Giubbe Rosse
UNA GUERRA CHE PUÓ RISERVARE SORPRESE
Che gli eserciti in guerra facciano disinformazione è ormai senso comune.
E una delle prime cose da mistificare, ovviamente, è il numero dei propri caduti; basti pensare all'esercito ucraino...
Oggi l'IDF - l'esercito israeliano - è passato, nel giro di poche ore, dall'ammettere 9 morti (più i feriti) a riconoscerne 15. Solo oggi, solo a Gaza.
Ne ha ammessi oltre 320 nei primi due/tre giorni dell'operazione al-Aqsa Flood, soprattutto perché serviva un numero significativo che facesse da pretesto per la mattanza.
Al nord, Hezbollah dichiara di averne uccisi e feriti oltre 100.
E siamo solo all'inizio di quella che lo stesso Israele riconosce essere qualcosa che richiederà mesi.
Anche se tutto continuasse così (senza nessun intervento 'esterno'), è evidente che Tsahal ne uscirà con le ossa rotte; anche se vince.
Ovviamente non conosciamo i piani tattici né dell'una né dell'altra parte. Però sembrerebbe che gli israeliani si stiano cacciando nei guai da soli.
Le direttrici con cui stanno penetrando a Gaza infatti, delineano chiaramente quale è il disegno: separare la parte meridionale della Striscia (a sud di Wadi Gaza) da quella settentrionale, confinare a sud quanta più popolazione possibile, e scendendo da nord schiacciare le forze della resistenza (che ritengono concentrate a Gaza City), e quindi 'ripulire' l'area. Obiettivo: annettersi la parte nord, magari radendo al suolo la città e farne una zona-cuscinetto, lasciando ai sopravvissuti la parte compresa tra Wadi Gaza e l’Egitto.
I punti deboli di questo disegno, sul piano militare, sono:
- presumere che i combattenti palestinesi siano concentrati a Gaza City, senza possibilità di spostarsi (nonostante 500 km di tunnel sotterranei)
- credere di avere tempo e modo per il repulisti a nord, senza che nessuno li fermi e senza pagare un prezzo tanto elevato da mettere a rischio la capacità di difesa (un animale ferito attira i predatori)
- non prevedere un mega-calderone al centro della Striscia.
Quest'ultimo punto, in particolare, è il più delicato. Quello che stanno facendo adesso le forze dell'IDF è penetrare da est, prendendo il controllo dell’autostrada Salah ed-Din (che va da nord a sud), per poi spingersi avanti, sino all'altra autostrada nord-sud, quella costiera, completando il taglio. L'interruzione delle vie di comunicazione di superficie è però un problema per i civili, che avranno difficoltà a fuggire dagli scontri (ed i cui movimenti potrebbero creare problemi proprio all’IDF), ma di certo non avrà grande peso sui combattenti della resistenza, che non si spostano sulle strade. In più, le truppe israeliane si verranno a trovare esposte al fuoco da entrambe i lati, da nord e da sud, col rischio che i collegamenti logistici (che passano da un unico punto, ad est) possano addirittura essere interrotti, lasciando isolati interi reparti, chiusi tra due aree ostili ed il mare ad ovest.
A tutto ciò va aggiunto un ulteriore problema (già visto in Ucraina), ovvero il fattore consumo. Anche se gli USA hanno messo in moto un gigantesco ponte aereo per rifornire Tel Aviv, già adesso Israele accusa una carenza di munizioni per il suo sistema anti-missile Iron Dome, trovandosi costretta a difendere solo gli obiettivi importanti. La tattica di saturare questi sistemi, già usata dai russi nel conflitto ucraino, punta proprio all'esaurimento delle scorte. È chiaro che quanto stanno facendo gli Houti dallo Yemen ha lo stesso scopo, e se dovessero cominciare anche dal Libano, la questione si farebbe significativa.
Considerato che i combattenti a Gaza sono almeno il doppio degli uomini di Tsahal (40/50.000 vs 20.000), non si può nemmeno escludere che possano colpire alle spalle delle due divisioni attualmente impegnate dall'IDF.
È chiaramente troppo presto per previsioni di qualsiasi genere, ma l'ipotesi che l'IDF sia caduta in trappola, come è successo alla NATO in Ucraina, non è poi così peregrina. E magari anche loro, come i pifferi di montagna, partirono per suonare e furono suonati..
Che gli eserciti in guerra facciano disinformazione è ormai senso comune.
E una delle prime cose da mistificare, ovviamente, è il numero dei propri caduti; basti pensare all'esercito ucraino...
Oggi l'IDF - l'esercito israeliano - è passato, nel giro di poche ore, dall'ammettere 9 morti (più i feriti) a riconoscerne 15. Solo oggi, solo a Gaza.
Ne ha ammessi oltre 320 nei primi due/tre giorni dell'operazione al-Aqsa Flood, soprattutto perché serviva un numero significativo che facesse da pretesto per la mattanza.
Al nord, Hezbollah dichiara di averne uccisi e feriti oltre 100.
E siamo solo all'inizio di quella che lo stesso Israele riconosce essere qualcosa che richiederà mesi.
Anche se tutto continuasse così (senza nessun intervento 'esterno'), è evidente che Tsahal ne uscirà con le ossa rotte; anche se vince.
Ovviamente non conosciamo i piani tattici né dell'una né dell'altra parte. Però sembrerebbe che gli israeliani si stiano cacciando nei guai da soli.
Le direttrici con cui stanno penetrando a Gaza infatti, delineano chiaramente quale è il disegno: separare la parte meridionale della Striscia (a sud di Wadi Gaza) da quella settentrionale, confinare a sud quanta più popolazione possibile, e scendendo da nord schiacciare le forze della resistenza (che ritengono concentrate a Gaza City), e quindi 'ripulire' l'area. Obiettivo: annettersi la parte nord, magari radendo al suolo la città e farne una zona-cuscinetto, lasciando ai sopravvissuti la parte compresa tra Wadi Gaza e l’Egitto.
I punti deboli di questo disegno, sul piano militare, sono:
- presumere che i combattenti palestinesi siano concentrati a Gaza City, senza possibilità di spostarsi (nonostante 500 km di tunnel sotterranei)
- credere di avere tempo e modo per il repulisti a nord, senza che nessuno li fermi e senza pagare un prezzo tanto elevato da mettere a rischio la capacità di difesa (un animale ferito attira i predatori)
- non prevedere un mega-calderone al centro della Striscia.
Quest'ultimo punto, in particolare, è il più delicato. Quello che stanno facendo adesso le forze dell'IDF è penetrare da est, prendendo il controllo dell’autostrada Salah ed-Din (che va da nord a sud), per poi spingersi avanti, sino all'altra autostrada nord-sud, quella costiera, completando il taglio. L'interruzione delle vie di comunicazione di superficie è però un problema per i civili, che avranno difficoltà a fuggire dagli scontri (ed i cui movimenti potrebbero creare problemi proprio all’IDF), ma di certo non avrà grande peso sui combattenti della resistenza, che non si spostano sulle strade. In più, le truppe israeliane si verranno a trovare esposte al fuoco da entrambe i lati, da nord e da sud, col rischio che i collegamenti logistici (che passano da un unico punto, ad est) possano addirittura essere interrotti, lasciando isolati interi reparti, chiusi tra due aree ostili ed il mare ad ovest.
A tutto ciò va aggiunto un ulteriore problema (già visto in Ucraina), ovvero il fattore consumo. Anche se gli USA hanno messo in moto un gigantesco ponte aereo per rifornire Tel Aviv, già adesso Israele accusa una carenza di munizioni per il suo sistema anti-missile Iron Dome, trovandosi costretta a difendere solo gli obiettivi importanti. La tattica di saturare questi sistemi, già usata dai russi nel conflitto ucraino, punta proprio all'esaurimento delle scorte. È chiaro che quanto stanno facendo gli Houti dallo Yemen ha lo stesso scopo, e se dovessero cominciare anche dal Libano, la questione si farebbe significativa.
Considerato che i combattenti a Gaza sono almeno il doppio degli uomini di Tsahal (40/50.000 vs 20.000), non si può nemmeno escludere che possano colpire alle spalle delle due divisioni attualmente impegnate dall'IDF.
È chiaramente troppo presto per previsioni di qualsiasi genere, ma l'ipotesi che l'IDF sia caduta in trappola, come è successo alla NATO in Ucraina, non è poi così peregrina. E magari anche loro, come i pifferi di montagna, partirono per suonare e furono suonati..
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