N. 114
SENTENZA
29 aprile - 18 giugno 2015
Giudizio di legittimita' costituzionale in via incidentale. Previdenza - Contribuzione volontaria - Divieto di cumulo fra contribuzione volontaria e contribuzione nella gestione separata. - Decreto legislativo 30 aprile 1997, n. 184 (Attuazione della delega conferita dall'articolo 1, comma 39, della legge 8 agosto 1995, n. 335, in materia di ricongiunzione, di riscatto e di prosecuzione volontaria ai fini pensionistici), art. 6, comma 2. -(GU n.25 del 24-6-2015 )
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori:
Presidente:Alessandro CRISCUOLO;
Giudici :Giuseppe FRIGO, Paolo GROSSI, Giorgio LATTANZI, Aldo CAROSI,
Marta CARTABIA, Mario Rosario MORELLI, Giancarlo CORAGGIO, Giuliano
AMATO, Silvana SCIARRA, Daria de PRETIS, Nicolo' ZANON,
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nel giudizio di legittimita' costituzionale dell'art. 6, comma 2,
del decreto legislativo 30 aprile 1997, n. 184 (Attuazione della
delega conferita dall'articolo 1, comma 39, della legge 8 agosto
1995, n. 335, in materia di ricongiunzione, di riscatto e di
prosecuzione volontaria ai fini pensionistici), promosso dalla Corte
d'appello di Trieste nel procedimento vertente tra O. S. e l'INPS con
ordinanza del 17 ottobre 2013, iscritta al n. 73 del registro
ordinanze 2014 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica
n. 21, prima serie speciale, dell'anno 2014.
Visto l'atto di intervento del Presidente del Consiglio dei
ministri;
udito nella camera di consiglio del 29 aprile 2015 il Giudice
relatore Silvana Sciarra.
Ritenuto in fatto
1.- Con ordinanza del 17 ottobre 2013, la Corte d'appello di
Trieste ha sollevato questione di legittimita' costituzionale
dell'art. 6, comma 2, del decreto legislativo 30 aprile 1997, n. 184
(Attuazione della delega conferita dall'articolo 1, comma 39, della
legge 8 agosto 1995, n. 335, in materia di ricongiunzione, di
riscatto e di prosecuzione volontaria ai fini pensionistici), «nella
parte in cui essa, in base all'interpretazione datane in primo grado
e piu' corretta, vieta il cumulo fra contribuzione previdenziale
volontaria e contribuzione nella gestione separata nei casi [...] di
prosecuzione dell'attivita' lavorativa per un limitato quantitativo
di ore a settimana e per redditi da lavoro con compensi ben inferiori
a tremila euro annui», in riferimento agli artt. 3, primo e secondo
comma, 35, primo comma, e 38, secondo comma, della Costituzione.
2.- La Corte rimettente premette in fatto di essere stata adita
per la riforma della sentenza 24 settembre 2010, n. 142, con la quale
il Tribunale ordinario di Udine aveva accolto solo in parte la
domanda, posta in via subordinata, di restituzione delle somme
versate a titolo di contribuzione volontaria dalla ricorrente in
primo grado. Quest'ultima - precisa la Corte rimettente - si era
rivolta al giudice di primo grado, esponendo quanto segue: di avere
svolto attivita' di lavoro subordinato dal 1° settembre 1967 sino al
giorno 11 agosto 2000 e di avere cosi' maturato una contribuzione
pari a 1699 settimane utili ai fini pensionistici, nonche' di avere
provveduto a versare all'Istituto nazionale della previdenza sociale
(INPS), a seguito di autorizzazione a proseguire volontariamente la
contribuzione, fino a tutto il mese di marzo dell'anno 2004, la somma
di 24.355,80 euro, si' da raggiungere un numero totale di 1829
settimane utili ai fini della pensione; di avere intrapreso, negli
anni dal 2003 al marzo 2005, un'attivita' di lavoro saltuario come
promotrice commerciale solo nei fine settimana, versando i contributi
nella gestione separata di cui all'art. 2, comma 26, della legge 8
agosto 1995, n. 335 (Riforma del sistema pensionistico obbligatorio e
complementare), con iscrizione avvenuta nell'ottobre 2002; di aver
ottenuto, nell'aprile 2005, la pensione, a seguito della maturazione
dell'anzianita' contributiva per effetto del cumulo fra contributi
per lavoro dipendente e contributi volontari; di avere richiesto, nel
giugno 2007, la pensione supplementare per il lavoro svolto come
promotrice dal 2003 al 2005; di avere dapprima ricevuto segnalazione
dall'INPS, nell'ottobre 2008, della circostanza che la doppia
contribuzione dalla predetta effettuata nel periodo 2003-2005 (a
titolo di contribuzione volontaria e di gestione separata) non era
consentita dall'art. 6 del d.lgs. n. 184 del 1997, e poi di aver
subito la revoca della pensione di anzianita' in essere per avvenuto
annullamento della contribuzione volontaria, con conseguente
accertamento della sussistenza di un indebito di 82.502,96 euro per i
ratei di pensione a lei pagati dall'aprile 2005 all'ottobre 2008.
La Corte rimettente prosegue ricordando che, sulla base delle
richiamate premesse, la ricorrente chiedeva al giudice di primo grado
di accertare il suo diritto a proseguire nella contribuzione
volontaria nel periodo 2003-2005, di annullare il provvedimento di
revoca della pensione di anzianita' di cui aveva goduto sino al mese
di ottobre 2008 e, in subordine, di condannare l'INPS a restituire le
somme pagate per la contribuzione volontaria. Il Tribunale ordinario
di Udine accoglieva, in parte, solo la domanda presentata in via
subordinata. La Corte d'appello di Trieste ribadisce di essere stata
adita per la riforma della decisione, in quanto in essa il giudice di
primo grado si sarebbe basato su un'erronea interpretazione del
quadro normativo di riferimento e, in particolare, dell'art. 6 del
d.lgs. n. 184 del 1997, ritenendo che esso vietasse il cumulo delle
due contribuzioni (quella volontaria e quella inerente alla gestione
separata), e comunque non avrebbe rilevato - come avrebbe dovuto - il
carattere discriminatorio del citato art. 6 in tema di divieto di
cumulo, ove raffrontato ad altre analoghe fattispecie in cui detto
divieto non sussisteva.
3.- Considerato cio', la Corte rimettente, ritenendo che l'art.
6, comma 2, del d.lgs. n. 184 del 1997 impedisca il ricorso alla
contribuzione volontaria, per contestuali periodi di assicurazione ad
una forma di previdenza obbligatoria, in ipotesi in cui, oltre a
detta contribuzione vi sia stata anche quella versata nella
cosiddetta gestione separata di cui all'art. 2, comma 26, della legge
n. 335 del 1995, ha sollevato questione di legittimita'
costituzionale del predetto articolo, anzitutto in riferimento
all'art. 3, primo e secondo comma, Cost. Esso infatti determinerebbe
una irragionevole disparita' di trattamento rispetto ad attivita' di
lavoro simili per impegno orario e per reddito conseguito, alle quali
non si applica il divieto di cumulo dei versamenti effettuati in via
volontaria, come nel caso del lavoro dipendente a tempo parziale di
tipo verticale, orizzontale e ciclico, di cui all'art. 8 del decreto
legislativo 16 settembre 1996, n. 564 (Attuazione della delega
conferita dall'art. 1, comma 39, della legge 8 agosto 1995, n. 335,
in materia di contribuzione figurativa e di copertura assicurativa
per periodi non coperti da contribuzione), come integrato dall'art.
3, comma 1, sub d), del decreto legislativo 29 giugno 1998, n. 278
(Disposizioni correttive del D.Lgs. 16 settembre 1996, n. 564, del
D.Lgs. 24 aprile 1997, n. 181, e del D.Lgs. 30 aprile 1997, n. 157,
del D.Lgs. 30 aprile 1997, n. 180 e del D.Lgs. 30 aprile 1997, n.
184, in materia pensionistica), nonche' per le prestazioni
occasionali di carattere accessorio, di cui agli artt. 70 e 72 del
decreto legislativo 10 settembre 2003, n. 276 (Attuazione delle
deleghe in materia di occupazione e mercato del lavoro, di cui alla
legge 14 febbraio 2003, n. 30), come precisato dallo stesso INPS
nella circolare 9 luglio 2010, n. 91. La diversita' di trattamento
del cumulo tra contribuzione volontaria ed altre forme di
contribuzione sarebbe difficilmente giustificabile anche con riguardo
alla tutela del lavoro in ogni sua forma ed applicazione apprestata
dall'art. 35, primo comma, Cost., dato che ogni prestazione di lavoro
merita eguale considerazione anche sul versante contributivo.
Sarebbe, infine, violato l'art. 38, secondo comma, Cost., in quanto
la differenziazione posta in risalto priverebbe soggetti come la
ricorrente di un idoneo riconoscimento dell'attivita' svolta e degli
accantonamenti effettuati per provvedere alla propria vecchiaia.
Considerato in diritto
1.- La Corte d'appello di Trieste dubita della legittimita'
costituzionale dell'art. 6, comma 2, del decreto legislativo 30
aprile 1997, n. 184 (Attuazione della delega conferita dall'articolo
1, comma 39, della legge 8 agosto 1995, n. 335, in materia di
ricongiunzione, di riscatto e di prosecuzione volontaria ai fini
pensionistici), in quanto vieterebbe il cumulo fra contribuzione
previdenziale volontaria e contribuzione nella gestione separata,
anche nei casi, come quello oggetto del giudizio principale, di
prosecuzione dell'attivita' lavorativa «per un limitato quantitativo
di ore a settimana e per redditi da lavoro con compensi ben inferiori
a tremila euro annui», in contrasto con gli artt. 3, primo e secondo
comma, 35, primo comma, e 38, secondo comma, della Costituzione.
Muovendo dalla considerazione che «l'interpretazione piu'
corretta» del comma 2 dell'art. 6 del d.lgs. n. 184 del 1997 e'
quella accolta in primo grado, secondo la quale detta norma
vieterebbe, in ogni caso, il cumulo di versamenti effettuati in via
volontaria, la Corte rimettente denuncia, anzitutto,
l'irragionevolezza di tale previsione generale, nella parte in cui si
applica a tipologie di prestazioni lavorative, come quelle dedotte ad
oggetto del giudizio pendente dinanzi a se', del tutto simili, per
impegno orario e per reddito conseguito, ad altre escluse da tale
divieto.
Fra queste ultime, in particolare, il rimettente individua quelle
riconducibili al lavoro subordinato a tempo parziale, di tipo
verticale, orizzontale e ciclico, di cui all'art. 8 del decreto
legislativo 16 settembre 1996, n. 564 (Attuazione della delega
conferita dall'art. 1, comma 39, della legge 8 agosto 1995, n. 335,
in materia di contribuzione figurativa e di copertura assicurativa
per periodi non coperti da contribuzione), come integrato dall'art.
3, comma 1, sub d), del decreto legislativo 29 giugno 1998, n. 278
(Disposizioni correttive del D.Lgs. 16 settembre 1996, n. 564, del
D.Lgs. 24 aprile 1997, n. 181, e del D.Lgs. 30 aprile 1997, n. 157,
del D.Lgs. 30 aprile 1997, n. 180 e del D.Lgs. 30 aprile 1997, n.
184, in materia pensionistica), e le prestazioni occasionali di tipo
accessorio, disciplinate agli artt. 70 e 72 del decreto legislativo
10 settembre 2003, n. 276 (Attuazione delle deleghe in materia di
occupazione e mercato del lavoro, di cui alla legge 14 febbraio 2003,
n. 30).
Una simile irragionevole disparita' di trattamento determinerebbe
anche la lesione del principio di tutela del lavoro in ogni sua forma
ed applicazione, costituzionalmente garantito dall'art. 35, primo
comma, Cost., considerato che ogni prestazione di lavoro merita
eguale considerazione anche sul versante contributivo e cio', nella
specie, andrebbe a danno di talune categorie di lavoratori (come
l'appellante del giudizio principale). Inoltre, per i lavoratori
rientranti nella tipologia contrattuale descritta, risulterebbe
compromesso, in modo altrettanto irragionevole, il giusto
riconoscimento dell'attivita' svolta e degli accantonamenti
effettuati per provvedere alla vecchiaia.
2.- La questione e' inammissibile, per difetto di motivazione
sulla rilevanza.
La Corte rimettente prospetta il dubbio che il comma 2 dell'art.
6 del d.lgs. n. 184 del 1997, vietando il cumulo fra contribuzione
previdenziale volontaria e contribuzione nella gestione separata,
anche nei casi, come quello oggetto del giudizio principale, di
«prosecuzione dell'attivita' lavorativa per un limitato quantitativo
di ore a settimana e per redditi da lavoro con compensi ben inferiori
a tremila euro annui», determini una irragionevole disparita' di
trattamento rispetto ad attivita' di lavoro simili per impegno orario
e per reddito conseguito, alle quali non si applica il divieto di
cumulo dei versamenti effettuati in via volontaria. E tuttavia non
fornisce alcuna motivazione sulle ragioni per le quali, nel caso
sottoposto al suo giudizio, essa ritiene debba applicarsi la regola
generale del divieto di cumulo di cui alla norma censurata,
diversamente da quanto accade nel caso del lavoro subordinato a tempo
parziale, di tipo verticale, orizzontale e ciclico, e nel caso delle
prestazioni occasionali di tipo accessorio.
2.1.- Occorre ricordare che sul decreto legislativo 25 febbraio
2000, n. 61 (Attuazione della direttiva 97/81/CE relativa
all'accordo-quadro sul lavoro a tempo parziale concluso dall'UNICE,
dal CEEP e dalla CES), integrato con correzioni dal decreto
legislativo 26 febbraio 2001, n. 100 (Disposizioni integrative e
correttive del D.Lgs. 25 febbraio 2000, n. 61, recante attuazione
della direttiva 97/81/CE relativa all'accordo-quadro sul lavoro a
tempo parziale concluso dall'UNICE, dal CEEP e dalla CES), si sono
innestate negli anni numerose modifiche legislative, a conferma della
centralita' del lavoro a tempo parziale nel quadro delle politiche
occupazionali.
In relazione alla disciplina previdenziale, l'art. 9, comma 1,
del d.lgs. n. 61 del 2000 prevede criteri di adattamento per il
calcolo dei contributi previdenziali.
In considerazione delle caratteristiche peculiari delle
prestazioni di lavoro a tempo parziale, in riferimento alle quali il
versamento contributivo e' correlato alla retribuzione, corrisposta
in rapporto ai soli periodi in cui la prestazione di lavoro ha
effettivamente luogo, l'art. 8, comma 2, del d.lgs. n. 564 del 1996,
successivo alla norma ora all'esame di questa Corte, stabilisce che
per i periodi di non effettuazione della prestazione lavorativa, non
coperti quindi da contribuzione obbligatoria, coloro che svolgono
attivita' di lavoro dipendente con contratti di lavoro a tempo
parziale di tipo verticale, orizzontale o ciclico, «possono essere
autorizzati [...] alla prosecuzione volontaria del versamento dei
contributi nel fondo pensionistico di appartenenza [...]» al fine di
garantire la copertura assicurativa dei periodi di attivita' svolta
in regime di orario ridotto, altrimenti non coperti (come chiarito
nella circolare INPS 25 marzo 2009, n. 45, evocata dal rimettente,
che rinvia alla circolare 23 febbraio 2006, n. 29). Tutto questo
rende ragione della mancata applicazione del divieto di cui al comma
2 dell'art. 6 del d.lgs. n. 184 del 1997.
2.2.- Quanto al lavoro occasionale di tipo accessorio, si tratta
di un istituto introdotto nel nostro ordinamento dagli artt. 70 e
seguenti del decreto legislativo 10 settembre 2003, n. 276
(Attuazione delle deleghe in materia di occupazione e mercato del
lavoro, di cui alla legge 14 febbraio 2003, n. 30), successivamente
modificato, allo scopo di agevolare la regolarizzazione, dal punto di
vista fiscale, contributivo e assicurativo, di prestazioni lavorative
caratterizzate da elementi di discontinuita' e di marginalita' nel
mercato del lavoro. Questa tipologia contrattuale ha subito profondi
mutamenti nel corso degli anni, secondo un itinerario che ha condotto
ad ampliarne l'ambito di applicazione, fino al punto di
ricomprendervi tutte quelle «attivita' lavorative che non danno
luogo, con riferimento alla totalita' dei committenti, a compensi
superiori a 5.000 euro nel corso di un anno solare» (cosi' l'art. 70
del d.lgs. n. 276 del 2003, nel testo modificato dall'art. 7, comma
2, lettera e, del decreto-legge 28 giugno 2013, n. 76, recante «Primi
interventi urgenti per la promozione dell'occupazione, in particolare
giovanile, della coesione sociale, nonche' in materia di Imposta sul
valore aggiunto -IVA - e altre misure finanziarie urgenti»,
convertito, con modificazioni, dall'art. 1, comma 1, della legge 9
agosto 2013, n. 99). La finalita' perseguita dal legislatore sempre
piu' si indirizza a tutelare soggetti deboli nel mercato del lavoro,
anche al fine di regolarizzarne la posizione contributiva.
In questa prospettiva si deve collocare la circolare INPS 9
luglio 2010, n. 91 che recita: «La natura della prestazione di
carattere accessorio, delineata nella norma che la disciplina quale
attivita' lavorativa che configura rapporti di natura meramente
accessoria e occasionale, esclude che i lavoratori interessati
possano essere ricompresi nelle categorie individuate dal comma 2
dell'art. 6 del citato decreto legislativo e pertanto non si ravvisa
incompatibilita' tra prosecuzione volontaria e contribuzione
proveniente da lavoro occasionale accessorio, affluita alla Gestione
Separata o al Fondo Pensione Lavoratori Dipendenti».
2.3.- Nell'ordinanza di rimessione la Corte descrive l'attivita'
lavorativa - per cui era stata versata la contribuzione nella
gestione separata ex art. 2, comma 26, della legge n. 335 del 1995,
contestualmente alla contribuzione volontaria, oggetto di
contestazione - quale attivita' di «lavoro saltuario come promotrice
commerciale», svolta «solo nei fine settimana», «percependo degli
importi pari ad euro 2.527 (nel 2003), euro 2.909 (nel 2004) ed euro
1.211 (nel 2005)». Non si forniscono altri elementi sufficienti a
consentire di comprendere la natura ed i caratteri del rapporto di
lavoro in questione, ne' il regime di tutele ad esso applicabile. Non
e' dato intendere se la natura "saltuaria" della prestazione sia
riconducibile a un rapporto di lavoro occasionale di tipo accessorio,
svolto da un soggetto a rischio di esclusione sociale, per un
compenso inferiore alla somma dei cinquemila euro, somma indicata
quale tetto massimo per tali prestazioni lavorative. Ugualmente
incerta risulta la configurazione di un rapporto di lavoro a tempo
parziale, di tipo "verticale", svolto solo in alcuni giorni della
settimana, secondo una cadenza prestabilita nel contratto individuale
di lavoro. La Corte rimettente non adduce specifiche e valide
motivazioni, al fine di ricondurre la prestazione di lavoro in
oggetto entro l'ambito di applicazione della norma censurata, ne' si
premura di assimilarla alle fattispecie individuabili quali tertia
comparationis. A queste ultime, peraltro, il divieto di cumulo non si
applica in virtu' di disposizioni sopravvenute al d.lgs. n. 184 del
1997 recante il medesimo divieto.
L'indeterminatezza della fattispecie esaminata impedisce a questa
Corte di svolgere la valutazione di omogeneita' delle situazioni
poste a raffronto, necessaria al fine di giudicare sulla sussistenza
della pretesa irragionevole discriminazione operata dalla norma
censurata (fra le tante, sentenza n. 139 del 2014, ordinanze n. 100
del 2013 e n. 276 del 2012). In definitiva, la non esauriente
motivazione in ordine alla riconducibilita' della prestazione di
lavoro esaminata all'art. 6, comma 2, del d.lgs. n. 184 del 1997 non
consente di formulare una valutazione sull'irragionevolezza della
discriminazione asseritamente derivante dalla norma censurata.
per questi motivi
LA CORTE COSTITUZIONALE
dichiara inammissibile la questione di legittimita'
costituzionale dell'art. 6, comma 2, del decreto legislativo 30
aprile 1997, n. 184 (Attuazione della delega conferita dall'articolo
1, comma 39, della legge 8 agosto 1995, n. 335, in materia di
ricongiunzione, di riscatto e di prosecuzione volontaria ai fini
pensionistici), sollevata, in riferimento agli artt. 3, primo e
secondo comma, 35, primo comma, e 38, secondo comma, della
Costituzione, dalla Corte d'appello di Trieste con l'ordinanza
indicata in epigrafe.
Cosi' deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale,
Palazzo della Consulta, il 29 aprile 2015.
F.to:
Alessandro CRISCUOLO, Presidente
Silvana SCIARRA, Redattore
Gabriella Paola MELATTI, Cancelliere
Depositata in Cancelleria il 18 giugno 2015.
Il Direttore della Cancelleria
F.to: Gabriella Paola MELATTI
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