N. 38 SENTENZA 23 gennaio - 1 marzo 2018
Giudizio di legittimita' costituzionale in via principale.
Impiego pubblico regionale e locale - Incentivi previdenziali per
favorire il ricambio generazionale - Riduzione dell'orario di
lavoro a tempo pieno negli ultimi tre anni di servizio per il
personale in procinto di essere collocato a riposo - Contestuale
corresponsione, da parte dell'amministrazione, dei contributi
riferiti alla prestazione a tempo pieno.
- Legge della Regione autonoma Friuli-Venezia Giulia 9 dicembre 2016,
n. 18 (Disposizioni in materia di sistema integrato del pubblico
impiego regionale e locale), artt. 12, comma 6, e 21, comma 1.
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(GU n.10 del 7-3-2018 )
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori:
Presidente:Giorgio LATTANZI;
Giudici :Aldo CAROSI, Marta CARTABIA, Mario Rosario MORELLI,
Giancarlo CORAGGIO, Giuliano AMATO, Silvana SCIARRA, Daria de
PRETIS, Nicolo' ZANON, Augusto Antonio BARBERA, Giulio PROSPERETTI,
Giovanni AMOROSO,
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nel giudizio di legittimita' costituzionale degli artt. 12, comma
6, e 21 della legge della Regione autonoma Friuli-Venezia Giulia 9
dicembre 2016, n. 18 (Disposizioni in materia di sistema integrato
del pubblico impiego regionale e locale), promosso dal Presidente del
Consiglio dei ministri con ricorso notificato l'11-15 febbraio 2017,
depositato in cancelleria il 15 febbraio 2017 ed iscritto al n. 14
del registro ricorsi 2017.
Visto l'atto di costituzione della Regione autonoma
Friuli-Venezia Giulia;
udito nella udienza pubblica del 23 gennaio 2018 il Giudice
relatore Giulio Prosperetti;
uditi l'avvocato dello Stato Massimo Salvatorelli per il
Presidente del Consiglio dei ministri e l'avvocato Giandomenico
Falcon per la Regione autonoma Friuli-Venezia Giulia.
Ritenuto in fatto
1.- Con ricorso notificato l'11 febbraio 2017 e depositato il
successivo 15 febbraio 2017, (reg. ric. n. 14 del 2017), il
Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso
dall'Avvocatura generale dello Stato, ha promosso questione di
legittimita' costituzionale dell'art. 12, comma 6, e dell'art. 21
della legge della Regione autonoma Friuli-Venezia Giulia 9 dicembre
2016, n. 18, recante «Disposizioni in materia di sistema integrato
del pubblico impiego regionale e locale», in riferimento agli artt. 4
e 6 della legge costituzionale 31 gennaio 1963, n. 1 (Statuto
speciale della Regione Friuli-Venezia Giulia), e agli artt. 81, 117,
secondo comma, lettera l) e lettera o), della Costituzione.
2.- Il Presidente del Consiglio dei ministri ha censurato l'art.
12 della legge reg. Friuli-Venezia Giulia n. 18 del 2016, che, nel
disciplinare il conferimento di incarichi dirigenziali a soggetti non
inseriti in ruolo, ha previsto una clausola risolutiva automatica dei
contratti, in caso di dichiarazione di dissesto dell'amministrazione
che ha conferito l'incarico ovvero di situazione "strutturalmente
deficitaria".
A parere dell'Avvocatura generale dello Stato, vertendosi in
materia di rapporto di pubblico impiego, la previsione
dell'automaticita' della risoluzione del contratto ad opera della
legge regionale contrasterebbe con l'art. 4, primo comma, dello
statuto regionale, approvato con legge cost. n. 1 del 1963, e con
l'art. 117, secondo comma, lettera l), Cost.
In particolare, la difesa statale ha rappresentato che l'art. 4
dello statuto speciale attribuisce alla Regione la potesta'
legislativa esclusiva in materia di ordinamento degli uffici e degli
enti dipendenti dalla Regione e di stato giuridico ed economico del
personale addetto, prevedendo pero' che venga esercitata in armonia
con la Costituzione, con i principi generali dell'ordinamento
giuridico e con le norme fondamentali di riforma economico-sociale,
di cui costituirebbero espressione la disciplina del pubblico impiego
prevista dal decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165 (Norme
generali sull'ordinamento del lavoro alle dipendenze delle
amministrazioni pubbliche), applicabile anche alle Regioni a statuto
speciale, e l'art. 2119 del codice civile.
In particolare, il d.lgs. n. 165 del 2001 prevede, all'art. 19,
comma 1-ter, che la revoca degli incarichi dirigenziali nel pubblico
impiego puo' essere disposta solo nel caso di mancato raggiungimento
degli obiettivi prefissati o di inosservanza di direttive; mentre
l'art. 2119 cod. civ. prevede che le difficolta' economiche del
datore di lavoro non possono integrare un motivo di recesso per
giusta causa dal rapporto di lavoro; le suddette norme, quindi,
sarebbero incompatibili con una clausola risolutiva automatica che,
invece, opera sulla base di circostanze finanziarie non imputabili al
dipendente.
La violazione dell'art. 117, secondo comma, lettera l), Cost.,
invece, verrebbe in rilievo poiche' il rapporto di lavoro
contrattualizzato del dipendente pubblico, anche regionale,
rientrerebbe nella materia "ordinamento civile", di competenza
esclusiva del legislatore nazionale, la cui disciplina deve essere
uniforme su tutto il territorio nazionale.
3.- Con il medesimo ricorso il Presidente del Consiglio dei
ministri ha censurato l'art. 21 della legge reg. Friuli-Venezia
Giulia n. 18 del 2016, che, per favorire il ricambio generazionale e
l'inserimento lavorativo dei giovani, ha previsto una riduzione, da
un minimo del 35 per cento ad un massimo del 70 per cento,
dell'orario di lavoro a tempo pieno negli ultimi tre anni di servizio
per il personale che e' in procinto di essere collocato a riposo; la
riduzione puo' essere concessa su domanda del dipendente e, in ogni
caso, l'amministrazione provvede, per questo personale e per il
corrispondente periodo, al versamento dei contributi di previdenza e
quiescenza riferiti al rapporto di lavoro a tempo pieno. I risparmi
di spesa vengono impiegati per l'assunzione di personale con
contratto di lavoro a tempo parziale.
La materia della previdenza sociale, prosegue l'Avvocatura dello
Stato, e' di competenza esclusiva del legislatore nazionale e
rispetto ad essa, ai sensi dell'art. 6 dello statuto speciale, il
legislatore della Regione autonoma Friuli-Venezia Giulia ha una mera
competenza attuativa e integrativa delle disposizioni nazionali.
La legge reg. Friuli-Venezia Giulia n. 18 del 2016 avrebbe
introdotto un istituto giuridico nuovo, comportante una sorta di
contribuzione "figurativa" non corrispondente ad alcuna prestazione
lavorativa, sconosciuto dal legislatore nazionale e, quindi,
esorbitante dai limiti della potesta' normativa attuativa e
integrativa.
Inoltre la previsione di un siffatto obbligo contributivo, non
accompagnato da un'esatta quantificazione e indicazione di entrate
idonee a far fronte ai maggiori oneri che ne derivano, costituirebbe
un aggravio per la finanza pubblica, contrastante con l'art. 81
Cost., non potendo garantirsi l'equilibrio del bilancio regionale
mediante la compensazione derivante dalle assunzioni a tempo
parziale.
Il ricorrente ha chiesto, dunque, la declaratoria di
illegittimita' costituzionale anche dell'art. 21 della legge reg.
Friuli-Venezia Giulia n. 18 del 2016 per contrasto con gli artt. 81 e
117, secondo comma, lettera o), Cost., nonche' con l'art. 6 dello
statuto speciale regionale.
4.- Con atto del 13 marzo 2017, depositato il 14 marzo 2017, si
e' costituita la Regione autonoma Friuli-Venezia Giulia, chiedendo il
rigetto del ricorso perche' inammissibile e infondato.
Con successiva memoria del 29 dicembre 2017 la Regione ha
illustrato le proprie ragioni deducendo la cessazione della materia
del contendere in riferimento all'impugnazione dell'art. 12, comma 6,
poiche' la norma e' stata abrogata dall'art. 9, comma 2, lettera c),
della legge della Regione autonoma Friuli-Venezia Giulia 21 aprile
2017, n. 9 (Funzioni onorifiche delle soppresse Province e altre
norme in materia di enti locali, Centrale unica di committenza
regionale, personale del Comparto unico del pubblico impiego
regionale e locale, trasporti e infrastrutture), in vigore dal 27
aprile 2017, e non ha prodotto effetti poiche' la sua entrata in
vigore era stata differita al 1° giugno 2017 dall'art. 59 della legge
reg. Friuli-Venezia Giulia n. 18 del 2016.
5.- In ogni caso, la difesa della Regione ha dedotto
l'inammissibilita' della questione per la mancata corrispondenza tra
i motivi di ricorso e la delibera di autorizzazione alla sua
proposizione, che non avrebbe menzionato l'art. 4 dello statuto
speciale regionale tra i parametri che si assumono violati, e per
l'omessa illustrazione delle ragioni per le quali si debba applicare
il parametro dell'art. 117, secondo comma, lettera l), Cost., in
luogo delle previsioni statutarie.
6.- Quali ulteriori profili di inammissibilita' la difesa
regionale ha dedotto il difetto di motivazione, in relazione al
rapporto in cui si trovano le norme costituzionali invocate con le
previsioni dello statuto speciale, e la contraddittorieta' delle
censure poiche' esse, da un lato, riconoscono la competenza
legislativa regionale di cui all'art. 4 dello statuto speciale,
deducendo pero' che essa sarebbe stata esercitata in violazione delle
norme di grande riforma, e, dall'altro, la negano, ritenendo la
materia riconducibile alla competenza legislativa esclusiva dello
Stato sull'ordinamento civile.
7.- Nel merito la difesa della Regione ha dedotto l'infondatezza
della questione, poiche' la norma censurata sarebbe espressione della
competenza legislativa statuaria in materia di ordinamento degli
uffici e degli enti dipendenti dalla Regione, con conseguente
inconferenza del richiamo all'ordinamento civile, e sarebbe coerente
con la legislazione nazionale e, in particolare, con l'art. 110 del
decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267 (Testo unico delle leggi
sull'ordinamento degli enti locali), che prevede analoga clausola di
risoluzione di diritto dei contratti a tempo determinato stipulati
con soggetti esterni al ruolo, in caso di dissesto dell'ente locale.
8.- Quanto alle censure di incostituzionalita' dedotte in
riferimento all'art. 21 della legge reg. Friuli-Venezia Giulia n. 18
del 2016, la difesa della Regione ha dedotto la loro infondatezza
poiche' la disciplina normativa ricadrebbe nell'ambito della materia,
di competenza statutaria primaria, relativa all'ordinamento degli
uffici e degli enti dipendenti dalla Regione e stato giuridico ed
economico del personale ad essi addetto, nonche' nella materia della
tutela del lavoro, di competenza regionale ai sensi dell'art. 117,
terzo comma, Cost., in combinato disposto con l'art. 10 della legge
costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3 (Modifiche al titolo V della
parte seconda della Costituzione), in ragione della finalita' da essa
perseguita, di favorire nuova occupazione.
Il profilo previdenziale, secondo la Regione, rimarrebbe
secondario e marginale, costituendo il mezzo incentivante per
favorire il ricambio generazionale e troverebbe nella stessa legge la
propria copertura, derivante dai risparmi di spesa realizzati
mediante la riduzione dell'orario di lavoro del personale in procinto
di essere collocato a riposo.
9.- In ogni caso, se pure si riconducesse la disciplina dell'art.
21 alla materia della previdenza sociale e, quindi, alla competenza
legislativa regionale integrativa di cui all'art. 6 dello statuto
speciale, secondo la difesa regionale non sarebbe configurabile
alcuna illegittimita' costituzionale.
La contribuzione prevista dalla legge regionale, infatti, si
inscriverebbe nei piu' ampi interventi normativi previsti dal
legislatore nazionale per favorire le assunzioni di nuovo personale,
di cui costituirebbero esempi significativi l'art. 41, commi 1,
2-bis, e 5, del decreto legislativo 14 settembre 2015, n. 148
(Disposizioni per il riordino della normativa in materia di
ammortizzatori sociali in costanza di rapporto di lavoro, in
attuazione della legge 10 dicembre 2014, n. 183), che disciplina i
cosiddetti contratti di solidarieta' espansivi, attraverso i quali
viene concordata, a livello aziendale, una riduzione dell'orario di
lavoro per favorire nuove assunzioni, che viene incentivata anche
mediante la contribuzione previdenziale in favore dei lavoratori
interessati dalla riduzione dell'orario, e l'art. 1, comma 284, della
legge 28 dicembre 2015, n. 208, recante «Disposizioni per la
formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (legge di
stabilita' 2016)», che prevede incentivi previdenziali per favorire
il passaggio al lavoro part-time in prossimita' del pensionamento di
vecchiaia.
L'art. 21 della legge reg. Friuli-Venezia Giulia n. 18 del 2016,
peraltro, sarebbe specificamente attuativo del principio contenuto
nell'art. 17, comma 1, lettera p), della legge 7 agosto 2015, n. 124
(Deleghe al Governo in materia di riorganizzazione delle
amministrazioni pubbliche) che ha delegato il Governo a riorganizzare
le pubbliche amministrazioni, prevedendo la facolta' di promuovere il
ricambio generazionale mediante la riduzione dell'orario di lavoro
del personale in procinto di essere collocato a riposo e il
conseguimento dell'invarianza della contribuzione previdenziale
mediante la contribuzione volontaria ad integrazione ai sensi
dell'art. 8 del decreto legislativo 16 settembre 1996, n. 564
(Attuazione della delega conferita dall'art. 1, comma 39, della L. 8
agosto 1995, n. 335, in materia di contribuzione figurativa e di
copertura assicurativa per periodi non coperti da contribuzione).
Secondo la difesa regionale, la mancata attuazione della delega
in parte qua non avrebbe precluso la possibilita' di dare attuazione
al principio in essa affermato, in ragione della immediata portata
precettiva della legge di delega, e, quindi, la potesta' legislativa
di cui all'art. 6 dello statuto speciale sarebbe stata legittimamente
esercitata.
Tale conclusione non sarebbe neppure inficiata dal fatto che
l'istituto previsto dal legislatore nazionale poneva la contribuzione
volontaria a carico del lavoratore e non del datore di lavoro, come
invece e' stato previsto dalla legge reg. Friuli-Venezia Giulia n. 18
del 2016, poiche' il Friuli-Venezia Giulia, quale Regione autonoma,
coprirebbe con entrate proprie il costo del personale regionale e
degli locali.
10.- Ad ulteriore sostegno delle proprie argomentazioni, la
difesa regionale ha ricordato che l'istituto del "patto
generazionale" nel pubblico impiego e' stato regolato, in maniera
analoga a quanto fatto dalla Regione autonoma Friuli-Venezia Giulia,
da altre autonomie speciali, ovvero dalla Provincia autonoma di
Trento con la legge provinciale 22 aprile 2014, n. 1, recante
«Disposizioni per l'assestamento del bilancio annuale 2014 e
pluriennale 2014-2016 della Provincia autonoma di Trento (legge
finanziaria provinciale di assestamento 2014)» e dalla Regione
autonoma Trentino-Alto Adige con la legge regionale 12 dicembre 2014,
n. 12, recante «Disposizioni per la formazione del bilancio annuale
2015 e pluriennale 2015-2017 della Regione autonoma Trentino-Alto
Adige (Legge finanziaria)», le cui previsioni non sono state
impugnate dallo Stato.
11.- La natura attuativa della previsione regionale censurata
deriverebbe, inoltre, dalla clausola di invarianza finanziaria
contenuta al comma 4 dell'art. 21, che ricalcherebbe fedelmente la
previsione contenuta nella legge delega n. 124 del 2015, e che,
imponendo che l'attuazione del ricambio generazionale avvenga nei
limiti delle risorse risparmiate per effetto della riduzione
dell'orario di lavoro del personale dipendente, assicurerebbe
l'integrale copertura delle nuove spese.
Considerato in diritto
1.- Il Presidente del Consiglio dei ministri ha impugnato due
norme della legge della Regione autonoma Friuli-Venezia Giulia 9
dicembre 2016, n. 18 (Disposizioni in materia di sistema integrato
del pubblico impiego regionale e locale): l'art. 12, comma 6, che ha
imposto che i contratti di lavoro a tempo determinato conferiti a
soggetti non iscritti nel ruolo delle amministrazioni del comparto
unico sono risolti di diritto nel caso in cui l'amministrazione che
ha conferito l'incarico dichiari il dissesto o venga a trovarsi nelle
situazioni strutturalmente deficitarie; e l'art. 21, che prevede che
le amministrazioni del comparto unico possono concedere, a domanda
dell'interessato, negli ultimi tre anni di servizio del personale in
procinto di essere collocato a riposo, la riduzione dell'orario di
lavoro a tempo pieno, da un minimo del 35 per cento ad un massimo del
70 per cento, provvedendo al versamento dei contributi previdenziali
e di quiescenza riferiti al rapporto di lavoro a tempo pieno; la
norma e' intesa a favorire il ricambio generazionale, sicche' i
risparmi realizzati sono destinati dall'amministrazione
all'assunzione di personale con rapporto di lavoro a tempo parziale.
Secondo il Presidente del Consiglio dei ministri la previsione di
una clausola risolutiva automatica del rapporto di pubblico impiego
si porrebbe in contrasto con l'art. 4, primo comma, della legge
costituzionale 31 gennaio 1963, n. 1 (Statuto speciale della Regione
Friuli-Venezia Giulia) che, nell'attribuire alla Regione l'esercizio
della potesta' legislativa esclusiva in materia di ordinamento degli
uffici e degli enti dipendenti dalla Regione e di stato giuridico ed
economico del personale addetto, imporrebbe che il suo esercizio
avvenga in conformita' con i principi generali dell'ordinamento
giuridico, di cui costituirebbero espressione l'art. 19, comma 1-ter,
del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165 (Norme generali
sull'ordinamento del lavoro alle dipendenze delle amministrazioni
pubbliche), secondo cui la revoca degli incarichi dirigenziali nel
pubblico impiego puo' essere disposta solo nel caso di mancato
raggiungimento degli obiettivi prefissati o di inosservanza di
direttive, e l'art. 2119 del codice civile, che esclude che le
difficolta' economiche del datore di lavoro possano integrare un
motivo di recesso per giusta causa dal rapporto di lavoro.
L'art. 12, comma 6, della legge della Regione autonoma
Friuli-Venezia Giulia n. 18 del 2016 sarebbe, altresi', in contrasto
con l'art. 117, secondo comma, lettera l), Cost., poiche' il rapporto
di lavoro contrattualizzato del dipendente pubblico, anche regionale,
rientrerebbe nella materia "ordinamento civile", di competenza
esclusiva del legislatore nazionale, la cui disciplina deve essere
uniforme su tutto il territorio nazionale, mentre la clausola
risolutiva avrebbe applicazione nel solo territorio della Regione.
Quanto all'art. 21 della legge reg. Friuli-Venezia Giulia n. 18
del 2016, il Presidente del Consiglio dei ministri lo ritiene in
contrasto con l'art. 117, secondo comma, lettera o), Cost. e con
l'art. 6 dello statuto speciale regionale, poiche' avrebbe introdotto
un istituto giuridico nuovo nell'ambito della previdenza sociale,
materia di competenza esclusiva del legislatore statale, rispetto
alla quale la Regione ha una competenza statutaria meramente
attuativa e integrativa; nonche' con l'art. 81 Cost., poiche' non
sarebbe stata prevista idonea copertura finanziaria della spesa
derivante dalla sua applicazione.
2.- L'art. 12, comma 6, della legge reg. Friuli-Venezia Giulia n.
18 del 2016 e' stato abrogato dall'art. 9, comma 2, lettera c), della
legge della Regione autonoma Friuli-Venezia Giulia 21 aprile 2017, n.
9 (Funzioni onorifiche delle soppresse Province e altre norme in
materia di enti locali, Centrale unica di committenza regionale,
personale del Comparto unico del pubblico impiego regionale e locale,
trasporti e infrastrutture), con effetto satisfattivo del ricorrente
e senza che la norma oggetto di censura di costituzionalita' abbia
mai avuto applicazione, poiche' la legge abrogatrice e' entrata in
vigore il 27 aprile 2017, mentre, ai sensi dell'art. 59 della legge
reg. Friuli-Venezia Giulia n. 18 del 2016, l'entrata in vigore
dell'art. 12, oggetto di impugnativa, era stata differita al 1°
giugno 2017.
Va, dunque, dichiarata la cessazione della materia del contendere
in riferimento alla prima delle questioni prospettate, avente ad
oggetto l'art. 12, comma 6, della legge reg. Friuli-Venezia Giulia n.
18 del 2016 (sentenze n. 50 del 2017, n. 253 del 2016 e n. 32 del
2012).
3.- La questione relativa all'art. 21 della citata legge
regionale e' fondata.
La difesa della Regione autonoma Friuli-Venezia Giulia si
incentra sul preteso legittimo esercizio della propria competenza
legislativa statutaria in materia di ordinamento degli uffici,
nonche' su quella attuativa e integrativa in materia di previdenza
sociale, che avrebbe declinato i principi contenuti nella
legislazione statale piu' recente, in base alla quale sono previsti
incentivi previdenziali per favorire il ricambio generazionale.
In particolare, la Regione ritiene di aver dato attuazione ai
principi di cui all'art. 1, comma 284, della legge 28 dicembre 2015,
n. 208, recante «Disposizioni per la formazione del bilancio annuale
e pluriennale dello Stato (legge di stabilita' 2016)» e all'art. 41
del decreto legislativo 14 settembre 2015, n. 148 (Disposizioni per
il riordino della normativa in materia di ammortizzatori sociali in
costanza di rapporto di lavoro, in attuazione della legge 10 dicembre
2014, n. 183), nonche', con specifico riferimento al pubblico
impiego, all'art. 17, comma 1, lettera p), della legge 7 agosto 2015,
n. 124 (Deleghe al Governo in materia di riorganizzazione delle
amministrazioni pubbliche).
La norma censurata sembrerebbe porsi nell'alveo di una
consolidata tendenza dell'ordinamento, volta a favorire un graduale
avvicendamento occupazionale mediante l'apertura di prospettive di
nuove assunzioni derivanti dalla proporzionale riduzione dei rapporti
di lavoro esistenti con lavoratori anziani.
Secondo il ricorrente una siffatta disciplina involve profili, di
competenza statale, relativi alla materia della previdenza sociale.
Orbene, la corresponsione da parte dell'amministrazione dei
contributi riferiti alla prestazione a tempo pieno a fronte di un
lavoro part-time, sganciando l'onere contributivo dalla retribuzione,
interessa sicuramente la materia previdenziale di competenza statale
in maniera non meramente marginale, come invece sostenuto dalla
difesa della Regione; la norma censurata pone, infatti, un istituto
peculiare non conforme, nell'attuale disciplina del pubblico impiego,
alla ripartizione degli oneri previdenziali, con conseguente
incisione della competenza statale in materia.
L'argomento della difesa della Regione, secondo cui l'assetto
delineato dall'art. 21 della legge regionale in questione sarebbe
gia' presente come principio nell'ordinamento, quand'anche fondato,
non varrebbe comunque a consentire l'esercizio da parte della Regione
della funzione legislativa in materia, che le e' attribuita solo
quale funzione integrativa-attuativa, rispetto alla quale eccede
l'intervento legislativo in questione.
Pertanto va dichiarata l'illegittimita' costituzionale dell'art.
21 della legge reg. Friuli-Venezia Giulia n. 18 del 2016,
limitatamente alle parole: «; contestualmente l'amministrazione di
appartenenza provvede, per tale personale e per il corrispondente
periodo, al versamento dei contributi di previdenza e quiescenza
riferiti al rapporto di lavoro a tempo pieno».
Rimane assorbita la censura relativa alla violazione dell'art. 81
Cost.
per questi motivi
LA CORTE COSTITUZIONALE
1) dichiara l'illegittimita' costituzionale dell'art. 21, comma
1, della legge della Regione autonoma Friuli-Venezia Giulia 9
dicembre 2016, n. 18 (Disposizioni in materia di sistema integrato
del pubblico impiego regionale e locale), limitatamente alle parole:
«; contestualmente l'amministrazione di appartenenza provvede, per
tale personale e per il corrispondente periodo, al versamento dei
contributi di previdenza e quiescenza riferiti al rapporto di lavoro
a tempo pieno»;
2) dichiara cessata la materia del contendere in ordine alla
questione di legittimita' costituzionale dell'art. 12, comma 6, della
legge reg. Friuli-Venezia Giulia n. 18 del 2016, promossa, in
riferimento all'art. 4, primo comma, della legge costituzionale 31
gennaio 1963, n. 1 (Statuto speciale della Regione Friuli-Venezia
Giulia) e all'art. 117, secondo comma, lettera l), della
Costituzione, dal Presidente del Consiglio dei ministri, con il
ricorso indicato in epigrafe.
Cosi' deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale,
Palazzo della Consulta, il 23 gennaio 2018.
F.to:
Giorgio LATTANZI, Presidente
Giulio PROSPERETTI, Redattore
Roberto MILANA, Cancelliere
Depositata in Cancelleria l'1 marzo 2018.
Il Direttore della Cancelleria
F.to: Roberto MILANA
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