TAR 2018: chiesto
annullamento del decreto del Ministero della giustizia del 19
settembre 2016 che ha disposto la sua destituzione dal servizio
Pubblicato il
09/08/2018
N. 08934/2018
RExxxPROV.COLL.
N. 13581/2016
RExxxRIC.
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REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO
ITALIANO
Il Tribunale
Amministrativo Regionale per il Lazio
(Sezione Prima
Quater)
ha pronunciato la
presente
SENTENZA
sul ricorso numero
di registro generale 13581 del 2016, proposto da:
xxx xxx,
rappresentato e difeso dall'avvocato Emanuela Mazzola, con domicilio
eletto presso il suo studio in Roma, via Tacito, 50;
contro
Ministero della
Giustizia, in persona del legale rappresentante p.t., rappresentato e
difeso dall'Avvocatura Generale dello Stato, domiciliata in Roma, via
dei Portoghesi, 12;
per l'annullamento
del decreto di
irrogazione al ricorrente della sanzione disciplinare della
destituzione dal servizio
Visti il ricorso e i
relativi allegati;
Visto l'atto di
costituzione in giudizio di Ministero della Giustizia;
Viste le memorie
difensive;
Visti tutti gli atti
della causa;
Relatore
nell'udienza pubblica del giorno 24 ottobre 2017 il dott. Fabio
Mattei e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e
considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
Con atto (n.
9752/2015) il sixxx xxx xxx ha adito questo Tribunale per
l’annullamento del decreto del Ministero della giustizia del 19
settembre 2016 che ha disposto la sua destituzione dal servizio con
decorrenza dalla data di adozione del provvedimento medesimo, nonché
di tutti gli atti del procedimento disciplinare adottati nei suoi
riguardi, tra cui il decreto del Ministero della giustizia del 9
febbraio 2016 che ha prorogato l’incarico di presidente del
Consiglio centrale di disciplina in favore del dott. xxx xxx xxx sino
al 13 agosto 2016 e del decreto ministeriale del 9 marzo 2016 che ha
nominato presidente supplente del Collegio centrale di disciplina il
Dott. xxx.
Premette di essere
stato assunto nei ruoli della Polizia penitenziaria con la qualifica
di agente, di essere stato addetto al Centro Amministrativo xxx xxx e
di essere stato successivamente distaccato presso la Casa
circondariale di xxx, all’esito del superamento del concorso
pubblico per titoli a n. 7 posti per l’accesso al Gruppo sportivo
xxx xxx xxx il cui bando è stato pubblicato nella xxxU.R.I., 4^
serie speciale n. 92 del 22.11.2011.
Afferma di essersi
vincolato alla xxx xxx fin dall’agosto 2011, di aver svolto
l'attività calcistica presso di essa ricevendo un ingaggio sino alla
sua assunzione nel Corpo della Polizia penitenziaria avvenuta
nell’anno 2012, e di aver chiesto in data 7.5 2014
all’Amministrazione intimata di prestare servizio in posizione di
distacco presso la Casa circondariale reatina con esonero dallo
svolgimento dell’attività di giocatore, considerata
l’impossibilità, anche in ragione della sua età (36 anni) di
conciliare l’intensa attività agonistica con l’ubicazione della
nuova sede e con i suoi impegni familiari.
Riferisce che il
Consiglio direttivo dell’xxx in data 3.7.2014 ha esaminato detta
istanza di reingresso nelle funzioni operative della Polizia
penitenziaria con esito favorevole e di aver chiesto altresì
all’Amministrazione di ottenere anche lo svincolo previsto entro il
15.7.2014 dalla Lega xxx per poter decidere liberamente di prendere
in considerazione per il futuro qualsiasi altra strada a livello
sportivo tecnico di settore giovanile, senza ricevere alcun
riscontro.
Afferma che con
ordine di servizio n. 8184 del 20.10.2014 è stato disposto il suo
trasferimento immediato presso la sede di servizio del Centro
Amministrativo xxx con riserva da parte dell’Amministrazione di
valutare il suo eventuale distacco presso la sede di xxx.
Afferma, altresì,
di aver inviato all’xxx xxx ed al Dipartimento interregionale della
Polizia penitenziaria una ulteriore istanza di svincolo per decadenza
dal tesseramento senza ricevere anche in tale occasione alcun formale
riscontro.
Riferisce di aver
comunicato in data 31.8.2015 al Direttore del Centro Amministrativo
xxx di svolgere attività di allenatore in seconda/giocatore presso
la squadra F.C. xxx iscritta al campionato di serie D per la stagione
sportiva 2015-2016, di aver presentato, in data 7.9.2015, nuova
istanza di distacco presso la Casa circondariale di xxx motivata da
ragioni familiari e che con nota del 14.9.2015 l’xxx ha reso noto
il suo tesseramento presso la squadra del xxx per la quale dichiara
di aver sottoscritto, il 15.9.2015 un accordo, a titolo gratuito, in
qualità di allenatore in seconda con previsione di un impegno di due
allenamenti a settimana.
Espone che in data
6.10.2015 il Consiglio direttivo dell’xxx ha preannunciato
l’imminente avvio nei suoi confronti di un procedimento
disciplinare in ragione dell’attività svolta presso la FC xxx
(partecipazione alla prima giornata di campionato) il quale è stato
formalmente avviato con decreto della Direzione generale del
personale e della formazione a seguito dell’adozione del
susseguente atto di contestazione degli addebiti per condotte
sussumibili nella fattispecie ex art. 6, comma 2, lett. a), b) e c)
del decreto legislativo n. 449/1992.
Afferma che in data
20.10.2015 l’Amministrazione ha respinto la sua istanza di distacco
presso la Casa circondariale di xxx la quale è stata comunque
ulteriormente reiterata per ragioni familiari in data 22.10.2015 e di
aver presentato proprie giustificazioni in merito all’atto di
contestazione degli addebiti.
Con il provvedimento
in epigrafe indicato, adottato all’esito della fase istruttoria
disciplinare il ricorrente è stato destituito dal servizio.
Avverso tale decreto
il ricorrente ha dedotto le seguenti censure
1) ECCESSO DI POTERE
PER TRAVISAMENTO DEI FATTI; VIOLAZIONE DEGLI ARTT. 1 E 6 DEL DECRETO
LEGISLATIVO N. 449/1992; DIFETTO DI MOTIVAZIONE; VIOLAZIONE DEGLI
ARTT. 11, 12, 15 E 17 DEL DECRETO LEGISLATIVO N. 449/1992; MANCATA
GRADUAZIONE DELLA SANZIONE, ABNORMITA’, INGIUSTIZIA MANIFESTA, non
corrispondendo alla realtà la circostanza rinvenibile nel
provvedimento di destituzione secondo cui il ricorrente, esonerato
nel 2014 dallo svolgimento dell’attività sportiva e distaccato
presso la città di xxx, avrebbe svolto attività sportiva in altra
squadra di xxx diversa dall’xxx e per l’intervenuta
sottoscrizione di un accordo con la società F.C. xxx xxx nell’anno
2015, circostanza confermata dalla nota del 14.9.2015 con cui il
Direttore dell’xxx ha segnalato che il ricorrente era tesserato con
una squadra del campionato di xxx di serie D e che aveva giocato
nella prima giornata.
Deduce
l’infondatezza dell’assunto dell’Amministrazione condizionante
l’appartenenza degli atleti al Corpo della Polizia penitenziaria
allo svolgimento dell’attività sportiva in modo esclusivo presso
la squadra di xxx dell’xxx, essendo l’inquadramento nei ruoli
ministeriali intervenuto a seguito del superamento di un concorso
pubblico ma non essendo condizionato anche dallo svolgimento
permanente dell’attività sportiva presso la società sportiva di
pendente dalla struttura dipartimentale penitenziaria.
Lamenta la mancanza
di proporzionalità tra la condotta a lui ascritta e la grave
sanzione disciplinare della destituzione.
2) VIOLAZIONE DEGLI
ARTT. 11, COMMA 4, 15 E 16 DEL DECRETO LEGISLATIVO N. 449/1992;
ILLEGITTIMITA’ DELL’ATTIVITA’ ISTRUTTORIA, INCOMPETENZA E
VIOLAZIONE DEL PRINCIPIO DI PARTECIPAZIONE AL PROCEDIMENTO;
VIOLAZIONE DEI PRINCIPI DI IMPARZIALITA’E DI TERZIETA’, attesa
l’illegittima composizione del Consiglio di disciplina illegittima
in ragione della prescritta nomina per due anni non prorogabile.
Si è costituito in
giudizio il Ministero della giustizia che controdeduce l’infondatezza
delle doglianze rappresentando come il ricorrente sia stato assunto
applicazione di disposizioni normative speciali che consente agli
atleti di accedere ai gruppi sportivi delle forze di polizia mediante
concorso pubblico per soli titoli, nel caso di specie, indetto per
l’accesso all’xxx xxx, con vincolo di destinazione al medesimo
gruppo sportivo xxx xxx.
Occorre, ai fini del
decidere, rilevare che il provvedimento della destituzione dal
servizio è stato adottato all’esito di un articolato procedimento
disciplinare azionato nei riguardi del ricorrente per condotte dal
medesimo poste in essere, sussumibili nelle fattispecie di cui
all’art. 6, comma 2, lett. a) e b) del decreto legislativo n.
449/1992, ossia “a) per atti che rivelino mancanza del senso
dell'onore o del senso morale; b) per atti che siano in grave
contrasto con i doveri assunti
con il giuramento”,
in seguito a comunicazione del 14.9.2015 del Direttore sportivo
dell’xxx xxx con cui si segnalava lo svolgimento da parte del
ricorrente dell’attività calcistica presso altra società sportiva
militante nel campionato di serie D, nonostante fosse stato assunto
nel 2012 presso l’Amministrazione resistente in quanto vincitore di
concorso pubblico speciale per l’assunzione di atleti indetto nel
2011, nonché esonerato in data 3.7.2014 dall’attività calcistica
presso la xxx xxx e distaccato presso la Casa circondariale di xxx
per asserite esigenza personali e familiari a detta del ricorrente
medesimo inconciliabili con gli impegni sportivi connessi alla
partecipazione al campionato di serie D.
L’attività
calcistica prestata presso la società sportiva F.C. xxx xxx avrebbe,
dunque, denotato secondo l’Amministrazione ministeriale “una
ragguardevole mancanza del senso dell’onore e del senso morale”
con “comportamento che mal si coniuga con il doveroso rispetto
delle norme che ogni appartenente al Corpo deve sempre dimostrare”,
avendo il ricorrente “…tradito la fiducia che l’Amministrazione
gli aveva accordato all’atto della immissione in ruolo confidando
in una rettitudine morale e professionale che nel concreto è
mancata….” tanto da non poter “continuare a prestare servizio
nel Corpo”, finanche in ragione della violazione dei doveri
generali di fedeltà e di rettitudine.
Orbene, il
ricorrente vincitore del concorso pubblico a n. 7 posti per l’accesso
al gruppo sportivo dell’xxx xxx, con vincolo di destinazione detto
gruppo e preso in forza dal Centro Amministrativo xxx xxx, ha
presentato all’Amministrazione ministeriale in data 7 maggio 2014
istanza di esonero dall’attività calcistica presso l’xxx xxx e
di distacco presso la Casa circondariale di xxx per ragioni di
carattere personale familiare e personale (a xxx risiede la sua
famiglia), assentita in data 3 luglio 2014 con deliberazione del
Consiglio direttivo dell’xxx xxx.
Risulta, inoltre,
aver presentato sempre nell’anno 2014 istanza per poter ottenere
entro il 15 luglio 2014 lo svincolo per decadenza dal tesseramento
previsto ai sensi dell’art. 32 bis dell’ordinamento della
Federazione italiana gioco xxx (N.O.I.F.) “per essere libero di
poter prendere in futuro qualsiasi altra strada a livello sportivo
tecnico di settore giovanile”, rinnovata l’anno successivo in
data 17.6.2015 senza ricevere alcun riscontro dall’Amministrazione
ministeriale.
E’ dato rilevare
che il ricorrente in data 31 agosto 2015 ha comunicato al Direttore
del Centro xxx di svolgere l’attività di allenatore in
seconda/calciatore presso la F.C. xxx xxx, partecipante al campionato
di serie D per la stagione 2015/2016, ossia in data temporale
successiva all’esonero assentito dal Consiglio direttivo della xxx
xxx del 3 luglio 2014, che in data 7 settembre 2015 ha rinnovato la
richiesta, già inoltrata il 7 maggio 2014, di distacco presso la
casa circondariale di xxx corredata da esigenze personali e
familiari, avendo il successivo 15 settembre provveduto alla
sottoscrizione di un accordo con la F.C xxx xxx, a titolo gratuito,
quale allenatore in seconda per due allenamenti settimanali.
Occorre infine
osservare che con atto di contestazione degli addebiti notificato in
data 19 ottobre 2015 sono stati rivolti al sixxx xxx i succitati
rilievi disciplinari e che con nota del 10.11.2015 è stata assentita
l’ulteriore sua istanza di trasferimento presso la Casa
circondariale di xxx.
Con il primo motivo
di ricorso il sixxx xxx, oltre ad una erronea rappresentazione
temporale delle condotte disciplinarmente rilevanti a lui ascritte ,
lamenta sia l’infondatezza dell’assunto dell’Amministrazione
condizionante l’appartenenza degli atleti al Corpo della Polizia
penitenziaria allo svolgimento dell’attività sportiva in modo
esclusivo presso la squadra di xxx dell’xxx, sia la mancanza di
proporzionalità tra la succitata condotta e la grave sanzione
disciplinare della destituzione.
La doglianza è
fondata.
Ed invero, il
Collegio ritiene di dover attribuire significativa valenza, riguardo
alla complessa ed articolata rappresentazione procedimentale de qua,
tanto alla condotta dell’Amministrazione ministeriale conseguente
all’istanza di esonero rivolta dall’agente xxx al responsabile
della xxx xxx in data 7 maggio 2014, assentita in data 3 luglio 2014
con delibera del Consiglio direttivo dell’xxx, quanto alla mancanza
di alcun riscontro alle richieste di svincolo, ex art. 32 bis
N.O.I.F., inoltrate dal ricorrente all’Amministrazione nel 2014 e,
da ultimo, in data 17.6.2015, proprio al fine di “poter esser
libero di poter prendere in futuro qualsiasi altra strada a livello
sportivo tecnico di settore giovanile”.
Difatti, l’azione
dell’Amministrazione ministeriale non appare, ad avviso del
Collegio, connotata da cristallina coerenza in quanto, se da un lato
la stessa ha ritenuto di dover assentire alla richiesta di esonero
dall’esercizio dell’attività calcistica proposta dal ricorrente,
senza però poi pronunciarsi sulle istanze di svincolo rivoltele dal
sixxx xxx nel 2014 e nel 2015, motivate proprio dalla dichiarata
prospettiva di possibili futuri impegni in ambito tecnico e sportivo,
dall’altro ha ritenuto sussistenti i presupposti per disporne la
destituzione dal servizio in ragione del possibile futuro svolgimento
da parte di quest’ultimo di una attività sportiva di cui seppur
era stata notiziata in occasione della ricezione delle succitate
istanze di svincolo.
Nè persuasivo può
considerarsi l’assunto dell’Amministrazione nella parte in cui
tende a corroborare i presupposti della destituzione dal servizio
attraverso il rinvio alle disposizioni di cui agli articoli 11, comma
6 del bando di concorso, che condiziona l’assunzione dei vincitori
alla loro condizione di svincolati e, dunque, di tesserabili per
l’xxx xxx, ed 11 dello Statuto del Gruppo sportivo delle Fiamme
Azzurre secondo cui “gli atleti sono vincolati con il gruppo
sportivo per tutta la durata della loro appartenenza al Corpo di
Polizia penitenziaria”, ravvisando il Collegio l’insussistenza
sia di un vincolo permanente senza soluzione di continuità tra
l’Associazione sportiva ministeriale ed il dipendente, seppur
assunto attraverso procedure selettive specializzate, ancor più alla
luce dell’intervenuta delibera del Consiglio direttivo dell’xxx
che in data 3 luglio 2014 ha accolto la domanda di esonero del
ricorrente dallo svolgimento dell’attività calcistica, sia di una
permanenza nei ruoli condizionata alla persistenza di una vincolo
sportivo con l’Associazione calcistica xxx.
Anche l’ulteriore
profilo di doglianza con il quale il ricorrente lamenta la violazione
del principio di proporzionalità è suscettibile di positiva
definizione e, pertanto, và accolto.
Appare evidente,
infatti, come la condotta ascritta dal ricorrente nei termini innanzi
descritti, ossia l’aver intrapreso una attività sportiva con altra
società militante nello stesso campionato dell’xxx xxx, non possa
ritenersi ragionevolmente coincidente o ricompresa nell’alveo delle
condotte o atti la cui tipologia risulta espressamente menzionata
nelle succitate lettere a) e b) dell’art. 6, comma 2 del decreto
legislativo n. 449/1992.
Tale convincimento
trae fondamento proprio dalla circostanza, ictu oculi rilevabile nel
caso in esame, per la quale la determinazione - rectius scelta - di
una così grave sanzione disciplinare, quale appunto quella della
destituzione dal servizio, risulta essersi realizzata attraverso un
percorso procedimentale non coerente con i principi di razionalità,
logicità e proporzionalità che devono permeare costantemente
l’azione amministrativa, ancor più nei casi in cui il
provvedimento amministrativo comporti la produzione di effetti
fortemente pregiudizievoli per il destinatario.
Ed invero, la misura
sanzionatoria adottata rispetto alla tipologia di condotta ascritta
al ricorrente, soprattutto in ragione della omessa corretta
ponderazione di elementi fattuali oggettivi, quali la presentazione
all’Amministrazione di istanze di svincolo da parte del ricorrente
motivate con la possibile futura prospettiva di intraprendere
ulteriori esperienze tecnico sportive, altro non può che
configurarsi quale espressione o esercizio di un potere discrezionale
manifestamente illogico, irrazionale, irragionevole, poichè
caratterizzato dal richiamo a violazioni ascrivibili al ricorrente di
quei doveri di fedeltà e rettitudine, alla mancanza del senso
dell’onore e della morale e finanche al tradimento “della fiducia
che l’Amministrazione gli aveva accordato all’atto
dell’immissione in ruolo…”, ed ancor più abnorme in quanto
disallineato rispetto al principio di proporzionalità e graduazione
che devono caratterizzare l’azione sanzionatoria o afflittiva posta
in essere dall’Amministrazione soprattutto in materia di status del
dipendente.
Quanto alla
fattispecie in esame, il Collegio rileva che per il principio della
graduazione delle sanzioni e tenuto conto delle regole riguardanti la
recidiva (per le quali i fatti acquistano una maggiore gravità, in
quanto commessi dal dipendente già incorso in una precedente
sanzione), l'Amministrazione non può considerare automaticamente
giustificata l'estinzione del rapporto di lavoro per il solo fatto
che il dipendente abbia commesso per la prima volta una condotta
disciplinarmente rilevante, nel caso di specie oggettivamente non
connotata da gravità tale da potersi ricomprendere, in ragione dei
richiamati principi generali, tra i presupposti previsti per
l’adozione di un misura definitiva di espulsione dal servizio,
posto che ritenendo diversamente, qualsiasi reato doloso potrebbe
essere posto a base di una sanzione disciplinare espulsiva: ciò che,
invece, non si può affermare, in considerazione della prassi
amministrativa e del principio di proporzionalità, valorizzati dalla
pacifica giurisprudenza in sede di vaglio di legittimità delle
sanzioni disciplinari, comportando la sproporzione della sanzione la
violazione del principio di ragionevolezza e di gradualità della
sanzione stessa .
Pertanto, per le
considerazioni che precedono, il ricorso deve essere accolto.
Le spese e gli
onorari di giudizio devono essere compensati, fra le parti in causa,
tenuto conto della specificità della controversia in esame.
P.Q.M.
Il Tribunale
Amministrativo Regionale per il Lazio (Sezione Prima Quater),
definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto,
lo accoglie.
Spese compensate.
Ordina che la
presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Roma
nella camera di consiglio del giorno 24 ottobre 2017 con l'intervento
dei magistrati:
Salvatore Mezzacapo,
Presidente
Donatella Scala,
Consigliere
Fabio Mattei,
Consigliere, Estensore
L'ESTENSORE
IL PRESIDENTE
Fabio Mattei
Salvatore Mezzacapo
IL SEGRETARIO
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