SPAGNA: ANONYMUS PUBBLICA DATI PERSONALI SCORTA ZAPATERO
(ANSA) -
MADRID, 16 SET - I ciber-ribelli di Anonymus sono
'penetrati' nei computer
del ministero degli interni spagnolo e
hanno pubblicato su internet i dati
personali di 30 uomini della
scorta del premier Jose' Luis Zapatero,
riferisce la stampa di
Madrid.
Dopo la diffusione dei dati la polizia nazionale ieri ha
disattivato il proprio sito
per verificare il dispositivo di
sicurezza. In un documento pubblicato in
rete Anonymus,
considerato vicino al movimento degli indignados, afferma
che
''fra breve'' rendera' pubblici anche i dati degli agenti del
Gruppo
Speciale Operazioni (Geo), gli agenti cui sono affidate
le missioni piu'
difficili e pericolose. La 'guerra' fra
Anonymus e la polizia spagnola e' stata innescata in
giugno
dall'arresto di tre giovani descritti dal ministero degli
interni
di Madrid come ''la cupola'' del movimento dei
ciber-ribelli. Una definizione
che ha suscitato sarcasmi e
ilarita' in rete. Dieci giorni dopo il sito della
polizia e'
stato attaccato e bloccato per un
giorno.
Nel documento pubblicato con i nomi dei guardaspalle di
Zapatero,
Anonymus attacca il candidato premier socialista alle
politiche anticipate
Alfredo Rubalcaba, fino a due mesi fa
ministro degli interni, invitando a
dire ''No a Rubalcaba'' (lo
slogan del candidato e' ''Si a Rubalcaba''), cita
Paul Bourget,
''Se non vivi come pensi, finirai col pensare come vivi'',
e
avverte: ''Siamo Anonymus, Anonymus e' un esercito, non
dimenticarci,
non perdoniamo, aspettaci''.(ANSA).
CEF
16-SET-11 11:08 NNNN
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venerdì 16 settembre 2011
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giovedì 15 settembre 2011
POLIZIA: INTERROGAZIONE TURCO (RADICALI) SU VICENDA NOCS
POLIZIA: INTERROGAZIONE TURCO (RADICALI) SU
VICENDA NOCS =
Roma, 15 set. (Adnkronos) - Il deputato radicale Maurizio Turco,
cofondatore del Partito per la tutela dei diritti di militari e forze
di polizia (Pdm), ha depositato una interrogazione indirizzata al
Presidente del Consiglio dei ministri per conoscere 'quali sono le
immediate azioni intraprese nei confronti di coloro che sono stati
indicati come gli autori delle presunte violenze denunciate
dall'appartenente al reparto Nocs e quelle per la tutela
dell'incolumita' e della salute del denunciante; se non ritenga
opportuno promuovere, con il supporto delle Organizzazioni Sindacali
delle Forze di polizia e con esperti del settore, ogni utile
iniziativa volta a contrastare il fenomeno del ''mobbing'' nell'ambito
delle Pubbliche Amministrazioni con particolare riferimento a quelle
della Difesa e dell'Interno'.
Turco ricorda che ''il Pdm, fin dalla sua costituzione, si e'
sempre distinto per l'impegno profuso nella lotta per contrastare
violenze e soprusi di ogni genere nell'ambito delle Forze armate e di
polizia, come dimostrano le numerose iniziative mediatiche e le 338
interrogazioni parlamentari, le numerose proposte di legge e gli
ordini del giorno accolti dal governo, reperibili sul sito
www.partitodirittimilitari.org''.
(Sin/Ct/Adnkronos)
15-SET-11 19:44
NNNN
Roma, 15 set. (Adnkronos) - Il deputato radicale Maurizio Turco,
cofondatore del Partito per la tutela dei diritti di militari e forze
di polizia (Pdm), ha depositato una interrogazione indirizzata al
Presidente del Consiglio dei ministri per conoscere 'quali sono le
immediate azioni intraprese nei confronti di coloro che sono stati
indicati come gli autori delle presunte violenze denunciate
dall'appartenente al reparto Nocs e quelle per la tutela
dell'incolumita' e della salute del denunciante; se non ritenga
opportuno promuovere, con il supporto delle Organizzazioni Sindacali
delle Forze di polizia e con esperti del settore, ogni utile
iniziativa volta a contrastare il fenomeno del ''mobbing'' nell'ambito
delle Pubbliche Amministrazioni con particolare riferimento a quelle
della Difesa e dell'Interno'.
Turco ricorda che ''il Pdm, fin dalla sua costituzione, si e'
sempre distinto per l'impegno profuso nella lotta per contrastare
violenze e soprusi di ogni genere nell'ambito delle Forze armate e di
polizia, come dimostrano le numerose iniziative mediatiche e le 338
interrogazioni parlamentari, le numerose proposte di legge e gli
ordini del giorno accolti dal governo, reperibili sul sito
www.partitodirittimilitari.org''.
(Sin/Ct/Adnkronos)
15-SET-11 19:44
NNNN
Cassazione "...Come questa Corte ha già precisato (cfr. Cass. n. 3785/2009), per mobbing si intende una condotta del datore di lavoro o del superiore gerarchico, sistematica e protratta bel tempo, tenuta nei confronti del lavoratore nell'ambiente di lavoro, che si risolve in sistematici e reiterati comportamenti ostili che finiscono per assumere forme di prevaricazione o di persecuzione psicologica, da cui può conseguire la mortificazione morale e l'emarginazione del dipendente, con effetto lesivo del suo equilibrio fisio - psichico e del complesso della sua personalità...."
DANNI IN MATERIA CIVILE E PENALE - LAVORO (RAPPORTO DI)
Cass. civ. Sez. lavoro, Sent., 31-05-2011, n. 12048
Fatto Diritto ####################Q.M.
Svolgimento del processo
#################### ha convenuto in giudizio davanti al Tribunale di San Remo la #################### sas esponendo di aver lavorato presso l'Agenzia di viaggi di quest'ultima come impiegata, rivestendo anche il ruolo di direttore tecnico, dapprima con un contratto di collaborazione coordinata e continuativa e successivamente con un contratto di lavoro subordinato, in realtà prestando la propria attività lavorativa sempre alle dipendenze e sotto le direttive del titolare dell'impresa, e di avere subito nel corso del rapporto di lavoro, a causa delle sue richieste di regolarizzazione del rapporto stesso, una serie di comportamenti vessatori e ostili tendenti alla sua completa emarginazione professionale e al progressivo isolamento dai colleghi, comportamenti per i quali aveva sofferto di disturbi sia fisici che psichici. Ha chiesto quindi la condanna del datore di
lavoro al risarcimento del danno biologico, del danno alla vita di relazione e del danno morale.
Il Tribunale ha respinto la domanda ritenendo che non fosse emersa la prova di un atteggiamento persecutorio nei confronti della dipendente. Anche l'appello proposto dalla #################### è stato respinto dalla Corte di Appello di Genova, che ha ritenuto che non fosse stata raggiunta la prova di un tale atteggiamento persecutorio.
Avverso tale sentenza ricorre per cassazione #################### affidandosi a cinque motivi di ricorso. L'intimata non ha svolto attività difensiva.Motivi della decisione
1.- Con il primo motivo la ricorrente deduce l'omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione circa un fatto controverso decisivo per il giudizio, sull'assunto che la Corte territoriale avrebbe ritenuto come circostanza pacifica che nel periodo iniziale si fosse instaurato tra le parti un rapporto di lavoro autonomo, laddove la ricorrente aveva dedotto di avere sempre svolto attività di lavoro dipendente, come, del resto, era chiaramente emerso all'esito dell'attività istruttoria svolta nel giudizio di primo grado.
2.- Con il secondo motivo la ricorrente lamenta omessa valutazione complessiva delle prove e relativo vizio di motivazione, sul rilievo che il giudice di appello avrebbe omesso di valutare nel loro complesso gli episodi posti a fondamento della domanda, omettendo altresì di prendere in considerazione le risultanze della consulenza tecnica d'ufficio disposta in primo grado, che aveva confermato l'esistenza dei disturbi psichici denunciati dalla ricorrente, pur negando il nesso causale tra tali disturbi e l'attività lavorativa svolta.
3.- Con il terzo motivo si denuncia violazione o falsa applicazione dell'art. 2087 c.c., formulando il seguente quesito di diritto: "la responsabilità del datore di lavoro per violazione della personalità morale del lavoratore può sussistere anche in conseguenza di uno (o più) atti lesivi della dignità e del decoro personale e professionale dello stesso pur in difetto di un disegno persecutorio finalizzato ad espellere il dipendente (fattispecie di mobbing)?". 4.- Con il quarto e il quinto motivo di ricorso si denunciano omessa, insufficiente o contraddittoria motivazione in ordine alla domanda di risarcimento del danno per violazione dell'art. 2087 c.c., sottolineando che l'esistenza della responsabilità del datore di lavoro, nel caso in esame, era stata invocata e doveva riconoscersi anche come fondata sulla violazione
dell'art. 2043 c.c., non potendo dubitarsi che i fatti indicati dalla ricorrente costituissero, al tempo stesso, violazione di obblighi contrattualmente gravanti sul datore di lavoro, ex art. 2087 c.c., e violazione del precetto del neminem laedere gravante sulla generalità dei consociati, ex art. 3043 c.c. 5.- Il ricorso è infondato. Come questa Corte ha già precisato (cfr. Cass. n. 3785/2009), per mobbing si intende una condotta del datore di lavoro o del superiore gerarchico, sistematica e protratta bel tempo, tenuta nei confronti del lavoratore nell'ambiente di lavoro, che si risolve in sistematici e reiterati comportamenti ostili che finiscono per assumere forme di prevaricazione o di persecuzione psicologica, da cui può conseguire la mortificazione morale e l'emarginazione del dipendente, con effetto lesivo del suo equilibrio
fisio - psichico e del complesso della sua personalità.
Ai fini della configurabilità della condotta lesiva del datore di lavoro sono, pertanto, rilevanti: a) la molteplicità di comportamenti di carattere persecutorio, illeciti o anche leciti se considerati singolarmente, che siano stati posti in essere in modo miratamente sistematico e prolungato contro il dipendente con intento vessatorio; b) l'evento lesivo della salute o della personalità del dipendente; c) il nesso eziologico tra la condotta del datore o del superiore gerarchico e il pregiudizio all'integrità psico - fisica del lavoratore; d) la prova dell'elemento soggettivo, cioè dell'intento persecutorio. La domanda di risarcimento del danno proposta dal lavoratore per il mobbing subito è soggetta a specifica allegazione e prova in ordine agli specifici fatti asseriti come lesivi (Cass. n. 19053/2005). Cass. 6 marzo 2006, n. 4774
ha poi ritenuto che l'illecito del datore di lavoro nei confronti del lavoratore consistente nell'osservanza di una condotta protratta nel tempo e con le caratteristiche della persecuzione finalizzata all'emarginazione del dipendente (c.d. mobbing) - che rappresenta una violazione dell'obbligo di sicurezza posto a carico dello stesso datore dall'art. 2087 c.c. - si può realizzare con comportamenti materiali o provvedimentali dello stesso datore di lavoro indipendentemente dall'inadempimento di specifici obblighi contrattuali previsti dalla disciplina del rapporto di lavoro subordinato. La sussistenza della lesione del bene protetto e delle sue conseguenze deve essere verificata - procedendosi alla valutazione complessiva degli episodi dedotti in giudizio come lesivi - considerando l'idoneità offensiva della
condotta del datore di lavoro, che può essere dimostrata, per la sistematicità e durata dell'azione nel tempo, dalle sue caratteristiche oggettive di persecuzione e discriminazione, risultanti specificamente da una connotazione emulativa e pretestuosa, anche in assenza della violazione di specifiche norme attinenti alla tutela del lavoratore subordinato.
Nella specie, la Corte territoriale ha preso in esame l'insieme dei comportamenti del datore di lavoro dedotti come lesivi dalla ricorrente, escludendone ogni intento persecutorio o emulativo, sia con riferimento agli episodi collegati, secondo l'assunto, all'insorgenza delle "prime manifestazioni patologiche sia con riferimento agli episodi successivi, osservando, quanto a questi ultimi, che dalle risultanze istruttorie non era emersa l'esistenza di comportamenti connotati da carattere persecutorio nei confronti della dipendente e che gli unici episodi, comunque marginali ed isolati, rispetto ai quali poteva essere espresso un giudizio di biasimo (lancio dello stipendio sul tavolo, consegna della retribuzione in un sacco di monetine) si erano verificati "in tempi di molto successivi all'inizio della manifestazione delle
patologie, quando la #################### non andava più a lavorare e si recava in agenzia solo per ritirare lo stipendio ...", sì che, valutate tutte le circostanze sopra indicate, doveva escludersi che fosse stata raggiunta la prova di un atteggiamento emarginante, discriminatorio o persecutorio nei confronti della lavoratrice.
Si tratta di una valutazione di fatto, devoluta al giudice del merito, non censurabile nel giudizio di cassazione in quanto comunque assistita da motivazione sufficiente e non contraddittoria; anche perchè la ricorrente non ha riportato in ricorso il contenuto delle deposizioni testimoniali delle quali assume essere stato omesso ogni esame (tranne quello di una deposizione, che tuttavia non appare decisiva ai fini della collocazione temporale degli episodi di cui si discute) e non ha neppure indicato quali sarebbero gli elementi che la Corte territoriale avrebbe trascurato di esaminare (in conseguenza della erronea interpretazione degli atti di causa, denunciata con il primo motivo) e che avrebbero dovuto orientare la decisione in senso diverso, sicchè le censure espresse nei primi due motivi di ricorso - al di là della loro corretta impostazione in diritto
circa la definizione dei comportamenti che possono integrare in astratto la fattispecie del mobbing - rimangono poi confinate ad una mera contrapposizione rispetto alla valutazione di merito operata dalla Corte d'appello, inidonea a radicare un deducibile vizio di motivazione di quest'ultima. Deve ribadirsi, al riguardo, che, come è stato più volte affermato da questa Corte, la deduzione di un vizio di motivazione della sentenza impugnata con ricorso per cassazione conferisce al giudice di legittimità non il potere di riesaminare il merito dell'intera vicenda processuale sottoposta al suo esame, bensì la sola facoltà di controllo, sotto il profilo della correttezza giuridica e della coerenza logico - formale, delle argomentazioni svolte dal giudice di merito, al quale spetta, in via esclusiva, il compito di individuare le
fonti del proprio convincimento, di assumere e valutare le prove e di scegliere, tra le complessive risultanze del processo, quelle ritenute maggiormente idonee a dimostrare la veridicità dei fatti ad esse sottesi, senza essere tenuto ad un'esplicita confutazione degli altri elementi probatori non accolti, anche se allegati dalle parti. Il vizio di omessa, insufficiente o contraddittoria motivazione denunciabile con ricorso per cassazione ai sensi dell'art. 360 c.####################c., n. 5, ricorre, dunque, soltanto quando nel ragionamento del giudice di merito sia riscontrabile il mancato o insufficiente esame di punti decisivi della controversia, prospettati dalle parti o rilevabili d'ufficio, ovvero un insanabile contrasto tra le argomentazioni adottate, tale da non consentire l'identificazione del procedimento logico-giuridico posto a base della decisione,
mentre tale vizio non si configura allorchè il giudice di merito abbia semplicemente attribuito agli elementi valutati un valore e un significato diversi dalle aspettative e dalle deduzioni di parte (cfr. ex plurimis Cass. n. 10657/2010, Cass. n. 9908/2010, Cass. n. 27162/2009, Cass. n. 16499/2009, Cass. n. 13157/2009, Cass. n. 6694/2009, Cass. n. 42/2009, Cass. n. 17477/2007, Cass. n. 15489/2007, Cass. n. 7065/2007, Cass. n. 1754/2007, Cass. n. 14972/2006, Cass. n. 17145/2006, Cass. n. 12362/2006, Cass. n. 24589/2005, Cass. n. 16087/2003, Cass. n. 7058/2003, Cass. n. 5434/2003, Cass. n. 13045/97, Cass. n. 3205/95).
6.- Il primo ed il secondo motivo vanno, pertanto, rigettati.
7.- Anche il terzo motivo, con il quale, sostanzialmente, si contesta una non corretta interpretazione delle domande formulate con l'atto introduttivo e della normativa in esso richiamata, deve essere respinto. Invero, anche a prescindere dalla pur di per sè assorbente considerazione che la ricorrente non riporta puntualmente nel ricorso per cassazione il contenuto integrale dell'atto introduttivo (non essendo sufficiente il richiamo di alcuni passi del ricorso ex art. 414 c.####################c. o la riproduzione in forma indiretta dello stesso atto contenuta nelle premesse del ricorso per cassazione), nè gli esatti termini in cui la domanda è stata riproposta in appello, va rilevato che nel ricorso non vengono neppure indicate le norme che la Corte territoriale avrebbe violato nell'interpretazione di una domanda che pure, anche secondo la ricorrente, era diretta a
sostenere la sussistenza del mobbing e che negli stessi termini, a quanto si legge nella motivazione della sentenza impugnata, sarebbe stata riprodotta nel grado di appello; e tutto ciò senza considerare che l'interpretazione della domanda e l'apprezzamento della sua ampiezza, oltre che del suo contenuto, costituiscono, anche nel giudizio di appello, ai fini della individuazione del devolutum, un tipico apprezzamento di fatto riservato al giudice del merito e, pertanto, insindacabile in sede di legittimità, se non sotto il profilo dell'esistenza, sufficienza e logicità della motivazione (Cass. n. 20373/2008, Cass. n. 19475/2005).
8.- Al rigetto del terzo motivo consegue logicamente l'assorbimento del quarto e del quinto motivo, con i quali si deduce il difetto di motivazione in ordine alla domanda di risarcimento del danno con riferimento alla responsabilità sia contrattuale che extracontrattuale, trattandosi di motivi che ripropongono, sotto diverso profilo, le stesse censure del motivo precedente e che incorrono, dunque, per come formulati, negli stessi rilievi.
9.- Il ricorso va quindi rigettato.
10.- Stante il mancato svolgimento di attività difensiva da parte dell'intimata, non deve provvedersi in ordine alle spese del giudizio di legittimità.####################Q.M.
LA CORTE rigetta il ricorso; nulla sulle spese.
NOCS- Polizia e democrazia: il caso di Spinaceto
Radio Rai 3 - Tutta la città ne parla - Trasmissione del 15 settembre 2011 - Intervista a cura di Giorgio Zanchini
Giardullo: "La Roma criminale che fa gola alla mala"
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ROMA
- Criminale o no, la questione delle infiltrazioni malavitose nel
tessuto sociale ed economico di Roma sembra davvero un “romanzo”. Da un
lato le rassicurazioni del sindaco Alemanno e del sottosegretario agli
Interni Mantovano, che non vogliono parlare di emergenza criminalità.
Dall’altro gli omicidi irrisolti degli ultimi mesi e l’appello dello
stesso primo cittadino al ministro Maroni: “Nella Capitale servono più
poliziotti e carabinieri”. Nel mezzo, la realtà di 26 morti da gennaio
ad oggi, le sparatorie in strada, le migliaia di imprenditori strozzati
dall’usura o dal racket. E soprattutto la consapevolezza che la
criminalità a Roma non è più un fenomeno delle periferie ma ha invaso
anche i quartieri centrali, quelli tradizionalmente più tranquilli. Uno
su tutti, Prati: a meno di due mesi dall’uccisione in strada di Flavio
Simmi, una giovane donna viene scippata in pieno giorno e finisce in
coma.
La
Roma criminale è un’invenzione letteraria, l’evocazione di un passato
diventato storia. “Ma non si può negare – sottolinea Claudio Giardullo,
segretario generale della Silp Cgil – che la città eterna è anche un
mercato da spartire, una torta che può far gola a molti”. E infatti
oggi il sindaco incontrerà il ministro Maroni, grande assente alla
riunione del comitato provinciale del 31 agosto, nell’ennesimo vertice
sul tema sicurezza.
Gli
affari, a Roma, si fanno con la droga o con infiltrazioni nel tessuto
imprenditoriale usando denaro illecito. “Due fenomeni separati – spiega
il presidente dell’associazione antiracket e antiusura di
Confesercenti, Lino Busà – che si muovono seguendo logiche ben distinte:
gli episodi di violenza sono legati a regolamenti di conti tra
spacciatori, mentre chi vuole riciclare soldi sporchi attraverso
attività commerciali ha interesse a una città non militarizzata e dunque
meno pericolosa”.
Le
estorsioni? A Roma e in generale nel Lazio sono poco frequenti. “C’è
bisogno di un controllo del territorio e di una capacità di
intimidazione che i clan attivi nella Capitale
non hanno”, aggiunge Busà. L’usura, invece, “viaggia alla grande,
gestita da cravattari classici, da professionisti in giacca e cravatta,
da ciò che rimane della banda della Magliana e da alcune famiglie di
nomadi”. Un giro d’affari che in tutto in Lazio, tra capitali prestati e
interessi restituiti, viaggia sui tre miliardi di euro.
Secondo
Alemanno e Mantovano Roma non è nel mezzo di una guerra tra bande
criminali. I 26 omicidi, cifra record con cui la Capitale supera città
notoriamente più violente come Napoli e Palermo? Un dato in linea con
quello degli anni precedenti. E la facilità con cui i giovani prendono
in mano pistole e coltelli? Una degenerazione dei fenomeni di bullismo,
da tenere sott’occhio ma non ascrivibile alla mala organizzata. La
vera emergenza di Roma sarebbero le manifestazioni in programma per il
prossimo autunno. Una visione paradossale perché, come sottolinea
Giardullo, “minimizzare i fatti di cronaca non serve, anzi è
pericoloso. La presenza mafiosa a Roma è in aumento, mentre i tagli del
governo hanno ridotto sia il personale che gli strumenti di lavoro”.
Per
ripulire la Capitale, insomma, bisogna rivedere le priorità.
Cominciare a capire se dalle ceneri dell’ “operazione Colosseo”, che nel
1993 tagliò la testa alla banda della Magliana, sta rinascendo come
una fenice un’altra holding criminale, e se le gambizzazioni e gli
omicidi degli ultimi mesi sono sintomi di una nuova guerra tra bande
per la spartizione del territorio. “In una parola – conclude Giardullo –
si deve cambiare l’obiettivo strategico e unire alla lotta
all’immigrazione clandestina e alla prostituzione quella alla
criminalità”. Sminuire la recrudescenza degli episodi delittuosi
rischia invece di tenere nascosta una realtà che proprio sul sommerso
fonda le proprie basi. E che di “romanzesco” ha assai poco.
(Federica Ionta)
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Fonte: Romacapitale.net
Giardullo: "Protocollo "Mille occhi", le finte novità"
2011
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L'intesa
punta tutto sul "programma di collaborazione informativa" tra guardie
giurate, polizia e carabinieri. In pratica, viene chiesto agli agenti
privati di segnalare quello che avviene nell'area che stanno vigilando,
dai comportamenti sospetti alle situazioni di degrado. "Questa
cooperazione, di fatto preziosa, c'è sempre stata – conferma il
segretario nazionale del sindacato di polizia Silp-Cgil, Claudio
Giardullo – Il ruolo ausiliario delle guardie giurate non è una novità.
Quello che cambia, e non in positivo, è la possibilità di segnalare
anche le condizioni di disagio sociale". Qualcosa che rischia di
intasare i flussi di richieste ai centralini delle forze dell'ordine.
"Se non abbiamo i soldi per la benzina alle auto – spiega Giardullo –
come possiamo far fronte, oltre alle situazioni di pericolo, anche a
quelle di degrado urbano?".
Altro
punto poco chiaro del "Mille occhi" è la dotazione finanziaria per
realizzare lo scambio di informazioni e i corsi di formazione previsti
per le guardie giurate. Sulla questione soldi, infatti, il protocollo
non si sbilancia. L'attività di cooperazione, si legge, non deve
comportare costi aggiuntivi né per gli istituti di vigilanza né per lo
Stato. "Come si può pensare di risolvere un problema come la
criminalità solo con interventi di facciata, senza neanche un
investimento?", si chiede il segretario generale Silp.
Senza
riforme né stanziamenti, l'accordo rischia addirittura di creare
confusione tra le competenze di polizia, carabinieri e municipale. Il
punto 1.4 stabilisce infatti che le informazioni raccolte dai
vigilantes sul capoluogo di provincia vanno trasmesse al questore,
mentre quelle sulle altre città ai carabinieri. "Ma il coordinamento tra
le forze dell'ordine è già disciplinato dalla legge e non su base
territoriale – conclude Giardullo – Idem per il 2.2, in base al quale il
questore perderebbe la competenza sul monitoraggio degli istituti di
vigilanza, che passa a prefetto e sindaco. La legge dice altro".
(Federica Ionta)
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