GIOVEDÌ 18 LUGLIO 2024 16.08.41
Salute, Consulta: ogni vita è portatrice di inalienabile dignità
Salute, Consulta: ogni vita è portatrice di inalienabile dignità Salute, Consulta: ogni vita è portatrice di inalienabile dignità "Ogni paziente ha diritto a rifiutare qualsiasi trattamento" Roma, 18 lug. (askanews) - "Ogni vita è portatrice di una inalienabile dignità, indipendentemente dalle condizioni in cui si svolge". Lo sottolinea la Corte Costituzionale in un passo della sentenza di oggi riguardo il caso di un malato di sclerosi multipla che aveva scelto di porre fine alle sue sofferenze in una clinica in Svizzera con un suicidio medicalmente assistito. "La nozione 'soggettiva' di dignità evocata dall'ordinanza di rimessione e connessa alla concezione che il paziente ha della propria persona - nozione alla quale pure la Corte 'non è affatto insensibile' - finisce poi per coincidere con quella di autodeterminazione. Anche rispetto ad essa resta quindi necessario un bilanciamento, a fronte del contrapposto dovere di tutela della vita umana", si aggiunge. In particolare la Consulta ha respinto la questione di legittimità proposta dal gip di Firenze rispetto al procedimento "Marco Cappato e altri". La Corte Costituzionale - si spiega - ha "escluso che il requisito della dipendenza da trattamenti di sostegno vitale determini irragionevoli disparità di trattamento tra i pazienti". La sentenza n. 242 del 2019 - quella riguardante dj Fabo - "non aveva riconosciuto un generale diritto di terminare la propria vita in ogni situazione di sofferenza intollerabile determinata da una patologia irreversibile, ma aveva soltanto 'ritenuto irragionevole precludere l'accesso al suicidio assistito di pazienti che - versando in quelle condizioni, e mantenendo intatte le proprie capacità decisionali - già abbiano il diritto, loro riconosciuto dalla legge n. 219 del 2017 in conformità all'art. 32, secondo comma, Cost., di decidere di porre fine alla propria vita, rifiutando il trattamento necessario ad assicurarne la sopravvivenza". Ed "una simile ratio, all'evidenza, non si estende a pazienti che non dipendano da trattamenti di sostegno vitale, i quali non hanno (o non hanno ancora) la possibilità di lasciarsi morire semplicemente rifiutando le cure. Le due situazioni sono, dunque, differenti'. Quanto all'autodeterminazione terapeutica, la Corte ha ribadito che ogni paziente ha un diritto costituzionale di rifiutare qualsiasi trattamento medico non imposto per legge, anche se necessario per la sopravvivenza". Il diritto, nella sostanza invocato dal gip di Firenze, "a una generale sfera di autonomia nelle decisioni che coinvolgono il proprio corpo è però più ampio del diritto a rifiutare il trattamento medico, e va necessariamente bilanciato con il contrapposto dovere di tutela della vita umana, specie delle persone più deboli e vulnerabili. Ciò al fine di evitare non soltanto ogni possibile abuso, ma anche la creazione di una 'pressione sociale indiretta' che possa indurre quelle persone a farsi anzitempo da parte, ove percepiscano che la propria vita sia divenuta un peso per i familiari e per i terzi. Il compito di individuare il punto di equilibrio più appropriato tra il diritto all'autodeterminazione e il dovere di tutela della vita umana spetta primariamente al legislatore, nell'ambito della cornice precisata dalla Corte nella propria giurisprudenza". Nav 20240718T160828Z
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