Translate
mercoledì 30 ottobre 2019
N. 223 SENTENZA 25 settembre - 24 ottobre 2019 Giudizio di legittimita' costituzionale in via incidentale. Reati e pene - Lesioni personali stradali gravi o gravissime con violazione delle norme sulla disciplina della circolazione stradale - Regime di procedibilita' - Omessa inclusione tra i delitti procedibili a querela - Denunciato contrasto con la legge delega - Insussistenza - Non fondatezza della questione. - Decreto legislativo 10 aprile 2018, n. 36. - Costituzione, art. 76. (GU n.44 del 30-10-2019 )
N. 223 SENTENZA 25 settembre - 24 ottobre 2019
Giudizio di legittimita' costituzionale in via incidentale.
Reati e pene - Lesioni personali stradali gravi o gravissime con
violazione delle norme sulla disciplina della circolazione stradale
- Regime di procedibilita' - Omessa inclusione tra i delitti
procedibili a querela - Denunciato contrasto con la legge delega -
Insussistenza - Non fondatezza della questione.
- Decreto legislativo 10 aprile 2018, n. 36.
- Costituzione, art. 76.
(GU n.44 del 30-10-2019 )
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori:
Presidente:Giorgio LATTANZI;
Giudici :Aldo CAROSI, Marta CARTABIA, Mario Rosario MORELLI,
Giancarlo CORAGGIO, Giuliano AMATO, Silvana SCIARRA, Daria de
PRETIS, Nicolo' ZANON, Augusto Antonio BARBERA, Giulio PROSPERETTI,
Giovanni AMOROSO, Francesco VIGANO', Luca ANTONINI,
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nel giudizio di legittimita' costituzionale del decreto
legislativo 10 aprile 2018, n. 36, recante «Disposizioni di modifica
della disciplina del regime di procedibilita' per taluni reati in
attuazione della delega di cui all'articolo 1, commi 16, lettere a) e
b), e 17, della legge 23 giugno 2017, n. 103», nella parte in cui non
prevede la punibilita' a querela anche per i delitti previsti
dall'art. 590-bis, primo comma, del codice penale, promosso dal
Tribunale ordinario di La Spezia, sezione penale, nel procedimento
penale a carico di C.S. S., con ordinanza dell'8 ottobre 2018,
iscritta al n. 3 del registro ordinanze 2019 e pubblicata nella
Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 5, prima serie speciale,
dell'anno 2019.
Visto l'atto di intervento del Presidente del Consiglio dei
ministri;
udito nella camera di consiglio del 25 settembre 2019 il Giudice
relatore Francesco Vigano'.
Ritenuto in fatto
1.- Con ordinanza dell'8 ottobre 2018, iscritta al n. 3 del
registro ordinanze 2019, il Tribunale ordinario di La Spezia, sezione
penale, ha sollevato, in riferimento all'art. 76 della Costituzione,
questione di legittimita' costituzionale del decreto legislativo 10
aprile 2018, n. 36, recante «Disposizioni di modifica della
disciplina del regime di procedibilita' per taluni reati in
attuazione della delega di cui all'articolo 1, commi 16, lettere a) e
b), e 17, della legge 23 giugno 2017, n. 103», nella parte in cui non
prevede la procedibilita' a querela anche per i delitti previsti
dall'art. 590-bis, primo comma, del codice penale, in contrasto con
quanto stabilito dall'art. 1, comma 16, lettera a), della legge 23
giugno 2017, n. 103 (Modifiche al codice penale, al codice di
procedura penale e all'ordinamento penitenziario).
1.1.- Il rimettente premette di dover giudicare della
responsabilita' penale di C.S. S., imputata del reato previsto
dall'art. 590-bis (Lesioni personali stradali gravi o gravissime),
primo e ottavo comma, cod. pen., per avere, alla guida della propria
autovettura, omesso di concedere la precedenza a un motociclo, in
violazione dell'art. 145, commi 4 e 10, del decreto legislativo 30
aprile 1992, n. 285 (Nuovo codice della strada), cosi' cagionando al
conducente del motociclo F. N. e al passeggero N. F. lesioni
personali gravi.
1.2.- In punto di rilevanza della questione di legittimita'
costituzionale, il giudice a quo riferisce che C.S. S., tratta a
giudizio con citazione diretta, e' stata ammessa al rito abbreviato
condizionato all'espletamento di perizia medico-legale sulla persona
di F. N.; che secondo le risultanze dell'esame peritale - esteso
anche alle lesioni riportate da N. F. - F. N. ha sofferto, in
conseguenza del sinistro stradale oggetto di imputazione, una
malattia di durata inferiore a venti giorni, mentre N. F. ha patito
una malattia guarita in settanta giorni; che dagli atti processuali
emerge inequivocabilmente la responsabilita' colposa dell'imputata;
che le vittime del sinistro non hanno sporto querela.
Il rimettente osserva che, con riferimento alla persona offesa F.
N., la contenuta durata della malattia impone la riqualificazione del
fatto di reato nell'ipotesi di cui all'art. 590 cod. pen. (lesioni
personali colpose), con conseguente pronuncia, nei confronti
dell'imputata, di sentenza di non doversi procedere per difetto di
querela della vittima. Diversamente, in relazione alla persona offesa
N. F., essendo la malattia di quest'ultima durata settanta giorni, si
configura il reato di cui all'art. 590-bis, primo comma, cod. pen.,
perseguibile d'ufficio; di talche', sussistendo la responsabilita' di
C.S. S., il processo non potrebbe che concludersi con una sentenza di
condanna. Un diverso esito sarebbe conseguibile solo ove il reato di
cui all'art. 590-bis, primo comma, cod. pen. fosse punibile a
querela, che, in specie, non e' stata presentata.
1.3.- Quanto alla non manifesta infondatezza della questione, il
giudice a quo evidenzia che l'art. 1, comma 16, lettera a), della
legge n. 103 del 2017 aveva delegato il Governo, entro un anno
dall'entrata in vigore del provvedimento, a «prevedere la
procedibilita' a querela per i reati contro la persona puniti con la
sola pena edittale pecuniaria o con la pena edittale detentiva non
superiore nel massimo a quattro anni, sola, congiunta o alternativa
alla pena pecuniaria, fatta eccezione per il delitto di cui
all'articolo 610 del codice penale, e per i reati contro il
patrimonio previsti dal codice penale, salva in ogni caso la
procedibilita' d'ufficio qualora ricorra una delle seguenti
condizioni: 1) la persona offesa sia incapace per eta' o per
infermita'; 2) ricorrano circostanze aggravanti ad effetto speciale
ovvero le circostanze indicate nell'articolo 339 del codice penale;
3) nei reati contro il patrimonio, il danno arrecato alla persona
offesa sia di rilevante gravita'».
Nell'esercitare la delega con l'adozione del d.lgs. n. 36 del
2018, il Governo ha omesso di annoverare l'art. 590-bis, primo comma,
cod. pen. tra le fattispecie oggetto della modifica del regime di
procedibilita', con la conseguenza che il reato in questione e'
tuttora procedibile d'ufficio e non a querela, benche' punito con una
pena (reclusione da tra mesi a un anno per le lesioni gravi e da uno
a tre anni per le lesioni gravissime) compresa nella forbice edittale
per la quale il legislatore delegante aveva previsto l'introduzione
della condizione di procedibilita' della querela.
Il rimettente sostiene che la mancata previsione della
procedibilita' a querela per il reato di cui all'art. 590-bis, primo
comma, cod. pen. sarebbe frutto non di una mera dimenticanza, ma di
una specifica scelta del legislatore delegato. Cio' emergerebbe
inequivocabilmente dalla relazione illustrativa al d.lgs. n. 36 del
2018, nella quale si sosteneva che il delitto in questione rientrasse
nelle ipotesi eccettuate dalla punibilita' a querela in forza
dell'art. 1, comma 16, lettera a), numero 1), della legge n. 103 del
2017, essendo la malattia derivante da lesioni gravi e gravissime
commesse in violazione delle norme di disciplina della circolazione
stradale equiparabile all'infermita' che cagioni incapacita' della
vittima.
Il giudice a quo ritiene non condivisibile tale assunto del
Governo, poiche' il legislatore delegante avrebbe escluso la
procedibilita' a querela per i soli reati contro la persona che, pur
puniti con una pena detentiva non superiore a quattro anni, siano
posti in essere ai danni di una persona offesa la quale, gia' prima
della commissione del reato, si trovi in stato di incapacita' per
eta' o infermita' e sia, pertanto, impossibilitata a sporgere
querela. Colui che subisce lesioni gravi o gravissime in conseguenza
di un sinistro stradale potrebbe non versare affatto in stato di
incapacita', ad esempio ove subisca lesioni traumatiche quali il
cosiddetto "colpo di frusta" o l'amputazione di un arto, che pur
possono determinare una malattia di lunga durata. Non sussisterebbe,
dunque, alcuna «correlazione diretta e costante» tra le lesioni gravi
o gravissime riportate a seguito di un sinistro stradale e lo stato
di incapacita'.
Ad avviso del rimettente, la lettura della delega data dal
Governo, secondo cui le vittime di un sinistro stradale che abbiano
riportato lesioni gravi o gravissime sarebbero «di per se' incapaci
per infermita'», si risolverebbe in una violazione dei principi e
criteri direttivi impartiti dal legislatore delegante, con
conseguente vulnus dell'art. 76 Cost.
La scelta «eccessivamente rigorosa» del legislatore delegato
frustrerebbe la finalita' deflattiva del contenzioso penale sottesa
alla delega e rischierebbe altresi' di «vanificare e depotenziare» il
ricorso allo strumento risarcitorio, quale forma di ristoro del
pregiudizio subito dalla vittima. Secondo il giudice a quo, infatti,
«la remissione della querela e l'estinzione del reato per condotte
riparatorie ai sensi dell'art. 162 ter c.p. costituiscono una spinta
formidabile al risarcimento dei danni e quindi ad una rapida
definizione dei procedimenti, in un contesto in cui alla persona
offesa non interessa la condanna di colui che ha causato (o
contribuito a causare in caso di concorso di colpa della stessa
vittima) il sinistro stradale, ma ottenere il giusto ristoro
economico per i danni subiti».
Il rimettente osserva infine che i delitti di lesioni personali
stradali gravi e gravissime, commessi da persona che non abbia fatto
uso di sostanze alcooliche o stupefacenti, susciterebbero minore
allarme sociale rispetto alle medesime condotte, perpetrate sotto
l'effetto di dette sostanze. Si giustificherebbe quindi la previsione
di un diverso regime di procedibilita' - a querela nell'un caso,
d'ufficio in tutti gli altri - in relazione alle fattispecie
incriminatrici di cui al primo comma dell'art. 590-bis cod. pen. da
un lato, e a quelle di cui al quarto, quinto e sesto comma della
medesima disposizione, dall'altro lato.
2.- E' intervenuto in giudizio il Presidente del Consiglio dei
ministri, rappresentato e difeso dall'Avvocatura generale dello
Stato, chiedendo che la questione di legittimita' costituzionale sia
dichiarata inammissibile o infondata.
2.1.- L'interveniente rammenta anzitutto che, secondo la costante
giurisprudenza di questa Corte, il controllo di conformita' della
norma delegata alla norma delegante richiede un confronto tra gli
esiti di due processi ermeneutici paralleli: l'uno, relativo alle
norme che determinano l'oggetto, i principi ed i criteri direttivi
indicati dalla delega, da svolgere tenendo conto del complessivo
contesto in cui si collocano ed individuando le ragioni e le
finalita' poste a fondamento della legge di delegazione; l'altro,
relativo alle norme poste dal legislatore delegato, da interpretarsi
nel significato compatibile con i principi ed i criteri direttivi
della delega (e' citata la sentenza n. 250 del 2016).
Secondo la giurisprudenza costituzionale, poi, il legislatore
delegato disporrebbe di margini di discrezionalita' nell'attuazione
della delega, sempre che ne rispetti la ratio e che la sua attivita'
si inserisca in modo coerente nel complessivo quadro normativo (sono
richiamate le sentenze n. 59 del 2016, n. 146 e n. 98 del 2015, n.
119 del 2013), e senza che il libero apprezzamento del legislatore
delegato possa assurgere a principio o criterio direttivo (e' citata
la sentenza n. 293 del 2010).
Nel caso di specie, qualificabile come «ipotetico eccesso di
delega in minus», il rimettente avrebbe omesso di considerare i
«margini di delega» spettanti al legislatore delegato, cosi'
prospettando una questione manifestamente inammissibile.
2.2.- La questione sarebbe, comunque, infondata nel merito,
poiche' il legislatore delegato si sarebbe attenuto ai principi e
criteri direttivi di cui all'art. 1, comma 16, lettera a), della
legge n. 103 del 2017.
L'assimilazione tra lo stato di malattia conseguente alle lesioni
personali stradali gravi o gravissime e lo stato di incapacita',
posta a base della scelta del legislatore delegato di non rendere
procedibile a querela il delitto di cui all'art. 590-bis, primo
comma, cod. pen., si giustificherebbe in quanto - come rilevato anche
nella Relazione illustrativa al d.lgs. n. 36 del 2018 - nel sistema
del codice penale la malattia e' gia' equiparata alla «incapacita' di
attendere alle ordinarie occupazioni», come reso palese dal disposto
dell'art. 583, primo comma, numero 1), cod. pen., relativo alle
aggravanti al delitto di lesioni. Il delitto di lesioni «si connota,
quindi, per l'evento, che ben puo' consistere in uno stato di
incapacita'». L'assimilazione della malattia allo stato di
incapacita' di attendere alle ordinarie occupazioni, per effetto
della previsione di cui all'art. 583, primo comma, cod. pen., non
potrebbe che valere anche per l'ipotesi delittuosa di cui all'art.
590-bis cod. pen., «nella misura in cui la gravita' delle lesioni si
ricava per relationem, mediante il rinvio all'art. 583 c.p.».
Del resto, la delega legislativa, nell'individuare lo stato di
incapacita' della vittima quale condizione ostativa al passaggio dal
regime di procedibilita' d'ufficio a quello di procedibilita' a
querela di parte, si riferirebbe in termini generali all'incapacita',
senza specificare se essa debba essere intesa come temporanea o
permanente, piena oppure parziale, sicche' il legislatore delegato
«non [avrebbe potuto] che accoglierne la nozione piu' ampia». E, su
tali presupposti, il d.lgs. n. 36 del 2018 non avrebbe previsto la
procedibilita' a querela ne' per il delitto di lesioni personali di
cui all'art. 582, primo comma, cod. pen., ne' per quello di lesioni
personali stradali gravi e gravissime di cui all'art. 590-bis, primo
comma, cod. pen.; quest'ultimo, peraltro, oggetto di recente novella
legislativa a opera della legge 23 marzo 2016, n. 41 (Introduzione
del reato di omicidio stradale e del reato di lesioni personali
stradali, nonche' disposizioni di coordinamento al decreto
legislativo 30 aprile 1992, n. 285, e al decreto legislativo 28
agosto 2000, n. 274).
Il reato di lesioni personali derivanti da violazione delle norme
sulla disciplina della circolazione stradale integrerebbe, poi, una
fattispecie criminosa grave e connotata da particolare allarme
sociale, «posto che l'evento lesivo risulta essere conseguenza della
violazione di una regola cautelare di condotta posta a presidio
proprio della sicurezza della circolazione stradale», di talche' la
scelta del legislatore delegato di non prevedere la procedibilita'
del delitto a querela di parte sarebbe rispettosa dei principi e
criteri della delega contenuta nell'art. 1, comma 16, lettera a),
della legge n. 103 del 2017.
Non sarebbe, infine, condivisibile il presupposto interpretativo
del giudice rimettente, secondo cui lo stato di incapacita' della
persona offesa, condizione ostativa alla modifica del regime di
procedibilita', dovrebbe necessariamente preesistere alla commissione
del reato, e non potrebbe essere a questo conseguente o collegato.
In senso contrario deporrebbe la circostanza che il legislatore
delegato abbia scelto di mantenere la procedibilita' d'ufficio per il
delitto di abuso di autorita' contro arrestati o detenuti (art. 608
cod. pen.), nel quale la persona offesa versa in condizioni di
«minorata autonoma difesa» e, pertanto, come osservato nella
Relazione illustrativa al d.lgs. n. 36 del 2018, in «uno stato di
incapacita' del tutto equiparabile a quello della infermita', dal
momento che ben puo' inibire le normali reazioni difensive come
accade per il soggetto affetto da un qualche stato patologico».
Ancora, come emerge dalla citata Relazione illustrativa, in
accoglimento di alcune delle condizioni poste dalle Commissioni
giustizia di Camera e Senato, il legislatore delegato non ha previsto
la procedibilita' a querela in relazione ai delitti di arresto
illegale (art. 606 cod. pen.), di indebita limitazione della liberta'
personale (art. 607 cod. pen.), di perquisizione e ispezione
personale arbitrarie (art. 609 cod. pen.), per ragioni di coerenza
sistematica con la procedibilita' d'ufficio mantenuta per il reato di
cui all'articolo 608 cod. pen., trattandosi, in tutti i casi, di
ipotesi delittuose commesse in danno di persona affidata alla
custodia dell'autore delle condotte abusive e, dunque, in condizione
di minorata difesa.
Una lettura sistematica del d.lgs. n. 36 del 2018 smentirebbe,
quindi, l'assunto del giudice rimettente, secondo cui l'incapacita'
ostativa alla procedibilita' a querela dovrebbe preesistere alla
commissione del reato, e confermerebbe la coerenza della scelta del
legislatore delegato di non prevedere la procedibilita' d'ufficio in
relazione ai delitti di cui all'art. 590-bis, primo comma, cod. pen.
Dovrebbe dunque, in conclusione, escludersi che il legislatore
delegato abbia «"tradito" o applicato in minus» i principi della
delega di cui all'art. 1, comma 16, lettera a), della legge n. 103
del 2017.
Considerato in diritto
1.- Il Tribunale ordinario di La Spezia, sezione penale, ha
sollevato, in riferimento all'art. 76 della Costituzione, questione
di legittimita' costituzionale del decreto legislativo 10 aprile
2018, n. 36, recante «Disposizioni di modifica della disciplina del
regime di procedibilita' per taluni reati in attuazione della delega
di cui all'articolo 1, commi 16, lettere a) e b), e 17, della legge
23 giugno 2017, n. 103», nella parte in cui non prevede la
procedibilita' a querela anche per i delitti previsti dall'art.
590-bis, primo comma, del codice penale, in contrasto con quanto
stabilito dall'art. 1, comma 16, lettera a), della legge 23 giugno
2017, n. 103 (Modifiche al codice penale, al codice di procedura
penale e all'ordinamento penitenziario).
Secondo il rimettente, il legislatore delegato avrebbe errato nel
non prevedere, nell'ambito del d.lgs. n 36 del 2018, la punibilita' a
querela per il delitto di cui all'art. 590-bis cod. pen., rubricato
«Lesioni personali stradali gravi o gravissime», ove non sussistano
le circostanze aggravanti di cui ai commi secondo e seguenti.
L'art. 1, comma 16, lettera a), della legge n. 103 del 2017 aveva
delegato il Governo a «prevedere la procedibilita' a querela per i
reati contro la persona puniti con la sola pena edittale pecuniaria o
con la pena edittale detentiva non superiore nel massimo a quattro
anni, sola, congiunta o alternativa alla pena pecuniaria, fatta
eccezione per il delitto di cui all'art. 610 del codice penale, e per
i reati contro il patrimonio previsti dal codice penale, salva in
ogni caso la procedibilita' d'ufficio quando ricorra una delle
seguenti condizioni: 1) la persona offesa sia incapace per eta' o per
infermita'; 2) ricorrano circostanze aggravanti ad effetto speciale
ovvero le circostanze indicate nell'articolo 339 del codice penale;
3) nei reati contro il patrimonio, il danno arrecato alla persona
offesa sia di rilevante gravita'».
L'art. 590-bis, primo comma, cod. pen. configura un reato contro
la persona, punito con la reclusione da tre mesi a un anno laddove il
colpevole abbia cagionato lesioni gravi alla persona offesa, e con la
reclusione da uno a tre anni laddove le abbia cagionato lesioni
gravissime. In entrambe le ipotesi, dunque, la pena detentiva massima
non supera nel massimo i quattro anni.
Ad avviso del giudice a quo, il Governo avrebbe pertanto dovuto
estendere anche alla fattispecie delittuosa in questione la
punibilita' a querela, non trovando qui applicazione alcuna delle
deroghe previste dalla legge delega al criterio generale basato sulla
durata della pena detentiva massima, e in particolare l'eccezione di
cui al numero 1) della disposizione poc'anzi citata, relativa alle
ipotesi in cui «la persona offesa sia incapace per eta' o per
infermita'».
A tale omissione dovrebbe porre rimedio questa Corte, attraverso
la pronuncia additiva sollecitata nell'ordinanza di rimessione.
2.- L'Avvocatura generale dello Stato ha eccepito
l'inammissibilita' della questione all'esame, con la quale il
rimettente si dorrebbe di un «eccesso di delega in minus», omettendo
cosi' di considerare il margine di discrezionalita' spettante al
Governo nell'esercizio della delega medesima.
L'eccezione e', in realta', relativa a un profilo che attiene al
merito della questione, anziche' alla sua ammissibilita'.
La questione in questa sede prospettata - peraltro certamente
rilevante nel giudizio a quo, in cui si discute della responsabilita'
penale di un imputato del delitto di cui all'art. 590-bis, primo
comma, cod. pen., nei cui confronti non risulta essere stata
presentata querela - e', dunque, ammissibile.
3.- Prima di esaminare il merito della questione, giova precisare
che il giudice rimettente non lamenta qui un mancato esercizio della
delega da parte del legislatore, ne' un suo parziale esercizio:
ipotesi, queste, che secondo la costante giurisprudenza di questa
Corte possono si' determinare una responsabilita' politica del
Governo verso il Parlamento, ma non una violazione dell'art. 76
Cost., a meno che il mancato parziale esercizio della delega stessa
non comporti uno stravolgimento della legge di delegazione (sentenze
n. 304 del 2011, n. 149 del 2005, n. 218 del 1987, n. 8 del 1977 e n.
41 del 1975; ordinanze n. 283 del 2013 e n. 257 del 2005).
Il giudice a quo lamenta, invece, la non corretta osservanza di
uno specifico criterio di delega - quello di cui all'art. 1, comma
16, lettera a), della legge n. 103 del 2017 - che il Governo ha
deciso di esercitare mediante il d.lgs. n. 36 del 2018, che ha per
l'appunto previsto la procedibilita' a querela di una serie di
delitti contro la persona e contro il patrimonio previsti dal codice
penale e puniti con pena detentiva non superiore a quattro anni.
Nell'esercitare tale delega, il Governo avrebbe - nella prospettiva
del rimettente - arbitrariamente omesso di prevedere la
procedibilita' a querela del delitto di cui all'art. 590-bis, primo
comma, cod. pen., anche se tale delitto prevede pene detentive
inferiori nel massimo al limite di quattro anni indicato dalla legge
delega, e nonostante non ricorra - secondo il giudice a quo - alcuna
delle ipotesi eccezionali nelle quali doveva, in base al citato art.
1, comma 16, lettera a), della legge n. 103 del 2017, conservarsi la
regola previgente della procedibilita' d'ufficio.
Come e' accaduto nella recente sentenza n. 127 del 2017, la Corte
e' dunque chiamata a valutare se il Governo, nell'esercitare in parte
qua la delega conferitagli dal Parlamento, abbia o meno errato nel
dare applicazione ai principi e ai criteri direttivi il cui rispetto
condiziona, in forza dell'art. 76 Cost., la legittimita'
costituzionale del decreto legislativo.
Ove risultasse che il Governo abbia interpretato e applicato in
maniera non corretta il criterio di delega in parola, e abbia quindi
indebitamente omesso di prevedere la procedibilita' a querela del
delitto di cui all'art. 590-bis, primo comma, cod. pen., tale
omissione si risolverebbe in una violazione dell'art. 76 Cost.: non
diversamente, del resto, da cio' che accadrebbe ove il Governo avesse
previsto la procedibilita' a querela di un'ipotesi delittuosa che,
secondo le indicazioni del legislatore delegato, doveva invece
restare procedibile d'ufficio.
4.- Cio' precisato, la questione non e' fondata.
4.1.- Occorre subito sottolineare che, a fronte della previsione
di pene detentive massime non superiori a quattro anni nelle due
ipotesi delittuose contemplate dall'art. 590-bis, primo comma, cod.
pen., il solo thema decidendum nella presente controversia e' se il
Governo fosse autorizzato a non prevedere la procedibilita' a querela
di tali fattispecie in ragione dell'operativita' di una delle tre
eccezioni, previste dall'art. 1, comma 16, lettera a), della legge n.
103 del 2017, al criterio generale che abbracciava tra l'altro «i
reati contro la persona puniti con la sola pena edittale pecuniaria o
con la pena edittale detentiva non superiore nel massimo a quattro
anni, sola, congiunta o alternativa alla pena pecuniaria», diversi
dalla violenza privata.
Posta l'ovvia inapplicabilita', nella specie, dell'eccezione
prevista dal numero 3) della disposizione - riferita ai soli reati
contro il patrimonio -, e considerata l'altrettanto pacifica
inapplicabilita' dell'ulteriore eccezione prevista al numero 2) -
riferita all'ipotesi in cui ricorrano circostanze aggravanti a
effetto speciale o taluna delle circostanze di cui all'art. 339 cod.
pen., stante la riconosciuta natura di fattispecie autonome delle
ipotesi previste dall'art. 590-bis, primo comma, cod. pen. (Corte di
cassazione, sezione quarta penale, sentenza 11 aprile-6 maggio 2019,
n. 18802; sezione terza penale, sentenza 14 febbraio-10 giugno 2019,
n. 25538; sezione prima penale, ordinanza 20 dicembre 2018-10 gennaio
2019, n. 1046; sezione quarta penale, sentenza 24 maggio-14 giugno
2018, n. 27425; sezione quarta penale, sentenza 16 maggio-15
settembre 2017, n. 42346; sezione quarta penale, sentenza 1 marzo-14
giugno 2017, n. 29721) -, resta da valutare se la scelta del Governo
di non includere le fattispecie delittuose previste dall'art.
590-bis, primo comma, cod. pen. nel novero dei reati procedibili a
querela ai sensi del d.lgs. n. 36 del 2018 si giustifichi in
relazione all'eccezione prevista dal numero 1), riferita all'ipotesi
in cui «la persona offesa sia incapace per eta' o per infermita'».
Profilo, quest'ultimo, su cui effettivamente si incentrano le opposte
argomentazioni dell'ordinanza di rimessione e dell'Avvocatura
generale dello Stato.
4.2.- La mancata inclusione tra i delitti procedibili a querela
tanto della fattispecie di lesioni personali dolose di cui all'art.
582 cod. pen., nell'ipotesi in cui consegua una malattia di durata
superiore a venti giorni, quanto delle fattispecie di lesioni
stradali gravi e gravissime di cui all'art. 590-bis, primo comma,
cod. pen., e' stata giustificata dal Governo, nella Relazione
illustrativa al primo schema di decreto legislativo (A.G. 475), «in
ragione della considerazione che il legislatore ha gia' equiparato,
ai fini della descrizione della fattispecie, la malattia allo stato
di incapacita' di attendere alle ordinarie occupazioni, come si
ricava agevolmente dalla disposizione in punto di aggravante di cui
all'articolo 583, comma 1, n. 1, c.p. Il delitto di lesioni si
connota, quindi, per l'evento, che ben puo' consistere in uno stato
di incapacita', e la previsione di delega non qualifica ulteriormente
la condizione di incapacita', non specifica se essa debba essere
intesa come temporanea o permanente, piena o anche solo parziale,
sicche' il legislatore delegato non puo' che accoglierne la nozione
piu' ampia [...]. Il criterio di delega di cui all'articolo 1, comma
16, lettera a), numero 1), legge n. 103/2017 impone dunque di
preservare la procedibilita' d'ufficio quando ricorre la condizione
di incapacita' della persona offesa per (eta' o per) infermita'».
La Commissione giustizia della Camera dei deputati, nel formulare
il 6 dicembre 2017 il proprio parere favorevole con condizioni allo
schema di decreto legislativo, ha espresso sul punto il proprio
dissenso, richiedendo alla condizione numero 3) che la procedibilita'
a querela fosse estesa anche alle fattispecie di cui all'art.
590-bis, primo comma, cod. pen. Secondo la Commissione, infatti, la
condizione di incapacita' della vittima, per eta' o per infermita',
dovrebbe «ritenersi riferibile ai casi in cui le particolari
condizioni di vulnerabilita' della vittima, per eta' o per
infermita', preesistano al comportamento criminoso dell'autore del
reato e siano percio' da questo indipendenti. La maggiore gravita'
del fatto, cui si lega la scelta di mantenere ferma la
perseguibilita' d'ufficio, sembrerebbe, quindi, essere ancorata alla
circostanza che l'agente, per la realizzazione del reato, ha
sfruttato una situazione di minorata difesa della vittima,
antecedente alla condotta punita, che ha reso piu' agevole
l'esecuzione, piuttosto che ad una situazione di infermita' procurata
anche a seguito della condotta criminosa».
Nessun rilievo sul punto specifico e' stato invece mosso allo
schema dalla Commissione giustizia del Senato della Repubblica.
Lo schema di decreto legislativo (A.G. 475-bis), approvato in
secondo esame dal Consiglio dei ministri dell'8 febbraio 2018, non ha
ritenuto di accogliere la condizione espressa dalla Commissione
giustizia della Camera dei deputati, reiterando gli argomenti gia'
illustrati nella Relazione al primo schema e aggiungendo che il
delitto in parola, «peraltro gia' oggetto di recente intervento
normativo», suscita «particolare allarme sociale», ed e' comunque
connotato «da una certa gravita' posto che l'evento lesivo risulta
essere conseguenza della violazione di una regola cautelare di
condotta posta a presidio proprio della sicurezza della circolazione
stradale».
Su tale secondo schema di decreto la Commissione giustizia della
Camera dei deputati non ha espresso alcun parere, mentre la
Commissione giustizia del Senato della Repubblica ha espresso parere
non ostativo il 7 marzo 2018.
4.3.- I rilievi della Commissione giustizia della Camera dei
deputati, ripresi in senso adesivo da varie voci dottrinali e
riproposti dall'ordinanza di rimessione oggi all'esame, fanno leva
essenzialmente sull'argomento testuale - di per se' nient'affatto
peregrino - secondo cui l'espressione «sia incapace» alluderebbe a
una condizione di incapacita' della persona offesa preesistente alla
condotta criminosa, e non gia' a una situazione creata dalla condotta
criminosa stessa, come avviene nel caso delle lesioni personali.
A fronte di cio', va peraltro sottolineato come la formula
normativa utilizzata dal legislatore delegante sia in radice ambigua,
non risultando chiaro se essa debba essere riferita alla necessaria
presenza, nello schema della fattispecie delittuosa, di una persona
offesa incapace per eta' o per infermita' - come accade, ad esempio,
nelle ipotesi di corruzione di minorenne (art. 609-quinquies cod.
pen.) o di circonvenzione di incapaci (art. 643 cod. pen.), peraltro
punite con pena detentiva massima superiore a quattro anni e quindi
gia' a priori non comprese nella delega -, ovvero all'ipotesi in cui,
nel singolo caso concreto, la persona offesa attinta dalla condotta
criminosa sia incapace, magari proprio per effetto dello stesso
evento criminoso.
E' evidente, peraltro, come la ratio dell'eccezione in parola
miri a confermare la regola della procedibilita' d'ufficio per le
ipotesi in cui la persona offesa sia una persona vulnerabile a causa
della propria incapacita', in modo da assicurare che la tutela
dell'ordinamento non venga fatta dipendere dalla sua iniziativa
giudiziaria: iniziativa il cui esercizio, eventualmente tramite un
rappresentante legale o un curatore speciale - la cui esistenza e la
cui nomina non puo', peraltro, essere data in questi casi per
scontata - potrebbe risultare piu' difficoltoso di quanto normalmente
accada rispetto alla generalita' delle persone offese.
Cio' posto, era in facolta' del Governo ritenere che una tale
esigenza di tutela rafforzata ricorra anche rispetto al delitto di
lesioni stradali gravi o gravissime previsto dall'art. 590-bis, primo
comma, cod. pen., che e' produttivo di notevoli conseguenze
pregiudizievoli per la salute della vittima, le quali a loro volta
possono determinare una situazione di incapacita', transitoria o
permanente, tale da renderle piu' difficoltosa una eventuale
iniziativa giudiziaria volta a sollecitare la persecuzione penale del
responsabile delle lesioni.
D'altra parte, la previsione della procedibilita' a querela delle
ipotesi delittuose contemplate dall'art. 590-bis, primo comma, cod.
pen., si sarebbe posta in aperta contraddizione con la scelta,
compiuta appena due anni prima dal Parlamento con la legge 23 marzo
2016, n. 41 (Introduzione del reato di omicidio stradale e del reato
di lesioni personali stradali, nonche' disposizioni di coordinamento
al decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285, e al decreto
legislativo 28 agosto 2000, n. 274), di prevedere la procedibilita'
d'ufficio di tutte le fattispecie di lesioni stradali di cui all'art.
590-bis cod. pen., in considerazione del particolare allarme sociale
determinato dalle condotte che con la nuova incriminazione si
intendevano contrastare; mentre, all'evidenza, la scelta del
legislatore delegante appariva volta a prevedere la procedibilita' a
querela per fatti di modesto contenuto offensivo, come emerge del
resto dall'espressa previsione, al numero 3) dell'art. 1, comma 16,
lettera a), della legge delega, di un'eccezione alla regola della
procedibilita' a querela per i reati contro il patrimonio produttivi
di un danno alla persona offesa di rilevante gravita'.
In conclusione, questa Corte ritiene che il Governo non abbia
travalicato i fisiologici margini di discrezionalita' impliciti in
qualsiasi legge delega, nell'adottare una interpretazione non
implausibile - e non distonica rispetto alla ratio di tutela sottesa
alle indicazioni del legislatore delegante - del criterio dettato
dall'art. 1, comma 16, lettera a), numero 1), della legge n. 103 del
2017; e si sia mantenuto cosi' entro il perimetro sancito dal
«legittimo esercizio della discrezionalita' spettante al Governo
nella fase di attuazione della delega, nel rispetto della ratio di
quest'ultima e in coerenza con esigenze sistematiche proprie della
materia penale» (sentenza n. 127 del 2017). E tanto piu' nel caso di
specie, al cospetto di una delega "ampia" o "vaga", che interviene
per "blocchi" di materie, riferendosi genericamente a due Titoli del
codice penale.
Dal che discende la non fondatezza della questione di
legittimita' in questa sede prospettata.
per questi motivi
LA CORTE COSTITUZIONALE
dichiara non fondata la questione di legittimita' costituzionale
del decreto legislativo 10 aprile 2018, n. 36, recante «Disposizioni
di modifica della disciplina del regime di procedibilita' per taluni
reati in attuazione della delega di cui all'articolo 1, commi 16,
lettere a) e b), e 17, della legge 23 giugno 2017, n. 103»,
sollevata, in riferimento all'art. 76 della Costituzione, nella parte
in cui non prevede la procedibilita' a querela anche per i delitti
previsti dall'art. 590-bis, primo comma, del codice penale, dal
Tribunale ordinario di La Spezia, sezione penale, con l'ordinanza
indicata in epigrafe.
Cosi' deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale,
Palazzo della Consulta, il 25 settembre 2019.
F.to:
Giorgio LATTANZI, Presidente
Francesco VIGANO', Redattore
Roberto MILANA, Cancelliere
Depositata in Cancelleria il 24 ottobre 2019.
Il Direttore della Cancelleria
F.to: Roberto MILANA
Iscriviti a:
Commenti sul post (Atom)
Nessun commento:
Posta un commento