Polizia Penitenziaria. L’inaspettato attacco del Ministro
Dire che è stato fuori luogo sarebbe riduttivo. Un ministro della giustizia che, parlando di lotta al terrorismo, dichiara all’intera nazione che “la Polizia Penitenziaria non è del tutto in grado di capire i fenomeni le che si determinano nelle comunità straniere. Ci vogliono più specializzazioni. Siamo di fronte a un fenomeno nuovo”, non ha solo usato parole fuori luogo.
È stato un irriconoscente del lavoro che gli agenti dal basco blu quotidianamente svolgono. E svolgono con dignità e devozione nonostante tutto.
Il ministro ha pensato bene di dichiararlo davanti alle telecamere della trasmissione della tv nazionale “Porta a Porta” e anche alle pagine di un quotidiano nazionale, dove in entrambi i casi il tema era il terrorismo islamico e i recenti attacchi in Europa.
Polizia penitenziaria. La risposta senza riserve
Sarebbe in realtà bastato che il ministro aggiungesse a questa dichiarazione che la colpa di questa incapacità, se di colpa e di incapacità si deve proprio parlare, non può certo essere degli uomini del corpo di polizia penitenziaria.
Piuttosto andrebbe imputata alla parte dirigenziale del corpo che non solo non comprende, ma non provvede alla formazione degli agenti in maniera mirata. Ad esempio con veri e propri corsi di lingua e cultura araba che posano definirsi tali.
Nelle parole dei sindacati di categoria “la colpa, caro Ministro è di chi organizza dei corsi all’acqua di rose sul radicalismo islamico, improntati al massimo risparmio di risorse economiche, per la Polizia Penitenziaria; la colpa è della formazione che non adegua le materie di insegnamento alle mutate esigenze della società”.
Ma questa non è l’unica precisazione che le associazioni sindacali di categoria ci tengono a fare.
Feriti su un nervo scoperto, colpiti al fianco in modo scorretto e da un nemico che tale non dovrebbe essere hanno concertato una risposta, ricordando a tutta la nazione come non solo siano “in grado di comprendere i fenomeni che si determinano all’interno delle comunità straniere” ma come, al di fuori delle ore di servizio e di quanto previsto dal loro contratto e dalla loro professione, abbiano prodotto “relazioni di servizio che in quest’ultimo periodo hanno ricevuto il plauso di platee qualificati di altre forze dell’ordine, offrendo spunti di indagine e smascherando jahdisti in erba o simpatizzanti dello stato islamico”.
Fonte: polpen / poliziapenitenziaria
fonte: dipendentestatali.it
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