Consiglio di Stato, Sezione Terza, Sentenza n. 3621 del 14/06/2011
FATTO e DIRITTO
1.- Il dr. [####################], all’epoca
vice Prefetto aggiunto in servizio presso la Prefettura di Milano, aveva
impugnato davanti al TAR per la Lombardia il decreto n. 79/N con il quale il
Ministero dell’Interno, in data 23 gennaio 2006, aveva rigettato la domanda
(presentata il 28 febbraio 2003) volta al riconoscimento della causa di servizio
ed alla concessione dell’equo indennizzo, in relazione a “disturbo depressivo
con radicali psicotici in attuale compenso”, nonché il presupposto parere n.
268/2005, reso dal Comitato di Verifica per le cause di servizio nella seduta
del 12 ottobre 2005.
2.- Il T.A.R. per la Lombardia, Sede di Milano,
Sezione III, dopo aver disposto sulla questione apposita consulenza tecnica
d’ufficio, con la appellata sentenza n. 3153 del 6 aprile 2009, ha, in via
pregiudiziale, ritenuta infondata l’eccezione sollevata dall’amministrazione di
tardività della domanda ed ha poi accolto il ricorso dichiarando accertato il
diritto del dr. [####################] al riconoscimento della causa di
servizio.
Il TAR ha ritenuto che la documentazione esibita
in giudizio e l’approfondimento eseguito nel corso delle operazioni peritali
hanno dimostrato che il dottor [####################] “ha un disturbo
dell’adattamento con ansia e somatizzazione in risposta a fattori stressanti
presenti in ambiente lavorativo, associato a disturbi psicotici preesistenti” e
che “il pregiudizio derivatone incide sulle comuni attività e sulla vita di
relazione”. In particolare “il danno psichiatrico di cui soffre il ricorrente
compare in seguito ad uno o più eventi o situazioni di stress psico-sociali
oggettivamente identificabili ed è caratterizzato da intensa sofferenza
soggettiva e compromissione della funzionalità lavorativa, relazionale e
sociale”.
Erroneamente l’amministrazione aveva quindi
ritenuto che l’affezione sofferta dal ricorrente (disturbo depressivo) era
inquadrabile nella categoria delle psicosi endogene del soggetto e, quindi,
tipicamente costituzionali, con la conseguente esclusione di qualsiasi nesso
causale o concausale efficiente e determinante con il servizio.
Secondo il Tar per la Lombardia, deve ritenersi,
invece, “assai più razionale e conforme alla letteratura … la ricostruzione del
CTU”, con la conseguenza che deve ritenersi “offerta la prova del nesso
condizionante tra le mansioni svolte e l’evento lesivo insorto nel senso che
l’attività lavorativa è stata condizione necessaria dell’evento lesivo con alto
o elevato grado di credibilità razionale o probabilità logica”.
Sulla base di tali premesse il TAR ha peraltro
anche ritenuto che doveva “essere riqualificato il petitum”, essendo la domanda
del dr. [####################] “al di là della impostazione impugnatoria e della
formula terminativa in termini caducatori delle conclusioni” chiaramente “volta
all’accertamento della dipendenza della propria patologia da causa di servizio”,
ed ha quindi accolto il ricorso dichiarando, per l’effetto, “il diritto del
ricorrente al riconoscimento della causa di servizio”.
3.- L’Avvocatura dello Stato ha appellato
l’indicata sentenza ritenendola erronea sotto diversi profili.
In particolare l’Avvocatura ha insistito sulla
eccezione di tardività dell’istanza presentata dall’interessato e, per quanto
riguarda il merito della vicenda, ha richiamato la consolidata giurisprudenza di
questo Consiglio di Stato secondo cui il parere del Comitato di verifica, che
costituisce il presupposto del diniego impugnato, costituisce espressione di
discrezionalità tecnica, sindacabile davanti al giudice amministrativo solo se
manifestamente illogico.
L’Avvocatura ha poi anche sostenuto l’erroneità
delle conclusioni alle quali è giunto il TAR in relazione ai poteri esercitati.
4.- L’appello non è fondato.
4.1-Al riguardo, deve essere preliminarmente
respinta la doglianza sollevata dall’Avvocatura dello Stato riguardante la
tardività della domanda presentata dal dr. [####################] il 28 febbraio
2003 per il riconoscimento della causa di servizio e la concessione dell’equo
indennizzo, tenuto conto che, a prescindere da quanto in proposito osservato dal
TAR per la Lombardia, la doglianza dell’Avvocatura non ha carattere processuale
ma riguarda un eventuale vizio del procedimento che non ha costituito oggetto
del decreto di diniego impugnato in primo grado.
5.- Passando al merito della controversia, si
deve ricordare che, come affermato anche dalla Avvocatura dello Stato, per
principio pacifico i giudizi medico-legali espressi dalle competenti Commissioni
mediche ospedaliere sulla idoneità psico-fisico dei pubblici dipendenti sono
connotati da discrezionalità tecnica e non sono censurabili, se non per evidente
irragionevolezza, illogicità o travisamento dei fatti, né tale giudizi, emessi
dagli unici organi legittimati a compiere gli specifici accertamenti richiesti,
possono essere contraddetti da eventuali certificazioni mediche di parte (fra le
più recenti: Consiglio di Stato, sez. IV, 11 febbraio 2011, n. 922).
6.- La fattispecie all’esame di questo Collegio
assume peraltro aspetti peculiari perché il TAR, ritenendo sussistessero i
presupposti, ha disposto, in relazione alla malattia denunciata dal dr.
[####################] ed alla sua possibile dipendenza da causa di servizio,
una apposita C.T.U. che è stata svolta dal dr. ####################
####################, Dirigente medico dell’Inail di Varese e specialista in
medicina legale e delle assicurazioni.
Dagli esiti di tale Consulenza Tecnica, dalla
quale oramai non si può più prescindere, è emersa una irragionevolezza degli
atti impugnati, che si fonda su argomentazioni tratte dalla scienza medica. Da
tale accertata irragionevolezza può conseguire quindi l’annullamento degli atti
impugnati davanti al TAR.
7.- Ciò posto non può peraltro condividersi la
conclusione alla quale è giunto il TAR di ritenere (anche) accertata la
dipendenza da causa di servizio della infermità riconosciuta al dr.
[####################].
Si oppongono, infatti, alla conclusione cui è
pervenuto il TAR due ordini di considerazioni: una di natura processuale ed una
di natura sostanziale.
Sotto il profilo processuale deve ritenersi
erronea la modifica (operata dal TAR) del petitum del ricorso di primo grado e
la conseguente trasformazione della richiesta di annullamento dell’atto
impugnato in una richiesta di accertamento della pretesa sostanziale (di diritto
soggettivo) fatta valere dalla parte.
Nella fattispecie, infatti, contrariamente a
quanto affermato dal TAR, l’interessato non poteva ritenersi titolare di un vero
e proprio diritto soggettivo al riconoscimento della causa di servizio (e
dell’equo indennizzo), essendo la sua posizione soggettiva di interesse
legittimo, in quanto teso alla corretta conclusione del procedimento avviato con
la richiesta da lui avanzata all’amministrazione.
In conseguenza anche l’azione da lui proposta
correttamente era qualificata come azione di annullamento.
Erronea risulta quindi la diversa qualificazione
data dal TAR all’azione proposta ed erronee, in conseguenza, sono le conclusioni
alle quali è giunta la sentenza appellata.
8.- In proposito questo Consiglio di Stato ha
(anche di recente) affermato che l’atto di riconoscimento (o di diniego)
dell’equo indennizzo è emesso a conclusione di un procedimento in cui
intervengono pareri di organi tecnico/consultivi caratterizzati da
discrezionalità tecnica quanto alla riconduzione della menomazione all’integrità
fisica alla malattia già riconosciuta dipendente da causa di servizio e che la
posizione soggettiva del pubblico dipendente che aspiri al beneficio deve
ritenersi quindi di interesse legittimo e non di diritto soggettivo. Solo a
seguito della concessione dell’equo indennizzo le questioni in ordine all’esatta
determinazione delle somme dovute rivestono posizioni di diritto soggettivo e
possono essere quindi azionate nell’ordinario termine di prescrizione (Consiglio
di Stato, sez. VI, 15 dicembre 2010, n. 8916; 18 agosto 2010, n. 5888).
9.- Il collegio ritiene che le conclusioni alle
quali è giunto il TAR per la Lombardia non possono ritenersi condivisibili anche
per un altro motivo strettamente connesso.
Infatti, ai sensi dell’art. 14 del D.P.R. n. 461
del 29 ottobre 2001, l’Amministrazione deve esprimersi sulle istanze volte ad
ottenere il riconoscimento della dipendenza da causa di servizio di una
infermità su conforme parere rese dal Comitato per la verifica delle cause di
servizio, previsto dall’art. 10 del medesimo D.P.R., nel quale sono presenti
soggetti di diversa estrazione e dotati di diverse competenze tecniche, scelti
tra esperti della materia, provenienti dalle diverse magistrature,
dall’Avvocatura dello Stato e dal ruolo unico dei dirigenti dello Stato, nonché
tra ufficiali medici superiori e qualifiche equiparate della Polizia di Stato e
tra funzionari medici delle amministrazioni dello Stato. Per l’esame delle
domande relative a militari o appartenenti a corpi di polizia anche ad
ordinamento civile il Comitato è inoltre integrato da ufficiali o funzionari del
corpo o dell’amministrazione di appartenenza.
Ora, anche a voler ammettere che la valutazione
compiuta, nel corso del giudizio di primo grado, dal C.T.U. nominato dal TAR
abbia dimostrato non solo l’esistenza della malattia sofferta dal dr.
[####################] ma anche la sua possibile dipendenza da causa di
servizio, l’accertamento in concreto di tale dipendenza con il servizio svolto
dall’interessato non può tuttavia che essere effettuato dalla apposita
Commissione, le cui competenze, come si è detto, anche per la variegata e
qualificata estrazione tecnica dei suoi componenti, sono diverse e non possono
essere sostituite da una valutazione di natura tecnica ( per sua natura parziale
e quindi limitata) compiuta da un soggetto estraneo all’amministrazione (il
C.T.U.), che tutte quelle competenze non può assommare.
10.- Sulla base di tali considerazioni l’appello
deve essere accolto in parte e il dispositivo della sentenza appellata deve
essere quindi riformato, disponendosi (solo) l’annullamento del decreto con il
quale il Ministero dell’Interno, in data 23 gennaio 2006, aveva rigettato la
domanda dell’interessato volta al riconoscimento della causa di servizio ed alla
concessione dell’equo indennizzo, nonché del presupposto parere n. 268/2005,
reso dal Comitato di verifica per le cause di servizio, nella seduta del 12
ottobre 2005.
11.- L’Amministrazione dovrà quindi rivalutare
l’istanza dell’interessato sulla base di un nuovo parere del Comitato di
verifica, che dovrà tenere conto anche delle conclusioni alle quali è giunto il
CTU incaricato dal TAR per la Lombardia.
12.- In conclusione l’appello è accolto nei
limiti di cui in motivazione.
13- Le spese del grado di appello possono essere
integralmente compensate fra le parti.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale
(Sezione Terza)
definitivamente pronunciando sull’appello, come
in epigrafe proposto,
accoglie l’appello, nei sensi di cui in
motivazione e, per l’effetto, riforma il dispositivo della appellata sentenza
del T.A.R. per la Lombardia, Sede di Milano, Sezione III, n. 3153 del 6 aprile
2009, disponendo l’annullamento del decreto n. 79/N con il quale il Ministero
dell’Interno, in data 23 gennaio 2006, aveva rigettato la domanda
dell’interessato volta al riconoscimento della causa di servizio ed alla
concessione dell’equo indennizzo, nonché del presupposto parere n. 268/2005,
reso dal Comitato di verifica per le cause di servizio, nella seduta del 12
ottobre 2005.
Dispone la compensazione fra le parti delle
spese e competenze del grado di appello.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita
dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio
del giorno 13 maggio 2011 con l’intervento dei magistrati:
Gianpiero Paolo Cirillo, Presidente
Salvatore Cacace, Consigliere
Vittorio Stelo, Consigliere
Angelica Dell’Utri, Consigliere
Dante D’Alessio, Consigliere, Estensore
Salvatore Cacace, Consigliere
Vittorio Stelo, Consigliere
Angelica Dell’Utri, Consigliere
Dante D’Alessio, Consigliere, Estensore
DEPOSITATA IN SEGRETERIA Il 14/06/2011
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