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martedì 5 luglio 2011

Presidenza del Consiglio dei Ministri Circ. 30-6-2011 n. 9/2011 Trasformazione del rapporto di lavoro da tempo pieno a tempo parziale - Presupposti - Rivalutazione delle situazioni di trasformazione già avvenute alla data di entrata in vigore del D.L. n. 112 del 2008, convertito in L. n. 133 del 2008. Emanata dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri, Dipartimento della funzione pubblica, Ufficio personale e pubbliche amministrazioni, Servizio trattamento del personale.


Circ. 30 giugno 2011, n. 9/2011 (1).
 Trasformazione del rapporto di         lavoro da tempo pieno a tempo parziale - Presupposti - Rivalutazione delle         situazioni di trasformazione già avvenute alla data di entrata in vigore del         D.L. n. 112 del 2008, convertito in L. n. 133 del 2008.      

(1) Emanata dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri, Dipartimento della  funzione pubblica, Ufficio personale e pubbliche amministrazioni, Servizio trattamento del personale.
 

           
               
Alle                           
Amministrazioni pubbliche di cui all'art.               1, comma 2, del D.Lgs. n. 165/2001             
 
 
               

 

Premessa       
A seguito dell'entrata in vigore della L. n. 183         del 2010, c.d. collegato lavoro, sono pervenute varie segnalazioni di         situazioni di contenzioso connesse all'applicazione della norma contenuta         nell'art. 16 della L. n. 183 del 2010, che, in via transitoria, ha previsto la         possibilità per le pubbliche amministrazioni di sottoporre a nuova valutazione         le situazioni di trasformazione del rapporto di lavoro da tempo pieno a tempo         parziale già realizzatesi alla data di entrata in vigore del D.L. n. 112 del         2008, convertito in L. n. 133 del 2008, nel rispetto di principi di correttezza         e buona fede. Nelle denunce si evidenziano casi di errata interpretazione della         norma con un pregiudizio nei confronti delle lavoratrici donne, spesso         impegnate nella cura dei figli e dei famigliari bisognosi di assistenza.         
  
La problematica è stata oggetto di alcune         riunioni con il Dipartimento delle pari opportunità e il Dipartimento per le         politiche della famiglia, durante le quali si è discusso circa le iniziative         più idonee per far sì che l'applicazione della norma, ispirata ad un'esigenza         di razionalizzazione nell'utilizzo delle risorse, avvenisse effettivamente nel         rispetto di principi di buona fede e correttezza. In questo contesto,         nonostante - come si vedrà - il termine per l'esercizio del potere di revisione         sia ormai decorso, si è ritenuto comunque opportuno fornire delle indicazioni         alle amministrazioni, al fine di orientarle nella gestione del contenzioso e         nella definizione dei rapporti ancora non esauriti, tenendo presente che le         norme di legge (art. 7, comma 6, D.Lgs. n. 165 del 2001; art. 12-bis, D.Lgs. n.
        61 del 2000; art. 6, L. n. 170 del 2010) e le clausole dei contratti collettivi         che disciplinano la materia accordano particolari forme di tutela ai lavoratori         in riferimento alla cura dei figli o a situazioni di disagio personale o         famigliare.       
Si coglie poi l'occasione per dare indirizzi         sull'applicazione della disciplina a regime, con particolare riferimento al         momento della trasformazione, considerato che con quest'ultimo decreto legge è         stata riformata la normativa sulla concessione del part-time, modificando la         posizione del dipendente richiedente rispetto all'amministrazione datore di         lavoro. Peraltro, richiamare l'attenzione su queste tematiche pare         assolutamente appropriato in una stagione in cui il Governo e le Parti sociali,         sottoscrivendo un'apposita intesa (Azioni a sostegno delle politiche di         conciliazione tra famiglia e lavoro del 7 marzo 2011), hanno deciso di avviare         un lavoro di approfondimento finalizzato ad individuare soluzioni strumentali         alla conciliazione tra vita lavorativa e vita famigliare, condividendo il         valore
di una flessibilità family-friendly come elemento organizzativo         positivo.     

 

1. Le innovazioni in materia di part-time introdotte con l'art. 73        del D.L. n. 112 del 2008 e con l'art. 16 della L. n. 183 del 2010       
Come accennato, con l'art. 73 del D.L. n. 112 del         2008, convertito in L. n. 133 del 2008, è stato modificato il regime giuridico         relativo alla trasformazione del rapporto da tempo pieno a part-time, con una         novella all'art. 1, comma 58, della L. n. 662 del 1996. Inoltre, sempre con il         medesimo provvedimento, è stato modificato il comma 59 del citato articolo,         incidendo sulla destinazione finanziaria dei risparmi derivanti dalla         trasformazione dei rapporti.       
In sintesi, le novità apportate con il D.L. n.         112 del 2008 riguardano i seguenti aspetti:       
- è stato eliminato ogni automatismo nella         trasformazione del rapporto, che attualmente è subordinato alla valutazione         discrezionale dell'amministrazione interessata;       
- è stata soppressa la mera possibilità per         l'amministrazione di differire la trasformazione del rapporto sino al termine         dei sei mesi nel caso di grave pregiudizio alla funzionalità        dell'amministrazione stessa;       
- è stata contestualmente introdotta la         possibilità di rigettare l'istanza di trasformazione del rapporto presentata         dal dipendente nel caso di sussistenza di un pregiudizio alla funzionalità        dell'amministrazione;       
- è stata innovata la destinazione dei risparmi         derivanti dalle trasformazioni, prevedendo che una quota sino al 70% degli         stessi possa essere destinata interamente all'incentivazione della mobilità,         secondo le modalità ed i criteri stabiliti in contrattazione collettiva, per le         amministrazioni che dimostrino di aver proceduto ad attivare piani di mobilità        e di riallocazione di personale da una sede all'altra.       
L'art. 16 della L. n. 183 del 2010 (c.d.         collegato lavoro) ha introdotto in via transitoria un potere speciale in capo         all'amministrazione, prevedendo la facoltà di assoggettare a nuova valutazione         le situazioni di trasformazione del rapporto di lavoro da tempo pieno a tempo         parziale già realizzatesi alla data di entrata in vigore del D.L. n. 112 del         2008. In base alla norma, questa speciale facoltà poteva essere esercitata         entro un determinato lasso di tempo e, cioè, entro centottanta giorni dalla         data di entrata in vigore della legge (24 novembre 2010), scaduti il 23 maggio         2011. Si riporta per comodità il testo della disposizione:       
“1. In sede di prima applicazione delle         disposizioni introdotte dall'articolo 73 del D.L. 25 giugno 2008, n. 112,         convertito, con modificazioni, dalla L. 6 agosto 2008, n. 133, le         amministrazioni pubbliche di cui all'articolo 1, comma 2, del D.Lgs. 30 marzo         2001, n. 165, e successive modificazioni, entro centottanta giorni dalla data         di entrata in vigore della presente legge, nel rispetto dei principi di         correttezza e buona fede, possono sottoporre a nuova valutazione i         provvedimenti di concessione della trasformazione del rapporto di lavoro da         tempo pieno a tempo parziale già adottati prima della data di entrata in vigore         del citato D.L. n. 112 del 2008, convertito, con modificazioni, dalla L. n. 133         del 2008.”.       
Entrambi gli interventi normativi sono motivati         dagli stringenti vincoli finanziari, che difficilmente consentono di soddisfare         il fabbisogno professionale attraverso le ordinarie forme di reclutamento e         che, pertanto, impongono una valutazione sul miglior utilizzo delle risorse         interne all'amministrazione. La situazione di crisi economica che l'Italia,         assieme ad altri Paesi, sta attraversando ha richiesto uno sforzo particolare         ai lavoratori del settore pubblico, come si comprende dalle misure restrittive         e di contenimento contenute nella manovra finanziaria approvata lo scorso anno         (D.L. n. 78 del 2010, convertito in L. n. 122 del 2010), che, tra le altre         cose, ha stabilito la cristallizzazione dei trattamenti economici e delle         progressioni economiche, il blocco della contrattazione collettiva e la        
decurtazione delle retribuzioni più elevate (art. 9). In quest'ottica si pone,         in particolare, la scelta normativa di prevedere in via eccezionale un potere         di revisione unilaterale del rapporto di lavoro da parte delle amministrazioni.         Gli interventi normativi si collocano poi nel quadro più generale di         valorizzazione e potenziamento dei poteri datoriali del dirigente e della sua         maggiore responsabilizzazione, principi che, come noto, hanno ispirato le più         recenti riforme in materia di lavoro pubblico (D.Lgs. n. 150 del 2009).     

 

2. La domanda di trasformazione del rapporto di lavoro da tempo         pieno a tempo parziale e le valutazioni discrezionali         dell'amministrazione       
Come accennato in premessa, interessa in questa         sede focalizzare l'attenzione sul momento della trasformazione del rapporto da         tempo pieno a tempo parziale e, in particolare, sui presupposti oggettivi ed i         limiti della discrezionalità dell'amministrazione datore di lavoro in sede di         valutazione della domanda del dipendente. In base alla norma vigente, a fronte         di un'istanza del lavoratore interessato, l'amministrazione non ha un obbligo         di accoglimento, né la trasformazione avviene in maniera automatica. Infatti,         la disposizione prevede che la trasformazione "può" essere concessa entro 60         giorni dalla domanda. La legge fa riferimento a particolari condizioni ostative         alla trasformazione, essendo state tipizzate ex ante le cause che precludono         l'accoglimento della domanda. Pertanto, in presenza del posto
nel contingente e         in mancanza di tali condizioni preclusive (che riguardano il perseguimento         dell'interesse istituzionale e il buon funzionamento dell'amministrazione) il         dipendente è titolare di un interesse tutelato alla trasformazione del         rapporto, ferma restando la valutazione da parte dell'amministrazione         relativamente alla congruità del regime orario e alla collocazione temporale         della prestazione lavorativa proposti.       
La valutazione dell'istanza, una volta         verificatane l'accoglibilità dal punto di vista soggettivo e la presenza delle         altre condizioni di ammissibilità, si basa su tre elementi:       
1. la capienza dei contingenti fissati dalla         contrattazione collettiva in riferimento alle posizioni della dotazione         organica;       
2. l'oggetto dell'attività, di lavoro autonomo o         subordinato, che il dipendente intende svolgere a seguito della trasformazione         del rapporto; in particolare, lo svolgimento dell'attività non deve comportare         una situazione di conflitto di interessi rispetto alla specifica attività di         servizio svolta dal dipendente e la trasformazione non è comunque concessa         quando l'attività lavorativa di lavoro subordinato debba intercorre con altra         amministrazione (a meno che non si tratti di dipendente di ente locale per lo         svolgimento di prestazione in favore di altro ente locale);       
3. l'impatto organizzativo della trasformazione,         che può essere negata quando dall'accoglimento della stessa deriverebbe un         pregiudizio alla funzionalità dell'amministrazione, in relazione alle mansioni         e alla posizione organizzativa ricoperta dal dipendente.       
La valutazione circa la sussistenza dei         presupposti per la concessione o delle condizioni ostative, come pure quella         relativa alla collocazione temporale della prestazione proposta dal dipendente         e alla decorrenza della trasformazione, non può che essere svolta in concreto,         in base alle circostanze fattuali particolari che l'amministrazione è tenuta ad         analizzare. In caso di esito negativo della valutazione, le scelte effettuate         devono risultare evidenti dalla motivazione del diniego, per permettere al         dipendente di conoscere le ragioni dell'atto, di ripresentare nuova istanza se         lo desidera e, se del caso, consentire l'attivazione del controllo giudiziale.         In proposito, anche per limitare il rischio di pronunce giudiziali sfavorevoli         all'amministrazione, si raccomanda di adottare una motivazione puntuale, 
       evitando l'uso di clausole generali o formule generiche che non sono utili allo         scopo. Qualora l'amministrazione ritenesse accoglibile la domanda del         dipendente ma con diverse modalità rispetto a quelle prospettate, al fine di         perfezionare l'accordo, sarebbe comunque necessaria una nuova manifestazione         del consenso da parte del lavoratore interessato.       
La verifica della capienza del contingente ha         carattere oggettivo e va compiuta in concreto con riferimento al momento in cui         la trasformazione dovrebbe aver luogo in base alla domanda del dipendente. Nel         caso in cui il numero delle domande risulti eccedente rispetto ai posti di         contingente, la valutazione sull'accoglimento va operata tenendo conto         congiuntamente dell'interesse al funzionamento dell'amministrazione, che non         deve essere pregiudicato in relazione a quanto detto nel precedente punto 3, e         della particolare situazione del dipendente, il quale, ricorrendo determinate         circostanze, può essere titolare di un interesse protetto, di un titolo di         precedenza o di un vero e proprio diritto alla trasformazione del rapporto. In         proposito, si rammenta che l'art. 7, comma 6, del D.Lgs. n. 165 del 2001       
stabilisce il principio generale secondo cui le amministrazioni “individuano         criteri certi di priorità nell'impiego flessibile del personale, purché         compatibile con l'organizzazione degli uffici e del lavoro, a favore dei         dipendenti in situazioni di svantaggio personale, sociale e familiare e dei         dipendenti impegnati in attività di volontariato ai sensi della L. 11 agosto         1991, n. 266.”.       
Questa disposizione, che è stata ripresa dai vari         CCNL, in sostanza stabilisce due regole:       
a) alcuni dipendenti, in considerazione della         particolare situazione in cui si trovano, hanno un titolo di priorità        nell'accesso alle varie forme di flessibilità (dell'orario, del rapporto) che         l'amministrazione decide di attuare compatibilmente con l'organizzazione degli         uffici e del lavoro;       
b) i criteri di priorità debbono essere "certi",         ossia predeterminati in modo chiaro e resi conoscibili, in modo da evitare         scelte arbitrarie o comunque non imparziali.       
Pertanto, le amministrazioni, nel rispetto delle         forme di partecipazione sindacale, debbono stabilire in maniera generale i         criteri di priorità e la graduazione tra gli stessi, tenendo conto delle         previsioni legali e di contrattazione collettiva, che, intervenendo         specificamente in riferimento a determinate fattispecie, hanno accordato         rilevanza a particolari situazioni in cui il disagio personale o famigliare è         maggiore.       
Le fattispecie che radicano un diritto o un         titolo di precedenza nella trasformazione del rapporto sono previste nell'art.         12-bis del D.Lgs. n. 61 del 2000, come modificato dall'art. 1 della L. n. 247         del 2007. In particolare, il comma 1 di questo articolo stabilisce che hanno         diritto alla trasformazione del rapporto i lavoratori del settore pubblico e di         quello privato affetti da patologie oncologiche per i quali residui una ridotta         capacità lavorativa, anche a causa di terapie salvavita, accertata dalla         competente commissione medica. Tali lavoratori hanno poi anche diritto alla         successiva trasformazione del rapporto da tempo parziale a tempo pieno a         seguito della richiesta. Il comma 2 ed il comma 3 disciplinano i titoli di         precedenza nella trasformazione a favore dei:       
1. lavoratori il cui coniuge, figli o genitori         siano affetti da patologie oncologiche;       
2. lavoratori che assistono una persona         convivente con totale e permanente inabilità lavorativa, che abbia connotazione         di gravità ai sensi dell'art. 3, comma 3, della L. n. 104 del 1992, con         riconoscimento di un'invalidità pari al 100% e necessità di assistenza continua         in quanto non in grado di compiere gli atti quotidiani della vita;       
3. lavoratori con figli conviventi di età non         superiore a tredici anni;       
4. lavoratori con figli conviventi in situazione         di handicap grave.       
La disciplina contenuta nel citato art. 12-bis,         in quanto fonte di pari rango successiva, ha determinato l'abrogazione         implicita dell'art. 1, comma 64, della L. n. 662 del 1996, che individuava         delle cause di precedenza nella trasformazione del rapporto.       
Altra situazione meritevole di tutela è poi         quella dei famigliari di studenti che presentano la sindrome DSA (Disturbi         Specifici di Apprendimento). Questa sindrome, che si riferisce alle ipotesi di         dislessia, disgrafia, disortografia e discalculia, è stata oggetto di un         recente intervento normativo con la L. n. 170 del 2010, con il quale sono state         previste apposite misure di sostegno e all'art. 6 è stato stabilito che “I         famigliari fino al primo grado di studenti del primo ciclo dell'istruzione con         DSA impegnati nell'assistenza alle attività scolastiche a casa hanno diritto di         usufruire di orari di lavoro flessibili.”. La norma fa poi rinvio ai contratti         collettivi per la disciplina delle modalità di esercizio del diritto e,         pertanto, la concreta attuazione del diritto è subordinata alla        
regolamentazione da parte dei contratti stessi. Comunque, la posizione di         questi dipendenti deve essere considerata come assistita sin da subito da una         tutela particolare e, quindi, deve essere valutata nell'ambito di quanto già        previsto dal citato art. 7, comma 6, del D.Lgs. n. 165 del 2001 e dai CCNL         vigenti in ordine alla flessibilità dell'orario.       
Come detto, il grado di tutela accordato         dall'ordinamento alla varie situazioni è differenziato. Nel caso di titolarità        del diritto alla trasformazione (lavoratori affetti da patologie oncologiche         con ridotta capacità lavorativa), una volta ricevuta l'istanza         dell'interessato, l'amministrazione non può negare la trasformazione del         rapporto, trovandosi in una situazione di soggezione; pertanto, la         determinazione di trasformazione deve essere presa entro il termine stabilito         dal citato art. 1, comma 58, e, cioè, entro 60 giorni dalla domanda. Nel caso         di titolarità di un diritto di precedenza, la domanda dell'interessato deve         essere valutata con priorità rispetto a quella degli altri dipendenti         concorrenti.       
In considerazione delle limitazioni alla         trasformazione del rapporto di lavoro derivanti dal contingente percentuale e         al fine di assicurare al part-time la funzione, oltre che di flessibilità, di         strumento di conciliazione tra vita lavorativa e vita famigliare, si raccomanda         di inserire nell'ambito dei contratti individuali una clausola con cui si         stabilisce che le parti si impegnano, trascorso un certo periodo di tempo (da         individuare di volta in volta a seconda delle circostanze) ad incontrarsi, per         rivalutare la situazione, in considerazione delle esigenze di funzionamento         dell'amministrazione, delle esigenze personali del lavoratore in part-time e di         quelle degli altri lavoratori, che nel frattempo possono essere mutate. Questo         per consentire al maggior numero possibile di dipendenti la possibilità di 
       richiedere la trasformazione del proprio rapporto di lavoro in presenza di         obiettive esigenze legate ai primi anni di vita dei figli ovvero per la cura di         genitori e/o altri famigliari, così come è previsto anche nell'intesa tra         Governo e Parti Sociali sottoscritta il 7 marzo 2011 citata in premessa.            
In ordine all'impatto organizzativo, la relativa         valutazione deve essere operata analizzando le varie opzioni gestionali         possibili, ad esempio, verificando la possibilità di spostare le risorse tra         più servizi in modo da venire incontro alle esigenze dei dipendenti senza         sacrificare l'interesse al buon andamento dell'amministrazione. Inoltre, la         valutazione va fatta attraverso una seria ponderazione degli interessi in         gioco: da un lato l'interesse al buon funzionamento dell'amministrazione,         dall'altro l'interesse del dipendente ad organizzare la propria vita personale         nella maniera ritenuta più soddisfacente per le esigenze famigliari o di cura,         per le aspirazioni professionali o semplicemente nel modo che considera più         gradevole. Vale naturalmente quanto già detto sopra circa la meritevolezza di        
tutela di certi interessi. In proposito, le amministrazioni debbono considerare         con particolare attenzione non solo la posizione di quei dipendenti ai quali le         norme accordano un diritto alla trasformazione, ma anche quella di quei         dipendenti che possono vantare un titolo di precedenza. Infatti, l'interesse di         cui questi ultimi sono portatori è comunque meritevole di tutela a prescindere         dalla presenza di concorrenti sullo stesso posto di contingente.       
Per quanto riguarda le situazioni di possibile         conflitto di interesse, la relativa valutazione va svolta al momento della         trasformazione e, successivamente, durante tutto il corso del rapporto. In         proposito, la norma prevede che “il dipendente è tenuto, inoltre, a comunicare,         entro quindici giorni, all'amministrazione nella quale presta servizio,         l'eventuale successivo inizio o la variazione dell'attività lavorativa.”. Nel         merito, si rammenta che il comma 58-bis dell'art. 1 della menzionata L. n. 662         del 1996, perseguendo la trasparenza e l'imparzialità, pone un principio di         predeterminazione delle situazioni di incompatibilità, stabilendo che le         amministrazioni provvedono ad indicare le attività che, in ragione della         interferenza con i compiti istituzionali, sono comunque non consentite ai        
dipendenti con rapporto di lavoro a tempo parziale con prestazione lavorativa         non superiore al 50% di quella a tempo pieno. Per le Amministrazioni centrali         tale predeterminazione avviene con decreto del Ministro competente, di concerto         con il Ministro della funzione pubblica. Inoltre, si richiama per analogia e         senza valore di esaustività la disciplina contenuta nel comma 5 dell'art.         23-bis del D.Lgs. n. 165 del 2001, che pone una preclusione legale alla         concessione dell'aspettativa per lo svolgimento di attività o incarichi presso         soggetti privati o pubblici quando:       
“a) il personale, nei due anni precedenti, è         stato addetto a funzioni di vigilanza, di controllo ovvero, nel medesimo         periodo di tempo, ha stipulato contratti o formulato pareri o avvisi su         contratti o concesso autorizzazioni a favore di soggetti presso i quali intende         svolgere l'attività. Ove l'attività che si intende svolgere sia presso una         impresa, il divieto si estende anche al caso in cui le predette attività        istituzionali abbiano interessato imprese che, anche indirettamente, la         controllano o ne sono controllate, ai sensi dell'articolo 2359 del codice         civile;       
b) il personale intende svolgere attività in         organismi e imprese private che, per la loro natura o la loro attività, in         relazione alle funzioni precedentemente esercitate, possa cagionare nocumento         all'immagine dell'amministrazione o comprometterne il normale funzionamento o         l'imparzialità .”.       
Il successivo comma 6 del medesimo articolo, poi,         per maggiore cautela, rispetto all'attività da svolgere al rientro in         amministrazione stabilisce che “Il dirigente non può, nei successivi due anni,         ricoprire incarichi che comportino l'esercizio delle funzioni individuate alla         lettera a) del comma 5.”.       
Si segnala che per quanto riguarda l'applicazione         della normativa nei confronti delle autonomie territoriali, l'art. 39, comma         27, della L. n. 449 del 1997 stabilisce che: “Le disposizioni dell'art. 1,         commi 58 e 59, della L. 23 dicembre 1996, n. 662, in materia di rapporto di         lavoro a tempo parziale, si applicano al personale dipendente delle regioni e         degli enti locali finché non diversamente disposto da ciascun ente con proprio         atto normativo.” Pertanto, anche l'applicazione del nuovo regime dovrà essere         vagliata in sede locale a seconda della situazione normativa specifica (sent.         della Corte costituzionale 18 maggio 1999, n. 171).     

 

3. La fase di “prima attuazione” disciplinata dall'art. 16 della L.         n. 183 del 2010       
Come detto, la disposizione ha attribuito un         potere speciale all'amministrazione durante la fase di prima attuazione della         novella operata con il citato art. 73 del D.L. n. 112 del 2008. Il presupposto         per l'esercizio del potere è rappresentato dalla valutazione della situazione         sottostante la trasformazione del rapporto, essendosi aperta una fase, limitata         nel tempo, durante la quale l'amministrazione ha potuto utilizzare i criteri         introdotti con la nuova norma anche per incidere su situazioni già esaurite,         ossia su rapporti di lavoro che erano già stati trasformati automaticamente a         seguito dell'istanza del dipendente per effetto del regime precedente la         novella. In base alla norma, la valutazione potrebbe riguardare non solo         l'opportunità di mantenere il rapporto a tempo parziale, ma anche le modalità
       della collocazione temporale della prestazione, che potrebbe risultare più         conveniente modificare per non pregiudicare il funzionamento         dell'amministrazione. Ai fini della valutazione, valgono le indicazioni che         sono state fornite sopra in ordine agli interessi da considerare e alla         gradualità di tutela delle posizioni. Pertanto, un limite certo rispetto alla         "rivalutazione" è dato dalla ricorrenza di quei casi in cui il dipendente è         titolare di un diritto alla trasformazione; meritano poi particolare attenzione         le ipotesi che ricadono nell'ambito del titolo di precedenza e, più in         generale, i casi in cui il part-time sia stato fruito da parte di dipendenti in         situazioni di svantaggio personale, sociale e famigliare o di dipendenti         impegnati in attività di volontariato. Giova ancora una volta
richiamare il         contenuto dell'art. 12-bis, dell'art. 6 della L. n. 170 del 2010, del D.Lgs. n.         61 del 2000 e le previsioni dei CCNL. Quindi, nel caso in cui fosse necessario         rivedere i part-time già in corso, l'amministrazione dovrebbe far applicazione         dei criteri legali e contrattuali già menzionati, preferendo il ripristino del         rapporto a tempo pieno per quei lavoratori la cui posizione non risulta         assistita (o più assistita) da una particolare tutela.       
La norma prevede un potere eccezionale, che         consente all'amministrazione di modificare unilateralmente il rapporto in         deroga alla regola generale di determinazione consensuale delle condizioni         contrattuali, regola assistita nel caso del part-time da una speciale norma di         garanzia contenuta nell'art. 5 del D.Lgs. n. 61 del 2000, secondo cui il         rifiuto di un lavoratore di trasformare il proprio rapporto di lavoro a tempo         parziale in rapporto a tempo pieno non costituisce giustificato motivo di         licenziamento. L’eccezionalità della previsione risulta evidente nel momento in         cui si considera che la normativa di derivazione comunitaria di cui al D.Lgs.         n. 61 del 2000 (attuazione della Dir. 97/81/CE relativa all'accordo quadro sul         lavoro a tempo parziale concluso dall'UNICE, dal CEEP e dalla CES) prevede per     
   l'ipotesi di modifica unilaterale delle condizioni del rapporto a tempo         parziale specifiche garanzie in favore del lavoratore (art. 3 del citato         decreto). E pertanto, la “gravosità” del potere accordato dalla legge richiede         certamente una particolare attenzione nel momento del suo esercizio. In base         alla norma, il mutamento delle condizioni del rapporto di lavoro avviene quindi         a seguito dell'adozione e comunicazione di un atto unilaterale da parte         dell'amministrazione datore di lavoro, non essendo necessario il consenso del         dipendente ai fini del perfezionamento di un contratto. Dato il carattere di         specialità della disposizione, l'esercizio della facoltà è stato delimitato         entro un definito arco temporale. Pertanto, decorso questo termine, secondo il         regime generale, un’eventuale modifica del
rapporto di lavoro richiede comunque         l'accordo tra le parti, salve le ipotesi in cui la legge o i CCNL prevedano un         diritto potestativo del lavoratore alla successiva trasformazione del rapporto         da tempo parziale a tempo pieno e le situazioni di esercizio del potere         unilaterale alle condizioni e nei limiti stabiliti dall'art. 3 del D.Lgs. n. 61         del 2000 citato.       
L'esercizio della facoltà è condizionato al         rispetto dei principi di correttezza e buona fede. Nel richiamare l'attenzione         su questa circostanza, si segnala che proprio di recente, in tema di part-time         nel settore privato, la Corte di cassazione ha affermato che la decisione di         concedere o negare la trasformazione del rapporto a part-time, in presenza di         criteri prestabiliti in sede di accordo collettivo, non è più discrezionale,         bensì vincolata ai predetti criteri, “ai quali il datore di lavoro deve         conformarsi nella regolamentazione dei singoli rapporti, facendo applicazione         dei criteri di buona fede e correttezza che debbono ispirare l'esecuzione del         contratto (ex artt. 1175 e 1375 c.c.). Con la conseguenza che l'inosservanza         dei criteri preferenziali contrattualmente stabiliti legittima il
dipendente         che si ritenga leso dalla condotta datoriale ad agire per il risarcimento del         danno, anche in forma specifica, per ottenere la trasformazione del rapporto in         part-time che gli fosse stata ingiustamente negata sulla base dei descritti         criteri, oltre ad eventuali voci di danno collegate allo stesso illecito.”         (Cass. sez. lav. 4 maggio 2001, n. 9769).       
Affinché l'amministrazione possa compiere una         valutazione ponderata, ciò comporta, innanzi tutto, un contraddittorio con il         dipendente interessato, dal quale emerga l'interesse dello stesso. L'osservanza         di tali principi richiede che l'amministrazione, prima di operare la         trasformazione del rapporto, debba tener conto non solo (se nota) della         situazione che era in origine alla base della trasformazione, ma anche della         situazione che nel frattempo si è consolidata in capo al lavoratore.         Nell'operare la revoca Inoltre, pur non ricorrendo le situazioni particolari         oggetto di specifica tutela, l'interesse del dipendente al mantenimento del         rapporto part-time va tenuto in considerazione anche verificando la fattibilità        di soluzioni alternative alla revoca dello stesso, ad esempio, valutando la        
possibilità di spostamento dei dipendenti tra servizi in modo da soddisfare il         fabbisogno dell'amministrazione e le esigenze degli interessati.       
Infine, il rispetto dei principi di buona fede e         correttezza richiede che, allorquando sia stata effettuata una valutazione di         revisione del rapporto, venga comunque accordato in favore del dipendente un         congruo periodo di tempo prima della trasformazione, in modo che questi possa         intraprendere le iniziative più idonee per l'organizzazione della vita         personale e famigliare.       
         
       
Il Ministro per la pubblica amministrazione e         l'innovazione        
Renato Brunetta       
         
       
Il Ministro per le pari opportunità        
Maria Rosaria Carfagna       
         
       
Il Sottosegretario con delega alla famiglia                
Carlo Giovanardi     

 

L. 4 novembre 2010, n. 183, art.       16
D.L. 25 giugno 2008, n. 112, art.       73
D.Lgs. 30 marzo 2001, n. 165, art.       7
D.Lgs. 25 febbraio 2000, n. 61, art.       12-bis
L. 8 ottobre 2010, n. 170, art.       6

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