Cons. Stato Sez.
VII, Sent., (ud. 20/02/2023) 11-04-2023, n. 3662
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Settima)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 3037 del 2019, proposto dax
contro
Ministero dell'economia e delle finanze, in persona del
Ministro pro tempore, rappresentato e difeso ex lege dall'Avvocatura generale
dello Stato, con domicilio in Roma, via dei Portoghesi, 12
per la riforma
della sentenza del Tribunale amministrativo regionale per la
Toscana (Sezione Prima) n. 1191 del 9 settembre 2018
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio del Ministero dell'economia
e delle finanze;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza straordinaria di smaltimento
dell'arretrato del giorno 3 febbraio 2023, svolta in videoconferenza ai sensi
dell'art. 87 comma 4bis c.p.a. il consigliere Ofelia Fratamico;
Nessuno presente per le parti;
Viste altresì le conclusioni della parte appellata come da
verbale;
Svolgimento del processo
L'appellante ha chiesto l'annullamento e/o la riforma della
sentenza n. 1191 del 30 settembre 2018 con cui il T.a.r. per la Toscana ha
rigettato il ricorso proposto in primo grado avverso il decreto di
inquadramento economico emesso nei suoi confronti in data 4 maggio 1992 dal
Ministero delle finanze, ritenendo infondate le sue domande di
"riconoscimento del corretto inquadramento economico e delle
corrispondenti somme dovute per stipendio e arretrati".
A sostegno della sua impugnazione, l'appellante ha dedotto i
seguenti motivi, (il secondo ed il terzo dei quali riproposizione delle censure
già formulate in primo grado): 1) erroneità della sentenza di primo grado,
errata interpretazione ed applicazione del disposto dei D.M. dell'8 novembre
1980 e D.M. del 21 febbraio 1989, violazione della L. 11 luglio 1980 n. 312 (in
particolare all'art. 4, commi 8 e 9); 2) violazione dell'art. 14 della L. 4
agosto 1975 n. 397, della L. 19 luglio 1977 n. 412, del D.P.R. 7 giugno 1979,
n. 223, della L. 11 luglio 1980 n. 312, del D.P.R. 9 giugno 1981, n. 310, del
D.P.R. 25 giugno 1983, n. 344, del D.P.R. 8 maggio 1987, n. 266, del D.P.R. 17
settembre 1987, n. 4941 e del D.P.R. 17 gennaio 1990, n. 44, vizio di eccesso
di potere per contraddittorietà di comportamento e violazione delle
disposizioni di circolare del Ministero del tesoro; 3) violazione della L. 7
agosto 1990 n. 241 sotto il profilo della mancanza di motivazione e del difetto
di istruttoria, eccesso di potere per difetto di istruttoria e violazione del
giusto procedimento.
Si è costituito in giudizio il Ministero dell'economia e
delle finanze, chiedendo il rigetto dell'appello, in quanto infondato.
In data 27 gennaio 2023 l'amministrazione ha depositato
istanza di passaggio in decisione della causa senza previa discussione.
All'udienza straordinaria per lo smaltimento dell'arretrato
del 3 febbraio 2023, svolta in videoconferenza ai sensi dell'art. 87 comma 4
bis c.p.a. nella quale nessuno è comparso per le parti, la causa è stata,
dunque, trattenuta in decisione.
Motivi della decisione
Con istanza depositata alle ore 16.17 dello stesso giorno
dell'udienza di discussione del merito, il difensore dell'appellante,
rappresentando di non aver potuto prendere parte all'udienza stessa a causa del
verificarsi di problemi tecnici in ordine al collegamento telematico per la
discussione del ricorso e/o per l'incolpevole perdita della connessione, ha
chiesto al Collegio di essere rimesso in termini e di essere considerato
"come presente in udienza al … fine di consentirgli di riportarsi agli
atti di causa e di insistere per l'accoglimento del ricorso".
In via preliminare deve affermarsi che tale richiesta,
esaminata dal Collegio tramite riconvocazione di apposita camera di consiglio
nella data del 20 febbraio 2023, non può essere, però, accolta, non essendo il
suddetto difensore, che non risultava visibile al momento della chiamata della
causa per la trattazione, né successivamente, nella "sala d'attesa virtuale",
riuscito in alcun modo a dimostrare, sia pure attraverso elementi indiziari
quali ad esempio la tempestiva chiamata ai numeri telefonici messi a
appositamente a disposizione dalla Segreteria della Sezione o l'invio di una
mail alla Segreteria stessa nel corso dell'udienza, la propria presenza on line
e disponibilità per l'udienza telematica.
Quanto al merito della causa, con la sua impugnazione il
ricorrente, che ha prestato servizio fino all'età della pensione quale
impiegato di settimo livello presso l'Ufficio II. DD. di C.G., in provincia di
Lucca, dopo essere stato assunto presso il Ministero delle finanze nell'anno
1962, sostiene l'erroneità della sentenza impugnata, nella quale il T.a.r. per
la Toscana non avrebbe adeguatamente considerato l'avvenuta maturazione da
parte sua del diritto all'inquadramento nel settimo livello ai sensi dell'art.
14 della L. n. 397 del 1975 al momento dell'entrata in vigore della L. n. 312
del 1980, ritenendo che egli avesse l'onere di contestare "a suo tempo il
decreto ministeriale (emesso) in data 8 novembre 1980 con il quale gli era
stato attribuito appunto il sesto livello retributivo" e che, in mancanza
di qualsiasi tempestiva contestazione al riguardo "la relativa doglianza
non (potesse) … quindi essere introdotta in sede di impugnazione del decreto
ministeriale (adottato) in data 4 maggio 1992 (provvedimento impugnato in primo
grado) che necessariamente (aveva) preso atto dei precedenti inquadramenti
rimasti inoppugnati".
Il ricorrente sul punto ha dedotto il superamento del D.M.
dell'8 novembre 1980 (che lo aveva inserito nella sesta qualifica funzionale)
da parte del D.M. del 21 febbraio 1989, che avrebbe operato con efficacia
retroattiva (a partire dall'anno 1978 sia riguardo alla qualifica funzionale
sia riguardo al trattamento economico) con conseguente venir meno della
necessità per lui di contestare il precedente provvedimento. Denunciando, poi,
di aver perso per gli erronei calcoli effettuati dall'amministrazione il
beneficio dell'anzianità maturata, percependo una retribuzione uguale a
soggetti aventi un'anzianità di molto inferiore alla sua, l'originario
ricorrente ha, dunque, lamentato la violazione da parte del Ministero delle
disposizioni di legge e di quanto prescritto dalle circolari in materia,
chiedendo che il suo inquadramento economico fosse correttamente determinato,
con condanna del Ministero a provvedere all'accreditamento e al pagamento di
tutte le somme spettantigli, sia come stipendio, sia come conguaglio e
arretrati.
Ha, quindi, riproposto dinanzi a questo Consiglio anche le
censure di difetto di motivazione del provvedimento impugnato e di omessa
comunicazione dell'apertura del procedimento che aveva condotto a tale atto.
Tali doglianze non sono fondate e devono essere respinte.
Alla luce degli atti di causa e della relazione prodotta in
primo grado dall'amministrazione in ottemperanza a preciso ordine istruttorio
del T.a.r., l'odierno appellante, appartenente alla ex carriera esecutiva alla
data di entrata in vigore della L. 4 agosto 1975, n. 397, risulta, infatti,
essere stato correttamente inquadrato con il D.M. 8 novembre 1980 ai sensi
dell'art. 4 della L. n. 312 del 1980 nella ex VI qualifica funzionale a
decorrere dal 1 gennaio 1978 agli effetti giuridici e, successivamente, con
D.M. 22 luglio 1981 essere stato nominato "segretario". Con D.M. 21
febbraio 1989 è stato, poi, inquadrato, ai sensi del comma 8 dell'art. 4 della
L. n. 312 del 1980, nel profilo professionale di "collaboratore
tributario" - ex VII qualifica funzionale (ex carriera di concetto) con
decorrenza giuridica dal 1 gennaio 1978 ed economica dal 1 luglio 1978. In base
al provvedimento impugnato con il ricorso di primo grado la sua posizione
giuridica è stata, quindi, rideterminata con l'attribuzione del VII livello
retributivo (livello apicale all'interno della carriera di concetto) sempre a
decorrere dal 1 gennaio 1978 ai fini giuridici e dal 1 luglio 1978 ai fini
economici.
Tale inquadramento appare rispettoso della disciplina
stabilita dai commi 8 e 9 dell'art. 4 della L. n. 312 del 1980 che prescrivono
che "8. il personale le cui attribuzioni, in base alla qualifica
rivestita, corrispondono a quelle risultanti, per le nuove qualifiche, dai
profili di cui al precedente articolo 3 è inquadrato nelle qualifiche medesime
anche in soprannumero. Ove manchi una esatta corrispondenza di mansioni si ha
riguardo, ai fini dell'inquadramento, al profilo assimilabile alla stessa
qualifica" e che "9. I dipendenti che abbiano effettivamente svolto
per un periodo non inferiore a cinque anni le mansioni di un profilo diverso
dalla qualifica rivestita secondo il vecchio ordinamento possono essere
inquadrati a domanda previo parere favorevole della commissione di
inquadramento… nel profilo professionale della qualifica funzionale relativa
alle mansioni esercitate", senza che nell'operato dell'amministrazione
siano riscontrabili violazioni di legge o del modus operandi prescritto agli
uffici dalle circolari in materia.
Anche il nuovo stipendio dovuto all'originario ricorrente
risulta, in verità, essere stato determinato in applicazione delle disposizioni
normative vigenti, costituite, in particolare, dall'art. 2 lett. a) del D.P.R.
n. 310 del 1981 secondo il quale "a) per il personale che alla data di
entrata in vigore dei nuovi stipendi si trovi nel livello retributivo più alto
tra quelli relativi all'ex carriera di appartenenza, si determina sul livello
inferiore lo stipendio corrispondente al periodo di servizio prestato nella
prima o nelle prime due qualifiche per le carriere che erano strutturate
rispettivamente in due o in tre qualifiche, o prestato in posizione economica
corrispondente alle prime due qualifiche delle carriere ordinarie ove trattasi
di personale che apparteneva a carriere articolate su una sola qualifica, valutando
anche le eventuali frazioni di biennio maturate alla data predetta, escluse le
frazioni di mese (e) allo stipendio così determinato si aggiunge ove spettante
l'importo relativo al beneficio di cui al successivo art. 3".
Né si riscontrano nella normativa applicata profili di
disparità di trattamento tra posizioni identiche tali da integrare una
violazione dell'art. 3 della Costituzione. La relativa questione, peraltro
dedotta in modo del tutto generico dall'appellante, non può che essere dunque
dichiarata manifestamente infondata.
Trattandosi, infine, della puntuale applicazione di norme di
legge all'interno della procedura per la determinazione dell'inquadramento del
dipendenti nel nuovo sistema, priva di alcun profilo di discrezionalità, ed
avendo l'amministrazione illustrato lo svolgimento del relativo procedimento ed
i calcoli effettuati, anche le censure di violazione della L. n. 241 del 1990 e
di difetto di motivazione e di comunicazione di avvio della procedura non
possono che essere respinte, tenuto conto anche della mancata prova da parte
del ricorrente, come sottolineato dal T.a.r. nella pronuncia appellata, del
possesso dei requisiti necessari per ottenere l'inquadramento superiore ai
sensi di legge.
In conclusione, stante l'infondatezza di tutte le censure
articolate dall'originario ricorrente, l'appello deve essere respinto.
Per la particolarità e la complessità della controversia
sussistono, in ogni caso, giusti motivi per compensare le spese.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione
Settima), definitivamente pronunciando sull'appello, come in epigrafe proposto,
lo rigetta.
Compensa le spese.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità
amministrativa.
Così deciso in Roma nelle camere di consiglio dei giorni 3
febbraio 2023 e 20 febbraio 2023, con l'intervento dei magistrati:
Claudio Contessa, Presidente
Fabio Franconiero, Consigliere
Sergio Zeuli, Consigliere
Giovanni Tulumello, Consigliere
Ofelia Fratamico, Consigliere, Estensore
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