodotti in primo  grado dai ricorrenti non essendo stati contestati in primo grado.
Al  riguardo è dirimente osservare che l'Amministrazione intimata si è costituita nel giudizio di primo grado per contestare il diritto all'indennità sostitutiva per ferie non godute che i ricorrenti hanno reclamato sulla base della documentazione da essi prodotta.
Chiedendo  il rigetto del riconoscimento di un diritto basato su tale documentazione, è conseguente affermare che l'Amministrazione ha contestato, in relazione al thema decidendum proposto da parte ricorrente, non già l'esistenza o la falsa applicazione della norma dalla quale deriva il diritto richiesto, bensì, ed in modo non generico,  l'esistenza stessa del fatto costitutivo del mancato godimento delle ferie posto a fondamento del preteso credito.
Deve  inoltre essere rilevato che la sentenza di primo grado, nell'affermare il diritto dei ricorrenti, non ha effettuato alcun esame della documentazione da essi prodotta in primo grado, pervenendo quindi all'accoglimento del gravame attraverso una pronuncia di condanna che tecnicamente è da classificare come condanna generica dell'Amministrazione intimata, e che ha lasciato impregiudicata la verifica dell'efficacia probatoria di tali documenti.
Non  appare allora contestabile che l'Amministrazione, nella situazione definita a conclusione del giudizio di primo grado, non è assoggettata ad alcuna preclusione in ordine all'assenza di prova del fatto posto dai  ricorrenti di prime cure a fondamento del loro preteso diritto.
L'eccezione deve quindi essere respinta.
Quanto  al contenuto dei documenti prodotti in primo grado, il collegio non può  che condividere le argomentazioni dell'Amministrazione appellante.
Con  riguardo al tabulato prodotto dai ricorrenti, va senz'altro evidenziato  che esso appare privo di sottoscrizione; reca, rispetto a ciascun nominativo in esso trascritto, il cui numero è ben maggiore del numero dei ricorrenti, la generica indicazione di "ferie non godute alla data del 31 dicembre 1993"; non è indicato l'ente o il soggetto da cui proviene; non sono indicati gli anni ed i corrispondenti periodi in cui non sono state godute le ferie.
Le stesse lacune, ad eccezione dell'indicazione sulla sua provenienza, caratterizzano il documento (n.1) proveniente dal C.E.D. della Ragioneria Generale della Stato, che parte appellata ha depositato in giudizio n data 4 marzo 2011, insieme alla "Situazione dei congedi -Ministero dei Lavori Pubblici".
Con riguardo a  quest'ultimo documento il collegio deve osservare che,essendone la sostanziale riproduzione, esso merita gli stessi rilievi già esposti con  riferimento al tabulato sopra esaminato.
Deve  infine essere posto in evidenza l'assai elevato numero complessivo di giorni di ferie non godute che vengono evidenziati dalla documentazione in atti, in corrispondenza di soggetti i cui nominativi sono identici a quelli dei ricorrenti di primo grado.
In tale ambito va, invero, osservato che l'art.31 del regolamento di organizzazione e disciplina del personale dell'####################, pervenuto a seguito dell'ordinanza istruttoria 439/2010, non pare possa supportare la richiesta di monetizzazione delle ferie non godute che è oggetto del giudizio.
A tenore di tale disposizione è tassativamente prevista l'improrogabilità della fruizione del congedo per ferie oltre il 30 giugno dell'anno successivo a quello di riferimento (6° comma).
Il successivo comma 7°  stabilisce che in caso di licenziamento o dimissioni, al dipendente "spetta il trattamento economico per il periodo di congedo non fruito, in relazione al diritto maturato in suo favore".
Si  tratta ovviamente di un diritto al riconoscimento del corrispettivo economico limitato e/o proporzionale al monte ferie massimo annuo di 30 giorni, e sino e non oltre al 30 giugno seguente.
I  componenti della parte appellata, quindi, con la richiesta in esame, adducendo d'essersi assoggettati a proroghe sine die del congedo per ferie nell'ambito di ####################, si pongono in contrasto con le disposizioni ricordate, la cui tassatività, ad avviso della Sezione, non  può essere posta in discussione neppure adducendo richieste provenienti  dall'Amministrazione e avanzate per far fronte a sue improrogabili esigenze, noto essendo che il diritto alle ferie è un diritto indisponibile, salvo i limiti tassativamente previsti, a tutela della salute fisica e psichica del lavoratore.
L'appello dell'Amministrazione deve essere in conclusione accolto, con la conseguente riforma della sentenza impugnata.
Nel  peculiare andamento del processo ed alla luce delle questioni dedotte in primo e secondo grado, il collegio ravvisa giusti motivi per compensare integralmente fra le parti le spese dì ambedue i gradi di giudizio.P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quarta)
definitivamente pronunciando sull'appello, come in epigrafe proposto, lo accoglie
e, per l'effetto, in riforma della sentenza impugnata, respinge il ricorso di primo grado.
Spese del doppio grado compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.



ATTACCHI OSLO: TROVATI ESPLOSIVI IN FATTORIA BREIVIK

ATTACCHI OSLO: TROVATI ESPLOSIVI IN FATTORIA BREIVIK ++

(ANSA-REUTERS) - OSLO, 26 LUG - Un deposito segreto di
esplosivi e' stato scoperto dalla polizia norvegese nella
fattoria di Anders Behring Breivik, il killer estremista che
venerdi ha ucciso 76 persone in un duplice attentato a Olso e
sull'isolotto di Utoya. Lo ha detto il procuratore Trine
Dyngeland aggiungendo che gli esplosivi sono stati distrutti con
una esplosione controllata. (ANSA-REUTERS).

ZU
27-LUG-11 00:08 NNNN
ATTACCHI OSLO: TROVATI ESPLOSIVI IN FATTORIA BREIVIK (2)

(ANSA-REUTERS) - OSLO, 27 LUG - ''E' stato trovato un
nascondiglio di esplosivi e la polizia ha proceduto a
distruggerli con una esplosione controllata'', ha detto il
all'agenzia Reuters la signora Dyngeland.
L'operazione non ha presentato problemi e nessuno e' rimasto
ferito, ha affermato, senza aggiungere particolari sul
quantitativo di esplosivo scoperto.
La fattoria dove Breivik aveva avviato un'attivita' agricola
e' situata a Rena, a circa 160 chilometri a nord di Oslo.
La polizia ritiene che l'autore della doppia strage di
venerdi abbia confezionato la bomba fatta esplodere nel centro
di Oslo utilizzando fertilizzanti acquistati per la sua
fattoria. (ANSA-REUTERS).

ZU
27-LUG-11 00:19 NNNN

USA: 4000 UFFICI POSTALI A RISCHIO, FRANCOBOLLI IN FARMACIA

USA: 4000 UFFICI POSTALI A RISCHIO, FRANCOBOLLI IN FARMACIA
POSTAL SERVICE IN CRISI, IN 4 ANNI 20MILA LAVORATORI IN MENO
(ANSA) - WASHINGTON, 27 LUG - In molte localta' americane,
tra un paio di mesi, i cittadini saranno costretti a passare
dalla farmacia per mandare un pacco o comprare un francobollo.
La crisi non molla. Cosi' le Poste americane stanno valutando
la seria possibilita' di chiudere, nei prossimi due mesi, circa
4000 uffici. Tanti se si pensa che il Postal Service ha al
momento circa 32mila uffici postali sparsi in tutto il Paese.
Nello sforzo di ridurre i costi e cercare di migliorare
l'organizzazione del servizio malgrado i tagli, il Postmaster
General, Patrick Donahoe, ha diffuso una lista di uffici a
rischio. La stragrande maggioranza di questi si trovano in zone
rurali e sulla carta non offrono servizi a una grande massa di
utenti.
A questo punto iniziera' una fase di discussione, lunga 60
giorni, al termine della quale arrivera' la decisione finale,
che comunque potra' essere appellata davanti alla Postal
Regulatory Commission.
Nelle comunita' in cui verra' meno l'ufficio postale,
assicura Donahoe, il Postal Service pensa di appaltare alcuni
servizi essenziali, come la vendita di francobolli o l'invio di
piccoli pacchi a negozi locali, come farmacie o alimentari.
''In futuro gli uffici postali saranno piu' piccoli, piu'
flessibili e piu' competitivi'', ha assicurato Donahoe.
E questa sembra l'unica ricetta per sopravvivere, visto che
il traffico postale e' calato drasticamente e con questo gli
incassi. Cosi', tra crollo delle entrate commerciali e tagli da
parte del Tesoro, negli ultimi quattro anni le Poste Usa hanno
dovuto tagliare oltre 20 mila posti di lavoro. E ora si passa a
chiudere anche gli uffici.
''E' una medicina amara, ma sono cambiati i tempi e anche le
Poste devono cambiare'', ha commentato Art Sackler, presidente
della Coalition for a 21st Century Postal Service, che
rappresenta i dipendenti delle aziende che vivono sulle
spedizioni, come quelle che gestiscono la distribuzione di
medicine o dei giornali e riviste. (ANSA).

CAP
27-LUG-11 00:54 NNNN

martedì 26 luglio 2011

Aggiornamento periodico della formazione per gli addetti antincendio




Con il D.Lgs. 81/08 è stato disposto un generico obbligo di aggiornamento periodico per quanto concerne gli aspetti della formazione in materia di salute e sicurezza sul lavoro.
La normativa però non è stata particolarmente chiara in merito alla frequenza con cui deve essere effettuato l’aggiornamento dei corsi antincendio, facendo rimando al datato D.M. 10 marzo 1998.
A tal proposito, nell’ultimo periodo, il Dipartimento dei Vigili del Fuoco del Soccorso Pubblico e della Difesa Civile-Direzione Generale per la Formazione ha reso nota una circolare (circolare prot. 12653 del 23 febbraio 2011 emessa dal Ministero dell’Interno-Direzione Centrale per la Formazione) per chiarire gli aspetti relativi alla formazione degli addetti antincendio. Di seguito riportiamo uno stralcio della circolare: “…Com’è noto il D. Lgs. 81/2008 ha previsto l’obbligatorietà dell’aggiornamento periodico per i corsi in qualità di addetto antincendio e gestione delle emergenze. Poiché sempre più numerose sono le richieste di attivazione dei medesimi corsi, sia da parte degli Enti esterni che dal territorio, la scrivente direzione, acquisito il parere della Direzione Centrale Prevenzione e Sicurezza Tecnica per quanto di competenza, trasmette in allegato il programma, i contenuti e la durata dei predetti corsi distinti per tipologia di rischio, al fine di un uniforme applicazione dell’attività formativa sull’intero territorio nazionale.”
Il programma dei corsi previsto dalla circolare in funzione del livello di rischio è il seguente:
• Corso A: corso aggiornamento addetto antincendio in attività a rischio di incendio basso
(durata 2 ore)
-Presa visione del registro della sicurezza antincendio e chiarimenti sugli estintori portatili; istruzioni sull’uso degli estintori portatili effettuata o avvalendosi di sussidi audiovisivi o tramite dimostrazione pratica.
Durata: 2 ore
• Corso B: corso aggiornamento addetto antincendio in attività a rischio di incendio medio
(durata 5 ore).
-Combustione; sostanze estinguenti in relazione al tipo di incendio; effetti dell’incendio sull’uomo; divieti e limitazioni d’esercizio; misure comportamentali.
Durata: 1 ora
-Principali misure di protezione antincendio; evacuazione in caso di incendio; chiamata dei soccorsi.
Durata: 1 ora
-Presa visione del registro della sicurezza antincendio e chiarimenti sugli estintori portatili; esercitazioni sull’uso degli estintori portatili modalità di utilizzo di idranti e nasp.
Durata: 3 ore
• Corso C: corso aggiornamento addetto antincendio in attività a rischio di incendio elevato
(durata 8 ore)
-Principi sulla combustione e l’incendio; le sostanze estinguenti; triangolo della combustione; le principali cause di incendio; rischi alle persone in caso di incendio; principali accorgimenti e misure per prevenire gli incendi.
Durata: 2 ore
-Le principali misure di protezione contro gli incendi; vie di esodo; procedure da adottare quando si scopre un incendio o in caso di allarme; procedure per l’evacuazione; rapporti con i vigili del fuoco; attrezzature ed impianti di estinzione; sistemi di allarme; segnaletica di sicurezza; illuminazione di emergenza.
Durata: 3 ore
-Presa visione del registro della sicurezza antincendio e chiarimenti sui mezzi di estinzione più diffusi; presa visione e chiarimenti sulle attrezzature di protezione individuale; esercitazioni sull’uso degli estintori portatili e modalità di utilizzo di idranti e naspi.
Durata: 3 ore.
Logicamente, la circolare non ha valenza di legge, rappresentando solo un atto interpretativo della stessa non formula indicazioni sulla periodicità della formazione, ma, considerando che anche la formazione per gli addetti al primo soccorso secondo il D. Lgs. 388/03 è almeno triennale, la stessa periodicità si ritiene applicabile anche per l’aggiornamento degli addetti antincendio.

Area del progetto infortuni mortali e gravi (link diretto al sito dell'autore)

In questa sezione di INFORMO è possibile effettuare una ricerca per filtro cliccando con il tasto sinistro del mouse su una voce presente nelle colonne dei filtri disponibili predisposti a partire da alcune classificazioni presenti nella scheda di rilevazione dati utilizzata per l’inserimento delle informazioni in archivio. In alternativa, o come secondo livello di dettaglio, è possibile effettuare una ricerca testuale, digitando una o più parole chiave nella apposita casella di testo. Le parole chiave vengono ricercate all’interno del campo che descrive la dinamica infortunistica. In caso di ricerca per parola chiave non è presente la ripartizione dei casi secondo i filtri disponibili.

INPDAP 19/2011 - Contribuzione figurativa per mandato elettivo di cui al d.lgs 16 settembre 1996, n.564, come modificato e integrato dal d.lgs. 29 giugno, n.278 e dall’art.38 della legge 23 dicembre 1999, n.488.