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venerdì 27 dicembre 2019

N. 277 SENTENZA 5 novembre - 20 dicembre 2019 Giudizio di legittimita' costituzionale in via principale. Animali - Norme della Regione Basilicata per il controllo del randagismo - Cani ricoverati presso i canili - Cessione gratuita a privati ed enti se non reclamati entro trenta giorni dalla cattura, previo espletamento dei "controlli sanitari" - Difformita' da norme statali espressive di principi fondamentali in materia di tutela della salute - Illegittimita' costituzionale.



N. 277 SENTENZA 5 novembre - 20 dicembre 2019

Giudizio di legittimita' costituzionale in via principale.

Animali -  Norme  della  Regione  Basilicata  per  il  controllo  del
  randagismo - Cani ricoverati presso i canili - Cessione gratuita  a
  privati ed enti se non reclamati entro trenta giorni dalla cattura,
  previo espletamento dei "controlli sanitari" - Difformita' da norme
  statali espressive di principi fondamentali in  materia  di  tutela
  della salute - Illegittimita' costituzionale.
Animali - Norme della Regione Basilicata - Attivita' di tutela  degli
  animali e prevenzione del randagismo consentite  alle  associazioni
  animaliste  -  Limitazione   del   loro   svolgimento   alle   sole
  associazioni di  volontariato  animalista  "riconosciute  ai  sensi
  della  legge  266/1991"  -  Irragionevole  differenziazione  tra  i
  soggetti del "terzo settore"  -  Illegittimita'  costituzionale  in
  parte qua.
Animali - Norme della Regione Basilicata - Disciplina in  materia  di
  randagismo e di tutela degli animali da affezione  -  Finalita'  di
  "reprimere ogni tipo  di  maltrattamento  compreso  l'abbandono"  -
  Denunciata lesione della competenza esclusiva statale in materia di
  ordine pubblico e sicurezza - Non fondatezza della questione.
Animali - Norme della Regione Basilicata - Denuncia di smarrimento di
  animali da compagnia o d'affezione - Obbligo di presentazione anche
  alle "Forze dell'ordine"  -  Denunciata  lesione  della  competenza
  esclusiva  statale  in  materia  di  ordinamento  e  organizzazione
  amministrativa dello Stato e degli enti pubblici  nazionali  -  Non
  fondatezza della questione.
- Legge della Regione Basilicata 30 novembre 2018, n.  46,  artt.  1,
  comma 1, lettera c), 6, comma 1, lettere d) ed e), 7, 8, 10,  comma
  4, 19, comma 1, 21, commi 3 e 4, 23, comma 2, e 34, comma 3.
- Costituzione, artt. 3, 117, commi  secondo,  lettere  g)  e  h),  e
  terzo. 
(GU n.52 del 27-12-2019 )
 

                       LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori:
Presidente:Aldo CAROSI;
Giudici :Marta CARTABIA, Mario Rosario MORELLI,  Giancarlo  CORAGGIO,
  Giuliano AMATO, Silvana SCIARRA, Daria de  PRETIS,  Nicolo'  ZANON,
  Franco  MODUGNO,  Augusto  Antonio  BARBERA,  Giulio   PROSPERETTI,
  Giovanni AMOROSO, Francesco VIGANO', Luca ANTONINI,
     
    ha pronunciato la seguente

                              SENTENZA

    nel giudizio di legittimita' costituzionale degli artt. 1,  comma
1, lettera c), 6, comma 1, lettere d) ed e), 7, 8, 10, comma  4,  19,
comma 1, 21, commi 3 e 4, 23, comma 2, e 34,  comma  3,  della  legge
della Regione Basilicata 30 novembre 2018,  n.  46  (Disposizioni  in
materia di randagismo e  tutela  degli  animali  da  compagnia  o  di
affezione), promosso dal Presidente del Consiglio  dei  ministri  con
ricorso notificato il  30  gennaio-6  febbraio  2019,  depositato  in
cancelleria il 5 febbraio  2019,  iscritto  al  n.  14  del  registro
ricorsi 2019 e pubblicato nella Gazzetta Ufficiale  della  Repubblica
n. 12, prima serie speciale, dell'anno 2019.
    Udito nell'udienza  pubblica  del  5  novembre  2019  il  Giudice
relatore Giuliano Amato;
    udito l'avvocato dello Stato Marina Russo per il  Presidente  del
Consiglio dei ministri.

                          Ritenuto in fatto

    1.- Il Presidente del Consiglio  dei  ministri,  rappresentato  e
difeso dall'Avvocatura generale dello Stato, con  ricorso  notificato
il 30 gennaio-6 febbraio  2019  e  depositato  in  cancelleria  il  5
febbraio 2019 (reg. ric. n. 14 del 2019), ha promosso, in riferimento
agli artt. 3, 117, secondo comma, lettere g) e  h),  e  terzo  comma,
della Costituzione, questioni di  legittimita'  costituzionale  degli
artt. 1, comma 1, lettera c), 6, comma 1, lettere d) ed e), 7, 8, 10,
comma 4, 19, comma 1, 21, commi 3 e 4, 23, comma 2, e  34,  comma  3,
della  legge  della  Regione  Basilicata  30  novembre  2018,  n.  46
(Disposizioni in materia di randagismo  e  tutela  degli  animali  da
compagnia o di affezione).
    2.- In primo luogo, la parte ricorrente impugna l'art.  6,  comma
1, lettera e), della legge reg. Basilicata n. 46  del  2018,  secondo
cui «[l]e aziende  sanitarie  locali  provvedono  alla  soppressione,
esclusivamente con metodi eutanasici,  dei  cani  e  gatti  raccolti,
qualora ricorrano  le  condizioni  di  cui  all'art.  19,  comma  1»,
articolo ove si prevede  che  «[i]l  responsabile  degli  animali  da
compagnia o d'affezione e' tenuto a denunciare lo  smarrimento  o  la
sottrazione  dell'animale,   entro   cinque   giorni,   al   Servizio
veterinario ufficiale o alle Forze dell'Ordine».
    2.1.-  Secondo  la  difesa  statale  la  disposizione   regionale
impugnata consentirebbe alle aziende sanitarie  locali  di  procedere
alla soppressione, con metodi eutanasici, di cani e gatti in  carenza
della denuncia di smarrimento o sottrazione degli animali al servizio
veterinario ufficiale e alle forze dell'ordine, entro il  termine  di
cinque giorni dallo smarrimento o sottrazione.
    Tale previsione contrasterebbe con  i  principi  fondamentali  in
materia di «tutela della salute», di cui all'art. 2,  commi  2  e  6,
della legge 14 agosto 1991,  n.  281  (Legge  quadro  in  materia  di
animali di affezione e prevenzione del randagismo),  con  conseguente
violazione dell'art. 117, terzo comma, Cost. La legislazione statale,
infatti, stabilisce  che  «i  cani  vaganti  ritrovati,  catturati  o
comunque provenienti dalle strutture di cui al comma l  dell'art.  4,
non possono essere soppressi» (art. 2, comma 2), mentre  gli  animali
ricoverati in tali  strutture  «possono  essere  soppressi,  in  modo
esclusivamente eutanasico, ad opera di medici veterinari, soltanto se
gravemente malati, incurabili o di comprovata pericolosita'» (art. 2,
comma 6).
    3.- In secondo luogo, la difesa statale impugna l'art. 10,  comma
4, della legge reg. Basilicata n. 46 del 2018. Ivi,  si  prevede  che
«se non reclamati entro 30 giorni dalla cattura, previo  espletamento
dei controlli sanitari, i cani possono essere ceduti gratuitamente ai
privati oppure ad Enti ed Associazioni protezionistiche,  zoofile  ed
animaliste che dispongono obbligatoriamente di un ricovero».
    3.1.- Siffatta disposizione violerebbe l'art. 117,  terzo  comma,
Cost., in  quanto  contrasterebbe  con  i  principi  fondamentali  in
materia di «tutela della salute», posti dall'art. 2, comma  5,  della
legge n. 281 del 1991, secondo cui «se non reclamati entro il termine
di sessanta giorni i cani possono essere ceduti a privati  che  diano
garanzie di buon trattamento o ad associazioni protezioniste,  previo
trattamento profilattico contro la rabbia,  l'echinococcosi  e  altre
malattie trasmissibili».
    La disciplina regionale, quindi, derogherebbe, sia per il termine
piu' breve, sia  per  la  procedura,  alle  disposizioni  statali  di
principio, riducendo cosi' le garanzie a tutela della salute.
    4.- La legge impugnata sarebbe altresi' lesiva dell'art. 3 Cost.,
in riferimento a numerose disposizioni che consentirebbero alle  sole
associazioni di volontariato riconosciute ai  sensi  della  legge  11
agosto  1991,  n.  266  (Legge-quadro  sul  volontariato),  ossia  le
organizzazioni  di  volontariato,  le  attivita'  previste   per   le
associazioni animaliste zoofile e di protezione animale di  cui  alla
legge n. 281 del 1991.
    Le disposizioni censurate, nella specie, sono: l'art. 6, comma 1,
lettera d), ove si prevede che le aziende  sanitarie  locali  possano
stipulare accordi di collaborazione con i privati e  le  associazioni
di volontariato animaliste (di cui  al  successivo  art.  7)  per  la
gestione delle colonie feline; l'art. 7, secondo cui le  associazioni
«di volontariato animalista [...] riconosciute ai sensi  della  legge
266/1991  [...]  possono   collaborare   alla   realizzazione   degli
interventi di educazione sanitaria e di controllo  demografico  della
popolazione di cani e  gatti  che  vivono  in  liberta'»  (comma  1),
potendo partecipare e collaborare alle attivita'  del  canile  (comma
2), con priorita' nell'affidamento della gestione dei  canili  (comma
3); l'art. 8,  laddove  si  stabilisce  che  i  Comuni  e  i  servizi
veterinari  possano  avvalersi  della  collaborazione  delle  guardie
volontarie e degli  operatori  zoofili  volontari  appartenenti  alle
associazioni di volontariato di cui all'art. 7; l'art. 21, commi 3  e
4, che contiene un riferimento alle sole associazioni di volontariato
tra gli enti abilitati a stipulare accordi di  collaborazione  con  i
Comuni per la gestione delle colonie feline  e  il  censimento  delle
zone sede delle stesse; l'art. 23, comma 2, il quale prevede  che  le
associazioni animaliste idonee a essere cessionarie di cani  e  gatti
siano esclusivamente le organizzazioni di  volontariato;  l'art.  34,
comma 3, in forza del quale gli interventi di cui al piano  operativo
per la tutela del benessere degli animali, predisposto della Regione,
possono essere attuati tramite specifiche convenzioni  tra  gli  enti
locali e le sole associazioni di volontariato animalista.
    4.1.- La difesa statale  sottolinea,  a  tal  proposito,  che  la
tutela degli animali e la prevenzione del  randagismo  rientrerebbero
tra le attivita' d'interesse generale di cui all'art. 5  del  decreto
legislativo 3 luglio 2017, n. 117, recante «Codice del Terzo settore,
a norma dell'articolo l, comma 2, lettera b), della  legge  6  giugno
2016, n. 106», che possono essere svolte senza fini  di  lucro  dagli
enti  del  Terzo  settore,  senza  distinzioni  tra  associazioni  di
volontariato, di promozione sociale, nonche' (una volta operativo  il
registro unico) altre tipologie di  enti,  anche  non  costituiti  in
forma associativa. La legge n. 281 del 1991,  inoltre,  non  porrebbe
alcuna  limitazione  di  tipo  soggettivo,  facendo  riferimento   ad
associazioni «protezioniste», «animaliste» e «zoofile».
    La limitazione alle sole organizzazioni di volontariato,  quindi,
realizzerebbe una discriminazione ingiustificata, in  particolare  in
danno delle associazioni di promozione  sociale  che,  in  base  agli
artt. 7 e 8 della legge 7 dicembre 2000,  n.  383  (Disciplina  delle
associazioni di promozione sociale), avrebbero le stesse finalita'  e
diritto al medesimo trattamento, cosi' come altre tipologie  di  enti
del Terzo settore.
    5.- Oggetto d'impugnazione e' anche l'art. 1,  comma  1,  lettera
c), della legge reg. Basilicata  n.  46  del  2018,  secondo  cui  la
Regione detta norme in  materia  di  randagismo  e  di  tutela  degli
animali  da  affezione  «al  fine   di   reprimere   ogni   tipo   di
maltrattamento compreso l'abbandono».
    5.1.- La disciplina regionale, in tal modo, avrebbe realizzato un
illegittimo  sconfinamento   nella   materia   «ordine   pubblico   e
sicurezza», di cui all'art. 117, secondo  comma,  lettera  h),  Cost.
Infatti, le condotte di maltrattamento  e  di  abbandono  configurano
ipotesi di reato, ai sensi, rispettivamente, degli  artt.  544-ter  e
727  del  codice  penale  e,  pertanto,  la  connessa  attivita'   di
repressione rientrerebbe tra i compiti  istituzionali  affidati  allo
Stato.
    6.- Infine, viene impugnato l'art. 19, comma 1, della legge  reg.
Basilicata n. 46  del  2018,  ove  si  dispone  che  la  denuncia  di
smarrimento  dell'animale  debba  essere  presentata,  oltre  che  al
servizio veterinario ufficiale, anche alle «Forze dell'Ordine».
    6.1.- Oltre alla genericita' di tale locuzione, la difesa statale
asserisce che la Regione avrebbe travalicato le  proprie  competenze,
individuando nelle forze  di  polizia  il  soggetto  competente  alla
ricezione delle denunce.
    In tal modo, sarebbe stata invasa la competenza esclusiva statale
in materia di  «ordinamento  e  organizzazione  amministrativa  dello
Stato e degli enti pubblici nazionali», ex art. 117,  secondo  comma,
lettera g), Cost. Infatti, come  chiarito  anche  dalla  sentenza  di
questa Corte n. 134  del  2004,  le  forme  di  collaborazione  e  di
coordinamento che coinvolgono compiti e attribuzioni di organi  dello
Stato   non   possono   essere   disciplinate    unilateralmente    e
autoritativamente dalle Regioni, neppure  nell'esercizio  della  loro
potesta' legislativa, ma devono trovare fondamento o  presupposto  in
leggi statali, oppure in accordi tra gli enti interessati.
    7.- La Regione Basilicata non si e' costituita in giudizio.
    8.- Con atto depositato in cancelleria  il  25  luglio  2019,  su
conforme deliberazione del Consiglio dei ministri del 19 giugno 2019,
il Presidente del Consiglio dei ministri  ha  rinunciato  al  ricorso
limitatamente alla questione relativa all'art. 6,  comma  1,  lettera
e),  della  legge  reg.  Basilicata  n.  46  del  2018,   in   virtu'
dell'abrogazione di tale disposizione da  parte  dell'art.  21  della
legge della  Regione  Basilicata  13  marzo  2019,  n.  4  (Ulteriori
disposizioni urgenti  in  vari  settori  d'intervento  della  Regione
Basilicata).

                       Considerato in diritto

    1.-  Il  Presidente  del  Consiglio  dei  ministri,  con  ricorso
iscritto al n. 14 del registro ricorsi 2019, ha impugnato  gli  artt.
1, comma 1, lettera c), 6, comma 1, lettere d) ed e), 7, 8, 10, comma
4, 19, comma 1, 21, commi 3 e 4, 23, comma 2, e 34,  comma  3,  della
legge della Regione Basilicata 30 novembre 2018, n. 46  (Disposizioni
in materia di randagismo e tutela degli animali  da  compagnia  o  di
affezione).
    2.- Oggetto di censura e' anzitutto l'art. 6,  comma  1,  lettera
e), della legge reg. Basilicata n. 46  del  2018,  che,  al  fine  di
consentire alle aziende sanitarie locali la soppressione dei  cani  e
dei gatti raccolti, rinvia alle condizioni di cui all'art. 19,  comma
1, della stessa legge, ove si stabilisce  l'obbligo  di  denuncia  di
smarrimento o di sottrazione dell'animale  d'affezione  entro  cinque
giorni dall'evento.
    2.1.- Tale previsione contrasterebbe con l'art. 117, terzo comma,
della Costituzione, in relazione ai principi fondamentali in  materia
di «tutela della salute», di cui all'art. 2, commi 2 e 6, della legge
14 agosto 1991, n.  281  (Legge  quadro  in  materia  di  animali  di
affezione e prevenzione del randagismo); in virtu' di tali  principi,
infatti, la soppressione degli animali vaganti ritrovati e ricoverati
nelle apposite strutture sarebbe consentita «soltanto  se  gravemente
malati, incurabili o di comprovata pericolosita'».
    2.2.- La disposizione impugnata e' stata  abrogata  dall'art.  21
della legge della Regione Basilicata 13 marzo 2019, n.  4  (Ulteriori
disposizioni urgenti  in  vari  settori  d'intervento  della  Regione
Basilicata). A seguito di  tale  abrogazione  la  difesa  statale  ha
rinunciato al ricorso limitatamente alla questione in esame.
    2.3.- Poiche', in mancanza  di  costituzione  in  giudizio  della
Regione  resistente,  l'intervenuta  rinuncia  al  ricorso   in   via
principale determina, ai sensi dell'art. 23 delle  Norme  integrative
per i giudizi davanti alla  Corte  costituzionale,  l'estinzione  del
processo (ex plurimis, ordinanze n. 202 del 2019, n. 55 del 2018,  n.
27 del 2016, n. 199 e n. 134 del 2015),  il  processo  va  dichiarato
estinto limitatamente alla questione relativa all'art.  6,  comma  1,
lettera e), della legge reg. Basilicata n. 46 del 2018.
    3.- Con una seconda questione e' impugnato l'art.  10,  comma  4,
della stessa legge, secondo cui, «se non reclamati  entro  30  giorni
dalla cattura, previo espletamento dei  controlli  sanitari,  i  cani
possono essere ceduti gratuitamente ai  privati  oppure  ad  Enti  ed
Associazioni protezionistiche, zoofile ed animaliste  che  dispongono
obbligatoriamente di un ricovero».
    3.1.- Asserisce l'Avvocatura generale dello  Stato  che  siffatta
disciplina lederebbe i  principi  fondamentali  nella  materia  della
«tutela della salute» di cui all'art. 2, comma 5, della legge n.  281
del 1991, ove si indica  un  termine  piu'  lungo,  pari  a  sessanta
giorni, e una diversa procedura per  la  cessione  dei  cani  vaganti
catturati.
    3.2.- La questione e' fondata.
    3.2.1.- La  disciplina  dettata  dalla  legge  n.  281  del  1991
concerne principalmente la materia dell'assistenza  e  della  polizia
veterinaria, ascrivibile alla  «tutela  della  salute»,  sebbene  per
taluni profili possano essere interessati anche ulteriori  titoli  di
competenza (sentenza n. 193 del 2013 e, in vigenza  della  precedente
formulazione del Titolo V della Costituzione,  sentenza  n.  123  del
1992).
    A tal proposito, l'art. 2, comma 5, della legge n. 281  del  1991
stabilisce che i cani vaganti  catturati,  nonche'  i  cani  ospitati
presso le apposite strutture, se non reclamati entro  il  termine  di
sessanta giorni, possano essere ceduti a privati che  diano  garanzie
di  buon  trattamento  o  ad   associazioni   protezioniste,   previa
profilassi  contro  la  rabbia,  l'echinococcosi  e  altre   malattie
trasmissibili.
    Tale disciplina persegue l'evidente finalita' di garantire che la
cessione degli animali abbandonati avvenga  nel  rispetto  di  regole
uniformi sul territorio  nazionale,  onde  assicurare  l'espletamento
delle opportune procedure  veterinarie  nonche'  tutelare  la  salute
degli animali presso  coloro  a  cui  vengono  affidati.  Si  tratta,
dunque,  di  aspetti  che  certamente  possono   essere   considerati
espressione di un principio fondamentale in materia di «tutela  della
salute» (e, con specifico riferimento al termine, costituiscono anche
un'uniforme regolazione di profili di diritto privato, concernendo la
derelictio del cane, come gia' sottolineato dalla sentenza n. 123 del
1992).
    3.2.2.- La disposizione regionale impugnata si discosta  in  modo
evidente dalla disciplina statale di principio, stabilendo un termine
inferiore decorso il quale i cani  possono  essere  ceduti.  Inoltre,
vengono regolati diversamente gli  adempimenti  da  espletarsi  prima
della cessione, ossia la profilassi veterinaria e la  verifica  delle
garanzie di buon trattamento che devono fornire i privati cessionari.
    La previsione di un termine piu' breve, in particolare,  potrebbe
compromettere il corretto svolgimento  del  trattamento  profilattico
contro la rabbia, l'echinococcosi  e  altre  malattie  trasmissibili,
che, tra l'altro, non e' espressamente richiamato dalla  legislazione
regionale, la quale fa generico riferimento  al  previo  espletamento
dei controlli sanitari.
    3.2.3.-  Ne  deriva,  in  conclusione,   che   l'intervento   del
legislatore regionale e' idoneo a  pregiudicare  quelle  esigenze  di
uniformita' espresse dalla legislazione  statale  di  principio,  con
conseguente illegittimita'  costituzionale  dell'art.  10,  comma  4,
della legge reg. Basilicata n. 46 del 2018
    4.- La parte ricorrente ha impugnato altresi' gli artt. 6,  comma
1, lettera d), 7, 8, 21, commi 3 e 4, 23, comma 2,  e  34,  comma  3,
della legge reg. Basilicata n. 46 del 2018.
    4.1.- Tali  disposizioni,  in  particolare,  limitano  alle  sole
associazioni di volontariato animalista riconosciute ai  sensi  della
legge 11 agosto 1991, n. 266 (Legge-quadro sul  volontariato),  ossia
le organizzazioni di volontariato, la legittimazione a  essere  parti
di  accordi  di  collaborazione   e   la   facolta'   di   concorrere
all'erogazione di servizi in materia di tutela degli animali,  quali,
ad esempio, la gestione dei canili e delle colonie  feline.  La  qual
cosa comporterebbe una violazione dell'art. 3 Cost., risolvendosi  in
una  discriminazione  degli  altri  enti  del   Terzo   settore,   in
particolare delle associazioni di promozione  sociale  che,  in  base
agli artt. 7 e 8 della legge 7  dicembre  2000,  n.  383  (Disciplina
delle  associazioni  di  promozione  sociale),  avrebbero  le  stesse
finalita' e diritto al medesimo trattamento.
    4.2.- Le questioni sono fondate.
    4.2.1.-  Le  disposizioni  regionali  impugnate  regolano  talune
attivita' riconducibili alla tutela degli animali e alla  prevenzione
del  randagismo,   limitandone   tuttavia   l'esercizio   alle   sole
organizzazioni di volontariato  riconosciute,  ora  disciplinate  dal
decreto legislativo 3 luglio 2017, n. 117, recante «Codice del  Terzo
settore, a norma dell'articolo l, comma 2, lettera b), della legge  6
giugno 2016, n. 106» (da qui: codice del terzo settore).
    Tuttavia, proprio  il  codice  del  terzo  settore,  all'art.  5,
riconduce le attivita' in questione a quelle d'interesse generale che
possono essere svolte da tutti i vari soggetti del Terzo  settore.  E
anche  l'art.  4  della  legge  n.  281  del  1991,  con  particolare
riferimento all'affidamento della gestione dei canili e delle colonie
feline,  non  pone  alcuna  limitazione  in  tal  senso,  consentendo
l'affidamento  in  convenzione  in  via  generale  alle  associazioni
«protezioniste», «animaliste» e «zoofile» (nonche' ai privati), senza
nulla specificare riguardo alla tipologia di tali associazioni.
    Dunque, sebbene le Regioni  possano  regolare  le  attivita'  dei
soggetti del Terzo settore  nelle  materie  attribuite  alla  propria
competenza, come nel caso in esame, limitare alle sole organizzazioni
di volontariato animalista lo svolgimento delle attivita'  consentite
a   tutte   le    associazioni    animaliste    risulta    senz'altro
discriminatorio. Non e' possibile  rinvenire,  infatti,  una  ragione
alla base dell'esclusione delle altre tipologie di soggetti (si  veda
la sentenza n. 166 del 2018), tenuto conto che la differenziazione si
fonda esclusivamente sullo status giuridico di dette  organizzazioni,
che di per se' non e' indice di  alcuna  ragionevole  giustificazione
della disciplina restrittiva della concorrenza dettata dalla  Regione
(sentenza n. 285 del 2016).
    4.2.2.- Ne consegue l'illegittimita' delle impugnate disposizioni
nella parte in cui limitano alle sole  associazioni  di  volontariato
animalista  «riconosciute  ai  sensi   della   legge   266/1991»   lo
svolgimento delle attivita' consentite alle  associazioni  animaliste
dalla stessa legge regionale.
    5.- Ulteriore questione e'  promossa  in  relazione  all'art.  1,
comma 1, lettera c), della legge reg.  Basilicata  n.  46  del  2018,
secondo cui la Regione detta norme in  materia  di  randagismo  e  di
tutela degli animali da affezione «al fine di reprimere ogni tipo  di
maltrattamento compreso l'abbandono».
    5.1.- Asserisce la parte ricorrente che  cio'  comporterebbe  una
lesione della competenza esclusiva  statale  in  materia  di  «ordine
pubblico e sicurezza», di cui all'art. 117,  secondo  comma,  lettera
h), Cost., tenuto conto  che  le  condotte  di  maltrattamento  e  di
abbandono configurano ipotesi di  reato  (artt.  544-ter  e  727  del
codice penale) e, pertanto,  la  connessa  attivita'  di  repressione
rientrerebbe tra i  compiti  istituzionali  affidati  alle  forze  di
polizia.
    5.2.- La questione non e' fondata.
    5.2.1.-   Come    chiarito    dalla    costante    giurisprudenza
costituzionale, la materia «ordine pubblico e sicurezza» si riferisce
all'adozione delle misure relative alla prevenzione dei  reati  e  al
mantenimento dell'ordine pubblico, inteso quale  complesso  dei  beni
giuridici fondamentali e degli interessi pubblici primari  sui  quali
si regge l'ordinata e civile convivenza nella comunita' nazionale (ex
multis, sentenze n. 118 del 2013, n. 300 e n. 35 del 2011, n.  226  e
n. 21 del 2010 e n. 383 del 2005). Il  che  puo'  riscontrarsi  anche
nello specifico settore in esame, come nel caso di norme statali tese
a salvaguardare  l'incolumita'  pubblica  dall'aggressione  da  parte
degli animali addestrati all'aggressivita' (tra  tutte,  sentenza  n.
222 del 2006). Le Regioni, quindi, non possono adottare  direttamente
misure per la  tutela  dell'incolumita'  pubblica  e  della  pubblica
sicurezza,  ma  possono  solo  cooperare  a   tal   fine   attraverso
disposizioni  poste   nell'esercizio   delle   proprie   attribuzioni
costituzionali (tra tutte, sentenza n. 63 del  2016).  Cio'  comporta
che le discipline regionali non devono porre  strumenti  di  politica
criminale, ne' provocare  «interferenze,  anche  potenziali,  con  la
disciplina statale di prevenzione e repressione dei reati»  (sentenza
n. 35 del 2012).
    5.2.2.- Nessuna delle circostanze sopra descritte  e'  rilevabile
nel caso di specie.
    Premesso che la disposizione impugnata ha carattere  d'indirizzo,
non individuando alcuna puntuale attivita' degli organi regionali, le
Regioni,  come  gia'  sottolineato,  nell'esercizio   delle   proprie
competenze  in  materia  sanitaria  e  nel  rispetto   dei   principi
fondamentali posti dal legislatore statale, possono dettare misure  e
obblighi al  fine  di  prevenire  il  randagismo  e  di  tutelare  il
benessere  animale.  La  qual  cosa  comporta  che  la   legislazione
regionale possa anche disciplinare le sanzioni amministrative tese  a
reprimere le violazioni di tali misure e obblighi  (sentenza  n.  123
del 1992).
    Il richiamo alla repressione dell'abbandono e del  maltrattamento
degli animali di all'art. 1, comma 1, lettera c),  della  legge  reg.
Basilicata n. 46 del 2018, dunque, rientra in tale ambito, senza  che
possa venire in considerazione l'attivita' di repressione dei  reati,
la quale spetta certamente allo Stato,  ma  in  alcun  modo  potrebbe
essere lesa dalla previsione regionale in questione.  Nulla  esclude,
d'altronde,  che  sanzioni  amministrative  e  penali  possano  anche
concorrere, come gia' nello schema della legge n. 281 del  1991,  che
all'art. 5 sanziona in via amministrativa l'abbandono di animali,  in
parallelo alla contravvenzione prevista dall'art. 727 cod. pen.
    Non puo' quindi attribuirsi alla  disposizione  impugnata  alcuna
sovrapposizione all'attivita' di prevenzione dei reati propria  degli
organi statali.
    6.- Da ultimo, oggetto di censura e' l'art. 19,  comma  1,  della
legge reg. Basilicata n. 46 del 2018, nella parte in cui prevede  che
la denuncia di smarrimento dell'animale da compagnia o d'affezione da
parte del responsabile degli stessi animali debba essere  presentata,
oltre che  al  servizio  veterinario  ufficiale,  anche  alle  «Forze
dell'Ordine».
    6.1.- Secondo la difesa statale, la  Regione  avrebbe  invaso  la
materia «ordinamento e organizzazione amministrativa  dello  Stato  e
degli enti pubblici nazionali», di cui all'art. 117,  secondo  comma,
lettera g), Cost., individuando, tra l'altro con espressione generica
e poco chiara, nelle forze di polizia  il  soggetto  competente  alla
ricezione delle denunce.
    6.2.- La questione non e' fondata.
    6.2.1.- Va precisato che  la  disposizione  regionale  impugnata,
effettivamente generica riguardo alla locuzione «Forze  dell'Ordine»,
risulta censurata esclusivamente per  quanto  concerne  l'obbligo  di
denuncia nei casi di  smarrimento,  non,  quindi,  per  l'ipotesi  di
sottrazione,  pur  disciplinata   dalla   stessa   disposizione.   La
sottrazione puo' delinearsi quale fattispecie  penalmente  rilevante,
nella specie integrando i reati di  furto  (art.  624  cod.  pen.)  o
appropriazione indebita (art. 646 cod. pen.), per  cui  una  denuncia
alle forze di polizia appare un'eventualita' del tutto fisiologica.
    Nondimeno, anche lo smarrimento di un animale, come di  qualsiasi
bene, puo' essere oggetto di denuncia alle forze dell'ordine, che  in
tal caso sarebbero certamente obbligate  a  ricevere  la  stessa.  Lo
smarrimento, d'altronde, ben  potrebbe  essere  una  sottrazione  non
ancora nota al titolare. A cio' si aggiunga che la  previsione  della
citata contravvenzione  di  cui  all'art.  727  cod.  pen.,  relativa
all'abbandono  di  animali,  rende  possibile,  anche  nei  casi   di
smarrimento, una segnalazione alle forze di polizia, se non altro  da
parte dell'autorita' sanitaria. Ne' possono escludersi altre  ipotesi
di necessaria segnalazione all'autorita' di pubblica sicurezza,  come
in caso di smarrimento di animali aggressivi, idoneo a causare rischi
per l'incolumita' pubblica.
    L'obbligo di denuncia posto dalla  legge  regionale  in  capo  al
responsabile  dell'animale,  quindi,  di   per   se'   non   comporta
l'attribuzione di competenze ulteriori alle  forze  di  polizia,  che
sarebbero in ogni caso tenute a ricevere le denunce di smarrimento in
virtu'  delle  funzioni  istituzionali  gia'  previste  dalle   norme
statali, in cui trova quindi fondamento il coinvolgimento  di  organi
dello Stato censurato dal ricorrente (tra le tante, sentenze  n.  104
del 2010, n. 10 del 2008 e n. 454 del 2007).
     

                          per questi motivi
                       LA CORTE COSTITUZIONALE

    1) dichiara l'illegittimita' costituzionale dell'art.  10,  comma
4, della legge della Regione  Basilicata  30  novembre  2018,  n.  46
(Disposizioni in materia di randagismo  e  tutela  degli  animali  da
compagnia o di affezione);
    2) dichiara l'illegittimita' costituzionale degli artt. 6,  comma
1, lettera d), 7, 8, 21, commi 3 e 4, 23, comma 2,  e  34,  comma  3,
della legge reg. Basilicata n.  46  del  2018,  nella  parte  in  cui
limitano  alle   sole   associazioni   di   volontariato   animalista
«riconosciute ai sensi della legge  266/1991»  lo  svolgimento  delle
attivita' consentite alle associazioni animaliste dalla stessa  legge
regionale;
    3)  dichiara   non   fondata   la   questione   di   legittimita'
costituzionale dell'art. 1, comma 1, lettera  c),  della  legge  reg.
Basilicata n. 46 del 2018, promossa,  in  riferimento  all'art.  117,
secondo comma, lettera h), della  Costituzione,  dal  Presidente  del
Consiglio dei ministri con il ricorso indicato in epigrafe;
    4)  dichiara   non   fondata   la   questione   di   legittimita'
costituzionale dell'art. 19, comma 1, della legge reg. Basilicata  n.
46 del 2018, promossa, in riferimento all'art.  117,  secondo  comma,
lettera g), Cost., dal Presidente del Consiglio dei ministri  con  il
ricorso indicato in epigrafe;
    5) dichiara estinto il processo, limitatamente alla questione  di
legittimita' costituzionale dell'art. 6, comma 1, lettera  e),  della
legge reg. Basilicata  n.  46  del  2018,  promossa,  in  riferimento
all'art. 117, terzo comma, Cost., dal Presidente  del  Consiglio  dei
ministri con il ricorso indicato in epigrafe.
    Cosi' deciso in Roma,  nella  sede  della  Corte  costituzionale,
Palazzo della Consulta, il 5 novembre 2019.

                                F.to:
                       Aldo CAROSI, Presidente
                      Giuliano AMATO, Redattore
                     Roberto MILANA, Cancelliere

    Depositata in Cancelleria il 20 dicembre 2019.

                   Il Direttore della Cancelleria
                        F.to: Roberto MILANA


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