Cons. Stato Sez. IV, Sent., 04-10-2013, n. 4909
Fatto Diritto P.Q.M.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Quarta)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 7707 del 2011, proposto da:
-
contro
Presidenza del Consiglio dei Ministri, Ministero della Difesa, Ministero dell'Interno, SISMI, rappresentati e difesi per legge dall'Avvocatura Generale dello Stato, domiciliata in Roma, via dei Portoghesi, 12;
per la riforma
della sentenza del T.A.R. LAZIO - ROMA: SEZIONE I n. 02407/2011, resa tra le parti, concernente diniego avanzamento
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio di Presidenza del Consiglio dei Ministri , di Ministero della Difesa, SISMI e di Ministero dell'Interno;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 4 dicembre 2012 il Cons. Oberdan Forlenza e uditi per le parti gli avvocati Francesco Casertano in sostituzione di Antonio Palma e Giustina Noviello (avv.St.);
Svolgimento del processo
1. Con l'appello in esame, il ricorrente, proveniente dalla Polizia di Stato e presente nell'organico del SISMI con il grado di Direttore di sezione, impugna la sentenza 21 marzo 2011 n. 2407, con la quale il TAR per il Lazio, sez. I, ha rigettato il suo ricorso proposto avverso gli atti di diniego su proprie istanze tese ad ottenere un avanzamento nella qualifica.
La sentenza appellata afferma, in particolare:
- la normativa in materia di Servizi di informazione e di sicurezza (in primis, L. n. 801 del 1977), di carattere speciale, "inequivocabilmente caratterizza il rapporto alle dipendenze dei Servizi . . . quale rapporto di natura fiduciaria e di carattere precario, cui si correla un potere ampiamente discrezionale riconosciuto all'amministrazione sin dalla genesi del rapporto e per tutto il suo svolgimento, ivi comprese le fasi inerenti l'instaurazione, l'avanzamento nelle qualifiche, l'attribuzione degli incarichi e la sua cessazione, in quanto strumentale alle preminenti esigenze connesse alla delicata funzione istituzionale dei servizi";
- "l'ampia latitudine della discrezionalità attribuita ai Servizi nella gestione del personale, modulata in relazione alle esigenze organizzative ed operative ed al carattere fiduciario del rapporto con il personale dipendente, rende contezza delle ragioni per le quali nessuna aspettativa di avanzamento in carriera possono vantare i dipendenti, a differenza di quanto avviene nell'ambito del pubblico impiego, non esistendo alcun diritto alla carriera normativamente disciplinato, e ciò sia in ragione del ricordato carattere fiduciario del rapporto che della atipica organizzazione dei Servizi";
- da quanto esposto consegue che ai vertici dei Servizi è "attribuita ampia discrezionalità da ancorare ai profili di professionalità dimostrati ed alle esigenze di servizio ai fini di un più efficace e razionale utilizzo delle risorse umane" e si configurano come "altamente discrezionali anche i provvedimenti adottati in costanza di rapporto, quali le promozioni, l'assegnazione di incarichi e la destinazione alle sedi di servizio";
- inoltre, nel caso di specie, il ricorrente non è mai "risultato destinatario di proposte di avanzamento da parte dei vari Capi Struttura che si sono succeduti nel tempo".
Avverso tale decisione vengono proposti i seguenti motivi di appello (pagg. 4 - 16 ricorso):
error in iudicando; violazione e falsa applicazione L. n. 801 del 1971, D.P.C.M. n. 7 del 1980 e D.P.C.M. n. 8 del 1980; violazione e falsa applicazione artt. 1 e 3 L. n. 241 del 1990; art. 97 Cost.; violazione e falsa applicazione della Direttiva del Direttore del Servizio del 8 giugno 1992 e delle procedure e dei criteri approvati dal Presidente del Consiglio dei Ministri; ciò in quanto:
a) in base alla sentenza impugnata, verrebbe meno "qualsivoglia garanzia per il lavoratore, venendo così disapplicate le disposizioni che regolano lo status dei dipendenti pubblici e le più banali regole di partecipazione democratica all'esercizio della funzione amministrativa";
b) inoltre, lo stesso D.P.C.M. n. 8 del 1980 "prevede una sequenza procedimentale per la collocazione funzionale e la attribuzione della qualifica del personale dirigente che sottrae all'organo politico una attribuzione di scelta esclusiva", condizionando l'esercizio del potere alla designazione proveniente dall'organo tecnico e precisamente dal Direttore del Servizio competente;
c) quest'ultimo "non ha nella designazione un potere assoluto e arbitrario, ma un potere discrezionale, che deve essere esercitato alla stregua dei principi generali dell'azione amministrativa, il che impone l'effettiva valutazione di tutti i soggetti aspiranti e comunque una seria valutazione dell'aspirante che abbia fatto richiesta di attribuzione di incarico e qualifica superiore";
d) non è stata rispettato l'iter procedimentale previsto dalla Direttiva del Direttore del Servizio del 8 giugno 1992, in relazione alla sequenza procedimentale, alla acquisizione delle considerazioni del capo struttura, quanto alla valutazione degli elementi rilevanti e conferenti, risultando "elusi proprio i principi e le regole costituzionali, risultando trasformata una potestà discrezionale in puro arbitrio"; in definitiva, oltre alle disposizioni della direttiva citata, risultano violati "anche il limite esterno e il limite interno della discrezionalità tecnica";
e) inoltre, "la mancanza della proposta non è indice della incandidabilità", né in passato è stata richiesta la proposta del capo struttura;
f) nel caso di specie, risultano violati i principi e i criteri di azione della P.A., stabiliti dall'art. 97 Cost..
Si sono costituiti in giudizio la Presidenza del Consiglio dei Ministri, i Ministeri della Difesa e dell'Interno, nonché il SISMI.
All'udienza di trattazione, la causa è stata riservata in decisione.
Motivi della decisione
2. L'appello è infondato e deve essere, pertanto, respinto, con conseguente conferma della sentenza impugnata.
In materia di ordinamento dei Servizi di Informazione e di Sicurezza (e di rapporto di lavoro con i medesimi) questo Consiglio di Stato ha già avuto condivisibilmente modo di osservare (Cons. Stato, sez. IV, 10 luglio 2013 n. 3684, medio tempore pubblicata):
"il caso di specie (ordinamento del personale degli organismi di informazione per la sicurezza della Repubblica) rappresenta il massimo di specialità nell'ambito del rapporto di pubblico impiego, come è non solo intuitivamente desumibile dalla stessa evidenza del settore di riferimento, ma anche e soprattutto dal regime di eccezionalità e di "deroghe" alla disciplina generale (anche penale). . .
Né la presenza di "deroghe", rispetto alla disciplina generale del pubblico impiego, può essere di per sé ritenuta costituire una violazione dei principi costituzionali di eguaglianza e di imparzialità e buon andamento (artt. 3 e 97 Cost.).
Come questo Consiglio di Stato ha già avuto modo di affermare (Cons. Stato, sez. IV, 29 settembre 2011 n. 5411), "la non riconducibilità del rapporto di lavoro alle dipendenze della Pubblica amministrazione (latamente intesa) ad un modello unico (di modo che possono aversi valutazioni differenti di un medesimo episodio in ragione di impieghi diversi), è già desumibile dalla stessa Costituzione, laddove, all'art. 98, comma terzo, prevede che, per determinaste categorie di pubblici dipendenti . . . possano essere disposte limitazioni finanche all'esercizio dei diritti politici (nella specie, iscrizioni ai partiti), purchè con legge ed in evidente considerazione della specificità e delicatezza delle loro funzioni".
Ne consegue che "l'esercizio della discrezionalità da parte dell'amministrazione (ed il conseguente sindacato giurisdizionale del giudice, nei limiti in cui questo è consentito) deve tenere senz'altro conto della particolarità e delicatezza delle funzioni" che il candidato (ove risultante vincitore del concorso), nel caso considerato dalla sentenza citata, o il dipendente dovrà o deve svolgere".
Da quanto esposto, consegue che "la natura eccezionale delle funzioni svolte dagli appartenenti agli organismi di informazione, il fatto che le stesse afferiscono alla indipendenza e sicurezza della stessa Repubblica, alla tutela dei suoi principi democratici, al conseguente mantenimento delle garanzie costituzionali per i cittadini, non può che costituire, per un verso, fondamento di una lata discrezionalità nelle previsioni di organizzazione dei servizi, anche con riferimento allo status giuridico ed economico dei soggetti ad essi appartenenti; per altro verso, costituisce parametro interpretativo delle disposizioni concretamente adottate, potendosi le stesse ritenere illegittime nella misura in cui risultino violative di fondamentali diritti dell'uomo e di garanzie costituzionali inalienabili, ovvero appaiono di totale irragionevolezza".
3. Nel caso di specie, la sentenza impugnata ha fondato la reiezione del ricorso instaurativo del giudizio di I grado sostenendo, in sostanza:
- per un verso, che il rapporto alle dipendenze dei Servizi è "rapporto di natura fiduciaria e di carattere precario, cui si correla un potere ampiamente discrezionale riconosciuto all'amministrazione sin dalla genesi del rapporto e per tutto il suo svolgimento, ivi comprese le fasi inerenti l'instaurazione, l'avanzamento nelle qualifiche, l'attribuzione degli incarichi e la sua cessazione, in quanto strumentale alle preminenti esigenze connesse alla delicata funzione istituzionale dei servizi";
- per altro verso, che ai vertici dei Servizi è "attribuita ampia discrezionalità da ancorare ai profili di professionalità dimostrati ed alle esigenze di servizio ai fini di un più efficace e razionale utilizzo delle risorse umane" e si configurano come "altamente discrezionali anche i provvedimenti adottati in costanza di rapporto, quali le promozioni, l'assegnazione di incarichi e la destinazione alle sedi di servizio".
Tali considerazioni del giudice di I grado trovano riscontro nella configurazione del rapporto di lavoro alle dipendenze dei Servizi, che questo Consiglio di Stato ha già reso con la giurisprudenza citata e che qui si intende ribadita.
Occorre ancora aggiungere:
- per un verso, che la presentazione di una domanda volta al conseguimento di una superiore qualifica non ingenera ex se un obbligo in capo alla Amministrazione dei Servizi di considerare la medesima, né di fornire particolare motivazione in ordine alle ragioni della sua mancata considerazione o reiezione; di modo che risulta infondata la doglianza di pretermissione della valutazione degli aspiranti (pag. 13 app.);
- per altro verso, che eventuali regole procedimentali indicano scansioni dell'esercizio di un potere discrezionale amplissimo (non equiparabile a quello pur esercitato nell'ambito di altre categorie di personale pubblico con rapporto "fiduciario"), ma non già regole cogenti la cui mancata osservanza comporta la sussistenza del vizio di violazione di legge. E ciò è sorretto anche dalla considerazione - condivisa dallo stesso appellante - che nell'ambito dei Servizi non sussiste un "obbligo di bandire una selezione" (pag. 14 app.).
Per tutte le ragioni sin qui esposte, l'appello deve essere rigettato, con conseguente conferma della sentenza impugnata.
Stante la natura delle questioni trattate, sussistono giusti motivi per compensare tra le parti spese, diritti ed onorari di giudizio.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quarta)
definitivamente pronunciando sull'appello n. 7707/2011 r.g., lo rigetta e, per l'effetto, conferma la sentenza impugnata.
Compensa tra le parti spese, diritti ed onorari di giudizio.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 4 dicembre 2012 con l'intervento dei magistrati:
Gaetano Trotta, Presidente
Raffaele Greco, Consigliere
Fabio Taormina, Consigliere
Umberto Realfonzo, Consigliere
Oberdan Forlenza, Consigliere, Estensore
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