AG.E.A. (Agenzia per le erogazioni in agricoltura)
Circ. 16-6-2011 n. ACIU.2011.476
Misure urgenti di gestione della crisi di mercato dei prodotti ortofrutticoli conseguente ai casi di contaminazione da Escherichia Coli.
Emanata dall'Agenzia per le erogazioni in agricoltura, Area coordinamento.
Circ. 16 giugno 2011, n. ACIU.2011.476 (1).
Misure urgenti di gestione della crisi di mercato dei prodotti ortofrutticoli conseguente ai casi di contaminazione da Escherichia Coli.
(1) Emanata dall'Agenzia per le erogazioni in agricoltura, Area coordinamento.
All'
Organismo pagatore Agea
Ufficio monocratico
Sede
All'
Organismo pagatore Avepa
Via N. Tommaseo, 63-69
35131 - Padova
All'
Organismo pagatore Agrea
Largo Caduti del Lavoro, 6
40122 - Bologna
All'
Organismo pagatore della Regione Lombardia
Direzione generale agricoltura
Piazza Città di Lombardia
20100 - Milano
All'
Organismo pagatore Artea
Via San Donato, 42/1
50127 - Firenze
e, p.c.:
Al
Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali
- Dipartimento delle politiche comunitarie e internazionali
- Dipartimento delle politiche competitive del mondo rurale della qualità
- Direzione generale del corpo forestale dello Stato
- Ispettorato centrale controlli qualità
Via XX Settembre, 20
00186 - Roma
Al
Coordinatore commissione politiche agricole Regione Puglia
Assessorato risorse agroalimentari
Lungomare N. Sauro, 45/47
71100 - Bari
Al
Comando carabinieri politiche agricole
Via Torino, 44
00184 - Roma
All'
Agecontrol S.p.A.
Via Palestro, 81
00185 - Roma
Agli
Assessorati agricoltura delle regioni e P.A. Trento e Bolzano
Loro sedi
All'
Organismo pagatore Arpea
Via Bogino, 23
10123 - Torino
All'
Organismo pagatore della P.A. di Bolzano Oppab
39100 - Bolzano
All'
Organismo pagatore della P.A. di Trento Appag
via G. B. Trener, 3
38100 - Trento
Alle
Unioni nazionali ortofrutticole
Loro sedi
Al
C.A.A. Coldiretti S.r.l.
Via XXIV Maggio, 43
00187 - Roma
Al
C.A.A. Confagricoltura S.r.l.
Corso Vittorio Emanuele II, 101
00185 - Roma
Al
C.A.A. CIA S.r.l.
Lungotevere Michelangelo, 9
00192 - Roma
Al
C.A.A. Copagri S.r.l.
Via Calabria, 32
00187 - Roma
Al
Coordinamento Caagci
Via A. Bargoni, 78
00153 - Roma
Al
Coordinamento Caalpa
Via L. Serra, 37
00153 - Roma
Al
Coordinamento C.A.A. Aipo
Via Alberico II, 35
00193 - Roma
1. Premessa
Con regolamento in corso di pubblicazione (di seguito "regolamento"), la Commissione europea, in considerazione della situazione determinatasi a seguito della grave crisi del mercato ortofrutticolo derivante dai casi di contaminazione da Escherichia Coli, ha adottato misure eccezionali ed urgenti di gestione di tale crisi, a supporto del settore ortofrutticolo.
Tali misure consistono in un aiuto per operazioni di ritiri dal mercato, di raccolta prima della maturazione e di mancata raccolta dei seguenti prodotti, effettuate nel periodo dal 26 maggio 2011 al 30 giugno 2011:
- Pomodori
(CN07020000);
- Lattughe e indivie ricce e scarole
(CN07051100, CN07051900 e CN07052900);
- Cetrioli
(CN07070005);
- Peperoni dolci
(CN07096010);
- Zucchine
(CN07099070).
In termini generali, le operazioni di ritiri dal mercato, di raccolta prima della maturazione e di mancata raccolta, salvo quanto disposto dal regolamento sopra citato e dalle disposizioni attuative nazionali di detto regolamento e nel prosieguo dalla presente circolare, sono disciplinate dal Reg. (CE) n. 1234/2007, dal Reg. (CE) n. 1580/2007 e dal Reg. (UE) n. 543/2011, nonché dal D.M. 20 dicembre 2010, (n. 10388), dalla Circ. 16 febbraio 2009, n. ACIU.2009.207 e dalle circolari applicative emanate dagli Organismi pagatori competenti.
La costituzione del fascicolo aziendale è obbligatoria per tutte le aziende agricole ai sensi del D.P.R. n. 503/1999 e del D.Lgs. n. 99/2004, e quindi anche per i produttori che partecipano alle misure eccezionali sopra indicate. Qualora si abbia la necessità di aggiornare il fascicolo aziendale cartaceo ed elettronico è necessario produrre la documentazione di cui alla Circ. 20 aprile 2005, n. ACIU.2005.210 e alla Circ. 6 aprile 2007, n. ACIU.2007.237 dell’AGEA, utilizzando i servizi resi disponibili dall'Organismo pagatore competente, individuato in relazione alla residenza o alla sede legale del produttore, a seconda che questi sia una persona fisica o giuridica.
Si richiama in particolare la necessità che nel fascicolo aziendale, al fine di eseguire tutti i controlli previsti dal Sistema Integrato di Gestione e Controllo (SIGC), siano presenti tutte le superfici di cui i produttori dispongono, a prescindere dal fatto che esse siano oggetto di una domanda di pagamento o meno.
2. Ritiri dal mercato
2.1 Ritiri dal mercato a cura di Organizzazioni di produttori riconosciute
In applicazione di quanto previsto dall'articolo 4 del regolamento, alle organizzazioni di produttori che effettuano operazioni di ritiro dal mercato dei prodotti indicati in premessa è attribuito:
a) l'aiuto previsto dall'articolo 80 del Reg. (CE) n. 1580/2007 e dall'articolo 79 del Reg. (UE) n. 543/2011 per il pomodoro e, per gli altri prodotti, l'aiuto previsto dalle medesime disposizioni, ma nella misura stabilita dall'allegato I, parte A del regolamento;
b) l'aiuto addizionale di cui all'allegato I, parte B del medesimo regolamento. Tale aiuto è integralmente a carico del FEAGA.
Le operazioni di ritiro dal mercato sono notificate dalle Organizzazioni di produttori all'Organismo pagatore competente con le modalità indicate dal medesimo entro le ore 10:00 del giorno precedente l'inizio delle stesse, utilizzando a tale scopo lo schema di modello allegato alla presente circolare (allegato 1) o altra modulistica già prevista dallo stesso Organismo pagatore.
Le Organizzazioni di produttori notificano, con lo stesso mezzo, all'Organismo pagatore competente entro le ore 10:00 di ogni giorno, il quantitativo oggetto di ritiro nel giorno precedente per ciascun prodotto, utilizzando a tale scopo lo schema di modello allegato alla presente circolare (allegato 2).
Le operazioni di ritiro si effettuano presso i centri di ritiro a disposizione delle Organizzazioni di produttori interessate. A tale scopo, si considerano idonei i centri attualmente già riconosciuti nell'ambito della gestione delle misure di prevenzione delle crisi.
I prodotti oggetto di ritiro, esaurita la capienza dei centri di cui sopra, possono essere conferiti presso un centro a disposizione dell'Organizzazione di produttori interessata. Tale centro di deposito (o una parte di esso) assume il ruolo di centro di ritiro; l'Organismo pagatore competente può effettuare controlli in loco al fine di verificarne l'idoneità. In tale caso, inoltre, al fine di consentire lo svolgimento delle attività di controllo - sia riferite all'idoneità del centro che alle operazioni di ritiro - durante le operazioni di ritiro (identificazione della tipologia di prodotto, pesatura, verifica del rispetto delle norme di commercializzazione e successiva destinazione all'intervento), nell'area del centro di deposito adibita a centro di ritiro non potranno essere svolte attività
di natura commerciale riferite al medesimo prodotto oggetto di ritiro.
Qualora non siano disponibili in una data area centri di ritiro, l'Organismo pagatore competente individua, se del caso, strutture idonee e ne comunica l'ubicazione e le modalità di effettuazione delle operazioni alle Organizzazioni di produttori interessate.
2.2 Ritiri dal mercato effettuati da produttori soci di Organizzazioni di produttori sospese
Ai sensi dell'art. 5, par. 1, del regolamento, qualora un'Organizzazione di produttori sia stata sospesa ai sensi dell'art. 116 del Reg. (CE) n. 1580/2007 o dell'articolo 114 del Reg. (UE) n. 543/2011, i suoi soci sono considerati come produttori non membri di Organizzazioni di produttori ai sensi dell'art. 5 del regolamento.
2.3 Ritiri dal mercato effettuati sulla base di un contratto tra produttori non soci ed Organizzazioni di produttori riconosciute
In virtù di quanto disposto dall'art. 5, par. 2, del regolamento, può accedere alla misura di intervento anche il produttore che non sia socio di un'Organizzazione di produttori. In tale caso le operazioni di ritiro sono effettuate sulla base di un contratto stipulato tra l'Organizzazione stessa ed il produttore non iscritto e le notificazioni di cui sopra sono effettuate a cura dell'Organizzazione di produttori.
Trovano applicazione tutte le altre disposizioni di cui al paragrafo 2.1, in quanto compatibili.
2.4 Ritiri dal mercato effettuati direttamente dai produttori non soci di Organizzazioni di produttori riconosciute
Ai sensi dell'art. 5, par. 4, del regolamento, qualora in una data area non siano attive Organizzazioni di produttori riconosciute, ovvero per altre ragioni debitamente motivate dal produttore interessato, l'Organismo pagatore competente può - se accoglie le predette motivazioni - identificare ed indicare ai produttori non iscritti ad una Organizzazione di produttori strutture idonee per lo svolgimento delle operazioni di ritiro.
In tale caso, il produttore non iscritto invia direttamente all'Organismo pagatore medesimo le notificazioni sopra previste in luogo della sottoscrizione del contratto con una Organizzazione di produttori.
Le notificazioni relative alle operazioni di ritiro effettuate dal produttore non socio di una Organizzazione di produttori riconosciuta seguono le medesime procedure sopra stabilite per i produttori soci e per quelli che stipulano un contratto con un'Organizzazione di produttori.
2.5 Procedure di destinazione e regole di conformità
Le procedure di destinazione del prodotto oggetto di intervento sono stabilite dall'Organismo pagatore competente.
I prodotti oggetto di ritiro dal mercato devono in ogni caso rispettare le norme di commercializzazione, sulla base di quanto stabilito dall'articolo 75 del Reg. (CE) n. 1580/2007 e dall'articolo 76 del Reg. (UE) n. 543/2011.
Le predette conformità sono da intendersi relative alla tipologia del prodotto, fatte salve le norme che regolano il condizionamento e l'etichettatura per le destinazioni diverse dalla distribuzione gratuita.
3. Operazioni di mancata raccolta e di raccolta prima della maturazione
3.1 Mancata raccolta e raccolta prima della maturazione effettuata da produttori soci di Organizzazioni di produttori riconosciute
In applicazione di quanto disposto dall'art. 4 del regolamento, alle organizzazioni di produttori che effettuano operazioni di mancata raccolta e di raccolta prima della maturazione dei prodotti indicati in premessa è attribuito:
a) l'aiuto previsto dall'articolo 86 del Reg. (CE) n. 1580/2007 e dall'articolo 85 del Reg. (UE) n. 543/2011;
b) l'aiuto addizionale per ettaro nella misura del 90% dell'importo dell'aiuto addizionale per i ritiri dal mercato di cui all'allegato I, parte B, del regolamento.
Le operazioni di mancata raccolta e di raccolta prima della maturazione sono notificate dall'Organizzazione di produttori interessata all'Organismo pagatore competente secondo quanto appresso stabilito.
Le predette operazioni sono notificate dall'Organizzazione di produttori interessata all'Organismo pagatore competente, con le modalità indicate dal medesimo, entro le ore 10.00 del giorno lavorativo precedente l'esecuzione delle predette operazioni, utilizzando a tale scopo lo schema di modello allegato alla presente circolare (allegato 1) o altra modulistica già prevista dallo stesso Organismo pagatore.
In caso di mancata raccolta parziale, ai sensi dell'art. 4, par. 2, del regolamento, la comunicazione di cui all'allegato 1 specifica il quantitativo di prodotto già raccolto.
Alla conclusione delle operazioni giornaliere di mancata raccolta e di raccolta prima della maturazione ed entro le ore 10.00 del giorno successivo, l'Organizzazione di produttori che effettua le operazioni comunica all'Organismo pagatore competente, con le medesime modalità di cui sopra, la superficie ed i quantitativi oggetto di intervento, utilizzando a tale scopo lo schema di modello allegato alla presente circolare (allegato 2).
In tale comunicazione è altresì indicato il metodo di denaturazione applicato.
3.2 Mancata raccolta e raccolta prima della maturazione eseguita da produttori non soci di Organizzazioni di produttori riconosciute
In applicazione di quanto disposto dall'art. 5, par. 5 del regolamento, al produttore non iscritto ad un'Organizzazione di produttori riconosciuta che effettua operazioni di mancata raccolta e di raccolta prima della maturazione dei prodotti indicati in premessa è attribuito un aiuto per ettaro nella misura del 90% dell'importo dell'aiuto addizionale per i ritiri dal mercato di cui all'allegato I, parte B, del regolamento.
In tale caso, le notificazioni di cui al punto 3.1 sono dallo stesso produttore direttamente inviate all'Organismo pagatore competente.
4. Controlli
4.1 Controlli sulle operazioni di ritiro dal mercato
Le operazioni di ritiro dal mercato disciplinate dagli artt. 4 e 5 del regolamento (ad eccezione di quelle di cui all'art. 5, par. 4), sono soggette ai controlli di primo livello previsti dall'articolo 110 del Reg. (CE) n. 1580/2007 e dall'articolo 108 del Reg. (UE) n. 543/2011. Tali controlli, tenuto conto dei dati contenuti nel fascicolo aziendale, sono limitati al 10% del quantitativo di prodotto ritirato dal mercato.
Qualora le operazioni di ritiro dal mercato siano eseguite direttamente dai produttori non soci di Organizzazioni di produttori riconosciute, secondo quanto definito al precedente punto 2.4, i controlli di primo livello in questione sono eseguiti sul 100% del quantitativo di prodotto ritirato dal mercato, tenuto conto, anche in questo caso, dei dati contenuti nel fascicolo aziendale.
4.2 Controlli sulle operazioni di mancata raccolta e di raccolta prima della maturazione
Le operazioni di mancata raccolta e di raccolta prima della maturazione disciplinate dagli artt. 4 e 5 del regolamento (ad eccezione di quelle di cui all'art. 5, par. 5), sono soggette ai controlli ed alle condizioni previste dall'articolo 112, par. 2, del Reg. (CE) n. 1580/2007 e dall'articolo 110, par. 2, del Reg. (UE) n. 543/2011 nella misura del 10% della superficie oggetto dell'operazione, tenuto conto dei dati contenuti nel fascicolo aziendale. I controlli non si estendono, tuttavia, all'accertamento dell'avvenuta raccolta parziale.
Qualora le operazioni di mancata raccolta e di raccolta prima della maturazione siano eseguite dai produttori non soci di Organizzazioni di produttori riconosciute di cui al paragrafo 3.2, i controlli, tenuto conto dei dati contenuti nel fascicolo aziendale, sono eseguiti sul 100% della superficie oggetto dell'operazione.
5. Pagamento dell'aiuto
5.1 Operazioni effettuate da produttori soci di Organizzazioni di produttori
Ai sensi delle disposizioni attuative nazionali del regolamento, adottate con D.M. in corso di pubblicazione, alle Organizzazioni di produttori spettano i seguenti aiuti:
1. per quanto riguarda le operazioni di ritiro dal mercato si applicano i seguenti valori del supporto massimo, comprensivi della quota a carico dell'unione Europea e della quota a carico delle organizzazioni di produttori:
Pomodori
CN 07020000
7,25 euro/100 kg
Lattughe
CN07051100 e CN 07051900
31,00 euro/100 kg
Indivie ricce e Scarole
CN 0705 29 00
31,00 euro/100 kg
Cetrioli
CN07070005
19,20 euro/100 kg
Peperoni dolci
CN07096010
35,60 euro/100 kg
Zucchine
CN07099070
23,60 euro/100 kg
A tali importi si aggiungono quelli indicati nella parte B dell'allegato I al regolamento.
2. per le operazioni di mancata raccolta e di raccolta prima della maturazione, si applicano i seguenti valori del supporto massimo riferiti ad ettaro, comprensivi della quota a carico dell'unione Europea e della quota a carico delle organizzazioni di produttori:
Prodotto
euro/100 kg
Resa media 2006-2007-2008
(ql/ha)
Massimale di spesa (euro/ha)
Indennizzo massimo (euro/ha)
(90%)
Pomodori
7,25
316
2.290,76
2.061,68
Lattughe, indivie ricce e scarole
31,00
195
6.045,00
5.440,50
Cetrioli
19,20
249
4.780,80
4.032,72
Peperoni
35,60
207
7.369,20
6.632,28
Zucchine
23,60
208
4.908,80
4.417,92
Agli importi di cui sopra si possono aggiungere i seguenti importi addizionali, derivati dai valori indicati nella parte B dell'allegato I al regolamento:
Prodotto
euro/100 kg
Resa media
2006-2007-2008
(ql/ha)
Massimale di spesa
(euro/ha)
Indennizzo massimo
(euro/ha)
(90%)
Pomodori
33,2
316
10.491,20
9.442,08
Lattughe, indivie ricce e scarole
38,9
195
7.585,50
6.826,95
Cetrioli
24,0
249
5.976,00
5.378,40
Peperoni
44,4
207
9.190,80
8.271,72
Zucchine
29,6
208
6.156,80
5.541,12
Le Organizzazioni di produttori devono presentare la domanda di pagamento delle misure di sostegno dell'Unione di cui agli artt. 4, par. 5, e 5, par. 2, del regolamento entro luglio 2011.
In deroga alle scadenze previste dall'articolo 73 del Reg. (CE) n. 1580/2007 e dall'articolo 72 del Reg. (UE) n. 543/2011, le Organizzazioni di produttori presentano la domanda di pagamento del sostegno totale dell'Unione di cui ai paragrafi da 1 a 4 dell'art. 4 ed all'art. 5, par. 2 del regolamento secondo la procedura prevista dai medesimi articoli entro luglio 2011.
5.2 Operazioni effettuate da produttori non soci di Organizzazioni di produttori
Ai sensi del D.M. in corso di pubblicazione sopra richiamato, ai produttori non soci di Organizzazioni di produttori spettano:
1. per le operazioni di ritiri dal mercato gli aiuti indicati nella parte B dell'allegato I del regolamento
Prodotto
euro/100 kg
Pomodori
33,2
Lattughe, indivie ricce e scarole
38,9
Cetrioli
24,0
Peperoni
44,4
Zucchine
29,6
2. per le operazioni di mancata raccolta e di raccolta prima della maturazione, si applicano i seguenti valori del supporto massimo riferiti ad ettaro:
Prodotto
euro/100 kg
Resa media
2006-2007-2008
(ql/ha)
Massimale di spesa
(euro/ha)
Indennizzo massimo
(euro/ha) (90%)
Pomodori
33,2
316
10.491,20
9.442,08
Lattughe, indivie ricce e scarole
38,9
195
7.585,50
6.826,95
Cetrioli
24,0
249
5.976,00
5.378,40
Peperoni
44,4
207
9.190,80
8.271,72
Zucchine
29,6
208
6.156,80
5.541,12
I produttori non soci di un'Organizzazione di produttori riconosciuta, nei casi previsti dall'art. 5, par. 4 e dall'art. 5 del regolamento, presentano la domanda di pagamento delle misure in oggetto direttamente all'Organismo pagatore competente in relazione alla residenza/sede legale del produttore interessato entro luglio 2011.
5.3 Domande di aiuto
Le domande di pagamento presentate all'Organismo pagatore competente sia dalle Organizzazioni di produttori riconosciute sia dai produttori non soci di Organizzazioni di produttori devono essere corredate dei documenti giustificativi dell'importo richiesto e devono contenere la dichiarazione scritta del richiedente l'aiuto di non aver ricevuto alcun doppio finanziamento proveniente dall'Unione Europea o da fondi nazionali o indennità derivanti da una polizza assicurativa, relativamente alle operazioni ammesse a sostegno ai sensi del regolamento.
Il contenuto minimo della domanda di aiuto è riportato in allegato alla presente circolare (allegato 3).
Gli Organismi pagatori devono provvedere al pagamento delle domande di aiuto entro il 15 ottobre 2011. Tuttavia, gli stessi Organismi pagatori non possono procedere al pagamento delle domande prima della fissazione del coefficiente di attribuzione di cui all'art. 7, par. 3 del regolamento.
Qualora le richieste totali di pagamento eccedano la misura dell'importo previsto dall'art. 2 del regolamento, la Commissione fissa un coefficiente di assegnazione per la concessione del sostegno che dovrà essere applicato in sede di pagamento delle domande di aiuto.
Detto coefficiente è stabilito nella misura del 100% nel caso in cui le richieste totali di pagamento non eccedano l'ammontare del finanziamento disponibile di cui all'art. 2 del regolamento.
6. Comunicazioni
6.1 All'organismo pagatore
Entro le ore 12:00 del 20 giugno 2011, le Organizzazioni di produttori comunicano all'Organismo pagatore competente, con le modalità sopra definite, le quantità e le superfici relative alle operazioni di ritiro dal mercato, di raccolta prima della maturazione e di mancata raccolta eseguite fra il 26 maggio 2011 e la data di entrata in vigore del regolamento per ciascuno dei prodotti previsti dall'art. 1 del medesimo regolamento.
6.2 All'Organismo di coordinamento AGEA
Gli Organismi pagatori comunicano le informazioni di cui al precedente punto all'AGEA per posta elettronica agli indirizzi f.bellucci@agea.gov.it e c.patti@agea.gov.it, entro le ore 12:00 del 21 giugno 2011, utilizzando a tale scopo il modello allegato alla presente circolare (allegato 4).
Gli Organismi pagatori, sempre a mezzo posta elettronica agli indirizzi f.bellucci@agea.gov.it e c.patti@agea.gov.it, comunicano all'AGEA entro le ore 24:00 del primo giorno lavorativo della settimana le informazioni relative alle operazioni di ritiro dal mercato, di raccolta prima della maturazione e di mancata raccolta effettuate nella settimana precedente, utilizzando a tale scopo il modello allegato alla presente circolare (allegato 4).
Il Direttore dell'area coordinamento
Dott. G. Nanni
Allegato 1
Prodotti ritirati dal mercato
Comunicazione preventiva operazioni di ritiro
Produttore NON Associato
Produttore Associato
ORGANISMO PAGATORE
CODICE ASSOCIAZIONE
COGNOME NOME/ RAGIONE SOCIALE
DENOMINAZIONE
C.U.A.A.
C.U.A.A.
N. Autorizzazione
N. Autorizzazione
Data di consegna
Prevista
PRODOTTI
Quantità ritirate previste (100 Kg)
Destinazione
Luogo di consegna
CETRIOLI
POMODORI
LATTUGA, INDIVIA RICCIA E SCAROLA
PEPERONI
ZUCCHINE
Barrare opportunamente la casella sottostante
PRODOTTI RACCOLTI PRIMA DELLA MATURAZIONE
PRODOTTI NON RACCOLTI
Comunicazione Preventiva operazioni di raccolta prima della maturazione o di mancata raccolta
Produttore NON Associato
Produttore Associato
ORGANISMO PAGATORE
CODICE ASSOCIAZIONE
COGNOME NOME/ RAGIONE SOCIALE
DENOMINAZIONE
C.U.A.A.
C.U.A.A.
N. Autorizzazione
N. Autorizzazione
Data prevista di
denaturazione del
prodotto
PRODOTTI
Superficie (ha)
CETRIOLI
POMODORI
LATTUGA, INDIVIA RICCIA E SCAROLA
PEPERONI
ZUCCHINE
Allegato 2
Prodotti ritirati dal mercato
Comunicazione delle operazioni di ritiro effettuate
Produttore NON Associato
Produttore Associato
ORGANISMO PAGATORE
CODICE ASSOCIAZIONE
COGNOME NOME/ RAGIONE SOCIALE
DENOMINAZIONE
C.U.A.A.
C.U.A.A.
N. Autorizzazione
N. Autorizzazione
Data di consegna
PRODOTTI
Quantità ritirate previste (100 Kg)
Destinazione
Luogo di consegna
CETRIOLI
POMODORI
LATTUGA, INDIVIA RICCIA E SCAROLA
PEPERONI
ZUCCHINE
Barrare opportunamente la casella sottostante
PRODOTTI RACCOLTI PRIMA DELLA MATURAZIONE
PRODOTTI NON RACCOLTI
Comunicazione Preventiva operazioni di raccolta prima della maturazione o di mancata raccolta
Produttore NON Associato
Produttore Associato
ORGANISMO PAGATORE
CODICE ASSOCIAZIONE
COGNOME NOME/ RAGIONE SOCIALE
DENOMINAZIONE
C.U.A.A.
C.U.A.A.
N. Autorizzazione
N. Autorizzazione
PRODOTTI
Superficie (ha)
Data
Metodo
CETRIOLI
POMODORI
LATTUGA, INDIVIA RICCIA E SCAROLA
PEPERONI
ZUCCHINE
Allegato 3
Domanda di pagamento per prodotti ritirati dal mercato e raccolto prima della maturazione e mancato raccolto 2011
Scarica il file
Allegato 4
Notifica all'Agea - Coordinamento delle operazioni di ritiro dal mercato, di raccolta prima della maturazione e di mancata raccolta
ORGANISMO PAGATORE
PRODUTTORI ASSOCIATI
PRODUTTORI NON ASSOCIATI
PERIODO
DAL
AL
Ritiro dal Mercato
Mancato Raccolto
Denaturazione
Distribuzione Gratuita
Raccolto Parziale
PRODOTTI
Quantità (100 Kg)
Superficie
(ha)
Metodo
Quantità (100 Kg)
Quantitativo già raccolto (100 Kg)
CETRIOLI
POMODORI
X
LATTUGA, INDIVIA RICCIA E SCAROLA
PEPERONI
ZUCCHINE
D.M. 20 dicembre 2010
D.P.R. 1 dicembre 1999, n. 503
D.Lgs. 29 marzo 2004, n. 99
Reg. (CE) 22 ottobre 2007, n. 1234/2007
Reg. (CE) 21 dicembre 2007, n. 1580/2007
Reg. (CE) 7 giugno 2011, n. 543/2011
Inizio pubblicazioni 22 agosto 2003 Notizie flash dall'Italia e dal mondo. DAL 2003 ININTERROTTAMENTE E OLTRE 100MILA INFORMAZIONI TOTALMENTE GRATUITE-
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venerdì 17 giugno 2011
AG.E.A. (Agenzia per le erogazioni in agricoltura) Circ. 16-6-2011 n. ACIU.2011.476 Misure urgenti di gestione della crisi di mercato dei prodotti ortofrutticoli conseguente ai casi di contaminazione da Escherichia Coli. Emanata dall'Agenzia per le erogazioni in agricoltura, Area coordinamento. Circ. 16 giugno 2011, n. ACIU.2011.476 (1).
I.N.P.S. (Istituto nazionale della previdenza sociale) Circ. 15-6-2011 n. 85 Servizio di emissione massiva MAV per il pagamento dei contributi domestici. Emanata dall'Istituto nazionale della previdenza sociale, Direzione centrale entrate, Direzione centrale sistemi informativi e tecnologici, Direzione centrale organizzazione, Direzione centrale bilanci e servizi fiscali. Circ. 15 giugno 2011, n. 85 (1).
Servizio di emissione massiva MAV per il pagamento dei contributi domestici.
(1) Emanata dall'Istituto nazionale della previdenza sociale, Direzione centrale entrate, Direzione centrale sistemi informativi e tecnologici, Direzione centrale organizzazione, Direzione centrale bilanci e servizi fiscali.
Ai
Dirigenti centrali e periferici
Ai
Direttori delle Agenzie
Ai
Coordinatori generali, centrali e periferici dei Rami professionali
Al
Coordinatore generale medico legale e dirigenti medici
e, p.c.:
Al
Presidente
Al
Presidente e ai componenti del Consiglio di indirizzo e vigilanza
Al
Presidente e ai componenti del collegio dei sindaci
Al
Magistrato della Corte dei Conti delegato all’esercizio del controllo
Ai
Presidenti dei comitati amministratori di fondi, gestioni e casse
Al
Presidente della commissione centrale per l’accertamento e la riscossione dei contributi agricoli unificati
Ai
Presidenti dei comitati regionali
Ai
Presidenti dei comitati provinciali
1. Premessa
La Circ. 11 marzo 2011, n. 49 ha istituito, tra le modalità utili al pagamento di contributi domestici, anche la possibilità di avvalersi del Mav - Pagamento Mediante Avviso. Tale servizio consiste in speciali avvisi di pagamento emessi dalla Banca Popolare di Sondrio - aggiudicataria della specifica gara di appalto indetta dall'INPS - e si avvale della procedura interbancaria standardizzata di incasso attraverso il bollettino MAV, identificato da uno specifico codice. L'importo dei contributi richiesti nel MAV è calcolato in base ai dati dichiarati all'assunzione del lavoratore domestico o successivamente variati con apposita comunicazione. Tuttavia, tenuto conto che durante il rapporto di lavoro domestico possono intervenire svariate cause - permessi non retribuiti, straordinario, cessazione,
ecc..- che, modificando i dati utili a determinare l'importo complessivo dei contributi ne comportano una variazione, è stata data la possibilità ai datori di lavoro domestico di generare, accedendo al sito internet dell'Istituto e variando i dati indicati, un MAV con importo conforme alle vicende intervenute nel rapporto di lavoro.
Tenuto conto che la generazione dei MAV attraverso il sito può essere di difficile gestione per i soggetti che assistono i datori di lavoro domestico e che INPS intende proporre servizi articolati volti a facilitare la fruizione delle possibilità di pagamento offerte, si comunica che è stato predisposto, esclusivamente per i soggetti legittimati ai sensi del comma 1, art. 1, L. 11 gennaio 1979, n. 12, il servizio di emissione massiva MAV per il pagamento dei contributi domestici. Attraverso questo servizio, i soggetti accreditati potranno inviare all'INPS i dati necessari alla determinazione dell'importo dei contributi dovuti per ciascun datore di lavoro e, dopo l'interazione con la banca, ricevere dall'INPS il Mav generato in conseguenza.
Si fa presente che per motivi di efficienza e sostenibilità dei costi il servizio potrà essere reso, almeno in questa fase iniziale, soltanto per i soggetti che gestiscono almeno 1000 rapporti di lavoro a trimestre. Tale soglia minima potrà, in futuro, essere rivista e adeguata con riferimento a parametri di efficienza già consolidati. Si danno qui di seguito le linee guida del servizio.
2. Soggetti destinatari
Possono richiedere di accedere al servizio i soggetti indicati al comma 1, art. 1, L. n. 12/1979, vale a dire coloro che sono iscritti nell'albo dei consulenti del lavoro, nonché coloro che sono iscritti negli albi degli avvocati, dei dottori commercialisti, dei ragionieri e periti commerciali, che abbiano dato la prevista comunicazione ai Servizi Ispezione del Lavoro delle Direzioni provinciali del lavoro delle province nel cui ambito territoriale intendono svolgere gli adempimenti relativi all'assistenza ai datori di lavoro. I soggetti richiedenti il servizio dovranno inoltre dichiarare, ai sensi e per gli effetti dell'art. 47, D.P.R. n. 445/2000, di avere ricevuto specifica delega dai datori di lavoro domestico per conto dei quali agiscono.
3. Modalità di adesione al Servizio
Per l'adesione al Servizio di emissione massiva MAV, il soggetto mittente abilitato è tenuto a compilare e sottoscrivere il modulo allegato alla presente circolare e pubblicato sul sito www.inps.it nella sezione Informazioni > Aziende, consulenti e professionisti > Emissione massiva MAV per contributi lavoro domestico.
Il modulo dovrà essere inviato in base a quanto stabilito dall'art. 38, comma 3, D.P.R. n. 445/2000, unitamente al documento di identità del sottoscrittore, all'indirizzo di posta elettronica "RichiestaServizioEmissioneMAV"
Gli iscritti negli albi degli avvocati, dei dottori commercialisti, dei ragionieri e periti commerciali debbono allegare copia della prevista comunicazione ai Servizi Ispezione del Lavoro delle Direzioni provinciali del lavoro di cui al punto 2.
4. Caratteristiche del servizio
Il servizio è realizzato attraverso un flusso di trasmissione che consente lo scambio di file in formato XML con protocollo sFTP - Secure File Transfer Protocol - tra il soggetto mittente e l'Istituto. Il soggetto mittente deve utilizzare per usufruire del servizio un indirizzo IP pubblico e statico. Per rispondere ai requisiti di sicurezza che l'Istituto impone per lo scambio dei dati con soggetti esterni, ciascun soggetto mittente è tenuto a utilizzare le credenziali di accesso (utenza e password) fornitegli dall'Istituto all'atto dell'adesione.
L'elaborazione del flusso avviene per passi successivi:
- Passo 1: vengono trasmessi dai soggetti mittenti i file XML contenenti i rapporti di lavoro associati ai datori di lavoro gestiti;
- Passo 2: non appena pervenuti nel sistema centrale dell'Istituto i file vengono validati sulla base dello schema XSD rilasciato dall'Istituto;
- Passo 3: sulla base della struttura gerarchica scelta per il flusso di input si generano dei file XML che attestano l'arrivo dei file inviati con associato l'esito del controllo formale:
- Esito OK indica l'avvenuta ricezione del flusso che viene considerato formalmente corretto da parte dell' Istituto;
- Esito KO opportunamente codificato segnala gli errori di formato di uno o più rapporti di lavoro che verranno quindi non accettati dal sistema centrale, anche se si conserva la traccia dell'evento di scarto. Lo scarto è puntuale e non massivo per cui i rapporti formalmente corretti dello stesso soggetto mittente saranno comunque accettati;
- Passo 4: i dati che hanno avuto un riscontro formalmente corretto vengono acquisiti nella base dati centrale;
- Passo 5: per tutti i rapporti di lavoro inviati e correttamente validati viene effettuato il calcolo dei contributi e successivamente prodotta la relativa richiesta di generazione MAV al servizio bancario;
- Passo 6: pervenuti i dati dei MAV dal servizio bancario, si attiva un processo di generazione massiva dei PDF relativi da archiviare nei database dell'Istituto;
- Passo 7: viene notificata, tramite mail al referente tecnico del soggetto mittente, la presenza dei file in formato PDF nella cartella messa a disposizione dall'Istituto e, da quel momento, è possibile per il soggetto mittente prelevare, tramite protocollo sFTP, il file compresso contenente i MAV generati.
Sul sito www.inps.it nella sezione Informazioni > Aziende, consulenti e professionisti > Emissione massiva MAV LD, sono pubblicati l'ultima versione del Documento tecnico contenente le specifiche del servizio e gli schemi di validazione dei dati in formato XSD.
5. Schedulazione del servizio
Il servizio ha cadenza trimestrale in corrispondenza delle scadenze previste per il pagamento dei contributi dei lavoratori domestici:
- 10 aprile;
- 10 luglio;
- 10 ottobre;
- 10 gennaio.
In particolare sono previsti due scambi da effettuarsi indicativamente:
- il primo, il 23 del mese antecedente ogni scadenza;
- il secondo, il 27 del mese antecedente ogni scadenza.
Le date andranno confermate trimestre per trimestre sulla base delle festività e dei conseguenti tempi di elaborazione.
Il mancato rispetto dei termini stabiliti comporta l'impossibilità di elaborazione dei dati inviati e la conseguente impossibilità di usufruire del servizio.
Il Direttore Generale
Nori
Allegato
Modulo di adesione al Servizio di emissione massiva MAV
vers. 1 del 16 giugno 2011
Scarica il file
L. 11 gennaio 1979, n. 12, art. 1
D.P.R. 28 dicembre 2000, n. 445, art. 47
Riordino della normativa in materia di permessi: l'ok definitivo del governo Il 9 giugno scorso il governo ha approvato in via definitiva il decreto legislativo per il riordino della normativa in materia di congedi, aspettative e permessi dei dipendenti sia pubblici che privati, così come previsto dal "collegato lavoro". (L. n. 183 del 4 novembre 2010). Il decreto sottrae alla contrattazione collettiva un'altra importante materia, quale è quella delle assenze tipiche, finora riservata quasi esclusivamente al tavolo negoziale.
Schema di decreto legislativo approvato dal governo il 7 aprile 2011 SCHEMA DI DECRETO LEGISLATIVO RECANTE ATTUAZIONE DELL’ARTICOLO 23 DELLA LEGGE 4 NOVEMBRE 2010, N.183, RECANTE “DELEGA AL GOVERNO PER IL RIORDINO DELLA NORMATIVA IN MATERIA DI CONGEDI, ASPETTATIVE E PERMESSI.” IL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA Visti gli articoli 76, 87, quinto comma, della Costituzione; Vista la legge 4 novembre 2010, n. 183, recante “Deleghe al Governo in materia di lavori usuranti, di riorganizzazione di enti, di congedi, aspettative e permessi, di ammortizzatori sociali, di servizi per l’impiego di incentivi all’occupazione, di apprendistato, di occupazione femminile, nonché misure contro il lavoro sommerso e disposizioni in tema di lavoro pubblico e privato”; VISTO in particolare l’articolo 23 della citata legge n. 183 del 2009 che conferisce delega al Governo ad adottare disposizioni finalizzate al riordino della normativa vigente in materia di congedi, aspettative e permessi, comunque denominati, fruibili dai lavoratori dipendenti di datori di lavoro pubblici e privati; Sentite le associazioni dei datori e dei prestatori di lavoro comparativamente più rappresentative sul piano nazionale; Vista la preliminare deliberazione del Consiglio dei Ministri, adottata nella riunione del ………….. , in attuazione di quanto previsto dall’articolo 23, comma 2, della citata legge n. 183 del 2010; ACQUISITO il parere della Conferenza unificata di cui all’articolo 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, e successive modificazioni, espresso nella seduta del ……… ; ACQUISITI i pareri delle competenti Commissioni parlamentari della Camera dei deputati e del Senato della Repubblica, espressi nelle sedute del ………… ; VISTA la deliberazione del Consiglio dei ministri, adottata nella riunione del ……; SU PROPOSTA del Ministro per la pubblica amministrazione e l’innovazione e del Ministro del lavoro e delle politiche sociali, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze; Emana il seguente decreto legislativo: Art. 1 Oggetto e finalità 1. Le disposizioni del presente decreto legislativo, in attuazione dell’articolo 23, comma 1, della legge 4 novembre 2010, n. 183, recano modifiche in materia di congedi, aspettative e permessi, in particolare ai sensi del citato comma 1, lett. c), d) e f), al fine di riordinare le tipologia dei permessi, ridefinire i presupposti oggettivi e precisare i requisiti soggettivi dei criteri e delle modalità per la fruizione dei congedi, dei permessi e delle aspettative, comunque denominati, nonché di razionalizzare e semplificare i documenti da presentare ai fini dello loro fruizione. Art. 2 Modifica all’articolo 20, decreto legislativo 26 marzo 2001, n. 151 in materia di flessibilità del congedo di maternità 1. All’articolo 20 del decreto legislativo 26 marzo 2001, n. 151, dopo il comma 1 è aggiunto il seguente: “1-bis. Nel caso di interruzione spontanea o terapeutica della gravidanza successiva al 180° giorno dall’inizio della gestazione, le lavoratrici hanno facoltà di riprendere in qualunque momento l’attività lavorativa a condizione che il medico specialista del Servizio sanitario Nazionale o con esso convenzionato e il medico competente ai fini della prevenzione e tutela della salute nei luoghi di lavoro attestino che tale opzione non arrechi pregiudizio alla loro salute.” Art. 3 Modifica all’art. 33, decreto legislativo 26 marzo 2001 n. 151 in materia di congedo parentale All’articolo 33 del Decreto legislativo 26 marzo 2001, n. 151 sono apportate le seguenti modificazioni: a) il comma 1 è sostituito dal seguente: “1. Per ogni minore con handicap in situazione di gravità accertata ai sensi dell’articolo 4, comma 1, della legge 5 febbraio 1992, n. 104, la lavoratrice madre o, in alternativa, il lavoratore padre, anche adottivi, hanno diritto a fruire, entro il compimento dell’ottavo anno di vita del bambino, del congedo parentale, in misura continuativa o frazionata, per un periodo massimo non superiore a tre anni, inclusi i periodi di cui all’art. 32, a condizione che il bambino non sia ricoverato a tempo pieno presso istituti specializzati.” b) il comma 4 è abrogato. Art. 4 Modifica all’art. 42, decreto legislativo 26 marzo n. 151 in materia di congedo per assistenza di soggetto portatore di handicap grave 1. All’articolo 42, comma 5, del decreto legislativo 26 marzo 2001, n. 151, sono apportate le seguenti modificazioni: “5. Il coniuge convivente di soggetto con handicap in situazione di gravità accertata ai sensi dell’articolo 4, comma 1, della legge 5 febbraio 1992, n. 104 ha diritto a fruire del congedo di cui al comma 2 dell’articolo 4 della legge 8 marzo 2000, n. 53 entro sessanta giorni dalla richiesta. In caso di mancanza, decesso o in presenza di patologie invalidanti del coniuge convivente, ha diritto a fruire del congedo il padre o la madre anche adottivi; in caso di decesso, mancanza o in presenza di patologie invalidanti del padre e della madre, anche adottivi, ha diritto a fruire del congedo uno dei figli conviventi; in caso di mancanza, decesso o in presenza di patologie invalidanti dei figli conviventi, ha diritto a fruire del congedo uno dei fratelli o sorelle conviventi.. 5-bis. Il congedo fruito ai sensi del comma 5 non può superare la durata complessiva di ventiquattro mesi. Il congedo è accordato a condizione che la persona da assistere non sia ricoverata a tempo pieno. Il congedo ed i permessi di cui art. 33, comma 3, della l. n. 104 del 1992 non possono essere riconosciuti a più di un lavoratore per l’assistenza alla stessa persona. Per l’assistenza allo stesso figlio con handicap in situazione di gravità, i diritti sono riconosciuti ad entrambi i genitori, anche adottivi, che possono fruirne alternativamente, ma nello stesso periodo l’altro genitore non può fruire dei benefici di cui all’articolo 33, commi 2 e 3 della legge 5 febbraio 1992, n. 104 e 33, comma 1, del presente decreto. 5-ter. Durante il periodo di congedo, il richiedente ha diritto a percepire un’indennità corrispondente all’ultima retribuzione, con riferimento alle voci fisse e continuative del trattamento, e il periodo medesimo è coperto da contribuzione figurativa; l’indennità e la contribuzione figurativa spettano fino a un importo complessivo massimo di euro 43.579,06 annui per il congedo di durata annuale. Detto importo è rivalutato annualmente, a decorrere dall’anno 2011, sulla base della variazione dell’indice Istat dei prezzi al consumo per le famiglie di operai e impiegati. L’indennità è corrisposta dal datore di lavoro secondo le modalità previste per la corresponsione dei trattamenti economici di maternità. I datori di lavoro privati, nella denuncia contributiva, detraggono l’importo dell’indennità dall’ammontare dei contributi previdenziali dovuti all’ente previdenziale competente. Per i dipendenti dei predetti datori di lavoro privati, compresi quelli per i quali non è prevista l’assicurazione per le prestazioni di maternità, l’indennità di cui al presente comma è corrisposta con le modalità di cui all’articolo 1 del decreto-legge 30 dicembre 1979, n. 663, convertito, con modificazioni, dalla legge 29 febbraio 1980, n. 33. 5- quater. I soggetti che usufruiscono dei congedi di cui al presente comma per un periodo continuativo non superiore a sei mesi hanno diritto ad usufruire di permessi non retribuiti in misura pari al numero dei giorni di congedo ordinario che avrebbero maturato nello stesso arco di tempo lavorativo, senza riconoscimento del diritto a contribuzione figurativa. Per quanto non espressamente previsto dal presente comma, si applicano le disposizioni dell’articolo 4, comma 2, della legge 8 marzo 2000, n. 53.” Art. 5 Modifica all’articolo 2 della legge 13 agosto 1984, n 476 in materia di aspettativa per dottorato di ricerca 1.All’articolo 2 della legge 13 agosto 1984, n 476 sono apportate le seguenti modificazioni: a) il comma 1, terzo periodo, è sostituito dal seguente: “Qualora, dopo il conseguimento del dottorato di ricerca, cessi il rapporto di lavoro o di impiego con qualsiasi amministrazione pubblica per volontà del dipendente nei due anni successivi, è dovuta la ripetizione degli importi corrisposti ai sensi del secondo periodo.”. b) dopo il comma 1, è inserito il seguente: “1-bis. Le norme di cui al presente articolo si applicano anche al personale dipendente dalla pubbliche amministrazioni disciplinato in base all’articolo 2, commi 2 e 3, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, in riferimento all’aspettativa prevista dalla contrattazione collettiva.”. Art. 6 Modifiche alla legge 5 febbraio 1992, n. 104 in materia di assistenza a soggetti portatori di handicap grave 1. All’articolo 33 della legge 5 febbraio 1992, n. 104, sono apportate le seguenti modifiche: a) al comma 3 infine è aggiunto il seguente periodo: “Il dipendente ha diritto di prestare assistenza nei confronti di più persone in situazione di handicap grave, a condizione che si tratti del coniuge o di un parente o affine entro il primo grado o entro il secondo grado qualora i genitori o il coniuge della persona con handicap in situazione di gravità abbiano compiuto i 65 anni di età oppure siano anch’essi affetti da patologie invalidanti o siano deceduti o mancanti ”. b) dopo il comma 3 è inserito il seguente: “3 bis. Il lavoratore che usufruisce dei permessi di cui al comma 3 per assistere persona in situazione di handicap grave, residente in comune situato a distanza stradale superiore a 150 Km rispetto a quello di residenza del lavoratore, attesta con titolo di viaggio, o altra documentazione idonea, il raggiungimento del luogo di residenza dell’assistito.”. Art. 7 Congedo per cure per gli invalidi 1. Salvo quanto previsto dall’articolo 3, comma 42, della legge n. 537 del 1993 e successive modificazioni, i lavoratori mutilati e invalidi civili cui sia stata riconosciuta una riduzione della capacità lavorativa superiore al cinquanta per cento possono fruire ogni anno, anche in maniera frazionata, di un congedo per cure per un periodo non superiore a trenta giorni. 2. Il congedo di cui al comma 1 è accordato dal datore di lavoro a seguito di domanda del dipendente interessato accompagnata dalla richiesta del medico convenzionato con il Servizio sanitario nazionale o appartenente ad una struttura sanitaria pubblica dalla quale risulti la necessità della cura in relazione all’infermità invalidante riconosciuta. 3. . Durante il periodo di congedo, il dipendente ha diritto a percepire il trattamento calcolato secondo il regime economico delle assenze per malattia. Il lavoratore è tenuto a documentare in maniera idonea l’avvenuta sottoposizione alle cure. 4. Sono abrogati l’articolo 26 della legge 30 marzo 1971, n. 118, e l’articolo 10 del decreto legislativo 23 novembre 1988, n. 509. Art. 8 Disposizioni finali 1. Dal presente decreto non derivano minori entrate né nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica.
USTICA. 21 AEREI MILITARI ATTORNO AL DC9, C'E' DOCUMENTO NATO
USTICA. 21 AEREI MILITARI ATTORNO AL DC9, C'E' DOCUMENTO NATO
MOSTRATO OGGI IN DIRETTA TV DAL GIORNALISTA ANDREA PURGATORI
(DIRE) Bologna 17 giu. - Un documento della Nato, citato nel
dispositivo di sentenza-ordinanza del giudice Rosario Priore,
testimonia la presenza nei cieli di Ustica di 21 aerei militari
contemporaneamente ad DC9 dell'Itavia precipitato in mare con il
suo carico di 81 passeggeri. A mostrarlo per la prima volta in
assoluto e' il giornalista Andrea Purgatori, ospite questa
mattina della trasmissione in onda su Rai Tre "Agora'". Il
documento, inviato dalla Nato, oltre ai magistrati, anche alla
presidenza del Consiglio e al ministero della Difesa, pare dunque
smentire le ricostruzioni secondo le quali il DC9 volava, quella
sera del 27 giugno del 1980, in un cielo sgombro da altri mezzi e
certifica, invece, la presenza nelle sue immediate vicinanze di
21 aerei militari e di una portaerei; si tratta per lo piu' di
velivoli britannici e americani, ma di cinque non viene rivelata
la nazionalita' (l'ipotesi fatta in trasmissione e' che si possa
trattare di aerei e libici).
Questa testimonianza, assieme a numerose perizie, spiega la
presidente dell'associazione delle vittime della strage di
Ustica, Daria Bonfietti, in collegamento dal museo della memoria
di Bologna, e' alla base della sentenza del giudice Priore che e'
arrivato a concludere che l'aereo civile e' stato abbattuto nel
contesto di un'azione di guerra, rigettando la tesi
dell'esplosione della bomba a bordo, che ancora trova illustri
sostenitori, come il sottosegretario Carlo Giovanardi. (SEGUE)
(Red/ Dire)
12:16 17-06-11
NNNN
Ustica, 21 aerei militari attorno al Dc9: lo prova un documento nato
Mostrato oggi in diretta tv dal giornalista Purgatori, e' citato nel dispositivo di sentenza-ordinanza del giudice Priore
BOLOGNA - Un documento della Nato, citato nel dispositivo di
sentenza-ordinanza del giudice Rosario Priore, testimonia la
presenza nei cieli di Ustica di 21 aerei militari
contemporaneamente ad DC9 dell'Itavia precipitato in mare con il
suo carico di 81 passeggeri. A mostrarlo per la prima volta in
assoluto e' il giornalista Andrea Purgatori, ospite questa
mattina della trasmissione in onda su Rai Tre "Agora'". Il
documento, inviato dalla Nato, oltre ai magistrati, anche alla
presidenza del Consiglio e al ministero della Difesa, pare dunque
smentire le ricostruzioni secondo le quali il DC9 volava, quella
sera del 27 giugno del 1980, in un cielo sgombro da altri mezzi e
certifica, invece, la presenza nelle sue immediate vicinanze di
21 aerei militari e di una portaerei; si tratta per lo piu' di
velivoli britannici e americani, ma di cinque non viene rivelata
la nazionalita' (l'ipotesi fatta in trasmissione e' che si possa
trattare di aerei e libici).
Questa testimonianza, assieme a numerose perizie, spiega la
presidente dell'associazione delle vittime della strage di
Ustica, Daria Bonfietti, in collegamento dal museo della memoria
di Bologna, e' alla base della sentenza del giudice Priore che e'
arrivato a concludere che l'aereo civile e' stato abbattuto nel
contesto di un'azione di guerra, rigettando la tesi
dell'esplosione della bomba a bordo, che ancora trova illustri
sostenitori, come il sottosegretario Carlo Giovanardi.
"Se non ci fosse stato il coraggio dei familiari delle vittime e
di giornalisti e magistrati che sono intervenuti, facendo il loro
dovere, oggi non saremmo vicini alla verita'- afferma l'assessore
alla Comunicazione del Comune di Bologna, Matteo Lepore, in
collegamento dal museo assieme a Bonfietti- il vero problema e'
che chi ha il dovere di rappresentare le istituzioni
probabilmente questa volonta' non l'ha cercata fino in fondo in
alcuni momenti storici del nostro Paese. E forse anche oggi non
e' cosi' a pieno. Noi come amministrazione il nostro dovere lo
vogliamo portare avanti e per questo siamo a fianco dei familiari
delle vittime".
L'approfondimento su Ustica fatto da Agora' si conclude con
l'appello di Purgatori, che ricorda che l'indagine e' ancora
aperta e che i giudici italiani hanno presentato alcune
importanti rogatorie all'estero per avere i documenti necessari
ad una ricostruzione completa di quanto accaduto quella notte.
"Il governo dovrebbe supportarli", chiede il giornalista,
lamentando il fatto che c'e' ancora chi sostiene la tesi della
bomba a bordo.
17 giugno 2011
(Pic/ Dire)
12:24 17-06-11
NNNN
USTICA. 21 AEREI MILITARI ATTORNO AL DC9, C'E' DOCUMENTO NATO -2-
(DIRE) Bologna, 17 giu. - "Se non ci fosse stato il coraggio dei
familiari delle vittime e di giornalisti e magistrati che sono
intervenuti, facendo il loro dovere, oggi non saremmo vicini alla
verita'- afferma l'assessore alla Comunicazione del Comune di
Bologna, Matteo Lepore, in collegamento dal museo assieme a
Bonfietti- il vero problema e' che chi ha il dovere di
rappresentare le istituzioni probabilmente questa volonta' non
l'ha cercata fino in fondo in alcuni momenti storici del nostro
Paese. E forse anche oggi non e' cosi' a pieno. Noi come
amministrazione il nostro dovere lo vogliamo portare avanti e per
questo siamo a fianco dei familiari delle vittime".
L'approfondimento su Ustica fatto da Agora' si conclude con
l'appello di Purgatori, che ricorda che l'indagine e' ancora
aperta e che i giudici italiani hanno presentato alcune
importanti rogatorie all'estero per avere i documenti necessari
ad una ricostruzione completa di quanto accaduto quella notte.
"Il governo dovrebbe supportarli", chiede il giornalista,
lamentando il fatto che c'e' ancora chi sostiene la tesi della
bomba a bordo.
(Red/ Dire)
12:16 17-06-11
NNNN
(ER) USTICA. C'E' CARTA NATO CHE DICE: C'ERANO 21 AEREI MILITARI
L'HA MOSTRATA OGGI IN DIRETTA TV IL GIORNALISTA ANDREA PURGATORI
(DIRE) Bologna 17 giu. - Un documento della Nato, citato nel
dispositivo di sentenza-ordinanza del giudice Rosario Priore,
testimonia la presenza nei cieli di Ustica di 21 aerei militari
contemporaneamente ad DC9 dell'Itavia precipitato in mare con il
suo carico di 81 passeggeri. A mostrarlo per la prima volta in
assoluto e' il giornalista Andrea Purgatori, ospite questa
mattina della trasmissione in onda su Rai Tre "Agora'". Il
documento, inviato dalla Nato, oltre ai magistrati, anche alla
presidenza del Consiglio e al ministero della Difesa, pare dunque
smentire le ricostruzioni secondo le quali il DC9 volava, quella
sera del 27 giugno del 1980, in un cielo sgombro da altri mezzi e
certifica, invece, la presenza nelle sue immediate vicinanze di
21 aerei militari e di una portaerei; si tratta per lo piu' di
velivoli britannici e americani, ma di cinque non viene rivelata
la nazionalita' (l'ipotesi fatta in trasmissione e' che si possa
trattare di aerei e libici).
Questa testimonianza, assieme a numerose perizie, spiega la
presidente dell'associazione delle vittime della strage di
Ustica, Daria Bonfietti, in collegamento dal museo della memoria
di Bologna, e' alla base della sentenza del giudice Priore che e'
arrivato a concludere che l'aereo civile e' stato abbattuto nel
contesto di un'azione di guerra, rigettando la tesi
dell'esplosione della bomba a bordo, che ancora trova illustri
sostenitori, come il sottosegretario Carlo Giovanardi. (SEGUE)
(Red/ Dire)
12:08 17-06-11
(ER) USTICA. C'E' CARTA NATO CHE DICE: C'ERANO 21 AEREI MILITARI -2-
(DIRE) Bologna, 17 giu. - "Se non ci fosse stato il coraggio dei
familiari delle vittime e di giornalisti e magistrati che sono
intervenuti, facendo il loro dovere, oggi non saremmo vicini alla
verita'- afferma l'assessore alla Comunicazione del Comune di
Bologna, Matteo Lepore, in collegamento dal museo assieme a
Bonfietti- il vero problema e' che chi ha il dovere di
rappresentare le istituzioni probabilmente questa volonta' non
l'ha cercata fino in fondo in alcuni momenti storici del nostro
Paese. E forse anche oggi non e' cosi' a pieno. Noi come
amministrazione il nostro dovere lo vogliamo portare avanti e per
questo siamo a fianco dei familiari delle vittime".
L'approfondimento su Ustica fatto da Agora' si conclude con
l'appello di Purgatori, che ricorda che l'indagine e' ancora
aperta e che i giudici italiani hanno presentato alcune
importanti rogatorie all'estero per avere i documenti necessari
ad una ricostruzione completa di quanto accaduto quella notte.
"Il governo dovrebbe supportarli", chiede il giornalista,
lamentando il fatto che c'e' ancora chi sostiene la tesi della
bomba a bordo.
(Red/ Dire)
12:08 17-06-11
NNNN
USTICA. 21 AEREI MILITARI ATTORNO AL DC9, C'E' DOCUMENTO NATO
MOSTRATO OGGI IN DIRETTA TV DAL GIORNALISTA ANDREA PURGATORI
(DIRE) Bologna 17 giu. - Un documento della Nato, citato nel
dispositivo di sentenza-ordinanza del giudice Rosario Priore,
testimonia la presenza nei cieli di Ustica di 21 aerei militari
contemporaneamente ad DC9 dell'Itavia precipitato in mare con il
suo carico di 81 passeggeri. A mostrarlo per la prima volta in
assoluto e' il giornalista Andrea Purgatori, ospite questa
mattina della trasmissione in onda su Rai Tre "Agora'". Il
documento, inviato dalla Nato, oltre ai magistrati, anche alla
presidenza del Consiglio e al ministero della Difesa, pare dunque
smentire le ricostruzioni secondo le quali il DC9 volava, quella
sera del 27 giugno del 1980, in un cielo sgombro da altri mezzi e
certifica, invece, la presenza nelle sue immediate vicinanze di
21 aerei militari e di una portaerei; si tratta per lo piu' di
velivoli britannici e americani, ma di cinque non viene rivelata
la nazionalita' (l'ipotesi fatta in trasmissione e' che si possa
trattare di aerei e libici).
Questa testimonianza, assieme a numerose perizie, spiega la
presidente dell'associazione delle vittime della strage di
Ustica, Daria Bonfietti, in collegamento dal museo della memoria
di Bologna, e' alla base della sentenza del giudice Priore che e'
arrivato a concludere che l'aereo civile e' stato abbattuto nel
contesto di un'azione di guerra, rigettando la tesi
dell'esplosione della bomba a bordo, che ancora trova illustri
sostenitori, come il sottosegretario Carlo Giovanardi. (SEGUE)
(Red/ Dire)
12:16 17-06-11
NNNN
Legge 183 del 4 novembre 2010, art 24. Modifiche alla diciplina in materia di permessi per l'assistenza a portatori di handicap in situazioni di gravità
Strumenti di rilevamento della velocità attualmente in uso - Mappe
Mappe
Strumenti di rilevamento della velocità attualmente in uso
limiti attuali
- sulle autostrade: 130 chilometri orari, scendono a 110 in caso di precipitazioni atmosferiche
- sulle strade extraurbane principali: 110 chilometri orari
- sulle strade extraurbane secondarie e locali: 90 chilometri orari
- in città il limite è di 50 chilometri orari; 70 in alcuni tratti appositamente segnalati.
Le sanzioni (dall'art. 142 del codice della strada):
- fino a 10 km/h in più rispetto al limite - sanzione pecuniaria compresa tra 38 e 155 euro
- oltre 10 km/h e fino a 40 km/h in più - sanzione pecuniaria compresa tra 155 e 624 euro e decurtazione di 5 punti sulla patente
- oltre 40 km/h e non oltre i 60 km/h - sanzione pecuniaria tra 370 e 1.458 euro, decurtazione di 10 punti sulla patente e sanzione accessoria della sospensione della patente di guida da uno a tre mesi, con il provvedimento di inibizione alla guida del veicolo, nella fascia oraria che va dalle ore 22 alle ore 7 del mattino, per i tre mesi successivi alla restituzione della patente di guida. Il provvedimento è annotato nell'anagrafe nazionale degli abilitati alla guida
- chiunque supera di oltre 60 km/h i limiti massimi di velocità è punito con una sanzione pecuniaria compresa tra 500 e 2.000 euro, con la decurtazione di 10 punti sulla patente e la sanzione accessoria della sospensione della patente da sei a dodici mesi. In caso di recidiva in un biennio è disposta la revoca della patente di guida.
Fonte: Polizia di Stato
giovedì 16 giugno 2011
TAR "...con l'atto introduttivo del giudizio, la violazione dell'art. 6 d.P.R. 449/92, per superamento del termine perentorio di novanta giorni previsto per la conclusione del procedimento (iniziato il 27.10.06 e terminato il 16.05.07); in particolare, tra la conoscenza della condanna (20.06.06) e la conclusione del procedimento disciplinare (22.05.07) è decorso un termine ben superiore ai novanta giorni; eccesso di potere per violazione del principio di proporzionalità, atteso che l'Amministrazione ha adottato la sanzione più grave senza valutare le circostanze attenuanti ed i motivi per cui il ricorrente ha ceduto agli illeciti;..."
IMPIEGO PUBBLICO
Cons. Stato Sez. IV, Sent., 27-05-2011, n. 3187
Fatto Diritto P.Q.M.
Svolgimento del processo
Con ricorso al TAR Campania, il sig. G. G., all'epoca dei fatti agente del Corpo di Polizia penitenziaria, impugnava il decreto (n. 03907362006/32386/ds6 emesso in data 16.5.2007) con cui il Capo del Dipartimento dell'Amministrazione Penitenziaria infliggeva al ricorrente la sanzione della destituzione dal servizio (in applicazione del d.P.R. n. 449/92) a partire dal 20.01.06. Il ricorrente, a sostegno delle sue doglianze, premetteva:
- di essere stato condannato con sentenza della Corte d'Appello di Napoli in data 13.07.06 alla pena di anni 1 e mesi 6 di reclusione, col beneficio della sospensione condizionale, per i reati di cui agli artt. 61 n. 2, 110, 635 c.p., 10 e 12 l. 497/74; nonché, con sentenza della Corte d'Appello di Napoli in data 21.06.06, alla pena di mesi 2 e giorni 20 di reclusione per il reato di cui all'art. 385 co. 3 c.p.;
- di essere stato destituito dal servizio in conseguenze delle predette sentenze di condanna, divenute irrevocabili. In particolare, in data 13.10.06 la Corte d'Appello di Napoli trasmetteva la sentenza di condanna alla pena di mesi 2 e giorni 20 di reclusione per il reato di cui all'art. 385 co. 3 c.p. ed in data 23.10.06 perveniva la sentenza della Corte d'Appello di Napoli del 13.07.06, di condanna alla pena di anni 1 e mesi 6 di reclusione, col beneficio della sospensione condizionale, per i reati di cui agli artt. 61 n. 2, 110, 635 c.p., 10 e 12 l. 497/74.
A seguito di ciò, in data 27.10.06, l'Amministrazione riteneva di avviare procedimento disciplinare con contestazione degli addebiti (2.11.06); e con delibera 28.03.07 il Consiglio di disciplina proponeva al Capo Dipartimento l'applicazione della sanzione della destituzione dal servizio.
A sostegno del ricorso l'esponente deduceva in sintesi:
1) con l'atto introduttivo del giudizio, la violazione dell'art. 6 d.P.R. 449/92, per superamento del termine perentorio di novanta giorni previsto per la conclusione del procedimento (iniziato il 27.10.06 e terminato il 16.05.07); in particolare, tra la conoscenza della condanna (20.06.06) e la conclusione del procedimento disciplinare (22.05.07) è decorso un termine ben superiore ai novanta giorni; eccesso di potere per violazione del principio di proporzionalità, atteso che l'Amministrazione ha adottato la sanzione più grave senza valutare le circostanze attenuanti ed i motivi per cui il ricorrente ha ceduto agli illeciti;
- con motivi aggiunti, che i termini di 180 e 90 giorni non possono essere sommati, atteso che si riferiscono a due diverse scansioni procedimentali.
Con la sentenza epigrafata il Tribunale amministrativo ha respinto il ricorso.
Il G. ha tuttavia impugnato la sentenza del TAR, chiedendone la riforma alla stregua di motivi che sono riassunti nella sede della loro trattazione in diritto in seno alla presente decisione.
Si è costituita nel giudizio l'amministrazione della giustizia, resistendo al gravame ed esponendo in successiva memoria le proprie argomentazioni difensive, che si hanno qui per riportate.
Alla pubblica udienza del 22 marzo 2011 il ricorso è stato trattenuto in decisione.Motivi della decisione
1.- A sostegno della decisione gravata il TAR, nel respingere la censura fondamentale articolata dal G., ed incentrata sulla violazione del termine perentorio di 90 giorni per l'irrogazione della sanzione (e sulla impossibilità di sommare i termini di 180 e 90 giorni), ha richiamato la più recente giurisprudenza del Consiglio di Stato formatasi sulla disciplina di cui alla l. n. 19/1990, disciplina del tutto analoga a quella del d.P.R. n. 449/92. Secondo tale orientamento "Il termine perentorio di novanta giorni per l'irrogazione di sanzioni disciplinari a impiegati dello Stato comincia a decorrere non già dall'avvio del procedimento disciplinare, ma dalla "scadenza virtuale" del termine di centottanta giorni, fissato dall'art. 9 l. n. 19 del 1990, per l'inizio del procedimento stesso e decorrente "dalla data in cui l'amministrazione ha avuto notizia della sentenza irrevocabile di
condanna". In sostanza, il legislatore ha inteso sollecitare la definizione della posizione del dipendente prevedendo un complessivo termine di duecentosettanta giorni, decorrente dall'avvenuta "notizia della sentenza irrevocabile", ed entro il quale l'amministrazione può legittimamente attivare e concludere il procedimento disciplinare. Il lasso temporale che non può quindi essere superato a pena di violazione della perentorietà del termine è quello totale di duecentosettanta giorni" (CdS, VI, n. 869/2006). Il primo giudice ha ricordato che anche CdS, IV, n. 1213/2007 ha ribadito che il termine di 90 giorni, previsto dall'art. 9 l. 7 febbraio 1990 n. 19 per la conclusione del procedimento disciplinare, si cumula con quello di 180 giorni entro cui deve iniziare il procedimento stesso, con la conseguenza che all'Amministrazione è concesso un termine globale di 270 giorni, decorrente
dalla data in cui ha avuto piena conoscenza della sentenza di condanna, per chiudere il procedimento.
2. La sentenza è contrastata dall'appellante con due ordini di censure.
2.1.- Il primo avversa la pronunzia ove afferma che le valutazioni disciplinari dell'amministrazione non sono sindacabili innanzi al giudice amministrativo e in contrario fa rilevare la sproporzione tra i fatti accertati e la sanzione irrogata, profilo che viene in rilievo nell'esercizio della discrezionalità di scelta tipologica della sanzione da infliggere. La tesi non può essere accolta. Anzitutto il giudice di prime cure non ha affermato l'insindacabilità delle valutazioni disciplinari, ma si è limitato a ritenere non illogica la sanzione prescelta (la massima) in rapporto ai fatti accertati; il TAR ha infatti affermato che questi ultimi sono di "considerevole gravità, denotano mancanza di equilibrio e non permettono che egli resti in servizio, per il discredito che altrimenti arrecherebbero al corpo di appartenenza" - e che "non sfugge all'ambito del sindacato
giurisdizionale di legittimità non potendo essere considerata né illogica né priva di presupposti". Il giudice di prima istanza conferma quindi, nel suo riferimento all'insindacabilità delle valutazioni, che questa emerge in tutti i casi in cui la misura adottata non risulti priva di logicità o degli indispensabili presupposti fattuali.
2.2. In merito al secondo ordine di motivi, il Collegio rileva che essi ripropongono la tesi, già svolta in primo grado (e contrastata da ampia giurisprudenza anche richiamata dal TAR) della non cumulabilità del termine di 90 giorni (art. 9, l. n.19/1990) per la conclusione del procedimento disciplinare, con quello di 180 giorni entro cui deve iniziare il procedimento stesso.
E' infatti evidente che i due termini debbono essere applicati nel rispetto della sequenza procedimentale delineata dalla legge, poiché altrimenti non avrebbe senso lasciare all'amministrazione un termine di 180 giorni per iniziare un procedimento che invece deve essere già concluso entro il 90.mo giorno dalla notizia della sentenza penale.
Correttamente, pertanto, il TAR ha ribadito che il termine per la conclusione si innesta su quello per l'avvio del procedimento, sicché "il tempo che non può essere superato, a pena di violazione della perentorietà del termine, è quello totale di 270 giorni".
3- Conclusivamente l'appello deve essere respinto.
Le spese seguono il principio della soccombenza (art. 91 c.p.c.).P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (sezione IV), definitivamente pronunziando in merito al ricorso in epigrafe, lo respinge.
Condanna l'appellante al pagamento, in favore di controparte, delle spese del presente grado del giudizio, che liquida, complessivamente, in Euro tremila, oltre accessori.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Consiglio di Stato "...Con il presente gravame il ricorrente impugna la sentenza del Tar Lecce con cui è stato respinto il suo gravame diretto: - all'annullamento di tutti gli atti del procedimento disciplinare, definito con la irrogazione della sanzione della destituzione; - all'accertamento ed alla declaratoria del diritto del ricorrente alla ricostruzione della carriera ed alla corresponsione delle differenze retributive tra quanto percepito e quanto dovuto in ragione della posizione di ruolo ricoperta di Assistente di Polizia penitenziaria a decorrere dall'11.10.2001 con conseguente condanna dell'Amministrazione al pagamento delle relative somme, maggiorate di rivalutazione monetaria ed interessi a decorrere dall'11.10.2001...."
CARCERI E SISTEMA PENITENZIARIO - IMPIEGO PUBBLICO
Cons. Stato Sez. IV, Sent., 03-05-2011, n. 2643Fatto Diritto P.Q.M.
Svolgimento del processo
Con il presente gravame il ricorrente impugna la sentenza del Tar Lecce con cui è stato respinto il suo gravame diretto:
- all'annullamento di tutti gli atti del procedimento disciplinare, definito con la irrogazione della sanzione della destituzione;
- all'accertamento ed alla declaratoria del diritto del ricorrente alla ricostruzione della carriera ed alla corresponsione delle differenze retributive tra quanto percepito e quanto dovuto in ragione della posizione di ruolo ricoperta di Assistente di Polizia penitenziaria a decorrere dall'11.10.2001 con conseguente condanna dell'Amministrazione al pagamento delle relative somme, maggiorate di rivalutazione monetaria ed interessi a decorrere dall'11.10.2001.
Il ricorrente, assistente di Polizia penitenziaria, in servizio presso la Casa Circondariale di Lecce era stato sospeso dal servizio ai sensi dell'art. 7, comma 1, del d.lgs. 449/1992, con decorrenza 11.10.2001, data del suo arresto per il reato di cui all'art. 74 del d.P.R. n. 309/1990.
Successivamente, a seguito dell'annullamento in Cassazione di una prima condanna in appello, era stato assolto in deve di rinvio "per non avere commesso il fatto", sulla base della motivazione per cui né le osservazioni dei Carabinieri del ROS, né il contenuto delle conversazioni intercettate e né il viaggio in Calabria del 12/02/2000 con 20 milioni di lire in contanti, sarebbe rimasto un fatto isolato e non idoneo a provare la stabile compenetrazione del soggetto nel tessuto organizzativo del sodalizio criminoso finalizzato allo spaccio di stupefacenti.
Il ricorso è affidato alla denuncia di sei articolati di capi di doglianza e dall'ulteriore riproposizione degli stessi motivi presentati con il ricorso introduttivo e con i motivi aggiunti.
Si è costituito in giudizio il Ministero che, con memoria cautelare per la Camera di Consiglio, ha sottolineato l'assenza del "fumus boni juris" e concluso per il rigetto del ricorso.
Con memoria per la discussione l'appellante ha sintetizzato le proprie argomentazioni, insistendo per l'accoglimento del gravame.
Chiamata all'udienza pubblica la causa, uditi i patrocinatori delle parti, è stata ritenuta in decisioneMotivi della decisione
L'appello, che sostanzialmente ripropone le identiche doglianze del ricorso introduttivo, è infondato.
- 1.Par.. Con la prima rubrica l'appellante censura il capo della sentenza del Tar Lecce con cui sono stati respinti il primo ed secondo motivo di ricorso relativo alla denuncia della violazione dell'art. 117 e dell'art. 103, comma 2, del d.P.R. n. 3/1957 nonché l'eccesso di potere per illogicità, erroneità dei presupposti, contraddittorietà ed ingiustizia manifesta.
- 1.1. Erroneamente e contraddittoriamente il primo Giudice avrebbe sostenuto chela sospensione del 14.09.2007 del procedimento precedentemente avviato, avrebbe comunque assicurato la finalità delle citate norme che è quella di prevenire antinomie fra l'esito del procedimento penale e l'esito di quello disciplinare, nelle ipotesi limitate in cui il primo abbia efficacia vincolante per il secondo.
Al contrario, per l'appellante quando l'impiegato è sottoposto, per gli stessi fatti, a procedimento disciplinare ed a procedimento penale (vale a dire dal momento in cui assume la qualità di imputato), il primo deve essere sospeso fino alla definizione del procedimento penale con sentenza passata in giudicato a pena di legittimità del provvedimento disciplinare. Pertanto il ricorso alla possibile ratio della norma non poteva superare il chiaro contenuto precettivo della stessa. L'amministrazione pertanto non poteva iniziare il procedimento, e poi sospenderlo.
L'assunto è infondato.
Deve infatti rilevarsi in linea generale che, una volta trascorso il termine quinquennale previsto dall'art. 9 l. n. 19 del 1990, la P.A. ha comunque il potere, ai sensi dell'art. 7 settimo comma del d.lg. n. 449/1992. di disporre la sospensione facoltativa dal servizio, prevista dall'art. 92 t.u. n. 3 del 1957.
Tuttavia, in tale ipotesi, qualora il procedimento disciplinare non sia stato iniziato in precedenza, la P.A. deve necessariamente attivare l'iniziativa disciplinare, sia pure ai soli fini della pronuncia sulla sospensione cautelare. L'avvio del procedimento disciplinare, che in tale ipotesi è necessariamente finalizzato alla verifica dei presupposti per la sospensione cautelare, costituisce da un lato una procedura di cautela delle ragioni dell'amministrazione, dall'altro, una garanzia procedimentale dei diritti di difesa dell'incolpato.
Dunque esattamente il Tar afferma che nel caso il procedimento ha rispettato le finalità dell'art. 9 d.lg. n. 449/1992, in quanto la sua sospensione aveva proprio la finalità di prevenire antinomie fra gli esiti del procedimento penale e di quello disciplinare limitatamente alle ipotesi in cui il primo abbia efficacia vincolante per il secondo.
Il procedimento disciplinare in esame "a buon diritto" è stato avviato successivamente al decorso del quinquennio di scadenza della sospensione obbligatoria dal servizio di cui alla L. n.19/1990; e legittimamente in esito a tale iniziativa il Ministero, una volta valutata la situazione, prima con decreto ministeriale del 2.07.2007 ha disposto la sospensione facoltativa dal servizio sino all'esito del procedimento disciplinare, ai sensi del combinato disposto di cui all'art. 8 d.lgs. 449/'92 e all'art. 92 d.P.R. 10.1.1957 n. 3; poi il successivo 14.09.2007 ha sospeso il procedimento disciplinare.
- 1.2. Parimenti inconsistente appare il secondo profilo con cui si lamenta che erroneamente la sentenza avrebbe statuito che: "non può ragionevolmente censurarsi l'illegittimità di una contestazione degli addebiti intervenuta solo nel 2007, dopo, cioè, un considerevole lasso di tempo dall'accertamento dei fatti (l'arresto dell'interessato risale, infatti, al 2001) in riconosciuta presenza dello specifico presupposto ostativo alla instaurazione e prosecuzione del procedimento disciplinare, sull'asettico presupposto dell'art. 103, comma 2".
Al riguardo infatti deve notarsi che, utilizzando un'antica e sempre valida sistematica dottrinaria, la disposizione di cui all'art. 117 del T.U. n.3/1957, deve essere qualificata come "norma di azione" per la P.A., e non "norma di relazione" per cui la sua violazione può essere invocata dalla parte solo quando in concreto la sua violazione si sia concretamente risolta in una limitazione o in una pretermissione delle garanzie procedimentali.
Ma come sarà meglio evidente in seguito non è questo il caso di specie, in quanto qui il lasso di tempo è derivato proprio dal prolungarsi del procedimento penale e comunque, l'Amministrazione ha sempre tempestivamente fatto luogo ai prescritti adempimenti a suo carico.
- 2.Par.. Con la seconda doglianza il ricorrente impugna il capo della sentenza con cui sono stati respinti il suo terzo e quarto motivo del ricorso introduttivo, che vanno tuttavia confutati in ordine inverso.
- 2.2. Con il quarto motivo di primo grado qui riproposto, l'appellante lamenta l'erroneità del rigetto del quarto motivo del ricorso introduttivo nella parte in cui ha ritenuto che la nota n. 3401 del 16 marzo 2009 (di trasmissione all'Ufficio della relazione conclusiva dell'inchiesta disciplinare) fosse utile ad interrompere la prescrizione. Per l'appellante, al contrario, la costante giurisprudenza del Tar Lazio e del Consiglio di Stato dal 1993 al 2002, avrebbe sempre ritenuto la inutilizzabilità degli atti interni connessi a fasi strumentali, quali la trasmissione di ricezione gli atti del procedimento ad interrompere il termine perentorio di 90 giorni, in quanto gli aspetti organizzativi dell'apparato burocratico non possono consentire dilazioni dei tempi del procedimento.
Neppure avrebbe potuto avere effetto interruttivo la richiesta di proroga da parte del funzionario istruttore della nota del 24 marzo 2009 con cui la relazione era stata trasmessa al Consiglio di Disciplina.
L'assunto è infondato.
Il termine estintivo del procedimento disciplinare, originariamente fissato dall'art. 120 comma 1, t.u. 10 gennaio 1957 n. 3 in novanta giorni senza che nessun ulteriore atto sia stato adottato è applicabile anche al personale della Polizia penitenziaria ai sensi dell'art. 24 comma 5, d.lgs. 1992 n. 449. Tale termine si interrompe ogniqualvolta, prima della sua scadenza, sia adottato un atto proprio del procedimento, anche se di carattere interno, dal quale possa inequivocamente desumersi la volontà dell'Amministrazione di portare a conclusione il procedimento (cfr. Consiglio Stato, sez. IV, 26 febbraio 2009, n. 1137).
Deve quindi rilevarsi che qui, gli atti adottati dall'Amministrazione erano idonei ad interrompere il termine in quanto procedimentalmente necessitati e rispettosi del principio di non aggravamento del procedimento di cui all'art. 1 L.n.241/1990 e s.m.i.. La stretta sequenza degli atti dimostra come la P.A.: abbia sempre tempestivamente adottato i prescritti atti del procedimento ad intervalli minori dei 90 giorni. Al riguardo si ricorda che:
- il 22.12.2002 è pervenuta alla P.A. la sentenza emessa il 16.4.2008 dalla Corte d'Appello di Lecce con cui l'interessato veniva assolto dal reato di associazione a delinquere finalizzata allo spaccio del procedimento per non aver commesso il fatto;
- l' 8.1.2009, con ministeriale n. 0004622/2009, il procedimento disciplinare -- avviato in data 4.7.2007 e sospeso il 14.9.2007 -- è stato riassunto, per la valutazione dei fatti mediante nuova contestazione ed integrazione degli addebiti alla luce delle risultanze della sentenza penale;
- il 24.1.2009 con la notifica di un nuovo atto, è stata addebitata l'ipotesi di cui all'art. 6 comma 2 lett. a) e d) del D. Lgs. 449/92;
- in data 3.3.2009, il Funzionario Istruttore (F.I.) richiedeva una proroga per la conclusione dell'inchiesta essendo stato trasferito ad una sede a notevole distanza; -- tale richiesta veniva accordata con ministeriale del 4.3.2009;
- il 16.3.2009 il F.I. ha trasmesso gli atti conclusivi:
- con nota del 24.3.2009 il fascicolo è stato trasmesso al Consiglio Centrale di Disciplina;
- il 14.5.2009 il Consiglio Centrale di Disciplina, dopo aver ottemperato a quanto richiesto dall'art. 16, co. 1 del d.lgs. 449/92, ha nominato il relatore ed ha fissato la data della trattazione orale per il 10.6.2009;
- il Consiglio Centrale di Disciplina, con verbale n. 2116 del 10.6.2009, ha deliberato di proporre la destituzione dal servizio;
- il 15.7.2009, è stato disposto il provvedimento impugnato.
Come è evidente,tutti gli atti adottati erano carattere non dilatorio, ma costituivano momenti procedimentalmente necessitati, proprio dalla peculiarità della vicenda, e comunque erano tutti ontologicamente idonei ad interrompere il termine dei 90 gg..
- 2.2. Per il medesimo ordine di ragioni, per l'appellante, va respinta la censura per cui si sarebbe dovuto applicare l'articolo 9 della legge n. 19/1990, il cui contenuto sarebbe stato trasfuso integralmente dall'articolo 6, IV° comma del decreto legislativo n. 449/1992, e non nel VI° comma della medesima norma che invece concerne il caso di "sospensione cautelare in pendenza di procedimento penale" e non riguarda il termine di conclusione del procedimento disciplinare. Per tale ragione avrebbe dovuto applicarsi il termine di 90 giorni per la conclusione del procedimento disciplinare. Pertanto, il procedimento disciplinare non sarebbe stato concluso nel tempo prescritto di 270 giorni (180 + 90) nel quale evidentemente risulterebbe compresso anche il più ridotto termine di 210 giorni nell'ipotesi interpretativa del Tar (terzo motivo di primo grado);
L'assunto va disatteso.
Oltre a quanto si diceva al punto che precede, si deve rilevare che il termine di 270 giorni, previsto dall'art. 6 comma 4, d.lg. 30 ottobre 1992 n. 449 per l'esercizio del potere disciplinare nei confronti degli appartenenti al Corpo di polizia penitenziaria non è, in linea di principio, applicabile nel caso in cui il processo penale si sia concluso con una sentenza assolutoria. In analogia a quanto avviene nei casi di sentenza penale patteggiata è stato affermato che, in tali casi, il procedimento disciplinare si connota per una maggiore complessità dell'istruttoria (cfr. Consiglio Stato, sez. IV, 27 dicembre 2006, n. 7923).
- 3.Par.. Nella medesima ottica delle precedenti considerazioni, si rivela del tutto inconsistente la terza rubrica d'appello, con cui si deduce l'erroneità del capo della sentenza con cui il giudice di prime cure ha ritenuto che lo spazio temporale previsto dalla legge per garantire il termine a difesa dell'incolpato sarebbero stati garantiti, senza alcuna riduzione, respingendo in conseguenza il quinto, il sesto ed il settimo motivo di ricorso. La sentenza non avrebbe tenuto conto che l'articolo 24, comma V° del decreto legislativo n. 449/1992 faceva un richiamo diretto, per quanto non previsto, alle norme del testo unico di cui al d.p.r. 10 gennaio 1957 n.3.
Per contro, si concorda con il TAR che:
) lo sviluppo complessivo del procedimento dimostra che l'incolpato ha comunque avuto i 10 giorni per poter presentare le proprie giustificazioni;
) è esatta la precisa, coerente e coordinata interpretazione posta a base del provvedimento, dell'impianto normativo di cui al decreto legislativo n. 449/1992 e dei riferimenti alle disposizioni del T.U. n. 3/1957, in quanto l'articolo 24, comma V° del cit. 449, costituisce norma "di chiusura" del sistema, le cui disposizioni generali, sono necessariamente recessive rispetto alle specifiche norme per il personale della Polizia Penitenziaria.
- 4.Par. Con la quarta rubrica si lamenta che, erroneamente, non sarebbe stato accolta la denuncia della violazione dell'articolo 15, comma cinque, del decreto legislativo n. 449/1992 formulata con i motivi aggiunti.
.- 4.1. Erroneamente il Tar avrebbe ritenuto che il termine dovesse decorrere dal momento in cui la documentazione era giunta a conoscenza del Funzionario Istruttore e non invece dalla data dell'incarico formale al predetto F.I., in quanto la documentazione sarebbe già stata dalla sua disponibilità fin dal 8 agosto 2007, ovvero dalla data della prima contestazione degli atti in occasione della quale il funzionario istruttore aveva esaminato la documentazione. E se l'amministrazione contesta tale circostanza non vi sarebbe, per contro, nessuna prova dell'effettiva conoscibilità degli atti solo alla data del 21 gennaio 2009, data in cui aveva firmato la contestazione degli addebiti, come invece ritenuto dal giudice di primo grado, contraddicendo con questo le sue stesse affermazioni, per cui la documentazione sarebbe stata di grande "complessità e quantità".
Il motivo è inconferente.
La pretesa conoscenza degli atti del 2007 infatti è irrilevante in quanto precedente la definitiva conclusione del processo penale, vale a dire dal momento in cui poteva essere legittimamente ripreso il procedimento.
In secondo luogo, i solleciti tempi sopra ricordati escludono comunque la rilevanza, in concreto, del momento della conoscenza della documentazione, essendo i singoli atti del procedimento stati adottati molto prima dei 90 gg., per cui non si è mai verificata alcuna decadenza del procedimento disciplinare.
- 4.2. In coerenza con quest'ultimo rilievo deve essere disatteso il secondo profilo della medesima doglianza con cui si contesta l'erroneità della sentenza che aveva ritenuto legittima e motivata, ai sensi dell'articolo 15, comma V° del D. Lgs. n. 449/1992, la proroga concessa per la conclusione del procedimento disciplinare.
In tale prospettiva, appare significativo il fatto che, non si rinvengono atteggiamenti negligenti o dilatori nella conduzione del procedimento disciplinare da parte dell'amministrazione. Pertanto il trasferimento di sede del funzionario istruttore -se è vero come afferma il ricorrente che costituiva una vicenda interna all'amministrazione -- appare comunque oggettivamente idoneo per legittimare la proroga, e quindi per determinare interruzione dei termini prescritti. Proprio l'avvenuto annullamento della sentenza di appello e lo svolgimento di un nuovo processo di secondo grado, rendevano la valutazione del funzionario istruttore, estremamente più complessa sul piano giuridico e fattuale, in quanto doveva comprendere l'analisi dei complicati profili pubblici e privati alla luce dell'ultima laconica sentenza di assoluzione su rinvio, della Corte di Appello di Lecce del 2008, e
nell'ottica delle secca affermazione della Cassazione di annullamento, nei soli riguardi del ricorrente, del primo processo di Appello.
- 5.Par. Deve essere parimenti disatteso il quinto capo di doglianza con cui il ricorrente invoca il precetto dell'articolo 653, primo comma del codice penale.
L'accertamento irrevocabile operato in sede penale, avrebbe impedito la configurazione stessa dell'azione disciplinare, in quanto il ricorrente era stato assolto con formula piena per non aver commesso il fatto. In conseguenza non avendo partecipato al sodalizio criminoso, il suo comportamento non avrebbe posto in essere alcuna attività illecita. Di qui l'inammissibilità di una nuova azione disciplinare che costituirebbe un "bis in idem" rispetto alla sentenza del giudice penale, che avrebbe escluso ulteriori contatti con soggetti della malavita. L'assoluzione avrebbe dunque imposto all'Amministrazione un giudizio conforme alle decisioni del Giudice penale.
L'assunto è infondato.
Deve in primo luogo rilevarsi che il c.p.p. del 1988, innovando rispetto al passato non ha riprodotto l'art.3, c.p.p. del 1930, in tema di pregiudiziale penale per cui, in linea di principio, il giudizio penale e il giudizio disciplinare devono essere considerati autonomi tra loro.
La conseguenza, sul piano dei rapporti fra procedimento penale e procedimento disciplinare, è che l'assoluzione per non aver commesso il fatto non preclude, in sede disciplinare, una rinnovata valutazione dei fatti, così come oggettivamente accertati dal giudice penale, essendo ontologicamente diversi i presupposti delle rispettive responsabilità.
L'area dell'illecito penale è infatti notoriamente più ristretta rispetto a quella dell'illecito disciplinare, per cui uno stesso fatto può essere giudicato lecito dal punto di vista penale ed illecito sotto il profilo disciplinare (al riguardo basta ricordare l'esempio di scuola, relativo alle ingiurie ed alle diffamazioni ad un superiore).
Deve naturalmente restare fermo il solo limite dell'immutabilità dell'accertamento dei fatti nella loro materialità operato in sede penale cosicché, se è inibito ricostruire l'episodio posto a fondamento dell'incolpazione in modo diverso da quello storicamente risultante dalla sentenza penale passata in giudicato, sussiste tuttavia piena libertà per la P.A. di valutare i medesimi accadimenti nell'ottica dell'illecito disciplinare.
In definitiva, argomentando ex art. 97 t.u. n. 3 del 1957 ed ex art. 7 d.lg. n. 449/1992, ove dalla sentenza di assoluzione discenda che il fatto non costituisce reato, deve ritenersi l'Amministrazione conserva il suo potere di autonoma valutazione dell'illecito nell'ambito del procedimento disciplinare, in quanto l'illiceità penale e quella disciplinare orbitano su piani assolutamente differenti (cfr. Consiglio Stato, sez. IV, 07 luglio 2009, n. 4359).
Di qui la piena ammissibilità, sotto tale profilo, del procedimento disciplinare in questione.
- 6.Par. Con il sesto capo di doglianza si lamenta in generale l'erroneità del rigetto del nono, decimo ed undicesimo motivo di ricorso con cui l'appellante aveva lamentato la violazione dell'art. 6, comma 2, dell'art. 11, comma 1 e 2, e dell'art. 1, comma 2, del d.lgs n. 449/92 per la mancata valutazione delle giustificazioni dell'interessato, e per la violazione del principio di graduazione delle sanzioni.
- 6.1. L'appellante afferma che i provvedimenti disciplinari devono comunque essere informati al principio di legalità per cui la motivazione della sua destinazione avrebbe dovuto essere proporzionata: -) alla non gravità dei fatti; -) alla sussistenza di tutte le circostanze attenuanti; -) alla qualità del suo pregresso servizio; -) alle sue qualità morali e di carattere, ai sensi dell'art. 11, comma 1 del d.lgs n. 449/92; -) ed infine all'assenza di precedenti disciplinari.
L'assunto non ha pregio.
Nel caso, sia il provvedimento definitivo che i presupposti atti istruttori, appaiono infatti del tutto logicamente e coerentemente affidati ad un ampia e completa valutazione di tutti i comportamenti del dipendente, i quali ben potevano rilevare negativamente sotto il profilo disciplinare, ancorchè fossero stati ritenuti non punibili sul piano della legge penale.
Infatti, a prescindere dalla circostanza che, nello stato di servizio sono trascritti anche altri precedenti disciplinari più volte riportati nel foglio matricolare, nel caso in esame si condivide il richiamo ai principi generali in materia quali per cui:
- la valutazione dei fatti e della loro gravità(così come la misura delle relative sanzioni) rientrano in una valutazione di merito ampiamente discrezionale che è sindacabile sul piano della legittimità unicamente nell'ipotesi di macroscopici vizi logici, travisamenti dei fatti;
- la punibilità di un comportamento disciplinarmente rilevante è finalizzata alla migliore tutela dell'interesse pubblico alla legalità, all'imparzialità e al buon andamento degli uffici pubblici, secondo i principi sanciti dall'art. 97 Cost..
In conseguenza, in relazione alla natura e rilevanza, sul piano funzionale e relazionale dei comportamenti del ricorrente, il provvedimento di destituzione appare del tutto logico e coerente con le sue premesse e con le ricordate finalità generali di tutela degli interessi pubblici in materia di stabilimenti di pena.
- 6.2. Per l'appellante, in contrasto con le conclusioni della Corte di Appello, il Tar Lecce avrebbe ritenuto che vi sarebbero state ulteriori frequentazioni con malavitosi e quindi avrebbe sostenuto la sufficienza e congruità della motivazione e della sanzione. L'assoluzione avrebbe invece reso leciti tutti i comportamenti anche sotto il profilo disciplinare. In ogni caso il viaggio in Calabria sarebbe stato un isolato ed occasionale atto di cortesia verso un amico malato di tumore. In conseguenza la frequentazione di luoghi, persone e compagnie sconvenienti non avrebbero giustificato la destituzione, ma al limite la deplorazione o a tutto voler concedere la sospensione dal servizio ai sensi degli artt. 4, 3 e5 del d.lgs. n.. 449/1992. Erroneamente il Tar avrebbe ritenuto che in assenza di fatti penalmente rilevanti, si sarebbe verificata una situazione di incompatibilità con la
prosecuzione del rapporto lavorativo.
La censura non convince.
Fermo restando quanto si diceva sub n. 5 che precede (circa il fatto che il giudizio disciplinare non è vincolato alle valutazioni contenute nella sentenza penale, la quale concerne finalità del tutto distinte rispetto a quelle del giudizio disciplinare) deve rilevarsi che sotto i profili della logica e della razionalità il provvedimento impugnato in primo grado è esente da un qualunque sintomatico vizio di illogicità o di irragionevolezza.
In tale direzione, la stessa sentenza della Cassazione sul caso, favorevole al ricorrente sotto il solo profilo probatorio, per il resto ha sostanzialmente confermato la complessiva vicenda (respingendo gli appelli degli altri soggetti condannati dalla Corte d'appello di Lecce e, per un imputato, dichiarandolo inammissibile).
Anche a tal proposito ha dunque ragione il primo Giudice quando conclude che, esattamente erano stati valutati i comportamenti e gli episodi che, nelle stesse sentenze penali di legittimità e di merito, -- se non decisivi sul piano della prova della stabile partecipazione dell'interessato al sodalizio criminale -- risultavano comunque incontestabilmente accertati nella loro storica materialità tra cui in particolare:
- la presenza dell'appellante ad una cena tenutasi in data 8.02.2000 insieme a personaggi pregiudicati al fine di comprare stupefacenti dalle cosche calabresi;
- l'ordine telefonico documentato dalle intercettazioni telefoniche, di un soggetto (poi definitivamente condannato) al ricorrente di "portare i piccioli";
- la partecipazione dell'appellante, il 12.02.2000, ad un viaggio in Calabria con la sua auto assieme ad un pregiudicato, per l'acquisto (peraltro poi non riuscito) di un quantitativo di droga;
- la detenzione durante il viaggio dei Lire 20 milioni da parte dell'appellante il quale, all'atto del controllo delle Forze dell'Ordine, al ritorno a Lecce dalla Calabria "cercava inutilmente di disfarsi" dei soldi (pag. 6 sentenza definitiva d'appello n. 630/2008).
In conclusione sul punto si tratta di comportamenti che, sotto il profilo disciplinare appaiono connotati dal requisito della notevole gravità, ed appaiono sintomatici indizi della mancanza di quel senso dell'onore e di quel senso morale che sono qualità professionali indispensabili per un agente della Polizia Penitenziaria.
Del tutto legittimamente si è dunque ritenuto che apparire essi fossero ostativi alla prosecuzione del rapporto di servizio in quanto manifestamente incompatibili con i fini istituzionali perseguiti dall'Amministrazione penitenziaria.
- 7.Par.. Infine, deve essere respinto l'ultimo capo dell'appello, con cui si lamenta che il TAR avrebbe omesso ogni motivazione circa la censura per cui l'amministrazione non avrebbe speso alcuna specifica motivazione sulle sue giustificazioni, che sarebbero state del tutto ignorate.
Il motivo è infondato sotto un duplice ordine di considerazioni.
In primo luogo deve rilevarsi l'assoluta genericità della doglianza così come dedotta sia in primo grado che in questa sede. La censura si limita al piano formalistico non specifica esattamente quali profili e quali elementi di tali giustificazioni sarebbero stati ignorati ed in conseguenza in che misura la mancata osservazione avrebbe concretamente influito sul provvedimento finale.
In secondo luogo si rileva come, nella Relazione conclusiva del Funzionario Istruttore fatta sostanzialmente propria sia dal Consiglio Centrale di Disciplina che dal provvedimento impugnato, si sottolinea puntualmente e si confutano le sue giustificazioni, respingendole perché tutte ancorate al solo aspetto penale.
La doglianza è comunque sostanzialmente inconferente in quanto le giustificazione ripetevano comunque i rilievi già esaminati in precedenza dal TAR e, peraltro più volte riproposti anche in questa sede.
- 8.Par. Infine come ulteriori motivi della sentenza gravata, l'appellante ripropone integralmente tutti i motivi di primo grado, che in conseguenza delle considerazioni che precedono, devono essere respinti concernendo gli identici profili sostanziali.
- 9.Par. Sulla base delle sovraesposte considerazioni, l'appello è infondato e deve essere respinto con tutte le connesse domande restitutorie di status e risarcitorie.
Le spese di giudizio ai sensi dell'art. 26 del c.p.a. secondo le regole generali seguono la soccombenza e sono liquidate come da dispositivoP.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quarta) definitivamente pronunciando:
- 1.respinge l'appello, come in epigrafe proposto e tutte le connesse comande;
- 2. Condanna il ricorrente al pagamento delle spese di entrambe le fasi del giudizio che vengono liquidate in Euro 5.000,00.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Cons. Stato Sez. IV, Sent., 03-05-2011, n. 2643Fatto Diritto P.Q.M.
Svolgimento del processo
Con il presente gravame il ricorrente impugna la sentenza del Tar Lecce con cui è stato respinto il suo gravame diretto:
- all'annullamento di tutti gli atti del procedimento disciplinare, definito con la irrogazione della sanzione della destituzione;
- all'accertamento ed alla declaratoria del diritto del ricorrente alla ricostruzione della carriera ed alla corresponsione delle differenze retributive tra quanto percepito e quanto dovuto in ragione della posizione di ruolo ricoperta di Assistente di Polizia penitenziaria a decorrere dall'11.10.2001 con conseguente condanna dell'Amministrazione al pagamento delle relative somme, maggiorate di rivalutazione monetaria ed interessi a decorrere dall'11.10.2001.
Il ricorrente, assistente di Polizia penitenziaria, in servizio presso la Casa Circondariale di Lecce era stato sospeso dal servizio ai sensi dell'art. 7, comma 1, del d.lgs. 449/1992, con decorrenza 11.10.2001, data del suo arresto per il reato di cui all'art. 74 del d.P.R. n. 309/1990.
Successivamente, a seguito dell'annullamento in Cassazione di una prima condanna in appello, era stato assolto in deve di rinvio "per non avere commesso il fatto", sulla base della motivazione per cui né le osservazioni dei Carabinieri del ROS, né il contenuto delle conversazioni intercettate e né il viaggio in Calabria del 12/02/2000 con 20 milioni di lire in contanti, sarebbe rimasto un fatto isolato e non idoneo a provare la stabile compenetrazione del soggetto nel tessuto organizzativo del sodalizio criminoso finalizzato allo spaccio di stupefacenti.
Il ricorso è affidato alla denuncia di sei articolati di capi di doglianza e dall'ulteriore riproposizione degli stessi motivi presentati con il ricorso introduttivo e con i motivi aggiunti.
Si è costituito in giudizio il Ministero che, con memoria cautelare per la Camera di Consiglio, ha sottolineato l'assenza del "fumus boni juris" e concluso per il rigetto del ricorso.
Con memoria per la discussione l'appellante ha sintetizzato le proprie argomentazioni, insistendo per l'accoglimento del gravame.
Chiamata all'udienza pubblica la causa, uditi i patrocinatori delle parti, è stata ritenuta in decisioneMotivi della decisione
L'appello, che sostanzialmente ripropone le identiche doglianze del ricorso introduttivo, è infondato.
- 1.Par.. Con la prima rubrica l'appellante censura il capo della sentenza del Tar Lecce con cui sono stati respinti il primo ed secondo motivo di ricorso relativo alla denuncia della violazione dell'art. 117 e dell'art. 103, comma 2, del d.P.R. n. 3/1957 nonché l'eccesso di potere per illogicità, erroneità dei presupposti, contraddittorietà ed ingiustizia manifesta.
- 1.1. Erroneamente e contraddittoriamente il primo Giudice avrebbe sostenuto chela sospensione del 14.09.2007 del procedimento precedentemente avviato, avrebbe comunque assicurato la finalità delle citate norme che è quella di prevenire antinomie fra l'esito del procedimento penale e l'esito di quello disciplinare, nelle ipotesi limitate in cui il primo abbia efficacia vincolante per il secondo.
Al contrario, per l'appellante quando l'impiegato è sottoposto, per gli stessi fatti, a procedimento disciplinare ed a procedimento penale (vale a dire dal momento in cui assume la qualità di imputato), il primo deve essere sospeso fino alla definizione del procedimento penale con sentenza passata in giudicato a pena di legittimità del provvedimento disciplinare. Pertanto il ricorso alla possibile ratio della norma non poteva superare il chiaro contenuto precettivo della stessa. L'amministrazione pertanto non poteva iniziare il procedimento, e poi sospenderlo.
L'assunto è infondato.
Deve infatti rilevarsi in linea generale che, una volta trascorso il termine quinquennale previsto dall'art. 9 l. n. 19 del 1990, la P.A. ha comunque il potere, ai sensi dell'art. 7 settimo comma del d.lg. n. 449/1992. di disporre la sospensione facoltativa dal servizio, prevista dall'art. 92 t.u. n. 3 del 1957.
Tuttavia, in tale ipotesi, qualora il procedimento disciplinare non sia stato iniziato in precedenza, la P.A. deve necessariamente attivare l'iniziativa disciplinare, sia pure ai soli fini della pronuncia sulla sospensione cautelare. L'avvio del procedimento disciplinare, che in tale ipotesi è necessariamente finalizzato alla verifica dei presupposti per la sospensione cautelare, costituisce da un lato una procedura di cautela delle ragioni dell'amministrazione, dall'altro, una garanzia procedimentale dei diritti di difesa dell'incolpato.
Dunque esattamente il Tar afferma che nel caso il procedimento ha rispettato le finalità dell'art. 9 d.lg. n. 449/1992, in quanto la sua sospensione aveva proprio la finalità di prevenire antinomie fra gli esiti del procedimento penale e di quello disciplinare limitatamente alle ipotesi in cui il primo abbia efficacia vincolante per il secondo.
Il procedimento disciplinare in esame "a buon diritto" è stato avviato successivamente al decorso del quinquennio di scadenza della sospensione obbligatoria dal servizio di cui alla L. n.19/1990; e legittimamente in esito a tale iniziativa il Ministero, una volta valutata la situazione, prima con decreto ministeriale del 2.07.2007 ha disposto la sospensione facoltativa dal servizio sino all'esito del procedimento disciplinare, ai sensi del combinato disposto di cui all'art. 8 d.lgs. 449/'92 e all'art. 92 d.P.R. 10.1.1957 n. 3; poi il successivo 14.09.2007 ha sospeso il procedimento disciplinare.
- 1.2. Parimenti inconsistente appare il secondo profilo con cui si lamenta che erroneamente la sentenza avrebbe statuito che: "non può ragionevolmente censurarsi l'illegittimità di una contestazione degli addebiti intervenuta solo nel 2007, dopo, cioè, un considerevole lasso di tempo dall'accertamento dei fatti (l'arresto dell'interessato risale, infatti, al 2001) in riconosciuta presenza dello specifico presupposto ostativo alla instaurazione e prosecuzione del procedimento disciplinare, sull'asettico presupposto dell'art. 103, comma 2".
Al riguardo infatti deve notarsi che, utilizzando un'antica e sempre valida sistematica dottrinaria, la disposizione di cui all'art. 117 del T.U. n.3/1957, deve essere qualificata come "norma di azione" per la P.A., e non "norma di relazione" per cui la sua violazione può essere invocata dalla parte solo quando in concreto la sua violazione si sia concretamente risolta in una limitazione o in una pretermissione delle garanzie procedimentali.
Ma come sarà meglio evidente in seguito non è questo il caso di specie, in quanto qui il lasso di tempo è derivato proprio dal prolungarsi del procedimento penale e comunque, l'Amministrazione ha sempre tempestivamente fatto luogo ai prescritti adempimenti a suo carico.
- 2.Par.. Con la seconda doglianza il ricorrente impugna il capo della sentenza con cui sono stati respinti il suo terzo e quarto motivo del ricorso introduttivo, che vanno tuttavia confutati in ordine inverso.
- 2.2. Con il quarto motivo di primo grado qui riproposto, l'appellante lamenta l'erroneità del rigetto del quarto motivo del ricorso introduttivo nella parte in cui ha ritenuto che la nota n. 3401 del 16 marzo 2009 (di trasmissione all'Ufficio della relazione conclusiva dell'inchiesta disciplinare) fosse utile ad interrompere la prescrizione. Per l'appellante, al contrario, la costante giurisprudenza del Tar Lazio e del Consiglio di Stato dal 1993 al 2002, avrebbe sempre ritenuto la inutilizzabilità degli atti interni connessi a fasi strumentali, quali la trasmissione di ricezione gli atti del procedimento ad interrompere il termine perentorio di 90 giorni, in quanto gli aspetti organizzativi dell'apparato burocratico non possono consentire dilazioni dei tempi del procedimento.
Neppure avrebbe potuto avere effetto interruttivo la richiesta di proroga da parte del funzionario istruttore della nota del 24 marzo 2009 con cui la relazione era stata trasmessa al Consiglio di Disciplina.
L'assunto è infondato.
Il termine estintivo del procedimento disciplinare, originariamente fissato dall'art. 120 comma 1, t.u. 10 gennaio 1957 n. 3 in novanta giorni senza che nessun ulteriore atto sia stato adottato è applicabile anche al personale della Polizia penitenziaria ai sensi dell'art. 24 comma 5, d.lgs. 1992 n. 449. Tale termine si interrompe ogniqualvolta, prima della sua scadenza, sia adottato un atto proprio del procedimento, anche se di carattere interno, dal quale possa inequivocamente desumersi la volontà dell'Amministrazione di portare a conclusione il procedimento (cfr. Consiglio Stato, sez. IV, 26 febbraio 2009, n. 1137).
Deve quindi rilevarsi che qui, gli atti adottati dall'Amministrazione erano idonei ad interrompere il termine in quanto procedimentalmente necessitati e rispettosi del principio di non aggravamento del procedimento di cui all'art. 1 L.n.241/1990 e s.m.i.. La stretta sequenza degli atti dimostra come la P.A.: abbia sempre tempestivamente adottato i prescritti atti del procedimento ad intervalli minori dei 90 giorni. Al riguardo si ricorda che:
- il 22.12.2002 è pervenuta alla P.A. la sentenza emessa il 16.4.2008 dalla Corte d'Appello di Lecce con cui l'interessato veniva assolto dal reato di associazione a delinquere finalizzata allo spaccio del procedimento per non aver commesso il fatto;
- l' 8.1.2009, con ministeriale n. 0004622/2009, il procedimento disciplinare -- avviato in data 4.7.2007 e sospeso il 14.9.2007 -- è stato riassunto, per la valutazione dei fatti mediante nuova contestazione ed integrazione degli addebiti alla luce delle risultanze della sentenza penale;
- il 24.1.2009 con la notifica di un nuovo atto, è stata addebitata l'ipotesi di cui all'art. 6 comma 2 lett. a) e d) del D. Lgs. 449/92;
- in data 3.3.2009, il Funzionario Istruttore (F.I.) richiedeva una proroga per la conclusione dell'inchiesta essendo stato trasferito ad una sede a notevole distanza; -- tale richiesta veniva accordata con ministeriale del 4.3.2009;
- il 16.3.2009 il F.I. ha trasmesso gli atti conclusivi:
- con nota del 24.3.2009 il fascicolo è stato trasmesso al Consiglio Centrale di Disciplina;
- il 14.5.2009 il Consiglio Centrale di Disciplina, dopo aver ottemperato a quanto richiesto dall'art. 16, co. 1 del d.lgs. 449/92, ha nominato il relatore ed ha fissato la data della trattazione orale per il 10.6.2009;
- il Consiglio Centrale di Disciplina, con verbale n. 2116 del 10.6.2009, ha deliberato di proporre la destituzione dal servizio;
- il 15.7.2009, è stato disposto il provvedimento impugnato.
Come è evidente,tutti gli atti adottati erano carattere non dilatorio, ma costituivano momenti procedimentalmente necessitati, proprio dalla peculiarità della vicenda, e comunque erano tutti ontologicamente idonei ad interrompere il termine dei 90 gg..
- 2.2. Per il medesimo ordine di ragioni, per l'appellante, va respinta la censura per cui si sarebbe dovuto applicare l'articolo 9 della legge n. 19/1990, il cui contenuto sarebbe stato trasfuso integralmente dall'articolo 6, IV° comma del decreto legislativo n. 449/1992, e non nel VI° comma della medesima norma che invece concerne il caso di "sospensione cautelare in pendenza di procedimento penale" e non riguarda il termine di conclusione del procedimento disciplinare. Per tale ragione avrebbe dovuto applicarsi il termine di 90 giorni per la conclusione del procedimento disciplinare. Pertanto, il procedimento disciplinare non sarebbe stato concluso nel tempo prescritto di 270 giorni (180 + 90) nel quale evidentemente risulterebbe compresso anche il più ridotto termine di 210 giorni nell'ipotesi interpretativa del Tar (terzo motivo di primo grado);
L'assunto va disatteso.
Oltre a quanto si diceva al punto che precede, si deve rilevare che il termine di 270 giorni, previsto dall'art. 6 comma 4, d.lg. 30 ottobre 1992 n. 449 per l'esercizio del potere disciplinare nei confronti degli appartenenti al Corpo di polizia penitenziaria non è, in linea di principio, applicabile nel caso in cui il processo penale si sia concluso con una sentenza assolutoria. In analogia a quanto avviene nei casi di sentenza penale patteggiata è stato affermato che, in tali casi, il procedimento disciplinare si connota per una maggiore complessità dell'istruttoria (cfr. Consiglio Stato, sez. IV, 27 dicembre 2006, n. 7923).
- 3.Par.. Nella medesima ottica delle precedenti considerazioni, si rivela del tutto inconsistente la terza rubrica d'appello, con cui si deduce l'erroneità del capo della sentenza con cui il giudice di prime cure ha ritenuto che lo spazio temporale previsto dalla legge per garantire il termine a difesa dell'incolpato sarebbero stati garantiti, senza alcuna riduzione, respingendo in conseguenza il quinto, il sesto ed il settimo motivo di ricorso. La sentenza non avrebbe tenuto conto che l'articolo 24, comma V° del decreto legislativo n. 449/1992 faceva un richiamo diretto, per quanto non previsto, alle norme del testo unico di cui al d.p.r. 10 gennaio 1957 n.3.
Per contro, si concorda con il TAR che:
) lo sviluppo complessivo del procedimento dimostra che l'incolpato ha comunque avuto i 10 giorni per poter presentare le proprie giustificazioni;
) è esatta la precisa, coerente e coordinata interpretazione posta a base del provvedimento, dell'impianto normativo di cui al decreto legislativo n. 449/1992 e dei riferimenti alle disposizioni del T.U. n. 3/1957, in quanto l'articolo 24, comma V° del cit. 449, costituisce norma "di chiusura" del sistema, le cui disposizioni generali, sono necessariamente recessive rispetto alle specifiche norme per il personale della Polizia Penitenziaria.
- 4.Par. Con la quarta rubrica si lamenta che, erroneamente, non sarebbe stato accolta la denuncia della violazione dell'articolo 15, comma cinque, del decreto legislativo n. 449/1992 formulata con i motivi aggiunti.
.- 4.1. Erroneamente il Tar avrebbe ritenuto che il termine dovesse decorrere dal momento in cui la documentazione era giunta a conoscenza del Funzionario Istruttore e non invece dalla data dell'incarico formale al predetto F.I., in quanto la documentazione sarebbe già stata dalla sua disponibilità fin dal 8 agosto 2007, ovvero dalla data della prima contestazione degli atti in occasione della quale il funzionario istruttore aveva esaminato la documentazione. E se l'amministrazione contesta tale circostanza non vi sarebbe, per contro, nessuna prova dell'effettiva conoscibilità degli atti solo alla data del 21 gennaio 2009, data in cui aveva firmato la contestazione degli addebiti, come invece ritenuto dal giudice di primo grado, contraddicendo con questo le sue stesse affermazioni, per cui la documentazione sarebbe stata di grande "complessità e quantità".
Il motivo è inconferente.
La pretesa conoscenza degli atti del 2007 infatti è irrilevante in quanto precedente la definitiva conclusione del processo penale, vale a dire dal momento in cui poteva essere legittimamente ripreso il procedimento.
In secondo luogo, i solleciti tempi sopra ricordati escludono comunque la rilevanza, in concreto, del momento della conoscenza della documentazione, essendo i singoli atti del procedimento stati adottati molto prima dei 90 gg., per cui non si è mai verificata alcuna decadenza del procedimento disciplinare.
- 4.2. In coerenza con quest'ultimo rilievo deve essere disatteso il secondo profilo della medesima doglianza con cui si contesta l'erroneità della sentenza che aveva ritenuto legittima e motivata, ai sensi dell'articolo 15, comma V° del D. Lgs. n. 449/1992, la proroga concessa per la conclusione del procedimento disciplinare.
In tale prospettiva, appare significativo il fatto che, non si rinvengono atteggiamenti negligenti o dilatori nella conduzione del procedimento disciplinare da parte dell'amministrazione. Pertanto il trasferimento di sede del funzionario istruttore -se è vero come afferma il ricorrente che costituiva una vicenda interna all'amministrazione -- appare comunque oggettivamente idoneo per legittimare la proroga, e quindi per determinare interruzione dei termini prescritti. Proprio l'avvenuto annullamento della sentenza di appello e lo svolgimento di un nuovo processo di secondo grado, rendevano la valutazione del funzionario istruttore, estremamente più complessa sul piano giuridico e fattuale, in quanto doveva comprendere l'analisi dei complicati profili pubblici e privati alla luce dell'ultima laconica sentenza di assoluzione su rinvio, della Corte di Appello di Lecce del 2008, e
nell'ottica delle secca affermazione della Cassazione di annullamento, nei soli riguardi del ricorrente, del primo processo di Appello.
- 5.Par. Deve essere parimenti disatteso il quinto capo di doglianza con cui il ricorrente invoca il precetto dell'articolo 653, primo comma del codice penale.
L'accertamento irrevocabile operato in sede penale, avrebbe impedito la configurazione stessa dell'azione disciplinare, in quanto il ricorrente era stato assolto con formula piena per non aver commesso il fatto. In conseguenza non avendo partecipato al sodalizio criminoso, il suo comportamento non avrebbe posto in essere alcuna attività illecita. Di qui l'inammissibilità di una nuova azione disciplinare che costituirebbe un "bis in idem" rispetto alla sentenza del giudice penale, che avrebbe escluso ulteriori contatti con soggetti della malavita. L'assoluzione avrebbe dunque imposto all'Amministrazione un giudizio conforme alle decisioni del Giudice penale.
L'assunto è infondato.
Deve in primo luogo rilevarsi che il c.p.p. del 1988, innovando rispetto al passato non ha riprodotto l'art.3, c.p.p. del 1930, in tema di pregiudiziale penale per cui, in linea di principio, il giudizio penale e il giudizio disciplinare devono essere considerati autonomi tra loro.
La conseguenza, sul piano dei rapporti fra procedimento penale e procedimento disciplinare, è che l'assoluzione per non aver commesso il fatto non preclude, in sede disciplinare, una rinnovata valutazione dei fatti, così come oggettivamente accertati dal giudice penale, essendo ontologicamente diversi i presupposti delle rispettive responsabilità.
L'area dell'illecito penale è infatti notoriamente più ristretta rispetto a quella dell'illecito disciplinare, per cui uno stesso fatto può essere giudicato lecito dal punto di vista penale ed illecito sotto il profilo disciplinare (al riguardo basta ricordare l'esempio di scuola, relativo alle ingiurie ed alle diffamazioni ad un superiore).
Deve naturalmente restare fermo il solo limite dell'immutabilità dell'accertamento dei fatti nella loro materialità operato in sede penale cosicché, se è inibito ricostruire l'episodio posto a fondamento dell'incolpazione in modo diverso da quello storicamente risultante dalla sentenza penale passata in giudicato, sussiste tuttavia piena libertà per la P.A. di valutare i medesimi accadimenti nell'ottica dell'illecito disciplinare.
In definitiva, argomentando ex art. 97 t.u. n. 3 del 1957 ed ex art. 7 d.lg. n. 449/1992, ove dalla sentenza di assoluzione discenda che il fatto non costituisce reato, deve ritenersi l'Amministrazione conserva il suo potere di autonoma valutazione dell'illecito nell'ambito del procedimento disciplinare, in quanto l'illiceità penale e quella disciplinare orbitano su piani assolutamente differenti (cfr. Consiglio Stato, sez. IV, 07 luglio 2009, n. 4359).
Di qui la piena ammissibilità, sotto tale profilo, del procedimento disciplinare in questione.
- 6.Par. Con il sesto capo di doglianza si lamenta in generale l'erroneità del rigetto del nono, decimo ed undicesimo motivo di ricorso con cui l'appellante aveva lamentato la violazione dell'art. 6, comma 2, dell'art. 11, comma 1 e 2, e dell'art. 1, comma 2, del d.lgs n. 449/92 per la mancata valutazione delle giustificazioni dell'interessato, e per la violazione del principio di graduazione delle sanzioni.
- 6.1. L'appellante afferma che i provvedimenti disciplinari devono comunque essere informati al principio di legalità per cui la motivazione della sua destinazione avrebbe dovuto essere proporzionata: -) alla non gravità dei fatti; -) alla sussistenza di tutte le circostanze attenuanti; -) alla qualità del suo pregresso servizio; -) alle sue qualità morali e di carattere, ai sensi dell'art. 11, comma 1 del d.lgs n. 449/92; -) ed infine all'assenza di precedenti disciplinari.
L'assunto non ha pregio.
Nel caso, sia il provvedimento definitivo che i presupposti atti istruttori, appaiono infatti del tutto logicamente e coerentemente affidati ad un ampia e completa valutazione di tutti i comportamenti del dipendente, i quali ben potevano rilevare negativamente sotto il profilo disciplinare, ancorchè fossero stati ritenuti non punibili sul piano della legge penale.
Infatti, a prescindere dalla circostanza che, nello stato di servizio sono trascritti anche altri precedenti disciplinari più volte riportati nel foglio matricolare, nel caso in esame si condivide il richiamo ai principi generali in materia quali per cui:
- la valutazione dei fatti e della loro gravità(così come la misura delle relative sanzioni) rientrano in una valutazione di merito ampiamente discrezionale che è sindacabile sul piano della legittimità unicamente nell'ipotesi di macroscopici vizi logici, travisamenti dei fatti;
- la punibilità di un comportamento disciplinarmente rilevante è finalizzata alla migliore tutela dell'interesse pubblico alla legalità, all'imparzialità e al buon andamento degli uffici pubblici, secondo i principi sanciti dall'art. 97 Cost..
In conseguenza, in relazione alla natura e rilevanza, sul piano funzionale e relazionale dei comportamenti del ricorrente, il provvedimento di destituzione appare del tutto logico e coerente con le sue premesse e con le ricordate finalità generali di tutela degli interessi pubblici in materia di stabilimenti di pena.
- 6.2. Per l'appellante, in contrasto con le conclusioni della Corte di Appello, il Tar Lecce avrebbe ritenuto che vi sarebbero state ulteriori frequentazioni con malavitosi e quindi avrebbe sostenuto la sufficienza e congruità della motivazione e della sanzione. L'assoluzione avrebbe invece reso leciti tutti i comportamenti anche sotto il profilo disciplinare. In ogni caso il viaggio in Calabria sarebbe stato un isolato ed occasionale atto di cortesia verso un amico malato di tumore. In conseguenza la frequentazione di luoghi, persone e compagnie sconvenienti non avrebbero giustificato la destituzione, ma al limite la deplorazione o a tutto voler concedere la sospensione dal servizio ai sensi degli artt. 4, 3 e5 del d.lgs. n.. 449/1992. Erroneamente il Tar avrebbe ritenuto che in assenza di fatti penalmente rilevanti, si sarebbe verificata una situazione di incompatibilità con la
prosecuzione del rapporto lavorativo.
La censura non convince.
Fermo restando quanto si diceva sub n. 5 che precede (circa il fatto che il giudizio disciplinare non è vincolato alle valutazioni contenute nella sentenza penale, la quale concerne finalità del tutto distinte rispetto a quelle del giudizio disciplinare) deve rilevarsi che sotto i profili della logica e della razionalità il provvedimento impugnato in primo grado è esente da un qualunque sintomatico vizio di illogicità o di irragionevolezza.
In tale direzione, la stessa sentenza della Cassazione sul caso, favorevole al ricorrente sotto il solo profilo probatorio, per il resto ha sostanzialmente confermato la complessiva vicenda (respingendo gli appelli degli altri soggetti condannati dalla Corte d'appello di Lecce e, per un imputato, dichiarandolo inammissibile).
Anche a tal proposito ha dunque ragione il primo Giudice quando conclude che, esattamente erano stati valutati i comportamenti e gli episodi che, nelle stesse sentenze penali di legittimità e di merito, -- se non decisivi sul piano della prova della stabile partecipazione dell'interessato al sodalizio criminale -- risultavano comunque incontestabilmente accertati nella loro storica materialità tra cui in particolare:
- la presenza dell'appellante ad una cena tenutasi in data 8.02.2000 insieme a personaggi pregiudicati al fine di comprare stupefacenti dalle cosche calabresi;
- l'ordine telefonico documentato dalle intercettazioni telefoniche, di un soggetto (poi definitivamente condannato) al ricorrente di "portare i piccioli";
- la partecipazione dell'appellante, il 12.02.2000, ad un viaggio in Calabria con la sua auto assieme ad un pregiudicato, per l'acquisto (peraltro poi non riuscito) di un quantitativo di droga;
- la detenzione durante il viaggio dei Lire 20 milioni da parte dell'appellante il quale, all'atto del controllo delle Forze dell'Ordine, al ritorno a Lecce dalla Calabria "cercava inutilmente di disfarsi" dei soldi (pag. 6 sentenza definitiva d'appello n. 630/2008).
In conclusione sul punto si tratta di comportamenti che, sotto il profilo disciplinare appaiono connotati dal requisito della notevole gravità, ed appaiono sintomatici indizi della mancanza di quel senso dell'onore e di quel senso morale che sono qualità professionali indispensabili per un agente della Polizia Penitenziaria.
Del tutto legittimamente si è dunque ritenuto che apparire essi fossero ostativi alla prosecuzione del rapporto di servizio in quanto manifestamente incompatibili con i fini istituzionali perseguiti dall'Amministrazione penitenziaria.
- 7.Par.. Infine, deve essere respinto l'ultimo capo dell'appello, con cui si lamenta che il TAR avrebbe omesso ogni motivazione circa la censura per cui l'amministrazione non avrebbe speso alcuna specifica motivazione sulle sue giustificazioni, che sarebbero state del tutto ignorate.
Il motivo è infondato sotto un duplice ordine di considerazioni.
In primo luogo deve rilevarsi l'assoluta genericità della doglianza così come dedotta sia in primo grado che in questa sede. La censura si limita al piano formalistico non specifica esattamente quali profili e quali elementi di tali giustificazioni sarebbero stati ignorati ed in conseguenza in che misura la mancata osservazione avrebbe concretamente influito sul provvedimento finale.
In secondo luogo si rileva come, nella Relazione conclusiva del Funzionario Istruttore fatta sostanzialmente propria sia dal Consiglio Centrale di Disciplina che dal provvedimento impugnato, si sottolinea puntualmente e si confutano le sue giustificazioni, respingendole perché tutte ancorate al solo aspetto penale.
La doglianza è comunque sostanzialmente inconferente in quanto le giustificazione ripetevano comunque i rilievi già esaminati in precedenza dal TAR e, peraltro più volte riproposti anche in questa sede.
- 8.Par. Infine come ulteriori motivi della sentenza gravata, l'appellante ripropone integralmente tutti i motivi di primo grado, che in conseguenza delle considerazioni che precedono, devono essere respinti concernendo gli identici profili sostanziali.
- 9.Par. Sulla base delle sovraesposte considerazioni, l'appello è infondato e deve essere respinto con tutte le connesse domande restitutorie di status e risarcitorie.
Le spese di giudizio ai sensi dell'art. 26 del c.p.a. secondo le regole generali seguono la soccombenza e sono liquidate come da dispositivoP.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quarta) definitivamente pronunciando:
- 1.respinge l'appello, come in epigrafe proposto e tutte le connesse comande;
- 2. Condanna il ricorrente al pagamento delle spese di entrambe le fasi del giudizio che vengono liquidate in Euro 5.000,00.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Certificati onlinesettore privato, a regime il 13 settembre
SANITA': CERTIFICATI ONLINE SETTORE PRIVATO, A REGIME IL 13 SETTEMBRE
=
SECONDA RIUNIONE COMITATO MONITORAGGIO
Roma, 16 giu. - (Adnkronos/Adnkronos Salute) - "L'entrata a
regime delle nuove disposizioni contenute nella circolare ministeriale
sull'applicazione al settore privato delle regole di invio telematico
dei certificati di malattia gia' previste per i dipendenti pubblici,
e' prevista per il prossimo 13 settembre, ovvero a tre mesi dalla data
di pubblicazione di quest'ultima sulla Gazzetta Ufficiale". E' quanto
riporta una nota del ministero per la Pubblica amministrazione e
l'innovazione.
"Il Comitato tecnico di monitoraggio previsto dalla Circolare n.
4 firmata lo scorso 18 marzo dai ministri la Pubblica amministrazione
e l'innovazione Renato Brunetta e del Lavoro Maurizio Sacconi -
prosegue la nota - ha tenuto questo pomeriggio a palazzo Vidoni la sua
seconda riunione. Vi hanno preso parte rappresentanti del dipartimento
per la Digitalizzazione della Pubblica amministrazione e
l'Innovazione, del ministero del Lavoro e delle Politiche sociali,
dell'Inps e delle confederazioni dei datori di lavoro e dei medici di
medicina generale piu' rappresentative a livello nazionale. Nel corso
della riunione, alla quale sono stati invitati anche le organizzazioni
sindacali, il ministero ha precisato che l'entrata a regime delle
nuove disposizioni contenute nella Circolare e' prevista per il
prossimo 13 settembre, ovvero a tre mesi dalla data di pubblicazione
di quest'ultima sulla Gazzetta Ufficiale".
"Sono nel frattempo proseguite le attivita' di verifica del
funzionamento del sistema e dei servizi messi a disposizione delle
imprese per la verifica e ricezione online delle attestazioni di
malattia dei dipendenti. E' stato infine annunciato che, al fine di
risolvere eventuali problemi (anche temporanei) di connessione a
Internet, l'Inps rendera' a breve disponibile anche un nuovo servizio
di call center telefonico dedicato alla verifica delle attestazioni di
malattia dei lavoratori dipendenti".
(Com-Bdc/Ct/Adnkronos)
16-GIU-11 19:15
NNNN
SECONDA RIUNIONE COMITATO MONITORAGGIO
Roma, 16 giu. - (Adnkronos/Adnkronos Salute) - "L'entrata a
regime delle nuove disposizioni contenute nella circolare ministeriale
sull'applicazione al settore privato delle regole di invio telematico
dei certificati di malattia gia' previste per i dipendenti pubblici,
e' prevista per il prossimo 13 settembre, ovvero a tre mesi dalla data
di pubblicazione di quest'ultima sulla Gazzetta Ufficiale". E' quanto
riporta una nota del ministero per la Pubblica amministrazione e
l'innovazione.
"Il Comitato tecnico di monitoraggio previsto dalla Circolare n.
4 firmata lo scorso 18 marzo dai ministri la Pubblica amministrazione
e l'innovazione Renato Brunetta e del Lavoro Maurizio Sacconi -
prosegue la nota - ha tenuto questo pomeriggio a palazzo Vidoni la sua
seconda riunione. Vi hanno preso parte rappresentanti del dipartimento
per la Digitalizzazione della Pubblica amministrazione e
l'Innovazione, del ministero del Lavoro e delle Politiche sociali,
dell'Inps e delle confederazioni dei datori di lavoro e dei medici di
medicina generale piu' rappresentative a livello nazionale. Nel corso
della riunione, alla quale sono stati invitati anche le organizzazioni
sindacali, il ministero ha precisato che l'entrata a regime delle
nuove disposizioni contenute nella Circolare e' prevista per il
prossimo 13 settembre, ovvero a tre mesi dalla data di pubblicazione
di quest'ultima sulla Gazzetta Ufficiale".
"Sono nel frattempo proseguite le attivita' di verifica del
funzionamento del sistema e dei servizi messi a disposizione delle
imprese per la verifica e ricezione online delle attestazioni di
malattia dei dipendenti. E' stato infine annunciato che, al fine di
risolvere eventuali problemi (anche temporanei) di connessione a
Internet, l'Inps rendera' a breve disponibile anche un nuovo servizio
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(Com-Bdc/Ct/Adnkronos)
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