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venerdì 5 giugno 2015

Atto Camera Mozione 1-00878 presentato da CIPRINI Tiziana testo di Giovedì 4 giugno 2015, seduta n. 435   La Camera,    premesso che:     il decreto-legge n. 78 del 2010, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 122 del 2010, è stato adottato, come recita il suo preambolo, in considerazione della «straordinaria necessità ed urgenza di emanare disposizioni per il contenimento della spesa pubblica e per il contrasto all'evasione fiscale ai fini della stabilizzazione finanziaria, nonché per il rilancio della competitività economica»;



Atto Camera

Mozione 1-00878
presentato da
CIPRINI Tiziana
testo di
Giovedì 4 giugno 2015, seduta n. 435
La Camera,
   premesso che:
    il decreto-legge n. 78 del 2010, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 122 del 2010, è stato adottato, come recita il suo preambolo, in considerazione della «straordinaria necessità ed urgenza di emanare disposizioni per il contenimento della spesa pubblica e per il contrasto all'evasione fiscale ai fini della stabilizzazione finanziaria, nonché per il rilancio della competitività economica»;
    nel quadro di una serie di previsioni finalizzate al contenimento ed alla riduzione della spesa pubblica si colloca l'articolo 9, relativo al contenimento delle spese in materia di pubblico impiego che, al comma 21, testualmente recita: «I meccanismi di adeguamento retributivo per il personale non contrattualizzato di cui all'articolo 3, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, così come previsti dall'articolo 24 della legge 23 dicembre 1998, n. 448, non si applicano per gli anni 2011, 2012, 2013 ancorché a titolo di acconto, e non danno comunque luogo a successivi recuperi. Per le categorie di personale di cui all'articolo 3 del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165 e successive modificazioni, che fruiscono di un meccanismo di progressione automatica degli stipendi, gli anni 2011, 2012 e 2013 non sono utili ai fini della maturazione delle classi e degli scatti di stipendio previste dai rispettivi ordinamenti. Per il personale di cui all'articolo 3 del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165 e successive modificazioni le progressioni di carriera comunque denominate eventualmente disposte negli anni 2011, 2012 e 2013 hanno effetto, per i predetti anni, ai fini esclusivamente giuridici»;
    in applicazione del citato comma 21 dell'articolo 9 del decreto-legge n. 78 del 2010, quindi, per l'intero triennio 2011-2013, le retribuzioni del personale interessato sono state pertanto escluse tanto dai meccanismi di adeguamento di cui all'articolo 24 della legge n. 448 del 1998, quanto dall'applicazione degli aumenti retributivi («scatti» e «classi» di stipendio) collegati all'anzianità di ruolo, quanto, addirittura, dal riconoscimento dei benefici economici correlati alle progressioni di carriera, senza possibilità successiva di recupero;
    l'articolo 16, comma 1, del decreto-legge 6 luglio 2011, n. 98, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 111 del 2011, ha poi previsto che con uno o più regolamenti da emanare ai sensi dell'articolo 17, comma 2, della legge 23 agosto 1988, n. 400, su proposta dei Ministri per la semplificazione e la pubblica amministrazione e dell'economia e delle finanze la possibilità di prorogare di un anno ovvero al 2014, le sopradette disposizioni restrittive;
    ed infatti con decreto del Presidente della Repubblica del 4 settembre 2013 n. 122 il Governo ha disposto la proroga fino al 31 dicembre 2014 delle seguenti misure previste dall'articolo 9 del decreto-legge n. 78 del 2010: a) il blocco dei trattamenti economici individuali; b) la riduzione delle indennità corrisposte ai responsabili degli uffici di diretta collaborazione dei Ministri e l'individuazione del limite massimo per i trattamenti economici complessivi spettanti ai titolari di incarichi dirigenziali; c) il limite massimo e la riduzione dell'ammontare delle risorse destinate al trattamento accessorio del personale; d) blocchi riguardanti i meccanismi di adeguamento retributivo, classi e scatti di stipendio, nonché le progressioni di carriera comunque denominate del personale contrattualizzato e in regime di diritto pubblico;
    infine per effetto della legge di stabilità per il 2015 (legge n. 190 del 2014, commi 254-256) è stato prorogato ulteriormente per tutto il 2015 il blocco economico della contrattazione nazionale e del contratto collettivo nazionale nel pubblico impiego – ormai operante dal 2010 – con conseguente slittamento del triennio contrattuale dal 2015-2017 al 2016-2018; è stata estesa fino al 2018 l'efficacia della norma in base alla quale l'indennità di vacanza contrattuale, da attribuirsi all'atto del rinnovo contrattuale, rimane quella in godimento al 31 dicembre 2013 e viene prorogato fino al 31 dicembre 2015 il blocco degli automatismi stipendiali ma relativo al solo personale non contrattualizzato (magistrati ordinari, amministrativi e contabili, avvocati e procuratori dello Stato, personale militare e delle forze di polizia di Stato, personale della carriera diplomatica e della carriera prefettizia, personale del Corpo nazionale dei vigili del fuoco, personale della carriera dirigenziale penitenziaria, professori e ricercatori universitari, nonché il personale della Banca d'Italia, della Consob e della Autorità garante della concorrenza e del mercato), ferma restando l'esclusione dal blocco dei magistrati;
    in proposito, occorre rammentare che la Corte costituzionale, in occasione di pregresse manovre economiche, recanti deroghe temporanee ai ricordati meccanismi rivalutativi di adeguamento, disposte, in particolare, in occasione dell'altrettanto grave congiuntura economica del 1992, aveva già indicato i limiti entro i quali un tale intervento potesse ritenersi rispettoso dei richiamati principi costituzionali, osservando che «norme di tale natura possono ritenersi non lesive del principio di cui all'articolo 3 della Costituzione (sotto il duplice aspetto della non contrarietà sia al principio di uguaglianza sostanziale, sia a quello della non irragionevolezza), a condizione che i suddetti sacrifici siano eccezionali, transeunti, non arbitrari e consentanei allo scopo prefisso»;
    in quel caso il sacrificio era limitato ad un anno, mentre ora, in presenza di una reiterazione a percussione di misure patrimoniali afflittive, la natura eccezionale e transitoria di una disposizione non può più essere predicata, credibilmente e plausibilmente, anche per la prevedibilità della sua reiterazione nel tempo futuro;
    eppure per le misure adottate con il decreto-legge n. 78 del 2010 e successivi provvedimenti, si tratta invece di ben cinque anni di blocco contrattuale, anni che – in termini più generali – coincidono con la fase apicale della crisi economica e sociale più lunga ed intensa che la storia della Repubblica ricordi e che ha prodotto un impoverimento generalizzato del Paese, del ceto medio e della classe lavoratrice in particolare;
    secondo l'Istat la riduzione delle retribuzioni pro capite in termini reali è stimata nell'ordine di oltre il 10 per cento dal 2010 al 2014; i dati pubblicati dall'Istat circa l'andamento economico del settore statale evidenziano – secondo quanto emerge dalle tabelle 12 e 13 rispettivamente: Unità di lavoro delle amministrazioni pubbliche per sottosettore 1995/2014 e Analisi dei redditi da lavoro dipendente delle amministrazioni pubbliche per sottosettore 1995/2014 – la cristallizzazione delle retribuzioni lorde pro capite medie ammontanti, per il 2014, a euro 34.286 con un decremento di circa 10 euro rispetto al dato 2013 (da: «il quotidiano della PA», articolo di Stefano Olivieri Pennesi del 20 maggio 2015);
    dall'altra parte, il rapporto annuale Istat del 2015, pur rilevando che nel 2013 e 2014 è rimasto invariato il carico fiscale corrente e in conto capitale delle famiglie (al 15,7 per cento del reddito lordo disponibile delle famiglie), evidenzia l'aumento di tre decimi di punto del carico fiscale complessivo (che include anche le imposte sull'abitazione), salendo al 16,3 per cento, a causa dell'introduzione del tributo per i servizi indivisibili (Tasi), compensando quasi interamente il calo di quattro decimi del 2013, determinato dall'abolizione dell'Imu sulla prima casa;
    è evidente che il combinato disposto tra il perdurante blocco economico della contrattazione da una parte (di dubbia legittimità costituzionale) e un livello pressoché stabile ovvero in aumento della pressione tributaria sulle famiglie dall'altra, hanno comportato l'attuale depressione economica e la caduta del potere di acquisto degli stessi stipendi;
    le misure adottate finora con il decreto-legge n. 78 del 2010 e le successive proroghe di fatto hanno paralizzato anche l'applicazione degli istituti contrattuali retributivi legati al merito previsti dal decreto legislativo n. 150 del 2009 (cosiddetta «riforma Brunetta») che prevede numerosi strumenti (anche economici) per premiare il merito e la professionalità del dipendente pubblico (articoli 20 e seguenti decreto legislativo n. 150 del 2009);
    tali misure economiche di carattere restrittivo si ripercuotono non soltanto: 1) sulle motivazioni dei dipendenti pubblici sempre più «stanchi», perché penalizzati da uno scarso turn over (ora indebolito ancor di più dall'arrivo dei dipendenti provenienti dalle Province) e da un progressivo allungamento dell'età per accedere alla pensione, ma altresì: 2) sulla efficienza e funzionalità dei servizi offerti dalle pubbliche amministrazioni;
    il tribunale di Roma con ordinanza del 27 novembre 2013 ha sollevato la questione di legittimità costituzionale dell'articolo 9, commi 1 e 17, del decreto-legge n. 78 del 2010 nonché dell'articolo 16, comma 1, del decreto-legge n. 98 del 2011 per contrasto con gli articoli 2, 3, 35, 36, 39 e 53 della Costituzione e ha trasmesso gli atti alla Corte costituzionale rilevando come «la sospensione della possibilità di negoziare anche solo in ordine ad incrementi retributivi, viene a determinare, indirettamente, un'anomala interruzione dell'efficacia delle disposizioni vigenti in materia (...) e, quindi, del valore dell'autonomia negoziale riservata alle parti nell'ambito della contrattazione collettiva, interruzione determinata a causa della esclusiva e affatto peculiare posizione dello Stato-datore di lavoro. (...); conseguentemente, l'inibizione prolungata della contrattazione in ordine all'adeguamento dei trattamenti retributivi può sollevare il legittimo dubbio di una conseguente violazione del principio di proporzionalità e sufficienza della retribuzione»;
    la questione verrà discussa dai giudici della Corte costituzionale il prossimo 23 giugno 2015 e, in caso di accoglimento, il recupero del pregresso blocco del rinnovo dei contratti dei dipendenti pubblici potrebbe «costare» dai 14 ai 16 miliardi di euro, pari quasi all'ammontare di una legge di stabilità aprendo una «voragine» nei conti dello Stato;
    sono tre milioni e mezzo i pubblici dipendenti che aspettano il rinnovo dei contratti dal 2010 e potenzialmente interessati dalla decisione della Consulta;
    gli interventi così operati ingiustificatamente aumentano gli squilibri, trascurano del tutto di colpire le ricchezze evase al fisco e persino gli introiti derivanti da rendite ben conosciute (quali le rendite catastali e finanziarie), per concentrarsi su una fascia specifica di cittadini (di solito i pensionati e i lavoratori dipendenti), colpevoli unicamente di appartenere ad una categoria e di avere redditi facilmente accertabili ed ancora più facilmente «attaccabili»;
    già in altre occasioni la Corte è intervenuta affermando l'esistenza di diritti di rilevanza costituzionale non comprimibili dalle cosiddette «emergenze finanziarie», dal mercato e da pseudo riforme economiche dettate dalla mera esigenza di far quadrare i conti;
    è necessario prendere atto degli effetti negativi dispiegati dalle suddette misure di contenimento della spesa pubblica e di austerity e dalle conseguenti proroghe susseguitesi oltre ogni tempo ragionevole (di dubbia legittimità costituzionale per i motivi esposti) non solo sull'efficienza e l'efficacia della pubblica amministrazione e sul rendimento e le perfomance dei pubblici dipendenti, ma anche sul sistema economico del Paese;
impegna il Governo:

   ad assumere iniziative per sospendere e/o revocare, a partire dal secondo semestre 2015, il blocco economico della contrattazione nazionale e delle tornate contrattuali del contratto collettivo nazionale dei pubblici dipendenti interessati dal decreto-legge n. 78 del 2010 e successive proroghe;
   ad assumere iniziative per assicurare, a far data dal 1o gennaio 2016, per tutti i dipendenti della pubblica amministrazione interessati dal decreto-legge n. 78 del 2010, procedure per il progressivo riallineamento e adeguamento degli stipendi agli standard costituzionali;
   ad assumere urgenti iniziative volte a permettere fin dal 2015 la ripresa della concertazione e della contrattazione del contratto del pubblico impiego interessato dal blocco della contrattazione per effetto del decreto-legge n. 78 del 2010 e successive proroghe al fine di predispone – anche di concerto con le organizzazioni di rappresentanza del settore pubblico – idonee misure volte al recupero pieno della perdita del potere di acquisto degli stipendi dei pubblici dipendenti dovuto al blocco contrattuale ovvero reperire idonee risorse volte all'effettivo recupero dei trattamenti economici e degli aumenti retributivi dovuti per le tornate contrattuali e non goduti per effetto del blocco.
(1-00878) «Ciprini, Chimienti, Cominardi, Dall'Osso, Lombardi, Tripiedi, Gallinella, Dadone, Cozzolino, Cancelleri, Lorefice».

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