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mercoledì 13 giugno 2018

N. 118 SENTENZA 8 maggio - 7 giugno 2018 Giudizio di legittimita' costituzionale in via principale. Demanio marittimo - Concessioni ad uso turistico-ricreativo - Competenze amministrative dei Comuni - Necessita' che il rilascio di nuove concessioni avvenga senza pregiudizio del legittimo affidamento degli imprenditori balneari titolari di concessioni rilasciate anteriormente al 31 dicembre 2009. - Legge della Regione Abruzzo 27 aprile 2017, n. 30 (Tutela del legittimo affidamento dei concessionari balneari), art. 3, comma 3. - (GU n.24 del 13-6-2018 )



N. 118 SENTENZA 8 maggio - 7 giugno 2018

Giudizio di legittimita' costituzionale in via principale.

Demanio  marittimo  -  Concessioni  ad  uso  turistico-ricreativo   -
  Competenze amministrative dei Comuni - Necessita' che  il  rilascio
  di  nuove  concessioni  avvenga  senza  pregiudizio  del  legittimo
  affidamento degli imprenditori  balneari  titolari  di  concessioni
  rilasciate anteriormente al 31 dicembre 2009.
- Legge della Regione Abruzzo 27  aprile  2017,  n.  30  (Tutela  del
  legittimo affidamento dei concessionari balneari), art. 3, comma 3.

(GU n.24 del 13-6-2018 )
 

                       LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori:
Presidente:Giorgio LATTANZI;
Giudici  :Aldo  CAROSI,  Marta  CARTABIA,  Mario   Rosario   MORELLI,
  Giancarlo CORAGGIO,  Giuliano  AMATO,  Silvana  SCIARRA,  Daria  de
  PRETIS,   Franco   MODUGNO,   Augusto   Antonio   BARBERA,   Giulio
  PROSPERETTI, Giovanni AMOROSO, Francesco VIGANO',
     
    ha pronunciato la seguente

                              SENTENZA

    nel giudizio di legittimita' costituzionale dell'art. 3, comma 3,
della legge della Regione Abruzzo 27 aprile 2017, n. 30  (Tutela  del
legittimo  affidamento  dei  concessionari  balneari),  promosso  con
ricorso del Presidente del Consiglio dei ministri, notificato il  4-5
luglio 2017, depositato in cancelleria il 7 luglio 2017, iscritto  al
n. 47 del registro ricorsi 2017 e pubblicato nella Gazzetta Ufficiale
della Repubblica n. 31, prima serie speciale, dell'anno 2017.
    Udito  nell'udienza  pubblica  dell'8  maggio  2018  il   Giudice
relatore Francesco Vigano';
    udito l'avvocato dello Stato Sergio Fiorentino per il  Presidente
del Consiglio dei ministri.

                          Ritenuto in fatto

    1.- Con ricorso notificato il 4-5 luglio 2017 e depositato  il  7
luglio 2017 (reg. ric. n. 47 del 2017), il Presidente  del  Consiglio
dei ministri, rappresentato e difeso dall'Avvocatura  generale  dello
Stato, ha impugnato l'art. 3, comma  3,  della  legge  della  Regione
Abruzzo 27 aprile 2017, n. 30 (Tutela del legittimo  affidamento  dei
concessionari balneari), ritenendolo in  contrasto  con  l'art.  117,
secondo comma, lettere e) e l), della Costituzione.
    2.-  Il  ricorrente  illustra,  innanzitutto,  l'oggetto   e   le
finalita' della predetta legge regionale, che all'art.  1  garantisce
l'esercizio omogeneo delle funzioni amministrative in materia di  uso
del demanio marittimo-ricreativo da parte  dei  Comuni  costieri;  il
rilascio di nuove concessioni demaniali marittime su aree disponibili
con finalita' turistico-ricreative in base a procedure  di  selezione
secondo criteri obiettivi  di  imparzialita',  di  trasparenza  e  di
pubblicita',  nonche'  nel  rispetto  dei  principi  di  concorrenza,
liberta' di stabilimento, di garanzia dell'esercizio, dello sviluppo,
della valorizzazione delle  attivita'  imprenditoriali  e  di  tutela
degli investimenti, cosi' come previsto dall'art. 1,  comma  18,  del
decreto-legge 30 dicembre 2009, n. 194 (Proroga di  termini  previsti
da disposizioni legislative), convertito,  con  modificazioni,  nella
legge 26 febbraio 2010, n. 25;  adeguate  e  omogenee  condizioni  di
sviluppo per le micro, piccole e medie  imprese  turistico-ricreative
operanti in ambito demaniale marittimo;  la  tutela  dell'affidamento
dei  titolari  di  concessioni  demaniali  marittime  con   finalita'
turistico-ricreative nei limiti precisati dal diritto eurounitario.
    Il ricorrente appunta le sue censure sul successivo art. 3  della
medesima legge regionale, rubricato «[f]unzioni della Regione  e  dei
Comuni», il  cui  comma  3  stabilisce  che  «[n]ell'esercizio  delle
proprie funzioni i Comuni  garantiscono  che  il  rilascio  di  nuove
concessioni avvenga senza pregiudizio del legittimo affidamento degli
imprenditori   balneari   titolari    di    concessioni    rilasciate
anteriormente al 31 dicembre 2009».
    Ad  avviso  del  Presidente  del  Consiglio  dei   ministri,   la
disposizione impugnata comporterebbe una  «evidente  invasione  della
sfera di competenza esclusiva  riservata  alla  legge  statale  nelle
materie della tutela della concorrenza  e  dell'ordinamento  civile»,
con cio' violando l'art. 117, secondo comma, lettere e) e l), Cost.
    3.- A sostegno  delle  censure  prospettate,  il  Presidente  del
Consiglio dei  ministri  ripercorre  i  passaggi  che  hanno  segnato
l'evoluzione dell'ordinamento nazionale nell'ottica  dell'adeguamento
di quest'ultimo ai vincoli posti  dal  diritto  dell'Unione  europea,
come  interpretati  dalla  Commissione  europea  e  dalla  Corte   di
giustizia dell'Unione europea, con specifico  riferimento  al  quadro
normativo nazionale  nella  materia  delle  concessioni  del  demanio
marittimo a uso turistico-ricreativo.
    Il  ricorrente  rammenta   che,   a   seguito   della   procedura
d'infrazione n.  2008/4908  avviata  dalla  Commissione  europea  nei
confronti dell'Italia il 29 gennaio 2009, il legislatore  statale  ha
abrogato  sia  la  disposizione  del  codice  della  navigazione  che
accordava una preferenza ai concessionari uscenti per il rinnovo  del
titolo (cosiddetto diritto di insistenza:  art.  37,  comma  2,  cod.
nav., abrogato ad opera dell'art. 1, comma 18, del d.l.  n.  194  del
2009), sia l'inciso contenuto nell'art. 1, comma 18, del d.l. n.  194
del 2009 che richiamava il meccanismo del  rinnovo  automatico  delle
concessioni (art. 1, comma 2, del decreto-legge 5  ottobre  1993,  n.
400, recante «Disposizioni per la determinazione dei canoni  relativi
a concessioni demaniali marittime»,  convertito,  con  modificazioni,
nella legge 4 dicembre 1993, n. 494, il cui richiamo e' stato espunto
dalla legge 15 dicembre  2011,  n.  217,  recante  «Disposizioni  per
l'adempimento di  obblighi  derivanti  dall'appartenenza  dell'Italia
alle Comunita' europee - Legge comunitaria 2010»). La medesima  legge
comunitaria 2010 ha conferito, all'art. 11, una delega legislativa al
Governo per la revisione e il riordino della normativa relativa  alle
concessioni demaniali marittime, il cui termine e'  tuttavia  spirato
senza che la delega fosse esercitata.
    Ricorda  altresi'  il  ricorrente  che  all'archiviazione   della
procedura d'infrazione (avvenuta con decisione della Commissione  del
27 febbraio 2012) ha fatto seguito la proroga  al  31  dicembre  2020
delle concessioni demaniali marittime a uso  turistico-ricreativo  in
essere (art. 34-duodecies del decreto-legge 18 ottobre 2012, n.  179,
recante  «Ulteriori  misure  urgenti  per  la  crescita  del  Paese»,
inserito in sede di conversione dalla  legge  17  dicembre  2012,  n.
221).
    Tale proroga ope legis e' stata successivamente fatta oggetto  di
due  rinvii   pregiudiziali   disposti   da   altrettanti   Tribunali
amministrativi regionali (il TAR  della  Lombardia  e  il  TAR  della
Sardegna) alla Corte di  giustizia  dell'Unione  europea,  la  quale,
chiamata a pronunciarsi sulla portata dell'art.  12  della  direttiva
2006/123/CE del Parlamento europeo e del Consiglio  del  12  dicembre
2006, relativa ai servizi nel mercato interno (direttiva servizi), ha
affermato in primo luogo che le concessioni  demaniali  in  questione
rientrano in linea di  principio  nel  campo  di  applicazione  della
direttiva, restando rimessa al giudice nazionale la valutazione circa
la natura "scarsa"  o  meno  della  risorsa  naturale  attribuita  in
concessione, con conseguente illegittimita' di un regime  di  proroga
ex lege delle concessioni aventi ad oggetto risorse naturali  scarse,
regime ritenuto equivalente al rinnovo automatico  delle  concessioni
in essere, espressamente vietato dall'art.  12  della  direttiva.  In
secondo luogo, la  Corte  di  giustizia  ha  affermato  che,  per  le
concessioni alle quali la direttiva non  puo'  trovare  applicazione,
l'art. 49 del Trattato sul funzionamento dell'Unione  europea  (TFUE)
osta a una normativa nazionale,  come  quella  italiana  oggetto  dei
rinvii pregiudiziali,  che  consente  una  proroga  automatica  delle
concessioni   demaniali   pubbliche   in   essere    per    attivita'
turisticoricreative, nei limiti in cui tali concessioni presentino un
interesse transfrontaliero certo (sentenza 14 luglio 2016,  in  cause
riunite C-458/14, Promoimpresa srl, e C-67/15, Mario Melis e altri).
    Rammenta poi il ricorrente che, successivamente al deposito della
sentenza della Corte di giustizia, il comma  3-septies  dell'art.  24
del  decreto-legge  24  giugno  2016,   n.   113,   convertito,   con
modificazioni, nella legge 7 agosto 2016, n. 160,  ha  stabilito  che
«[n]elle more  della  revisione  e  del  riordino  della  materia  in
conformita'  ai  principi  di  derivazione  europea,  per   garantire
certezza alle situazioni giuridiche in atto e assicurare  l'interesse
pubblico  all'ordinata  gestione  del  demanio  senza  soluzione   di
continuita',  conservano  validita'  i  rapporti  gia'  instaurati  e
pendenti in base all'articolo  1,  comma  18,  del  decreto-legge  30
dicembre 2009, n. 194, convertito, con modificazioni, dalla legge  26
febbraio 2010, n. 25».
    4.- Dal quadro normativo del  diritto  nazionale  e  del  diritto
dell'Unione europea cosi' tratteggiato, il Presidente  del  Consiglio
dei ministri deduce che il titolare di una concessione  di  interesse
transfrontaliero  certo,  assentita  prima   della   scadenza   della
direttiva servizi (28 dicembre 2009), non ha oggi  alcun  titolo  per
confidare legittimamente sui vantaggi  che  allora  gli  erano  stati
conferiti dall'amministrazione concedente, nella misura in  cui  essi
contrastino con il  principio  di  non  discriminazione  fondato  sui
Trattati europei.  La  questione  relativa  alla  sussistenza  di  un
affidamento  legittimamente   tutelabile   ai   sensi   del   diritto
dell'Unione andrebbe, pertanto, valutata caso per  caso,  laddove  la
disposizione regionale impugnata non  opera  invece,  ad  avviso  del
ricorrente, alcuna distinzione  tra  situazioni  che  manifestino  un
interesse transfrontaliero certo, e quelle che un tale interesse  non
manifestino.
    La disposizione di cui all'art.  1,  comma  4  [recte:  comma  1,
lettera d)], della legge reg. Abruzzo n. 30  del  2017  intenderebbe,
invero, sottrarsi a questa censura,  dichiarando  di  voler  tutelare
l'affidamento  dei  concessionari  nei  soli  «limiti  precisati  dal
diritto eurounitario». Ad avviso del  Presidente  del  Consiglio  dei
ministri, tuttavia, residuerebbe  comunque  una  «evidente  invasione
della sfera di competenza  esclusiva  riservata  alla  legge  statale
nelle materie  della  tutela  della  concorrenza  e  dell'ordinamento
civile», dal momento  che  «anche  la  sola  scelta  delle  modalita'
attraverso le quali tutelare  l'affidamento  implica  necessariamente
l'esercizio di competenze esclusive statali» nelle materie  suddette.
La  disposizione  regionale  impugnata  prefigurerebbe  infatti  «una
tutela dell'affidamento secondo  forme  specifiche  e  proprie  della
Regione  Abruzzo,  in  base  a  scelte  rimesse  ai   comuni,   cosi'
trascurando che tali situazioni devono  essere  regolate  in  maniera
uniforme sul piano nazionale, per le  esigenze  di  disciplina  della
concorrenza e di parita' di trattamento, al cui presidio  sono  posti
gli invocati titoli di competenza esclusiva dello Stato».
    D'altra parte, le uniche forme di tutela che i Comuni  potrebbero
in  concreto  garantire  ai  concessionari  attuali  consisterebbero,
secondo il ricorrente, o in una proroga dei loro  titoli  (attraverso
la  mancata  inclusione  delle  aree  da  essi  occupati  in   quelle
«disponibili», per le finalita' di cui all'art. 1, comma  1,  lettera
b, della legge reg. Abruzzo n. 30 del 2017), ovvero  nell'imposizione
ai  concessionari  subentranti  dell'obbligo  di   corrispondere   un
indennizzo  ai  concessionari  uscenti.  Cio'  si   desumerebbe,   in
particolare, dall'art. 4 della medesima  legge  regionale,  rubricato
«[n]orma  finanziaria»,  secondo  cui  dall'attuazione  di  essa  non
discendono nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica,  e
agli adempimenti da essa  previsti  si  deve  provvedere  assicurando
l'invarianza  di  spesa  tanto  per  la  Regione  che  per  le  altre
amministrazioni pubbliche interessate. Di  talche'  l'una  e  l'altra
delle possibili soluzioni, indipendentemente dalla  loro  conformita'
al diritto dell'Unione, esorbiterebbero  dalla  sfera  di  competenza
della Regione, invadendo spazi riservati  alla  competenza  esclusiva
dello Stato.
    5.- La Regione Abruzzo non si e' costituita in giudizio.

                       Considerato in diritto

    1.- Il Presidente del Consiglio dei ministri ha impugnato  l'art.
3, comma 3, della legge della Regione Abruzzo 27 aprile 2017,  n.  30
(Tutela del legittimo affidamento  dei  concessionari  balneari),  in
relazione all'art.  117,  secondo  comma,  lettere  e)  e  l),  della
Costituzione.
    2.- La disposizione impugnata  stabilisce  che  «[n]ell'esercizio
delle proprie funzioni i Comuni garantiscono che il rilascio di nuove
concessioni avvenga senza pregiudizio del legittimo affidamento degli
imprenditori   balneari   titolari    di    concessioni    rilasciate
anteriormente al 31 dicembre 2009».
    Secondo il  ricorrente,  tale  disposizione  prefigurerebbe  «una
tutela dell'affidamento secondo  forme  specifiche  e  proprie  della
Regione Abruzzo, in base a scelte rimesse ai  comuni»,  in  contrasto
con il principio secondo cui le modalita' di tutela  dell'affidamento
dei concessionari uscenti debbono essere regolate in maniera uniforme
sul piano nazionale, in modo da assicurare una effettiva tutela della
concorrenza  e  della  parita'  di  trattamento  tra  gli   aspiranti
concessionari, al cui presidio sarebbero posti i titoli di competenza
esclusiva dello Stato invocati dalla difesa erariale.
    D'altra parte, le uniche forme di tutela dell'affidamento  che  i
Comuni,   nell'esercizio   delle   facolta'   loro   delegate   dalla
disposizione   impugnata,   potrebbero   in    concreto    apprestare
consisterebbero,  secondo  il  ricorrente,  o  nella  proroga   delle
concessioni  esistenti,  ovvero  nell'imposizione  ai   concessionari
subentranti dell'obbligo di  indennizzare  i  concessionari  uscenti.
Cio' si desumerebbe in particolare dalla clausola  di  invarianza  di
spesa prevista  dall'art.  4  della  medesima  legge  regionale,  che
all'evidenza esclude che la tutela dell'affidamento dei concessionari
uscenti possa essere posta a carico della  pubblica  amministrazione.
Entrambe tali soluzioni peraltro, a prescindere dalla questione della
loro liceita' o meno alla stregua del  diritto  dell'Unione  europea,
inciderebbero  necessariamente  sulle  materie  della  tutela   della
concorrenza e  dell'ordinamento  civile,  riservate  alla  competenza
esclusiva dello Stato.
    3.- Il ricorso e'  fondato  sotto  il  profilo  della  violazione
dell'art. 117, secondo comma, lettera e), Cost.
    3.1.- Come anche recentemente rammentato dalla giurisprudenza  di
questa Corte (sentenza n. 157 del 2017), la disciplina concernente il
rilascio di concessioni su beni demaniali marittimi  investe  diversi
ambiti  materiali,  attribuiti  alla  competenza  sia   statale   sia
regionale.
    Le  competenze  amministrative   inerenti   al   rilascio   delle
concessioni in uso di beni  del  demanio  marittimo  sono  state,  in
effetti,  conferite  alle  Regioni  in  virtu'  di  quanto   previsto
dall'art. 105, comma 2, lettera l), del decreto legislativo 31  marzo
1998, n. 112 (Conferimento di funzioni e compiti amministrativi dello
Stato alle regioni ed agli enti locali,  in  attuazione  del  capo  I
della legge  15  marzo  1997,  n.  59).  Le  funzioni  relative  sono
esercitate, di regola, dai Comuni in forza dell'art. 42  del  decreto
legislativo 30 marzo 1999, n 96 (Intervento sostitutivo  del  Governo
per la ripartizione di funzioni amministrative tra  regioni  ed  enti
locali a norma dell'art. 4, comma 5, della legge 15 marzo 1997, n. 59
e successive modificazioni), rispetto ai quali le Regioni  mantengono
poteri di  indirizzo  (con  riferimento  alle  attivita'  di  impresa
turistico-balneari, si veda il comma 6 dell'art. 11  della  legge  15
novembre 2011, n. 217, recante  «Disposizioni  per  l'adempimento  di
obblighi  derivanti  dall'appartenenza  dell'Italia  alle   Comunita'
europee - Legge comunitaria 2010»).
    D'altra parte, la giurisprudenza di questa Corte  ha  piu'  volte
sottolineato che i  criteri  e  le  modalita'  di  affidamento  delle
concessioni su beni del demanio  marittimo  devono  essere  stabiliti
nell'osservanza  dei  principi  della  libera  concorrenza  e   della
liberta' di stabilimento,  previsti  dalla  normativa  comunitaria  e
nazionale, e  corrispondenti  ad  ambiti  riservati  alla  competenza
esclusiva statale in forza dell'art. 117, secondo comma, lettera  e),
Cost. (da ultimo, sentenze n. 157 del 2017 e n. 40 del 2017).
    3.2.- Demandando genericamente ai Comuni la determinazione  delle
modalita' concrete con cui  tutelare  il  legittimo  affidamento  dei
titolari di concessioni rilasciate anteriormente al 30 dicembre  2009
nell'ambito delle procedure di selezione per  il  rilascio  di  nuove
concessioni,  la  disposizione  regionale   impugnata   affida   alla
discrezionalita' delle amministrazioni comunali l'adozione di  misure
che, qualunque ne sia  la  concreta  configurazione,  necessariamente
inciderebbero in senso limitativo sulla materia  della  tutela  della
libera concorrenza e della  parita'  di  trattamento  tra  tutti  gli
aspiranti alla concessione, materia che deve ritenersi riservata alla
legislazione statale ai sensi del citato  art.  117,  secondo  comma,
lettera e), Cost.
    Ne' vale ad assicurare legittimita' alla  disposizione  impugnata
la clausola di cui all'art. 1, comma  1,  lettera  d),  della  stessa
legge reg. Abruzzo n. 30 del 2017, a tenore  della  quale  la  tutela
dell'affidamento dei concessionari uscenti e' garantita  «nei  limiti
precisati    dal    diritto    eurounitario».    Il    profilo     di
incostituzionalita' invocato  dalla  difesa  erariale  non  concerne,
infatti, il contrasto della disposizione con i vincoli derivanti  dal
diritto dell'Unione europea, bensi' soltanto la sua incidenza in  una
sfera di competenza riservata  in  via  esclusiva  alla  legislazione
statale, alla quale unicamente spetta disciplinare in  modo  uniforme
le modalita' e i limiti della tutela  dell'affidamento  dei  titolari
delle concessioni gia' in essere nelle procedure di selezione per  il
rilascio di nuove concessioni.
    La disposizione impugnata viola, dunque, la competenza  esclusiva
dello Stato in materia di tutela della concorrenza.
    3.3.- Resta assorbita l'ulteriore censura proposta in riferimento
all'art. 117, secondo comma, lettera l), Cost.
     

                          per questi motivi
                       LA CORTE COSTITUZIONALE

    dichiara l'illegittimita' costituzionale dell'art.  3,  comma  3,
della legge della Regione Abruzzo 27 aprile 2017, n. 30  (Tutela  del
legittimo affidamento dei concessionari balneari).

    Cosi' deciso in Roma,  nella  sede  della  Corte  costituzionale,
Palazzo della Consulta, l'8 maggio 2018.

                                F.to:
                    Giorgio LATTANZI, Presidente
                    Francesco VIGANO', Redattore
                     Roberto MILANA, Cancelliere

    Depositata in Cancelleria il 7 giugno 2018.

                   Il Direttore della Cancelleria
                        F.to: Roberto MILANA

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