LA PUBBLICA AMMINISTRAZIONE INFORMA / SISTEMA INFORMATIVO PER LA SICUREZZA DELLA REPUBBLICA ** =
Gli italiani si fidano della nostra Intelligence. Sei cittadini su
dieci si esprimono in tal senso. E ritengono si debba conoscere di più
e meglio il ruolo del Sistema di informazione per la sicurezza della
Repubblica nella lotta alle minacce di terrorismo e ''lupi solitari'',
cyberwar e attacchi al know-how delle nostre imprese. L'indagine
condotta dall'Eurispes conferma la crescente attenzione dei cittadini,
e dei giovani in particolare, per i compiti e il lavoro del Comparto
Intelligence. Lo studio Intelligence e società: indagine su ruolo e
immagine del Sistema di informazione per la sicurezza della Repubblica
presso l'opinione pubblica (PDF 2,6 MB) è stato presentato a Roma il
26 marzo 2015 nella Sala Polifunzionale della Presidenza del
Consiglio. Ad illustrare i principali risultati del Rapporto sono
intervenuti Gian Maria Fara, Presidente dell'Eurispes, Paolo De
Nardis, ordinario di Sociologia alla ''Sapienza'' Università di Roma e
l'Avv. Roberto De Vita, responsabile Osservatorio Sicurezza Eurispes.
Hanno partecipato il Sottosegretario Marco Minniti, Autorità delegata
per la sicurezza della Repubblica, e l'Ambasciatore Giampiero Massolo,
Direttore generale del DIS. A moderare i lavori, la giornalista
Federica De Sanctis. Dunque il 62% degli italiani ripone fiducia nel
Sistema di informazione per la sicurezza della Repubblica. Il livello
di gradimento raggiunto dall'Intelligence presso l'opinione pubblica
segna un balzo in avanti molto importante: la larga maggioranza dei
cittadini indica un tasso di consenso diffuso ed elevato. La
rilevazione è stata condotta dall'Eurispes su un campione di 1.121
intervistati, rappresentativo della popolazione italiana dai 18 anni
in su per genere, età e area geografica. «L'ottimo risultato raggiunto
- rileva il report Eurispes - è sicuramente influenzato anche dagli
accadimenti recenti. Le minacce che derivano da una situazione
internazionale difficile e dall'emersione di nuovi fenomeni di
terrorismo - da quello molecolare alle minacce degli ''uomini neri''
dell'Is - stanno certamente orientando sempre più i cittadini verso
una cultura della sicurezza partecipata, una maggiore riflessione del
ruolo che i nostri Servizi hanno saputo ritagliarsi a livello
internazionale e la consapevolezza di quanto valore abbia il loro
lavoro, seppure scarsamente visibile, per la tutela e la difesa del
Paese». I canali attraverso i quali la pubblica opinione più spesso
viene informata e si informa sul lavoro e sulle attività dei nostri
Servizi è la televisione ( 35,5%). Seguono a distanza quotidiani e
riviste ( 17,4%), le informazioni presenti sul web ( 13,9%) e la
programmazione radiofonica ( 13,6%). Minoritaria è la quota di quanti
hanno tratto informazioni o notizie sull'Intelligence attraverso
l'approfondimento e la lettura di libri o saggi. Non manca chi tratta
l'argomento in maniera privata nelle conversazioni con amici o
conoscenti. La maggioranza dei cittadini in ogni caso sottolinea la
scarsa chiarezza nella rappresentazione che i media forniscono
rispetto al ruolo e alle attività dei Servizi per la sicurezza (
72,6%); non solo, considerando il compito svolto in difesa della
sicurezza nazionale, i mezzi di informazione dovrebbero parlarne di
più dando maggiore spazio all'argomento per il 53,2% dei cittadini. Il
31% degli intervistati ritiene che i Servizi lavorino dietro le quinte
per garantire la sicurezza dei cittadini e il 17,7% afferma che il
loro lavoro è scarsamente considerato, pur essendo molto importante.
Partendo dall'importanza delle attività svolte in difesa della
sicurezza nazionale, la convinzione che questo sia un settore
fondamentale per il nostro Paese ( 24,2%) e il desiderio di essere
informati su tutto ( 29%) sono i motivi per i quali tali argomenti
dovrebbero trovare uno spazio più ampio e una maggiore
rappresentazione sui mezzi di informazione. Non manca comunque chi non
ha alcun interesse per l'argomento ( 7,1%) e non ritiene quindi di
dover chiedere una informazione più approfondita. «L'apertura alla
società - rimarca l'istituto di ricerca - è il punto di svolta della
nuova stagione dell'Intelligence 2.0. Anche grazie alla riforma del
2007, si è scoperta la ''fruibilità sociale'' dell'Intelligence,
percepita come struttura di servizio al Paese e laboratorio di analisi
per il decisore politico. Quella della fiducia conquistata sul campo è
la strada che gli 007 di casa nostra stanno percorrendo, ampliando gli
spazi di interlocuzione con la società civile e i giovani, in
particolare. Lo dimostrano il successo di iniziative come
''Intelligence live'', il roadshow promosso dal Dis: un vero e proprio
tour che da ottobre 2013 l'Intelligence porta avanti, tappa dopo
tappa, nelle principali Università italiane.» Capacità di operare e
collaborare in contesti stranieri: il merito della liberazione dei
connazionali rapiti va ai nostri agenti segreti Nel corso degli anni è
accaduto che cittadini italiani siano stati rapiti in Paesi in guerra
per mano di terroristi e successivamente liberati. Agli intervistati è
stato domandato a chi, a loro giudizio, va attribuito il merito della
liberazione e del rientro in patria dei nostri connazionali. Per il
22,3% il merito è dell'attività sotterranea dei nostri Servizi che
hanno operato nelle zone calde; per il 21,8% delle forze e delle
capacità delle nostre Istituzioni diplomatiche (Ministero degli
Esteri, Ambasciate presenti nei diversi Paesi); per il 18,6% della
capacità della nostra Intelligence di collaborare con i Servizi di
altri Paesi. Il 10,6% cita invece il ruolo delle organizzazioni
internazionali, il 7,9% l'azione diretta e i contatti dei capi di
Governo. Un cospicuo 18,8% non è in grado di pronunciarsi in merito.
Benché gli intervistati citino l'operato di diversi soggetti
all'origine della risoluzione dei casi di sequestro di cittadini
italiani, prevalgono le risposte che attribuiscono un ruolo decisivo
ai Servizi segreti, da soli o in collaborazione con quelli degli altri
Paesi. Esperti cyber e le migliori menti dalle Università: il 36,5%
approva la nuova strategia di reclutamento Da tempo l'Intelligence
recluta anche all'interno delle Università tra gli elementi più
preparati in discipline tecnico-scientifiche oltre che, come da
tradizione, tra il personale delle forze dell'ordine (Carabinieri,
Guardia di Finanza, Polizia) e tra le Forze armate (Esercito, Marina,
Aeronautica). Per il 38,6% degli intervistati bisognerebbe creare un
mix, potendo contare sull'esperienza delle Forze di polizia e militari
insieme a nuove figure professionali ricorrendo al serbatoio delle
Università, dei centri di ricerca e anche ai concorsi pubblici; il
36,5% considera invece corretta la nuova strategia perché la nostra è
ormai una realtà complessa e occorrono analisti, tecnici, informatici,
studiosi delle diverse discipline (dagli esperti di cyber ai
linguisti) che sappiano anticipare scenari politico-economici e
contribuire a risolvere le situazioni di crisi; il 24,9% afferma,
infine, che non è il modo corretto: occorrerebbe invece continuare ad
utilizzare appartenenti alle forze dell'ordine e militari perché
quello dei Servizi segreti è un mestiere pericoloso e loro sono più
preparati. Solo un quarto del campione si dimostra, dunque, nettamente
contrario ad un più moderno metodo di reclutamento degli agenti. Due
terzi degli intervistati sono convinti della necessità, per i Servizi
di sicurezza, di aprirsi a figure professionali complesse ed
eterogenee, capaci di far fronte all'ampia gamma di esigenze e
richieste legate al ruolo. Disco verde dalla famiglia se un figlio
viene reclutato Al campione è stato domandato anche come reagirebbe se
il proprio figlio volesse entrare a far parte dei Servizi di
informazione. Il 36,3% approverebbe senza riserve la scelta; il 16,9%
la accetterebbe, pur disapprovando; il 12,6% la disapproverebbe. Il
6,8% afferma che sosterrebbe la scelta del figlio perché si tratta
della carriera che egli stesso avrebbe voluto intraprendere a suo
tempo. In molti però non hanno risposto alla domanda ( 27,4%).
Complessivamente quindi il 43,1% di quanti sosterrebbero il proprio
figlio nell'intraprendere questo tipo di carriera prevale sul 29,5%
che esprime un atteggiamento negativo, probabilmente anche per il
timore che questa professione possa comportare dei rischi per
l'incolumità personale e la necessità di lavorare all'estero per
lunghi periodi. Infine una curiosità: il personaggio di James Bond,
nato dalla mirabile penna di Fleming e approdato alla versione
cinematografica negli anni Sessanta del secolo scorso per arrivare ai
giorni nostri con l'ultimo episodio in fase di realizzazione, è una
pietra miliare nella rappresentazione letteraria dell'agente segreto.
Nella maggioranza dei casi, gli intervistati riconoscono che questa è
una figura romanzata, che ben poco ha riscontro con la realtà ( 47%),
mentre sono in molti a ritenerla una via di mezzo, dove la finzione si
ispira comunque alla realtà ( 30,5%). Solo il 6,8% ha idea che Bond
sia il prototipo dell'agente segreto e lo rappresenti in tutte le sue
capacità e sfaccettature. Una parte consistente del campione non ha
saputo o non ha voluto esprimere un giudizio al riguardo ( 15,7%).
Tag: comunicazione istituzionale, Categoria: Archivio notizie
Comunicato stampa
(Adnkronos)
26-MAR-15 14:04
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