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mercoledì 30 ottobre 2019

N. 223 SENTENZA 25 settembre - 24 ottobre 2019 Giudizio di legittimita' costituzionale in via incidentale. Reati e pene - Lesioni personali stradali gravi o gravissime con violazione delle norme sulla disciplina della circolazione stradale - Regime di procedibilita' - Omessa inclusione tra i delitti procedibili a querela - Denunciato contrasto con la legge delega - Insussistenza - Non fondatezza della questione. - Decreto legislativo 10 aprile 2018, n. 36. - Costituzione, art. 76. (GU n.44 del 30-10-2019 )



N. 223 SENTENZA 25 settembre - 24 ottobre 2019

Giudizio di legittimita' costituzionale in via incidentale.

Reati e pene - Lesioni personali  stradali  gravi  o  gravissime  con
  violazione delle norme sulla disciplina della circolazione stradale
  - Regime di  procedibilita'  -  Omessa  inclusione  tra  i  delitti
  procedibili a querela - Denunciato contrasto con la legge delega  -
  Insussistenza - Non fondatezza della questione.
- Decreto legislativo 10 aprile 2018, n. 36.
- Costituzione, art. 76.

(GU n.44 del 30-10-2019 )

 

                       LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori:
Presidente:Giorgio LATTANZI;
Giudici  :Aldo  CAROSI,  Marta  CARTABIA,  Mario   Rosario   MORELLI,
  Giancarlo CORAGGIO,  Giuliano  AMATO,  Silvana  SCIARRA,  Daria  de
  PRETIS, Nicolo' ZANON, Augusto Antonio BARBERA, Giulio PROSPERETTI,
  Giovanni AMOROSO, Francesco VIGANO', Luca ANTONINI,

     
    ha pronunciato la seguente

                              SENTENZA

    nel  giudizio  di   legittimita'   costituzionale   del   decreto
legislativo 10 aprile 2018, n. 36, recante «Disposizioni di  modifica
della disciplina del regime di procedibilita'  per  taluni  reati  in
attuazione della delega di cui all'articolo 1, commi 16, lettere a) e
b), e 17, della legge 23 giugno 2017, n. 103», nella parte in cui non
prevede la  punibilita'  a  querela  anche  per  i  delitti  previsti
dall'art. 590-bis, primo  comma,  del  codice  penale,  promosso  dal
Tribunale ordinario di La Spezia, sezione  penale,  nel  procedimento
penale a carico di  C.S.  S.,  con  ordinanza  dell'8  ottobre  2018,
iscritta al n. 3 del  registro  ordinanze  2019  e  pubblicata  nella
Gazzetta Ufficiale della  Repubblica  n.  5,  prima  serie  speciale,
dell'anno 2019.
    Visto l'atto di  intervento  del  Presidente  del  Consiglio  dei
ministri;
    udito nella camera di consiglio del 25 settembre 2019 il  Giudice
relatore Francesco Vigano'.

                          Ritenuto in fatto

    1.- Con ordinanza dell'8 ottobre  2018,  iscritta  al  n.  3  del
registro ordinanze 2019, il Tribunale ordinario di La Spezia, sezione
penale, ha sollevato, in riferimento all'art. 76 della  Costituzione,
questione di legittimita' costituzionale del decreto  legislativo  10
aprile  2018,  n.  36,  recante  «Disposizioni  di   modifica   della
disciplina  del  regime  di  procedibilita'  per  taluni   reati   in
attuazione della delega di cui all'articolo 1, commi 16, lettere a) e
b), e 17, della legge 23 giugno 2017, n. 103», nella parte in cui non
prevede la procedibilita' a querela  anche  per  i  delitti  previsti
dall'art. 590-bis, primo comma, del codice penale, in  contrasto  con
quanto stabilito dall'art. 1, comma 16, lettera a),  della  legge  23
giugno 2017, n.  103  (Modifiche  al  codice  penale,  al  codice  di
procedura penale e all'ordinamento penitenziario).
    1.1.-  Il  rimettente   premette   di   dover   giudicare   della
responsabilita' penale  di  C.S.  S.,  imputata  del  reato  previsto
dall'art. 590-bis (Lesioni personali stradali  gravi  o  gravissime),
primo e ottavo comma, cod. pen., per avere, alla guida della  propria
autovettura, omesso di concedere la precedenza  a  un  motociclo,  in
violazione dell'art. 145, commi 4 e 10, del  decreto  legislativo  30
aprile 1992, n. 285 (Nuovo codice della strada), cosi' cagionando  al
conducente del  motociclo  F.  N.  e  al  passeggero  N.  F.  lesioni
personali gravi.
    1.2.- In punto  di  rilevanza  della  questione  di  legittimita'
costituzionale, il giudice a quo riferisce  che  C.S.  S.,  tratta  a
giudizio con citazione diretta, e' stata ammessa al  rito  abbreviato
condizionato all'espletamento di perizia medico-legale sulla  persona
di F. N.; che secondo le  risultanze  dell'esame  peritale  -  esteso
anche alle lesioni riportate da  N.  F.  -  F.  N.  ha  sofferto,  in
conseguenza  del  sinistro  stradale  oggetto  di  imputazione,   una
malattia di durata inferiore a venti giorni, mentre N. F.  ha  patito
una malattia guarita in settanta giorni; che dagli  atti  processuali
emerge inequivocabilmente la responsabilita'  colposa  dell'imputata;
che le vittime del sinistro non hanno sporto querela.
    Il rimettente osserva che, con riferimento alla persona offesa F.
N., la contenuta durata della malattia impone la riqualificazione del
fatto di reato nell'ipotesi di cui all'art. 590  cod.  pen.  (lesioni
personali  colpose),  con  conseguente   pronuncia,   nei   confronti
dell'imputata, di sentenza di non doversi procedere  per  difetto  di
querela della vittima. Diversamente, in relazione alla persona offesa
N. F., essendo la malattia di quest'ultima durata settanta giorni, si
configura il reato di cui all'art. 590-bis, primo comma,  cod.  pen.,
perseguibile d'ufficio; di talche', sussistendo la responsabilita' di
C.S. S., il processo non potrebbe che concludersi con una sentenza di
condanna. Un diverso esito sarebbe conseguibile solo ove il reato  di
cui all'art.  590-bis,  primo  comma,  cod.  pen.  fosse  punibile  a
querela, che, in specie, non e' stata presentata.
    1.3.- Quanto alla non manifesta infondatezza della questione,  il
giudice a quo evidenzia che l'art. 1, comma  16,  lettera  a),  della
legge n. 103 del 2017  aveva  delegato  il  Governo,  entro  un  anno
dall'entrata  in  vigore   del   provvedimento,   a   «prevedere   la
procedibilita' a querela per i reati contro la persona puniti con  la
sola pena edittale pecuniaria o con la pena  edittale  detentiva  non
superiore nel massimo a quattro anni, sola, congiunta  o  alternativa
alla  pena  pecuniaria,  fatta  eccezione  per  il  delitto  di   cui
all'articolo  610  del  codice  penale,  e  per  i  reati  contro  il
patrimonio  previsti  dal  codice  penale,  salva  in  ogni  caso  la
procedibilita'  d'ufficio  qualora   ricorra   una   delle   seguenti
condizioni: 1)  la  persona  offesa  sia  incapace  per  eta'  o  per
infermita'; 2) ricorrano circostanze aggravanti ad  effetto  speciale
ovvero le circostanze indicate nell'articolo 339 del  codice  penale;
3) nei reati contro il patrimonio, il  danno  arrecato  alla  persona
offesa sia di rilevante gravita'».
    Nell'esercitare la delega con l'adozione del  d.lgs.  n.  36  del
2018, il Governo ha omesso di annoverare l'art. 590-bis, primo comma,
cod. pen. tra le fattispecie oggetto della  modifica  del  regime  di
procedibilita', con la conseguenza  che  il  reato  in  questione  e'
tuttora procedibile d'ufficio e non a querela, benche' punito con una
pena (reclusione da tra mesi a un anno per le lesioni gravi e da  uno
a tre anni per le lesioni gravissime) compresa nella forbice edittale
per la quale il legislatore delegante aveva  previsto  l'introduzione
della condizione di procedibilita' della querela.
    Il  rimettente  sostiene  che   la   mancata   previsione   della
procedibilita' a querela per il reato di cui all'art. 590-bis,  primo
comma, cod. pen. sarebbe frutto non di una mera dimenticanza,  ma  di
una specifica  scelta  del  legislatore  delegato.  Cio'  emergerebbe
inequivocabilmente dalla relazione illustrativa al d.lgs. n.  36  del
2018, nella quale si sosteneva che il delitto in questione rientrasse
nelle  ipotesi  eccettuate  dalla  punibilita'  a  querela  in  forza
dell'art. 1, comma 16, lettera a), numero 1), della legge n. 103  del
2017, essendo la malattia derivante da  lesioni  gravi  e  gravissime
commesse in violazione delle norme di disciplina  della  circolazione
stradale equiparabile all'infermita' che  cagioni  incapacita'  della
vittima.
    Il giudice a quo  ritiene  non  condivisibile  tale  assunto  del
Governo,  poiche'  il  legislatore  delegante  avrebbe   escluso   la
procedibilita' a querela per i soli reati contro la persona che,  pur
puniti con una pena detentiva non superiore  a  quattro  anni,  siano
posti in essere ai danni di una persona offesa la quale,  gia'  prima
della commissione del reato, si trovi in  stato  di  incapacita'  per
eta'  o  infermita'  e  sia,  pertanto,  impossibilitata  a  sporgere
querela. Colui che subisce lesioni gravi o gravissime in  conseguenza
di un sinistro stradale potrebbe non  versare  affatto  in  stato  di
incapacita', ad esempio ove  subisca  lesioni  traumatiche  quali  il
cosiddetto "colpo di frusta" o l'amputazione  di  un  arto,  che  pur
possono determinare una malattia di lunga durata. Non  sussisterebbe,
dunque, alcuna «correlazione diretta e costante» tra le lesioni gravi
o gravissime riportate a seguito di un sinistro stradale e  lo  stato
di incapacita'.
    Ad avviso del  rimettente,  la  lettura  della  delega  data  dal
Governo, secondo cui le vittime di un sinistro stradale  che  abbiano
riportato lesioni gravi o gravissime sarebbero «di per  se'  incapaci
per infermita'», si risolverebbe in una  violazione  dei  principi  e
criteri  direttivi   impartiti   dal   legislatore   delegante,   con
conseguente vulnus dell'art. 76 Cost.
    La scelta  «eccessivamente  rigorosa»  del  legislatore  delegato
frustrerebbe la finalita' deflattiva del contenzioso  penale  sottesa
alla delega e rischierebbe altresi' di «vanificare e depotenziare» il
ricorso allo strumento  risarcitorio,  quale  forma  di  ristoro  del
pregiudizio subito dalla vittima. Secondo il giudice a quo,  infatti,
«la remissione della querela e l'estinzione del  reato  per  condotte
riparatorie ai sensi dell'art. 162 ter c.p. costituiscono una  spinta
formidabile  al  risarcimento  dei  danni  e  quindi  ad  una  rapida
definizione dei procedimenti, in un  contesto  in  cui  alla  persona
offesa  non  interessa  la  condanna  di  colui  che  ha  causato  (o
contribuito a causare in caso  di  concorso  di  colpa  della  stessa
vittima)  il  sinistro  stradale,  ma  ottenere  il  giusto   ristoro
economico per i danni subiti».
    Il rimettente osserva infine che i delitti di  lesioni  personali
stradali gravi e gravissime, commessi da persona che non abbia  fatto
uso di sostanze  alcooliche  o  stupefacenti,  susciterebbero  minore
allarme sociale rispetto alle  medesime  condotte,  perpetrate  sotto
l'effetto di dette sostanze. Si giustificherebbe quindi la previsione
di un diverso regime di procedibilita'  -  a  querela  nell'un  caso,
d'ufficio  in  tutti  gli  altri  -  in  relazione  alle  fattispecie
incriminatrici di cui al primo comma dell'art. 590-bis cod.  pen.  da
un lato, e a quelle di cui al quarto,  quinto  e  sesto  comma  della
medesima disposizione, dall'altro lato.
    2.- E' intervenuto in giudizio il Presidente  del  Consiglio  dei
ministri,  rappresentato  e  difeso  dall'Avvocatura  generale  dello
Stato, chiedendo che la questione di legittimita' costituzionale  sia
dichiarata inammissibile o infondata.
    2.1.- L'interveniente rammenta anzitutto che, secondo la costante
giurisprudenza di questa Corte, il  controllo  di  conformita'  della
norma delegata alla norma delegante richiede  un  confronto  tra  gli
esiti di due processi ermeneutici  paralleli:  l'uno,  relativo  alle
norme che determinano l'oggetto, i principi ed  i  criteri  direttivi
indicati dalla delega, da  svolgere  tenendo  conto  del  complessivo
contesto in  cui  si  collocano  ed  individuando  le  ragioni  e  le
finalita' poste a fondamento della  legge  di  delegazione;  l'altro,
relativo alle norme poste dal legislatore delegato, da  interpretarsi
nel significato compatibile con i principi  ed  i  criteri  direttivi
della delega (e' citata la sentenza n. 250 del 2016).
    Secondo la giurisprudenza  costituzionale,  poi,  il  legislatore
delegato disporrebbe di margini di  discrezionalita'  nell'attuazione
della delega, sempre che ne rispetti la ratio e che la sua  attivita'
si inserisca in modo coerente nel complessivo quadro normativo  (sono
richiamate le sentenze n. 59 del 2016, n. 146 e n. 98  del  2015,  n.
119 del 2013), e senza che il libero  apprezzamento  del  legislatore
delegato possa assurgere a principio o criterio direttivo (e'  citata
la sentenza n. 293 del 2010).
    Nel caso di specie,  qualificabile  come  «ipotetico  eccesso  di
delega in minus», il  rimettente  avrebbe  omesso  di  considerare  i
«margini  di  delega»  spettanti  al  legislatore   delegato,   cosi'
prospettando una questione manifestamente inammissibile.
    2.2.- La  questione  sarebbe,  comunque,  infondata  nel  merito,
poiche' il legislatore delegato si sarebbe  attenuto  ai  principi  e
criteri direttivi di cui all'art. 1,  comma  16,  lettera  a),  della
legge n. 103 del 2017.
    L'assimilazione tra lo stato di malattia conseguente alle lesioni
personali stradali gravi o gravissime  e  lo  stato  di  incapacita',
posta a base della scelta del legislatore  delegato  di  non  rendere
procedibile a querela il  delitto  di  cui  all'art.  590-bis,  primo
comma, cod. pen., si giustificherebbe in quanto - come rilevato anche
nella Relazione illustrativa al d.lgs. n. 36 del 2018 -  nel  sistema
del codice penale la malattia e' gia' equiparata alla «incapacita' di
attendere alle ordinarie occupazioni», come reso palese dal  disposto
dell'art. 583, primo comma,  numero  1),  cod.  pen.,  relativo  alle
aggravanti al delitto di lesioni. Il delitto di lesioni «si  connota,
quindi, per l'evento,  che  ben  puo'  consistere  in  uno  stato  di
incapacita'».  L'assimilazione   della   malattia   allo   stato   di
incapacita' di attendere  alle  ordinarie  occupazioni,  per  effetto
della previsione di cui all'art. 583, primo  comma,  cod.  pen.,  non
potrebbe che valere anche per l'ipotesi delittuosa  di  cui  all'art.
590-bis cod. pen., «nella misura in cui la gravita' delle lesioni  si
ricava per relationem, mediante il rinvio all'art. 583 c.p.».
    Del resto, la delega legislativa, nell'individuare  lo  stato  di
incapacita' della vittima quale condizione ostativa al passaggio  dal
regime di procedibilita'  d'ufficio  a  quello  di  procedibilita'  a
querela di parte, si riferirebbe in termini generali all'incapacita',
senza specificare se essa  debba  essere  intesa  come  temporanea  o
permanente, piena oppure parziale, sicche'  il  legislatore  delegato
«non [avrebbe potuto] che accoglierne la nozione piu' ampia».  E,  su
tali presupposti, il d.lgs. n. 36 del 2018 non  avrebbe  previsto  la
procedibilita' a querela ne' per il delitto di lesioni  personali  di
cui all'art. 582, primo comma, cod. pen., ne' per quello  di  lesioni
personali stradali gravi e gravissime di cui all'art. 590-bis,  primo
comma, cod. pen.; quest'ultimo, peraltro, oggetto di recente  novella
legislativa a opera della legge 23 marzo 2016,  n.  41  (Introduzione
del reato di omicidio stradale  e  del  reato  di  lesioni  personali
stradali,  nonche'   disposizioni   di   coordinamento   al   decreto
legislativo 30 aprile 1992, n.  285,  e  al  decreto  legislativo  28
agosto 2000, n. 274).
    Il reato di lesioni personali derivanti da violazione delle norme
sulla disciplina della circolazione stradale integrerebbe,  poi,  una
fattispecie  criminosa  grave  e  connotata  da  particolare  allarme
sociale, «posto che l'evento lesivo risulta essere conseguenza  della
violazione di una regola  cautelare  di  condotta  posta  a  presidio
proprio della sicurezza della circolazione stradale», di  talche'  la
scelta del legislatore delegato di non  prevedere  la  procedibilita'
del delitto a querela di parte  sarebbe  rispettosa  dei  principi  e
criteri della delega contenuta nell'art. 1,  comma  16,  lettera  a),
della legge n. 103 del 2017.
    Non sarebbe, infine, condivisibile il presupposto  interpretativo
del giudice rimettente, secondo cui lo  stato  di  incapacita'  della
persona offesa, condizione  ostativa  alla  modifica  del  regime  di
procedibilita', dovrebbe necessariamente preesistere alla commissione
del reato, e non potrebbe essere a questo conseguente o collegato.
    In senso contrario deporrebbe la circostanza che  il  legislatore
delegato abbia scelto di mantenere la procedibilita' d'ufficio per il
delitto di abuso di autorita' contro arrestati o detenuti  (art.  608
cod. pen.), nel quale  la  persona  offesa  versa  in  condizioni  di
«minorata  autonoma  difesa»  e,  pertanto,  come   osservato   nella
Relazione illustrativa al d.lgs. n. 36 del 2018,  in  «uno  stato  di
incapacita' del tutto equiparabile a  quello  della  infermita',  dal
momento che ben puo'  inibire  le  normali  reazioni  difensive  come
accade per il soggetto affetto da un qualche stato patologico».
    Ancora, come  emerge  dalla  citata  Relazione  illustrativa,  in
accoglimento di  alcune  delle  condizioni  poste  dalle  Commissioni
giustizia di Camera e Senato, il legislatore delegato non ha previsto
la procedibilita' a  querela  in  relazione  ai  delitti  di  arresto
illegale (art. 606 cod. pen.), di indebita limitazione della liberta'
personale  (art.  607  cod.  pen.),  di  perquisizione  e   ispezione
personale arbitrarie (art. 609 cod. pen.), per  ragioni  di  coerenza
sistematica con la procedibilita' d'ufficio mantenuta per il reato di
cui all'articolo 608 cod. pen., trattandosi,  in  tutti  i  casi,  di
ipotesi  delittuose  commesse  in  danno  di  persona  affidata  alla
custodia dell'autore delle condotte abusive e, dunque, in  condizione
di minorata difesa.
    Una lettura sistematica del d.lgs. n. 36  del  2018  smentirebbe,
quindi, l'assunto del giudice rimettente, secondo  cui  l'incapacita'
ostativa alla procedibilita'  a  querela  dovrebbe  preesistere  alla
commissione del reato, e confermerebbe la coerenza della  scelta  del
legislatore delegato di non prevedere la procedibilita' d'ufficio  in
relazione ai delitti di cui all'art. 590-bis, primo comma, cod. pen.
    Dovrebbe dunque, in conclusione, escludersi  che  il  legislatore
delegato abbia «"tradito" o applicato  in  minus»  i  principi  della
delega di cui all'art. 1, comma 16, lettera a), della  legge  n.  103
del 2017.

                       Considerato in diritto

    1.- Il Tribunale ordinario  di  La  Spezia,  sezione  penale,  ha
sollevato, in riferimento all'art. 76 della  Costituzione,  questione
di legittimita' costituzionale  del  decreto  legislativo  10  aprile
2018, n. 36, recante «Disposizioni di modifica della  disciplina  del
regime di procedibilita' per taluni reati in attuazione della  delega
di cui all'articolo 1, commi 16, lettere a) e b), e 17,  della  legge
23  giugno  2017,  n.  103»,  nella  parte  in  cui  non  prevede  la
procedibilita' a querela  anche  per  i  delitti  previsti  dall'art.
590-bis, primo comma, del codice  penale,  in  contrasto  con  quanto
stabilito dall'art. 1, comma 16, lettera a), della  legge  23  giugno
2017, n. 103 (Modifiche al codice  penale,  al  codice  di  procedura
penale e all'ordinamento penitenziario).
    Secondo il rimettente, il legislatore delegato avrebbe errato nel
non prevedere, nell'ambito del d.lgs. n 36 del 2018, la punibilita' a
querela per il delitto di cui all'art. 590-bis cod.  pen.,  rubricato
«Lesioni personali stradali gravi o gravissime», ove  non  sussistano
le circostanze aggravanti di cui ai commi secondo e seguenti.
    L'art. 1, comma 16, lettera a), della legge n. 103 del 2017 aveva
delegato il Governo a «prevedere la procedibilita' a  querela  per  i
reati contro la persona puniti con la sola pena edittale pecuniaria o
con la pena edittale detentiva non superiore nel  massimo  a  quattro
anni, sola, congiunta  o  alternativa  alla  pena  pecuniaria,  fatta
eccezione per il delitto di cui all'art. 610 del codice penale, e per
i reati contro il patrimonio previsti dal  codice  penale,  salva  in
ogni caso  la  procedibilita'  d'ufficio  quando  ricorra  una  delle
seguenti condizioni: 1) la persona offesa sia incapace per eta' o per
infermita'; 2) ricorrano circostanze aggravanti ad  effetto  speciale
ovvero le circostanze indicate nell'articolo 339 del  codice  penale;
3) nei reati contro il patrimonio, il  danno  arrecato  alla  persona
offesa sia di rilevante gravita'».
    L'art. 590-bis, primo comma, cod. pen. configura un reato  contro
la persona, punito con la reclusione da tre mesi a un anno laddove il
colpevole abbia cagionato lesioni gravi alla persona offesa, e con la
reclusione da uno a tre  anni  laddove  le  abbia  cagionato  lesioni
gravissime. In entrambe le ipotesi, dunque, la pena detentiva massima
non supera nel massimo i quattro anni.
    Ad avviso del giudice a quo, il Governo avrebbe  pertanto  dovuto
estendere  anche  alla  fattispecie  delittuosa   in   questione   la
punibilita' a querela, non trovando  qui  applicazione  alcuna  delle
deroghe previste dalla legge delega al criterio generale basato sulla
durata della pena detentiva massima, e in particolare l'eccezione  di
cui al numero 1) della disposizione poc'anzi  citata,  relativa  alle
ipotesi in cui «la  persona  offesa  sia  incapace  per  eta'  o  per
infermita'».
    A tale omissione dovrebbe porre rimedio questa Corte,  attraverso
la pronuncia additiva sollecitata nell'ordinanza di rimessione.
    2.-   L'Avvocatura   generale    dello    Stato    ha    eccepito
l'inammissibilita'  della  questione  all'esame,  con  la  quale   il
rimettente si dorrebbe di un «eccesso di delega in minus»,  omettendo
cosi' di considerare il  margine  di  discrezionalita'  spettante  al
Governo nell'esercizio della delega medesima.
    L'eccezione e', in realta', relativa a un profilo che attiene  al
merito della questione, anziche' alla sua ammissibilita'.
    La questione in questa sede  prospettata  -  peraltro  certamente
rilevante nel giudizio a quo, in cui si discute della responsabilita'
penale di un imputato del delitto  di  cui  all'art.  590-bis,  primo
comma,  cod.  pen.,  nei  cui  confronti  non  risulta  essere  stata
presentata querela - e', dunque, ammissibile.
    3.- Prima di esaminare il merito della questione, giova precisare
che il giudice rimettente non lamenta qui un mancato esercizio  della
delega da parte del  legislatore,  ne'  un  suo  parziale  esercizio:
ipotesi, queste, che secondo la  costante  giurisprudenza  di  questa
Corte  possono  si'  determinare  una  responsabilita'  politica  del
Governo verso il Parlamento,  ma  non  una  violazione  dell'art.  76
Cost., a meno che il mancato parziale esercizio della  delega  stessa
non comporti uno stravolgimento della legge di delegazione  (sentenze
n. 304 del 2011, n. 149 del 2005, n. 218 del 1987, n. 8 del 1977 e n.
41 del 1975; ordinanze n. 283 del 2013 e n. 257 del 2005).
    Il giudice a quo lamenta, invece, la non corretta  osservanza  di
uno specifico criterio di delega - quello di cui  all'art.  1,  comma
16, lettera a), della legge n. 103 del  2017  -  che  il  Governo  ha
deciso di esercitare mediante il d.lgs. n. 36 del 2018,  che  ha  per
l'appunto previsto la  procedibilita'  a  querela  di  una  serie  di
delitti contro la persona e contro il patrimonio previsti dal  codice
penale e puniti con pena detentiva  non  superiore  a  quattro  anni.
Nell'esercitare tale delega, il Governo avrebbe -  nella  prospettiva
del   rimettente   -   arbitrariamente   omesso   di   prevedere   la
procedibilita' a querela del delitto di cui all'art.  590-bis,  primo
comma, cod. pen.,  anche  se  tale  delitto  prevede  pene  detentive
inferiori nel massimo al limite di quattro anni indicato dalla  legge
delega, e nonostante non ricorra - secondo il giudice a quo -  alcuna
delle ipotesi eccezionali nelle quali doveva, in base al citato  art.
1, comma 16, lettera a), della legge n. 103 del 2017, conservarsi  la
regola previgente della procedibilita' d'ufficio.
    Come e' accaduto nella recente sentenza n. 127 del 2017, la Corte
e' dunque chiamata a valutare se il Governo, nell'esercitare in parte
qua la delega conferitagli dal Parlamento, abbia o  meno  errato  nel
dare applicazione ai principi e ai criteri direttivi il cui  rispetto
condiziona,  in   forza   dell'art.   76   Cost.,   la   legittimita'
costituzionale del decreto legislativo.
    Ove risultasse che il Governo abbia interpretato e  applicato  in
maniera non corretta il criterio di delega in parola, e abbia  quindi
indebitamente omesso di prevedere la  procedibilita'  a  querela  del
delitto di  cui  all'art.  590-bis,  primo  comma,  cod.  pen.,  tale
omissione si risolverebbe in una violazione dell'art. 76  Cost.:  non
diversamente, del resto, da cio' che accadrebbe ove il Governo avesse
previsto la procedibilita' a querela di  un'ipotesi  delittuosa  che,
secondo  le  indicazioni  del  legislatore  delegato,  doveva  invece
restare procedibile d'ufficio.
    4.- Cio' precisato, la questione non e' fondata.
    4.1.- Occorre subito sottolineare che, a fronte della  previsione
di pene detentive massime non superiori  a  quattro  anni  nelle  due
ipotesi delittuose contemplate dall'art. 590-bis, primo  comma,  cod.
pen., il solo thema decidendum nella presente controversia e'  se  il
Governo fosse autorizzato a non prevedere la procedibilita' a querela
di tali fattispecie in ragione dell'operativita'  di  una  delle  tre
eccezioni, previste dall'art. 1, comma 16, lettera a), della legge n.
103 del 2017, al criterio generale che  abbracciava  tra  l'altro  «i
reati contro la persona puniti con la sola pena edittale pecuniaria o
con la pena edittale detentiva non superiore nel  massimo  a  quattro
anni, sola, congiunta o alternativa alla  pena  pecuniaria»,  diversi
dalla violenza privata.
    Posta  l'ovvia  inapplicabilita',  nella  specie,  dell'eccezione
prevista dal numero 3) della disposizione - riferita  ai  soli  reati
contro  il  patrimonio  -,  e  considerata   l'altrettanto   pacifica
inapplicabilita' dell'ulteriore eccezione prevista  al  numero  2)  -
riferita  all'ipotesi  in  cui  ricorrano  circostanze  aggravanti  a
effetto speciale o taluna delle circostanze di cui all'art. 339  cod.
pen., stante la riconosciuta natura  di  fattispecie  autonome  delle
ipotesi previste dall'art. 590-bis, primo comma, cod. pen. (Corte  di
cassazione, sezione quarta penale, sentenza 11 aprile-6 maggio  2019,
n. 18802; sezione terza penale, sentenza 14 febbraio-10 giugno  2019,
n. 25538; sezione prima penale, ordinanza 20 dicembre 2018-10 gennaio
2019, n. 1046; sezione quarta penale, sentenza  24  maggio-14  giugno
2018,  n.  27425;  sezione  quarta  penale,  sentenza  16   maggio-15
settembre 2017, n. 42346; sezione quarta penale, sentenza 1  marzo-14
giugno 2017, n. 29721) -, resta da valutare se la scelta del  Governo
di  non  includere  le  fattispecie  delittuose  previste   dall'art.
590-bis, primo comma, cod. pen. nel novero dei  reati  procedibili  a
querela ai sensi  del  d.lgs.  n.  36  del  2018  si  giustifichi  in
relazione all'eccezione prevista dal numero 1), riferita  all'ipotesi
in cui «la persona offesa sia incapace per eta'  o  per  infermita'».
Profilo, quest'ultimo, su cui effettivamente si incentrano le opposte
argomentazioni  dell'ordinanza  di   rimessione   e   dell'Avvocatura
generale dello Stato.
    4.2.- La mancata inclusione tra i delitti procedibili  a  querela
tanto della fattispecie di lesioni personali dolose di  cui  all'art.
582 cod. pen., nell'ipotesi in cui consegua una  malattia  di  durata
superiore  a  venti  giorni,  quanto  delle  fattispecie  di  lesioni
stradali gravi e gravissime di cui  all'art.  590-bis,  primo  comma,
cod.  pen.,  e'  stata  giustificata  dal  Governo,  nella  Relazione
illustrativa al primo schema di decreto legislativo (A.G.  475),  «in
ragione della considerazione che il legislatore ha  gia'  equiparato,
ai fini della descrizione della fattispecie, la malattia  allo  stato
di incapacita' di  attendere  alle  ordinarie  occupazioni,  come  si
ricava agevolmente dalla disposizione in punto di aggravante  di  cui
all'articolo 583, comma 1, n.  1,  c.p.  Il  delitto  di  lesioni  si
connota, quindi, per l'evento, che ben puo' consistere in  uno  stato
di incapacita', e la previsione di delega non qualifica ulteriormente
la condizione di incapacita', non  specifica  se  essa  debba  essere
intesa come temporanea o permanente, piena  o  anche  solo  parziale,
sicche' il legislatore delegato non puo' che accoglierne  la  nozione
piu' ampia [...]. Il criterio di delega di cui all'articolo 1,  comma
16, lettera a),  numero  1),  legge  n.  103/2017  impone  dunque  di
preservare la procedibilita' d'ufficio quando ricorre  la  condizione
di incapacita' della persona offesa per (eta' o per) infermita'».
    La Commissione giustizia della Camera dei deputati, nel formulare
il 6 dicembre 2017 il proprio parere favorevole con  condizioni  allo
schema di decreto legislativo,  ha  espresso  sul  punto  il  proprio
dissenso, richiedendo alla condizione numero 3) che la procedibilita'
a querela  fosse  estesa  anche  alle  fattispecie  di  cui  all'art.
590-bis, primo comma, cod. pen. Secondo la Commissione,  infatti,  la
condizione di incapacita' della vittima, per eta' o  per  infermita',
dovrebbe  «ritenersi  riferibile  ai  casi  in  cui  le   particolari
condizioni  di  vulnerabilita'  della  vittima,  per   eta'   o   per
infermita', preesistano al comportamento  criminoso  dell'autore  del
reato e siano percio' da questo indipendenti.  La  maggiore  gravita'
del  fatto,  cui  si  lega  la   scelta   di   mantenere   ferma   la
perseguibilita' d'ufficio, sembrerebbe, quindi, essere ancorata  alla
circostanza  che  l'agente,  per  la  realizzazione  del  reato,   ha
sfruttato  una  situazione  di   minorata   difesa   della   vittima,
antecedente  alla  condotta  punita,  che  ha   reso   piu'   agevole
l'esecuzione, piuttosto che ad una situazione di infermita' procurata
anche a seguito della condotta criminosa».
    Nessun rilievo sul punto specifico e'  stato  invece  mosso  allo
schema dalla Commissione giustizia del Senato della Repubblica.
    Lo schema di decreto legislativo  (A.G.  475-bis),  approvato  in
secondo esame dal Consiglio dei ministri dell'8 febbraio 2018, non ha
ritenuto di  accogliere  la  condizione  espressa  dalla  Commissione
giustizia della Camera dei deputati, reiterando  gli  argomenti  gia'
illustrati nella Relazione al  primo  schema  e  aggiungendo  che  il
delitto in parola,  «peraltro  gia'  oggetto  di  recente  intervento
normativo», suscita «particolare allarme  sociale»,  ed  e'  comunque
connotato «da una certa gravita' posto che  l'evento  lesivo  risulta
essere conseguenza  della  violazione  di  una  regola  cautelare  di
condotta posta a presidio proprio della sicurezza della  circolazione
stradale».
    Su tale secondo schema di decreto la Commissione giustizia  della
Camera  dei  deputati  non  ha  espresso  alcun  parere,  mentre   la
Commissione giustizia del Senato della Repubblica ha espresso  parere
non ostativo il 7 marzo 2018.
    4.3.- I rilievi della  Commissione  giustizia  della  Camera  dei
deputati, ripresi  in  senso  adesivo  da  varie  voci  dottrinali  e
riproposti dall'ordinanza di rimessione oggi  all'esame,  fanno  leva
essenzialmente sull'argomento testuale -  di  per  se'  nient'affatto
peregrino - secondo cui l'espressione «sia  incapace»  alluderebbe  a
una condizione di incapacita' della persona offesa preesistente  alla
condotta criminosa, e non gia' a una situazione creata dalla condotta
criminosa stessa, come avviene nel caso delle lesioni personali.
    A fronte di  cio',  va  peraltro  sottolineato  come  la  formula
normativa utilizzata dal legislatore delegante sia in radice ambigua,
non risultando chiaro se essa debba essere riferita  alla  necessaria
presenza, nello schema della fattispecie delittuosa, di  una  persona
offesa incapace per eta' o per infermita' - come accade, ad  esempio,
nelle ipotesi di corruzione di  minorenne  (art.  609-quinquies  cod.
pen.) o di circonvenzione di incapaci (art. 643 cod. pen.),  peraltro
punite con pena detentiva massima superiore a quattro anni  e  quindi
gia' a priori non comprese nella delega -, ovvero all'ipotesi in cui,
nel singolo caso concreto, la persona offesa attinta  dalla  condotta
criminosa sia incapace,  magari  proprio  per  effetto  dello  stesso
evento criminoso.
    E' evidente, peraltro, come la  ratio  dell'eccezione  in  parola
miri a confermare la regola della  procedibilita'  d'ufficio  per  le
ipotesi in cui la persona offesa sia una persona vulnerabile a  causa
della propria incapacita',  in  modo  da  assicurare  che  la  tutela
dell'ordinamento non  venga  fatta  dipendere  dalla  sua  iniziativa
giudiziaria: iniziativa il cui esercizio,  eventualmente  tramite  un
rappresentante legale o un curatore speciale - la cui esistenza e  la
cui nomina non  puo',  peraltro,  essere  data  in  questi  casi  per
scontata - potrebbe risultare piu' difficoltoso di quanto normalmente
accada rispetto alla generalita' delle persone offese.
    Cio' posto, era in facolta' del Governo  ritenere  che  una  tale
esigenza di tutela rafforzata ricorra anche rispetto  al  delitto  di
lesioni stradali gravi o gravissime previsto dall'art. 590-bis, primo
comma,  cod.  pen.,  che  e'  produttivo  di   notevoli   conseguenze
pregiudizievoli per la salute della vittima, le quali  a  loro  volta
possono determinare una  situazione  di  incapacita',  transitoria  o
permanente,  tale  da  renderle  piu'  difficoltosa   una   eventuale
iniziativa giudiziaria volta a sollecitare la persecuzione penale del
responsabile delle lesioni.
    D'altra parte, la previsione della procedibilita' a querela delle
ipotesi delittuose contemplate dall'art. 590-bis, primo  comma,  cod.
pen., si sarebbe  posta  in  aperta  contraddizione  con  la  scelta,
compiuta appena due anni prima dal Parlamento con la legge  23  marzo
2016, n. 41 (Introduzione del reato di omicidio stradale e del  reato
di lesioni personali stradali, nonche' disposizioni di  coordinamento
al  decreto  legislativo  30  aprile  1992,  n.  285,  e  al  decreto
legislativo 28 agosto 2000, n. 274), di prevedere  la  procedibilita'
d'ufficio di tutte le fattispecie di lesioni stradali di cui all'art.
590-bis cod. pen., in considerazione del particolare allarme  sociale
determinato  dalle  condotte  che  con  la  nuova  incriminazione  si
intendevano  contrastare;  mentre,  all'evidenza,   la   scelta   del
legislatore delegante appariva volta a prevedere la procedibilita'  a
querela per fatti di modesto contenuto  offensivo,  come  emerge  del
resto dall'espressa previsione, al numero 3) dell'art. 1,  comma  16,
lettera a), della legge delega, di  un'eccezione  alla  regola  della
procedibilita' a querela per i reati contro il patrimonio  produttivi
di un danno alla persona offesa di rilevante gravita'.
    In conclusione, questa Corte ritiene che  il  Governo  non  abbia
travalicato i fisiologici margini di  discrezionalita'  impliciti  in
qualsiasi  legge  delega,  nell'adottare  una   interpretazione   non
implausibile - e non distonica rispetto alla ratio di tutela  sottesa
alle indicazioni del legislatore delegante  -  del  criterio  dettato
dall'art. 1, comma 16, lettera a), numero 1), della legge n. 103  del
2017; e si  sia  mantenuto  cosi'  entro  il  perimetro  sancito  dal
«legittimo esercizio  della  discrezionalita'  spettante  al  Governo
nella fase di attuazione della delega, nel rispetto  della  ratio  di
quest'ultima e in coerenza con esigenze  sistematiche  proprie  della
materia penale» (sentenza n. 127 del 2017). E tanto piu' nel caso  di
specie, al cospetto di una delega "ampia" o  "vaga",  che  interviene
per "blocchi" di materie, riferendosi genericamente a due Titoli  del
codice penale.
    Dal  che  discende  la  non   fondatezza   della   questione   di
legittimita' in questa sede prospettata.

     

                          per questi motivi
                       LA CORTE COSTITUZIONALE

    dichiara non fondata la questione di legittimita'  costituzionale
del decreto legislativo 10 aprile 2018, n. 36, recante  «Disposizioni
di modifica della disciplina del regime di procedibilita' per  taluni
reati in attuazione della delega di cui  all'articolo  1,  commi  16,
lettere a) e  b),  e  17,  della  legge  23  giugno  2017,  n.  103»,
sollevata, in riferimento all'art. 76 della Costituzione, nella parte
in cui non prevede la procedibilita' a querela anche  per  i  delitti
previsti dall'art. 590-bis,  primo  comma,  del  codice  penale,  dal
Tribunale ordinario di La Spezia,  sezione  penale,  con  l'ordinanza
indicata in epigrafe.
    Cosi' deciso in Roma,  nella  sede  della  Corte  costituzionale,
Palazzo della Consulta, il 25 settembre 2019.

                                F.to:
                    Giorgio LATTANZI, Presidente
                    Francesco VIGANO', Redattore
                     Roberto MILANA, Cancelliere

    Depositata in Cancelleria il 24 ottobre 2019.

                   Il Direttore della Cancelleria
                        F.to: Roberto MILANA


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