In Italia non c’è “una giustizia d’assalto”, ma un vero “assalto
alla giustizia”: che non è nato con Berlusconi, né si esaurisce con la
sua vicenda politica. Perché in Italia la pretesa di non accettare le
regole e, se le infrangi, di non subirne il rigore , è diffusa e
resistente. Così Giancarlo Caselli, uno dei magistrati più preparati e
colti del nostro paese, scrive nel suo ultimo libro “Assalto alla
Giustizia” (Melampo Editore, 160 pag.) uscito da poco in libreria, per
riprendere il filo di un ragionamento che il Procuratore Capo di Torino,
ha svolto già in altre esperienze librarie.
Ma
con una novità importante,per questo libro, sottolineata anche da
Andrea Camilleri,nella sua prefazione: in questo libro Caselli non
spiega solo le contraddizioni nel rapporto sempre difficile tra
giustizia e politica, ma “reagisce in nome della sua dignità di uomo e
magistrato e di tutti quelli che come lui, pur non avendolo mai né
voluto né desiderato, si trovano oggi a dover difendere la traballante
diligenza della Giustizia dall’assalto dei fuori legge”. Dunque un
magistrato in prima fila che stavolta si alza e parla: con lo stile
che lo contraddistingue, ‘aplomb’piemontese e parole ponderate, ma
alzando il tono perché la misura è colma. Ne emerge, seguendo il filo
conduttore dei 9 Capitoli e 3 Appendici,un viaggio attraverso le
nefandezze che si sono dette sulla giustizia in Italia negli ultimi anni
con l’obiettivo, scrive l’autore, di operare un “sabotaggio
istituzionale”, ovvero ridurre l’indipendenza della magistratura e
consegnare ”al potere politico il controllo delle indagini”; e quindi
della legalità, cioè di quel che è giusto o sbagliato per i cittadini.
Arrivando così a ledere i diritti fondamentali dei cittadini stessi
perché, se questo percorso arrivasse alla sua conclusione, libertà di
scelta e decisioni sulla propria vita, sarebbero espropriate ai
cittadini e prese in consegna da un potere forte,politico, centrale,
senza controlli.
L’analisi di Caselli prende
in esame frasi dette e contraddette, in particolare dell’artefice di
questo assalto, cioè Berlusconi; ma non si ferma a questo. Analizza in
pochi intensi capitoli quali interessi ci siano dietro quell’assalto
al controllo di legalità che passa attraverso la semina di tossine in
pillole (ma distribuite a piene mani) nella società italiana usando lo
strumento televisivo del consenso; quel capovolgimento del diritto che
rivolge su chi fa le indagini la responsabilità di fare il proprio
dovere, facendolo apparire invece come uso distorto e personale della
giustizia (se non politico, rosso, vergognoso,delinquenziale, folle e
via discorrendo). Ma queste tossine sono sempre puntualmente seminate
quando i magistrati scoperchiano intrecci criminali tra affari e
tangenti, politica e P3 o P4, emergenze ed appalti, cricche e
appartamenti acquistati ad insaputa del ministro che vi abita. Non sono
quindi invettive a caso, ma capovolgimenti della realtà, arrivati al
punto di far votare al Parlamento che una minorenne era nipote di un
capo di stato straniero; ma uscendo dal paradosso folkloristico delle
bandane e bunga-bunga, quei capovolgimenti fanno emergere interessi
economici ben precisi, personali ma anche di un blocco sociale
minoritario che sposta vantaggi, evasione fiscale ed affari , al proprio
ed esclusivo potere, ai danni della maggioranza della popolazione.
Come
è possibile che tutto questo avvenga? Si chiede e chiede Caselli,
rivolgendosi con il suo libro alla società ed alla Civiltà italiana: e
tra le tante risposte che propone nel filo di questo libro-percorso ne
coglie una, semplice ma essenziale: “a furia di ripeterle anche le
menzogne finiscono per sembrare vere”, capovolgendo la realtà,usando una
macchina del consenso che colpisce il dissenso, anche quando questo
dissenso è in realtà la normalità in un civile paese occidentale.
E
tuttavia, aggiunge Caselli, “non si può abdicare al dovere di
ragionare”. Anche se questa normalità, il ragionamento appunto, in
Italia diventa anomalia:” un magistrato che tocca certi interessi deve
mettere in conto di subire una aggressione”, scrive . Eccola , riemerge
la macchina del fango che ha agito in questi anni. Il filo che tiene
insieme il ragionamento di Caselli ,nonostante tutto, non è però
pessimista: perché comunque l’autore sogna ancora “un paese normale;
senza più cedimenti ad una propaganda interessata; senza più la
rassegnata aquiescenza a una delegittimazione della magistratura; senza
più quello stravolgimento dei valori che arriva a presentare come
trasgressione il controllo di legalità. Un sogno per ricominciare”.
Ce
n’è bisogno di sogni come questi, perché poi la realtà di questo ultimo
mese e mezzo ci racconta che basta poco per ritornare ad una pò di
legalità e decenza; basta un cambio di governo per cominciare a vedere
un po’ di luce . Ma attenzione, avverte Caselli, proprio perché la
quantità di tossine e di tossicità seminata in questi anni è stata
elevata, non bisogna illudersi che basta un cambio di governo perché
l’assalto alla giustizia ed al controllo di legalità finisca. E non solo
perché quelle stesse persone che prima governavano sono sempre lì in
agguato pronte a ritornare ad usare il potere se ne avessero la
possibilità. Ma soprattutto perché la bonifica deve essere più profonda,
culturale e sociale. Deve partire dalle scuole e dalle famiglie, dalle
istituzioni e dalle rappresentanze, dalla vita quotidiana e dal mondo
della Cultura e dall’Informazione. Deve prevalere la logica delle regole
, dei diritti e dei doveri costituzionali.
Ci
sarà molta strada da fare; ma cominciare è già un buon inizio. E
talvolta basta dire le cose con chiarezza,anche con un buon libro,
semplice e scritto con l’obiettivo di dialogare con chi oggi è ancora
disorientato, con chi cerca una strada e con chi cerca conferme. Per
avere speranza, d’altronde, un buon libro è l’inizio più incoraggiante.
Fonte del testo: Libera
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