Atto Senato
Interrogazione a risposta orale 3-00436
presentata da
Interrogazione a risposta orale 3-00436
LUIGI MANCONI
mercoledì 16 ottobre 2013, seduta n.126
mercoledì 16 ottobre 2013, seduta n.126
con sentenza n. 13 del 2013 emessa il 5 giugno 2013 e depositata il 2 settembre 2013, la terza Corte d'assise di Roma ha dichiarato responsabili di omicidio colposo i medici a diverso titolo implicati nella morte di Stefano Cucchi, avvenuta in stato di detenzione il 22 ottobre 2009 presso il reparto di "medicina protetta" dell'ospedale Sandro Pertini di Roma;
con la stessa sentenza, la Corte d'assise ha assolto per non aver commesso il fatto gli agenti di Polizia penitenziaria accusati di aver causato le lesioni e l'infermità che resero necessario il ricovero di Stefano Cucchi, avendolo, secondo l'ipotesi accusatoria, picchiato nel corso della sua permanenza nelle celle del Tribunale in attesa della celebrazione l'udienza di convalida dell'arresto della sera precedente;
assolvendo gli accusati per non aver commesso il fatto, i giudici non escludono (e anzi avvalorano) l'ipotesi secondo cui le lesioni e l'infermità di Stefano Cucchi fossero l'esito di abusi da parte delle forze dell'ordine, individuando però, seppure "in via del tutto congetturale", nei carabinieri che avevano effettuato la perquisizione notturna nella casa della famiglia Cucchi (invece che nei poliziotti penitenziari assolti) i possibili autori delle violenze perpetrate ai danni dell'arrestato;
a giudizio del collegio della Corte d'assise di Roma, "qualcosa di anomalo" potrebbe essere successo dalle ore 2.00 alle 3.40 del 16 ottobre 2009, nei 100 minuti intercorsi fra la permanenza di Stefano Cucchi presso la caserma dei carabinieri Roma-Appia, dopo la perquisizione domiciliare, e prima del successivo trasferimento nella stazione di Tor Sapienza;
secondo la Corte d'assise di Roma "è legittimo il dubbio che" al momento del trasferimento notturno e dell'udienza di convalida "il Cucchi (...) fosse stato già malmenato dagli operanti" cioè dai carabinieri che avevano proceduto all'arresto e alla perquisizione domiciliare;
la stessa sentenza della Corte d'assise ha stigmatizzato l'attività della Procura di Roma quanto a completezza ed efficacia delle indagini quando ha osservato che i tre agenti di polizia penitenziaria non sono nemmeno stati sottoposti a ricognizione personale da parte del principale teste del pestaggio ricostruito dagli inquirenti, cioè Samura Yaya (pag. 19 della sentenza);
considerato inoltre che:
si può leggere testualmente a pag. 33 delle motivazioni della sentenza quanto segue: "La verità deve essere letta nelle carte processuali, e non si può consentire a nessuno di mettersi tra il fatto e il processo, di cercare orientando l'opinione pubblica, di influire su quello che il Giudice, specie non Togato, tornando a casa, legge sul giornale o sente al telegiornale";
l'interrogante ritiene che l'estensore pare voler dare conto di una diversità di opinione che si sarebbe formata ad esito del processo, tra il Giudice estensore e in particolare i Giudici non togati, i quali ultimi si sarebbero formati un convincimento, diverso dal primo e da questi ritenuto erroneo in quanto frutto di un condizionamento illecito posto in essere, evidentemente, dalla famiglia per via mediatica;
l'interrogante ritiene inoltre che il giudice estensore, tuttavia, omette di dare conto poi di quanto effettivamente accaduto e del perché sia stata ritenuta erronea perché illecitamente condizionata l'opinione di quei giudici, in particolare non togati, poi, evidentemente mutata, considerato che solo in tal modo pare giustificarsi l' esigenza , in capo all'estensore, di scrivere in sentenza un tale passaggio così eterodosso e singolare;
va altresì rilevato che, sulla tragica vicenda relativa alla terribile morte di Stefano Cucchi, numerosi sono stati gli interventi di organi istituzionali con responsabilità di governo fin dai primi passi dell'inchiesta, quali il Ministro della difesa che ha categoricamente escluso ogni responsabilità in capo ai Carabinieri che operarono l'arresto, ed il sottosegretario alla Presidenza del Consiglio dei ministri, il quale ha numerose volte anticipato quello che sarebbe poi stato l'esito del processo, configurando una sola ipotesi di pura responsabilità medica;
considerato che:
la Costituzione italiana prevede ed impone, agli artt. 102 e 104, la partecipazione dei cittadini idonei all'amministrazione della giustizia per determinate materie garantendo loro uguale dignità ed indipendenza ed autonomia di funzioni e giudizio;
difatti l'art. 11 della legge 10 aprile 1951, n. 287, riconosce ai giudici popolari delle Corti d'assise e Corti d'assise d'appello, durante il tempo della sessione in cui prestano servizio effettivo, la condizione giuridica di magistrati di Tribunale e consiglieri di Corte d'appello nell'ordine delle precedenze nelle funzioni e cerimonie pubbliche;
pertanto è del tutto estranea al nostro sistema processuale una qualsivoglia sovra ordinazione gerarchica o capacità di giudizio in capo al giudice presidente della Corte d'assise sulle opinioni liberamente formatesi in capo agli altri giudici, anche non togati;
considerato ancora che:
l'art. 471 del codice di procedura penale impone, a pena di nullità, la pubblicità dei processi penali con specifico riconoscimento della possibilità di effettuarvi riprese audiovisive;
l'art. 6 della convenzione della salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali e l'art. 14 del patto internazionale sui diritti civili e politici, l'art. 21 della Costituzione nonché la sua uniforme giurisprudenza riconoscono e salvaguardano il diritto di cronaca e di critica giudiziaria come legittima e, a giudizio dell'interrogante, irrinunciabile espressione del controllo della collettività sull'esercizio del potere giurisdizionale e sull'amministrazione della giustizia a garanzia del popolo in nome della quale viene amministrata, anche come strumento di prevenzione di abusi;
a giudizio dell'interrogante, nella sentenza pronunciata dalla sezione terza della Corte d'assise di Roma sul processo per la morte di Stefano Cucchi sono state pregiudicate la serenità e l'imparzialità di giudizio dei singoli componenti dell'organismo collegiale giudicante, come parrebbe essere denunciato o messo in dubbio dal presidente estensore, e che i rapporti tra i giudici togati e non togati non sono stati effettivamente improntati al pieno rispetto dell'autonomia ed indipendenza di funzione,
si chiede di sapere:
se al Ministro in indirizzo risulti se, ferme restando le ipotesi di impugnativa davanti alla Corte di appello, la Procura della Repubblica di Roma abbia svolto tutte le necessarie indagini in tale delicato caso relativo al decesso e alle lesioni personali di una persona che era nella custodia dello Stato, e se abbia riaperto le indagini su quanto avvenuto nella notte tra il 15 e il 16 di ottobre 2009 nella caserma dei Carabinieri di Roma-Appia alla luce di quanto affermato nelle motivazioni della sentenza della Corte d'assise;
se intenda attivare, nell'ambito delle proprie competenze, i poteri ispettivi per verificare la correttezza e regolarità dell'operato delle Procura di Roma, anche con riferimento a quanto illustrato in premessa.
(3-00436)
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