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giovedì 29 ottobre 2015

N. 205 SENTENZA 7 - 22 ottobre 2015 Giudizio di legittimita' costituzionale in via incidentale. Famiglia e filiazione - Indennita' di maternita' - Spettanza alla madre libera professionista, in caso di adozione nazionale, solo se il bambino non abbia superato i sei anni di eta'. - Decreto legislativo 26 marzo 2001, n. 151 (Testo unico delle disposizioni legislative in materia di tutela e sostegno della maternita' e della paternita', a norma dell'articolo 15 della legge 8 marzo 2000, n. 53), art. 72, nella versione antecedente alle novita' introdotte dall'art. 20 del decreto legislativo 15 giugno 2015, n. 80 (Misure per la conciliazione delle esigenze di cura, di vita e di lavoro, in attuazione dell'articolo 1, commi 8 e 9, della legge 10 dicembre 2014, n. 183). - (GU n.43 del 28-10-2015 )







N. 205 SENTENZA 7 - 22 ottobre 2015
Giudizio di legittimita' costituzionale in via incidentale. 
 
Famiglia e filiazione - Indennita' di  maternita'  -  Spettanza  alla
  madre libera professionista, in caso di adozione nazionale, solo se
  il bambino non abbia superato i sei anni di eta'. 
- Decreto legislativo 26  marzo  2001,  n.  151  (Testo  unico  delle
  disposizioni legislative in materia  di  tutela  e  sostegno  della
  maternita' e della paternita', a norma dell'articolo 15 della legge
  8 marzo 2000, n. 53), art.  72,  nella  versione  antecedente  alle
  novita' introdotte dall'art. 20 del decreto legislativo  15  giugno
  2015, n. 80 (Misure per la conciliazione delle esigenze di cura, di
  vita e di lavoro, in attuazione dell'articolo 1, commi 8 e 9, della
  legge 10 dicembre 2014, n. 183). 
-   
(GU n.43 del 28-10-2015 )
  
 
                       LA CORTE COSTITUZIONALE 
 
composta dai signori: 
Presidente:Alessandro CRISCUOLO; 
Giudici :Giuseppe FRIGO, Paolo GROSSI, Giorgio LATTANZI, Aldo CAROSI,
  Marta CARTABIA, Mario Rosario MORELLI, Giancarlo CORAGGIO, Giuliano
  AMATO, Silvana SCIARRA, Daria de PRETIS, Nicolo' ZANON, 
      
    ha pronunciato la seguente 
 
                              SENTENZA 
 
    nel giudizio di  legittimita'  costituzionale  dell'art.  72  del
decreto  legislativo  26  marzo  2001,  n.  151  (Testo  unico  delle
disposizioni legislative  in  materia  di  tutela  e  sostegno  della
maternita' e della paternita', a norma dell'articolo 15 della legge 8
marzo 2000, n. 53), promosso dal Tribunale ordinario di Verbania  nel
procedimento vertente tra P.S.C. e la Cassa nazionale  di  previdenza
ed assistenza ragionieri e periti commerciali, con ordinanza  del  30
giugno 2014, iscritta  al  n.  183  del  registro  ordinanze  2014  e
pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della  Repubblica  n.  45,  prima
serie speciale, dell'anno 2014. 
    Visto l'atto di costituzione di P.S.C.; 
    udito  nell'udienza  pubblica  del  6  ottobre  2015  il  Giudice
relatore Silvana Sciarra; 
    udito l'avvocato Lorenzo Bertaggia per P.S.C. 
 
                          Ritenuto in fatto 
 
    1.- Con ordinanza del 30 giugno 2014,  iscritta  al  n.  183  del
registro ordinanze 2014,  il  Tribunale  ordinario  di  Verbania,  in
funzione di giudice del lavoro, solleva, in riferimento agli artt. 3,
primo  comma,  31,  secondo  comma,  e   37,   primo   comma,   della
Costituzione, questione di legittimita' costituzionale  dell'art.  72
del decreto legislativo 26 marzo 2001,  n.  151  (Testo  unico  delle
disposizioni legislative  in  materia  di  tutela  e  sostegno  della
maternita' e della paternita', a norma dell'articolo 15 della legge 8
marzo 2000, n. 53), nella parte in  cui,  per  il  caso  di  adozione
nazionale, concede  l'indennita'  di  maternita'  alla  madre  libera
professionista solo se il bambino non abbia superato i  sei  anni  di
eta'. 
    Il giudice rimettente espone di dover  valutare  la  legittimita'
del  diniego  che  la  giunta  esecutiva  della  Cassa  nazionale  di
previdenza  ed  assistenza  a  favore   dei   ragionieri   e   periti
commerciali, con provvedimento del 12 settembre 2013,  confermato  il
29 novembre 2013 dal consiglio di amministrazione della stessa  Cassa
di previdenza, ha opposto alla richiesta  di  P.S.C.  di  beneficiare
dell'indennita' di maternita'. 
    Il giudice a  quo,  in  particolare,  e'  investito  del  ricorso
proposto il 25 febbraio 2014 dalla professionista, che ha dedotto  di
essere  iscritta  dal  3  febbraio  2006  alla  Cassa  nazionale   di
previdenza e di avere presentato a quest'ultima, il 24  luglio  2013,
una domanda volta a conseguire l'indennita' di maternita'. 
    A fondamento dell'istanza, la ricorrente ha prodotto  il  decreto
del 15-18 maggio 2013, con cui  il  Tribunale  per  i  minorenni  del
Piemonte e della Valle d'Aosta  ha  disposto  in  favore  suo  e  del
coniuge, a decorrere dal 28 febbraio 2013, l'affidamento  preadottivo
del minore D., nato il 14 luglio 2005. 
    La  ricorrente   denuncia   l'illegittimita'   e   il   carattere
discriminatorio del provvedimento di rigetto, incentrato sul  rilievo
che il minore avesse gia' compiuto il sesto anno di eta' «all'atto di
ingresso nel nucleo familiare». 
    La Cassa nazionale di previdenza si e'  costituita  nel  giudizio
principale, per eccepire preliminarmente la tardivita' della  domanda
amministrativa, presentata il 24 luglio 2013, allorche' sarebbe  gia'
inutilmente trascorso il termine perentorio  di  centottanta  giorni,
che  decorre  dall'ingresso   del   minore   nel   nucleo   familiare
affidatario. 
    La parte resistente, inoltre, ha contestato la  fondatezza  della
domanda, in quanto,  dell'indennita'  in  questione,  la  madre  puo'
beneficiare solo se il minore non abbia superato i sei anni di eta'. 
    A  fronte  di  tali  eccezioni  preliminari,  la  ricorrente   ha
replicato che solo il decreto di affidamento preadottivo legittima  a
richiedere l'indennita' di  maternita'  e  che,  nella  specie,  tale
decreto, pronunciato  il  15  maggio  2013,  sancisce  la  decorrenza
dell'affidamento preadottivo dal 28 febbraio 2013. 
    Alla stregua di tali considerazioni, dunque, la  domanda  sarebbe
tempestiva. 
    Il giudice rimettente assume che la normativa sull'indennita'  di
maternita', nel prevedere il limite dei sei anni di eta' del  bambino
soltanto per la madre libera professionista che ricorra  all'adozione
nazionale, contravvenga al fondamentale canone di  eguaglianza  e  al
principio di tutela della maternita' e dell'infanzia. 
    Quanto al primo profilo, il giudice a quo evidenzia che, soltanto
per la madre libera professionista che scelga  la  via  dell'adozione
nazionale, permane quel limite dei sei anni di eta' del bambino,  che
il legislatore ha superato per  i  lavoratori  dipendenti  (legge  24
dicembre 2007, n. 244, recante «Disposizioni per  la  formazione  del
bilancio annuale e pluriennale dello Stato legge finanziaria 2008») e
la Corte costituzionale ha dichiarato illegittimo per la madre libera
professionista, che opti per l'adozione internazionale  (sentenza  n.
371 del 2003). 
    Tale disparita' di  trattamento  sarebbe  priva  di  ogni  ragion
d'essere,   anche   alla   luce   della   «notevole   durata»,    che
contraddistingue la procedura di  adozione  nazionale  e  implica  di
frequente,   allorche'   interviene   il   decreto   di   affidamento
preadottivo, il superamento del limite  dei  sei  anni  di  eta'  del
bambino. 
    La normativa impugnata, inoltre, sarebbe disarmonica rispetto  ai
precetti  costituzionali,  che  impongono  di  «supportare  in   modo
effettivo le famiglie e soprattutto le donne, le quali si  trovano  a
sostenere  l'arduo  compito  di  far  coesistere  il  loro  ruolo  di
lavoratrici con quello di  madri  e  di  conseguire  l'interesse  dei
minori, i quali hanno diritto ad una crescita serena». 
    L'interesse dei minori - soggiunge il giudice rimettente - non e'
meno meritevole di tutela nella procedura di adozione nazionale,  che
registra,  al  pari  della  procedura  di  adozione   internazionale,
difficolta' e «problematiche sociali e psicologiche» anche quando  il
minore abbia superato i sei anni di eta'. 
    In punto di rilevanza, il giudice a quo argomenta che e'  proprio
la disposizione censurata, dal tenore letterale insuperabile  in  via
di  interpretazione  costituzionalmente  compatibile,  a   precludere
l'accoglimento della domanda. 
    2.- Nel giudizio e' intervenuta P.S.C., chiedendo  l'accoglimento
della  questione  di  legittimita'   costituzionale   sollevata   dal
Tribunale ordinario di Verbania. 
    La norma, ad avviso  della  parte  intervenuta,  riserverebbe  un
trattamento deteriore alle madri libere professioniste  che  scelgono
le procedure dell'adozione nazionale, rispetto alle madri lavoratrici
dipendenti e autonome, per un verso, e,  per  altro  verso,  rispetto
alle  madri  libere   professioniste   che   ricorrono   all'adozione
internazionale. 
    La norma, inoltre, violerebbe il  diritto  del  minore  a  godere
della  presenza  effettiva  della   madre,   nel   momento   delicato
dell'inserimento in  un  nuovo  nucleo  familiare,  e  vanificherebbe
quella finalita' di tutela del minore, che  il  legislatore  persegue
con l'istituire tali provvidenze. 
    La parte intervenuta, quanto all'eccezione  di  tardivita'  della
domanda, ha ribadito che il termine  di  centottanta  giorni  decorre
dallo stabile ingresso del minore nel nucleo familiare,  avvenuto  il
28 febbraio 2013, come  attesta  lo  stesso  decreto  di  affidamento
preadottivo. 
    3.-  In  prossimita'  dell'udienza,  la  parte   intervenuta   ha
depositato una memoria illustrativa, ripercorrendo le tappe  salienti
della  legislazione,  fino  alle  novita'  introdotte   dal   decreto
legislativo 15 giugno 2015, n. 80 (Misure per la conciliazione  delle
esigenze di cura, di vita e di lavoro, in attuazione dell'articolo 1,
commi 8 e 9, della legge 10 dicembre  2014,  n.  183),  inapplicabile
ratione temporis alla vicenda controversa. 
    All'esito  di  tale  analisi,  la  parte  intervenuta  ha   posto
nuovamente in  risalto  la  mancanza  di  ogni  apprezzabile  ragione
giustificatrice del diverso trattamento riservato alla  madre  libera
professionista in caso di adozione nazionale, rispetto all'ipotesi di
adozione internazionale, e delle differenze che ancora  intercorrono,
per l'ipotesi di adozione nazionale, tra il trattamento  della  madre
libera professionista e quello della madre lavoratrice  dipendente  o
della madre lavoratrice  autonoma  iscritta  alla  gestione  separata
presso l'Istituto nazionale della previdenza sociale. 
 
                       Considerato in diritto 
 
    1.- Il Tribunale ordinario di Verbania, in  funzione  di  giudice
del lavoro, sospetta di illegittimita' costituzionale l'art.  72  del
decreto  legislativo  26  marzo  2001,  n.  151  (Testo  unico  delle
disposizioni legislative  in  materia  di  tutela  e  sostegno  della
maternita' e della paternita', a norma dell'articolo 15 della legge 8
marzo 2000, n. 53). 
    La norma censurata, per l'ipotesi di adozione nazionale,  accorda
l'indennita' di maternita' alla libera professionista,  a  condizione
che il bambino non abbia superato i sei anni di eta'. 
    Con riguardo  a  tale  limite  di  eta',  il  giudice  rimettente
prospetta, in primo luogo, la violazione del principio di eguaglianza
(art. 3, primo comma, Cost.) e lamenta l'irragionevole disparita'  di
trattamento  della   madre   libera   professionista,   che   proceda
all'adozione nazionale, rispetto alla  madre  libera  professionista,
che  scelga  la  via  dell'adozione  internazionale,  e  alla   madre
lavoratrice dipendente, che abbia  dato  impulso  alla  procedura  di
adozione nazionale. 
    Solo la madre libera professionista, che decida  di  adottare  un
bambino  di  nazionalita'  italiana  e  rivendichi  l'indennita'   di
maternita', e' assoggettata al  limite  dei  sei  anni  di  eta'  del
bambino. 
    Una   tale   singolarita'   sarebbe   priva   di   ogni   ragione
giustificatrice, anche  in  considerazione  della  «notevole  durata»
della  procedura  di  adozione  nazionale,  non  meno   laboriosa   e
problematica dell'adozione internazionale. 
    Non e'  infrequente,  difatti,  che  il  decreto  di  affidamento
preadottivo, indispensabile per accedere al  beneficio,  sopraggiunga
quando il bambino ha gia' compiuto i sei anni di eta'. 
    La disciplina impugnata, per altro verso,  confliggerebbe  con  i
principi di tutela della maternita' e dell'infanzia (art. 31, secondo
comma, Cost.) e di speciale  adeguata  protezione,  assicurata  dalla
Carta fondamentale alla donna lavoratrice  e  al  bambino  (art.  37,
primo comma, Cost.). 
    La limitazione normativa sarebbe lesiva dei diritti  della  donna
lavoratrice, chiamata a conciliare il ruolo di madre con il ruolo  di
lavoratrice, e del diritto del minore a una  «crescita  serena»,  che
non  e'  meno  bisognoso  di  protezione  nell'ipotesi  di   adozione
nazionale e di superamento del sesto anno di eta'. 
    2.- La questione e' fondata. 
    3.- Sul presente giudizio non incidono le novita' introdotte  dal
decreto  legislativo  15  giugno  2015,  n.   80   (Misure   per   la
conciliazione delle esigenze  di  cura,  di  vita  e  di  lavoro,  in
attuazione dell'articolo 1, commi 8 e  9,  della  legge  10  dicembre
2014, n. 183). 
    Come si evince dalla relazione  illustrativa  che  accompagna  il
decreto, la  normativa  si  prefigge  di  armonizzare  la  disciplina
dell'indennita' di maternita' e  di  recepire  le  indicazioni  della
giurisprudenza di questa Corte, anche con riferimento  al  limite  di
eta' del bambino adottato. 
    In tale quadro si inscrive l'art. 20 del d.lgs. n. 80  del  2015,
che, con previsione  di  carattere  generale,  svincola  l'erogazione
dell'indennita' dal requisito del mancato superamento dei sei anni di
eta' del bambino. 
    Per effetto della norma transitoria dell'art. 28, tale disciplina
si applica soltanto a partire dal 25 giugno 2015, giorno successivo a
quello della pubblicazione del decreto nella Gazzetta Ufficiale della
Repubblica italiana. 
    Le novita' normative, che non  dispiegano  alcuna  influenza  sul
giudizio in corso, non alterano, pertanto, i termini della  questione
e non richiedono che il giudice rimettente rinnovi la valutazione  di
rilevanza che ha compiuto, con motivazione articolata e  convincente,
anche con riguardo alle  questioni  preliminari  sulla  tempestivita'
della domanda. 
    4.-  La  soluzione  del  dubbio  di  costituzionalita'  non  puo'
prescindere   dall'inquadramento   delle   finalita'   dell'istituto,
crocevia di molteplici valori costituzionalmente rilevanti (artt. 31,
secondo comma, e 37, primo comma, Cost.). 
    Nell'indennita' di maternita', all'originaria funzione di  tutela
della donna, scolpita nella stessa denominazione  del  beneficio,  si
affianca una finalita'  di  tutela  dell'interesse  del  minore,  che
l'opera del legislatore e dell'interprete  ha  enucleato  in  maniera
sempre piu' nitida. 
    E' proprio tale finalita' che ispira, sul  versante  legislativo,
la progressiva estensione del trattamento di  maternita'  anche  alle
ipotesi di affidamento e adozione. 
    Tale estensione, dapprima  circoscritta  alle  madri  lavoratrici
dipendenti (art. 6 della legge 9 dicembre 1977, n. 903,  in  tema  di
«Parita' di trattamento tra uomini e donne in materia di lavoro»), ha
coinvolto successivamente le  madri  lavoratrici  autonome  (art.  2,
comma 2, della legge 29 dicembre  1987,  n.  546,  che  racchiude  la
disciplina  della  «Indennita'  di  maternita'  per  le   lavoratrici
autonome») e le madri libere professioniste (art. 3, comma  1,  della
legge 11 dicembre 1990, n. 379, avente ad oggetto la  «Indennita'  di
maternita' per le libere professioniste»). 
    La tutela del preminente  interesse  del  minore  traspare  anche
dalla giurisprudenza di questa Corte, che ha contribuito a  definirne
i multiformi contenuti (da ultimo,  sentenza  n.  257  del  2012,  in
merito alla modulazione temporale del trattamento di maternita' delle
lavoratrici iscritte alla gestione separata di cui all'art. 2,  comma
26, della legge 8 agosto 1995, n. 335, recante «Riforma  del  sistema
pensionistico obbligatorio e complementare», che abbiano  adottato  o
avuto in affidamento preadottivo un minore). 
    In questa prospettiva, l'interesse del minore, che  trascende  le
implicazioni meramente biologiche del rapporto con la madre,  reclama
una tutela efficace di tutte le esigenze connesse  a  un  compiuto  e
armonico sviluppo della personalita'. 
    Nel  caso  di  affidamento  e  di  adozione,  tali  esigenze   si
atteggiano  come  necessita'  di  assistenza  nella   delicata   fase
dell'inserimento in un nuovo nucleo familiare. 
    Proprio per  questa  nuova  pienezza  di  significato,  che  trae
ispirazione e coerenza dai precetti costituzionali,  l'interesse  del
minore non puo' patire discriminazioni  arbitrarie,  legate  al  dato
accidentale ed estrinseco della  tipologia  del  rapporto  di  lavoro
facente capo alla  madre  o  delle  particolarita'  del  rapporto  di
filiazione che si instaura. 
    Inquadrato in tali coordinate, il  beneficio  dell'indennita'  di
maternita' costituisce attuazione  del  dettato  costituzionale,  che
esige  per  la  madre  e  per  il  bambino  «una  speciale   adeguata
protezione» (art. 37, primo comma, Cost.). 
    E' questa stessa formulazione letterale, non priva di enfasi, che
illumina di significati il principio enunciato dalla Costituzione. 
    La specialita' e l'adeguatezza della protezione non sono  aspetti
irrelati  ed  eterogenei,  che   possano   essere   disgiunti   l'uno
dall'altro. 
    L'assenza di  congiunzioni  tra  i  due  aggettivi  "speciale"  e
"adeguata" dimostra che si tratta di  profili  inscindibili,  che  si
compenetrano e si rafforzano a vicenda. 
    L'adeguatezza della tutela non puo' che essere valutata al  banco
di  prova  della  specificita'  della   posizione   di   chi   dovra'
beneficiarne. 
    Inoltre, nell'affermare l'esigenza di  una  tutela  incisiva,  la
Carta fondamentale associa  la  madre  e  il  bambino  e  sceglie  di
collocarli in un orizzonte comune. 
    Anche il punto di vista della  tutela,  pertanto,  non  puo'  che
rispecchiare e rispettare l'unicita' della relazione esistenziale che
lega la madre al bambino. 
    L'indennita'  di  maternita'  e'  emblematica  dell'indissolubile
intreccio d'interessi della madre e del  minore,  che  presuppongono,
anche secondo il dettato costituzionale, una considerazione unitaria. 
    5.-   La   normativa   censurata   si   discosta   dai   principi
costituzionali richiamati. 
    Nel negare l'indennita' di maternita' soltanto alle madri  libere
professioniste che  adottino  un  minore  di  nazionalita'  italiana,
quando il  minore  abbia  gia'  compiuto  i  sei  anni  di  eta',  la
disciplina si pone  in  insanabile  contrasto  con  il  principio  di
eguaglianza  e  con  il  principio  di  tutela  della  maternita'   e
dell'infanzia, declinato anche come tutela della donna lavoratrice  e
del bambino. 
    Quanto al primo profilo, la normativa impugnata e' foriera di una
discriminazione arbitraria a danno della  libera  professionista  che
adotti un minore di nazionalita' italiana. 
    Soltanto per tale fattispecie la disciplina in esame  continua  a
subordinare il godimento dell'indennita' a un limite (i sei  anni  di
eta' del minore), che e' stato gia' superato dal legislatore  per  le
madri lavoratrici dipendenti (art.  2,  comma  452,  della  legge  24
dicembre 2007, n. 244, recante «Disposizioni per  la  formazione  del
bilancio annuale e pluriennale dello Stato - legge finanziaria  2008»
in tema di congedo di maternita') e da questa Corte, con la  sentenza
n. 371 del 2003, per le madri libere professioniste  che  privilegino
l'adozione internazionale. 
    La   singolarita'   del   trattamento   riservato   alla   libera
professionista che opti per l'adozione nazionale e' carente  di  ogni
giustificazione razionale, idonea a dar conto del permanere, soltanto
per questa fattispecie, di un  limite  rimosso  per  tutte  le  altre
ipotesi. 
    Nel corso di questo giudizio, che non  ha  visto  intervenire  il
Presidente  del  Consiglio  dei  ministri,  non  sono  state  addotte
giustificazioni a sostegno di tale  trattamento  difforme  e  non  e'
senza significato che,  all'incongruenza  segnalata,  il  legislatore
abbia successivamente posto rimedio, con l'art. 20 del d.lgs.  n.  80
del 2015. 
    Non vi e' ragione di condizionare al limite dei sei anni di  eta'
del  figlio  l'erogazione  del  beneficio  soltanto  alle  madri  che
adottino un minore di nazionalita' italiana. Cio' rende il  contrasto
con il principio  di  eguaglianza  ancora  piu'  stridente,  poiche',
determinando  diversificazioni  sprovviste  di  una  precisa   ragion
d'essere, si pregiudica a un tempo  l'interesse  della  madre  e  del
minore  e  la  funzione  stessa  dell'indennita'  di  maternita',  da
riconoscersi senza distinzioni tra categorie di madri  lavoratrici  e
tra figli. 
    Vi e' inoltre da considerare che la posizione della madre  e  del
minore di nazionalita' italiana non risulta meno meritevole di tutela
per il solo fatto che il minore abbia superato i sei  anni  di  eta',
nel momento in cui il decreto di affidamento preadottivo interviene a
formalizzarne l'ingresso nel nucleo familiare. 
    L'inserimento del minore nella nuova famiglia non e' meno arduo e
bisognoso di «una speciale adeguata protezione» se il  minore  e'  di
nazionalita' italiana e per il dato contingente, e legato  a  fattori
imponderabili, che il minore abbia superato i sei anni di eta'. 
    Nel limitare la  concessione  di  un  beneficio,  che  tutela  il
preminente interesse del minore, la norma censurata  si  traduce,  in
ultima analisi, in una discriminazione pregiudizievole non  solo  per
la madre libera professionista che imbocchi la  strada  dell'adozione
nazionale, ma anche e  soprattutto  per  il  minore  di  nazionalita'
italiana, coinvolto in una procedura di adozione. 
    Da tali considerazioni discende  l'illegittimita'  costituzionale
della norma, per violazione di tutti i parametri evocati dal  giudice
rimettente. 
      
 
                          per questi motivi 
                       LA CORTE COSTITUZIONALE 
 
    dichiara l'illegittimita' costituzionale dell'art. 72 del decreto
legislativo 26 marzo 2001, n. 151  (Testo  unico  delle  disposizioni
legislative in materia di tutela e sostegno della maternita' e  della
paternita', a norma dell'articolo 15 della legge  8  marzo  2000,  n.
53), nella versione antecedente alle novita' introdotte dall'art.  20
del decreto  legislativo  15  giugno  2015,  n.  80  (Misure  per  la
conciliazione delle esigenze  di  cura,  di  vita  e  di  lavoro,  in
attuazione dell'articolo 1, commi 8 e  9,  della  legge  10  dicembre
2014, n. 183), nella parte in cui, per il caso di adozione nazionale,
prevede che l'indennita'  di  maternita'  spetti  alla  madre  libera
professionista solo se il bambino non abbia superato i  sei  anni  di
eta'. 
    Cosi' deciso in Roma,  nella  sede  della  Corte  costituzionale,
Palazzo della Consulta, il 7 ottobre 2015. 
 
                                F.to: 
                  Alessandro CRISCUOLO, Presidente 
                     Silvana SCIARRA, Redattore 
                Gabriella Paola MELATTI, Cancelliere 
 
    Depositata in Cancelleria il 22 ottobre 2015. 
 
                   Il Direttore della Cancelleria 
                    F.to: Gabriella Paola MELATTI 
 

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