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mercoledì 5 dicembre 2018

N. 219 SENTENZA 23 ottobre - 29 novembre 2018 Giudizio di legittimita' costituzionale in via principale. Alimenti e bevande - Igiene dei prodotti alimentari - Requisiti igienico-sanitari e strutturali dei locali per la produzione e la stagionatura con metodi tradizionali di prodotti a base di latte. - Legge della Regione Calabria 7 novembre 2017, n. 41, recante «Disposizioni per agevolare l'uso dei locali di stagionatura tradizionali - modifiche alla legge regionale 23 febbraio 2004, n. 5 (Norme per l'individuazione dei prodotti a base di latte ritenuti storici e/o tradizionalmente fabbricati)», art. 1. (GU n.48 del 5-12-2018 )

N. 219 SENTENZA 23 ottobre - 29 novembre 2018

Giudizio di legittimita' costituzionale in via principale.

Alimenti e bevande -  Igiene  dei  prodotti  alimentari  -  Requisiti
  igienico-sanitari e strutturali dei locali per la produzione  e  la
  stagionatura con metodi tradizionali di prodotti a base di latte.
- Legge della Regione  Calabria  7  novembre  2017,  n.  41,  recante
  «Disposizioni  per  agevolare  l'uso  dei  locali  di  stagionatura
  tradizionali - modifiche alla legge regionale 23 febbraio 2004,  n.
  5 (Norme per l'individuazione dei prodotti a base di latte ritenuti
  storici e/o tradizionalmente fabbricati)», art. 1.
(GU n.48 del 5-12-2018 )
 

                       LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori:
Presidente:Giorgio LATTANZI;
Giudici  :Aldo  CAROSI,  Marta  CARTABIA,  Mario   Rosario   MORELLI,
  Giancarlo CORAGGIO,  Giuliano  AMATO,  Silvana  SCIARRA,  Daria  de
  PRETIS, Nicolo' ZANON, Franco  MODUGNO,  Augusto  Antonio  BARBERA,
  Giulio  PROSPERETTI,  Giovanni  AMOROSO,  Francesco  VIGANO',  Luca
  ANTONINI,
 
     
    ha pronunciato la seguente

                              SENTENZA

    nel giudizio di legittimita'  costituzionale  dell'art.  1  della
legge  della  Regione  Calabria  7  novembre  2017,  n.  41,  recante
«Disposizioni  per  agevolare  l'uso  dei  locali   di   stagionatura
tradizionali - modifiche alla legge regionale 23 febbraio 2004, n.  5
(Norme per l'individuazione dei prodotti a  base  di  latte  ritenuti
storici e/o tradizionalmente fabbricati)», promosso con  ricorso  del
Presidente del Consiglio dei ministri,  notificato  il  5-11  gennaio
2018, depositato in cancelleria il 15 gennaio 2018, iscritto al n.  5
del registro ricorsi 2018 e pubblicato nella Gazzetta Ufficiale della
Repubblica n. 7, prima serie speciale, dell'anno 2018.
    Visto l'atto di costituzione della Regione Calabria;
    udito nell'udienza  pubblica  del  23  ottobre  2018  il  Giudice
relatore Giuliano Amato;
    uditi l'avvocato dello Stato Gabriella Palmieri per il Presidente
del  Consiglio  dei  ministri  e  gli  avvocati  Domenico   Gullo   e
Gianclaudio Festa per la Regione Calabria.

                          Ritenuto in fatto

    1.- Con ricorso notificato il 5-11 gennaio 2018 e  depositato  il
15 gennaio 2018 (reg. ric. n. 5 del 2018) il Presidente del Consiglio
dei ministri, rappresentato e difeso dall'Avvocatura  generale  dello
Stato, ha promosso, in riferimento all'art. 117,  primo  comma  -  in
relazione al regolamento (CE) n. 852/2004 del  Parlamento  europeo  e
del  Consiglio,  del  29  aprile  2004,  «sull'igiene  dei   prodotti
alimentari» - nonche' secondo comma, lettera m), e terzo comma  della
Costituzione, questioni di legittimita'  costituzionale  dell'art.  1
della legge della Regione Calabria 7 novembre 2017,  n.  41,  recante
«Disposizioni  per  agevolare  l'uso  dei  locali   di   stagionatura
tradizionali - modifiche alla legge regionale 23 febbraio 2004, n.  5
(Norme per l'individuazione dei prodotti a  base  di  latte  ritenuti
storici e/o tradizionalmente fabbricati)».
    1.1.- La disposizione impugnata aggiunge il comma 1-bis  all'art.
2 della legge della Regione Calabria 23 febbraio 2004,  n.  5  (Norme
per l'individuazione dei prodotti a base di  latte  ritenuti  storici
e/o tradizionalmente fabbricati), prevedendo che i locali particolari
ove effettuare la produzione e la stagionatura di prodotti a base  di
latte, ottenuti con attrezzature e metodologie tradizionali,  possano
avere:
    «a) pareti geologicamente naturali;
    b) muri, pavimenti, soffitti e porte non lisci, non impermeabili,
non resistenti, senza rivestimento chiaro o con composti di materiale
inalterabile;
    c) dispositivi e  utensili  di  lavoro  destinati  ad  entrare  a
contatto diretto con le materie prime e i prodotti in  materiale  non
resistente alla corrosione, non facili da lavare e disinfettare (assi
di legno e attrezzature tradizionali)».
    2.- Secondo la difesa statale, la Regione Calabria,  introducendo
talune deroghe ai requisiti igienicosanitari e strutturali prescritti
dalla normativa comunitaria, avrebbe ecceduto le proprie  competenze,
in violazione delle disposizioni  costituzionali  che  regolano  tale
materia.
    2.1.- In primo luogo, l'art. 1 della legge reg.  Calabria  n.  41
del 2017 contrasterebbe con il regolamento  n.  852/2004/CE,  ledendo
cosi' l'art. 117, primo comma, Cost.
    Tale regolamento ha come finalita' il perseguimento di un elevato
livello di protezione della vita e della salute umana e, riguardo  ai
requisiti specifici applicabili ai locali  all'interno  dei  quali  i
prodotti  alimentari  vengono  preparati,  lavorati  o   trasformati,
dispone che gli stessi locali «devono essere progettati e disposti in
modo da consentire una corretta prassi igienica  impedendo  anche  la
contaminazione tra e durante le operazioni»  (allegato  II,  capitolo
II, paragrafo 1).
    L'art. 13 del regolamento prevede espressamente  la  possibilita'
di deroghe, con limiti ben precisi e individuati, aventi  l'obiettivo
di consentire l'utilizzazione ininterrotta di metodi tradizionali  in
una  qualsiasi  delle  fasi  della   produzione,   trasformazione   o
distribuzione degli alimenti o di tener conto  delle  esigenze  delle
imprese alimentari situate in Regioni soggette a particolari  vincoli
geografici. Tali deroghe, tuttavia, potrebbero essere introdotte solo
con misure nazionali e previa  notifica  agli  Stati  membri  e  alla
Commissione  europea,  alla   quale   e'   rimessa   la   valutazione
sull'ammissibilita'  delle  stesse,  per  ogni   specifico   prodotto
tradizionale.
    A tal fine, la direzione  generale  del  Ministero  della  salute
avrebbe  rappresentato  alla  Commissione  l'esigenza  di   apportare
deroghe per taluni prodotti, riconosciuti  tradizionali  e  contenuti
nell'elenco  predisposto  dal  Ministero  delle  politiche  agricole,
alimentari e forestali, nonche' per alcuni prodotti  a  denominazione
di origine protetta (DOP) e a indicazione geografica protetta  (IGP),
in  considerazione   delle   peculiari   lavorazioni   previste   nel
disciplinare di produzione. Deroghe richieste su istanza del  singolo
produttore e previa dettagliata descrizione del processo produttivo.
    La legge reg. Calabria n. 41 del 2017, invece, sarebbe  priva  di
qualsivoglia riferimento  circostanziato  a  uno  specifico  prodotto
tradizionale  e  non  sarebbero  rappresentate   eventuali   esigenze
peculiari legate alla specialita' dei processi di produzione.
    Dunque,  poiche'  alla   luce   della   costante   giurisprudenza
costituzionale le norme  europee  fungono  da  norme  interposte  (e'
richiamata, in particolare, l'ordinanza n. 103 del 2008), l'attivita'
legislativa regionale  violerebbe  gli  obblighi  comunitari  di  cui
all'art. 117, primo comma, Cost.
    2.2.- L'art. l della legge regionale impugnata, in secondo luogo,
sarebbe lesivo anche dell'art. 117, secondo comma, lettera m), Cost.,
poiche' la tutela igienico-sanitaria degli alimenti andrebbe ascritta
alla determinazione dei  livelli  essenziali  delle  prestazioni  che
devono  essere  assicurati  sull'intero  territorio  nazionale.  Tale
titolo di legittimazione, infatti, costituisce uno strumento  teso  a
evitare che la legislazione regionale violi gli  standard  minimi  di
tutela fissati dal legislatore statale (viene richiamata la  sentenza
n. 141 del 2016).
    2.3.- Da ultimo, sarebbe violato l'art. 117, terzo comma,  Cost.,
relativamente alla  competenza  dello  Stato  a  fissare  i  principi
fondamentali  in  materia  di  «tutela  della  salute»,   anche   con
riferimento  a  quanto  espressamente  previsto  dal  regolamento  n.
852/2004/CE, che, al  fine  di  «conseguire  un  elevato  livello  di
protezione della vita umana  e  della  salute  umana»,  consentirebbe
deroghe agli Stati membri solo con l'adozione di normative nazionali.
    3.- Con atto depositato il 9 febbraio 2018 si  e'  costituita  in
giudizio la Regione Calabria, chiedendo che le questioni promosse dal
Presidente del Consiglio dei ministri siano dichiarate  inammissibili
o comunque infondate.
    3.1.- La  legge  reg.  Calabria  n.  41  del  2017,  che  apporta
modificazioni alla legge reg. Calabria n. 5 del  2004,  interverrebbe
in un ambito, quello della tutela della salute e  dell'alimentazione,
attribuito, ai sensi dell'art. 117, terzo comma, Cost., alla potesta'
legislativa concorrente.
    Riguardo all'asserita mancanza, nella disposizione impugnata,  di
un qualsivoglia riferimento circostanziato a uno  specifico  prodotto
tradizionale e a eventuali esigenze peculiari legate alla specialita'
dei processi di produzione, dovrebbe  tenersi  conto  che  la  stessa
disposizione si limiterebbe a integrare un provvedimento  legislativo
vigente,  che  gia'  reca  un   dettagliato   elenco   di   prodotti,
specificando per ciascuno: materia  prima,  tecnica  di  lavorazione,
attrezzatura storica, area e calendario  di  produzione.  Inoltre,  i
prodotti calabresi a base di latte ivi indicati  coinciderebbero  con
quelli contenuti nell'elenco nazionale  dei  prodotti  agroalimentari
tradizionali, predisposto con il decreto del Ministro delle politiche
agricole 18 luglio 2000  e  successivamente  aggiornato.  Infine,  la
disposizione impugnata non stabilirebbe, per i prodotti  individuati,
alcuna  deroga  automatica  ai  requisiti  previsti  dalla  normativa
comunitaria.
    Dovrebbe evidenziarsi, anzi, che il regolamento (CE) n. 2074/2005
della  Commissione,  del  5  dicembre  2005,  recante  «modalita'  di
attuazione relative a taluni prodotti di cui al regolamento  (CE)  n.
853/2004 del Parlamento europeo e del Consiglio e  all'organizzazione
di controlli ufficiali a norma dei regolamenti del Parlamento europeo
e del Consiglio (CE) n.  854/2004  e  (CE)  n.  882/2004,  deroga  al
regolamento (CE) n. 852/2004 del Parlamento europeo e del Consiglio e
modifica dei regolamenti  (CE)  n.  853/2004  e  (CE)  n.  854/2004»,
prevede,  all'art.  7,  la  possibilita'  di  derogare  allo   stesso
regolamento n. 852/2004/CE per i prodotti alimentari  che  presentano
«caratteristiche tradizionali».
    In attuazione di cio', in data 25  gennaio  2007,  la  Conferenza
permanente per i rapporti tra lo  Stato  le  regioni  e  le  province
autonome di Trento e Bolzano ha sancito  un'intesa  che  consente  ai
produttori di  alimenti  tradizionali  di  continuare  a  utilizzare,
appunto in deroga a quanto previsto dal regolamento  n.  852/2004/CE,
locali  e  attrezzature  che  conferiscono  ai  prodotti  particolari
caratteristiche organolettiche. Deroghe che nel caso di  specie  sono
rilasciate dall'autorita' sanitaria competente, come richiamato anche
dalla stessa legge reg. Calabria n. 5 del 2004.
    Pertanto, le disposizioni impugnate non contrasterebbero ne'  con
la normativa comunitaria, ne' con la potesta' legislativa statale.
    Tali  conclusioni  sarebbero  confermate  anche  dal  fatto   che
analoghe  disposizioni,  contenute  in  altre  leggi  regionali,  non
sarebbero state impugnate dal Governo,  ne'  risulterebbero  pendenti
questioni  di  legittimita'  costituzionale  in  via  incidentale  in
relazione alle medesime. Sarebbe il caso,  ad  esempio,  dell'art.  6
della legge della Regione Abruzzo 11 giugno 2008, n. 8  (Disposizioni
per  agevolare  la  trasformazione  e  la   lavorazione   di   minimi
quantitativi di prodotti agricoli), che recherebbe  una  disposizione
di contenuto sostanzialmente identico a quella impugnata.
    4.-  In  prossimita'  dell'udienza,  entrambe  le   parti   hanno
presentato memorie, ribadendo e integrando le proprie conclusioni.
    4.1.- La difesa statale, in particolare, sottolinea l'irrilevanza
del fatto che una disposizione analoga a quella impugnata  sia  stata
prevista dall'art.  6  della  legge  reg.  Abruzzo  n.  8  del  2008,
disposizione a suo tempo non impugnata dal Governo. Non  vi  sarebbe,
infatti, una perfetta  sovrapponibilita'  e  coincidenza  applicativa
delle  due  normative  e,  in  ogni  caso,  in  base  alla   costante
giurisprudenza costituzionale, l'omessa  impugnazione  di  precedenti
norme  analoghe  «non  ha  alcun   rilievo,   dato   che   l'istituto
dell'acquiescenza non e' applicabile  nel  giudizio  di  legittimita'
costituzionale in via principale» (sentenza n. 139 del 2013).
    4.2.- La difesa regionale, invece, oltre a  ribadire  le  ragioni
d'infondatezza delle questioni, si sofferma in particolare sui motivi
d'inammissibilita' delle stesse.
    4.2.1.- In relazione  all'asserita  violazione  della  disciplina
comunitaria, la stessa non colpirebbe, comunque, l'intero  articolato
della disposizione regionale impugnata. La lettera c) del comma l-bis
della legge reg. Calabria n. 5 del  2004,  infatti,  riguarderebbe  i
dispositivi e gli utensili di lavoro, mentre l'allegato II,  capitolo
II, paragrafo 1, del regolamento  n.  852/2004/CE,  richiamato  dalla
difesa statale, farebbe riferimento soltanto  ai  locali  all'interno
dei  quali  i  prodotti  alimentari  vengono  preparati,  lavorati  e
trasformati  (degli  strumenti  di  lavoro  e   degli   impianti   si
occuperebbe, invece, il paragrafo 2).
    Peraltro, il ricorso si limiterebbe a richiamare genericamente il
primo periodo dell'allegato II, capitolo II, paragrafo 1, ma  non  il
complessivo articolato del medesimo, con conseguente genericita'  del
motivo. Da tale articolato, d'altronde,  non  si  desumerebbe  alcuna
relazione con le  «pareti  geologicamente  naturali»  previste  dalla
disposizione regionale impugnata.
    Dunque - poiche' per costante  giurisprudenza  costituzionale  il
ricorso in via principale deve identificare esattamente la  questione
nei suoi termini normativi, indicando  le  norme  costituzionali  (ed
eventualmente  interposte)  e  ordinarie,  la  definizione  del   cui
rapporto di compatibilita' o incompatibilita'  costituisce  l'oggetto
della  questione,   e   poiche',   inoltre,   esso   deve   contenere
un'argomentazione di merito a sostegno della  richiesta  declaratoria
di illegittimita' costituzionale (sono richiamate le sentenze n. 251,
n. 233, n. 218, n. 142 e n. 53 del  2015)  -  la  questione  dovrebbe
ritenersi inammissibile.
    4.2.2.- Venendo alle censure relative alla  violazione  dell'art.
117, secondo comma, lettera m), Cost., le stesse (tra  l'altro  -  in
tesi -  non  pienamente  corrispondenti  ai  motivi  formulati  nella
relazione ministeriale) sarebbero del tutto generiche.
    La difesa statale, infatti,  attraverso  una  mera  petizione  di
principio, sosterrebbe che la tutela  igienico-sanitaria  costituisce
un livello essenziale  da  assicurare  uniformemente  sul  territorio
nazionale, al fine di evitare che la disciplina regionale  possa  non
garantire standard  minimi  di  tutela.  Nondimeno,  tale  titolo  di
legittimazione statale non corrisponderebbe a una  materia  in  senso
stretto e, pertanto, non potrebbe ipotizzarsene la  violazione  senza
la  contestuale  indicazione  della  normativa  statale  violata  (si
richiama la sentenza n. 297 del  2012).  La  qual  cosa  non  sarebbe
rinvenibile  nel  ricorso,   con   conseguente   indeterminatezza   e
inammissibilita' della censura.
    4.2.3.- Analoghe considerazioni,  infine,  potrebbero  farsi  con
riferimento  all'asserita  violazione  dell'art.  117,  terzo  comma,
Cost., relativamente alla competenza statale  a  fissare  i  principi
fondamentali in materia di «tutela della salute».
    Anche per tale doglianza (pure non  pienamente  corrispondente  -
sempre in tesi - ai motivi della  relazione  ministeriale)  sarebbero
evidenti  l'insufficienza  della  motivazione,  nonche'  la   mancata
ricostruzione del quadro normativo di riferimento (sono richiamate le
sentenze n. 135 del·2017, n. 265 del 2016, n. l71, n. 82 e n. 60  del
2015 e l'ordinanza n. 86 del 2016). Si  tratterebbe  di  una  censura
meramente assertiva, priva dell'indicazione del parametro  interposto
(si richiama la sentenza n. 239 del 2016). Ne' tale carenza  potrebbe
essere  colmata  dal  riferimento  al  regolamento  n.   852/2004/CE,
inidoneo a fungere da normativa nazionale di riferimento.

                       Considerato in diritto

    1.- Il Presidente del Consiglio  dei  ministri  ha  promosso,  in
riferimento all'art 117, primo comma - in  relazione  al  regolamento
(CE) n. 852/2004 del Parlamento  europeo  e  del  Consiglio,  del  29
aprile 2004, «sull'igiene dei prodotti alimentari» -, secondo  comma,
lettera  m),  e  terzo  comma,  della  Costituzione,   questioni   di
legittimita' costituzionale dell'art. 1  della  legge  della  Regione
Calabria 7 novembre 2017, n. 41, recante «Disposizioni per  agevolare
l'uso dei locali di stagionatura tradizionali - modifiche alla  legge
regionale 23 febbraio 2004, n.  5  (Norme  per  l'individuazione  dei
prodotti a  base  di  latte  ritenuti  storici  e/o  tradizionalmente
fabbricati)».
    1.1.- Tale disposizione - che aggiunge il comma 1-bis all'art.  2
della legge della Regione Calabria 23 febbraio 2004, n. 5 (Norme  per
l'individuazione dei prodotti a base di latte  ritenuti  storici  e/o
tradizionalmente  fabbricati)   -   introduce   talune   prescrizioni
concernenti le caratteristiche dei locali ove vengono  effettuate  la
produzione e la stagionatura di prodotti a base  di  latte,  ottenuti
con attrezzature  e  metodologie  tradizionali.  In  particolare,  si
prevede  che  tali  locali  possano  avere   «pareti   geologicamente
naturali», nonche' «muri, pavimenti, soffitti e porte non lisci,  non
impermeabili,  non  resistenti,  senza  rivestimento  chiaro  o   con
composti di materiale inalterabile». Alcune indicazioni sono  fornite
anche per i dispositivi  e  gli  utensili  di  lavoro,  consentendosi
l'utilizzo di materiali non resistenti alla corrosione e  non  facili
da lavare e disinfettare.
    2.- Secondo  la  difesa  statale,  la  Regione  Calabria  avrebbe
introdotto talune deroghe ai requisiti igienicosanitari e strutturali
prescritti dalla normativa comunitaria, eccedendo  cosi'  le  proprie
competenze costituzionali.
    2.1.- La disposizione impugnata, in primo  luogo,  contrasterebbe
con il regolamento n. 852/2004/CE, ledendo cosi'  l'art.  117,  primo
comma, Cost.
    2.2.- In secondo  luogo,  sarebbe  violato  l'art.  117,  secondo
comma, lettera m), Cost., poiche' la tutela igienico-sanitaria  degli
alimenti dovrebbe essere ascritta  alla  determinazione  dei  livelli
essenziali  che  devono  essere  assicurati  sull'intero   territorio
nazionale, di competenza esclusiva delle Stato.
    2.3.- Da ultimo, sussisterebbe un contrasto anche con l'art. 117,
terzo comma, Cost., relativamente alla competenza statale a fissare i
principi fondamentali in materia di «tutela della salute», perche' il
regolamento n. 852/2004/CE, stabilendo l'obiettivo di «conseguire  un
elevato livello di protezione della vita umana e della salute umana»,
consentirebbe solo alla legislazione statale la previsione di deroghe
ai requisiti igienico-sanitari ivi previsti.
    3.-  In  via  preliminare,  deve  dichiararsi  inammissibile   la
questione promossa in relazione all'art. 117, secondo comma,  lettera
m), Cost., poiche' generica e carente di motivazione.
    La    parte    ricorrente,    infatti,    ascrive    la    tutela
igienico-sanitaria  degli   alimenti   anche   a   tale   titolo   di
legittimazione  statale,  sulla  base  di   generiche   esigenze   di
uniformita' da garantire  sul  territorio  nazionale.  Si  tratta  di
affermazioni del tutto prive di  un'adeguata  motivazione  in  ordine
alle  specifiche  ragioni  che  determinerebbero  la  violazione  del
parametro  invocato.  Adeguata  motivazione  che,  come  piu'   volte
sottolineato   da   questa   Corte,    costituisce    un    requisito
imprescindibile,  ancor  piu'  nei  giudizi  in  via  principale  (ex
plurimis, sentenze n. 192, n. 135 e n. 107 del 2017; n. 249 e n.  239
del 2016; n. 233, n. 218, n. 142 e n. 82 del 2015).
    4.- Sempre in via preliminare, la difesa regionale osserva anche,
senza addurre ragioni d'inammissibilita',  bensi'  di  disparita'  di
trattamento, che non era stata oggetto d'impugnazione  da  parte  del
Governo un'analoga disposizione, contenuta  all'art.  6  della  legge
della  Regione  Abruzzo  11  giugno  2008,  n.  8  (Disposizioni  per
agevolare la trasformazione e la lavorazione di  minimi  quantitativi
di prodotti agricoli).
    L'argomento e' irrilevante.
    5.- Non sono fondate le questioni di legittimita'  costituzionale
dell'art. 1 della legge reg. Calabria n. 41  del  2017,  promosse  in
riferimento all'art. 117, primo comma - in relazione  al  regolamento
n. 852/2004/CE - e terzo comma, Cost.
    5.1.- L'art. 1 della legge reg. Calabria n. 41 del 2017 inserisce
il comma 1-bis nell'art. 2 della legge reg. Calabria n. 5  del  2004,
che disciplina i prodotti lattiero-caseari della Regione, che possono
essere qualificati storici o tradizionali, individuati  nell'apposito
elenco regionale.
    In particolare, con tale disposizione si  integra  la  disciplina
dei locali di produzione, prevedendo che i locali possano avere anche
pareti geologicamente naturali, muri, pavimenti, soffitti e porte non
lisci, non impermeabili, non resistenti, senza rivestimento chiaro  o
non composti di materiale inalterabile, nonche'  che  vi  si  possano
usare dispositivi e utensili prodotti  in  materiale  non  resistente
alla corrosione, non facili da lavare e disinfettare.
    Si tratta, pertanto, di una disposizione che, sebbene  intervenga
nel testo di una legge che si occupa  della  natura  tradizionale  di
taluni alimenti, concerne  aspetti  piu'  propriamente  riconducibili
all'igiene alimentare. Tale  disciplina  puo'  essere  ascritta  alla
materia della «tutela della salute», come gia' sottolineato da questa
Corte (ex multis, sentenze n. 339 del 2007, n. 95 del 2005 e  n.  162
del 2004), di competenza concorrente tra Stato e Regioni, sebbene  le
norme comunitarie, dettando principi e regole sui  requisiti  per  la
produzione  e  la  vendita  degli  alimenti,   abbiano   notevolmente
ristretto lo spazio d'intervento.
    Con   particolare   riferimento   alle   deroghe   ai   requisiti
igienico-sanitari per i  «prodotti  tradizionali»,  gia'  in  vigenza
della  precedente  disciplina  comunitaria,   attuata   dal   decreto
legislativo 26  maggio  1997,  n.  155  (Attuazione  della  direttiva
93/43/CEE e della direttiva 96/3/CE concernente l'igiene dei prodotti
alimentari), tale possibilita' era consentita, seppure  soltanto  per
talune categorie di alimenti. In particolare, il decreto  legislativo
30 aprile 1998, n. 173 (Disposizioni in materia di  contenimento  dei
costi di produzione e per il rafforzamento strutturale delle  imprese
agricole, a norma dell'articolo 55, commi 14 e  15,  della  legge  27
dicembre 1997, n. 449), attribuiva a un decreto  del  Ministro  della
sanita', adottato di  concerto  con  il  Ministro  per  le  politiche
agricole  e  con  il  Ministro  dell'industria,   del   commercio   e
dell'artigianato, la facolta' di definire tali deroghe, nei limiti di
quanto autorizzato dalla  Commissione  europea,  su  richiesta  degli
Stati membri.
    I prodotti in questione (ossia fabbricati con metodiche omogenee,
secondo regole tradizionali, da almeno 25  anni),  inoltre,  dovevano
essere individuati in  un  apposito  elenco  nazionale  dei  prodotti
agroalimentari  tradizionali,  articolato  su  base  regionale.  Tale
elenco, istituito con decreto del Ministro delle politiche agricole 8
settembre 1999, n. 350, e' stato successivamente adottato con decreto
ministeriale 18 luglio 2000 ed  e'  progressivamente  aggiornato.  Il
successivo decreto  25  luglio  2000,  adottato  dal  Ministro  della
sanita' di concerto  con  il  Ministro  per  le  politiche  agricole,
stabiliva, pertanto, per i prodotti inseriti nel  citato  elenco,  la
possibilita' di deroghe finalizzate alla conservazione del patrimonio
gastronomico tradizionale, determinate con decreto del Ministro della
sanita', di concerto con il Ministro per le politiche agricole e  con
il Ministro dell'industria, del  commercio  e  dell'artigianato,  per
ciascun prodotto tradizionale.
    Nella  cornice  di  un  piu'  ampio  intervento  di  riforma,  il
regolamento n. 852/2004/CE ha innovato la disciplina  della  materia.
Ivi, all'allegato II, capitolo II, paragrafo  1,  si  prevede  che  i
locali dove gli  alimenti  sono  preparati,  lavorati  o  trasformati
devono essere  progettati  e  disposti  in  modo  da  consentire  una
corretta prassi igienica, impedendo anche  la  contaminazione  tra  e
durante le operazioni (taluni requisiti sono previsti  dal  paragrafo
2, non invocato come norma interposta, anche per  le  attrezzature  e
gli utensili impiegati all'interno dei  locali).  Essi  devono  avere
pavimenti facili da pulire e fabbricati con materiale resistente, non
assorbente, lavabile e  non  tossico;  le  medesime  condizioni  sono
richieste per le pareti e  le  porte,  che  devono  anche  avere  una
superficie liscia,  mentre  i  soffitti  devono  essere  costruiti  e
predisposti in modo da evitare l'accumulo di sporcizia e  ridurre  la
condensa, la formazione  di  muffa  indesiderabile  e  la  caduta  di
particelle. L'art. 13 del regolamento,  nondimeno,  attribuisce  agli
Stati membri la possibilita'  di  prevedere,  con  misure  nazionali,
deroghe a tali requisiti, notificate alla Commissione europea e  agli
altri Stati membri, con una descrizione particolareggiata del tipo di
deroga e della relativa motivazione, sulla cui  base  la  Commissione
adotta una specifica decisione.
    La disciplina delle deroghe, gia' di per se' piu' ampia  rispetto
alla  precedente  normativa  comunitaria,  e'   stata   ulteriormente
integrata dal regolamento (CE) n. 2074/2005 della Commissione, del  5
dicembre 2005, recante «modalita' di  attuazione  relative  a  taluni
prodotti di cui  al  regolamento  (CE)  n.  853/2004  del  Parlamento
europeo e del Consiglio e all'organizzazione di controlli ufficiali a
norma dei regolamenti del Parlamento europeo e del Consiglio (CE)  n.
854/2004 e (CE) n. 882/2004, deroga al regolamento (CE)  n.  852/2004
del Parlamento europeo e del Consiglio  e  modifica  dei  regolamenti
(CE) n. 853/2004 e  (CE)  n.  854/2004».  In  particolare,  ai  sensi
dell'art. 7, spetta  agli  Stati  membri  la  facolta'  di  prevedere
deroghe individuali o generali ai requisiti  igienico-sanitari  degli
stabilimenti  che   fabbricano   prodotti   alimentari   tradizionali
(storicamente  riconosciuti  come  tali  oppure  fabbricati   secondo
riferimenti tecnici codificati o registrati o comunque protetti  come
prodotti  alimentari  tradizionali  dalla  legislazione  comunitaria,
nazionale,  regionale  o  locale),  qualora  l'ambiente  dei   locali
contribuisca,  anche   parzialmente,   allo   sviluppo   delle   loro
caratteristiche. Gli Stati membri che concedono le deroghe ne  devono
soltanto informare la Commissione e  gli  altri  Stati  membri  entro
dodici mesi dalla concessione, dando conto delle  misure  adottate  e
delle ragioni delle stesse.
    A tal proposito, l'intesa siglata in Conferenza permanente per  i
rapporti tra lo Stato le regioni e le province autonome di  Trento  e
Bolzano, in data 25 gennaio 2007, ha previsto  che  i  produttori  di
prodotti tradizionali ai sensi del citato d.m. n. 350  del  1999,  in
deroga  a  quanto  previsto  all'allegato  II,   capitolo   II,   del
regolamento n. 852/2004/CE, possono continuare a utilizzare,  per  la
maturazione o stagionatura, locali aventi caratteristiche  ambientali
tali   da   conferire   ai   prodotti   particolari   caratteristiche
organolettiche,  nonche'  «materiali   per   gli   strumenti   e   le
attrezzature   specifiche   utilizzate   specificatamente   per    la
preparazione, l'imballaggio e il confezionamento di  tali  prodotti».
Le  relative  deroghe  sono   rilasciate   dall'autorita'   sanitaria
competente e i produttori, in ogni caso, devono predisporre un  piano
di autocontrollo adeguato, in cui  siano  indicate  le  procedure  di
pulizia e disinfezione nei locali.
    5.2.- Cio' premesso,  nell'esercizio  delle  proprie  competenze,
l'art. 1 della legge reg. Calabria n. 41 del 2017 non  ha  introdotto
una  disciplina  in  contrasto  con  i  requisiti   igienico-sanitari
stabiliti dal diritto comunitario  e  dai  provvedimenti  statali  di
attuazione. Intanto, va precisato che i materiali e i procedimenti di
pulizia particolari previsti per gli utensili e le attrezzature usati
per la produzione dei prodotti tradizionali non  sono  oggetto  della
disciplina di cui all'allegato II,  capitolo  II,  paragrafo  1,  del
regolamento n. 852/2004/CE, invocato  quale  norma  interposta  dalla
difesa statale. Per tali profili, dunque, non puo' essere rilevato in
questa sede l'eventuale contrasto con il diritto comunitario.
    Quanto  al  resto,  il  legislatore  calabrese  non  reca  alcuna
innovazione riguardo alle specifiche modalita' per il  riconoscimento
dei prodotti tradizionali, ne' per quanto  concerne  il  procedimento
relativo   alla   registrazione   delle   aziende    produttrici    e
all'autorizzazione alla produzione e alla vendita.  Tali  circostanze
restano disciplinate dalla legge reg. Calabria  n.  5  del  2004,  in
conformita' alla precedente normativa statale e comunitaria.
    In particolare, resta fermo quanto previsto dall'art. 5  di  tale
legge regionale, ove si  dispone  la  necessita'  dell'autorizzazione
dell'azienda sanitaria locale  competente  per  la  produzione  e  la
vendita di prodotti tradizionali in deroga a  quanto  previsto  dalla
disciplina comunitaria. Il che appare pienamente  conforme  a  quanto
previsto dall'intesa del 25 gennaio  2007,  secondo  cui  le  deroghe
individuali  devono  essere   rilasciate   dall'autorita'   sanitaria
competente, a cui spetta la verifica della conformita'  del  processo
produttivo rispetto alle condizioni  generali  previste  per  ciascun
prodotto tradizionale.
    La  disposizione  regionale  impugnata,  dunque,   non   richiama
esplicitamente, ma presuppone, l'applicazione delle norme statali  ed
europee in materia di deroghe. L'ambito  di  applicazione  del  comma
1-bis dell'art. 2 della legge reg. Calabria n. 5  del  2004,  quindi,
non potra' essere altro se non quello delimitato da tali norme,  che,
come  gia'  osservato,   consentono   ai   produttori   di   prodotti
tradizionali inseriti nell'elenco nazionale di cui al d.m. n. 350 del
1999 di continuare a utilizzare procedimenti in deroga  ai  requisiti
igienico-sanitari previsti dal  diritto  comunitario,  ove  cio'  sia
necessario.
     
     

                          per questi motivi
                       LA CORTE COSTITUZIONALE

    1)  dichiara   inammissibile   la   questione   di   legittimita'
costituzionale dell'art. 1  della  legge  della  Regione  Calabria  7
novembre 2017, n. 41, recante «Disposizioni per agevolare  l'uso  dei
locali di stagionatura tradizionali - modifiche alla legge  regionale
23 febbraio 2004, n. 5 (Norme per  l'individuazione  dei  prodotti  a
base di latte ritenuti  storici  e/o  tradizionalmente  fabbricati)»,
promossa dal Presidente del Consiglio dei  ministri,  in  riferimento
all'art 117, secondo comma, lettera m), della  Costituzione,  con  il
ricorso indicato in epigrafe;
    2)  dichiara   non   fondate   le   questioni   di   legittimita'
costituzionale dell'art. 1 della legge reg. Calabria n. 41 del  2017,
promosse dal Presidente del Consiglio dei  ministri,  in  riferimento
all'art 117, primo comma  -  in  relazione  al  regolamento  (CE)  n.
852/2004 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 29 aprile  2004,
«sull'igiene dei prodotti alimentari» - e terzo comma, Cost., con  il
ricorso indicato in epigrafe.
    Cosi' deciso in Roma,  nella  sede  della  Corte  costituzionale,
Palazzo della Consulta, il 23 ottobre 2018.

                                F.to:
                    Giorgio LATTANZI, Presidente
                      Giuliano AMATO, Redattore
                     Roberto MILANA, Cancelliere

    Depositata in Cancelleria il 29 novembre 2018.

                   Il Direttore della Cancelleria
                        F.to: Roberto MILANA

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