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mercoledì 24 giugno 2015

N. 114 SENTENZA 29 aprile - 18 giugno 2015 Giudizio di legittimita' costituzionale in via incidentale. Previdenza - Contribuzione volontaria - Divieto di cumulo fra contribuzione volontaria e contribuzione nella gestione separata. - Decreto legislativo 30 aprile 1997, n. 184 (Attuazione della delega conferita dall'articolo 1, comma 39, della legge 8 agosto 1995, n. 335, in materia di ricongiunzione, di riscatto e di prosecuzione volontaria ai fini pensionistici), art. 6, comma 2. - (GU n.25 del 24-6-2015 )



  N. 114 SENTENZA 29 aprile - 18 giugno 2015
Giudizio di legittimita' costituzionale in via incidentale. 
 
Previdenza  -  Contribuzione  volontaria  -  Divieto  di  cumulo  fra
  contribuzione volontaria e contribuzione nella gestione separata. 
- Decreto legislativo 30 aprile 1997, n. 184 (Attuazione della delega
  conferita dall'articolo 1, comma 39, della legge 8 agosto 1995,  n.
  335, in materia di ricongiunzione, di riscatto  e  di  prosecuzione
  volontaria ai fini pensionistici), art. 6, comma 2. 
-   
(GU n.25 del 24-6-2015 )

  
 
                       LA CORTE COSTITUZIONALE 
 
composta dai signori: 
Presidente:Alessandro CRISCUOLO; 
Giudici :Giuseppe FRIGO, Paolo GROSSI, Giorgio LATTANZI, Aldo CAROSI,
  Marta CARTABIA, Mario Rosario MORELLI, Giancarlo CORAGGIO, Giuliano
  AMATO, Silvana SCIARRA, Daria de PRETIS, Nicolo' ZANON, 
      
    ha pronunciato la seguente 
 
                              SENTENZA 
 
    nel giudizio di legittimita' costituzionale dell'art. 6, comma 2,
del decreto legislativo 30 aprile  1997,  n.  184  (Attuazione  della
delega conferita dall'articolo 1, comma  39,  della  legge  8  agosto
1995, n.  335,  in  materia  di  ricongiunzione,  di  riscatto  e  di
prosecuzione volontaria ai fini pensionistici), promosso dalla  Corte
d'appello di Trieste nel procedimento vertente tra O. S. e l'INPS con
ordinanza del 17  ottobre  2013,  iscritta  al  n.  73  del  registro
ordinanze 2014 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica
n. 21, prima serie speciale, dell'anno 2014. 
    Visto l'atto di  intervento  del  Presidente  del  Consiglio  dei
ministri; 
    udito nella camera di consiglio del 29  aprile  2015  il  Giudice
relatore Silvana Sciarra. 
 
                          Ritenuto in fatto 
 
    1.- Con ordinanza del 17 ottobre  2013,  la  Corte  d'appello  di
Trieste  ha  sollevato  questione  di   legittimita'   costituzionale
dell'art. 6, comma 2, del decreto legislativo 30 aprile 1997, n.  184
(Attuazione della delega conferita dall'articolo 1, comma  39,  della
legge 8 agosto  1995,  n.  335,  in  materia  di  ricongiunzione,  di
riscatto e di prosecuzione volontaria ai fini pensionistici),  «nella
parte in cui essa, in base all'interpretazione datane in primo  grado
e piu' corretta, vieta  il  cumulo  fra  contribuzione  previdenziale
volontaria e contribuzione nella gestione separata nei casi [...]  di
prosecuzione dell'attivita' lavorativa per un  limitato  quantitativo
di ore a settimana e per redditi da lavoro con compensi ben inferiori
a tremila euro annui», in riferimento agli artt. 3, primo  e  secondo
comma, 35, primo comma, e 38, secondo comma, della Costituzione. 
    2.- La Corte rimettente premette in fatto di essere  stata  adita
per la riforma della sentenza 24 settembre 2010, n. 142, con la quale
il Tribunale ordinario di  Udine  aveva  accolto  solo  in  parte  la
domanda, posta  in  via  subordinata,  di  restituzione  delle  somme
versate a titolo di  contribuzione  volontaria  dalla  ricorrente  in
primo grado. Quest'ultima - precisa la  Corte  rimettente  -  si  era
rivolta al giudice di primo grado, esponendo quanto segue:  di  avere
svolto attivita' di lavoro subordinato dal 1° settembre 1967 sino  al
giorno 11 agosto 2000 e di avere  cosi'  maturato  una  contribuzione
pari a 1699 settimane utili ai fini pensionistici, nonche'  di  avere
provveduto a versare all'Istituto nazionale della previdenza  sociale
(INPS), a seguito di autorizzazione a proseguire  volontariamente  la
contribuzione, fino a tutto il mese di marzo dell'anno 2004, la somma
di 24.355,80 euro, si'  da  raggiungere  un  numero  totale  di  1829
settimane utili ai fini della pensione; di  avere  intrapreso,  negli
anni dal 2003 al marzo 2005, un'attivita' di  lavoro  saltuario  come
promotrice commerciale solo nei fine settimana, versando i contributi
nella gestione separata di cui all'art. 2, comma 26,  della  legge  8
agosto 1995, n. 335 (Riforma del sistema pensionistico obbligatorio e
complementare), con iscrizione avvenuta nell'ottobre  2002;  di  aver
ottenuto, nell'aprile 2005, la pensione, a seguito della  maturazione
dell'anzianita' contributiva per effetto del  cumulo  fra  contributi
per lavoro dipendente e contributi volontari; di avere richiesto, nel
giugno 2007, la pensione supplementare  per  il  lavoro  svolto  come
promotrice dal 2003 al 2005; di avere dapprima ricevuto  segnalazione
dall'INPS,  nell'ottobre  2008,  della  circostanza  che  la   doppia
contribuzione dalla predetta  effettuata  nel  periodo  2003-2005  (a
titolo di contribuzione volontaria e di gestione  separata)  non  era
consentita dall'art. 6 del d.lgs. n. 184 del  1997,  e  poi  di  aver
subito la revoca della pensione di anzianita' in essere per  avvenuto
annullamento  della   contribuzione   volontaria,   con   conseguente
accertamento della sussistenza di un indebito di 82.502,96 euro per i
ratei di pensione a lei pagati dall'aprile 2005 all'ottobre 2008. 
    La Corte rimettente prosegue ricordando  che,  sulla  base  delle
richiamate premesse, la ricorrente chiedeva al giudice di primo grado
di  accertare  il  suo  diritto  a  proseguire  nella   contribuzione
volontaria nel periodo 2003-2005, di annullare  il  provvedimento  di
revoca della pensione di anzianita' di cui aveva goduto sino al  mese
di ottobre 2008 e, in subordine, di condannare l'INPS a restituire le
somme pagate per la contribuzione volontaria. Il Tribunale  ordinario
di Udine accoglieva, in parte, solo  la  domanda  presentata  in  via
subordinata. La Corte d'appello di Trieste ribadisce di essere  stata
adita per la riforma della decisione, in quanto in essa il giudice di
primo grado si  sarebbe  basato  su  un'erronea  interpretazione  del
quadro normativo di riferimento e, in particolare,  dell'art.  6  del
d.lgs. n. 184 del 1997, ritenendo che esso vietasse il  cumulo  delle
due contribuzioni (quella volontaria e quella inerente alla  gestione
separata), e comunque non avrebbe rilevato - come avrebbe dovuto - il
carattere discriminatorio del citato art. 6 in  tema  di  divieto  di
cumulo, ove raffrontato ad altre analoghe fattispecie  in  cui  detto
divieto non sussisteva. 
    3.- Considerato cio', la Corte rimettente, ritenendo  che  l'art.
6, comma 2, del d.lgs. n. 184 del  1997  impedisca  il  ricorso  alla
contribuzione volontaria, per contestuali periodi di assicurazione ad
una forma di previdenza obbligatoria, in  ipotesi  in  cui,  oltre  a
detta  contribuzione  vi  sia  stata  anche  quella   versata   nella
cosiddetta gestione separata di cui all'art. 2, comma 26, della legge
n.  335  del   1995,   ha   sollevato   questione   di   legittimita'
costituzionale  del  predetto  articolo,  anzitutto  in   riferimento
all'art. 3, primo e secondo comma, Cost. Esso infatti  determinerebbe
una irragionevole disparita' di trattamento rispetto ad attivita'  di
lavoro simili per impegno orario e per reddito conseguito, alle quali
non si applica il divieto di cumulo dei versamenti effettuati in  via
volontaria, come nel caso del lavoro dipendente a tempo  parziale  di
tipo verticale, orizzontale e ciclico, di cui all'art. 8 del  decreto
legislativo 16  settembre  1996,  n.  564  (Attuazione  della  delega
conferita dall'art. 1, comma 39, della legge 8 agosto 1995,  n.  335,
in materia di contribuzione figurativa e  di  copertura  assicurativa
per periodi non coperti da contribuzione), come  integrato  dall'art.
3, comma 1, sub d), del decreto legislativo 29 giugno  1998,  n.  278
(Disposizioni correttive del D.Lgs. 16 settembre 1996,  n.  564,  del
D.Lgs. 24 aprile 1997, n. 181, e del D.Lgs. 30 aprile 1997,  n.  157,
del D.Lgs. 30 aprile 1997, n. 180 e del D.Lgs.  30  aprile  1997,  n.
184,  in  materia  pensionistica),   nonche'   per   le   prestazioni
occasionali di carattere accessorio, di cui agli artt. 70  e  72  del
decreto legislativo 10  settembre  2003,  n.  276  (Attuazione  delle
deleghe in materia di occupazione e mercato del lavoro, di  cui  alla
legge 14 febbraio 2003, n. 30),  come  precisato  dallo  stesso  INPS
nella circolare 9 luglio 2010, n. 91. La  diversita'  di  trattamento
del  cumulo  tra  contribuzione  volontaria   ed   altre   forme   di
contribuzione sarebbe difficilmente giustificabile anche con riguardo
alla tutela del lavoro in ogni sua forma ed  applicazione  apprestata
dall'art. 35, primo comma, Cost., dato che ogni prestazione di lavoro
merita  eguale  considerazione  anche  sul   versante   contributivo.
Sarebbe, infine, violato l'art. 38, secondo comma, Cost.,  in  quanto
la differenziazione posta in  risalto  priverebbe  soggetti  come  la
ricorrente di un idoneo riconoscimento dell'attivita' svolta e  degli
accantonamenti effettuati per provvedere alla propria vecchiaia. 
 
                       Considerato in diritto 
 
    1.- La Corte  d'appello  di  Trieste  dubita  della  legittimita'
costituzionale dell'art. 6,  comma  2,  del  decreto  legislativo  30
aprile 1997, n. 184 (Attuazione della delega conferita  dall'articolo
1, comma 39, della legge  8  agosto  1995,  n.  335,  in  materia  di
ricongiunzione, di riscatto e  di  prosecuzione  volontaria  ai  fini
pensionistici), in quanto  vieterebbe  il  cumulo  fra  contribuzione
previdenziale volontaria e  contribuzione  nella  gestione  separata,
anche nei casi, come  quello  oggetto  del  giudizio  principale,  di
prosecuzione dell'attivita' lavorativa «per un limitato  quantitativo
di ore a settimana e per redditi da lavoro con compensi ben inferiori
a tremila euro annui», in contrasto con gli artt. 3, primo e  secondo
comma, 35, primo comma, e 38, secondo comma, della Costituzione. 
    Muovendo  dalla  considerazione   che   «l'interpretazione   piu'
corretta» del comma 2 dell'art. 6 del  d.lgs.  n.  184  del  1997  e'
quella  accolta  in  primo  grado,  secondo  la  quale  detta   norma
vieterebbe, in ogni caso, il cumulo di versamenti effettuati  in  via
volontaria,    la    Corte    rimettente     denuncia,     anzitutto,
l'irragionevolezza di tale previsione generale, nella parte in cui si
applica a tipologie di prestazioni lavorative, come quelle dedotte ad
oggetto del giudizio pendente dinanzi a se', del  tutto  simili,  per
impegno orario e per reddito conseguito, ad  altre  escluse  da  tale
divieto. 
    Fra queste ultime, in particolare, il rimettente individua quelle
riconducibili  al  lavoro  subordinato  a  tempo  parziale,  di  tipo
verticale, orizzontale e ciclico,  di  cui  all'art.  8  del  decreto
legislativo 16  settembre  1996,  n.  564  (Attuazione  della  delega
conferita dall'art. 1, comma 39, della legge 8 agosto 1995,  n.  335,
in materia di contribuzione figurativa e  di  copertura  assicurativa
per periodi non coperti da contribuzione), come  integrato  dall'art.
3, comma 1, sub d), del decreto legislativo 29 giugno  1998,  n.  278
(Disposizioni correttive del D.Lgs. 16 settembre 1996,  n.  564,  del
D.Lgs. 24 aprile 1997, n. 181, e del D.Lgs. 30 aprile 1997,  n.  157,
del D.Lgs. 30 aprile 1997, n. 180 e del D.Lgs.  30  aprile  1997,  n.
184, in materia pensionistica), e le prestazioni occasionali di  tipo
accessorio, disciplinate agli artt. 70 e 72 del  decreto  legislativo
10 settembre 2003, n. 276 (Attuazione delle  deleghe  in  materia  di
occupazione e mercato del lavoro, di cui alla legge 14 febbraio 2003,
n. 30). 
    Una simile irragionevole disparita' di trattamento determinerebbe
anche la lesione del principio di tutela del lavoro in ogni sua forma
ed applicazione, costituzionalmente  garantito  dall'art.  35,  primo
comma, Cost., considerato  che  ogni  prestazione  di  lavoro  merita
eguale considerazione anche sul versante contributivo e  cio',  nella
specie, andrebbe a danno di  talune  categorie  di  lavoratori  (come
l'appellante del giudizio  principale).  Inoltre,  per  i  lavoratori
rientranti  nella  tipologia  contrattuale  descritta,   risulterebbe
compromesso,   in   modo   altrettanto   irragionevole,   il   giusto
riconoscimento   dell'attivita'   svolta   e   degli   accantonamenti
effettuati per provvedere alla vecchiaia. 
    2.- La questione e' inammissibile,  per  difetto  di  motivazione
sulla rilevanza. 
    La Corte rimettente prospetta il dubbio che il comma 2  dell'art.
6 del d.lgs. n. 184 del 1997, vietando il  cumulo  fra  contribuzione
previdenziale volontaria e  contribuzione  nella  gestione  separata,
anche nei casi, come  quello  oggetto  del  giudizio  principale,  di
«prosecuzione dell'attivita' lavorativa per un limitato  quantitativo
di ore a settimana e per redditi da lavoro con compensi ben inferiori
a tremila euro annui»,  determini  una  irragionevole  disparita'  di
trattamento rispetto ad attivita' di lavoro simili per impegno orario
e per reddito conseguito, alle quali non si  applica  il  divieto  di
cumulo dei versamenti effettuati in via volontaria.  E  tuttavia  non
fornisce alcuna motivazione sulle ragioni  per  le  quali,  nel  caso
sottoposto al suo giudizio, essa ritiene debba applicarsi  la  regola
generale  del  divieto  di  cumulo  di  cui  alla  norma   censurata,
diversamente da quanto accade nel caso del lavoro subordinato a tempo
parziale, di tipo verticale, orizzontale e ciclico, e nel caso  delle
prestazioni occasionali di tipo accessorio. 
    2.1.- Occorre ricordare che sul decreto legislativo  25  febbraio
2000,  n.  61   (Attuazione   della   direttiva   97/81/CE   relativa
all'accordo-quadro sul lavoro a tempo parziale  concluso  dall'UNICE,
dal  CEEP  e  dalla  CES),  integrato  con  correzioni  dal   decreto
legislativo 26 febbraio 2001,  n.  100  (Disposizioni  integrative  e
correttive del D.Lgs. 25 febbraio 2000,  n.  61,  recante  attuazione
della direttiva 97/81/CE relativa  all'accordo-quadro  sul  lavoro  a
tempo parziale concluso dall'UNICE, dal CEEP e dalla  CES),  si  sono
innestate negli anni numerose modifiche legislative, a conferma della
centralita' del lavoro a tempo parziale nel  quadro  delle  politiche
occupazionali. 
    In relazione alla disciplina previdenziale, l'art.  9,  comma  1,
del d.lgs. n. 61 del 2000  prevede  criteri  di  adattamento  per  il
calcolo dei contributi previdenziali. 
    In   considerazione   delle   caratteristiche   peculiari   delle
prestazioni di lavoro a tempo parziale, in riferimento alle quali  il
versamento contributivo e' correlato alla  retribuzione,  corrisposta
in rapporto ai soli periodi  in  cui  la  prestazione  di  lavoro  ha
effettivamente luogo, l'art. 8, comma 2, del d.lgs. n. 564 del  1996,
successivo alla norma ora all'esame di questa Corte,  stabilisce  che
per i periodi di non effettuazione della prestazione lavorativa,  non
coperti quindi da contribuzione  obbligatoria,  coloro  che  svolgono
attivita' di lavoro  dipendente  con  contratti  di  lavoro  a  tempo
parziale di tipo verticale, orizzontale o  ciclico,  «possono  essere
autorizzati [...] alla prosecuzione  volontaria  del  versamento  dei
contributi nel fondo pensionistico di appartenenza [...]» al fine  di
garantire la copertura assicurativa dei periodi di  attivita'  svolta
in regime di orario ridotto, altrimenti non  coperti  (come  chiarito
nella circolare INPS 25 marzo 2009, n. 45,  evocata  dal  rimettente,
che rinvia alla circolare 23 febbraio  2006,  n.  29).  Tutto  questo
rende ragione della mancata applicazione del divieto di cui al  comma
2 dell'art. 6 del d.lgs. n. 184 del 1997. 
    2.2.- Quanto al lavoro occasionale di tipo accessorio, si  tratta
di un istituto introdotto nel nostro ordinamento  dagli  artt.  70  e
seguenti  del  decreto  legislativo  10  settembre   2003,   n.   276
(Attuazione delle deleghe in materia di  occupazione  e  mercato  del
lavoro, di cui alla legge 14 febbraio 2003, n.  30),  successivamente
modificato, allo scopo di agevolare la regolarizzazione, dal punto di
vista fiscale, contributivo e assicurativo, di prestazioni lavorative
caratterizzate da elementi di discontinuita' e  di  marginalita'  nel
mercato del lavoro. Questa tipologia contrattuale ha subito  profondi
mutamenti nel corso degli anni, secondo un itinerario che ha condotto
ad  ampliarne  l'ambito   di   applicazione,   fino   al   punto   di
ricomprendervi tutte  quelle  «attivita'  lavorative  che  non  danno
luogo, con riferimento alla totalita'  dei  committenti,  a  compensi
superiori a 5.000 euro nel corso di un anno solare» (cosi' l'art.  70
del d.lgs. n. 276 del 2003, nel testo modificato dall'art.  7,  comma
2, lettera e, del decreto-legge 28 giugno 2013, n. 76, recante «Primi
interventi urgenti per la promozione dell'occupazione, in particolare
giovanile, della coesione sociale, nonche' in materia di Imposta  sul
valore  aggiunto  -IVA  -  e  altre  misure   finanziarie   urgenti»,
convertito, con modificazioni, dall'art. 1, comma 1,  della  legge  9
agosto 2013, n. 99). La finalita' perseguita dal  legislatore  sempre
piu' si indirizza a tutelare soggetti deboli nel mercato del  lavoro,
anche al fine di regolarizzarne la posizione contributiva. 
    In questa prospettiva si  deve  collocare  la  circolare  INPS  9
luglio 2010, n. 91  che  recita:  «La  natura  della  prestazione  di
carattere accessorio, delineata nella norma che la  disciplina  quale
attivita' lavorativa  che  configura  rapporti  di  natura  meramente
accessoria  e  occasionale,  esclude  che  i  lavoratori  interessati
possano essere ricompresi nelle categorie  individuate  dal  comma  2
dell'art. 6 del citato decreto legislativo e pertanto non si  ravvisa
incompatibilita'  tra   prosecuzione   volontaria   e   contribuzione
proveniente da lavoro occasionale accessorio, affluita alla  Gestione
Separata o al Fondo Pensione Lavoratori Dipendenti». 
    2.3.- Nell'ordinanza di rimessione la Corte descrive  l'attivita'
lavorativa -  per  cui  era  stata  versata  la  contribuzione  nella
gestione separata ex art. 2, comma 26, della legge n. 335  del  1995,
contestualmente   alla   contribuzione   volontaria,    oggetto    di
contestazione - quale attivita' di «lavoro saltuario come  promotrice
commerciale», svolta «solo nei  fine  settimana»,  «percependo  degli
importi pari ad euro 2.527 (nel 2003), euro 2.909 (nel 2004) ed  euro
1.211 (nel 2005)». Non si forniscono  altri  elementi  sufficienti  a
consentire di comprendere la natura ed i caratteri  del  rapporto  di
lavoro in questione, ne' il regime di tutele ad esso applicabile. Non
e' dato intendere se la  natura  "saltuaria"  della  prestazione  sia
riconducibile a un rapporto di lavoro occasionale di tipo accessorio,
svolto da un  soggetto  a  rischio  di  esclusione  sociale,  per  un
compenso inferiore alla somma dei  cinquemila  euro,  somma  indicata
quale tetto  massimo  per  tali  prestazioni  lavorative.  Ugualmente
incerta risulta la configurazione di un rapporto di  lavoro  a  tempo
parziale, di tipo "verticale", svolto solo  in  alcuni  giorni  della
settimana, secondo una cadenza prestabilita nel contratto individuale
di lavoro.  La  Corte  rimettente  non  adduce  specifiche  e  valide
motivazioni, al fine  di  ricondurre  la  prestazione  di  lavoro  in
oggetto entro l'ambito di applicazione della norma censurata, ne'  si
premura di assimilarla alle fattispecie  individuabili  quali  tertia
comparationis. A queste ultime, peraltro, il divieto di cumulo non si
applica in virtu' di disposizioni sopravvenute al d.lgs. n.  184  del
1997 recante il medesimo divieto. 
    L'indeterminatezza della fattispecie esaminata impedisce a questa
Corte di svolgere la  valutazione  di  omogeneita'  delle  situazioni
poste a raffronto, necessaria al fine di giudicare sulla  sussistenza
della  pretesa  irragionevole  discriminazione  operata  dalla  norma
censurata (fra le tante, sentenza n. 139 del 2014, ordinanze  n.  100
del 2013 e n.  276  del  2012).  In  definitiva,  la  non  esauriente
motivazione in ordine  alla  riconducibilita'  della  prestazione  di
lavoro esaminata all'art. 6, comma 2, del d.lgs. n. 184 del 1997  non
consente di formulare  una  valutazione  sull'irragionevolezza  della
discriminazione asseritamente derivante dalla norma censurata. 
      
 
                          per questi motivi 
                       LA CORTE COSTITUZIONALE 
 
    dichiara   inammissibile    la    questione    di    legittimita'
costituzionale dell'art. 6,  comma  2,  del  decreto  legislativo  30
aprile 1997, n. 184 (Attuazione della delega conferita  dall'articolo
1, comma 39, della legge  8  agosto  1995,  n.  335,  in  materia  di
ricongiunzione, di riscatto e  di  prosecuzione  volontaria  ai  fini
pensionistici), sollevata, in  riferimento  agli  artt.  3,  primo  e
secondo  comma,  35,  primo  comma,  e  38,  secondo   comma,   della
Costituzione,  dalla  Corte  d'appello  di  Trieste  con  l'ordinanza
indicata in epigrafe. 
    Cosi' deciso in Roma,  nella  sede  della  Corte  costituzionale,
Palazzo della Consulta, il 29 aprile 2015. 
 
                                F.to: 
                  Alessandro CRISCUOLO, Presidente 
                     Silvana SCIARRA, Redattore 
                Gabriella Paola MELATTI, Cancelliere 
 
    Depositata in Cancelleria il 18 giugno 2015. 
 
                   Il Direttore della Cancelleria 
                    F.to: Gabriella Paola MELATTI 
 

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