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mercoledì 7 marzo 2018

Corte Costituzionale marzo 2018: N. 38 SENTENZA 23 gennaio - 1 marzo 2018 Giudizio di legittimita' costituzionale in via principale. Impiego pubblico regionale e locale - Incentivi previdenziali per favorire il ricambio generazionale - Riduzione dell'orario di lavoro a tempo pieno negli ultimi tre anni di servizio per il personale in procinto di essere collocato a riposo - Contestuale corresponsione, da parte dell'amministrazione, dei contributi riferiti alla prestazione a tempo pieno. - Legge della Regione autonoma Friuli-Venezia Giulia 9 dicembre 2016, n. 18 (Disposizioni in materia di sistema integrato del pubblico impiego regionale e locale), artt. 12, comma 6, e 21, comma 1. - (GU n.10 del 7-3-2018 )



N. 38 SENTENZA 23 gennaio - 1 marzo 2018

Giudizio di legittimita' costituzionale in via principale.

Impiego pubblico regionale e locale  -  Incentivi  previdenziali  per
  favorire il  ricambio  generazionale  -  Riduzione  dell'orario  di
  lavoro a tempo pieno negli ultimi  tre  anni  di  servizio  per  il
  personale in procinto di essere collocato a  riposo  -  Contestuale
  corresponsione,  da  parte  dell'amministrazione,  dei   contributi
  riferiti alla prestazione a tempo pieno.
- Legge della Regione autonoma Friuli-Venezia Giulia 9 dicembre 2016,
  n. 18 (Disposizioni in materia di sistema  integrato  del  pubblico
  impiego regionale e locale), artt. 12, comma 6, e 21, comma 1.

(GU n.10 del 7-3-2018 )
 

                       LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori:
Presidente:Giorgio LATTANZI;
Giudici  :Aldo  CAROSI,  Marta  CARTABIA,  Mario   Rosario   MORELLI,
  Giancarlo CORAGGIO,  Giuliano  AMATO,  Silvana  SCIARRA,  Daria  de
  PRETIS, Nicolo' ZANON, Augusto Antonio BARBERA, Giulio PROSPERETTI,
  Giovanni AMOROSO,
     
    ha pronunciato la seguente

                              SENTENZA

    nel giudizio di legittimita' costituzionale degli artt. 12, comma
6, e 21 della legge della Regione autonoma  Friuli-Venezia  Giulia  9
dicembre 2016, n. 18 (Disposizioni in materia  di  sistema  integrato
del pubblico impiego regionale e locale), promosso dal Presidente del
Consiglio dei ministri con ricorso notificato l'11-15 febbraio  2017,
depositato in cancelleria il 15 febbraio 2017 ed iscritto  al  n.  14
del registro ricorsi 2017.
    Visto   l'atto   di   costituzione   della    Regione    autonoma
Friuli-Venezia Giulia;
    udito nella udienza pubblica  del  23  gennaio  2018  il  Giudice
relatore Giulio Prosperetti;
    uditi  l'avvocato  dello  Stato  Massimo  Salvatorelli   per   il
Presidente del  Consiglio  dei  ministri  e  l'avvocato  Giandomenico
Falcon per la Regione autonoma Friuli-Venezia Giulia.

                          Ritenuto in fatto

    1.- Con ricorso notificato l'11 febbraio  2017  e  depositato  il
successivo  15  febbraio  2017,  (reg.  ric.  n.  14  del  2017),  il
Presidente  del  Consiglio  dei  ministri,  rappresentato  e   difeso
dall'Avvocatura  generale  dello  Stato,  ha  promosso  questione  di
legittimita' costituzionale dell'art. 12, comma  6,  e  dell'art.  21
della legge della Regione autonoma Friuli-Venezia Giulia  9  dicembre
2016, n. 18, recante «Disposizioni in materia  di  sistema  integrato
del pubblico impiego regionale e locale», in riferimento agli artt. 4
e 6 della  legge  costituzionale  31  gennaio  1963,  n.  1  (Statuto
speciale della Regione Friuli-Venezia Giulia), e agli artt. 81,  117,
secondo comma, lettera l) e lettera o), della Costituzione.
    2.- Il Presidente del Consiglio dei ministri ha censurato  l'art.
12 della legge reg. Friuli-Venezia Giulia n. 18 del  2016,  che,  nel
disciplinare il conferimento di incarichi dirigenziali a soggetti non
inseriti in ruolo, ha previsto una clausola risolutiva automatica dei
contratti, in caso di dichiarazione di dissesto  dell'amministrazione
che ha conferito l'incarico  ovvero  di  situazione  "strutturalmente
deficitaria".
    A parere dell'Avvocatura  generale  dello  Stato,  vertendosi  in
materia   di   rapporto   di   pubblico   impiego,   la    previsione
dell'automaticita' della risoluzione del  contratto  ad  opera  della
legge regionale contrasterebbe  con  l'art.  4,  primo  comma,  dello
statuto regionale, approvato con legge cost. n. 1  del  1963,  e  con
l'art. 117, secondo comma, lettera l), Cost.
    In particolare, la difesa statale ha rappresentato che  l'art.  4
dello  statuto  speciale  attribuisce  alla   Regione   la   potesta'
legislativa esclusiva in materia di ordinamento degli uffici e  degli
enti dipendenti dalla Regione e di stato giuridico ed  economico  del
personale addetto, prevedendo pero' che venga esercitata  in  armonia
con  la  Costituzione,  con  i  principi  generali   dell'ordinamento
giuridico e con le norme fondamentali di  riforma  economico-sociale,
di cui costituirebbero espressione la disciplina del pubblico impiego
prevista dal  decreto  legislativo  30  marzo  2001,  n.  165  (Norme
generali  sull'ordinamento   del   lavoro   alle   dipendenze   delle
amministrazioni pubbliche), applicabile anche alle Regioni a  statuto
speciale, e l'art. 2119 del codice civile.
    In particolare, il d.lgs. n. 165 del 2001 prevede,  all'art.  19,
comma 1-ter, che la revoca degli incarichi dirigenziali nel  pubblico
impiego puo' essere disposta solo nel caso di mancato  raggiungimento
degli obiettivi prefissati o di  inosservanza  di  direttive;  mentre
l'art. 2119 cod. civ.  prevede  che  le  difficolta'  economiche  del
datore di lavoro non possono  integrare  un  motivo  di  recesso  per
giusta causa dal rapporto  di  lavoro;  le  suddette  norme,  quindi,
sarebbero incompatibili con una clausola risolutiva  automatica  che,
invece, opera sulla base di circostanze finanziarie non imputabili al
dipendente.
    La violazione dell'art. 117, secondo comma,  lettera  l),  Cost.,
invece,  verrebbe  in  rilievo  poiche'   il   rapporto   di   lavoro
contrattualizzato   del   dipendente   pubblico,   anche   regionale,
rientrerebbe  nella  materia  "ordinamento  civile",  di   competenza
esclusiva del legislatore nazionale, la cui  disciplina  deve  essere
uniforme su tutto il territorio nazionale.
    3.- Con il medesimo  ricorso  il  Presidente  del  Consiglio  dei
ministri ha censurato  l'art.  21  della  legge  reg.  Friuli-Venezia
Giulia n. 18 del 2016, che, per favorire il ricambio generazionale  e
l'inserimento lavorativo dei giovani, ha previsto una  riduzione,  da
un minimo  del  35  per  cento  ad  un  massimo  del  70  per  cento,
dell'orario di lavoro a tempo pieno negli ultimi tre anni di servizio
per il personale che e' in procinto di essere collocato a riposo;  la
riduzione puo' essere concessa su domanda del dipendente e,  in  ogni
caso, l'amministrazione provvede,  per  questo  personale  e  per  il
corrispondente periodo, al versamento dei contributi di previdenza  e
quiescenza riferiti al rapporto di lavoro a tempo pieno.  I  risparmi
di  spesa  vengono  impiegati  per  l'assunzione  di  personale   con
contratto di lavoro a tempo parziale.
    La materia della previdenza sociale, prosegue l'Avvocatura  dello
Stato,  e'  di  competenza  esclusiva  del  legislatore  nazionale  e
rispetto ad essa, ai sensi dell'art. 6  dello  statuto  speciale,  il
legislatore della Regione autonoma Friuli-Venezia Giulia ha una  mera
competenza attuativa e integrativa delle disposizioni nazionali.
    La legge reg.  Friuli-Venezia  Giulia  n.  18  del  2016  avrebbe
introdotto un istituto giuridico  nuovo,  comportante  una  sorta  di
contribuzione "figurativa" non corrispondente ad  alcuna  prestazione
lavorativa,  sconosciuto  dal  legislatore   nazionale   e,   quindi,
esorbitante  dai  limiti  della  potesta'   normativa   attuativa   e
integrativa.
    Inoltre la previsione di un siffatto  obbligo  contributivo,  non
accompagnato da un'esatta quantificazione e  indicazione  di  entrate
idonee a far fronte ai maggiori oneri che ne derivano,  costituirebbe
un aggravio per la  finanza  pubblica,  contrastante  con  l'art.  81
Cost., non potendo garantirsi  l'equilibrio  del  bilancio  regionale
mediante  la  compensazione  derivante  dalle  assunzioni   a   tempo
parziale.
    Il  ricorrente   ha   chiesto,   dunque,   la   declaratoria   di
illegittimita' costituzionale anche dell'art.  21  della  legge  reg.
Friuli-Venezia Giulia n. 18 del 2016 per contrasto con gli artt. 81 e
117, secondo comma, lettera o), Cost., nonche'  con  l'art.  6  dello
statuto speciale regionale.
    4.- Con atto del 13 marzo 2017, depositato il 14 marzo  2017,  si
e' costituita la Regione autonoma Friuli-Venezia Giulia, chiedendo il
rigetto del ricorso perche' inammissibile e infondato.
    Con successiva  memoria  del  29  dicembre  2017  la  Regione  ha
illustrato le proprie ragioni deducendo la cessazione  della  materia
del contendere in riferimento all'impugnazione dell'art. 12, comma 6,
poiche' la norma e' stata abrogata dall'art. 9, comma 2, lettera  c),
della legge della Regione autonoma Friuli-Venezia  Giulia  21  aprile
2017, n. 9 (Funzioni onorifiche  delle  soppresse  Province  e  altre
norme in materia  di  enti  locali,  Centrale  unica  di  committenza
regionale,  personale  del  Comparto  unico  del   pubblico   impiego
regionale e locale, trasporti e infrastrutture),  in  vigore  dal  27
aprile 2017, e non ha prodotto effetti  poiche'  la  sua  entrata  in
vigore era stata differita al 1° giugno 2017 dall'art. 59 della legge
reg. Friuli-Venezia Giulia n. 18 del 2016.
    5.-  In  ogni  caso,  la  difesa   della   Regione   ha   dedotto
l'inammissibilita' della questione per la mancata corrispondenza  tra
i motivi  di  ricorso  e  la  delibera  di  autorizzazione  alla  sua
proposizione, che non  avrebbe  menzionato  l'art.  4  dello  statuto
speciale regionale tra i parametri che si  assumono  violati,  e  per
l'omessa illustrazione delle ragioni per le quali si debba  applicare
il parametro dell'art. 117, secondo  comma,  lettera  l),  Cost.,  in
luogo delle previsioni statutarie.
    6.-  Quali  ulteriori  profili  di  inammissibilita'  la   difesa
regionale ha dedotto il  difetto  di  motivazione,  in  relazione  al
rapporto in cui si trovano le norme costituzionali  invocate  con  le
previsioni dello statuto  speciale,  e  la  contraddittorieta'  delle
censure  poiche'  esse,  da  un  lato,  riconoscono   la   competenza
legislativa regionale di  cui  all'art.  4  dello  statuto  speciale,
deducendo pero' che essa sarebbe stata esercitata in violazione delle
norme di grande riforma,  e,  dall'altro,  la  negano,  ritenendo  la
materia riconducibile alla  competenza  legislativa  esclusiva  dello
Stato sull'ordinamento civile.
    7.- Nel merito la difesa della Regione ha dedotto  l'infondatezza
della questione, poiche' la norma censurata sarebbe espressione della
competenza legislativa statuaria  in  materia  di  ordinamento  degli
uffici  e  degli  enti  dipendenti  dalla  Regione,  con  conseguente
inconferenza del richiamo all'ordinamento civile, e sarebbe  coerente
con la legislazione nazionale e, in particolare, con l'art.  110  del
decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267 (Testo unico  delle  leggi
sull'ordinamento degli enti locali), che prevede analoga clausola  di
risoluzione di diritto dei contratti a  tempo  determinato  stipulati
con soggetti esterni al ruolo, in caso di dissesto dell'ente locale.
    8.-  Quanto  alle  censure  di  incostituzionalita'  dedotte   in
riferimento all'art. 21 della legge reg. Friuli-Venezia Giulia n.  18
del 2016, la difesa della Regione ha  dedotto  la  loro  infondatezza
poiche' la disciplina normativa ricadrebbe nell'ambito della materia,
di competenza statutaria  primaria,  relativa  all'ordinamento  degli
uffici e degli enti dipendenti dalla Regione  e  stato  giuridico  ed
economico del personale ad essi addetto, nonche' nella materia  della
tutela del lavoro, di competenza regionale ai  sensi  dell'art.  117,
terzo comma, Cost., in combinato disposto con l'art. 10  della  legge
costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3 (Modifiche  al  titolo  V  della
parte seconda della Costituzione), in ragione della finalita' da essa
perseguita, di favorire nuova occupazione.
    Il  profilo  previdenziale,  secondo   la   Regione,   rimarrebbe
secondario  e  marginale,  costituendo  il  mezzo  incentivante   per
favorire il ricambio generazionale e troverebbe nella stessa legge la
propria  copertura,  derivante  dai  risparmi  di  spesa   realizzati
mediante la riduzione dell'orario di lavoro del personale in procinto
di essere collocato a riposo.
    9.- In ogni caso, se pure si riconducesse la disciplina dell'art.
21 alla materia della previdenza sociale e, quindi,  alla  competenza
legislativa regionale integrativa di cui  all'art.  6  dello  statuto
speciale, secondo  la  difesa  regionale  non  sarebbe  configurabile
alcuna illegittimita' costituzionale.
    La contribuzione prevista  dalla  legge  regionale,  infatti,  si
inscriverebbe  nei  piu'  ampi  interventi  normativi  previsti   dal
legislatore nazionale per favorire le assunzioni di nuovo  personale,
di cui costituirebbero  esempi  significativi  l'art.  41,  commi  1,
2-bis, e 5,  del  decreto  legislativo  14  settembre  2015,  n.  148
(Disposizioni  per  il  riordino  della  normativa  in   materia   di
ammortizzatori  sociali  in  costanza  di  rapporto  di  lavoro,   in
attuazione della legge 10 dicembre 2014, n. 183),  che  disciplina  i
cosiddetti contratti di solidarieta' espansivi,  attraverso  i  quali
viene concordata, a livello aziendale, una riduzione  dell'orario  di
lavoro per favorire nuove assunzioni,  che  viene  incentivata  anche
mediante la contribuzione  previdenziale  in  favore  dei  lavoratori
interessati dalla riduzione dell'orario, e l'art. 1, comma 284, della
legge  28  dicembre  2015,  n.  208,  recante  «Disposizioni  per  la
formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato  (legge  di
stabilita' 2016)», che prevede incentivi previdenziali  per  favorire
il passaggio al lavoro part-time in prossimita' del pensionamento  di
vecchiaia.
    L'art. 21 della legge reg. Friuli-Venezia Giulia n. 18 del  2016,
peraltro, sarebbe specificamente attuativo  del  principio  contenuto
nell'art. 17, comma 1, lettera p), della legge 7 agosto 2015, n.  124
(Deleghe  al   Governo   in   materia   di   riorganizzazione   delle
amministrazioni pubbliche) che ha delegato il Governo a riorganizzare
le pubbliche amministrazioni, prevedendo la facolta' di promuovere il
ricambio generazionale mediante la riduzione  dell'orario  di  lavoro
del  personale  in  procinto  di  essere  collocato  a  riposo  e  il
conseguimento  dell'invarianza  della   contribuzione   previdenziale
mediante  la  contribuzione  volontaria  ad  integrazione  ai   sensi
dell'art. 8  del  decreto  legislativo  16  settembre  1996,  n.  564
(Attuazione della delega conferita dall'art. 1, comma 39, della L.  8
agosto 1995, n. 335, in materia  di  contribuzione  figurativa  e  di
copertura assicurativa per periodi non coperti da contribuzione).
    Secondo la difesa regionale, la mancata attuazione  della  delega
in parte qua non avrebbe precluso la possibilita' di dare  attuazione
al principio in essa affermato, in ragione  della  immediata  portata
precettiva della legge di delega, e, quindi, la potesta'  legislativa
di cui all'art. 6 dello statuto speciale sarebbe stata legittimamente
esercitata.
    Tale conclusione non sarebbe  neppure  inficiata  dal  fatto  che
l'istituto previsto dal legislatore nazionale poneva la contribuzione
volontaria a carico del lavoratore e non del datore di  lavoro,  come
invece e' stato previsto dalla legge reg. Friuli-Venezia Giulia n. 18
del 2016, poiche' il Friuli-Venezia Giulia, quale  Regione  autonoma,
coprirebbe con entrate proprie il costo  del  personale  regionale  e
degli locali.
    10.- Ad  ulteriore  sostegno  delle  proprie  argomentazioni,  la
difesa   regionale   ha   ricordato   che   l'istituto   del   "patto
generazionale" nel pubblico impiego e'  stato  regolato,  in  maniera
analoga a quanto fatto dalla Regione autonoma Friuli-Venezia  Giulia,
da altre autonomie  speciali,  ovvero  dalla  Provincia  autonoma  di
Trento con la  legge  provinciale  22  aprile  2014,  n.  1,  recante
«Disposizioni  per  l'assestamento  del  bilancio  annuale   2014   e
pluriennale 2014-2016  della  Provincia  autonoma  di  Trento  (legge
finanziaria  provinciale  di  assestamento  2014)»  e  dalla  Regione
autonoma Trentino-Alto Adige con la legge regionale 12 dicembre 2014,
n. 12, recante «Disposizioni per la formazione del  bilancio  annuale
2015 e pluriennale 2015-2017  della  Regione  autonoma  Trentino-Alto
Adige  (Legge  finanziaria)»,  le  cui  previsioni  non  sono   state
impugnate dallo Stato.
    11.- La natura attuativa  della  previsione  regionale  censurata
deriverebbe,  inoltre,  dalla  clausola  di  invarianza   finanziaria
contenuta al comma 4 dell'art. 21, che  ricalcherebbe  fedelmente  la
previsione contenuta nella legge delega  n.  124  del  2015,  e  che,
imponendo che l'attuazione del  ricambio  generazionale  avvenga  nei
limiti  delle  risorse  risparmiate  per  effetto   della   riduzione
dell'orario  di  lavoro  del  personale   dipendente,   assicurerebbe
l'integrale copertura delle nuove spese.

                       Considerato in diritto

    1.- Il Presidente del Consiglio dei  ministri  ha  impugnato  due
norme della legge della  Regione  autonoma  Friuli-Venezia  Giulia  9
dicembre 2016, n. 18 (Disposizioni in materia  di  sistema  integrato
del pubblico impiego regionale e locale): l'art. 12, comma 6, che  ha
imposto che i contratti di lavoro a  tempo  determinato  conferiti  a
soggetti non iscritti nel ruolo delle  amministrazioni  del  comparto
unico sono risolti di diritto nel caso in cui  l'amministrazione  che
ha conferito l'incarico dichiari il dissesto o venga a trovarsi nelle
situazioni strutturalmente deficitarie; e l'art. 21, che prevede  che
le amministrazioni del comparto unico possono  concedere,  a  domanda
dell'interessato, negli ultimi tre anni di servizio del personale  in
procinto di essere collocato a riposo, la  riduzione  dell'orario  di
lavoro a tempo pieno, da un minimo del 35 per cento ad un massimo del
70 per cento, provvedendo al versamento dei contributi  previdenziali
e di quiescenza riferiti al rapporto di  lavoro  a  tempo  pieno;  la
norma e' intesa a  favorire  il  ricambio  generazionale,  sicche'  i
risparmi    realizzati    sono     destinati     dall'amministrazione
all'assunzione di personale con rapporto di lavoro a tempo parziale.
    Secondo il Presidente del Consiglio dei ministri la previsione di
una clausola risolutiva automatica del rapporto di  pubblico  impiego
si porrebbe in contrasto con  l'art.  4,  primo  comma,  della  legge
costituzionale 31 gennaio 1963, n. 1 (Statuto speciale della  Regione
Friuli-Venezia Giulia) che, nell'attribuire alla Regione  l'esercizio
della potesta' legislativa esclusiva in materia di ordinamento  degli
uffici e degli enti dipendenti dalla Regione e di stato giuridico  ed
economico del personale addetto,  imporrebbe  che  il  suo  esercizio
avvenga in  conformita'  con  i  principi  generali  dell'ordinamento
giuridico, di cui costituirebbero espressione l'art. 19, comma 1-ter,
del decreto  legislativo  30  marzo  2001,  n.  165  (Norme  generali
sull'ordinamento del lavoro  alle  dipendenze  delle  amministrazioni
pubbliche), secondo cui la revoca degli  incarichi  dirigenziali  nel
pubblico impiego puo'  essere  disposta  solo  nel  caso  di  mancato
raggiungimento  degli  obiettivi  prefissati  o  di  inosservanza  di
direttive, e l'art. 2119  del  codice  civile,  che  esclude  che  le
difficolta' economiche del datore  di  lavoro  possano  integrare  un
motivo di recesso per giusta causa dal rapporto di lavoro.
    L'art.  12,  comma  6,  della  legge   della   Regione   autonoma
Friuli-Venezia Giulia n. 18 del 2016 sarebbe, altresi', in  contrasto
con l'art. 117, secondo comma, lettera l), Cost., poiche' il rapporto
di lavoro contrattualizzato del dipendente pubblico, anche regionale,
rientrerebbe  nella  materia  "ordinamento  civile",  di   competenza
esclusiva del legislatore nazionale, la cui  disciplina  deve  essere
uniforme  su  tutto  il  territorio  nazionale,  mentre  la  clausola
risolutiva avrebbe applicazione nel solo territorio della Regione.
    Quanto all'art. 21 della legge reg. Friuli-Venezia Giulia  n.  18
del 2016, il Presidente del Consiglio  dei  ministri  lo  ritiene  in
contrasto con l'art. 117, secondo comma,  lettera  o),  Cost.  e  con
l'art. 6 dello statuto speciale regionale, poiche' avrebbe introdotto
un istituto giuridico nuovo  nell'ambito  della  previdenza  sociale,
materia di competenza esclusiva  del  legislatore  statale,  rispetto
alla  quale  la  Regione  ha  una  competenza  statutaria   meramente
attuativa e integrativa; nonche' con l'art.  81  Cost.,  poiche'  non
sarebbe stata  prevista  idonea  copertura  finanziaria  della  spesa
derivante dalla sua applicazione.
    2.- L'art. 12, comma 6, della legge reg. Friuli-Venezia Giulia n.
18 del 2016 e' stato abrogato dall'art. 9, comma 2, lettera c), della
legge della Regione autonoma Friuli-Venezia Giulia 21 aprile 2017, n.
9 (Funzioni onorifiche delle soppresse  Province  e  altre  norme  in
materia di enti locali,  Centrale  unica  di  committenza  regionale,
personale del Comparto unico del pubblico impiego regionale e locale,
trasporti e infrastrutture), con effetto satisfattivo del  ricorrente
e senza che la norma oggetto di censura  di  costituzionalita'  abbia
mai avuto applicazione, poiche' la legge abrogatrice  e'  entrata  in
vigore il 27 aprile 2017, mentre, ai sensi dell'art. 59  della  legge
reg. Friuli-Venezia Giulia  n.  18  del  2016,  l'entrata  in  vigore
dell'art. 12, oggetto di  impugnativa,  era  stata  differita  al  1°
giugno 2017.
    Va, dunque, dichiarata la cessazione della materia del contendere
in riferimento alla prima  delle  questioni  prospettate,  avente  ad
oggetto l'art. 12, comma 6, della legge reg. Friuli-Venezia Giulia n.
18 del 2016 (sentenze n. 50 del 2017, n. 253 del 2016  e  n.  32  del
2012).
    3.-  La  questione  relativa  all'art.  21  della  citata   legge
regionale e' fondata.
    La  difesa  della  Regione  autonoma  Friuli-Venezia  Giulia   si
incentra sul preteso legittimo  esercizio  della  propria  competenza
legislativa  statutaria  in  materia  di  ordinamento  degli  uffici,
nonche' su quella attuativa e integrativa in  materia  di  previdenza
sociale,  che  avrebbe   declinato   i   principi   contenuti   nella
legislazione statale piu' recente, in base alla quale  sono  previsti
incentivi previdenziali per favorire il ricambio generazionale.
    In particolare, la Regione ritiene di  aver  dato  attuazione  ai
principi di cui all'art. 1, comma 284, della legge 28 dicembre  2015,
n. 208, recante «Disposizioni per la formazione del bilancio  annuale
e pluriennale dello Stato (legge di stabilita' 2016)» e  all'art.  41
del decreto legislativo 14 settembre 2015, n. 148  (Disposizioni  per
il riordino della normativa in materia di ammortizzatori  sociali  in
costanza di rapporto di lavoro, in attuazione della legge 10 dicembre
2014,  n.  183),  nonche',  con  specifico  riferimento  al  pubblico
impiego, all'art. 17, comma 1, lettera p), della legge 7 agosto 2015,
n. 124 (Deleghe al  Governo  in  materia  di  riorganizzazione  delle
amministrazioni pubbliche).
    La  norma  censurata  sembrerebbe   porsi   nell'alveo   di   una
consolidata tendenza dell'ordinamento, volta a favorire  un  graduale
avvicendamento occupazionale mediante l'apertura  di  prospettive  di
nuove assunzioni derivanti dalla proporzionale riduzione dei rapporti
di lavoro esistenti con lavoratori anziani.
    Secondo il ricorrente una siffatta disciplina involve profili, di
competenza statale, relativi alla materia della previdenza sociale.
    Orbene,  la  corresponsione  da  parte  dell'amministrazione  dei
contributi riferiti alla prestazione a tempo pieno  a  fronte  di  un
lavoro part-time, sganciando l'onere contributivo dalla retribuzione,
interessa sicuramente la materia previdenziale di competenza  statale
in maniera non  meramente  marginale,  come  invece  sostenuto  dalla
difesa della Regione; la norma censurata pone, infatti,  un  istituto
peculiare non conforme, nell'attuale disciplina del pubblico impiego,
alla  ripartizione  degli  oneri   previdenziali,   con   conseguente
incisione della competenza statale in materia.
    L'argomento della difesa della  Regione,  secondo  cui  l'assetto
delineato dall'art. 21 della legge  regionale  in  questione  sarebbe
gia' presente come principio nell'ordinamento,  quand'anche  fondato,
non varrebbe comunque a consentire l'esercizio da parte della Regione
della funzione legislativa in materia,  che  le  e'  attribuita  solo
quale funzione  integrativa-attuativa,  rispetto  alla  quale  eccede
l'intervento legislativo in questione.
    Pertanto va dichiarata l'illegittimita' costituzionale  dell'art.
21  della  legge  reg.  Friuli-Venezia  Giulia  n.   18   del   2016,
limitatamente alle parole: «;  contestualmente  l'amministrazione  di
appartenenza provvede, per tale personale  e  per  il  corrispondente
periodo, al versamento dei  contributi  di  previdenza  e  quiescenza
riferiti al rapporto di lavoro a tempo pieno».
    Rimane assorbita la censura relativa alla violazione dell'art. 81
Cost.
     

                          per questi motivi
                       LA CORTE COSTITUZIONALE

    1) dichiara l'illegittimita' costituzionale dell'art.  21,  comma
1,  della  legge  della  Regione  autonoma  Friuli-Venezia  Giulia  9
dicembre 2016, n. 18 (Disposizioni in materia  di  sistema  integrato
del pubblico impiego regionale e locale), limitatamente alle  parole:
«; contestualmente l'amministrazione di  appartenenza  provvede,  per
tale personale e per il corrispondente  periodo,  al  versamento  dei
contributi di previdenza e quiescenza riferiti al rapporto di  lavoro
a tempo pieno»;
    2) dichiara cessata la materia  del  contendere  in  ordine  alla
questione di legittimita' costituzionale dell'art. 12, comma 6, della
legge reg.  Friuli-Venezia  Giulia  n.  18  del  2016,  promossa,  in
riferimento all'art. 4, primo comma, della  legge  costituzionale  31
gennaio 1963, n. 1 (Statuto  speciale  della  Regione  Friuli-Venezia
Giulia)  e  all'art.  117,   secondo   comma,   lettera   l),   della
Costituzione, dal Presidente  del  Consiglio  dei  ministri,  con  il
ricorso indicato in epigrafe.
    Cosi' deciso in Roma,  nella  sede  della  Corte  costituzionale,
Palazzo della Consulta, il 23 gennaio 2018.

                                F.to:
                    Giorgio LATTANZI, Presidente
                    Giulio PROSPERETTI, Redattore
                     Roberto MILANA, Cancelliere

    Depositata in Cancelleria l'1 marzo 2018.

                   Il Direttore della Cancelleria
                        F.to: Roberto MILANA 

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