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domenica 7 aprile 2024

Tribunale 2024-"del delitto p. e p. dall'art. 337 c.p., perché usava violenza e minaccia agii agenti della Polizia Municipale di Monfalcone Ag. M.M. e Isp. Capo G.A. che nella loro qualità di pubblici ufficiali stavano compiendo accertamenti nei confronti della stessa e di G.F.P. (fratello); in particolare la G. si opponeva verbalmente e si frapponeva fisicamente più volte tra rag. M. e il fratello G. F. P. con forza, venendo a contatto fisico ed allargando le braccia per bloccare l'Ag. M. e facendo quindi in modo che il fratello potesse allontanarsi e non essere identificato."

 

Tribunale Gorizia, Sent., 01-03-2024

Fatto Diritto P.Q.M. 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

TRIBUNALE CIVILE E PENALE DI GORIZIA

SEZIONE DIBATTIMENTO

Il Tribunale, in composizione monocratica, nella persona del Giudice dott.ssa Concetta Bonasia alla pubblica udienza del 23.1.2024 ha pronunziato e pubblicato, mediante lettura del dispositivo, la seguente

SENTENZA

nei confronti di:

x

Libera assente

imputati

vedasi foglio allegato

IMPUTATI

Per G.A.:

a) del delitto p. e p. dall'art. 337 c.p., perché usava violenza e minaccia agii agenti della Polizia   Municipale  di Xx Ag. M.M. e Isp. Capo G.A. che nella loro qualità di pubblici ufficiali stavano compiendo accertamenti nei confronti della stessa e di G.F.P. (fratello); in particolare la G. si opponeva verbalmente e si frapponeva fisicamente più volte tra rag. M. e il fratello G. F. P. con forza, venendo a contatto fisico ed allargando le braccia per bloccare l'Ag. M. e facendo quindi in modo che il fratello potesse allontanarsi e non essere identificato.

Per G.F.P.

b) del delitto p. e p. dall'art. 341 bis c.p. perché in luogo pubblico o aperto ai pubblico e in presenza di più persone, offendeva l'onore ed il prestigio degli agenti M.M. e Isp. Capo G.A. della  Polizia   Municipale di Xx impegnati nel compimento di un atto d'ufficio e comunque nell'esercizio delle loro funzioni, rivolgendosi agli stessi con le seguenti frasi "scusi posso fare una domanda? Vi state divertendo? No perché vi vedo con il sorriso, non fate un cazzo dalla mattina alla sera" e infine: "Vaffammocc a Chi t'è Murt"

Commessi in Xx il 11.05.2021


Svolgimento del processo


Con decreto emesso dal G.i.p. a seguito di opposizione a decreto penale di condanna, gli odierni imputati sono stati citati a giudizio, affinché rispondessero del reato loro rispettivamente ascritto in rubrica.

All'udienza del 20.5.2022, dichiarato aperto il dibattimento, sono stati ammessi i mezzi di prova.

All'udienza dell' 11.11.2022 è stata di mero rinvio, per mutamento del giudicante.

All'udienza del 16.5.2023, sono stati escussi G.A., M.M. e S.L..

All'udienza del 24.10.2023, sono stati escussi C.N., G.M. e S.D.; la difesa ha dimesso documentazione.

All'udienza del 23.1.2024, dichiarata chiusa l'istruttoria dibattimentale, le parti hanno illustrato le rispettive conclusioni, come riportate in epigrafe.


Motivi della decisione


Deve essere pronunciata sentenza di condanna degli odierni imputati per il reato loro rispettivamente ascritto in rubrica, per le seguenti motivazioni, che prendono le mosse dalla ricostruzione delle testimonianze acquisite in dibattimento.

La testimone G.A., operante di P.g., ha dichiarato che in data 11.5.2021, assieme al collega M.M., aveva fermato in strada G.A., poiché questa trasportava sul proprio monopattino il figlio minore; nel momento in cui stavano redigendo il verbale di infrazione amministrativa, si era avvicinato G.F.P., fratello di G.A., che aveva loro rivolto, innanzi a diversi passanti, la seguente espressione: "non fate un cazzo dalla mattina alla sera". Gli operanti gli avevano allora chiesto i documenti, ma l'uomo era scappato dalla parte opposta; l'agente M. era dunque scattato all'inseguimento, ma G.A. gli si era parata davanti con le braccia aperte, impedendogli di passare. Solo con l'arrivo del vice-commissario, la donna aveva chiamato il fratello e questi era dunque tornato sul posto, consentendo agli operanti di identificarlo compiutamente.

Il teste M.M. ha integralmente confermato i fatti, specificando che la donna, per impedirgli di rincorrere il fratello, lo aveva spinto all'indietro più volte col proprio busto, tant'è che, alla fine, il fratello era riuscito a dileguarsi senza che lui potesse fermarlo. Il teste M. ha altresì precisato che, al fatto, avevano assistito diversi passanti, poiché questo era avvenuto in una delle vie principali di M., ossia via R., nel pieno pomeriggio, ossia alle ore 17 circa.

La testimone S.L., operante di P.g., ha dichiarato di essere intervenuta in via R., unitamente al vice-commissario Postiglione, su richiesta di supporto effettuata direttamente dalla pattuglia in strada, composta dall'agente M. e dall'ispettore G..

Il teste C.N., premesso che in data 11.5.2021 si trovava in compagnia del cugino G.F.P. su via Rosselli, ha dichiarato che quest'ultimo si era avvicinato agli operanti di P.g. senza proferire nei loro confronti alcuna frase oltraggiosa; gli operanti gli avevano comunque chiesto il documento, ma G.F.P. si era girato e allontanato. Il teste ha aggiunto di aver visto in questo frangente che l'operante stava cercando di spintonare via G.A. (pag. 5 verbale di fonoregistrazione dell'udienza del 24.10.2023); su domanda a chiarimento del p.m. - ci può spiegare meglio l'episodio che lei ha descritto dello spintonamento? -, il teste C. ha risposto: ho visto che c 'era il vigile con le mani così e cercava di passare e c'era la signora G. davanti che insomma, penso stava, insomma, attutendo i colpi, credo. Ad ulteriore domanda del p.m. - in che senso, cioè che non lo faceva passare? -, il teste C. ha risposto: si (pag. 6 verbale di fonoregistrazione dell'udienza cit.). A domanda in riesame del difensore - lei ha detto di aver visto uno dei vigili e la signora A. che si fronteggiavano in qualche modo ...se ci descrive un po' meglio questa reciproca posizione - il teste C. ha risposto: era letteralmente, come dire, come se la stesse spintonando contro il muro-, ad ulteriore domanda del difensore - perché prima ha detto "non lo lasciava passare ", dove voleva andare il vigile? - il teste C. ha risposto: non so (pag. 7 verbale cit.).

La teste G.M., in servizio presso il Pronto Soccorso di Xx, ha dichiarato che G.A., ivi giunta per cure mediche, le aveva riferito di essere stata spinta e colpita al torace da un rappresentante delle Forze dell'Ordine, che l'aveva fermata per una possibile infrazione delle norme stradali (cfr. altresì referto di Pronto soccorso dimesso dalla difesa all'udienza del 24.10.2023).

La teste S.D., in servizio presso il Pronto Soccorso di Xx, ha dichiarato che, in esito alla radiografia effettuata nei confronti di G.A. in data 11.5.2021, era emersa l'infrazione della sua nona costa di sinistra.

Ritiene il Giudice che le emergenze processuali consentano con sicuro convincimento di affermare la penale responsabilità dei prevenuti in ordine al reato loro ascritto in rubrica.

Tanto attendibili quanto chiare, precise e lineari sono risultate in tal senso le dichiarazioni dei testi M. e G.; gli stessi hanno invero descritto compiutamente l'episodio in contestazione, senza contraddizioni intrinseche ed estrinseche, posto che le rispettive dichiarazioni convergono reciprocamente e trovano altresì riscontro in quelle rese dalla teste S., che ha ricordato di essere intervenuta su richiesta di supporto effettuata direttamente dalla pattuglia in strada.

Per converso, non può darsi credito a quanto affermato dal teste C., posto che lo stesso:

- in sede di esame del difensore, ha dichiarato che l'operante aveva cercato di spintonare l'imputata (pag. 5 cit.);

- in sede di controesame del p.m., ha dichiarato che l'operante cercava di passare e l'imputata non lo faceva passare (pag. 6 cit.);

- in sede di riesame del difensore, ha dichiarato che era come se l'operante stesse spintonando l'imputata contro il muro, senza meglio chiarire il senso di questo come se (pag. 7 cit.);

- a richiesta di ulteriore chiarimento del difensore degli imputati, ha infine concluso con un laconico non so (pag. 7 cit.).

Orbene, innanzi ad un racconto così stentato, confuso e contraddittorio, non si vede come poter ritenere attendibile il teste C., in ordine alla dinamica di quanto accaduto tra l'operante M. e l'imputata G.A. nonché alle frasi specificamente pronunciate dall'imputato G.F.P..

Si noti peraltro che il teste C. non ha comunque negato che, alla richiesta di documenti avanzata dagli operanti nei confronti di G.F.P., questo si era girato e allontanato, confermando quindi, sul punto, esattamente quanto dichiarato dai testi M. e G..

Non assurgono a rango di prova a discarico le dichiarazioni rese dalla teste G., posto che la stessa si è limitata a riferire quanto appreso dall'imputata in Pronto soccorso, senza assistere direttamente ai fatti accaduti nel pregresso pomeriggio in via R..

Né appare dirimente l'esito della radiografia riportato dalla teste S., atteso che questo non è affatto incompatibile con la dinamica dei fatti descritta dai testi G. e M.: in termini inversi, la lesione riscontrata nei confronti dell'imputata, è compatibile con l'azione di resistenza attiva da questa posta in essere nei confronti dell'operante M..

Ciò detto in punto di fatto e di valutazione delle prove, in punctum iuris giova rammentare che, in tema di resistenza a pubblico ufficiale, è sufficiente che si usi violenza o minaccia per opporsi al compimento di un atto dell'ufficio o del servizio, indipendentemente dall'esito, positivo o negativo, di tale azione e dall'effettivo verificarsi di un ostacolo al compimento degli atti indicati (Cass. Sez. 6 -, Sentenza n. 5459 del 08/01/2020 Ud., dep. 11/02/2020, Rv. 278207 -01).

Trasposti tali principi nel caso di specie, non si vede come poter escludere che l'imputata - nel momento in cui si era parata innanzi all'agente M. con le braccia aperte e lo aveva colpito col proprio busto - avesse fisicamente ostacolato l'attività dell'operante di P.g., mentre questi compiva un atto del suo ufficio, quale l'identificazione di G.F.P..

Il dolo dell'imputata emerge dalla stessa tipologia di azione posta in essere, volta ad impedire all'operante di raggiungere il fratello in fuga e, quindi, di identificarlo; sul punto, è appena il caso di considerare che, in tema di resistenza a pubblico ufficiale, il dolo specifico si concreta nella coscienza e volontà di usare violenza o minaccia al fine di opporsi al compimento di un atto dell'ufficio, mentre del tutto estranei sono lo scopo mediato ed i motivi di fatto avuti di mira dall'agente (Cass., Sez. 6 , Sentenza n. 35277 del 20/10/2020 Ud., dep. 10/12/2020, Rv. 280166 - 01).

Quanto alla condotta posta in essere da G.F.P., deve ritenersi che l'espressione "non fate un cazzo dalla mattina alla sera", per il suo tenore letterale, fosse senz'altro offensiva dell'onore degli operanti.

Ciò posto, è noto che, ai fini della configurabilità del reato di oltraggio di cui all'art. 341-bis c.p., è sufficiente che le espressioni offensive rivolte al pubblico ufficiale siano udibili a terzi soggetti, poichè già questa potenzialità costituisce un aggravio psicologico che può compromettere la sua prestazione, disturbandolo mentre compie un atto del suo ufficio, facendogli avvertire condizioni avverse, per lui e per la P.A. di cui fa parte, e ulteriori rispetto a quelle ordinarie (cfr., ex plurimiis, Cass., Sez. 6, Sentenza n. 19010 del 28/03/2017 Ud., dep. 20/04/2017, Rv. 269828 -01).

Orbene, considerato che l'imputato aveva proferito la citata frase offensiva nel centro abitato di M. e alla presenza di molti passanti, è evidente che tale frase oltraggiosa, in quanto potenzialmente udibile dagli stessi, è idonea ad integrare la fattispecie penale ascritta a G.F.P., ai sensi dell'art. 341 bis c.p.

Venendo al trattamento sanzionatorio, valutati i criteri di cui all'art. 133 c.p., ritenuto congruo il minimo edittale previsto dalle fattispecie di cui agli artt. 337 e 341 bis c.p., rispettivamente ascritte a G.A. e a G.F.P., viene applicata la pena di mesi 6 di reclusione, nei confronti di ciascuno di essi.

Non sfugge che - nel decreto penale di condanna emesso nei confronti di G.F.P. e da questi opposto - era stata applicata la pena base di mesi 3 di reclusione; tale scelta del G.i.p. deve tuttavia ritenersi frutto di errore, posto che il trattamento sanzionatorio previsto dall'alt. 341 bis c.p., in origine pari alla reclusione "fino a tre anni", è stato sostituito con la reclusione "da sei mesi a tre anni" dalla L. n. 77 del 2019; poiché la condotta dell'imputato è stata commessa successivamente all'entrata in vigore della citata legge, deve tenersi in considerazione, nel calcolo della pena, la forbice edittale prevista dalla legge vigente al momento del fatto.

Non possono essere riconosciute agli imputati le circostanze attenuanti generiche, atteso che non è sufficiente l'incensuratezza di G.A. e non si ravvisa in atti alcun elemento di fatto favorevole agli autori degli illeciti ed idoneo ad attenuare la gravità dei reati, riducendone il disvalore. Non può essere valutato a favore degli imputati il comportamento processuale, in sé assolutamente neutro, né altra condotta suscettibile di integrare l'attenuante di cui all'art. 62 bis c.p.; invero, gli imputati non hanno risarcito il danno, nemmeno simbolicamente, e non hanno dimostrato alcuna resipiscenza, onde la concessione delle attenuanti generiche costituirebbe per gli imputati un premio del tutto immeritato, avulso da qualsiasi fatto che ne giustifichi il riconoscimento.

Alla condanna consegue l'obbligo del pagamento delle spese processuali.

Sussistono i presupposti per concedere a G.A. il beneficio della non menzione della pena nel Certificato del Casellario giudiziale nonché il beneficio della sospensione condizionale della pena, considerato che l'assenza di precedenti penali a carico induce a ritenere probabile la futura astensione dalla commissione di altri reati.

Altrettanto non può dirsi con riferimento a G.F.P., atteso che, dal Certificato del Casellario giudiziale di data 14.4.2022, in atti, l'imputato risulta aver fruito del perdono giudiziale per i reati di percosse, porto d'armi e minaccia, come da sentenza del G.u.p. del Tribunale per i minorenni di Trieste di data 19.3.2019, irrevocabile il 20.5.2019.

Alla luce di un tanto nonché delle circostanze concrete del fatto in esame - tenuto conto che l'imputato non solo aveva offeso gli operanti, ma era anche fuggito in direzione opposta, allorché questi avevano cercato di identificarlo - non si ritiene l'imputato meritevole di prognosi positiva e, dunque, del beneficio della sospensione condizionale della pena, ulteriore rispetto a quello di cui aveva già usufruito con la citata sentenza irrevocabile.

Non vi sono le condizioni per la sostituzione della pena detentiva ai sensi dell'art. 53 L. n. 689 del 1981, non avendo la difesa avanzato istanze in tal senso, per mancanza di procura speciale (cfr. verbale d'udienza di data 23.1.2024).

Appare congrua l'assegnazione del termine di giorni 60 per il deposito della motivazione ex art.544, comma 3, avuto riguardo alle questioni trattate e al carico di lavoro dell'ufficio.


P.Q.M.


visti gli artt. 533 e 535 c.p.p.,

dichiara

G.A. e G.F.P. responsabili del reato loro rispettivamente ascritto in rubrica e li

condanna

alla pena di mesi 6 di reclusione ciascuno, oltre al pagamento delle spese processuali.

Pena sospesa e non menzione per G.A..

Motivazione in giorni 60.

Così deciso in Gorizia, il 23 gennaio 2024.

Depositata in Cancelleria il 1 marzo 2024.


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