SENTENZA DELLA CORTE (Quinta Sezione)
21 febbraio 2013 (*)
«Direttiva 85/384/CEE – Reciproco riconoscimento dei
titoli del settore dell’architettura – Articoli 10 e 11, lettera g) – Normativa
nazionale che riconosce l’equivalenza tra i titoli di architetto e di ingegnere
civile, ma riserva agli architetti i lavori riguardanti immobili vincolati
appartenenti al patrimonio artistico – Principio della parità di trattamento –
Situazione puramente interna a uno Stato membro»
Nella causa C‑111/12,
avente ad oggetto la domanda di pronuncia pregiudiziale
proposta alla Corte, ai sensi dell’articolo 267 TFUE, dal Consiglio di Stato,
con decisione del 6 dicembre 2011, pervenuta in cancelleria il 29 febbraio 2012,
nel procedimento
Ministero per i beni e le attività culturali,
Ordine degli Ingegneri della Provincia di Venezia,
Ordine degli Ingegneri della Provincia di
Padova,
Ordine degli Ingegneri della Provincia di
Treviso,
Ordine degli Ingegneri della Provincia di
Vicenza,
Ordine degli Ingegneri della Provincia di
Verona,
Ordine degli Ingegneri della Provincia di
Rovigo,
Ordine degli Ingegneri della Provincia di
Belluno
contro
Ordine degli Ingegneri di Verona e Provincia,
Consiglio Nazionale degli Ingegneri,
Consiglio Nazionale degli Architetti, Pianificatori,
Paesaggisti e Conservatori,
Ordine degli Architetti, Pianificatori, Paesaggisti e
Conservatori della Provincia di Verona,
Alessandro Mosconi,
Comune di San Martino Buon Albergo,
Istituzione di Ricovero e di Educazione di Venezia
(IRE),
Ordine degli Architetti della Provincia di
Venezia,
nei confronti di:
Faccio Engineering Srl,
LA CORTE (Quinta Sezione),
composta dal sig. T. von Danwitz (relatore), presidente
di sezione, dai sigg. A. Rosas, E. Juhász, D. Šváby e C. Vajda, giudici,
avvocato generale: sig. N. Wahl
cancelliere: sig. A. Calot Escobar
vista la fase scritta del procedimento,
considerate le osservazioni presentate:
– per l’Ordine degli Ingegneri di Verona e
Provincia ed A. Mosconi, da L. Manzi, G. Sardos Albertini e P. Piva,
avvocati;
– per il Consiglio Nazionale degli Ingegneri, da
B. Nascimbene, avvocato;
– per il Consiglio Nazionale degli Architetti,
Pianificatori, Paesaggisti e Conservatori e l’Ordine degli Architetti,
Pianificatori, Paesaggisti e Conservatori della Provincia di Verona, da
F. Vanni, avvocato;
– per il governo ceco, da M. Smolek, in qualità di
agente;
– per il governo spagnolo, da S. Centeno Huerta, in
qualità di agente;
– per il governo austriaco, da A. Posch, in qualità
di agente;
– per la Commissione europea, da H. Støvlbæk ed
E. Montaguti, in qualità di agenti,
vista la decisione, adottata dopo aver sentito l’avvocato
generale, di giudicare la causa senza conclusioni,
ha pronunciato la seguente
Sentenza
1 La domanda di
pronuncia pregiudiziale verte sull’interpretazione della direttiva 85/384/CEE
del Consiglio, del 10 giugno 1985, concernente il reciproco riconoscimento dei
diplomi, certificati ed altri titoli del settore dell’architettura e comportante
misure destinate ad agevolare l’esercizio effettivo del diritto di stabilimento
e di libera prestazione di servizi (GU L 223, pag. 15).
2 Tale domanda è stata
presentata nell’ambito di due controversie in merito all’eventuale abilitazione
degli ingegneri civili ad espletare l’incarico di direzione dei lavori su
immobili di interesse storico e artistico.
Contesto normativo
Il diritto dell’Unione
3 Il decimo considerando
della direttiva 85/384 enuncia quanto segue:
«considerando che nella maggior parte degli [S]tati
membri le attività pertinenti all’architettura sono esercitate, di diritto o di
fatto, da persone che hanno la denominazione di architetti, accompagnata o meno
da altre denominazioni, senza però che tali persone detengano il monopolio
nell’esercizio di tali attività, salvo disposizioni legislative contrarie; che
le summenzionate attività, o talune di esse, possono altresì essere esercitate
da altri professionisti e, in particolare, da ingegneri che abbiano ricevuto una
formazione specifica nel settore delle costruzioni o dell’arte edilizia».
4 Ai sensi dell’articolo
1 di detta direttiva:
«1. La presente direttiva si applica alle attività
del settore dell’architettura.
2. Ai sensi della presente direttiva, per attività
del settore dell’architettura si intendono quelle esercitate abitualmente col
titolo professionale di architetto».
5 Gli articoli 2‑9 della
direttiva 85/384 costituiscono il capitolo II della medesima, rubricato
«Diplomi, certificati ed altri titoli che danno accesso alle attività del
settore dell’architettura con il titolo professionale di architetto».
6 L’articolo 2 di tale
direttiva dispone in tal senso che «[o]gni [S]tato membro riconosce i diplomi,
certificati e altri titoli conseguiti durante un ciclo di formazione rispondente
ai requisiti di cui agli articoli 3 e 4, e rilasciati ai cittadini degli [S]tati
membri dagli altri [S]tati membri (...)».
7 Conformemente al
procedimento previsto all’articolo 7 della suddetta direttiva, i diplomi, i
certificati e gli altri titoli di formazione che rispondono ai requisiti di cui
agli articoli 3 e 4 della medesima figurano negli elenchi e nei relativi
aggiornamenti pubblicati dalla Commissione delle Comunità europee, a titolo
informativo, sulla Gazzetta ufficiale delle Comunità europee.
8 Gli articoli 10‑15
della stessa direttiva costituiscono il suo capitolo III, rubricato «Diplomi,
certificati e altri titoli che consentono di accedere alle attività del settore
dell’architettura in virtù di diritti acquisiti o di disposizioni nazionali
vigenti».
9 Ai sensi dell’articolo
10 della direttiva 85/384, «[o]gni [S]tato membro riconosce i diplomi, i
certificati e gli altri titoli, di cui all’articolo 11, rilasciati dagli altri
[S]tati membri ai cittadini degli [S]tati membri, che siano già in possesso di
tali qualifiche alla data della notifica della presente direttiva o che abbiano
iniziato la loro formazione, sanzionata da tali diplomi, certificati e altri
titoli, al massimo durante il terzo anno accademico successivo a tale notifica,
anche se non rispondono ai requisiti minimi dei titoli di cui al capitolo II
(...)».
10 Tra i titoli che
beneficiano del regime transitorio, l’articolo 11, lettera g), della suddetta
direttiva menziona, per la Repubblica italiana, i seguenti:
«(...)
– i diplomi di “laurea in architettura”
rilasciati dalle università, dagli istituti politecnici e dagli istituti
superiori di architettura di Venezia e di Reggio Calabria, accompagnati dal
diploma di abilitazione all’esercizio indipendente della professione di
architetto, rilasciato dal ministro della Pubblica Istruzione una volta che il
candidato abbia sostenuto con successo, davanti ad un’apposita commissione,
l’esame di [S]tato che abilita all’esercizio indipendente della professione di
architetto (dott. architetto);
– i diplomi di “laurea in ingegneria” nel settore
della costruzione civile rilasciati dalle università e dagli istituti
politecnici, accompagnati dal diploma di abilitazione all’esercizio indipendente
di una professione nel settore dell’architettura, rilasciato dal ministro della
Pubblica Istruzione una volta che il candidato abbia sostenuto con successo,
davanti ad un’apposita commissione, l’esame di [S]tato che lo abilita
all’esercizio indipendente della professione (dott. ing. architetto o
dott. ing. in ingegneria civile)».
11 L’articolo 16 della
medesima direttiva, che costituisce il capitolo IV di questa, rubricato «Uso del
titolo di formazione», enuncia quanto segue:
«1. Fatto salvo l’articolo 23, gli [S]tati membri
ospiti fanno sì che ai cittadini degli [S]tati membri che soddisfino le
condizioni di cui ai capitoli II o III, sia riconosciuto il diritto di far uso
del loro titolo di formazione legittimo, ed eventualmente della relativa
abbreviazione, dello [S]tato membro di origine o di provenienza, nella lingua di
tale [S]tato. Gli [S]tati membri ospiti possono prescrivere che il titolo sia
seguito dal nome e dal luogo dell’istituto o della commissione che lo ha
rilasciato.
2. Quando il titolo di formazione dello [S]tato
membro di origine o di provenienza può essere confuso nello [S]tato membro
ospite con un titolo che richieda in detto [S]tato una formazione complementare
che il beneficiario non ha compiuto, lo [S]tato membro ospite può prescrivere
che il beneficiario usi il titolo di formazione dello [S]tato membro d’origine o
di provenienza in una formula adeguata indicata dallo [S]tato ospite».
Il diritto italiano
12 La direttiva 85/384 è
stata trasposta nell’ordinamento giuridico interno italiano dal decreto
legislativo n. 129, del 27 gennaio 1992 (GURI n. 41, del 19 febbraio 1992,
pag. 18).
13 L’articolo 1,
paragrafo 2, di tale decreto legislativo così disponeva:
«Restano in vigore le disposizioni che regolano
l’esercizio in Italia delle attività [nel settore dell’architettura] da parte di
persone in possesso di titolo professionale idoneo in base alle norme vigenti
alla data di entrata in vigore del presente decreto».
14 L’articolo 51 del
regio decreto n. 2537, del 23 ottobre 1925, recante approvazione del regolamento
per le professioni d’ingegnere e di architetto (GURI n. 37, del 15 febbraio
1925; in prosieguo: il «regio decreto n. 2537/25»), prevede quanto segue:
«Sono di spettanza della professione d’ingegnere, il
progetto, la condotta e la stima dei lavori per estrarre, trasformare ed
utilizzare i materiali direttamente od indirettamente occorrenti per le
costruzioni e per le industrie, dei lavori relativi alle vie ed ai mezzi di
trasporto, di deflusso e di comunicazione, alle costruzioni di ogni specie, alle
macchine ed agli impianti industriali, nonché in generale alle applicazioni
della fisica, i rilievi geometrici e le operazioni di estimo».
15 Ai sensi dell’articolo
52 del regio decreto n. 2537/25:
«Formano oggetto tanto della professione di ingegnere
quanto di quella di architetto le opere di edilizia civile, nonché i rilievi
geometrici e le operazioni di estimo ad esse relative.
Tuttavia le opere di edilizia civile che presentano
rilevante carattere artistico ed il restauro e il ripristino degli edifici
contemplati dalla [legge] 20 giugno 1909, n. 364, per l’antichità e le belle
arti, sono di spettanza della professione di architetto; ma la parte tecnica ne
può essere compiuta tanto dall’architetto quanto dall’ingegnere».
Procedimenti principali e questioni pregiudiziali
16 Le controversie
principali trovano origine in una norma di diritto italiano, vale a dire
l’articolo 52, secondo comma, del regio decreto n. 2537/25, secondo cui agli
ingegneri civili che hanno ottenuto i propri titoli in Italia non competono le
opere di edilizia civile che presentano rilevante carattere artistico ed il
restauro e il ripristino degli edifici di interesse culturale.
17 Da lungo tempo gli
ingegneri civili che hanno ottenuto i propri titoli in Italia contestano tale
restrizione del loro campo di attività, facendo leva, segnatamente, sulla
direttiva 85/384.
18 Nella fattispecie, il
Consiglio di Stato è stato adito con due ricorsi in appello avverso due
contrastanti sentenze del Tribunale amministrativo regionale del Veneto.
19 Il primo ricorso trova
origine nella decisione implicita di diniego della Soprintendenza per i beni
ambientali e architettonici di Verona, nei confronti del sig. Mosconi, riguardo
al conferimento dell’incarico di direzione dei lavori su un immobile di
interesse storico e artistico. Il sig. Mosconi e l’Ordine degli Ingegneri di
Verona e Provincia hanno proposto ricorso dinanzi al Tribunale amministrativo
regionale del Veneto, sostenendo che l’esclusione degli ingegneri civili da
simili lavori è contraria alla direttiva 85/384.
20 Nel 2002 tale giudice
ha sottoposto alla Corte una domanda di pronuncia pregiudiziale per sapere se il
diritto dell’Unione e, segnatamente, la direttiva 85/384 dovesse essere
interpretato nel senso che esso osta ad una normativa nazionale siffatta.
21 La Corte, con
ordinanza del 5 aprile 2004, Mosconi e Ordine degli Ingegneri di Verona e
Provincia (C‑3/02), ha risposto che, trattandosi di una situazione puramente
interna, né la direttiva 85/384 né il principio della parità di trattamento
ostano ad una normativa nazionale che riconosce, in linea di principio,
l’equivalenza dei titoli di architetto e di ingegnere civile, ma riserva ai soli
architetti i lavori riguardanti in particolare gli immobili vincolati
appartenenti al patrimonio artistico.
22 In tale ordinanza, la
Corte ha rilevato che una discriminazione alla rovescia può risultare dal fatto
che gli ingegneri civili che hanno conseguito i loro titoli in Italia non hanno
accesso, in questo Stato membro, all’attività indicata all’articolo 52, secondo
comma, del regio decreto n. 2537/25, mentre tale accesso non può essere negato
alle persone in possesso di un diploma di ingegnere civile rilasciato in un
altro Stato membro e menzionato nell’elenco redatto ai sensi dell’articolo 7
della direttiva 85/384 o in quello di cui all’articolo 11 della medesima.
Tuttavia, la Corte ha dichiarato che, trattandosi di una situazione puramente
interna, il principio della parità di trattamento sancito dal diritto
dell’Unione non può essere fatto valere, ma che spetta al giudice del rinvio
stabilire se vi sia una discriminazione vietata dal diritto nazionale e, se del
caso, decidere come essa debba essere eliminata.
23 A seguito di tale
ordinanza, il Tribunale amministrativo regionale del Veneto ha rimesso alla
Corte costituzionale la questione della legittimità costituzionale dell’articolo
52, secondo comma, del regio decreto n. 2537/25. Con ordinanza n. 130 del 16-19
aprile 2007, la Corte costituzionale ha dichiarato la questione manifestamente
inammissibile, stante la natura regolamentare e non legislativa delle
disposizioni censurate.
24 Con sentenza n. 3630
del 15 novembre 2007, il Tribunale amministrativo regionale del Veneto ha
accolto il ricorso ritenendo che occorresse disapplicare l’articolo 52, secondo
comma, del regio decreto n. 2537/25, in quanto tale disposizione è incompatibile
con il principio della parità di trattamento come interpretato dalla Corte
costituzionale, a causa del fatto che i professionisti nazionali non possono
essere trattati in maniera discriminatoria rispetto ai professionisti
provenienti da altri Stati membri.
25 Tale sentenza è stata
oggetto di ricorso in appello dinanzi al giudice del rinvio da parte del
Ministero per i beni e le attività culturali.
26 Il secondo ricorso
sottoposto al Consiglio di Stato trae origine da un bando di gara redatto dalle
Istituzioni di Ricovero e di Educazione di Venezia per l’affidamento del
servizio di direzione lavori e coordinamento della sicurezza in fase di
esecuzione dei lavori di restauro e recupero funzionale di Palazzo Contarini del
Bovolo a Venezia.
27 Gli ordini provinciali
veneti degli ingegneri hanno impugnato dinanzi al Tribunale amministrativo
regionale del Veneto tale bando di gara unitamente agli atti di aggiudicazione,
nella parte in cui l’autorità aggiudicatrice riservava le attività professionali
oggetto di affidamento ai soli architetti.
28 Con sentenza n. 3651
del 25 novembre 2008, il Tribunale amministrativo regionale del Veneto ha
respinto il ricorso dichiarando che, secondo l’interpretazione della Corte, la
direttiva 85/384 si riferisce al mutuo riconoscimento dei corsi di formazione e
non riguarda le condizioni d’accesso alle distinte professioni, non implicando
quindi la piena equiordinazione del titolo di «laurea in ingegneria» a quello di
«laurea in architettura».
29 Avverso tale sentenza,
gli ordini provinciali degli ingegneri hanno proposto ricorso dinanzi al
Consiglio di Stato.
30 Il Consiglio di Stato
afferma che sarebbe contrario ai principi di diritto nazionale, confermati dalla
giurisprudenza costituzionale, autorizzare gli ingegneri civili che hanno
conseguito i loro titoli in Stati membri diversi dalla Repubblica italiana a
prestare in quest’ultimo Stato membro la loro attività professionale nell’ambito
di interventi sugli immobili di interesse culturale senza autorizzare allo
stesso modo gli ingegneri civili che hanno conseguito i loro titoli in
Italia.
31 Esso si domanda se il
meccanismo di mutuo riconoscimento istituito dalla direttiva 85/384 debba
effettivamente essere inteso nel senso che gli ingegneri civili che hanno
conseguito i loro titoli in Stati membri diversi dalla Repubblica italiana
possono esercitare in quest’ultimo Stato membro le attività riservate dal regio
decreto n. 2537/25 ai soli architetti, oppure se la Repubblica italiana possa
richiedere alle persone munite di un titolo che consente l’esercizio delle
attività rientranti nel settore dell’architettura di sottoporsi, per quanto
riguarda le attività riservate da detto regio decreto ai soli architetti, ad una
specifica verifica della loro idoneità professionale.
32 In tali circostanze,
il Consiglio di Stato ha deciso di sospendere il giudizio e di sottoporre alla
Corte le seguenti questioni pregiudiziali:
«1) [S]e la [direttiva 85/384], nella parte
in cui ammette (artt. 10 e 11), in via transitoria, all’esercizio delle attività
nel settore dell’architettura i soggetti migranti muniti dei titoli
specificamente indicati, non osta a che in Italia sia ritenuta legittima una
prassi amministrativa, avente come base giuridica l’art. 52, comma secondo,
parte prima del [regio decreto n. 2537/25], che riservi specificamente taluni
interventi sugli immobili di interesse artistico soltanto ai candidati muniti
del titolo di “architetto” ovvero ai candidati che dimostrino di possedere
particolari requisiti curriculari, specifici nel settore dei beni culturali e
aggiuntivi rispetto a quelli genericamente abilitanti l’accesso alle attività
rientranti nell’architettura ai sensi della citata direttiva;
2) se in particolare tale prassi può
consistere nel sottoporre anche i professionisti provenienti da Paesi membri
diversi [dalla Repubblica italiana], ancorché muniti di titolo astrattamente
idoneo all’esercizio delle attività rientranti nel settore dell’architettura,
alla specifica verifica di idoneità professionale (ciò che avviene anche per i
professionisti italiani in sede di esame di abilitazione alla professione di
architetto) ai limitati fini dell’accesso alle attività professionali
contemplate nell’art. 52, comma secondo, prima parte del [regio decreto
n. 2537/25]».
Sulla competenza della Corte
33 Il governo spagnolo
sostiene in sostanza che, dato che le controversie di cui al procedimento
principale vertono su situazioni puramente interne, la Corte non è competente a
rispondere alle questioni pregiudiziali.
34 Tuttavia, pur essendo
pacifico che dette controversie hanno ad oggetto situazioni puramente interne,
alle quali non si applica la direttiva 85/384 (v., a tale riguardo, ordinanza
Mosconi e Ordine degli Ingegneri di Verona e Provincia, cit., punto 51), dalla
domanda di pronuncia pregiudiziale emerge che il giudice del rinvio ritiene
contrario ai principi di diritto nazionale, confermati dalla giurisprudenza
costituzionale, consentire una discriminazione alla rovescia autorizzando gli
ingegneri civili che hanno ottenuto i loro titoli in Stati membri diversi dalla
Repubblica italiana, e non gli ingegneri civili che hanno ottenuto i loro titoli
in Italia, ad esercitare in quest’ultimo Stato membro attività riguardanti
immobili di interesse culturale.
35 A tale riguardo,
occorre ricordare che, indubbiamente, la Corte non è competente a rispondere ad
una questione pregiudiziale quando è manifesto che la disposizione di diritto
dell’Unione sottoposta alla sua interpretazione non può trovare applicazione,
come, ad esempio, nel caso di situazioni puramente interne. Tuttavia, anche in
una simile situazione, la Corte può procedere all’interpretazione richiesta
nell’ipotesi in cui il diritto nazionale imponga al giudice del rinvio, in
procedimenti come quello principale, di riconoscere ad un cittadino nazionale
gli stessi diritti di cui il cittadino di un altro Stato membro, nella stessa
situazione, beneficerebbe in forza del diritto dell’Unione (v., in tal senso, in
particolare, sentenze del 1° giugno 2010, Blanco Pérez e Chao Gómez, C‑570/07 e
C‑571/07, Racc. pag. I‑4629, punto 39; del 22 dicembre 2010, Omalet, C‑245/09,
Racc. pag. I‑13771, punto 15, nonché del 21 giugno 2012, Susisalo e a., C‑84/11,
non ancora pubblicata nella Raccolta, punti 17 e 20). Sussiste quindi un
interesse certo dell’Unione a che la Corte proceda all’interpretazione della
disposizione del diritto dell’Unione di cui trattasi.
36 Si deve pertanto
dichiarare che la Corte è competente a rispondere alle questioni
pregiudiziali.
Sulle questioni pregiudiziali
37 Con le sue questioni,
da esaminarsi congiuntamente, il giudice del rinvio chiede, in sostanza, se gli
articoli 10 e 11 della direttiva 85/384 debbano essere interpretati nel senso
che essi ostano ad una normativa nazionale secondo cui persone in possesso di un
titolo rilasciato da uno Stato membro diverso dallo Stato membro ospitante,
titolo abilitante all’esercizio di attività nel settore dell’architettura ed
espressamente menzionato al citato articolo 11, possono svolgere, in
quest’ultimo Stato, attività riguardanti immobili di interesse artistico
solamente qualora dimostrino, eventualmente nell’ambito di una specifica
verifica della loro idoneità professionale, di possedere particolari qualifiche
nel settore dei beni culturali.
38 Alla luce di una norma
di diritto interno che assicura che persone munite di un titolo relativo al
settore dell’architettura rilasciato dalla Repubblica italiana e che esercitano
la loro professione in Italia non subiscano una discriminazione alla rovescia
rispetto alle persone in possesso di un titolo siffatto rilasciato da un altro
Stato membro, occorre, al fine di fornire una risposta utile al giudice del
rinvio, esaminare la portata degli obblighi stabiliti dagli articoli 10 e 11
della direttiva 85/384 per il riconoscimento, da parte dello Stato membro
ospitante, di questi ultimi titoli.
39 Nell’ambito di tale
esame, si deve rammentare che la direttiva 85/384 prevede il mutuo
riconoscimento automatico dei diplomi, dei certificati e degli altri titoli del
settore dell’architettura che soddisfano le condizioni di formazione fissate in
tale direttiva (sentenza del 24 maggio 2007, Commissione/Portogallo, C‑43/06,
punto 24).
40 L’oggetto essenziale
di detto mutuo riconoscimento si trova espresso nell’articolo 2 della direttiva
85/384, a termini del quale ogni Stato membro è tenuto a riconoscere i diplomi,
i certificati e gli altri titoli conseguiti durante un ciclo di formazione
rispondente ai requisiti di cui agli articoli 3 e 4 della direttiva stessa,
rilasciati ai cittadini degli Stati membri dagli altri Stati membri, e ad
attribuire loro, sul proprio territorio, per quanto riguarda l’accesso alle
attività abitualmente svolte in base al titolo professionale di architetto, lo
stesso effetto dei diplomi, certificati ed altri titoli dal medesimo rilasciati.
Quanto all’articolo 10 della suddetta direttiva, esso estende, in via
transitoria, il citato riconoscimento a taluni altri diplomi che non soddisfano
le condizioni di cui al capitolo II della medesima direttiva, ivi comprese
quelle indicate ai suoi articoli 3 e 4 (sentenza Commissione/Portogallo, cit.,
punto 25 e giurisprudenza ivi citata).
41 Le questioni
sottoposte riguardano dunque la portata dell’obbligo di mutuo riconoscimento dei
diplomi istituito dall’articolo 10 della direttiva 85/384 e la facoltà dello
Stato membro ospitante di esigere, dalle persone titolari dei diplomi rilasciati
in un altro Stato membro e indicati nell’elenco di cui all’articolo 11 della
direttiva 85/384, la dimostrazione del possesso di particolari qualifiche nel
settore dei beni culturali al fine di poter esercitare attività relative ad
immobili di interesse artistico.
42 A tale riguardo, è pur
vero che la direttiva 85/384 non si propone di disciplinare le condizioni di
accesso alla professione di architetto, né di definire la natura delle attività
svolte da chi la esercita. Dal nono considerando di tale direttiva risulta
infatti che il suo articolo 1, paragrafo 2, non intende fornire una definizione
giuridica delle attività del settore dell’architettura. Spetta quindi alla
normativa nazionale dello Stato membro ospitante individuare le attività
rientranti in tale settore (ordinanza Mosconi e Ordine degli Ingegneri di Verona
e Provincia, cit., punto 45).
43 Tuttavia,
contrariamente alla tesi difesa dal Consiglio Nazionale degli Architetti,
Pianificatori, Paesaggisti e Conservatori e dall’Ordine degli Architetti,
Pianificatori, Paesaggisti e Conservatori della Provincia di Verona, da tale
competenza dello Stato membro ospitante non può dedursi che la direttiva 85/384
consenta a detto Stato membro di subordinare l’esercizio delle attività aventi
ad oggetto immobili di interesse artistico alla verifica delle qualifiche degli
interessati in questo settore.
44 Infatti, in primo
luogo, riconoscere allo Stato membro ospitante una siffatta facoltà equivarrebbe
a consentirgli di richiedere prove aggiuntive, il che pregiudicherebbe il
riconoscimento automatico dei diplomi e sarebbe pertanto, come dichiarato dalla
Corte al punto 28 della citata sentenza Commissione/Portogallo, contrario alla
direttiva 85/384.
45 In secondo luogo, come
emerge dal punto 37 della sentenza del 23 novembre 2000, Commissione/Spagna
(C‑421/98, Racc. pag. I‑10375), ai sensi degli articoli 2 e 10 della direttiva
85/384, quando un’attività è abitualmente svolta da architetti titolari di un
diploma rilasciato dallo Stato membro ospitante, un architetto migrante titolare
di un diploma, certificato o altro titolo ricompreso nella sfera di applicazione
della direttiva deve poter parimenti accedere a tale attività, ancorché i suoi
diplomi, certificati o altri titoli non implichino necessariamente
un’equivalenza sostanziale con riguardo alla formazione conseguita.
46 A tale proposito, la
direttiva 85/384 stabilisce le misure da adottare quando non sussista
equivalenza sostanziale tra la formazione conseguita nello Stato membro di
origine o di provenienza e quella fornita nello Stato membro ospitante (sentenza
Commissione/Spagna, cit., punto 43).
47 Infatti, a termini
dell’articolo 16, paragrafo 2, della direttiva 85/384, quando il titolo di
formazione dello Stato membro di origine o di provenienza può essere confuso,
nello Stato membro ospitante, con un titolo che richieda, in detto Stato, una
formazione complementare che il beneficiario della direttiva non ha compiuto, lo
Stato membro ospitante può prescrivere che quest’ultimo usi il proprio titolo di
formazione in una formula adeguata che gli verrà indicata da tale Stato
(sentenza Commissione/Spagna, cit., punto 44).
48 Così, se è pur vero
che compete alla legislazione nazionale dello Stato membro ospitante definire il
settore di attività della professione di architetto, quando una determinata
attività sia considerata da uno Stato membro ricompresa in detto settore,
l’esigenza del mutuo riconoscimento implica che gli architetti migranti debbano
poter parimenti accedere a tale attività (sentenza Commissione/Spagna, cit.,
punto 38).
49 Orbene, nella
fattispecie, è pacifico che le attività riguardanti immobili di interesse
artistico rientrano nel settore di attività della professione di architetto e
ricadono quindi nella sfera di applicazione della direttiva 85/384.
50 In ultimo luogo, la
conclusione secondo cui lo Stato membro ospitante non può imporre, nell’ambito
del meccanismo di mutuo riconoscimento istituito dall’articolo 11 della
direttiva 85/384, condizioni aggiuntive, come quelle controverse nel
procedimento principale, per l’esercizio delle attività rientranti nel settore
della professione di architetto trova peraltro conferma in quanto dichiarato
dalla Corte al punto 52 della citata ordinanza Mosconi e Ordine degli Ingegneri
di Verona e Provincia.
51 Secondo questo punto,
infatti, l’accesso alle attività previste all’articolo 52, secondo comma, del
regio decreto n. 2537/25, vale a dire alle attività riguardanti immobili di
interesse artistico, non può essere negato alle persone in possesso di un
diploma di ingegnere civile o di un titolo analogo rilasciato in uno Stato
membro diverso dalla Repubblica italiana, qualora tale titolo sia menzionato
nell’elenco redatto ai sensi dell’articolo 7 della direttiva 85/384 o in quello
di cui all’articolo 11 di detta direttiva.
52 Alla luce delle
suesposte considerazioni, occorre rispondere alle questioni sottoposte che gli
articoli 10 e 11 della direttiva 85/384 devono essere interpretati nel senso che
essi ostano ad una normativa nazionale secondo cui persone in possesso di un
titolo rilasciato da uno Stato membro diverso dallo Stato membro ospitante,
titolo abilitante all’esercizio di attività nel settore dell’architettura ed
espressamente menzionato al citato articolo 11, possono svolgere, in
quest’ultimo Stato, attività riguardanti immobili di interesse artistico
solamente qualora dimostrino, eventualmente nell’ambito di una specifica
verifica della loro idoneità professionale, di possedere particolari qualifiche
nel settore dei beni culturali.
Sulle spese
53 Nei confronti delle
parti nel procedimento principale la presente causa costituisce un incidente
sollevato dinanzi al giudice nazionale, cui spetta quindi statuire sulle spese.
Le spese sostenute da altri soggetti per presentare osservazioni alla Corte non
possono dar luogo a rifusione.
Per questi motivi, la Corte (Quinta Sezione)
dichiara:
Gli articoli 10 e 11 della direttiva 85/384/CEE
del Consiglio, del 10 giugno 1985, concernente il reciproco riconoscimento dei
diplomi, certificati ed altri titoli del settore dell’architettura e comportante
misure destinate ad agevolare l’esercizio effettivo del diritto di stabilimento
e di libera prestazione di servizi, devono essere interpretati nel senso che
essi ostano ad una normativa nazionale secondo cui persone in possesso di un
titolo rilasciato da uno Stato membro diverso dallo Stato membro ospitante,
titolo abilitante all’esercizio di attività nel settore dell’architettura ed
espressamente menzionato al citato articolo 11, possono svolgere, in
quest’ultimo Stato, attività riguardanti immobili di interesse artistico
solamente qualora dimostrino, eventualmente nell’ambito di una specifica
verifica della loro idoneità professionale, di possedere particolari qualifiche
nel settore dei beni culturali.
Firme
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