N. 64 ORDINANZA 21 febbraio - 27 marzo 2018
Giudizio di legittimita' costituzionale in via incidentale.
Reati e pene - Abrogazione di reati e introduzione di illeciti con
sanzioni pecuniarie civili - Reato di minaccia di cui all'art. 612
cod. pen. - Trattamento sanzionatorio.
- Decreto legislativo 15 gennaio 2016, n. 7 (Disposizioni in materia
di abrogazione di reati e introduzione di illeciti con sanzioni
pecuniarie civili, a norma dell'articolo 2, comma 3, della legge 28
aprile 2014, n. 67), art. 1, comma 1, lettera c).
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(GU n.13 del 28-3-2018 )
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori:
Presidente:Giorgio LATTANZI;
Giudici :Aldo CAROSI, Marta CARTABIA, Mario Rosario MORELLI,
Giancarlo CORAGGIO, Giuliano AMATO, Silvana SCIARRA, Daria de
PRETIS, Nicolo' ZANON, Augusto Antonio BARBERA, Giulio PROSPERETTI,
Giovanni AMOROSO,
ha pronunciato la seguente
ORDINANZA
nel giudizio di legittimita' costituzionale dell'art. 1, comma 1,
lettera c), del decreto legislativo 15 gennaio 2016, n. 7
(Disposizioni in materia di abrogazione di reati e introduzione di
illeciti con sanzioni pecuniarie civili, a norma dell'articolo 2,
comma 3, della legge 28 aprile 2014, n. 67), promosso dal Giudice di
pace di Firenze, nel procedimento penale a carico di E. G. e altri,
con ordinanza del 30 marzo 2016, iscritta al n. 137 del registro
ordinanze 2016 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica
n. 33, prima serie speciale, dell'anno 2016.
Visto l'atto di intervento del Presidente del Consiglio dei
ministri;
udito nella camera di consiglio del 21 febbraio 2018 il Giudice
relatore Giovanni Amoroso.
Ritenuto che, con ordinanza del 30 marzo 2016, il Giudice di pace
di Firenze ha sollevato, in riferimento agli artt. 3, 25 e 70 della
Costituzione, questioni di legittimita' costituzionale dell'art. 1,
comma 1, lettera c), del decreto legislativo del 15 gennaio 2016, n.
7 (Disposizioni in materia di abrogazione di reati e introduzione di
illeciti con sanzioni pecuniarie civili, a norma dell'articolo 2,
comma 3, della legge 28 aprile 2014, n. 67), «nella parte in cui non
prevede che i procedimenti penali aventi ad oggetto la contestazione
del reato di cui all'art. 612 c.p. non possano essere estinti
mediante il pagamento anche rateizzato di un importo pari alla meta'
della pena pecuniaria prevista dall'art. 612 c.p.», nonche' della
medesima disposizione «nella parte in cui non prevede l'abrogazione
dell'art. 612 c.p.»;
che il rimettente riferisce di procedere nei confronti di quattro
soggetti imputati dei reati di cui agli artt. 594 e 612 del codice
penale e di ritenere la rilevanza e la non manifesta infondatezza
«della questione proposta dall'Avv. Pamela Bonaiuti con l'istanza
depositata da intendersi interamente qui ritrascritta e che si
allega»;
che, con atto depositato il 6 settembre 2016, e' intervenuto in
giudizio il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e
difeso dall'Avvocatura generale dello Stato, chiedendo che le
questioni siano dichiarate inammissibili atteso che l'ordinanza di
rimessione e' affetta da totale assenza di descrizione della
fattispecie concreta, nonche' da un assoluto difetto di motivazione
in punto di rilevanza;
che comunque - osserva l'Avvocatura - nel merito le questioni
sarebbero infondate in relazione a tutti i parametri indicati dal
rimettente;
che l'Avvocatura pone in rilievo, in particolare, come debba
essere disatteso l'assunto della mancata attuazione della previsione
contenuta nella legge delega del 28 aprile 2014, n. 67 (Deleghe al
Governo in materia di pene detentive non carcerarie e di riforma del
sistema sanzionatorio. Disposizioni in materia di sospensione del
procedimento con messa alla prova e nei confronti degli
irreperibili), relativa alla possibilita', nei casi in cui venga
irrogata la sola sanzione pecuniaria, di estinzione del procedimento
mediante il pagamento, anche rateizzato, di un importo pari alla
meta' della stessa pena, in considerazione del rinvio, nei limiti
della compatibilita', alla legge 24 novembre 1981, n. 689 (Modifiche
al sistema penale) ed in particolare all'art. 26 di detta legge che
consente il pagamento rateale;
che, quanto all'asserita disparita' di trattamento con il reato
di cui all'art. 594 cod. pen., oggetto di abrogazione a differenza di
quello di cui all'art. 612 cod. pen., nonostante quest'ultimo preveda
una pena inferiore, rileva l'Avvocatura come il legislatore delegato
si sia ispirato ai criteri di delega nel depenalizzare alcune ipotesi
delittuose a tutela della fede pubblica, dell'onore e del patrimonio,
accomunate dal fatto di incidere prevalentemente su interessi di
natura privata e di essere procedibili a querela;
che comunque ampia e', in questa materia, la discrezionalita' del
legislatore;
che con successiva memoria l'Avvocatura ha ribadito le
considerazioni gia' svolte.
Considerato che il rimettente ha motivato l'ordinanza di
rimessione mediante mero ed integrale rinvio alle argomentazioni
contenute nell'istanza proposta dal difensore di alcuni degli
imputati, limitandosi ad affermare che essa e' «da intendersi
interamente qui ritrascritta e che si allega»;
che l'ordinanza di rimessione e' del tutto priva della
descrizione della fattispecie oggetto del giudizio a quo;
che tale lacuna, per consolidata giurisprudenza di questa Corte,
determina l'inammissibilita' delle questioni di legittimita'
costituzionale (ex plurimis, ordinanze n. 7 del 2018 e n. 46 del
2017);
che, inoltre, le questioni sono manifestamente inammissibili
anche alla luce del consolidato orientamento di questa Corte secondo
cui, nei giudizi incidentali di costituzionalita' delle leggi, non e'
«ammessa la cosiddetta motivazione per relationem. Infatti, il
principio di autonomia di ciascun giudizio di costituzionalita' in
via incidentale, quanto ai requisiti necessari per la sua valida
instaurazione, e il conseguente carattere autosufficiente della
relativa ordinanza di rimessione, impongono al giudice a quo di
rendere espliciti, facendoli propri, i motivi della ritenuta non
manifesta infondatezza, non potendo limitarsi ad un mero richiamo di
quelli evidenziati dalle parti nel corso del processo principale (ex
plurimis, sentenze n. 49, n. 22 e n. 10 del 2015; ordinanza n. 33 del
2014), ovvero anche in altre ordinanze di rimessione emanate nello
stesso o in altri giudizi (sentenza n. 103 del 2007; ordinanze n. 156
del 2012 e n. 33 del 2006)» (sentenza n. 170 del 2015); orientamento,
di recente, ribadito nella sentenza n. 42 del 2017 e nell'ordinanza
n. 19 del 2018.
Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n.
87, e 9, comma 1, delle Norme integrative per i giudizi davanti alla
Corte costituzionale.
per questi motivi
LA CORTE COSTITUZIONALE
dichiara la manifesta inammissibilita' delle questioni di
legittimita' costituzionale dell'art. 1, comma 1, lettera c), del
decreto legislativo 15 gennaio 2016, n. 7 (Disposizioni in materia di
abrogazione di reati e introduzione di illeciti con sanzioni
pecuniarie civili, a norma dell'articolo 2, comma 3, della legge 28
aprile 2014, n. 67), sollevate, in riferimento agli artt. 3, 25 e 70
della Costituzione, dal Giudice di pace di Firenze con l'ordinanza
indicata in epigrafe.
Cosi' deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale,
Palazzo della Consulta, il 21 febbraio 2018.
F.to:
Giorgio LATTANZI, Presidente
Giovanni AMOROSO, Redattore
Roberto MILANA, Cancelliere
Depositata in Cancelleria il 27 marzo 2018.
Il Direttore della Cancelleria
F.to: Roberto MILANA
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