N. 03236/2013REG.PROV.COLL.
N. 08104/2007 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Quinta)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 8104 del 2007, proposto da:
(Lpd) (Lpd), rappresentato e difeso dall'avvocato Tommaso Marvasi, con domicilio eletto presso Tommaso Marvasi in Roma, vialele Angelico, n. 12;
contro
Comune di (Lpd), rappresentato e difeso dagli avvocati Maria Stefania Masini e Paola Brambilla, con domicilio eletto presso Maria Stefania Masini in Roma, via Antonio Gramsci, n.24;
per la riforma
della sentenza del T.A.R. per la LOMBARDIA – MILANO - Sezione I, n. 4757 del 6 giugno 2007.
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio del comune di (Lpd);
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 14 maggio 2013 il Cons. Luigi Massimiliano Tarantino e uditi per le parti gli avvocati Pugliano, per delega dell'Avvocato Marvasi, e Masini;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO
1. Con ricorso (e due atti di motivi aggiunti) proposti dinanzi al Tribunale amministrativo regionale per la Lombardia il Sig. (Lpd) avanzava richiesta di annullamento della delibera della Giunta comunale di (Lpd) n° 453 del 20-12-2003 di modifica della dotazione organica; della delibera n° 454 in pari data recante l’avvio delle procedure per la copertura di un posto di funzionario di Polizia locale; del bando di concorso per un posto di funzionario di Polizia Locale con compiti di Comandante della Polizia municipale (determina dirigenziale n. 357 del 2 aprile 2004).
1.1. In data 8 aprile 2004 il T.A.R. per la Lombardia, respingeva l’istanza incidentale di sospensione per difetto del periculum in mora.
2. Quindi, con la sentenza gravata il primo giudice, prescindendo dall’esame delle eccezioni opposte dall’amministrazione resistente di inammissibilità del ricorso e dei motivi aggiunti in relazione ai profili di carenza di interesse e di legittimazione in considerazione della infondatezza degli stessi, respingeva tutte le doglianze esposte nel ricorso introduttivo ed in quello per motivi aggiunti, rigettando il ricorso.
In particolare, il TAR per la Lombardia evidenziava che:
a) l’art. 89 T.U. enti locali assegna alla potestà regolamentare dei comuni, nel rispetto della contrattazione collettiva, la disciplina dell’ordinamento degli uffici e dei servizi, con i soli limiti del rispetto della disciplina di bilancio e delle esigenze di esercizio delle funzioni, dei servizi e dei compiti loro attribuiti; sicché nella fattispecie non potevano essere riscontrati i vizi dedotti dal ricorrente, in quanto, esatte le premesse sopra rassegnate, l’art. 5 della L.R. Lombardia n. 4 del 2003, aveva assegnato maggiori compiti alla polizia locale, così legittimando un intervento ampliativo della pianta organica, che non si era tradotto in un demansionamento del ricorrente; allo stesso tempo, a fugare i dubbi in ordine ad un intervento limitato al solo Corpo della Polizia municipale, il primo giudice sottolineava la presenza di altri intereventi di rimodulazione della pianta organica di altri settori comunali;
b) la necessità del pubblico concorso oltre che rinvenibile nel soddisfacimento di quei principi giuridici di preferenza per l’accesso concorsuale all’impiego alle dipendenze della p.a., era adeguatamente sostenuta dall’assenza all’interno del novero dei soggetti già facenti parte del Corpo di Polizia municipale, di dipendenti muniti di diploma di laurea; requisito quest’ultimo che in modo non irragionevole veniva richiesto dall’amministrazione comunale quale titolo di legittimazione per l’accesso al concorso;
c) del pari destituita di fondamento si rivelava secondo il primo giudice l’assenza di una previsione di bilancio a copertura dell’iniziativa concorsuale, atteso che una mancanza di tal fatta non può in ogni caso tradursi in un vizio di legittimità.
3. Avverso la sentenza citata in epigrafe ha proposto appello il Sig. (Lpd), esponendo le seguenti censure:
a) gli atti impugnati risulterebbero contrastanti con il dettato dell’art. 52 d.lgs. n. 165/2001, in quanto una volta che siano assegnate ad un dipendente pubblico delle mansioni, le stesse non possono essergli sottratte, né può essere assunta a giustificazione di un simile mutamento la presunta riorganizzazione del Corpo, atteso che l’unica modifica è consistita nell’assunzione di un nuovo dipendente;
b) l’atto di macroorganizzazione si presenta come illegittimo perché viziato da difetto di motivazione, poiché l’art. 89 T.U. enti locali, non assegna all’amministrazione una discrezionalità priva di limiti; né la L.R. Lombardia n. 4/2003, impone di attribuire la qualifica di Comandante ad un dipendente inquadrato in categoria D3;
c) illegittima sarebbe la sostituzione del ricorrente, che ricopriva un incarico dirigenziale, senza una previa valutazione dei risultati dallo stesso raggiunti e, comunque, non si ravvisa motivazione in merito alla preferenza accordata dall’amministrazione comunale nel reperimento all’esterno di una tale figura invece di procedere alla valorizzazione delle figure professionali già operanti alle sue dipendenze;
d) illegittimi sarebbero i provvedimenti anche per la mancata comunicazione di avvio del procedimento di revisione della pianta organica all’odierno appellante;
e) ulteriore profilo di illegittimità si evince dalla mancata richiesta del parere al responsabile del servizio ex art. 49 T.U. enti locali;
f) illegittima sarebbe la clausola del bando che non valorizzando la professionalità acquisita non ha consentito la partecipazione dell’appellante;
g) illegittimi del pari sarebbero gli atti impugnati perché non accompagnati da adeguata copertura finanziaria;
h) illegittimi sarebbero ancora gli atti oggetto di sindacato giurisdizionale perché la copertura della posizione D3 sarebbe dovuta essere preceduta dall’approvazione dei regolamenti attuativi dell’art. 3 CCNL del 31 marzo 1999;
i) infine, il bando sarebbe illegittimo nella parte in cui richiede genericamente un qualsiasi diploma di laurea, quale titolo di legittimazione per l’accesso alla procedura concorsuale.
4. Con memoria depositata il 13 dicembre 2007, l’amministrazione comunale intimata si è costituita in giudizio.
5. In data 2 aprile 2013 l’amministrazione comunale ha depositato sentenza di non luogo a procedere del GIP presso il Tribunale di Busto Arsizio del 21 gennaio 2013, nei confronti di -- nelle loro qualità, presso il Comune di (Lpd), rispettivamente di Sindaco, Comandante del Corpo di Polizia municipale, Segretario comunale; componenti dell’ufficio procedimenti disciplinari, imputati di abuso di ufficio, tentato abuso di ufficio e di maltrattamenti ai danni dell’odierno appellante.
5.1. Con memoria depositata il 12 aprile 2013, l’amministrazione appellata ha contraddetto alle doglianze spiegate dall’appellante, rilevando che:
a) la L.R. Lombardia, n. 3/2004, agli artt. 37 e 38 ha disposto che l’accesso ai ruoli di ufficiale del Corpo di Polizia municipale avvenga esclusivamente per concorso;
b) il Comune in ragione delle nuove funzioni assegnate al Corpo dalla citata L.R. Lombardia n. 3/2004, ha deciso di modificare la dotazione organica nel rispetto del Regolamento regionale n. 3/2003, che all’art. 3 evidenzia l’articolazione degli Ufficiali di polizia locale in: Commissario aggiunto di polizia locale, Commissario di polizia locale, Commissario Capo di polizia locale, il primo, quindi, va inquadrato nella posizione di D1, mentre il secondo va inquadrato nella posizione di D3. Inoltre, il CCNL del 31 marzo 1999, consente che il dipendente inquadrato in posizione D1 acquisisca la posizione economica del D3, ma non quella giuridica come chiarito anche dalla giurisprudenza della Suprema Corte (Cass., Sez. Lav., n. 6295/2011);
b) sussiste ampia discrezionalità nella definizione della pianta organica dell’amministrazione comunale, che nella fattispecie ha provveduto alla programmazione triennale del fabbisogno del personale in omaggio alla disciplina contenuta negli artt. 39, comma 1, l. n. 449/1997; 6, comma 4-bis, d.lgs. n. 165/2001; 42 e 91, d.lgs. n. 267/2000, secondo la quale la Giunta municipale provvede, al fine di assicurare i principi di funzionalità e ottimizzazione delle risorse per il miglior funzionamento degli uffici, compatibilmente con le disponibilità finanziarie e di bilancio, a definire le nuove assunzioni; la particolare latitudine della discrezionalità esercitata dall’amministrazione comporta la sufficienza della motivazione in concreto esternata come confermato dalla giurisprudenza dalla giurisprudenza della Suprema Corte (Cass. civ., Sez. Un., n. 8363/2007; Id., n. 12895/2011) e di questo Consiglio (Cons. St., n. 968/2013);
c) nessun contrasto può ravvisarsi tra gli atti impugnati e le precedenti deliberazioni dell’amministrazione comunale;
d) la natura programmatoria della delibera della Giunta comunale di (Lpd) n° 453 del 20-12-2003 di modifica della dotazione organica esclude che sia necessario favorire la partecipazione dell’interessato attraverso l’adozione di un avviso di avvio del procedimento; e) lo schema di bilancio adottato dalla Giunta comunale con delibera n. 71/2004 e approvato dal Consiglio comunale con delibera n. 23/2004, prevede la necessaria copertura di spesa per fronteggiare la modifica della pianta organica;
f) il bando contrariamente a quanto sostenuto dall’appellante da rilievo alla professionalità maturata nelle specifiche mansioni di appartenente al Corpo della Polizia municipale, tanto che il requisito del diploma di laurea è equivalente al diploma di scuola media superiore unitamente ad un’anzianità di almeno otto anni.
6. Con memoria di replica depositata il 12 aprile 2013 l’odierno appellante, ha proposto nuovi profili di censura, evidenziando l’illegittimità dei provvedimenti impugnati, in quanto lesivi:
a) dell’autonomia del Corpo della Polizia municipale;
b) del diretto riferimento del Comandante del Corpo al Sindaco;
c) del divieto di frapposizione di una struttura intermedia tra il Sindaco ed il Comandante.
6. Con una seconda memoria di replica del 22 aprile 2013 il Sig. (Lpd), ha ribadito alcune censure già esposte, reiterando una lettura complessiva della vicenda secondo la quale tutti i provvedimenti impugnati si caratterizzerebbero per una finalità punitiva nei suoi confronti, tradita dal tenore illegittimo degli stessi ed ha ulteriormente evidenziato la presenza dei motivi esposti nella memoria del 12 aprile 2013.
DIRITTO
1. Preliminarmente il Collegio rileva che i motivi contenuti nella memoria di replica depositata il 12 aprile 2013, in parte ripresi in quella del 22 aprile 2013, contravvengono il dettato dell’art. 104 c.p.a., ampliando in modo non consentito il thema decidendi, e non possono quindi, essere esaminati perché inammissibilmente proposti.
2. In secondo luogo va rilevato che all’udienza del 14 maggio 2013, quando la causa è stata trattenuta in decisione, il Collegio ha sottoposto all’attenzione delle parti, ai sensi dell’art. 73, comma 3, c.p.a., il tema della mancata impugnazione da parte dell’odierno appellante del provvedimento di approvazione della graduatoria concorsuale e del decreto di nomina del Dott. Campagna a Comandante della Polizia municipale del Comune di (Lpd), ovvero del successivo provvedimento di scorrimento della graduatoria che ha condotto all’assunzione nella stessa qualifica del Dott. (Lpd). Da ciò deriva che rispetto alle censure proposte nei confronti dell’impugnato bando di gara l’odierno appellante difetta di interesse atteso che dal suo annullamento non discenderebbe un’automatica caducazione dei successivi atti sopra citati, dotati di autonoma lesività nei confronti della posizione giuridica azionata dall’originario ricorrente. Se, infatti, la contestazione nei confronti del bando di gara in relazione a quelle clausole che avrebbero portato inevitabilmente all’esclusione dell’originario ricorrente non onera l’interessato a proporre domanda di partecipazione alla procedura concorsuale, appare però necessario che il ricorrente continui a coltivare il proprio interesse con l’impugnazione dei successivi atti della procedura. Pertanto, difetta l’interesse all’esame della doglianza secondo la quale sarebbe illegittima la clausola del bando che non valorizzando la professionalità acquisita non ha consentito la partecipazione dell’appellante, cosi come la censura secondo la quale il bando sarebbe illegittimo nella parte in cui richiede genericamente un qualsiasi diploma di laurea, quale titolo di legittimazione per l’accesso alla procedura concorsuale. In queste ipotesi, infatti, non si contesta la scelta dell’amministrazione di utilizzare la procedura di gara per la copertura del posto di Comandante della Polizia municipale, ma le modalità prescelte dal Comune appellato per la selezione del personale. Da qui l’impossibilità di far discendere dall’annullamento del bando un effetto caducante nei confronti dei successivi atti della procedura concorsuale e l’assenza, quindi, di interesse da parte dell’appellante al giudizio sulle censure sopra illustrate. Impone di valutare come inammissibili le censure in questione anche la mancata estensione del giudizio nei confronti del vincitore del concorso. Il ricorso proposto contro la nomina dei vincitori di un concorso e della relativa graduatoria definitiva di merito comprensiva anche degli idonei, se tende al conseguimento di una migliore posizione di ruolo ovvero al travolgimento delle operazioni concorsuali, deve essere notificato a pena di inammissibilità a tutti i vincitori e ai candidati idonei (Cons. St., Sez. V, 13 giugno 2008, n. 2966; Id., 25 agosto 2008, n. 4078).
3. Resta, quindi, all’attenzione del Consiglio l’esame di quelle doglianze che si rivolgono avverso l’atto di macrorganizzazione con il quale l’amministrazione appellata ha provveduto a rivedere la pianta organica del Corpo di Polizia municipale e quelle rivolte contro il bando con le quali si contesta la possibilità stessa di avviare la procedura concorsuale. Mentre per le ragioni sopra descritte non possono essere valutate le censure contenute nell’atto di appello e riassunte nel punto 3 della parte in fatto dell’odierna motivazione dalla lett. f) alla lett. i).
3.1. L’appellante si duole della circostanza che in violazione di quanto dispone l’art. 52 d.lgs. n. 165/2001, non sarebbe possibile sottrarre le mansioni affidate ad un pubblico dipendente, né varrebbe quale giustificazione la presunta riorganizzazione del Corpo di Polizia municipale, poiché tale non potrebbe essere valutata la mera assunzione di un nuovo dipendente. La censura è priva di pregio e va disattesa. L’art. 52 d.lgs. n. 165/2001, infatti, sancisce il diritto alla adibizione alle mansioni per le quali il dipendente è stato assunto o ad altre equivalenti, e recepisce - attese le perduranti peculiarità relative alla natura pubblica del datore di lavoro, tuttora condizionato, nell'organizzazione del lavoro, da vincoli strutturali di conformazione al pubblico interesse e di compatibilità finanziaria delle risorse - un concetto di equivalenza "formale", ancorato alle previsioni della contrattazione collettiva (indipendentemente dalla professionalità acquisita) e non sindacabile dal giudice, con la conseguenza che condizione necessaria e sufficiente affinché le mansioni possano essere considerate equivalenti è la mera previsione in tal senso da parte della contrattazione collettiva, indipendentemente dalla professionalità acquisita (Cass., sez. lav., 11 maggio 2010, n. 11405). Pertanto, nel caso di ampliamento della pianta organica con creazione di una posizione dirigenziale non si registra un demansionamento nei confronti del dipendente già in servizio sino ad allora titolare della posizione apicale all’interno del Corpo di Polizia municipale, ma inquadrato in una posizione inferiore. Semplicemente, si registra un riallineamento automatico delle posizioni lavorative imposto dalla stessa l. n. 65/1986, dalla cui disciplina si evince che il Comandante del Corpo di Polizia municipale deve avere la qualifica di vigile urbano, ha la responsabilità del Corpo e ne risponde direttamente al Sindaco (Cons. St., Sez. V, 14 maggio 2013, n. 2607). Del resto appare utile rammentare come per giurisprudenza consolidata la nomina a Comandante del Corpo non deve essere necessariamente accompagnata dall’assegnazione di una qualifica dirigenziale (Cons. St., sez. V, 14 novembre 1997, n. 1303). Inoltre in questa sede non può che ribadirsi l’avviso già espresso dalla Suprema Corte in ordine ai limiti che incontra il sindacato di legittimità del giudice: “Nel regime di impiego contrattualizzato alle dipendenze delle pubbliche amministrazioni successivo al d.lgs. n. 80 del 1998, ove le mansioni attribuite ad un dipendente pubblico siano modificate come conseguenza di un atto amministrativo che incide sulle linee fondamentali e di organizzazione dell'ente, compete al giudice di merito, risolvendosi nell'accertamento della volontà della P.A., la interpretazione dell'atto amministrativo, e la relativa valutazione è incensurabile in sede di legittimità se sorretta da motivazione adeguata ed immune dalla violazione delle norme che, dettate per la interpretazione dei contratti, sono applicabili anche agli atti amministrativi” (Cass., Sez. Lav., 11 settembre 2007, n. 19025). Appare, ancora, del tutto infondato il profilo di illegittimità inerente l’assenza di una vera riorganizzazione del Corpo di Polizia municipale, non potendo la stessa ridursi nell’ampliamento di organico di una sola unità come lamentato dall’appellante. Sotto questo profilo, infatti, il varo della L.R. Lombardia, n. 3/2004, con attribuzione di nuove funzioni al Corpo di Polizia municipale ben giustifica l’esigenza di rafforzarne l’organico, mentre rientra nel merito della valutazione discrezionale dell’amministrazione comunale la decisione in ordine all’aumento di una sola unità, come quella relativa all’individuazione della qualifica professionale da inserire in pianta organica.
3.1.1. Ecco che appare del tutto fuori fuoco anche la censura in merito alla presunta illegittima della sostituzione del ricorrente, che ricopriva un incarico dirigenziale, senza una previa valutazione dei risultati dallo stesso raggiunti. Nella fattispecie, infatti, non si è registrata una sostituzione dell’appellante, ma un riallineamento a seguito di riorganizzazione della pianta organica.
3.2. Non coglie nel segno anche la censura inerente il difetto di motivazione per presunta violazione dell’art. 89 T.U. enti locali. Se è vero, infatti, che la disciplina dell'ordinamento generale degli uffici e dei servizi da parte degli enti locali non può caratterizzarsi per un esercizio arbitrario del potere regolamentare, non va dimenticato che gli atti regolamentari sono sottratti all’obbligo di motivazione ex art. 13, l. n. 241/1990 e che i limiti del rispetto dei criteri di autonomia, funzionalità ed economicità di gestione e dei principi di professionalità e responsabilità non risultano nella fattispecie violati. Allo stesso tempo non può ritenersi sussistente un divieto in capo all’amministrazione comunale in merito alla individuazione di una figura direttiva alla quale attribuire la titolarità dell’ufficio di Comandante della Polizia municipale. Infatti, dalla normativa regionale (L.R. Lombardia, n. 4/2003) e da quella statale (L. n. 65/1986) non si desume l’obbligo che il Comandante della Polizia municipale abbia qualifica dirigenziale, ma non si ravvisa un divieto in tal senso. Tant’è che in particolare l’art. 8 della L. R. stabilisce che: “Le prestazioni degli operatori di polizia locale, con riferimento ai profili professionali, sono individuate dall'ente di appartenenza nel rispetto di quanto stabilito dalla contrattazione collettiva” e l’art. 3, comma 1 lett. a), del Regolamento regionale n. 3/2003, evidenzia l’articolazione degli Ufficiali di polizia locale: ” Ai gradi «direttivo» e «dirigente» degli ufficiali di Polizia Locale viene ascritto il seguente personale: a) Ufficiali direttivi:
1) Commissario Aggiunto di polizia locale
ex Istruttori Direttivi precedentemente inquadrati alla VII q.f., e personale inquadrato in categoria D1 a seguito di procedure concorsuali.
2) Commissario di polizia locale
ex Funzionari precedentemente inquadrati alla VIII q.f., e personale inquadrato in categoria D3 a seguito di procedure concorsuali.
3) Commissario Capo di polizia locale
ex Funzionari precedentemente inquadrati alla VIII q.f., e personale inquadrato in categoria D3 a seguito di procedure concorsuali a cui sia conferita la responsabilità di unità operativa”.
3.3. Non appare viziata da illegittimità la scelta dell’amministrazione comunale di ricorrere alla procedura concorsuale per selezionare la figura da inquadrare in categoria D3 come Comandante della Polizia municipale. Ciò in quanto, nel nostro ordinamento vige il principio secondo cui, nel rapporto di lavoro alle dipendenze delle Pubbliche amministrazioni, l'accesso del personale dipendente ad un'area o fascia funzionale superiore deve avvenire per mezzo di una pubblica selezione, comunque denominata ma costituente, in definitiva, un pubblico concorso (Cons. St., Ad. Plen., 28 luglio 2012, n. 17), fatta salva l’ipotesi in cui l’amministrazione possa scorrere la graduatoria di un precedente concorso (Cons. St., Ad. Plen., 28 luglio 2011, n. 14). Inoltre, gli art. 37 e 38 della L.R. Lombardia n. 4/2003, dispongono che l’accesso ai ruoli di ufficiale del Corpo di Polizia municipale avvenga esclusivamente per concorso.
3.4. Non coglie nel segno la doglianza inerente la lesione del diritto alla partecipazione procedimentale concretatasi nel mancato avviso di avvio del procedimento, sfociato nella delibera della Giunta comunale di (Lpd) n° 453 del 20-12-2003 di modifica della dotazione organica, nei confronti dell’odierno appellante. L’atto di macroorganizzazione in questione è provvedimento che ha natura di atto generale. Pertanto, in assenza di disposizioni specifiche, si sottrae ex art. 13, l. n. 241/1990, al precetto contenuto nella stessa legge all’art. 7.
3.5. Del pari infondata è la censura imperniata sull’assenza del parere del responsabile del servizio. Invero, secondo un consolidato orientamento di questo Consiglio, da cui non si ravvisano ragioni per decampare (cfr. Cons. St., sez. IV, 26 gennaio 2012, n. 351; sez IV, 22 giugno 2006, n. 3888; n. 1567 del 2001; 23 aprile 1998, n. 670), i pareri in questione rilevano solo sul piano interno, pertanto, la loro assenza si traduce in una mera irregolarità e non ridonda in un vizio di legittimità.
4. Per tutte le considerazioni sopra esposte l’appello merita, quindi, di essere respinto.
5. Le spese del presente giudizio seguono la soccombenza e vengono liquidate come in dispositivo.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quinta), definitivamente pronunciando sull'appello, come in epigrafe proposto, (Ricorso n. 8104/2007) lo rigetta.
Condanna (Lpd) (Lpd) alla rifusione delle spese del presente grado di giudizio che liquida in euro 5.000,00 (cinquemila/00) oltre accessori a favore del Comune di (Lpd)
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 14 maggio 2013 con l'intervento dei magistrati:
Vito Poli, Presidente FF
Manfredo Atzeni, Consigliere
Paolo Giovanni Nicolo' Lotti, Consigliere
Doris Durante, Consigliere
Luigi Massimiliano Tarantino, Consigliere, Estensore
L'ESTENSORE
IL PRESIDENTE
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 11/06/2013
IL SEGRETARIO
(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)
Nessun commento:
Posta un commento