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mercoledì 18 luglio 2018
N. 148 SENTENZA 5 giugno - 11 luglio 2018 Giudizio di legittimita' costituzionale in via principale. Caccia - Pesca - Atti di ostruzionismo o di disturbo all'esercizio dell'attivita' venatoria, piscatoria - Disciplina sanzionatoria. - Legge della Regione Veneto 17 gennaio 2017, n. 1 (Norme regionali in materia di disturbo all'esercizio dell'attivita' venatoria e piscatoria: modifiche alla legge regionale 9 dicembre 1993, n. 50 "Norme regionali per la protezione della fauna selvatica e per il prelievo venatorio" e alla legge regionale 28 aprile 1998, n. 19 "Norme per la tutela delle risorse idrobiologiche e della fauna ittica e per la disciplina dell'esercizio della pesca nelle acque interne e marittime interne della Regione Veneto"). - (GU n.29 del 18-7-2018 )
N. 148 SENTENZA 5 giugno - 11 luglio 2018
Giudizio di legittimita' costituzionale in via principale.
Caccia - Pesca - Atti di ostruzionismo o di disturbo all'esercizio
dell'attivita' venatoria, piscatoria - Disciplina sanzionatoria.
- Legge della Regione Veneto 17 gennaio 2017, n. 1 (Norme regionali
in materia di disturbo all'esercizio dell'attivita' venatoria e
piscatoria: modifiche alla legge regionale 9 dicembre 1993, n. 50
"Norme regionali per la protezione della fauna selvatica e per il
prelievo venatorio" e alla legge regionale 28 aprile 1998, n. 19
"Norme per la tutela delle risorse idrobiologiche e della fauna
ittica e per la disciplina dell'esercizio della pesca nelle acque
interne e marittime interne della Regione Veneto").
-
(GU n.29 del 18-7-2018 )
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori:
Presidente:Giorgio LATTANZI;
Giudici :Aldo CAROSI, Marta CARTABIA, Mario Rosario MORELLI,
Giancarlo CORAGGIO, Giuliano AMATO, Silvana SCIARRA, Daria de
PRETIS, Nicolo' ZANON, Franco MODUGNO, Augusto Antonio BARBERA,
Giulio PROSPERETTI, Giovanni AMOROSO, Francesco VIGANO',
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nel giudizio di legittimita' costituzionale degli artt. 1, 2 e 3
della legge della Regione Veneto 17 gennaio 2017, n. 1 (Norme
regionali in materia di disturbo all'esercizio dell'attivita'
venatoria e piscatoria: modifiche alla legge regionale 9 dicembre
1993, n. 50 "Norme regionali per la protezione della fauna selvatica
e per il prelievo venatorio" e alla legge regionale 28 aprile 1998,
n. 19 "Norme per la tutela delle risorse idrobiologiche e della fauna
ittica e per la disciplina dell'esercizio della pesca nelle acque
interne e marittime interne della Regione Veneto"), promosso dal
Presidente del Consiglio dei ministri, con ricorso notificato il
17-22 marzo 2017, depositato in cancelleria il 27 marzo 2017,
iscritto al n. 33 del registro ricorsi 2017 e pubblicato nella
Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 20, prima serie speciale,
dell'anno 2017.
Visto l'atto di costituzione della Regione Veneto;
udito nell'udienza pubblica del 5 giugno 2018 il Giudice relatore
Giancarlo Coraggio;
uditi l'avvocato dello Stato Marina Russo per il Presidente del
Consiglio dei ministri e gli avvocati Ezio Zanon e Luigi Manzi per la
Regione Veneto.
Ritenuto in fatto
1.- Con ricorso n. 33 del 2017, il Presidente del Consiglio dei
ministri ha proposto in via principale questione di legittimita'
costituzionale avente ad oggetto la legge della Regione Veneto 17
gennaio 2017, n. 1 (Norme regionali in materia di disturbo
all'esercizio dell'attivita' venatoria e piscatoria: modifiche alla
legge regionale 9 dicembre 1993, n. 50 "Norme regionali per la
protezione della fauna selvatica e per il prelievo venatorio" e alla
legge regionale 28 aprile 1998, n. 19 "Norme per la tutela delle
risorse idrobiologiche e della fauna ittica e per la disciplina
dell'esercizio della pesca nelle acque interne e marittime interne
della Regione Veneto"), per violazione degli artt. 117, secondo
comma, lettere h) ed l), nonche' 3, 25 e 27 della Costituzione.
1.1.- L'art. 1 della legge regionale impugnata inserisce nella
legge della Regione Veneto 9 dicembre 1993, n. 50 (Norme regionali
per la protezione della fauna selvatica e per il prelievo venatorio),
l'art. 35-bis (Disturbo all'esercizio dell'attivita' venatoria e
molestie agli esercenti l'attivita' venatoria), che cosi' dispone:
«1. Chiunque, con lo scopo di impedire intenzionalmente l'esercizio
dell'attivita' venatoria ponga in essere atti di ostruzionismo o di
disturbo dai quali possa essere turbata o interrotta la regolare
attivita' di caccia o rechi molestie ai cacciatori nel corso delle
loro attivita', e' punito con la sanzione amministrativa da euro
600,00 a euro 3.600,00. 2. All'accertamento e alla contestazione
delle violazioni procedono gli organi cui sono demandate funzioni di
polizia. 3. La Regione esercita le funzioni amministrative
riguardanti l'applicazione delle sanzioni amministrative previste
dalla presente legge e ne introita i proventi. 4. Non integrano, in
ogni caso, la fattispecie di cui al comma 1, gli atti rientranti
nell'esercizio dell'attivita' agricola, di cui all'articolo 2135 del
Codice Civile, nel rispetto dell'articolo 842 del Codice Civile».
Il successivo art. 2, a sua volta, inserisce, nella legge della
Regione Veneto 28 aprile 1998 n. 19 (Norme per la tutela delle
risorse idrobiologiche e della fauna ittica e per la disciplina
dell'esercizio della pesca nelle acque interne e marittime interne
della Regione Veneto), l'art. 33-ter (Disturbo all'esercizio
dell'attivita' piscatoria e molestie agli esercenti l'attivita'
piscatoria), dal seguente tenore: «1. Chiunque, con lo scopo di
impedire intenzionalmente l'esercizio dell'attivita' piscatoria ponga
in essere atti di ostruzionismo o di disturbo dai quali possa essere
turbata o interrotta la regolare attivita' di pesca o rechi molestie
ai pescatori nel corso delle loro attivita', e' punito con la
sanzione amministrativa da euro 600,00 a euro 3.600,00. 2.
All'accertamento e alla contestazione delle violazioni procedono gli
organi cui sono demandate funzioni di polizia. 3. La Regione esercita
le funzioni amministrative riguardanti l'applicazione delle sanzioni
amministrative previste dalla presente legge e ne introita i
proventi».
L'art. 3, infine, contiene la clausola di neutralita'
finanziaria.
2.- Secondo il ricorrente, le disposizioni sopra riportate
inciderebbero su materie riservate alla competenza legislativa
statale dall'art. 117, secondo comma, lettere h) ed l), Cost.
Infatti, sanzionando a titolo di illecito amministrativo
comportamenti quali il «disturbo», l'«ostruzionismo» e la «molestia»,
esse colpirebbero «condotte emulative dirette al solo fine di
arrecare nocumento a beni fondamentali quali l'integrita' delle
persone e la sicurezza, sussumibili nella categoria dell'ordine
pubblico e della sicurezza, sulle quali lo Stato ha potesta'
legislativa esclusiva» (art. 117, comma secondo, lettera h, Cost.).
A supporto della propria censura, viene rilevato che le condotte
prese in esame dalla legge regionale impugnata sarebbero agevolmente
riconducibili alla fattispecie di reato di cui all'art. 660 del
codice penale, posto che le condotte di disturbo o molestia -
coincidenti con quelle contemplate dalla impugnata legge regionale -
avrebbero per indefettibile presupposto il loro compimento in luogo
pubblico o aperto al pubblico (tali essendo i luoghi tipici in cui si
svolgono le attivita' venatoria e piscatoria) e che sarebbe senza
dubbio meritevole di biasimo la finalita' della condotta diretta a
recare disturbo a chi svolge un'attivita' lecita.
La scelta del legislatore regionale di sanzionare come illecito
amministrativo una condotta che e' gia' prevista e punita dalla legge
statale a titolo di illecito penale ex art. 660 cod. pen.
dimostrerebbe, altresi', l'interferenza della norma regionale con un
ambito (l'ordinamento penale, appunto) che alla legislazione
regionale e' sottratto (ex art. 117, comma secondo, lettera l, Cost.)
La legge regionale censurata inciderebbe anche su un'altra
materia (l'ordinamento civile) di competenza statale (ai sensi della
medesima lettera l del citato secondo comma dell'art. 117 Cost.),
posto che gli interessi che la legge regionale mirerebbe a tutelare
sarebbero gia' oggetto di una tutela di tipo privatistico, idonea a
garantire la risarcibilita' dei danni arrecati dalle condotte prese
in esame dalle norme impugnate.
Le denunciate disposizioni regionali violerebbero, inoltre, i
principi di legalita', razionalita' e non discriminazione rinvenibili
negli artt. 3, 25 e 27 Cost.
Esse, infatti, sanzionerebbero a titolo di illecito
amministrativo condotte descritte in termini generici e privi del
sufficiente grado di determinatezza, tali da prospettare difficolta'
a livello applicativo e, piu' in generale, da determinare un
contrasto con i principi costituzionali di legalita' e razionalita',
validi anche per gli illeciti amministrativi ed espressamente
richiamati dalla legge 24 novembre 1981, n. 689 (Modifiche al sistema
penale).
Verrebbe inoltre in rilievo, oltre alla mancata previsione della
clausola di riserva «salvo che il fatto non costituisca reato», la
considerazione che le sanzioni amministrative introdotte dalle norme
regionali in esame (da euro 600,00 a euro 3.600,00) sarebbero
decisamente sproporzionate, sia in comparazione con quelle previste
dall'art. 35 della legge reg. Veneto n. 50 del 1993, il cui massimo
edittale, nei casi piu' gravi, e' fissato in euro 1.200,00 sia
rispetto a quelle previste a carico del cacciatore per le violazioni
commesse ai sensi dell'art. 31 della legge 11 febbraio 1992, n. 157
(Norme per la protezione della fauna selvatica omeoterma e per il
prelievo venatorio), il cui massimo edittale e' inferiore a quello
previsto dalla legge regionale impugnata.
L'Avvocatura generale dello Stato rileva, infine, come
dall'illegittimita' costituzionale degli artt. 1 e 2 della legge reg.
Veneto n. 1 del 2017 discenderebbe la necessita' di caducare anche il
successivo art. 3, in quanto, recando solo una clausola di
neutralita' finanziaria, sarebbe privo di autonoma portata
precettiva.
3.- Si e' costituita in giudizio la Regione Veneto, chiedendo che
il ricorso sia dichiarato non fondato e sostenendo che il sospetto di
illegittimita' costituzionale delineato nel ricorso del Presidente
del Consiglio dei ministri sarebbe «il frutto di un radicale
travisamento della ontologia e della teleologia della legge
regionale».
Quest'ultima, infatti, introdurrebbe due fattispecie parallele di
sanzioni amministrative, le quali, a differenza di quanto affermato
dal ricorrente, non presenterebbero alcuna coincidenza con la
fattispecie penale descritta nell'art. 660 cod. pen., ne' sotto il
profilo materiale, ne' tanto meno sotto il profilo del bene giuridico
protetto.
Ed infatti, la disposizione penale punirebbe genericamente
qualsiasi comportamento di molestia o di disturbo che sia compiuto in
un luogo pubblico o aperto al pubblico, interferendo nell'altrui vita
privata e relazionale, mentre, per configurare gli illeciti
amministrativi introdotti dalla impugnata legge regionale, non
sarebbe sufficiente il compimento di atti diretti a recare molestia,
ma occorrerebbe una condotta che illecitamente e scientemente
interferisca con il regolare svolgimento delle attivita' di caccia e
di pesca. Si tratterebbe, dunque, di condotte materiali distinte e
solo parzialmente sovrapponibili, in ragione, peraltro, dell'ampiezza
e della residualita' della fattispecie penale.
Tale diversita' si dispiegherebbe anche sotto il profilo
teleologico, in quanto il bene giuridico tutelato dalla norma
incriminatrice sarebbe l'ordine pubblico inteso come pubblica
tranquillita', senza che assuma alcun rilievo l'ambito di attivita' o
di vita su cui incide la molestia. Contrariamente, invece, le
sanzioni amministrative regionali non mirerebbero in alcun modo a
tutelare l'ordine pubblico, avendo come loro finalita' primaria ed
esclusiva quella di garantire il regolare e ordinato esercizio
dell'attivita' venatoria e piscatoria. Tanto si evincerebbe non solo
dalla descrizione della condotta materiale degli illeciti
amministrativi, ma anche dal profilo soggettivo degli stessi, che
richiede una forma di dolo intenzionale al fine del concretizzarsi
dell'illecito, ovverosia lo scopo di impedire l'esercizio
dell'attivita' di caccia o pesca.
La Regione Veneto rileva, inoltre, che le disposizioni de quibus
dovrebbero essere ricomprese nell'ambito competenziale cui afferisce
la relativa materia sostanziale, ovverosia la caccia, di spettanza
regionale.
A suo parere, andrebbe esclusa qualsivoglia lesione della
competenza esclusiva dello Stato in materia di ordinamento civile e
penale, stante la diversa natura, il differente regime e la distinta
finalita' perseguita dalla disciplina regionale. D'altronde ben
sarebbe ammissibile la compresenza di rimedi penali, amministrativi e
civili, senza che derivi alcuna compromissione della legittimita'
degli uni rispetto agli altri, operando gli stessi su piani diversi e
solo accidentalmente sovrapponibili.
Infondato sarebbe anche il secondo motivo di ricorso.
Gli illeciti amministrativi introdotti dalla legge impugnata
sarebbero, infatti, descritti in modo esaustivo e dettagliato sia
sotto il profilo oggettivo sia sotto il profilo soggettivo.
La condotta materiale sarebbe delineata in maniera puntuale,
dovendo consistere in atti di «ostruzionismo» e di «disturbo», ossia
comportamenti volontari che si pongono come un ostacolo, un
impedimento o un intralcio all'altrui agire. A tale condotta si
assocerebbe, poi, uno specifico eventus damni, sostanziantesi nella
turbativa o nell'impedimento dell'attivita' venatoria o piscatoria
ovvero in una molestia ai danni del cacciatore o del pescatore
nell'esercizio di attivita' che sono oggetto di una specifica
perimetrazione normativa rinvenibile, tra l'altro, nell'art. 12 della
legge n. l57 del 1992 e, ancora, nell'art. 24 della legge reg. Veneto
n. 19 del l998. Sarebbe, infine, richiesto, per l'integrazione
dell'illecito, sotto il profilo psicologico, lo scopo di impedire
l'esercizio delle predette attivita'.
Peraltro, per perimetrare la condotta di molestia presa in
considerazione dal legislatore regionale, l'interprete avrebbe a
propria disposizione la ricca e risalente tradizione interpretativa
della fattispecie di cui all'art. 660 cod. pen.
Quanto al rilievo legato alla assenza della clausola di riserva
«salvo che il fatto non costituisca reato», la Regione ancora una
volta richiama la diversita' ontologica e teleologica delle
fattispecie disciplinate dalla legge regionale, sottolineando,
peraltro, la possibile coesistenza di sanzioni penali ed
amministrative.
Con riguardo all'asserita sproporzione della sanzione pecuniaria
prevista dalla legge regionale, infine, sostiene che tali fattispecie
di illecito amministrativo in esame costituiscono norme di chiusura,
strumento di salvaguardia dell'intero sistema, dirette non a
sanzionare la violazione di singoli obblighi settoriali ma a
salvaguardare il regolare e ordinato svolgimento delle attivita'
venatoria e piscatoria. Cio' giustificherebbe quindi la scelta
sanzionatoria e la sua asimmetria rispetto alle ipotesi richiamate
dal ricorrente.
Considerato in diritto
1.- Il Presidente del Consiglio dei ministri ha promosso, in
riferimento agli artt. 3, 25, 27 e 117, secondo comma, lettere h) ed
l), della Costituzione, questione di legittimita' costituzionale
della legge della Regione Veneto 17 gennaio 2017, n. 1 (Norme
regionali in materia di disturbo all'esercizio dell'attivita'
venatoria e piscatoria: modifiche alla legge regionale 9 dicembre
1993, n. 50 "Norme regionali per la protezione della fauna selvatica
e per il prelievo venatorio" e alla legge regionale 28 aprile 1998,
n. 19 "Norme per la tutela delle risorse idrobiologiche e della fauna
ittica e per la disciplina dell'esercizio della pesca nelle acque
interne e marittime interne della Regione Veneto").
Gli artt. 1 e 2 della legge regionale impugnata inseriscono,
rispettivamente, l'art. 35-bis nella legge della Regione Veneto 9
dicembre 1993, n. 50 (Norme regionali per la protezione della fauna
selvatica e per il prelievo venatorio) e l'art. 33-ter nella legge
della Regione Veneto 28 aprile 1998, n. 19 (Norme per la tutela delle
risorse idrobiologiche e della fauna ittica e per la disciplina
dell'esercizio della pesca nelle acque interne e marittime interne
della Regione Veneto), disponendo che venga punito con la sanzione
amministrativa da euro 600,00 a euro 3.600,00 chiunque, con lo scopo
di impedire intenzionalmente l'esercizio dell'attivita'
(rispettivamente) venatoria e piscatoria, ponga in essere atti di
ostruzionismo o di disturbo dai quali possa essere turbata o
interrotta la regolare attivita' di caccia o pesca o rechi molestie
ai cacciatori o ai pescatori nel corso delle loro attivita'.
L'art. 3, infine, contiene la clausola di neutralita'
finanziaria.
2.- Il Presidente del Consiglio dei ministri impugna la legge
nella sua interezza, prospettando una molteplicita' di questioni.
3.- Per economia di giudizio, e facendo ricorso al potere di
decidere l'ordine delle questioni da affrontare, eventualmente
dichiarando assorbite le altre (sentenza n. 98 del 2013), si esamina
anzitutto l'eccepita violazione del riparto delle competenze
legislative tra Stato e Regione, in quanto pregiudiziale sotto il
profilo logico-giuridico rispetto a quelle che investono il contenuto
della scelta operata con la norma regionale, riferite a parametri non
compresi nel Titolo V della Parte II della Costituzione (sentenza n.
81 del 2017).
4.- La questione e' fondata.
5.- Lo scrutinio delle censure implica, secondo la costante
giurisprudenza costituzionale, l'individuazione dell'ambito materiale
al quale vanno ascritte le disposizioni impugnate, tenendo conto
della loro ratio, della finalita', del contenuto e dell'oggetto della
disciplina (ex plurimis, sentenze n. 108 e n. 32 del 2017).
5.1.- In linea di principio, per pacifico orientamento di questa
Corte, la disciplina in tema di sanzioni accede a quella sostanziale.
Essa, cioe', non costituisce una materia a se' stante e spetta al
soggetto nella cui sfera di competenza rientra la disciplina la cui
inosservanza costituisce l'atto sanzionabile (ex multis, sentenze n.
90 del 2013, n. 240 del 2007, n. 384 del 2005 e n. 12 del 2004).
Ma nel caso di specie, contrariamente a quanto sostenuto dalla
Regione Veneto, le sanzioni non possono essere ricondotte alla
materia "caccia e pesca". Non si tratta, infatti, di sanzioni
amministrative poste a presidio di prescrizioni relative
all'esercizio di tali attivita', come nel caso dell'art. 35 della
legge reg. Veneto n. 50 del 1993 e dell'art. 33 della legge reg.
Veneto n. 19 del 1998, che al contrario contengono un elenco di
fattispecie di inosservanze di puntuali obblighi e adempimenti posti
a carico di coloro che le esercitano.
La condotta presa in considerazione si sostanzia in atti di
«ostruzionismo» o «disturbo», rispetto ai quali la caccia e la pesca
rilevano solo al fine di delimitare l'ambito delle persone offese e
l'elemento psicologico.
La finalita' perseguita non e' quella di assicurare il rispetto
di specifici obblighi settoriali posti dal legislatore per
regolamentare l'esercizio delle attivita' venatoria o piscatoria. E',
invece, quella di garantire il diritto all'esercizio delle attivita'
in questione al riparo da interferenze esterne e di prevenire la
possibilita' di reazione della persona offesa.
5.2.- Le norme impugnate, quindi, attengono a comportamenti che
pregiudicano la «ordinata e civile convivenza nella comunita'
nazionale» (tra le altre, sentenze n. 108 del 2017, n. 300 del 2011,
n. 274 del 2010, n. 129 del 2009), e in quanto tali sono
riconducibili alla materia «ordine pubblico e sicurezza» di cui alla
lettera h) del secondo comma dell'art. 117 Cost., pur nella lettura
rigorosa che questa Corte ha operato della stessa.
6.- Restano assorbiti gli ulteriori motivi di censura.
per questi motivi
LA CORTE COSTITUZIONALE
dichiara l'illegittimita' costituzionale della legge della
Regione Veneto 17 gennaio 2017, n. 1 (Norme regionali in materia di
disturbo all'esercizio dell'attivita' venatoria e piscatoria:
modifiche alla legge regionale 9 dicembre 1993, n. 50 "Norme
regionali per la protezione della fauna selvatica e per il prelievo
venatorio" e alla legge regionale 28 aprile 1998, n. 19 "Norme per la
tutela delle risorse idrobiologiche e della fauna ittica e per la
disciplina dell'esercizio della pesca nelle acque interne e marittime
interne della Regione Veneto").
Cosi' deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale,
Palazzo della Consulta, il 5 giugno 2018.
F.to:
Giorgio LATTANZI, Presidente
Giancarlo CORAGGIO, Redattore
Roberto MILANA, Cancelliere
Depositata in Cancelleria l'11 luglio 2018.
Il Direttore della Cancelleria
F.to: Roberto MILANA
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