Corte d’Appello 2023- ... accadimenti, abbiamo potuto appurare l'assenza del disco tachigrafo relativo al giorno dell'infortunio ed esattamente ...
Corte d'Appello Venezia Sez. lavoro, Sent., 13-06-2023
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE D'APPELLO DI VENEZIA- sezione Lavoro
Composta dai Magistrati
Dr. Annalisa Multari - Presidente rel.
Dr. Piero Leanza - Consigliere
Dr. Silvia Burelli - Consigliere
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
Nella causa promossa in appello con ricorso depositato in data 23 novembre 2021
Da
x
appellante
Contro
x
appellato
Oggetto: appello avverso la sentenza di Tribunale Verona n.543/21 del 19.10.21 e notificata in data25.10.21
In punto: impugnazione licenziamento per giusta causa
________________________________________
Fatto Diritto P.Q.M.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE D'APPELLO DI VENEZIA- sezione Lavoro
Composta dai Magistrati
Dr. Annalisa Multari - Presidente rel.
Dr. Piero Leanza - Consigliere
Dr. Silvia Burelli - Consigliere
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
Nella causa promossa in appello con ricorso depositato in data 23 novembre 2021
Da
x
appellante
Contro
x
appellato
Oggetto: appello avverso la sentenza di Tribunale Verona n.543/21 del 19.10.21 e notificata in data25.10.21
In punto: impugnazione licenziamento per giusta causa
Svolgimento del processo
1.Con la sentenza impugnata il giudice del lavoro del Tribunale di Verona, ritenuta la genericità e tardività della contestazione disciplinare e, in ogni caso, la prova dell'insussistenza del fatto contestato, annullava il licenziamento disciplinare intimato dalla società S.D. s.r.l. a danno del dipendente G. in data 17.7.19 ex art. 3 D.Lgs. n. 23 del 2015, rigettando le altre pretese risarcitorie azionate dal lavoratore.
Il tribunale, preso atto dell'opzione esercitata dal G., condannava la società al pagamento di 15 mensilità, con risoluzione del rapporto alla data del 26.2.20 oltre al pagamento delle spese di lite; in via separata disponeva la trasmissione del verbale delle deposizioni testimoniali alla Procura della Repubblica per eventuali reati di falsa testimonianza.
2. Avverso la sentenza proponeva appello parziale la società S.D. che rispetto al licenziamento insisteva per la riforma della decisione giudiziale.
Si costituiva ritualmente il G. che contrastava l'appello instando per la conferma della sentenza.
La Corte di Appello di Venezia, disposto un rinvio della controversia in ragione di pendenza di ulteriore controversia sub. rg. 220/22 riguardante altro dipendente S. coinvolto nella medesima vicenda disciplinare, constatata l'impossibilità per le parti di conciliare la controversia, all'esito della discussione orale, all'udienza del 18 maggio 2023 ha deciso la causa come da separato dispositivo in atti.
Motivi della decisione
3. La società S. premessa l'intera vicenda processuale con il primo motivo censurava la sentenza nel punto in cui il primo giudice aveva accolto le eccezioni di tardività della contestazione disciplinare e genericità del licenziamento.
In particolare assumeva che il giudice avesse errato nel valorizzare, ai fini della tardività, la deposizione del testimone M. che era stato sentito in altro giudizio ( impugnazione del licenziamento proposta dal dipendente C. egualmente licenziato sub. rg 781/20), poiché trattavasi di testimone che aveva reso dichiarazioni poco credibili in ragione dell'età e -soprattutto-evidentemente influenzate dalla citazione in giudizio e dalla trasmissione della memoria di costituzione in giudizio della società. R. inoltre il contenuto conforme reso dagli altri testimoni escussi ( G. e R.) i quali avevano confermato che la società era venuta a conoscenza dei fatti verso i primi giorni di luglio 2019; richiamava a sostegno del motivo l'orientamento giurisprudenziale in ragione del quale la tempestività deve essere esaminata dal giudice in senso relativo.
Contrastava altresì la decisione nel punto in cui il giudice aveva ritenuto generica la contestazione in ragione del contenuto della contestazione disciplinare che era specifica poiché conteneva la indicazione del giorno e del fatto contestato, ovvero aver mentito alla società circa il luogo e la dinamica dell'infortunio occorso a danno del C.. Del pari contestava la decisione in punto immutabilità della contestazione, rilevando che anche nella lettera di licenziamento la società aveva confermato il precedente addebito, peraltro ammesso dal dipendente in sede di giustificazioni orali.
Con il secondo motivo censurava la sentenza nel punto in cui il tribunale aveva ritenuto insussistenti i fatti contestati, nonostante l'ampio materiale istruttorio offerto in giudizio e in quello parallelo del collega C..
Allegava di aver provato la conoscenza da parte del G. della dinamica effettiva dell'incidente del C.; la volontà di riferire al datore di lavoro una versione difforme; oltre alla complicità del G. con C. licenziato, M. dimissionario e R. egualmente licenziato ( con causa successivamente conciliata).
Rilevava in particolare che il C. nel proprio ricorso, aveva accusato M. e G. di averlo indotto a mentire alla società e agli enti previdenziali; circostanze confermate dal M..
Contestava la decisione per non avere il giudice valorizzato debitamente la deposizione della R..
Riteneva contradditoria la decisione e insisteva per l'accoglimento delle difese di primo grado anche in ragione delle norme disciplinari applicabili, o, in subordine, per la conversione del licenziamento in motivo soggettivo. Da ultimo contestava l'aliunde perceptum, richiamando le difese del primo grado.
4. Nel costituirsi in giudizio il G. contrastava integralmente le difese della società assumendo la correttezza della decisione; sulla tardività della contestazione invocava a proprio favore la decisione resa da altro giudice dello stesso ufficio che nel procedimento sub. rg. 781/20 promosso dal C., aveva dichiarato illegittimo il recesso per violazione del principio di tempestività e ciò in ragione delle prove orali richiamate anche dal primo giudice nella presente controversia.
Osservava che il tribunale di Verona aveva valorizzato la deposizione dell'unico soggetto estraneo ai fatti ; soggetto indicato come testimone anche dalla società, per cui tutte le illazioni sul fatto che fosse stato influenzato, o che non dovesse essere ritenuto credibile, erano incongrue.
Ai fini della genericità richiamava il contenuto della contestazione e della lettera di licenziamento ed osservava che l'affermazione della società circa l'ammissione dei fatti in sede disciplinare era priva di riscontro, poiché l'audizione dell'interessato era avvenuta alla presenza del titolare S. e della responsabile del personale G.. La società non potendo avvalersi della deposizione pro actoris ( con riferimento al titolare), tuttavia non aveva citato l'unica testimone utile in quanto compresente al colloquio ( la G.).
E ciò nonostante la possibilità di prova contraria rispetto alle prove raccolte in diverso giudizio e che il G. aveva chiesto di produrre ed erano state ammesse dal giudice; la società aveva citato come testimone la R. le cui dichiarazioni, in quanto "de relato", non avevano lo stesso valore probatorio degli altri testimoni.
Pertanto insisteva per la conferma della sentenza rilevando che il giudice aveva già detratto l'aliunde perceptum e che effettivamente il G., pochi mesi dopo il licenziamento, aveva trovato altro lavoro; dava atto in udienza che la sentenza era stata eseguita dalla società integralmente, anche nel capo delle spese di lite.
5. Il proposto appello in punto insussistenza del fatto, nei termini ritenuti dal primo giudice, va rigettato; ciò nonostante in punto tardività e genericità della contestazione, le doglianze proposte dalla società risultano fondate.
Infatti il giudice di prime cure ha applicato la tutela prevista dal legislatore di cui all'art. 3 comma secondo, D.Lgs. n. 23 del 2015 e quindi l'accoglimento dei primi motivi di appello, non consente di riformare la decisione di primo grado, condividendo questa Corte la conclusione finale assunta dal primo giudice di insussistenza del fatto.
6. Il fatto controverso tra le parti e'il seguente: il 17 settembre 2018 il dipendente C., recatosi presso il cliente M. insieme a M. per consegnare dei "pellet", nell'effettuare lo scarico in discesa del materiale presso l'abitazione - condotta, per quanto allegato dalla società, contraria alle disposizioni di sicurezza impartite dalla società - si infortunava alla caviglia sinistra. Rientrato in sede il C. dichiarava che l'infortunio era avvenuto in azienda.
Nelle allegazioni del primo grado il G. riferiva di non essere stato presente all'incidente e che quanto riportato alla società nell'immediatezza dei fatti - chiamata telefonica al R. e successivi chiarimenti- erano circostanze apprese dal C. che fino al procedimento disciplinare aveva sempre confermato la dinamica dell'incidente.
6.1.La contestazione disciplinare del G. di data 10.07.19 aveva il seguente tenore :":.. Ci riferiamo all'infortunio occorso al Suo collega sig. A.C. il giorno 17 settembre 2018 ad ore 09:30 in merito al quale Lei ci aveva descritto (verbalmente e per iscritto) la seguente dinamica: nella predetta giornata Lei si sarebbe trovato nella zona uffici del deposito della scrivente in Domegliara ed avrebbe udito un urlo provenire dal magazzino; in conseguenza di ciò Lei si sarebbe prontamente recato all'interno del magazzino, avrebbe visto il sig. C. a terra, dolorante, nelle vicinanze di un transpallet, ed avrebbe prestato il primo soccorso al collega porgendogli il ghiaccio istantaneo prelevato dalla cassetta di pronto soccorso che si trova all'interno del deposito. Ebbene, in relazione a tale infortunio alcuni testimoni che hanno assistito ai fatti ci hanno solo di recente riferito una diversa dinamica di quanto accaduto, ed abbiamo così avuto contezza di come, in effetti, il sig. A.C. si sia infortunato. Ci è stato, infatti, rappresentato che il sig. A.C., il 17 settembre 2018 ad ore 09:30, si trovava con ilmezzo di proprietà della società scrivente, targato (...), presso un cliente residente in Via Q., 11 a D., per consegnare un grosso quantitativo di pellet. Dopo aver scaricato dal camion, utilizzando l'apposita gru, due bancali di pellet, con il transpallet manuale egli movimentava il materiale lungo lo scivolo di accesso alla cantina. Nel mentre compiva tale operazione il transpallet, appesantito dalla merce sullo stesso caricata, prendeva velocità ed urtava violentemente contro la gamba del Suo collega, causandogli il denunciato infortunio. Dopo aver ricevuto le predette informazioni concernenti l'effettivo svolgersi degli accadimenti, abbiamo potuto appurare l'assenza del disco tachigrafo relativo al giorno dell'infortunio ed esattamente al percorso (andata e ritorno) del mezzo dal deposito S.D. di D. alla residenza del cliente sopra indicato. Siamo, pertanto, con la presente a contestarLe di aver riferito alla scrivente, in relazione alle modalità di accadimento dell'infortunio del sig. C.A. del 17 settembre 2018, fatti non rispondenti al vero.".
In sede di giustificazioni scritte il lavoratore escludeva di aver realizzato una relazione scritta; precisava di non ricordare cosa avesse riferito nell'immediatezza rispetto all'infortunio visto il tempo trascorso; eccepiva la tardività della contestazione e in ogni caso assumeva che quanto riportato alla società non potesse che corrispondere a quanto riferitogli dai colleghi.
La società ritenendo irrilevanti le sue giustificazioni lo licenziava in data 17 luglio 2019 con la seguente missiva:"… "F. riferimento e seguito alla contestazione disciplinare del 10 luglio 2019, da aversi qui per integralmente trascritta, nonché alle giustificazioni da Lei fornite con missiva del 15 luglio 2019, per significarLe quanto segue. Prendiamo, innanzitutto, atto che Lei, del tutto inspiegabilmente (e, si consenta, davvero poco verosimilmente!) afferma di "non ricordare" quanto da Lei stesso affermato appena qualche giorno fa in relazione all'infortunio occorso al Suo collega di lavoro signor A.C. il 17 settembre 2018, lamentando una presunta (ma del tutto insussistente) "tardività" dell'azione disciplinare avviata a Suo carico. A tal riguardo, evidenziamo come la Sua attuale versione dei fatti risulti per nulla credibile atteso che Lei, il giorno 10 luglio 2019, al momento della consegna della lettera di contestazione disciplinare, alla presenza del sig. D.S. e della dott.ssa S.G., ha ammesso, riconoscendoli come veri, tutti i fatti oggetto di addebito. Non solo! Quanto da Lei oggi affermato risulta sconfessato dalle dichiarazioni rese dal Suo collega signor A.C., il quale non solo ha ammesso di aver rilasciato dichiarazioni mendaci alla scrivente Società ed all'I.N.A.I.L. in relazione all'infortunio occorsogli, ma ha anche aggiunto di aver così agito in collusione con Lei e con il signor G.R.. In ragione di quanto sopra, tenuto conto della fondatezza delle contestazioni mosse e considerata la patente gravità dei comportamenti da Lei tenuti per come da noi accertati, nonché l'aggravante del tentativo di negare ogni Sua responsabilità (fondata sull'assenza diricordi circa quanto riferito solo qualche giorno fa e sul non aver fornito "alcuna relazione scritta del sinistro" in questione), non possiamo che ritenere definitivamente lacerato il vincolo fiduciario sotteso al rapporto di lavoro. I fatti addebitati e la condotta da Lei tenuta rivestono infatti, senz'ombra di dubbio, quel carattere di grave negazione degli elementi del rapporto di lavoro (specialmente dell'elemento essenziale della fiducia) idonea a porre seriamente in dubbio la futura correttezza dell'adempimento della prestazione, in quanto sintomatici di un Suo intollerabile atteggiarsi rispetto agli obblighi che Le fanno diretto carico. Veniamo con la presente, dunque, ad irrogarLe il licenziamento in tronco, per giusta causa".
8. Per completezza motivazionale, benchè- per quanto esposto al precedente punto- non pregiudiziali rispetto alla decisione, vanno esaminati in via preliminare i primi due motivi azionati dalla S. relativi alla tempestività e genericità; eccezioni che il primo giudice aveva accolto con la seguente motivazione:"I fatti oggetto di contestazione (quest'ultima del 10.7.2019) risalgono al 17.9.2018 e l'azienda afferma di esserne venuta a piena conoscenza, non per sua colpa, solamente nel luglio 2019 (pag. 15-18 resistente). Il teste B.M., autista, dipendente della resistente ha dichiarato (v. verbale del 22.9.2020): "Mentre stavo facendo il servizio si avvicina una persona che mi chiede informazioni. Non ricordo esattamente il periodo. Poteva essere verso marzo 2019, iniziamo a fare rifornimenti a fine febbraio. Io non sapendo cosa era successo, mi sono incuriosito e ho fatto domande. Mi ha detto che nel trasportare il bancale di legna in cantina si era fatto male. Mi ricordo che mi disse che erano in due, uno sul furgone e l'altro portava giù il bancale.
Mi ha detto che il transpallet gli era andato addosso. Colpendolo nelle gambe presumibilmente. Dopo qualche giorno ho parlato con D.G. e gli ho chiesto chi si era fatto male riferendo quanto avevo sentito. D. mi disse che si era fatto male C.. Quando è arrivato il cliente che io dovevo fare la consegna ho chiesto chi era il signore. A D. gli ho detto dove abitava (come mi era stato riferito). Quando sono andato a fare la consegna sono passato da questo signore. Quindi ho riferito a D. che abitava, il signore che aveva visto l'incidente"; il teste D.G., dipendente della resistente e responsabile della logistica (e della sicurezza), ha dichiarato (v. verbale del 12.2.2021): "ricordo che un giorno parlando con uno dei nostri autisti (B.M.) , mi dice che era andato a far firmare un documento di consegna ad un cliente e mentre aspettava, un signore che passava portando a spasso il cane vedendo il camion fermo chiese notizie sullo stato di salute del nostro dipendente. Gli era stato riferito che si era fatto male a casa sua mentre gli scaricavano la legna, il pellet a casa sua. So che era il papà della parrucchiera. A quel punto mi sono insospettito. Io avevo sempre detto che non si doveva scaricare fino all'interno delle abitazioni ma solamente nel raggio d'azione della gru del camion. Questo mi ero raccomandato di spiegarlo ai clienti sin dal momento della vendita. Chiedo all'autista che doveva andare a fare laconsegna nella stessa zona di chiedere informazioni sul signore che portava a spasso il cane. Una volta individuato il luogo in cui abitava il cliente ho mandato l'autista a chiedere allo stesso maggiori informazioni. Non era ancora estate. Aprile maggio. Dopo aver avuto conferma che l'incidente era avvenuto a casa dello stesso, che sul camion c'era altra persona, a quel punto ho dato le informazioni raccolte all'ufficio del personale. Da che B. mi aveva dato la prima notizia, sono andato a vedere che mancava il disco del camion di quel giorno dell'infortunio. Confrontando l'ultimo in mio possesso, il venerdì, l'incidente era di lunedì credo, c'era un'incongruenza di due km. Il primo autista nostro che ha usato il camion e che l'ha ripreso subito dopo, ho visto che c'erano due km. Ha sbagliato a leggere l'autista e riportare i dati? Ma coincidono con la distanza tra la casa del cliente e la sede. ADR: ricordo che mi è stato chiesto da HR il venerdì, di fare una relazione e di consegnargliela il lunedì. Questo sarà avvenuto fine giugno, luglio avevo le sdraie fuori". La difesa di parte ricorrente ha chiesto (istanza del 17.6.2021) e il Tribunale ha autorizzato anche ex art. 421 c.p.c.(ordinanza del 21.6.2021 con cui sono stati differiti i termini a difesa per consentire alla parte resistente di dedurre in merito alla predetta produzione) l'acquisizione delle dichiarazioni rese nel procedimento relativo al licenziamento di C. (RG 781/2020, verbale del 14.6.2021) dal teste M.M., ovvero il cliente che aveva parlato con B. (di cui il ricorrente non conosceva l'identità), che ha dichiarato: "Ricordo di aver fatto un ordinativo di pallet nel 2018, dopo di allora non l'ho più preso dalla S.D., ricordo quando vennero a portarmela. Ricordo che hanno dovuto scendere con un carrello, avevo ordinato due pallet. Il primo pallet è andato tutto bene, mentre il secondo cominciava a pendere e allora è andato più piano, ma il pallet si è rovesciato. L'operatore, il sig. qui presente C., ha messo il piede per fermarlo ma si è fatto male, era con un'altra persona. Quando ho fatto l'ordinativo ho detto chiaramente che dovevano portamelo in garage, altrimenti non avrei fatto l'ordinativo, questo lo dissi quando andai a fare l'ordine alla S.D. a Domegliara. Quando sono venuti per quello che io ricordo lavoravano tutti insieme. Dopo alcuni giorni dall'incidente, 10-15 giorni, vidi l'autista dell'altro camion, non quello che era venuto a fare consegna, e gli chiesi come stava la persona che si era fatta male. Non ricordo in quale stagione mi portarono il pallet, e non ricordo in quale stagione vidi l'autista, ma lo vidi dopo circa 10 giorni dalla consegna. L'autista ha detto di non sapere niente. Io una settimana fa ho ricevuto una lettera con la quale mi si chiedeva di venire in Tribunale e c'era anche scritto che in passato mi avevano telefonato i dipendenti S., ma non è vero che mi hanno telefonato. Io all'autista avevo spiegato come si era svolta la consegna e come si era fatto male il dipendente e poi non ho più avuto contatti con la S.D.; non mi hanno più scritto o telefonato, ho poi ricevuto la convocazione per il tribunale e la lettera in cui c'era scritto che mi avevano telefonato, cosa non vera". Tale ultima testimonianza, quanto al dato temporale e per l'attendibilità del teste, estraneo ai fatti di causa, a differenza di B. e G. che sono dipendenti della resistente, consente di affermare, a fronte del dato certo del verificarsi dell'infortunio (17.9.2018) e del tempo trascorso dallo stesso rispetto al colloquio con l'autista B. (al massimo un paio di settimane, come ribadito per due volte dal teste M.), che l'azienda ed in particolare G. fossero venuti a conoscenza del fatto già dal mese di ottobre 2018. Lo stesso G. ha riferito di aver effettuato come "atto di indagine" solamente il confronto dei dischi cronotachigrafi relativi al giorno dell'infortunio e quello precedente, da cui risultava che l'autista aveva preso il camion, percorso due km (la distanza tra il magazzino e la casa del cliente) ed era stato poi ripreso dall'autista. Si tratta dunque di un'operazione che certo non può giustificare il decorso di otto mesi nel corso dei quali non è ben chiaro che ulteriore attività di approfondimento istruttorio sia stata compiuta (anche perché il cliente, come dichiarato in sede testimoniale, non è stato più contattato dall'azienda, fino alla citazione in giudizio quale testimone). Inoltre le ridotte dimensioni dell'impresa, l'organizzazione della stessa e il numero limitato di soggetti coinvolti, come si può presumere dalle allegazioni delle parti, non giustificano in alcun modo il significativo ritardo nella contestazione disciplinare.
Peraltro è la stessa difesa di parte resistente ad affermare e documentare ( 48, 49, 50) che: "Nel mese di ottobre 2018, il sig. G.-ricordando alcune incongruenze nelle dichiarazioni rilasciate dai propri sottoposti in ordine all'infortunio del sig. C. - chiedeva ai signori R. e G. alcuni chiarimenti in ordine a quanto accaduto il 17 settembre 2018 (All. n. 8). 49). Con email del 6 novembre 2018 rispondeva formalmente il sig. R. riferendo di chiedere spiegazioni al sig. C., unico presente (per ovvie ragioni) al momento dell'infortunio (cfr. All. n. 8). 50). Pur nutrendo qualche sospetto in ordine alla non veridicità di quanto dichiarato all'INAIL, il sig. G. decideva di non indagare ulteriormente su quanto avvenuto il giorno 17 settembre 2018" ( cfr. sentenza impugnata).
9. Questa Corte- analogamente a quanto deciso nell'altro contenzioso parallelo relativo al C. sub. rg. 220/22, in cui la sentenza n. 81/22 emessa da altro giudice e dimessa dalla parte appellata, è stata riformata in senso favorevole alla S.- ritiene che la contestazione disciplinare non sia stata intempestiva.
La società appellante, come osservato dallo stesso tribunale, è azienda di piccole dimensioni, che si occupa del commercio di prodotti agricoli, petrolchimici, antiparassitari, fertilizzanti, i cui addetti sono impegnati nello svolgimento del lavoro e non esiste un ufficio dedicato ai controlli degli spostamenti dei lavoratori i quali operano nell'ambito delle mansioni attribuite in ragione dell'autonomia prevista dal contratto ( in particolare il G., 4 livello, era addetto alle operazioni di logistica e bollettazione).
Il titolare aveva impartito ai dipendenti disposizioni con cui aveva vietato di consegnare il materiale direttamente nelle cantine e garages dei clienti, soprattutto quando ciò l'utilizzo di transpallet in pendenza.
A fronte di ciò, quando era avvenuto l'incidente del C., tenuto conto di quanto dichiarato dallo stesso ai propri superiori ( R. in primis), ai sanitari del pronto soccorso ( cfr. documenti dimessi dalla parte appellante), dichiarazioni riportate anche nella documentazione inviata all'Inail che aveva indennizzato l'infortunio, oltre alle dichiarazioni conformi dei colleghi ( G., R. ), non era sorta per la società la necessità di verificare l'esatta dinamica del fatto.
Esigenza che -per contro- si era resa necessaria quando la società era venuta a conoscenza di quanto riferito dal M. al B. ( cfr. in tal senso deposizione R., G.); né si ha motivo di ritenere che il G. avesse un interesse a dichiarare circostanze non corrispondenti al vero, non avendo alcun potere di rappresentanza della società.
Quanto riferito dal G. ha trovato conferma anche nella dichiarazione della R., assistente diretta della responsabile del personale G., la quale a domanda diretta ha riferito quanto segue:"…siamo venuti a conoscenza del fatto verso i primi di luglio 2019. Ricostruita tutta la dinamica si è passati alla proprietà e poi si è proceduto con la contestazione disciplinare..".
Le dichiarazioni del G. sono conformi in entrambi i giudizi esaminati dal giudice ( quello attuale e quello del collega C. sub. Rg primo grado 781/20) e trovano riscontro in quanto riferito dal B. nel giudizio sub. rg 781/20; in quel giudizio l'autista aveva confermato di aver parlato con " D." ( G.) solo dopo qualche mese aver incontrato il M., non avendo fatto attenzione "sul momento" a quanto dichiarato dal cliente.
Dichiarazione che pare particolarmente attendibile non avendo il testimone alcun interesse a riferire diversamente, ed essendo verosimile che nello svolgimento del servizio all'epoca non avesse attribuito particolare attenzione a quanto riferito dal cliente.
Quanto poi al mese esatto in cui questo colloquio sarebbe avvenuto, il primo giudice ha valorizzato la dichiarazione resa nell'altro giudizio dal M.; tuttavia ad avviso di questa Corte l'età avanzata del testimone (73 anni) e la circostanza riferita del tutto spontaneamente, di aver ricevuto insieme alla intimazione anche uno scritto difensivo contenente le allegazioni della società, sono elementi che depongono per l'inattendibilità delle dichiarazioni. Trattasi infatti dell'unico soggetto, nella presente causa, per quanto esposto, a cristallizzare la data del colloquio avuto con il B. a circa 10-15 giorni di distanza rispetto alla verificazione dell'infortunio ( e quindi ad ottobre 2018).
Per contro l'insieme delle deposizioni raccolte nel presente giudizio e quelle prodotte dalla parte appellata e rese dai testimoni nel giudizio C. sub. rg 781/20 ( B. e G.), consentono ad avviso del Collegio, di superare la eccezione di intempestività accolta in primo grado.
Infatti è provato che la società - anche tramite la verifica dei dischi tachigrafici e la scoperta della mancanza di quello del 17 settembre 2018, giorno dell'incidente - non appena aveva accertato che la dinamica dell'incidente poteva essere stata diversa rispetto a quella riferita dai lavoratori, aveva provveduto a contestare i fatti agli interessati i quali, ad eccezione di R. e G., avevano confermato gli addebiti ( C. aveva ammesso il fatto, mentre M. si era dimesso prima del licenziamento).
I. che non sono risultate di carattere semplice e circoscritto nel tempo. Innanzitutto il G. ha dovuto svolgere tali indagini in un contesto di scarsa collaborazione da parte dei dipendenti interessati, circostanza che di per sé rende verosimilmente difficoltose le indagini, richiedendo un maggior impiego di tempo (tenuto conto che il G. doveva anche svolgere le sue ordinarie mansioni di responsabile della logistica). Egli, infatti, aveva "scritto una email chiedendo che mi venisse data una risposta chiara sui fatti…Non ho ricevuto alcuna risposta.".
Dopo il colloquio con B., il G. ha incaricato quest'ultimo di risalire all'identità e all'indirizzo del cliente (in prima battuta non noti, in quanto il B. aveva incontrato per strada il M. mentre stava eseguendo un rifornimento presso altro cliente) e, poi, di recarsi nuovamente dal M. per "chiedere allo stesso maggiori informazioni". In quel momento "non era ancora estate. Aprile maggio". Inoltre, il G. ha dovuto svolgere anche indagini documentali per avere riscontri e, invero, nell'ambito di tali indagini documentali ha scoperto "che mancava il disco del camion di quel giorno dell'infortunio". Una volta avuta sufficiente contezza del reale accadimento dei fatti, il G. ha "notiziato al datore di lavoro della realtà dei fatti a fine giugno/inizio luglio". In particolare, ha informato l'ufficio del personale che gli ha anche chiesto una relazione, svolta a "fine giugno, luglio avevo le sdraie fuori" (v. deposizioni sub RG 379/2020 e sub RG 781/2020 del Tribunale di Verona, in particolare ove il teste precisa "Ho notiziato al datore di lavoro della realtà dei fatti a fine giugno /inizio luglio. Gli accertamenti sono cominciati per caso nella primavera, ma poi li abbiamo conclusi verso la fine di giugno. La certezza circa la diversità dei fatti l'ho avuta quando mi sono reso conto che mancava un documento di trasporto in merito alla consegna effettuata quel giorno presso il sig. M.. Mancava il disco, mancava il documento di trasporto"). In definitiva, l'insieme delle deposizioni raccolte nel presente giudizio e quelle prodotte in atti e rese dai testimoni nel parallelo giudizio promosso dal G. (R., R., G., M.), consentono, ad avviso del Collegio, di superare l'eccezione di intempestività accolta in primo grado. Infatti è provato che la società - anche tramite la verifica dei dischi tachigrafici e la scoperta della mancanza di quello del 17 settembre 2018, giorno dell'incidente - non appena aveva accertato che la dinamica dell'incidente poteva essere stata diversa rispetto a quella riferita dai lavoratori, aveva provveduto a contestare i fatti agli interessati.
Né peraltro l'appellato, che ha sempre contestato di avere ammesso il fatto in sede di audizione disciplinare, ha allegato né provato la violazione del diritto di difesa derivante dalla tardività della contestazione. Infatti il G. si è sempre difeso nel merito, dimostrando di avere perfetta conoscenza dei fatti contestati e ciò sia in via stragiudiziale, che giudiziale.
10. Il contenuto della contestazione disciplinare sopra riportata e la conferma della società che il fatto contestato al G. fosse consistito nell'aver riportato alla società una dinamica diversa dall'effettivo andamento dell'incidente occorso a danno del C., consente di ritenere fondata la obiezione della società circa la specificità della contestazione.
Il fatto come data e addebito, di cui alla lettera di contestazione disciplinare sopra riportata, era chiaro; dunque anche sotto questo profilo il percorso motivazionale del tribunale di Verona non può essere condiviso.
11.Tuttavia la sentenza va confermata nel punto in cui il primo giudice ha ritenuto insussistente il fatto contestato, con conseguente rigetto del secondo motivo di appello.
Sul punto il giudice di prime cure ha evidenziato quanto segue:"… Il licenziamento, come anticipato, è tuttavia illegittimo considerando l'insussistenza del fatto disciplinarmente rilevante come articolato in questa sede nella memoria difensiva della società. Sul punto si svolgono le seguenti considerazioni. E’ pacifico, poiché ammesso dallo stesso A.C. (nell'ambito del procedimento disciplinare e nell'atto introduttivo del giudizio promosso contro il licenziamento, doc. 15 e 28 resistente) che lo stesso si era infortunato in luogo diverso e con una dinamica diversa rispetto a quella dichiarata in Pronto Soccorso e alla datrice di lavoro (quindi all'INAIL).
Circostanza che ha trovato conforto nell'ammissione di G.A.R. il quale, nell'ambito del procedimento disciplinare avviato a proprio carico, ha dichiarato che: "Al pronto soccorso è stato dichiarato che l'infortunio è avvenuto nel Deposito di Domegliara anziché a 150 mt dallo stesso (…)" (doc. 18 resistente); è stata confermata nel presente giudizio dai testi G. e B. (v. verbale del 12.2.2021, nella parte già richiamata). Lo stesso D.M., autista del mezzo con cui era stata effettuata la consegna e che ha riaccompagnato il C. in azienda (come meglio si dirà), ha dichiarato nel corso del presente giudizio (v. verbale del 12.2.2021): "Io ero presente in azienda, non ho visto però la dinamica. Ad un certo punto sento gridare il signor C. che era vicino al camion. Era mattina. Mi avvicino e vedo C. a terra e cerco di dargli una mano ad alzarsi. (…) si è alzato dopodiché è stato accompagnato all'interno del magazzino dove D. ha potuto sentire legrida di dolore di C.", per poi ritrattare, precisando: "io stavo tornando dalla visita ad un'azienda agricola, ho visto il camion che era parcheggiato con la gru, sulla via di fianco all'azienda. Non ricordo il nome della via. Mi sono fermato vedendo il carico di pellet sopra (ho notato che era una cosa strana) Sento le lamentele di C. e cerco di soccorrerlo". E’ oggettivo che tali fatti siano difformi da quanto denunciato dal C.. Nella certificazione di infortunio di cui al verbale di Pronto Soccorso dell'AOUI di Verona (doc. 5 resistente) si legge: "stava spostando un bancale contenente pellets", senza ulteriori specificazioni, lasciando chiaramente intendere che l'infortunio fosse avvenuto in azienda. Nella denuncia di infortunio si legge, in maniera esplicita, alla domanda "dove è avvenuto l'infortunio?" è stato indicato "magazzino", alle ulteriori domande sulla dinamica si legge: "il lavoratore stava movimentando bancali di merce", "il lavoratore stava spingendo il transpallet manuale con un bancale di merce caricato", "nel fare lo sforzo per spingere il transpallet ha avvertito un forte dolore alla caviglia sinistra", "è caduto al suolo" (doc. 7 resistente) Tuttavia il datore di lavoro, onerato dello specifico onere della prova (art. 5 L. n. 604 del 1966), non è riuscito a dimostrare il consapevole coinvolgimento (diretto o indiretto) del G. nel coprire tale operazione (né tantomeno l'accordo con gli altri colleghi finalizzato a confermare una versione dei fatti diversi dalla realtà), riferendo il falso al datore di lavoro o celando l'effettivo luogo e le modalità (asseritamente contrarie alle disposizioni aziendali) che avevano condotto all'infortunio, con possibili conseguenze sul piano disciplinare per i soggetti che avevano disatteso gli ordini aziendali. Deve a tal proposito essere riportato quanto riferito in sede testimoniale dal teste G. (v. verbale del 12.2.2021): "Il 17.9.2018 ero al lavoro, in particolare ero alla mia scrivania.
Ho ricevuto la chiamata da D.G. che mi ha detto che era successo un incidente sul lavoro al nostro autista C.. Che aveva sentito un urlo in azienda e che era uscito, siccome dalla porta si accede al magazzino e poi all'esterno. Non ricordo bene dove mi disse che era successo. Mi ha detto che era da solo e che nel cortile aveva trovato C.. Mi ha detto che aveva chiamato R. che stava arrivando per portare C. al pronto soccorso. Il mio ufficio è nella sede della azienda, loro erano a Sant'Ambrogio. Ricordo che mi ha detto che spingendo un carrello, movimentando, il carrello si era inceppato nel ghiaino e nello sforzo di spingere il carrello ha avuto una lesione, si era rotto la caviglia (essendo uno sportivo e avendo subito traumi importanti ho ritenuto affidabile la gravità riferitami). Io ho detto che andava bene che lo potevano portare e di tenermi informato. ADR: non è avvenuto nell'immediatezza dei fatti, lo deduco perché aveva già chiamato R.. I lavoratori fanno capo a me in quanto R. e responsabile logistica…ADR: ho chiesto spiegazioni su come poteva essere accaduto . Dopo qualche giorno dopo l'intervento. C. l'ho visto quando è rientrato dalla malattia, l'ho sentito al telefono quando era tornato dall'ospedale. C. mi disse che spingendo il carrello in azienda gli era successo l'incidente. Quando ho parlato con G., R. e l'altrodipendente M., mi hanno confermato la versione. ADR: M. è altro dipendente addetto allo stabilimento. Tutti avevano confermato di non aver visto l'infortunio…Io avevo scritto una email chiedendo che mi venisse data una risposta chiara sui fatti. Non ricordo a chi esattamente l'avessi mandata, al deposito di Domegliara. A D.G. chiesi una descrizione della cronologia dell'evento. Non ho ricevuto alcuna risposta. Solo dopo 8/10 giorni, R. mi ha risposto dicendo che lui era in ferie, che era rientrato per accompagnare il collega infortunato al pronto soccorso dandogli prima assistenza. Prima sono andati a Negrar dove c'era troppa gente e poi a Verona. Quanto alla dinamica R. mi disse di chiedere a C.. Anche lui comunque mi disse che era avvenuto in azienda e non c'era nessuno". Il testimone ha quindi riferito che il G. non presente all'infortunio, era accorso nel cortile, sentendo i lamenti di C. e che nell'immediatezza aveva chiamato R. (responsabile di magazzino e suo referente), quel giorno in ferie. C. nel corso del procedimento disciplinare (doc. 15) ha riferito che, dopo essere stato riportato "ad una distanza esigua dalla sede" (il camion, secondo la sua versione, veniva guidato da D.M.), non appena giunto il R., quel giorno assente per ferie, gli sarebbe stato suggerito da tutti (quindi secondo le sue giustificazioni da R. stesso e M., non si fa espresso riferimento a G.) "che dovevo dichiarare che l'infortunio era accaduto all'interno della ditta, per non avere problemi con lo Spisal e con la direzione". In sede disciplinare è G.R. che fa il nome di G. dichiarando (doc. 18 resistente): "Al pronto soccorso è stato dichiarato che l'infortunio è avvenuto nel Deposito di Domegliara anziché a 150 mt dallo stesso perché il signor R. aveva dato disposizioni al C. di non fare consegne in zone con scivolo, salvo che si potessero fare con furgone, con scarico a mano. Il signor C. ha disatteso queste disposizioni in quanto non aveva piacere di scaricare la merce a mano…Il sig. R.G. è stato avvisato da G. per telefono che il sig. C. si era fatto male col traspallet. Il sig. R. ha risposto per telefono di prendere il ghiaccio istantaneo dalla cassetta di Pronto soccorso presente nel deposito e darlo al C. e poi ha comunicato che sarebbe arrivato in deposto quanto prima". In sede testimoniale, precisato di aver una causa pendente per i medesimi fatti, R. ha dichiarato (v. verbale del 19.5.2021): "Quel giorno ero in ferie, programmate già da tempo. Mi riferisco al giorno in cui il collega si era fatto male. Io ho ricevuto telefonata da G. il mattino verso le 8:30 circa. Mi dice che il C. si è infortunato con il transpallet. Ho dato per scontato che era in azienda. Mi ha chiamato per sapere cosa fare. Io ho detto che sarei andato io ad accompagnarlo al pronto soccorso, in circa mezz'ora. Nell'immediato ho detto a D. di portargli il ghiaccio. Arrivato in azienda, C. dolorante, appoggiava il piede come ho visto l'ho caricato sull'auto aziendale. Il C. era arrivato a piedi. Io non sono neanche sceso dall'auto". In risposta alle contestazioni in riferimento a quanto verbalizzato in sede disciplinare ha dichiarato: "ADR in riferimento al doc. 18 di parte resistente: al Pronto Soccorso io ero in sala d'attesa, non ho sentitocosa il C. aveva dichiarato al medico. Quello che ho detto il 22.7.2019 è quanto ho saputo dopo dallo stesso C. che ho sentito telefonicamente. In quell'occasione mi ha spiegato cosa aveva riferito al pronto soccorso e cosa era successo. ADR: preciso che quando C. mi raccontava mi disse che si era rotto il freno. Io gli dissi come fosse possibile perché era stato riparato. Quindi C. mi disse solo a quel punto che era in discesa. In sede disciplinare quindi io ho raccontato quello di cui ero venuto a conoscenza a seguito di quanto riferitomi dal C. anche all'esito della telefonata, di cui ho appena detto, avvenuta quando C. era già stato dimesso". Questo giudice non ritiene attendibili le dichiarazioni rese in sede testimoniale dal R., in quanto soggetto direttamente coinvolto nelle vicende di cui è causa ed in quanto intrinsecamente contradditorie: il teste riferisce di aver detto all'azienda quanto gli era stato detto dal C. nel tragitto dall'azienda al pronto soccorso per poi affermare, dopo la richiesta di chiarimenti relativamente al doc. 18 resistente (verbale dichiarazioni in sede disciplinare) che i dettagli dell'infortunio gli erano stati in realtà riferiti nel corso di una telefonata con lo stesso C. dopo le dimissioni dal Pronto Soccorso, circostanza completamente omessa dall'incolpato (che in sede testimoniale sembra far intendere di aver intuito l'accaduto dalle parole del C., a cui addossa la colpa di aver mentito: "preciso che quando C. mi raccontava mi disse che si era rotto il freno. Io gli dissi come fosse possibile perché era stato riparato. Quindi C. mi disse solo a quel punto che era in discesa"). Peraltro, per quanto concerne la posizione del ricorrente, nessun elemento utile può presumersi da tali dichiarazioni, avendo comunque R. semplicemente affermato che il G. lo aveva chiamato per chiedere cosa fare, essendosi il C. infortunato con il transpallet, affermando semplicemente di aver dato per scontato che il fatto si fosse verificato in azienda, ma non che il ricorrente glielo avesse riferito. A tale proposito anche il riferimento alla email del 6.11.2018 inviata dall'indirizzo domegliara@spreadepositi.it in cui il mittente si "firma" come G.A.R. (doc. 8 resistente) all'indirizzo manutenzione@spreadepositi.it, con destinatario D.G. riporta un dato non decisivo, in particolare: "Per quanto concerne la dinamica del sinistro occorso al sig. A., devi farti dire tutto da lui in quanto unico presente al momento dell'infortunio che lo ha colpito. Ti posso solo dire che mi sono subito recato a Domegliara, dopo essere stato tempestivamente avvisato (ore 9:15). Il sig. D. ha effettuato un primo soccorso (in magazzino) e messo il ghiaccio istantaneo, preso dalla cassetta del pronto soccorso. Ho portato il Sig. A. al pronto soccorso dell'ospedale di Negrar, ma dopo aver visto che avrebbe avuto più di 40 persone davanti, l'ho portato al PS del polo chirurgico di Borgo Trento che ha subito eseguito gli accertamenti necessari, con successivo ricovero". In sede testimoniale R. ha dichiarato (v. verbale del 19.5.2021): "Viene mostrato al teste il doc. 8 di parte resistente. Questa email l'ho dettata io al G. che l'ha scritta. C'è il mio nome. Il G. l'ha solo scritta, tanto che alla finec'è il mio nome". Dunque se è vero che il G. aveva scritto l'email, non risulta provato che il contenuto della stessa sia stato concertato con R., nel senso che non vi è prova del cosciente e volontario accordo del G. di nascondere il reale svolgimento dei fatti, posto che come detto lo stesso non risulta che ne fosse a conoscenza. Nessuna confessione risulta essere stata resa dal ricorrente a tale proposito, poiché l'aver sentito dire che i fatti si erano svolti diversamente (come sinteticamente verbalizzato all'udienza del 22.9.2020), si riferisce all'asserita (e quindi contestata) circostanza che lo stesso avrebbe ammesso i fatti addebitati in sede di contestazione disciplinare, a distanza di oltre un anno dal verificarsi dei fatti stessi. Peraltro sul punto la società non ha citato chi avrebbe direttamente ricevuto tali dichiarazioni del ricorrente che, ad ogni modo, prive di ulteriori riscontri non avrebbero comunque costituito prova adeguata della sussistenza del fatto addebitato, avendo lo stesso confermato anche in questa sede di aver riferito le circostanze dell'infortunio per come gli erano state raccontante e non di aver volontariamente mentito o di essersi accordato per farlo. D'altra parte l'altro soggetto coinvolto, D.M., che ha dato le dimissioni (il 29.7.2019, doc. 24 resistente) e che al momento della testimonianza non aveva cause in corso con la resistente, ha riferito, seppur con evidenti contraddizioni (v. verbale del 12.2.2021): "Io ero presente in azienda, non ho visto però la dinamica. Ad un certo punto sente gridare il sig. C. era vicino al camion. Era mattina. Mi avvicino e vedo C. a terra e cerco di dargli una mano ad alzarsi. C. era da solo. Gli ho chiesto come stava, cerco di dargli una mano a raddrizzarsi. Si è alzato, dopodiché è stato accompagnato all'interno del magazzino dove D. ha potuto sentire le grida di dolore di C.. Viene accompagnato su una sedia e G. gli porta del ghiaccio. Poi so che è stato accompagnato al pronto soccorso dal sig. R.. ADR: era in ferie e l'ha contattato D. telefonicamente. Io non ho contattato nessuno. Io poi io sono tornato al lavoro. Dopo l'infortunio ho dovuto spostare il camion perché intralciava il passaggio delle macchine ma prima non l'ho guidato. ADR: quando ho spostato il camion ho notato che sul camion c'erano bancali di pellet che si devono consegnare col furgone, con altro mezzo. Ne ho dedotto che fosse stata fatta una consegna contravvenendo alle disposizioni chiare sul punto. Io l'ho detto al collega G., quando R. e C. erano al pronto soccorso. ADR: non so perché è stato chiamato R., forse perché era il responsabile del magazzino ma ripeto la telefonata non l'ho fatta io. ADR: confermo che G. è arrivato dopo che ho accompagnato C. all'interno, potrebbe sia aver sentito i lamenti sia averci visto dalle telecamere". Tale versione è stata nel corso della testimonianza ritrattata, seppur di nuovo con dettagli, si ritiene, non corrispondenti al vero, in quanto lo stesso ha dichiarato: "io stavo tornando dalla visita ad un'azienda agricola, ho visto il camion che era parcheggiato con la gru, sulla via di fianco all'azienda, non ricordo il nome della via. Mi sono fermato, vedendo il carico di pellet sopra (ho notato che era una cosa strana). Sento le lamentele di C. e cerco di soccorrerlo". In particolare, il teste, pur negando, si ritiene contrariamente al vero, di aver accompagnato C. nella consegna durante la quale è avvenuto l'infortunio, ha comunque ammesso che lo stesso non si era verificato in azienda ma al di fuori della stessa, tanto che il C. veniva solo successivamente accompagnato all'interno. Sulle restanti circostanze il teste non ha riferito nulla. Quindi dal complesso delle testimonianze, seppur nei limiti delle contraddizioni e della scarsa attendibilità di alcune di esse, alla luce di un raffronto con gli elementi concordanti, anche con quanto emerso in sede disciplinare, può ragionevolmente affermarsi che il G. non abbia assistito all'incidente, che la versione dei fatti sia stata raccontata dal C. (al R.; M. ne era a conoscenza in quanto presente personalmente ai fatti), che la e-mail contenete la descrizione dei fatti sia stata dettata dal R., che le circostanze dell'infortunio siano state riferite su indicazione dell'infortunato C. all'INAIL dall’ impiegata R.C., che la stessa R. non sia stata presente alla consegna della lettera di contestazione al G. e che quindi, in definitiva, il fatto contestato al ricorrente debba ritenersi insussistente."( sentenza impugnata).
12. Il Collegio condivide le conclusioni del primo giudice che non sono state superate in modo efficace dalle critiche operate dalla società appellante.
E’ provato in giudizio che il G. non fosse presente al momento dell'incidente del C. ( cfr. in tal senso deposizione M. e riconoscimento a pag. 47 atto di appello) ; incidente, per quanto ammesso dal C. e, anche dal M.- che peraltro ritrattava in parte le proprie dichiarazioni testimoniali- avvenuto fuori dei locali aziendali, presso l'abitazione del M. durante la consegna di " pellet".
La questione di causa attiene quindi alla consapevolezza o meno del G. della reale dinamica dell'infortunio e della sua volontà di riferire alla società fatti non corrispondenti al vero.
La società ha allegato che il G., in sede di contestazione disciplinare, aveva ammesso gli addebiti; audizione orale avvenuta alla presenza della G.- responsabile del personale- e del legale rappresentante della società.
Tuttavia nessuno dei testimoni escussi ha confermato la circostanza; la R. si è limitata a riferire quanto conosciuto" de relato". Pertanto la sua dichiarazione, in assenza di riscontro in altre circostanze provate, non assume alcun valore probatorio diretto per il giudicante ( in tal senso Cass. 1109/06).
Né l'appellante, pur avendo indicato la G. tra i testimoni da escutere, in fase istruttoria l'aveva citata a conferma delle dichiarazioni rese dal G. che- in thesi della società- avrebbe ammesso la condotta contestata.
Rilevato che l'appellato aveva sempre contestato tale assunto, era onere della datrice di lavoro provare la fondatezza della contestazione che, per quanto esposto, è rimasta priva di conferma.
Né è provato nel presente giudizio che G. avesse concordato con gli altri colleghi la versione dei fatti da riferire all'azienda; del pari le allegazioni della società relative ad un modus operandi dei dipendenti ( con consegne tramite transpallet vietate), non hanno trovato riscontro nelle deposizioni assunte nel presente giudizio e neppure nell'altro del C..
Piuttosto i testimoni hanno confermato che il G. aveva riferito alla società quanto riferitogli dal C.; lo stesso R. nel presente giudizio aveva riferito che la e-mail del 6.11.18 sub.doc.8 di parte appellante, valorizzata dalla società a sostegno della fondatezza dell'addebito, in realtà era stata dettata dal R. e soltanto scritta sotto dettatura dal G. ( cfr. dichiarazioni del R. in data 19.5.21).
Ad avviso della Corte l'affermazione del M. valorizzata dall'appellante a pag. 47 dell'appello , non è significativa della consapevolezza contestata in sede disciplinare al G.; la dichiarazione del testimone non è credibile poiché rispetto a se stesso riferiva - difformemente da quanto ritenuto dal primo giudice e allegato dalla società nel ricorso in appello a pag. 44- di non essere stato presente al fatto poiché " stavo tornando dalla visita ad un'azienda agricola".
Considerata la sua condotta all'epoca del procedimento disciplinare - dimissioni dal lavoro - dopo aver saputo che gli altri tre colleghi erano stati licenziati ( cfr. docc. 23,24 parte appellante), l'affermazione di non essere stato presente al fatto è poco verosimile e ciò- come già indicato-anche alla luce delle allegazioni in fatto della società S. secondo cui :".. C. e M., disattendendo agli ordini del signor S. acconsentivano a portare i due bancali di pellet nella cantina del signor M."( cfr. punto 20 del ricorso in appello S.).
13. All'esito del giudizio di appello, assorbiti gli altri motivi proposti dalla società, in ragione della mancata prova del fatto contestato, la sentenza di primo grado va confermata.
Ritenuto che l'accoglimento dei primi motivi non ha inciso sull'esito finale e sulla fondatezza della pretesa azionata in primo grado dal G., sussistono i presupposti per porre a carico della società le spese del grado, liquidate in ragione del valore indeterminabile- prima fascia- della controversia e secondo i criteri di cui al D.M. n. 55 del 2014 e ss. modificazioni.
Deve darsi atto della sussistenza dei presupposti processuali per porre a carico dell'appellante, l'ulteriore onere del contributo unificato di cui all'art. 13 comma 1 quater, D.P.R. n. 115 del 2002.
P.Q.M.
Ogni contraria istanza eccezione domanda disattesa od assorbita, definitivamente pronunciando:
- Rigetta l'appello;
- Condanna l'appellante a rifondere alla parte appellata le spese del grado che liquida in complessivi Euro 6946,00 per compensi, oltre a rimborso spese generali, IVA e CPA come per legge;
- Ai sensi dell'art. 13 comma 1 quater del D.P.R. n. 115 del 2002 dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte dell'appellante dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso in appello a norma del comma 1 bis dello stesso art. 13 D.P.R. n. 115 del 2002.
Così deciso in Venezia, il 18 maggio 2023.
Depositata in Cancelleria il 13 giugno 2023.
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