SENTENZA N. 137
ANNO 2013
REPUBBLICA
ITALIANA
IN
NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA
CORTE COSTITUZIONALE
composta dai
signori:
- Franco GALLO
Presidente
- Luigi
MAZZELLA Giudice
- Gaetano SILVESTRI ”
- Sabino CASSESE ”
- Giuseppe TESAURO ”
- Paolo Maria
NAPOLITANO ”
- Giuseppe FRIGO ”
- Alessandro
CRISCUOLO ”
- Paolo GROSSI ”
- Giorgio LATTANZI ”
- Aldo CAROSI
”
- Marta CARTABIA ”
- Sergio MATTARELLA ”
- Mario Rosario
MORELLI ”
- Giancarlo CORAGGIO ”
ha pronunciato
la seguente
SENTENZA
nel giudizio di
legittimità costituzionale degli articoli 46, commi 2, 3 e 4, e 47, commi da 1 a
9, della legge della Regione Piemonte 4 maggio 2012, n. 5 (Legge finanziaria per
l’anno 2012), promosso dal Presidente del Consiglio dei ministri con ricorso
notificato il 2-5 luglio 2012, depositato in cancelleria il 10 luglio 2012 ed
iscritto al n. 104 del registro ricorsi 2012.
Visto
l’atto di costituzione della Regione
Piemonte;
udito
nell’udienza pubblica del 26 marzo 2013 il
Giudice relatore Luigi Mazzella;
uditi l’avvocato dello Stato Ettore Figliolia per il Presidente del Consiglio dei ministri e
l’avvocato Giovanna Scollo per la Regione Piemonte.
Ritenuto
in fatto
1. - Con ricorso del 27 giugno 2012, il
Presidente del Consiglio dei ministri ha sollevato questione di legittimità
costituzionale in via principale delle disposizioni di cui agli articoli 46,
commi 2, 3 e 4, e 47, commi da 1 a 9, della legge della Regione Piemonte 4
maggio 2012, n. 5 (Legge finanziaria per l’anno 2012).
1.1. - Quanto all’art. 46
delle legge regionale piemontese, secondo il Presidente del Consiglio tale
disposizione, legittimando un inquadramento riservato di personale,
presenterebbe alcuni evidenti profili di illegittimità costituzionale.
In particolare, i commi 2 e 3
di tale articolo prevedrebbero, per il reclutamento di personale a tempo
indeterminato, l’espletamento di concorsi destinati al personale già in servizio
nel ruolo della Giunta regionale alla data del 1° giugno 2012 e assunto mediante
avvisi di selezione pubblica per esami o per titoli ed esami banditi dalla
Regione Piemonte. In tal modo, le predette disposizioni si porrebbero in
contrasto con i principi di cui agli articoli 3 e 97 della Costituzione, e
segnatamente con quelli di uguaglianza, imparzialità e buon andamento nonché con
la regola del concorso pubblico per accedere alla pubblica amministrazione, che
ammette eventuali deroghe solo in presenza di peculiari e straordinarie ragioni
di interesse pubblico.
Inoltre, il successivo comma
4, stabilendo che, con deliberazione della Giunta regionale, sia definita, tra
l’altro, la percentuale di riserva di posti non inferiore al 40 per cento,
riferita al personale di cui al comma 3, si porrebbe in contrasto con i sopra
citati artt. 3 e 97 della Costituzione, nonché con la costante giurisprudenza
della medesima Corte costituzionale, che prevede che, anche nel caso in cui le
deroghe siano giustificate, la riserva di posti a favore del personale interno
non sia superiore al 50 per cento dei posti messi a concorso.
1.2. - Quanto alla norma
contenuta nell’art. 47 della legge regionale censurata, essa detterebbe, in
contrasto con la corrispondente disciplina introdotta dal legislatore statale
con gli artt. 4, 91, 120 e 141 del decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163
(Codice dei contratti pubblici relativi a lavori, servizi e forniture in
attuazione delle direttive 2004/17/CE e 2004/18/CE), una propria, autonoma
disciplina in materia di collaudo di opere pubbliche e, segnatamente, della
individuazione, selezione e nomina dei soggetti chiamati a svolgere l’attività
di collaudo, determinando una violazione della competenza legislativa statale
esclusiva in materia di ordinamento civile, di cui all’art. 117, secondo comma,
della Costituzione.
Secondo il Presidente del
Consiglio dei ministri, la materia dei «lavori pubblici», pur non essendo
elencata nell’articolo 117, secondo comma, della Costituzione tra le materie
oggetto di potestà legislativa esclusiva dello Stato, non verrebbe per ciò solo
a ricadere nella potestà legislativa residuale delle Regioni, di cui al quarto
comma del citato articolo 117, ma, a seconda dell’oggetto al quale afferisce la
disposizione censurata, andrebbe di volta in volta attribuita alla potestà
legislativa esclusiva dello Stato o a potestà legislativa concorrente.
In particolare, la materia
della disciplina dei lavori pubblici rientrerebbe nella potestà esclusiva
statale, per i profili attinenti la tutela dell’ambiente, di cui all’articolo
117, secondo comma, lettera s), della
Costituzione e per gli aspetti della disciplina dei contratti pubblici,
individuati dall’art. 4, comma 3, del decreto legislativo n. 163 del 2006.
Quest’ultimo, prosegue il
Presidente del Consiglio, attribuisce alla competenza esclusiva dello Stato la
disciplina di molteplici momenti della procedura ad evidenza pubblica, tra i
quali la qualificazione e selezione dei concorrenti, le procedure di
affidamento, esclusi i profili di organizzazione amministrativa, i criteri di
aggiudicazione, il subappalto, la stipulazione e l’esecuzione dei contratti,
compresa la direzione dell’esecuzione, la direzione dei lavori, la contabilità
ed infine il collaudo, ad eccezione dei profili di organizzazione e contabilità
amministrative ed il contenzioso.
Tali materie, essendo
riconducibili alle nozioni di «tutela della concorrenza» e di «ordinamento
civile», di competenza esclusiva dello Stato, ai sensi dell’articolo 117,
secondo comma, lettere e) ed l), della Costituzione, richiederebbero
una uniforme disciplina su tutto il territorio nazionale, dovendo, pertanto,
considerarsi vincolanti, per i legislatori regionali, le disposizioni di cui al
decreto legislativo n. 163 del 2006.
Ebbene, l’art. 47 (commi da 1
a 9) della legge regionale, prevedendo l’affidamento di collaudo di lavori
pubblici a dipendenti regionali iscritti in apposito elenco, contrasterebbe con
i predetti principi. Pertanto, il legislatore regionale, disciplinando la
materia dei collaudi in deroga alle disposizioni statali in materia, violerebbe
i principi generali in materia di ordinamento civile che l’art. 117, secondo
comma, lettera l), della Costituzione
riserva allo Stato.
2. - Si è costituita nel
giudizio la Regione Piemonte, chiedendo che la questione sia dichiarata
infondata. Invero, secondo la Regione resistente, quanto al primo motivo di
ricorso, la fattispecie oggetto della legge impugnata riguarderebbe personale
che, sebbene assunto a tempo determinato, avrebbe dovuto, per questo, superare
un concorso pubblico quale forma ordinaria di reclutamento per le pubbliche
amministrazioni, in adesione al canone dell’efficienza e al principio
costituzionale del buon andamento dell’amministrazione. A tal proposito richiama
un parere da essa appositamente richiesto al Consiglio di Stato, in veste
consultiva.
Quanto all’art. 47, la Regione
ritiene che la norma impugnata non violerebbe le competenze statali, né tanto
meno le norme in materia di codice degli appalti, non derogando ai requisiti e
alle modalità di selezione previsti dalla normativa
statale.
3. - Con memoria depositata
nei termini, il Presidente del Consiglio ha insistito per l’accoglimento del
ricorso, svolgendo ulteriori considerazioni in diritto.
Con ulteriore memoria, la
Regione Piemonte ha segnalato l’approvazione del decreto-legge 10 ottobre 2012,
n. 174 (Disposizioni urgenti in materia di finanza e funzionamento degli enti
territoriali, nonché ulteriori disposizioni in favore delle zone terremotate nel
maggio 2012), convertito dalla legge n. 213 del 2012, nel quale, al comma 1, si
dispone l’erogazione, a determinate condizioni, di una somma pari all’80 per
cento dei trasferimenti erariali a favore delle Regioni, sottoponendo tale
erogazione ad una serie di condizioni e limiti.
Considerato in diritto
1. - Il Presidente del
Consiglio dei ministri ha chiesto che sia dichiarata l’illegittimità
costituzionale delle disposizioni di cui agli articoli 46, commi 2, 3 e 4, e 47,
commi da 1 a 9, della legge della Regione Piemonte 4 maggio 2012, n. 5 (Legge
finanziaria per l’anno 2012).
1.1. - Quanto all’art. 46
delle legge regionale piemontese, tale disposizione, secondo il Presidente del
Consiglio, presenta alcuni evidenti profili di illegittimità costituzionale.
Essa, dopo aver previsto, nell’ambito di un piano occupazionale triennale,
l’espletamento di concorsi pubblici per titoli ed esami per il reclutamento di
personale a tempo indeterminato, stabilisce, al comma 4, che tale misura si
applica anche al personale precario in servizio nel ruolo della Giunta regionale
alla data del 1° giugno 2012 e «assunto» mediante avvisi di selezione pubblica
per esami o per titoli ed esami banditi dalla Regione Piemonte e dispone che,
con deliberazione della Giunta regionale, sia definita, tra l’altro, la
percentuale, non inferiore al 40 % dei posti a tempo indeterminato da coprire,
di posti da riservare in favore del predetto personale
precario.
In tal modo, la disposizione
regionale introdurrebbe una forma di assunzione riservata a personale interno,
in deroga al principio del pubblico concorso, senza prevedere né una specifica
ragione giustificatrice di tale deroga, né alcun limite massimo (ed anzi
prevedendo esplicitamente un solo limite minimo del 40%).
Al contempo, la disposizione
affiderebbe il compito di individuare in concreto la percentuale di riserva
all’organo esecutivo della Regione e, in tal modo, attribuirebbe ad esso il
potere incondizionato e discrezionale di porre virtualmente nel nulla il
principio del pubblico concorso, assumendo il personale a tempo indeterminato,
destinato a svolgere la propria attività presso la Giunta stessa, mediante la
stabilizzazione del personale precario già in servizio, all’unica condizione che
lo stesso sia stato a sua volta selezionato mediante avviso di selezione
pubblica per esami o per titoli.
1.2. - Il Presidente del
Consiglio denuncia, inoltre, l’illegittimità dell’art. 47 della legge regionale
censurata, che detta una propria autonoma disciplina in materia di collaudo di
opere pubbliche e, segnatamente, della individuazione, selezione e nomina dei
soggetti chiamati a svolgere l’attività di collaudo, per contrasto con la
corrispondente disciplina dettata dagli artt. 4, 91, 120 e 141 del decreto
legislativo 12 aprile 2006, n. 163 (Codice dei contratti pubblici relativi a
lavori, servizi e forniture in attuazione delle direttive 2004/17/CE e
2004/18/CE), e, in generale, la violazione della competenza legislativa statale
esclusiva in materia di ordinamento civile, di cui all’art. 117, secondo comma,
della Costituzione.
La norma censurata disciplina
l’attività di collaudo e, in particolare, i criteri di scelta dei soggetti preposti ad effettuare il
collaudo stesso. Essa dispone che gli incarichi di collaudo delle opere
pubbliche date in appalto siano affidati a dipendenti regionali, attingendo a un
elenco appositamente predisposto, al quale i dipendenti possono far domanda, e
fissa i criteri per la formazione di detto albo; in mancanza di dipendenti
idonei, prevede che la Regione possa affidare tale incarico, mediante procedure
ad evidenza pubblica, a soggetti esterni, eventualmente anche non iscritti ad
albi di collaudatori, indicandone le ragioni, o infine ad una apposita
commissione composta di massimo tre membri; in tali casi, stabilisce che
l’incarico di collaudo potrà essere conferito mediante il criterio dell’offerta
economicamente più vantaggiosa.
La norma affida, poi, ad un
regolamento regionale la disciplina degli aspetti organizzativi, economici e
gestionali inerenti alla tenuta degli albi dei collaudatori, definendo le
categorie di opere e lavori per i quali è possibile chiedere l’iscrizione
all’albo per l’effettuazione dei collaudi, i criteri e le modalità per le
iscrizioni negli albi, i compensi dei collaudatori e le modalità per
l’affidamento dell’incarico; stabilisce, infine, alcune incompatibilità a
svolgere il compito di collaudatore.
2. - Entrambe le questioni
sono fondate.
2.1. - Quanto alla prima,
riguardante l’art. 46, commi 2, 3 e 4, questa Corte ha in più occasioni
sottolineato che disposizioni regionali le quali inquadrino stabilmente
lavoratori precari all'interno delle amministrazioni, regionali e locali, senza
neppure predeterminare la quota massima dei posti a loro destinati, si pongono
in contrasto con gli artt. 3 e 97 Cost., sia con riferimento al principio del
pubblico concorso, sia con riguardo ai princìpi di uguaglianza e di buon
andamento della pubblica amministrazione (sentenze n. 99 del 2012 e
n. 51 del
2012).
Con tali principi contrastano
anche le disposizioni che lasciano aperta all’amministrazione regionale la
possibilità di indire concorsi interamente riservati. Esse violano, infatti, i
principi del pubblico concorso, quello di imparzialità e quello di buon
andamento della pubblica amministrazione (sentenza n. 169 del
2010).
Non ha pregio il rilievo della
Regione, secondo cui i lavoratori precari da stabilizzare, di cui si occupa la
legge piemontese censurata sono stati a suo tempo “assunti” (o, per l’esattezza,
scelti quali lavoratori a tempo determinato) mediante avviso di selezione
pubblica per titoli ed esami. La stabilizzazione senza concorso, in assenza di
comprovate, insuperabili esigenze dell’ente pubblico e, soprattutto, in mancanza
di un limite massimo predeterminato è stata più volte ritenuta illegittima da
questa Corte. Essa ha avuto modo di chiarire: «la circostanza che il personale
suscettibile di essere stabilizzato senza alcuna prova selettiva sia stato a suo
tempo assunto con contratto a tempo determinato, sulla base di un pubblico
concorso, per effetto della diversità di qualificazione richiesta delle
assunzioni a termine rispetto a quelle a tempo indeterminato, non offre adeguata
garanzia né della sussistenza della professionalità necessaria per il suo
stabile inquadramento nei ruoli degli enti pubblici regionali, né del carattere
necessariamente aperto delle procedure selettive» (sentenza n. 235 del
2010).
Anche con riferimento alla
norma regionale qui censurata va, dunque, ribadito che «il principio del
pubblico concorso ha un ampio ambito di applicazione tale da ricomprendere non
solo le ipotesi di assunzione di soggetti in precedenza estranei
all’amministrazione, ma anche casi di nuovo inquadramento di dipendenti già in
servizio e quelli di trasformazione di rapporti non di ruolo, e non instaurati
ab origine mediante concorso, in
rapporti di ruolo», per cui «deroghe a tale principio sono legittime solo in
quanto siano funzionali esse stesse al buon andamento dell’amministrazione e ove
ricorrano peculiari e straordinarie esigenze di interesse pubblico idonee a
giustificarle» (sent. n. 52 del
2011).
La deroga al principio del
pubblico concorso non trova alcuna giustificazione anche nel caso in esame e,
pertanto, la norma censurata deve essere dichiarata illegittima.
2.2. - Anche la seconda
questione, relativa all’art. 47, commi da 1 a 9, della legge piemontese
censurata, è fondata.
In materia di lavori pubblici,
questa Corte, nel confermare la legittimità costituzionale dell’art. 4, comma 3, del “codice degli appalti”, che
riserva allo Stato la competenza legislativa in materia di stipulazione ed
esecuzione dei contratti (ivi compresi direzione dell’esecuzione e direzione dei
lavori, contabilità e collaudo), ha chiarito che le norme attinenti alla fase
dell’esecuzione del contratto privatistico rientrano nella materia
dell’ordinamento civile, di competenza esclusiva del legislatore statale, ad
eccezione delle sole disposizioni di tipo meramente organizzativo o contabile
(sentenza n. 401
del 2007).
Tale principio è stato
successivamente ribadito da questa Corte anche con riguardo all’attività di
collaudo, specificamente disciplinata dalla norma regionale qui censurata, sul
presupposto che anche tale fase del procedimento ad evidenza pubblica è relativa
all’esecuzione del contratto e, pertanto, rientra nella materia dell’ordinamento
civile, di competenza esclusiva del legislatore statale (sentenza n. 431 del
2007).
La norma censurata, infatti,
ben lungi dal limitarsi a disciplinare aspetti meramente organizzativi
dell’attività di collaudo, si pone in contrasto con i princìpi ricordati,
violando l’art. 117, secondo comma, lettera l), Cost.
Non è fuor di luogo ricordare,
infatti, che attraverso la regolamentazione della scelta dei collaudatori, la
determinazione del loro compenso, la disciplina delle condizioni alle quali
poter ricorrere a collaudatori esterni e finanche a collaudatori non iscritti
nell’apposito albo, la norma piemontese definisce lo standard di professionalità dei
collaudatori, condizionando in tal modo l’accuratezza del collaudo e, dunque,
del controllo di corrispondenza dell’opera realizzata a quanto dedotto in
contratto.
PER QUESTI
MOTIVI
LA CORTE
COSTITUZIONALE
dichiara l’illegittimità costituzionale degli articoli 46,
commi 2, 3 e 4, e 47, commi da 1 a 9, della legge della Regione Piemonte 4
maggio 2012, n. 5 (Legge finanziaria per l’anno 2012).
Così deciso in Roma, nella
sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 5 giugno
2013.
F.to:
Franco GALLO,
Presidente
Luigi MAZZELLA,
Redattore
Roberto MILANA,
Cancelliere
Depositata in
Cancelleria il 13 giugno 2013.
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