SABATO 07 SETTEMBRE 2019 17.54.47
Terrorismo, Sindacato penitenziaria: Imam pericoloso in cella
Terrorismo, Sindacato penitenziaria: Imam pericoloso in cella Intervento del segretario generale Aldo Di Giacomo
Roma, 7 set. (askanews) - "L'operazione anti-terrorismo islamico
con gli arresti operati tra cui l'imam della moschea Dar Assalam
di Martinsicuro, nel Teramano, già condannato in via definitiva
per associazione con finalità di terrorismo internazionale, è la
semplice conferma dell'allarme che, inascoltati, abbiamo lanciato
da molto tempo: le carceri sono diventate il luogo privilegiato
per il reclutamento di terroristi". Ad affermarlo è il segretario
generale del Sindacato di Polizia Penitenziaria Aldo Di Giacomo
per il quale "l'imam arrestato, paradossalmente, è più pericoloso
in cella che fuori. Negli istituti penitenziari italiani, dove
sono rinchiusi tra i 10 e i 15 mila detenuti islamici, il rischio
è fortemente sottovalutato dall'amministrazione penitenziaria
nonostante abbiamo più volte segnalato questa grave emergenza.
Intanto - aggiunge - la cosiddetta classificazione del livello di
radicalizzazione dei detenuti islamici si presta a varie
interpretazioni e comunque
non serve certamente a tranquillizzare il personale penitenziario
che è impreparato alla gestione di questo
problema e tanto meno i cittadini".
Di Giacomo poi aggiunge: "La realtà è diversa: sono sempre più
numerosi gli episodi di detenuti di fede islamica che in carcere
manifestano comportamenti tipici della radicalizzazione islamica,
come inneggiare agli attentati di matrice islamica e mostrare
apertamente odio verso l'Occidente. Secondo i dati
più aggiornati i detenuti sui quali si concentrano timori di
radicalizzazione sarebbero circa 500 suddivisi in tre
categorie: 'segnalati', 'attenzionati' e 'monitorati'. Una
cinquantina le persone sono incarcerate con l'accusa di
terrorismo internazionale nelle sezioni di alta sicurezza
riservate a loro (Rossano, Sassari e Nuoro)".
Per "gli altri, che sono ritenuti soggetti a rischio, vengono
condotte attività di monitoraggio che puntano a rilevare
atteggiamenti di sfida verso le autorità, rifiuto di condividere
gli spazi con detenuti di altre fedi religiose, segni di gioia di
fronte a catastrofi o attentati in Occidente, esposizione di
simboli legati al jihad. Gli ultimi dati forniti dal Ministero
alla Giustizia - sottolinea Di Giacomo - sono sicuramente
superati da una situazione in forte evoluzione per il continuo e
costante ingresso di cittadini extracomunitari di fede islamica
(e non) nei nostri istituti penitenziari".
"Ma se è assolutamente chiaro chi sono i terroristi, in quanto
sono in carcere perché imputati o arrestati per una specifica
fattispecie di reato, non è così chiara la costruzione delle
altre tre categorie entro cui sono collocati i detenuti ritenuti
radicalizzati. Per questo è indispensabile sviluppare in carcere
programmi mirati alla formazione di personale che sappia
individuare i processi di radicalizzazione 'dietro le sbarre' per
aiutarli a distinguere la pratica religiosa, o il riferimento a
una particolare concezione dell'islam, dai possibili indicatori
di radicalizzazione".
In carcere "accade quello che già accade con il reclutamento e
l''affiliazione' a clan mafiosi di detenuti specie se in cella
finisce un imam che ha forte ascendente sui detenuti di fede
islmica. Altra nostra richiesta è quella di rafforzare il
personale di Polizia penitenziaria specie negli istituti dove il
numero di detenuti extracomunitari ed islamici è più alto",
continua Di Giacomo.
Nav 20190907T175440Z
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