Tar 2023"Passaggio del personale non idoneo all'espletamento dei servizi di polizia, ad altri ruoli dell'Amministrazione della pubblica sicurezza o di altre amministrazioni dello Stato"
T.A.R. Piemonte Torino Sez. I, Sent., (ud. 31/05/2023) 01-08-2023, n. 736
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Piemonte
(Sezione Prima)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 1059 del 2022, proposto da -ricorrente-, rappresentato e difeso dagli avvocati x;
contro
Ministero dell'Interno, in persona del Ministro pro tempore, rappresentato e difeso dall'Avvocatura distrettuale dello Stato, domiciliataria ex lege in Torino, via dell'Arsenale, n. 21;Ministero dell'Interno - Dipartimento della Pubblica Sicurezza, Ministero dell'Interno - Direzione Centrale per gli Affari Generali, Ministero dell'Interno - Dipartimento per l'Amministrazione Generale, per le Politiche del personale, Ministero dell'Interno Ufficio VII - Amministrazione del personale delle Aree Funzionali Seconda e Prima, Ministero dell'Interno - Consiglio di Amministrazione, non costituiti in giudizio;
per l'annullamento
a) del provvedimento, privo di numero di protocollo, datato -OMISSIS- e notificato il 21 luglio 2022, con cui il Direttore Centrale del Ministero dell'Interno - Dipartimento per l'Amministrazione Generale, per le Politiche del Personale dell'Amministrazione Civile e per le Risorse Strumentali e Finanziarie - Direzione centrale per le politiche del personale dell'amministrazione civile ha disposto il "non accoglimento" dell'istanza del ricorrente di passaggio nei ruoli dell'Amministrazione Civile dell'Interno;
b) della nota prot. n. -OMISSIS- del -OMISSIS-, notificata il 21 luglio 2022, con cui il Ministero dell'Interno - Dipartimento per l'Amministrazione Generale, per le Politiche del Personale dell'Amministrazione Civile e per le Risorse Strumentali e Finanziarie - Direzione centrale per le politiche del personale dell'amministrazione civile - Ufficio VII - Amministrazione del personale delle Aree funzionali seconda e prima ha comunicato il parere contrario al passaggio del ricorrente nei ruoli dell'Amministrazione Civile dell'Interno espresso dal Consiglio di Amministrazione nella seduta del -OMISSIS-;
c) del parere contrario al passaggio del ricorrente nei ruoli dell'Amministrazione Civile dell'Interno espresso dal Consiglio di Amministrazione nella seduta del -OMISSIS-, del tutto sconosciuto nei contenuti;
d) della nota prot. n. -OMISSIS-, senza data e notificata il 21 luglio 2022, con cui il Ministero dell'Interno - Dipartimento della Pubblica Sicurezza - Direzione Centrale per gli Affari Generali e le Politiche del Personale della Polizia di Stato - Servizio Sovrintendenti, Assistenti e Agenti ha trasmesso i provvedimenti impugnati sub a) e b) ed ha comunicato al ricorrente la dispensa dal servizio per fisica inabilità e la cessazione dalla posizione di speciale aspettativa concessa "nelle more della definizione del procedimento di transito";
e) del provvedimento prot. n. -OMISSIS-, datato -OMISSIS- e notificato il 18 agosto 2022, con cui il Direttore Centrale del Ministero dell'Interno - Dipartimento della Pubblica Sicurezza -Direzione Centrale per gli Affari Generali e le Politiche del Personale della Polizia di Stato ha decretato la dispensa dal servizio del ricorrente per fisica inabilità e la revoca dell'aspettativa speciale concessa;
f) di ogni altro atto presupposto, connesso e/o consequenziale, allo stato non conosciuto, dal quale sia potuto o possa derivare pregiudizio al ricorrente.
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio del Ministero dell'Interno;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 31 maggio 2023 la dott.ssa Flavia Risso e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Svolgimento del processo
Nel gravame si riferisce che il ricorrente è un giovane agente della Polizia di Stato, da ultimo in servizio presso la Questura di OMISSIS e che, in data -OMISSIS-, a seguito di visita medica, la Commissione all'uopo deputata lo aveva giudicato non idoneo al servizio di istituto nei ruoli della Polizia dello Stato che espletano funzioni di polizia, non idoneo ai ruoli tecnici della Polizia dello Stato, ma "Si idoneo ai ruoli civili dell'Amministrazione di appartenenza o di altre Pubbliche Amministrazioni dello Stato, a domanda dell'interessato entro 30 (trenta) giorni dalla data del presente provvedimento".
In particolare, nel verbale del -OMISSIS- si legge: "…permanentemente non idoneo in modo assoluto al servizio di Istituto nei ruoli della Polizia di Stato che espletano funzioni di polizia. Non idoneo ai ruoli tecnici della Polizia di Stato. Si idoneo ai ruoli civili dell'Amministrazione di appartenenza o di altre Pubbliche Amministrazioni dello Stato. Controindicati incarichi che comportino: la detenzione e l'uso delle armi, responsabilità e il contatto con il pubblico" in conseguenza del fatto che "sul dipendente è stato riscontrato un quadro personologico immaturo ed emotivamente instabile testologicamente accertato".
Preso atto di tale giudizio, il ricorrente, nel termine di legge, aveva presentato domanda di transito nei ruoli civili dell'Amministrazione di appartenenza.
Il competente Ufficio VII - Amministrazione del personale delle Aree funzionali seconda e prima, previo accertamento di eventuale promozione alla qualifica superiore nel periodo successivo al giudizio di inidoneità, con nota in data -OMISSIS-, ha invitato la Questura di OMISSIS a sottoporre il dipendente a visita medica specialistica presso l'A.S.L. competente per territorio, allo scopo di accertare l'effettiva idoneità fisica a svolgere le mansioni del profilo professionale di operatore amministrativo (area funzionale II - fascia retributiva F1).
Nel ricorso si evidenzia che, nelle more della definizione del "procedimento di transito", il ricorrente era stato collocato in aspettativa, in ultimo in "aspettativa speciale", ai sensi dell'art. 8, ultimo comma del D.P.R. n. 339 del 1982 (decreto prot. n. -OMISSIS- Ministero Interno del -OMISSIS-).
Con nota del -OMISSIS-, la Questura di OMISSIS aveva trasmesso il certificato di positiva idoneità specifica al profilo professionale di assistente amministrativo - area funzionale II - fascia retributiva F1, rilasciato dal Collegio Medico Legale costituito presso l'Azienda S.P.D.P. del -OMISSIS-.
Nella memoria del 18 novembre 2022, l'Amministrazione ha evidenziato di aver quindi provveduto ad avviare la dovuta istruttoria onde verificare la sussistenza, in capo all'interessato, anche degli ulteriori richiesti per il transito ai ruoli civili ai sensi del D.P.R. n. 339 del 1982 e di aver quindi acquisito il certificato del casellario giudiziale da cui era emersa la sussistenza di precedenti penali a carico del dipendente e, segnatamente, una condanna per il reato di violenza sessuale tentata e per il reato di lesione personale.
Nella memoria del 18 novembre 2022, l'Amministrazione afferma che, a seguito della pandemia e della sospensione dei termini disposti per i procedimenti amministrativi dall'art. 103, comma 1, del D.L. n. 18 del 2020 (conv. con L. n. 27 del 2020), il -OMISSIS- si era riunito il Consiglio di Amministrazione che - considerati degli elementi desunti dal certificato del Casellario Giudiziale - aveva espresso parere contrario al transito del ricorrente nei ruoli dell'amministrazione civile dell'Interno ritenendo "insussistenti in capo al richiedente i requisiti di cui all'art. 35, comma 6, del D.Lgs. 30 marzo 2001, n. 165, relativamente al possesso delle qualità morali e di condotta previste ai fini delle assunzioni di personale presso le Amministrazioni che esercitano competenze istituzionali in materia di sicurezza, quale l'Amministrazione dell'Interno. Infatti la gravità dei fatti ascritti al richiedente evidenzia uno stato di assoluta incompatibilità con le funzioni che il personale dell'Amministrazione civile dell'Interno è chiamato a svolgere".
Il parere negativo è stato formalizzato con il decreto impugnato, inviato con nota in pari data al Dipartimento della Pubblica Sicurezza per la notifica al ricorrente.
Il 21 luglio 2022 il ricorrente ha quindi ricevuto il decreto di rigetto dell'istanza di transito nei ruoli dell'Amministrazione Civile dell'Interno.
Con il gravame indicato in epigrafe, notificato e depositato nei termini di legge, il ricorrente ha impugnato il provvedimento datato -OMISSIS- e notificato il 21 luglio 2022, sopra richiamato, con cui il Direttore Centrale del Ministero dell'Interno - Dipartimento per l'Amministrazione Generale, per le Politiche del Personale dell'Amministrazione civile e per le Risorse Strumentali e Finanziarie - Direzione centrale per le politiche del personale dell'amministrazione civile ha disposto il "non accoglimento" dell'istanza del ricorrente di passaggio nei ruoli dell'Amministrazione Civile dell'Interno, nonché gli atti ad esso connessi.
Avverso gli atti impugnati il ricorrente ha dedotto l'illegittimità per: I) Violazione e falsa applicazione degli artt. 8 e 9 del D.P.R. n. 339 del 1982, eccesso di potere sotto il profilo dell'insussistenza dei presupposti, carenza di potere, violazione e falsa applicazione dell'art. 21-nonies della L. n. 241 del 1990, violazione del principio del legittimo affidamento; II) Violazione e falsa applicazione degli artt. 1, 4, 8 e 9 del D.P.R. n. 339 del 1982, errata applicazione dell'art. 35, comma 6, del D.Lgs. n. 165 del 2001, eccesso di potere sotto il profilo del difetto di istruttoria, difetto di motivazione, contraddittorietà e illogicità; III) Violazione degli artt. 7 e 10-bis della L. n. 241 del 1990, violazione del principio del giusto procedimento, violazione del contraddittorio procedimentale e difetto di istruttoria.
Si è costituito in giudizio il Ministero dell'Interno.
Con ordinanza n. 1100 del 24 novembre 2022 questo Tribunale, considerata che la complessità della questione oggetto della presente controversia, per avere un quadro di fatto completo al fine di decidere, ha ritenuto di chiedere all'Amministrazione resistente di depositare in giudizio una dettagliata relazione sui fatti di causa, ivi compresa la vicenda penale che aveva interessato il ricorrente e gli eventuali relativi effetti sul piano disciplinare e di fissare, per la trattazione di merito del ricorso, l'udienza pubblica del 31 maggio 2023, assegnando il termine di sessanta giorni per l'assolvimento dei sopra esposti incombenti istruttori dalla notificazione o comunicazione in via amministrativa dell'ordinanza.
L'Amministrazione ha depositato la relazione di che trattasi in data 19 gennaio 2023.
All'udienza pubblica del 31 maggio 2023 la causa è stata trattenuta in decisione.
Motivi della decisione
1. - Con il primo motivo di gravame, in sintesi, il ricorrente sostiene che il provvedimento di rigetto della domanda di transito nei ruoli civili sarebbe illegittimo in quanto, al momento della sua adozione, sulla richiesta dello stesso si era già formato un provvedimento di accoglimento tacito per decorso dei termini (150 giorni) previsti dal D.P.R. n. 339 del 1982.
Più nello specifico, nel caso all'esame, il giudizio di inidoneità fisica alle funzioni di polizia era stato comunicato il -OMISSIS- e il ricorrente aveva presentato la domanda di transito in data -OMISSIS-, entro il termine previsto dall'art. 1 del D.P.R. n. 339 del 1982.
Ne consegue che il termine di 150 giorni, entro i quali l'Amministrazione avrebbe dovuto pronunciarsi sulla domanda, era scaduto il 4 marzo 2022. Da tale data, ad avviso della difesa del ricorrente, l'istanza avrebbe dovuto intendersi accolta, con la conseguenza che il diniego notificato il 21 luglio 2022 sarebbe tardivo ed illegittimamente espresso.
Il Collegio ritiene necessario partire dall'analisi della normativa di riferimento.
La procedura di transito di cui si discute è disciplinata dal D.P.R. n. 339 del 1982, avente ad oggetto "Passaggio del personale non idoneo all'espletamento dei servizi di polizia, ad altri ruoli dell'Amministrazione della pubblica sicurezza o di altre amministrazioni dello Stato", le cui disposizioni sono richiamate dalla stessa Amministrazione a sostegno dei provvedimenti impugnati.
Ebbene, l'art. 1 del citato D.P.R. n. 339 del 1982. prevede, al comma 1, che "Il personale dei ruoli della Polizia di Stato, che espleta funzioni di polizia, giudicato assolutamente inidoneo per motivi di salute, anche dipendenti da causa di servizio, all'assolvimento dei compiti d'istituto può, a domanda, essere trasferito nelle corrispondenti qualifiche di altri ruoli della Polizia di Stato o di altre amministrazioni dello Stato, sempreché l'infermità accertata ne consenta l'ulteriore impiego…" e, al comma 2, che "La domanda deve essere presentata al Dipartimento della pubblica sicurezza entro sessanta giorni dalla notifica all'interessato del giudizio di inidoneità".
L'art. 8 dispone, poi, che "Il trasferimento del personale di cui agli articoli 1, 2 e 3 nelle corrispondenti qualifiche dei ruoli di altre amministrazioni dello Stato, è disposto con decreto del Ministro interessato, di concerto con il Ministro dell'interno, sentito il consiglio di amministrazione dell'amministrazione ricevente. Quest'ultima può sottoporre il personale interessato a visita medica ed a prova teorica o pratica, secondo modalità da fissarsi con decreto del Ministro competente. L'Amministrazione alla quale è stata inoltrata la istanza da parte del personale di cui all'art. 1 si dovrà pronunciare entro il termine di 150 giorni dalla data di ricevimento dell'istanza stessa. Qualora nel termine sopra indicato l'Amministrazione non si sia pronunciata, l'istanza si intende accolta. Nel periodo intercorrente, il personale è collocato in aspettativa con il trattamento economico goduto all'atto del giudizio di non idoneità.".
La normativa applicabile nel caso in esame prevede dunque un'ipotesi di silenzio assenso.
Tuttavia, ad avviso di questo Collegio, il decorso del termine di 150 giorni non è sufficiente, da sola, ai fini che qui ci occupano, atteso che "La formazione tacita dei provvedimenti amministrativi per silenzio assenso presuppone, quale sua condizione imprescindibile, non solo l'inutile decorso del tempo dalla presentazione dell'istanza senza che sia intervenuta risposta dall'amministrazione, ma la ricorrenza di tutte le condizioni, i requisiti e i presupposti richiesti dalla legge, ossia degli elementi costitutivi della fattispecie di cui si deduce l'avvenuto perfezionamento (T.A.R. Campania Napoli, sez. VIII, 10 settembre 2010, n. 17398; T.A.R. Lazio Latina, 23 febbraio 2010, n. 137)" (T.A.R. Piemonte, Sezione I, 14 gennaio 2011, n. 16), con la conseguenza che il termine per la formazione del silenzio-assenso sulla domanda di transito nei ruoli civili dell'Amministrazione dell'Interno del personale della Polizia di Stato non decorre quando manchino i presupposti di fatto e di diritto previsti dalla norma di legge (articolo 8, comma 3, del D.P.R. n. 339 del 1982), come attuata dalla menzionata disposizione regolamentare (D.M. 24 novembre 1989)" (T.A.R. Puglia, Lecce, 11 novembre 2022, n. 1782).
Contrariamente dunque a quanto sostenuto dal ricorrente, il transito nei ruoli civili del Ministero dell'Interno del personale di Polizia, non avviene automaticamente al decorrere del termine di 150 (centocinquanta) giorni dalla presentazione della relativa istanza, ma occorre l'ulteriore positiva verifica, da parte dell'Amministrazione procedente, della sussistenza, in capo all'istante, degli specifici requisiti di idoneità, fisica e professionale, allo svolgimento delle nuove mansioni attinenti al nuovo profilo professionale, stabiliti dalla normativa vigente.
Il rigetto o l'accoglimento dell'istanza di transito consegue, dunque, ad una fase istruttoria in cui l'Amministrazione conserva un potere discrezionale teso a valutare la sussistenza dei requisiti per lo svolgimento dei compiti relativi alla nuova qualifica di inquadramento.
Come ha condivisibilmente evidenziato la giurisprudenza: "Il decorso del tempo, pur essendo presupposto imprescindibile perché possa operare il meccanismo del silenzio assenso, non può essere considerato da solo sufficiente a fondare l'equiparazione tra silenzio e provvedimento, essendo indispensabile che siano integrati tutti i requisiti richiesti dalla legge. A tal proposito è stato di recente sottolineato che "la formazione tacita dei provvedimenti amministrativi per silenzio assenso presuppone, quale sua condizione imprescindibile, non solo l'inutile decorso del tempo dalla presentazione dell'istanza senza che sia intervenuta risposta dell'amministrazione, ma la ricorrenza di tutte le condizioni, i requisiti e i presupposti richiesti dalla legge, ossia degli elementi costitutivi della fattispecie di cui si deduce l'avvenuto perfezionamento" (Tar Piemonte, 14 gennaio 2011 n. 16; Consiglio di Stato, sez. IV, 11 aprile 2014 n. 1767). Il principio suddetto trova applicazione, a maggior ragione, nei casi, come quello in esame, in cui l'esito del procedimento è per espressa previsione di legge subordinato all'acquisizione di pareri o accertamenti la cui competenza spetta ad organi o amministrazioni diversi da quella procedente, indispensabili per consentire a quest'ultima di esercitare il proprio potere discrezionale in una materia in cui viene in rilievo non soltanto l'interesse dell'istante ad ottenere un provvedimento ampliativo della propria sfera giuridica-nel caso di specie il transito ad altro ruolo dell'amministrazione dell'Interno - bensì anche l'interesse dell'amministrazione stessa ad organizzare i propri uffici" (T.A.R. Sardegna, 16 giugno 2014, n. 456).
Peraltro, recentemente, anche il Consiglio di Stato, con l'ordinanza n. 4705 del 28 settembre 2022, ha accolto l'istanza cautelare proposta dal Ministero dell'Interno avverso la sentenza del T.A.R. Campania di accoglimento del ricorso proposto avverso il rigetto dell'istanza di transito nei ruoli del personale del Corpo nazionale dei Vigili del fuoco, evidenziando che era necessario un approfondimento della questione nella opportuna sede di merito, ma che, all'esito del sommario esame tipico della fase cautelare, apparivano, prima facie, sufficientemente comprovati i profili attinenti al fumus boni iuris.
Nel caso in esame, l'Amministrazione ha ritenuto che gli elementi di natura penale evidenziassero uno stato di assoluta incompatibilità con le funzioni che il personale civile dell'Interno era chiamato a svolgere, richiamando la delibera del -OMISSIS-, con la quale il Consiglio di Amministrazione, esaminati gli atti e valutata complessivamente la posizione del ricorrente, aveva espresso parere contrario al passaggio nei ruoli dell'Amministrazione Civile dell'Interno, ritenendo insussistenti in capo al ricorrente i requisiti di cui all'art. 35, comma 6, del D.Lgs. 30 marzo 2001, n. 165.
Ne consegue che, nel caso in esame non sussistevano tutte le condizioni richieste dalla legge affinché potesse ritenersi operante il meccanismo del silenzio assenso.
Sulla fattispecie oggetto della presente controversia, interessante è quanto affermato dall'Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato, con la sentenza 29 marzo 2023, n. 12, a proposito dei requisiti attitudinali: "I requisiti attitudinali sono ben diversi dai requisiti psichici e fisici. L'attitudine è la propensione - per disposizione naturale o acquisita con metodo e istruzione - a svolgere una certa attività che richiede doti non comuni, cioè che non tutti posseggono per la sola ragione di essere capaci al lavoro: solo chi ne è in possesso può svolgerla in maniera corretta. L'attività svolta dagli appartenenti alla Forza di Polizia (e, in generale, dalle Forze armate) è effettivamente una attività che richiede doti non comuni, per il particolare ruolo rivestito, quali dipendenti pubblici cui lo Stato affida l'uso della forza della quale ha il monopolio. Gli appartenenti alle Forze armate, per questo, sono chiamati ad esercitare la loro attività con moderazione, senso di responsabilità, comprensione, giudizio, capacità di valutare nel modo migliore e rapidamente le circostanze, per dimostrare al cittadino che la forza è usata dallo Stato nei limiti del giusto, oltre che del lecito. 7.3. Al pari dei requisiti psicofisici, anche i requisiti attitudinali possono essere incisi da vicende sopravvenute nel corso del rapporto di impiego".
Ebbene, quanto affermato dall'Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato, circa l'importanza dei requisiti attitudinali, si ritiene possa estendersi ai requisiti morali di cui all'art. 35, comma 6, del D.Lgs. 30 marzo 2001 che recita: "Ai fini delle assunzioni di personale presso la Presidenza del Consiglio dei ministri, il Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale e le amministrazioni che esercitano competenze istituzionali in materia di difesa e sicurezza dello Stato, di polizia, di giustizia ordinaria, amministrativa, contabile e di difesa in giudizio dello Stato, si applica il disposto di cui all'articolo 26 della L. 1 febbraio 1989, n. 53, e successive modificazioni ed integrazioni".
Invero, è la stessa II sezione del Consiglio di Stato che, con l'ordinanza n. 2543 del -OMISSIS-, oltre a ritenere impregiudicata ogni valutazione "in merito alla natura del transito nei ruoli civili e alla possibilità che il difetto sopravvenuto dei requisiti di cui agli artt. 35, co. 6, del D.Lgs. n. 165 del 2001 e 26 della L. 1 febbraio 1989, n. 53, costituisca legittimo ostacolo al transito medesimo" ha richiamato espressamente l'ordinanza del 18 maggio 2022, n. 3940, con la quale la stessa II sezione ha rimesso all'Adunanza Plenaria proprio le seguenti questioni: "a) se la inidoneità attitudinale sopravvenuta, in quanto modo di atteggiarsi della inidoneità psicologica, seppure soggetta ad autonomo accertamento, rientri nelle previsioni dell'art. 1 del D.P.R. n. 339 del 1982, che consente al lavoratore cui si riferisca l'accertamento di chiedere il transito nei ruoli civili dell'amministrazione di appartenenza o di altra; b) in caso negativo, ovvero se a ciò venga ritenuta ostativa la formulazione letterale della norma, se il regime giuridico di favore riconosciuto alla più grave ipotesi di inidoneità psicologica sfociata in una malattia, non si ponga in contrasto con il principio di ragionevolezza di cui all'art. 3 della Costituzione, interpretato alla luce dell'obbligo di non discriminazione in ambito lavorativo di cui alla Direttiva 2000/78/CE del 27 novembre 2000, nonché se il non ottemperare al c.d. obbligo di repêchage contrasti con i principi a tutela del lavoro, configurando nei fatti un'ipotesi di recesso per giustificato motivo oggettivo non previsto espressamente dal legislatore; c) in caso affermativo, se la richiesta di transito sia espressione di un diritto soggettivo del dipendente, ovvero l'adesione alla stessa costituisca valutazione del tutto discrezionale dell'Amministrazione di appartenenza".
Più nello specifico, il T.A.R. Lazio, dopo aver premesso che "con i provvedimenti gravati con il ricorso introduttivo, il Ministero dell'Interno ha comunicato al ricorrente che "la procedura di passaggio nei ruoli del personale civile ai sensi del D.P.R. n. 339 del 1982 deve ritenersi conclusa in quanto tutte le amministrazioni richiesta hanno respinto l'istanza" e ha contestualmente rigettato l'istanza di transito nei ruoli del personale dell'amministrazione civile dell'interno, ritenendo "insussistenti in capo al richiedente i requisiti di cui all'art. 35, comma 6, D.Lgs. 30 marzo 2001, n. 165, "relativamente al possesso delle qualità morali e di condotta previste ai fini delle assunzioni di personale presso le amministrazioni che esercitano competenze istituzionali in materia di sicurezza", quale l'amministrazione dell'interno", in considerazione dei fatti per i quali il sig.-OMISSIS- è stato condannato con sentenza Tribunale di Roma, n. 826/2015 a 4 anni e 3 mesi di reclusione per il reato di violenza sessuale aggravata e di gruppo…" ha condivisibilmente evidenziato che "…al momento del transito nei ruoli civili, le amministrazioni cui è rivolta la domanda devono svolgere gli accertamenti istruttori previsti dalla legge per l'instaurazione del rapporto di lavoro presso le stesse (tutti espressione di principi di sicuro rilievo costituzionale, cfr. art. 54 e 97 Cost.), con conseguente legittimità di un diniego - da parte del Ministero dell'Interno - per carenza dei requisiti ex art. 35, comma 6, D.Lgs. n. 165 del 2001, ovvero per assenza in capo al ricorrente dei requisiti di idoneità morale necessari "ai fini delle assunzioni di personale presso la Presidenza del Consiglio dei ministri e le amministrazioni che esercitano competenze istituzionali in materia di difesa e sicurezza dello Stato, di polizia, di giustizia ordinaria, amministrativa, contabile e di difesa in giudizio dello Stato"; 4. Ritenuto, a tal proposito, che la valutazione dei requisiti ex art. 35, comma 6, D.Lgs. n. 165 del 2001 non possa ritenersi estranea al procedimento di cui al D.P.R. n. 339 del 1982…" e che "l'interpretazione dell'art. 8, D.P.R. n. 339 del 1982 che fa conseguire al mero trascorrere del termine di 150 giorni dalla presentazione dell'istanza di passaggio l'obbligo per le amministrazioni destinatarie della stessa di assumere il lavoratore anche in mancanza in capo allo stesso dei requisiti (di idoneità fisica, professionale e morale) previsti dalla legge, renderebbe siffatta disposizione non esente da dubbi di legittimità costituzionale per violazione degli artt. 3, 54 e 97 Cost., in quanto consentirebbe l'accesso al pubblico impiego presso una specifica amministrazione civile a soggetti che difettano di requisiti essenziali per lo svolgimento di funzioni presso la stessa (con pregiudizio per il buon andamento della p.a. e chiara disparità di trattamento rispetto ai soggetti che accedono a tali impieghi mediante le ordinarie procedure concorsuali)", concludendo che "…che "il transito dai ruoli militari ai ruoli civili non si esaurisce con il mero decorso del tempo e che la formazione del silenzio assenso è il primo atto di una fattispecie a formazione progressiva che si perfeziona solamente con la sottoscrizione del contratto individuale di lavoro" (Tar Lazio, I-stralcio, 30 novembre 2021, n. 12378) e che l'insussistenza dei requisiti di cui all'art. 35, comma 6, D.Lgs. n. 165 del 2001 costituisca comunque causa ostativa alla stipula del contratto di lavoro tra il ricorrente e l'amministrazione…" (T.A.R. Lazio, sez. I-quater, ord. 19 marzo 2022, n. 1851).
Alla luce di tutto quanto sopra esposto, si ritiene che la prima censura non colga nel segno.
2.1. - Con la seconda censura il ricorrente sostiene che le ragioni addotte dall'Amministrazione per negare il transito del ricorrente sarebbero comunque errate ed illegittime.
Più nello specifico, il ricorrente sostiene che con riferimento ai fatti verificatisi nell'anno 2016 e ai quali si riferisce l'atto impugnato, non poteva non tenersi conto del fatto che, in ragione di essi, il ricorrente era stato sottoposto a procedimento disciplinare che si era concluso con l'applicazione della sanzione della sospensione dal servizio per un solo mese, scontata la quale il ricorrente era regolarmente rientrato in servizio come agente di Polizia di Stato, e che da ciò poteva dedursi ragionevolmente che l'Amministrazione non aveva attribuito un grande disvalore ai comportamenti del ricorrente medesimo.
Inoltre, il ricorrente afferma che l'Amministrazione era a conoscenza di tali "elementi di natura penale" da molto tempo, e certamente dal tempo in cui era stato osteso il giudizio della commissione medica che aveva ritenuto "si idoneo" il ricorrente ai ruoli civili e che, pertanto, tali elementi non potevano, dunque, ritenersi oggi ostativi al transito.
In merito, il Collegio si limita ad osservare che il provvedimento indica in modo sufficientemente chiaro quali sono le ragioni ostative al transito nei ruoli civili, in relazione alle quali si rimanda a quanto già evidenziato al punto 1 di questa sentenza. Le circostanze evidenziate dal ricorrente (la tipologia di sanzione disciplinare applicata per i fatti di rilievo penale di che trattasi, nonché il tempo decorso dalla conoscenza di tali elementi) sono del tutto irrilevanti ai fini della decisione in merito all'istanza di transito nei ruoli civili, decisione in relazione alla quale, come già evidenziato al punto 1 di questa sentenza, l'Amministrazione gode ancora di un ampio margine valutativo.
Anche la seconda censura pertanto non coglie nel segno.
2.2. - Il ricorrente sostiene altresì che il transito nei ruoli civili non sarebbe assimilabile ad una procedura di nuova assunzione, con conseguente inapplicabilità dei requisiti di cui al disposto dell'art. 35, comma 6, del D.Lgs. n. 165 del 2001.
Il Collegio, in primis, osserva che, come ha evidenziato l'Avvocatura dello Stato, il rapporto di lavoro nei ruoli civili dell'Amministrazione dell'Interno si costituisce mediante la firma del contratto di lavoro e l'assegnazione alla sede di servizio del dipendente è definita come prima sede di assegnazione, in quanto riferita a dipendente transitato in un nuovo ruolo con diverso profilo professionale.
In ogni caso, il Consiglio di Stato, nel parere del 29 ottobre 2010, n. 4787, ha osservato che l'Amministrazione ben può rivalutare in costanza di rapporto non solo la permanenza dell'idoneità psicofisica, ma anche l'idoneità attitudinale al servizio del personale appartenente alla Polizia di Stato. Più nello specifico, in tale parere, per quanto interessa in questa sede, si legge: "va considerato che le vicende umane sono soggette a cambiamenti e, pertanto, in speciali evenienze, non può considerarsi irragionevole rinnovare in costanza di rapporto il controllo sull'attitudine del prestatore al servizio; poiché non vi è dubbio che le attitudini, come i requisiti psico-fisici, siano soggette a mutare nel tempo. I requisiti in parola riguardano infatti caratteristiche dell'individuo (livello evolutivo, controllo emotivo, capacità intellettive, socialità) che non costituiscono realtà innate né immutabili nel tempo e che sono suscettibili di subire variazioni anche apprezzabili, eventualmente in senso sfavorevole al soggetto interessato".
Tale parere ha evidenziato altresì che l'appartenente alla Polizia di Stato - di cui si dubiti per giusto motivo che sia ancora in possesso dei requisiti attitudinali - non potrebbe continuare a svolgere il servizio se non in violazione del principio costituzionale del buon andamento dell'amministrazione di cui all'art. 97 della Costituzione. Ebbene, lo stesso può affermarsi per i requisiti di cui all'art. 35, comma 6, del D.Lgs. n. 165 del 2001.
Del resto, la possibilità dell'Amministrazione di valutare la permanenza dei requisiti morali in occasione dell'esame dell'istanza di transito nei ruoli civili, è stata implicitamente riconosciuta dalla giurisprudenza amministrativa, anche del Consiglio di Stato, laddove fa salva la possibilità di verificare la sussistenza o meno di tali requisiti in sede di esame dell'istanza di transito nei ruoli civili. Sul punto, si richiama nuovamente l'ordinanza n. 2543 del -OMISSIS-, con la quale il Consiglio di stato afferma chiaramente di ritenere impregiudicata ogni valutazione "in merito alla natura del transito nei ruoli civili e alla possibilità che il difetto sopravvenuto dei requisiti di cui agli artt. 35, co. 6, del D.Lgs. n. 165 del 2001 e 26 della L. 1 febbraio 1989, n. 53, costituisca legittimo ostacolo al transito medesimo", richiamando espressamente l'ordinanza del 18 maggio 2022, n. 3940.
Anche tale censura pertanto si ritiene non colga nel segno.
3. - Con l'ultima censura il ricorrente lamenta la mancata comunicazione dei motivi ostativi all'accoglimento dell'istanza e, quindi, la mancata garanzia del contraddittorio.
Alla luce di quanto evidenziato ai punti 1 e 2 di questa sentenza, e tenuto conto degli argomenti addotti dal ricorrente, si ritiene che comunque il contraddittorio endoprocedimentale non avrebbe potuto condurre ad un esito decisorio differente.
Ebbene, secondo la giurisprudenza prevalente, la mancata comunicazione del preavviso di rigetto non comporta ex se l'illegittimità del provvedimento finale, in quanto la norma sancita dall'art. 10-bis della L. n. 241 del 1990, va interpretata alla luce del successivo art. 21-octies, comma 2. Da ciò deriva che l'interessato non può limitarsi a denunciare in ricorso l'omessa comunicazione del preavviso di rigetto, ed è tenuto ad allegare gli elementi, fattuali o valutativi, che, se introdotti nella fase procedimentale, avrebbero potuto influire sul contenuto del provvedimento finale (in termini, T.A.R. Lombardia, sez. II, 7 novembre 2018, n. 2522).
Lo stesso Consiglio di Stato si è espresso in questi termini "Quanto infine alla dedotta omissione della comunicazione dei motivi ostativi, ex art. 10 bis L. n. 241 del 1990, deve osservarsi che essa è priva di riflessi invalidanti nei confronti del provvedimento impugnato, come si evince dal fatto che l'attività difensiva espressa dall'appellante, nella misura più ampia consentita dall'esperimento del rimedio processuale, non ha palesato vizi istruttori e motivazionali a carico dello stesso" (Cons. Stato, sez. III, 12 giugno 2019, n. 3947).
Anche la terza censura pertanto non può essere accolta.
4. - Respinte le censure sollevate dal ricorrente avverso il provvedimento di diniego del transito nei ruoli civili, consegue inevitabilmente l'infondatezza del ricorso anche nella parte in cui ha ad oggetto il provvedimento di dispensa dal servizio del medesimo ricorrente, in quanto atto conseguente e dal contenuto vincolato. Infatti, ai sensi dell'art. 9 del D.P.R. n. 339 del 1982, nell'ipotesi come quella in esame di conclusione negativa della procedura di passaggio, il dipendente deve essere dispensato dal servizio per inabilità fisica.
Invero, l'art. 9 del D.P.R. n. 339 del 1982 recita "Qualora il personale di cui all'art. 1 sia ritenuto non idoneo all'assolvimento dei compiti propri degli altri ruoli della Polizia di Stato o di altre amministrazioni dello Stato, ovvero per esigenze di servizio non sia possibile trasferirlo in altri ruoli della Polizia di Stato o di altre amministrazioni dello Stato, è dispensato dal servizio ai sensi degli articoli 129 e 130 del testo unico approvato con D.P.R. 10 gennaio 1957, n. 3".
5. - In conclusione, il ricorso è infondato e va respinto.
6. - Considerata la vicenda nel suo complesso e la complessità e la novità della questione oggetto della presente controversia, sussistono giustificate ragioni per compensare integralmente tra le parti le spese di giudizio.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Piemonte (Sezione Prima), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo respinge.
Spese compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Ritenuto che sussistano i presupposti di cui di cui all'articolo 52, commi 1 e 2, del D.Lgs. 30 giugno 2003, n. 196, e all'articolo 9, paragrafi 1 e 4, del Regolamento (UE) 2016/679 del Parlamento europeo e del Consiglio del 27 aprile 2016 e all'articolo 2-septies del D.Lgs. 30 giugno 2003, n. 196, come modificato dal D.Lgs. 10 agosto 2018, n. 101, manda alla Segreteria di procedere, in qualsiasi ipotesi di diffusione del presente provvedimento, all'oscuramento delle generalità nonché di qualsiasi dato idoneo a rivelare lo stato di salute delle parti o di persone comunque ivi citate.
Così deciso in Torino nella camera di consiglio del giorno 31 maggio 2023 con l'intervento dei magistrati:
Raffaele Prosperi, Presidente
Flavia Risso, Consigliere, Estensore
Angelo Roberto Cerroni, Referendario
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