N. 219 SENTENZA 23 ottobre - 29 novembre 2018
Giudizio di legittimita' costituzionale in via principale.
Alimenti e bevande - Igiene dei prodotti alimentari - Requisiti
igienico-sanitari e strutturali dei locali per la produzione e la
stagionatura con metodi tradizionali di prodotti a base di latte.
- Legge della Regione Calabria 7 novembre 2017, n. 41, recante
«Disposizioni per agevolare l'uso dei locali di stagionatura
tradizionali - modifiche alla legge regionale 23 febbraio 2004, n.
5 (Norme per l'individuazione dei prodotti a base di latte ritenuti
storici e/o tradizionalmente fabbricati)», art. 1.
(GU n.48 del 5-12-2018 )
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori:
Presidente:Giorgio LATTANZI;
Giudici :Aldo CAROSI, Marta CARTABIA, Mario Rosario MORELLI,
Giancarlo CORAGGIO, Giuliano AMATO, Silvana SCIARRA, Daria de
PRETIS, Nicolo' ZANON, Franco MODUGNO, Augusto Antonio BARBERA,
Giulio PROSPERETTI, Giovanni AMOROSO, Francesco VIGANO', Luca
ANTONINI,
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nel giudizio di legittimita' costituzionale dell'art. 1 della
legge della Regione Calabria 7 novembre 2017, n. 41, recante
«Disposizioni per agevolare l'uso dei locali di stagionatura
tradizionali - modifiche alla legge regionale 23 febbraio 2004, n. 5
(Norme per l'individuazione dei prodotti a base di latte ritenuti
storici e/o tradizionalmente fabbricati)», promosso con ricorso del
Presidente del Consiglio dei ministri, notificato il 5-11 gennaio
2018, depositato in cancelleria il 15 gennaio 2018, iscritto al n. 5
del registro ricorsi 2018 e pubblicato nella Gazzetta Ufficiale della
Repubblica n. 7, prima serie speciale, dell'anno 2018.
Visto l'atto di costituzione della Regione Calabria;
udito nell'udienza pubblica del 23 ottobre 2018 il Giudice
relatore Giuliano Amato;
uditi l'avvocato dello Stato Gabriella Palmieri per il Presidente
del Consiglio dei ministri e gli avvocati Domenico Gullo e
Gianclaudio Festa per la Regione Calabria.
Ritenuto in fatto
1.- Con ricorso notificato il 5-11 gennaio 2018 e depositato il
15 gennaio 2018 (reg. ric. n. 5 del 2018) il Presidente del Consiglio
dei ministri, rappresentato e difeso dall'Avvocatura generale dello
Stato, ha promosso, in riferimento all'art. 117, primo comma - in
relazione al regolamento (CE) n. 852/2004 del Parlamento europeo e
del Consiglio, del 29 aprile 2004, «sull'igiene dei prodotti
alimentari» - nonche' secondo comma, lettera m), e terzo comma della
Costituzione, questioni di legittimita' costituzionale dell'art. 1
della legge della Regione Calabria 7 novembre 2017, n. 41, recante
«Disposizioni per agevolare l'uso dei locali di stagionatura
tradizionali - modifiche alla legge regionale 23 febbraio 2004, n. 5
(Norme per l'individuazione dei prodotti a base di latte ritenuti
storici e/o tradizionalmente fabbricati)».
1.1.- La disposizione impugnata aggiunge il comma 1-bis all'art.
2 della legge della Regione Calabria 23 febbraio 2004, n. 5 (Norme
per l'individuazione dei prodotti a base di latte ritenuti storici
e/o tradizionalmente fabbricati), prevedendo che i locali particolari
ove effettuare la produzione e la stagionatura di prodotti a base di
latte, ottenuti con attrezzature e metodologie tradizionali, possano
avere:
«a) pareti geologicamente naturali;
b) muri, pavimenti, soffitti e porte non lisci, non impermeabili,
non resistenti, senza rivestimento chiaro o con composti di materiale
inalterabile;
c) dispositivi e utensili di lavoro destinati ad entrare a
contatto diretto con le materie prime e i prodotti in materiale non
resistente alla corrosione, non facili da lavare e disinfettare (assi
di legno e attrezzature tradizionali)».
2.- Secondo la difesa statale, la Regione Calabria, introducendo
talune deroghe ai requisiti igienicosanitari e strutturali prescritti
dalla normativa comunitaria, avrebbe ecceduto le proprie competenze,
in violazione delle disposizioni costituzionali che regolano tale
materia.
2.1.- In primo luogo, l'art. 1 della legge reg. Calabria n. 41
del 2017 contrasterebbe con il regolamento n. 852/2004/CE, ledendo
cosi' l'art. 117, primo comma, Cost.
Tale regolamento ha come finalita' il perseguimento di un elevato
livello di protezione della vita e della salute umana e, riguardo ai
requisiti specifici applicabili ai locali all'interno dei quali i
prodotti alimentari vengono preparati, lavorati o trasformati,
dispone che gli stessi locali «devono essere progettati e disposti in
modo da consentire una corretta prassi igienica impedendo anche la
contaminazione tra e durante le operazioni» (allegato II, capitolo
II, paragrafo 1).
L'art. 13 del regolamento prevede espressamente la possibilita'
di deroghe, con limiti ben precisi e individuati, aventi l'obiettivo
di consentire l'utilizzazione ininterrotta di metodi tradizionali in
una qualsiasi delle fasi della produzione, trasformazione o
distribuzione degli alimenti o di tener conto delle esigenze delle
imprese alimentari situate in Regioni soggette a particolari vincoli
geografici. Tali deroghe, tuttavia, potrebbero essere introdotte solo
con misure nazionali e previa notifica agli Stati membri e alla
Commissione europea, alla quale e' rimessa la valutazione
sull'ammissibilita' delle stesse, per ogni specifico prodotto
tradizionale.
A tal fine, la direzione generale del Ministero della salute
avrebbe rappresentato alla Commissione l'esigenza di apportare
deroghe per taluni prodotti, riconosciuti tradizionali e contenuti
nell'elenco predisposto dal Ministero delle politiche agricole,
alimentari e forestali, nonche' per alcuni prodotti a denominazione
di origine protetta (DOP) e a indicazione geografica protetta (IGP),
in considerazione delle peculiari lavorazioni previste nel
disciplinare di produzione. Deroghe richieste su istanza del singolo
produttore e previa dettagliata descrizione del processo produttivo.
La legge reg. Calabria n. 41 del 2017, invece, sarebbe priva di
qualsivoglia riferimento circostanziato a uno specifico prodotto
tradizionale e non sarebbero rappresentate eventuali esigenze
peculiari legate alla specialita' dei processi di produzione.
Dunque, poiche' alla luce della costante giurisprudenza
costituzionale le norme europee fungono da norme interposte (e'
richiamata, in particolare, l'ordinanza n. 103 del 2008), l'attivita'
legislativa regionale violerebbe gli obblighi comunitari di cui
all'art. 117, primo comma, Cost.
2.2.- L'art. l della legge regionale impugnata, in secondo luogo,
sarebbe lesivo anche dell'art. 117, secondo comma, lettera m), Cost.,
poiche' la tutela igienico-sanitaria degli alimenti andrebbe ascritta
alla determinazione dei livelli essenziali delle prestazioni che
devono essere assicurati sull'intero territorio nazionale. Tale
titolo di legittimazione, infatti, costituisce uno strumento teso a
evitare che la legislazione regionale violi gli standard minimi di
tutela fissati dal legislatore statale (viene richiamata la sentenza
n. 141 del 2016).
2.3.- Da ultimo, sarebbe violato l'art. 117, terzo comma, Cost.,
relativamente alla competenza dello Stato a fissare i principi
fondamentali in materia di «tutela della salute», anche con
riferimento a quanto espressamente previsto dal regolamento n.
852/2004/CE, che, al fine di «conseguire un elevato livello di
protezione della vita umana e della salute umana», consentirebbe
deroghe agli Stati membri solo con l'adozione di normative nazionali.
3.- Con atto depositato il 9 febbraio 2018 si e' costituita in
giudizio la Regione Calabria, chiedendo che le questioni promosse dal
Presidente del Consiglio dei ministri siano dichiarate inammissibili
o comunque infondate.
3.1.- La legge reg. Calabria n. 41 del 2017, che apporta
modificazioni alla legge reg. Calabria n. 5 del 2004, interverrebbe
in un ambito, quello della tutela della salute e dell'alimentazione,
attribuito, ai sensi dell'art. 117, terzo comma, Cost., alla potesta'
legislativa concorrente.
Riguardo all'asserita mancanza, nella disposizione impugnata, di
un qualsivoglia riferimento circostanziato a uno specifico prodotto
tradizionale e a eventuali esigenze peculiari legate alla specialita'
dei processi di produzione, dovrebbe tenersi conto che la stessa
disposizione si limiterebbe a integrare un provvedimento legislativo
vigente, che gia' reca un dettagliato elenco di prodotti,
specificando per ciascuno: materia prima, tecnica di lavorazione,
attrezzatura storica, area e calendario di produzione. Inoltre, i
prodotti calabresi a base di latte ivi indicati coinciderebbero con
quelli contenuti nell'elenco nazionale dei prodotti agroalimentari
tradizionali, predisposto con il decreto del Ministro delle politiche
agricole 18 luglio 2000 e successivamente aggiornato. Infine, la
disposizione impugnata non stabilirebbe, per i prodotti individuati,
alcuna deroga automatica ai requisiti previsti dalla normativa
comunitaria.
Dovrebbe evidenziarsi, anzi, che il regolamento (CE) n. 2074/2005
della Commissione, del 5 dicembre 2005, recante «modalita' di
attuazione relative a taluni prodotti di cui al regolamento (CE) n.
853/2004 del Parlamento europeo e del Consiglio e all'organizzazione
di controlli ufficiali a norma dei regolamenti del Parlamento europeo
e del Consiglio (CE) n. 854/2004 e (CE) n. 882/2004, deroga al
regolamento (CE) n. 852/2004 del Parlamento europeo e del Consiglio e
modifica dei regolamenti (CE) n. 853/2004 e (CE) n. 854/2004»,
prevede, all'art. 7, la possibilita' di derogare allo stesso
regolamento n. 852/2004/CE per i prodotti alimentari che presentano
«caratteristiche tradizionali».
In attuazione di cio', in data 25 gennaio 2007, la Conferenza
permanente per i rapporti tra lo Stato le regioni e le province
autonome di Trento e Bolzano ha sancito un'intesa che consente ai
produttori di alimenti tradizionali di continuare a utilizzare,
appunto in deroga a quanto previsto dal regolamento n. 852/2004/CE,
locali e attrezzature che conferiscono ai prodotti particolari
caratteristiche organolettiche. Deroghe che nel caso di specie sono
rilasciate dall'autorita' sanitaria competente, come richiamato anche
dalla stessa legge reg. Calabria n. 5 del 2004.
Pertanto, le disposizioni impugnate non contrasterebbero ne' con
la normativa comunitaria, ne' con la potesta' legislativa statale.
Tali conclusioni sarebbero confermate anche dal fatto che
analoghe disposizioni, contenute in altre leggi regionali, non
sarebbero state impugnate dal Governo, ne' risulterebbero pendenti
questioni di legittimita' costituzionale in via incidentale in
relazione alle medesime. Sarebbe il caso, ad esempio, dell'art. 6
della legge della Regione Abruzzo 11 giugno 2008, n. 8 (Disposizioni
per agevolare la trasformazione e la lavorazione di minimi
quantitativi di prodotti agricoli), che recherebbe una disposizione
di contenuto sostanzialmente identico a quella impugnata.
4.- In prossimita' dell'udienza, entrambe le parti hanno
presentato memorie, ribadendo e integrando le proprie conclusioni.
4.1.- La difesa statale, in particolare, sottolinea l'irrilevanza
del fatto che una disposizione analoga a quella impugnata sia stata
prevista dall'art. 6 della legge reg. Abruzzo n. 8 del 2008,
disposizione a suo tempo non impugnata dal Governo. Non vi sarebbe,
infatti, una perfetta sovrapponibilita' e coincidenza applicativa
delle due normative e, in ogni caso, in base alla costante
giurisprudenza costituzionale, l'omessa impugnazione di precedenti
norme analoghe «non ha alcun rilievo, dato che l'istituto
dell'acquiescenza non e' applicabile nel giudizio di legittimita'
costituzionale in via principale» (sentenza n. 139 del 2013).
4.2.- La difesa regionale, invece, oltre a ribadire le ragioni
d'infondatezza delle questioni, si sofferma in particolare sui motivi
d'inammissibilita' delle stesse.
4.2.1.- In relazione all'asserita violazione della disciplina
comunitaria, la stessa non colpirebbe, comunque, l'intero articolato
della disposizione regionale impugnata. La lettera c) del comma l-bis
della legge reg. Calabria n. 5 del 2004, infatti, riguarderebbe i
dispositivi e gli utensili di lavoro, mentre l'allegato II, capitolo
II, paragrafo 1, del regolamento n. 852/2004/CE, richiamato dalla
difesa statale, farebbe riferimento soltanto ai locali all'interno
dei quali i prodotti alimentari vengono preparati, lavorati e
trasformati (degli strumenti di lavoro e degli impianti si
occuperebbe, invece, il paragrafo 2).
Peraltro, il ricorso si limiterebbe a richiamare genericamente il
primo periodo dell'allegato II, capitolo II, paragrafo 1, ma non il
complessivo articolato del medesimo, con conseguente genericita' del
motivo. Da tale articolato, d'altronde, non si desumerebbe alcuna
relazione con le «pareti geologicamente naturali» previste dalla
disposizione regionale impugnata.
Dunque - poiche' per costante giurisprudenza costituzionale il
ricorso in via principale deve identificare esattamente la questione
nei suoi termini normativi, indicando le norme costituzionali (ed
eventualmente interposte) e ordinarie, la definizione del cui
rapporto di compatibilita' o incompatibilita' costituisce l'oggetto
della questione, e poiche', inoltre, esso deve contenere
un'argomentazione di merito a sostegno della richiesta declaratoria
di illegittimita' costituzionale (sono richiamate le sentenze n. 251,
n. 233, n. 218, n. 142 e n. 53 del 2015) - la questione dovrebbe
ritenersi inammissibile.
4.2.2.- Venendo alle censure relative alla violazione dell'art.
117, secondo comma, lettera m), Cost., le stesse (tra l'altro - in
tesi - non pienamente corrispondenti ai motivi formulati nella
relazione ministeriale) sarebbero del tutto generiche.
La difesa statale, infatti, attraverso una mera petizione di
principio, sosterrebbe che la tutela igienico-sanitaria costituisce
un livello essenziale da assicurare uniformemente sul territorio
nazionale, al fine di evitare che la disciplina regionale possa non
garantire standard minimi di tutela. Nondimeno, tale titolo di
legittimazione statale non corrisponderebbe a una materia in senso
stretto e, pertanto, non potrebbe ipotizzarsene la violazione senza
la contestuale indicazione della normativa statale violata (si
richiama la sentenza n. 297 del 2012). La qual cosa non sarebbe
rinvenibile nel ricorso, con conseguente indeterminatezza e
inammissibilita' della censura.
4.2.3.- Analoghe considerazioni, infine, potrebbero farsi con
riferimento all'asserita violazione dell'art. 117, terzo comma,
Cost., relativamente alla competenza statale a fissare i principi
fondamentali in materia di «tutela della salute».
Anche per tale doglianza (pure non pienamente corrispondente -
sempre in tesi - ai motivi della relazione ministeriale) sarebbero
evidenti l'insufficienza della motivazione, nonche' la mancata
ricostruzione del quadro normativo di riferimento (sono richiamate le
sentenze n. 135 del·2017, n. 265 del 2016, n. l71, n. 82 e n. 60 del
2015 e l'ordinanza n. 86 del 2016). Si tratterebbe di una censura
meramente assertiva, priva dell'indicazione del parametro interposto
(si richiama la sentenza n. 239 del 2016). Ne' tale carenza potrebbe
essere colmata dal riferimento al regolamento n. 852/2004/CE,
inidoneo a fungere da normativa nazionale di riferimento.
Considerato in diritto
1.- Il Presidente del Consiglio dei ministri ha promosso, in
riferimento all'art 117, primo comma - in relazione al regolamento
(CE) n. 852/2004 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 29
aprile 2004, «sull'igiene dei prodotti alimentari» -, secondo comma,
lettera m), e terzo comma, della Costituzione, questioni di
legittimita' costituzionale dell'art. 1 della legge della Regione
Calabria 7 novembre 2017, n. 41, recante «Disposizioni per agevolare
l'uso dei locali di stagionatura tradizionali - modifiche alla legge
regionale 23 febbraio 2004, n. 5 (Norme per l'individuazione dei
prodotti a base di latte ritenuti storici e/o tradizionalmente
fabbricati)».
1.1.- Tale disposizione - che aggiunge il comma 1-bis all'art. 2
della legge della Regione Calabria 23 febbraio 2004, n. 5 (Norme per
l'individuazione dei prodotti a base di latte ritenuti storici e/o
tradizionalmente fabbricati) - introduce talune prescrizioni
concernenti le caratteristiche dei locali ove vengono effettuate la
produzione e la stagionatura di prodotti a base di latte, ottenuti
con attrezzature e metodologie tradizionali. In particolare, si
prevede che tali locali possano avere «pareti geologicamente
naturali», nonche' «muri, pavimenti, soffitti e porte non lisci, non
impermeabili, non resistenti, senza rivestimento chiaro o con
composti di materiale inalterabile». Alcune indicazioni sono fornite
anche per i dispositivi e gli utensili di lavoro, consentendosi
l'utilizzo di materiali non resistenti alla corrosione e non facili
da lavare e disinfettare.
2.- Secondo la difesa statale, la Regione Calabria avrebbe
introdotto talune deroghe ai requisiti igienicosanitari e strutturali
prescritti dalla normativa comunitaria, eccedendo cosi' le proprie
competenze costituzionali.
2.1.- La disposizione impugnata, in primo luogo, contrasterebbe
con il regolamento n. 852/2004/CE, ledendo cosi' l'art. 117, primo
comma, Cost.
2.2.- In secondo luogo, sarebbe violato l'art. 117, secondo
comma, lettera m), Cost., poiche' la tutela igienico-sanitaria degli
alimenti dovrebbe essere ascritta alla determinazione dei livelli
essenziali che devono essere assicurati sull'intero territorio
nazionale, di competenza esclusiva delle Stato.
2.3.- Da ultimo, sussisterebbe un contrasto anche con l'art. 117,
terzo comma, Cost., relativamente alla competenza statale a fissare i
principi fondamentali in materia di «tutela della salute», perche' il
regolamento n. 852/2004/CE, stabilendo l'obiettivo di «conseguire un
elevato livello di protezione della vita umana e della salute umana»,
consentirebbe solo alla legislazione statale la previsione di deroghe
ai requisiti igienico-sanitari ivi previsti.
3.- In via preliminare, deve dichiararsi inammissibile la
questione promossa in relazione all'art. 117, secondo comma, lettera
m), Cost., poiche' generica e carente di motivazione.
La parte ricorrente, infatti, ascrive la tutela
igienico-sanitaria degli alimenti anche a tale titolo di
legittimazione statale, sulla base di generiche esigenze di
uniformita' da garantire sul territorio nazionale. Si tratta di
affermazioni del tutto prive di un'adeguata motivazione in ordine
alle specifiche ragioni che determinerebbero la violazione del
parametro invocato. Adeguata motivazione che, come piu' volte
sottolineato da questa Corte, costituisce un requisito
imprescindibile, ancor piu' nei giudizi in via principale (ex
plurimis, sentenze n. 192, n. 135 e n. 107 del 2017; n. 249 e n. 239
del 2016; n. 233, n. 218, n. 142 e n. 82 del 2015).
4.- Sempre in via preliminare, la difesa regionale osserva anche,
senza addurre ragioni d'inammissibilita', bensi' di disparita' di
trattamento, che non era stata oggetto d'impugnazione da parte del
Governo un'analoga disposizione, contenuta all'art. 6 della legge
della Regione Abruzzo 11 giugno 2008, n. 8 (Disposizioni per
agevolare la trasformazione e la lavorazione di minimi quantitativi
di prodotti agricoli).
L'argomento e' irrilevante.
5.- Non sono fondate le questioni di legittimita' costituzionale
dell'art. 1 della legge reg. Calabria n. 41 del 2017, promosse in
riferimento all'art. 117, primo comma - in relazione al regolamento
n. 852/2004/CE - e terzo comma, Cost.
5.1.- L'art. 1 della legge reg. Calabria n. 41 del 2017 inserisce
il comma 1-bis nell'art. 2 della legge reg. Calabria n. 5 del 2004,
che disciplina i prodotti lattiero-caseari della Regione, che possono
essere qualificati storici o tradizionali, individuati nell'apposito
elenco regionale.
In particolare, con tale disposizione si integra la disciplina
dei locali di produzione, prevedendo che i locali possano avere anche
pareti geologicamente naturali, muri, pavimenti, soffitti e porte non
lisci, non impermeabili, non resistenti, senza rivestimento chiaro o
non composti di materiale inalterabile, nonche' che vi si possano
usare dispositivi e utensili prodotti in materiale non resistente
alla corrosione, non facili da lavare e disinfettare.
Si tratta, pertanto, di una disposizione che, sebbene intervenga
nel testo di una legge che si occupa della natura tradizionale di
taluni alimenti, concerne aspetti piu' propriamente riconducibili
all'igiene alimentare. Tale disciplina puo' essere ascritta alla
materia della «tutela della salute», come gia' sottolineato da questa
Corte (ex multis, sentenze n. 339 del 2007, n. 95 del 2005 e n. 162
del 2004), di competenza concorrente tra Stato e Regioni, sebbene le
norme comunitarie, dettando principi e regole sui requisiti per la
produzione e la vendita degli alimenti, abbiano notevolmente
ristretto lo spazio d'intervento.
Con particolare riferimento alle deroghe ai requisiti
igienico-sanitari per i «prodotti tradizionali», gia' in vigenza
della precedente disciplina comunitaria, attuata dal decreto
legislativo 26 maggio 1997, n. 155 (Attuazione della direttiva
93/43/CEE e della direttiva 96/3/CE concernente l'igiene dei prodotti
alimentari), tale possibilita' era consentita, seppure soltanto per
talune categorie di alimenti. In particolare, il decreto legislativo
30 aprile 1998, n. 173 (Disposizioni in materia di contenimento dei
costi di produzione e per il rafforzamento strutturale delle imprese
agricole, a norma dell'articolo 55, commi 14 e 15, della legge 27
dicembre 1997, n. 449), attribuiva a un decreto del Ministro della
sanita', adottato di concerto con il Ministro per le politiche
agricole e con il Ministro dell'industria, del commercio e
dell'artigianato, la facolta' di definire tali deroghe, nei limiti di
quanto autorizzato dalla Commissione europea, su richiesta degli
Stati membri.
I prodotti in questione (ossia fabbricati con metodiche omogenee,
secondo regole tradizionali, da almeno 25 anni), inoltre, dovevano
essere individuati in un apposito elenco nazionale dei prodotti
agroalimentari tradizionali, articolato su base regionale. Tale
elenco, istituito con decreto del Ministro delle politiche agricole 8
settembre 1999, n. 350, e' stato successivamente adottato con decreto
ministeriale 18 luglio 2000 ed e' progressivamente aggiornato. Il
successivo decreto 25 luglio 2000, adottato dal Ministro della
sanita' di concerto con il Ministro per le politiche agricole,
stabiliva, pertanto, per i prodotti inseriti nel citato elenco, la
possibilita' di deroghe finalizzate alla conservazione del patrimonio
gastronomico tradizionale, determinate con decreto del Ministro della
sanita', di concerto con il Ministro per le politiche agricole e con
il Ministro dell'industria, del commercio e dell'artigianato, per
ciascun prodotto tradizionale.
Nella cornice di un piu' ampio intervento di riforma, il
regolamento n. 852/2004/CE ha innovato la disciplina della materia.
Ivi, all'allegato II, capitolo II, paragrafo 1, si prevede che i
locali dove gli alimenti sono preparati, lavorati o trasformati
devono essere progettati e disposti in modo da consentire una
corretta prassi igienica, impedendo anche la contaminazione tra e
durante le operazioni (taluni requisiti sono previsti dal paragrafo
2, non invocato come norma interposta, anche per le attrezzature e
gli utensili impiegati all'interno dei locali). Essi devono avere
pavimenti facili da pulire e fabbricati con materiale resistente, non
assorbente, lavabile e non tossico; le medesime condizioni sono
richieste per le pareti e le porte, che devono anche avere una
superficie liscia, mentre i soffitti devono essere costruiti e
predisposti in modo da evitare l'accumulo di sporcizia e ridurre la
condensa, la formazione di muffa indesiderabile e la caduta di
particelle. L'art. 13 del regolamento, nondimeno, attribuisce agli
Stati membri la possibilita' di prevedere, con misure nazionali,
deroghe a tali requisiti, notificate alla Commissione europea e agli
altri Stati membri, con una descrizione particolareggiata del tipo di
deroga e della relativa motivazione, sulla cui base la Commissione
adotta una specifica decisione.
La disciplina delle deroghe, gia' di per se' piu' ampia rispetto
alla precedente normativa comunitaria, e' stata ulteriormente
integrata dal regolamento (CE) n. 2074/2005 della Commissione, del 5
dicembre 2005, recante «modalita' di attuazione relative a taluni
prodotti di cui al regolamento (CE) n. 853/2004 del Parlamento
europeo e del Consiglio e all'organizzazione di controlli ufficiali a
norma dei regolamenti del Parlamento europeo e del Consiglio (CE) n.
854/2004 e (CE) n. 882/2004, deroga al regolamento (CE) n. 852/2004
del Parlamento europeo e del Consiglio e modifica dei regolamenti
(CE) n. 853/2004 e (CE) n. 854/2004». In particolare, ai sensi
dell'art. 7, spetta agli Stati membri la facolta' di prevedere
deroghe individuali o generali ai requisiti igienico-sanitari degli
stabilimenti che fabbricano prodotti alimentari tradizionali
(storicamente riconosciuti come tali oppure fabbricati secondo
riferimenti tecnici codificati o registrati o comunque protetti come
prodotti alimentari tradizionali dalla legislazione comunitaria,
nazionale, regionale o locale), qualora l'ambiente dei locali
contribuisca, anche parzialmente, allo sviluppo delle loro
caratteristiche. Gli Stati membri che concedono le deroghe ne devono
soltanto informare la Commissione e gli altri Stati membri entro
dodici mesi dalla concessione, dando conto delle misure adottate e
delle ragioni delle stesse.
A tal proposito, l'intesa siglata in Conferenza permanente per i
rapporti tra lo Stato le regioni e le province autonome di Trento e
Bolzano, in data 25 gennaio 2007, ha previsto che i produttori di
prodotti tradizionali ai sensi del citato d.m. n. 350 del 1999, in
deroga a quanto previsto all'allegato II, capitolo II, del
regolamento n. 852/2004/CE, possono continuare a utilizzare, per la
maturazione o stagionatura, locali aventi caratteristiche ambientali
tali da conferire ai prodotti particolari caratteristiche
organolettiche, nonche' «materiali per gli strumenti e le
attrezzature specifiche utilizzate specificatamente per la
preparazione, l'imballaggio e il confezionamento di tali prodotti».
Le relative deroghe sono rilasciate dall'autorita' sanitaria
competente e i produttori, in ogni caso, devono predisporre un piano
di autocontrollo adeguato, in cui siano indicate le procedure di
pulizia e disinfezione nei locali.
5.2.- Cio' premesso, nell'esercizio delle proprie competenze,
l'art. 1 della legge reg. Calabria n. 41 del 2017 non ha introdotto
una disciplina in contrasto con i requisiti igienico-sanitari
stabiliti dal diritto comunitario e dai provvedimenti statali di
attuazione. Intanto, va precisato che i materiali e i procedimenti di
pulizia particolari previsti per gli utensili e le attrezzature usati
per la produzione dei prodotti tradizionali non sono oggetto della
disciplina di cui all'allegato II, capitolo II, paragrafo 1, del
regolamento n. 852/2004/CE, invocato quale norma interposta dalla
difesa statale. Per tali profili, dunque, non puo' essere rilevato in
questa sede l'eventuale contrasto con il diritto comunitario.
Quanto al resto, il legislatore calabrese non reca alcuna
innovazione riguardo alle specifiche modalita' per il riconoscimento
dei prodotti tradizionali, ne' per quanto concerne il procedimento
relativo alla registrazione delle aziende produttrici e
all'autorizzazione alla produzione e alla vendita. Tali circostanze
restano disciplinate dalla legge reg. Calabria n. 5 del 2004, in
conformita' alla precedente normativa statale e comunitaria.
In particolare, resta fermo quanto previsto dall'art. 5 di tale
legge regionale, ove si dispone la necessita' dell'autorizzazione
dell'azienda sanitaria locale competente per la produzione e la
vendita di prodotti tradizionali in deroga a quanto previsto dalla
disciplina comunitaria. Il che appare pienamente conforme a quanto
previsto dall'intesa del 25 gennaio 2007, secondo cui le deroghe
individuali devono essere rilasciate dall'autorita' sanitaria
competente, a cui spetta la verifica della conformita' del processo
produttivo rispetto alle condizioni generali previste per ciascun
prodotto tradizionale.
La disposizione regionale impugnata, dunque, non richiama
esplicitamente, ma presuppone, l'applicazione delle norme statali ed
europee in materia di deroghe. L'ambito di applicazione del comma
1-bis dell'art. 2 della legge reg. Calabria n. 5 del 2004, quindi,
non potra' essere altro se non quello delimitato da tali norme, che,
come gia' osservato, consentono ai produttori di prodotti
tradizionali inseriti nell'elenco nazionale di cui al d.m. n. 350 del
1999 di continuare a utilizzare procedimenti in deroga ai requisiti
igienico-sanitari previsti dal diritto comunitario, ove cio' sia
necessario.
per questi motivi
LA CORTE COSTITUZIONALE
1) dichiara inammissibile la questione di legittimita'
costituzionale dell'art. 1 della legge della Regione Calabria 7
novembre 2017, n. 41, recante «Disposizioni per agevolare l'uso dei
locali di stagionatura tradizionali - modifiche alla legge regionale
23 febbraio 2004, n. 5 (Norme per l'individuazione dei prodotti a
base di latte ritenuti storici e/o tradizionalmente fabbricati)»,
promossa dal Presidente del Consiglio dei ministri, in riferimento
all'art 117, secondo comma, lettera m), della Costituzione, con il
ricorso indicato in epigrafe;
2) dichiara non fondate le questioni di legittimita'
costituzionale dell'art. 1 della legge reg. Calabria n. 41 del 2017,
promosse dal Presidente del Consiglio dei ministri, in riferimento
all'art 117, primo comma - in relazione al regolamento (CE) n.
852/2004 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 29 aprile 2004,
«sull'igiene dei prodotti alimentari» - e terzo comma, Cost., con il
ricorso indicato in epigrafe.
Cosi' deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale,
Palazzo della Consulta, il 23 ottobre 2018.
F.to:
Giorgio LATTANZI, Presidente
Giuliano AMATO, Redattore
Roberto MILANA, Cancelliere
Depositata in Cancelleria il 29 novembre 2018.
Il Direttore della Cancelleria
F.to: Roberto MILANA
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mercoledì 5 dicembre 2018
N. 219 SENTENZA 23 ottobre - 29 novembre 2018 Giudizio di legittimita' costituzionale in via principale. Alimenti e bevande - Igiene dei prodotti alimentari - Requisiti igienico-sanitari e strutturali dei locali per la produzione e la stagionatura con metodi tradizionali di prodotti a base di latte. - Legge della Regione Calabria 7 novembre 2017, n. 41, recante «Disposizioni per agevolare l'uso dei locali di stagionatura tradizionali - modifiche alla legge regionale 23 febbraio 2004, n. 5 (Norme per l'individuazione dei prodotti a base di latte ritenuti storici e/o tradizionalmente fabbricati)», art. 1. (GU n.48 del 5-12-2018 )
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