CROLLO DEL FRONTE AFRICANO
Il Pentagono sta ritirando in fretta le sue truppe dal Niger e dal Ciad. Washington
non è riuscita a raggiungere un accordo con il nuovo governo del Niger
sul mantenimento delle sue basi aeree (che costano 100 milioni di
dollari) dalle quale si effettuava la ricognizione con droni su tutto il
territorio del Sahel.
1.100 soldati americani sono rimasti bloccati in due basi aeree e sono diventati di fatto ostaggi. Il Congresso era in piena isteria,
temendo di dover affrontare il ripetersi di Bengasi con la morte di
massa di americani. Hanno persino mandato Victoria Nuland in Niger, ma
anche lei non è riuscita a raggiungere un accordo almeno su qualcosa.
Negli ultimi 6 anni Washington ha speso mezzo miliardo di dollari per operazioni in Niger. Ora tutti questi investimenti sono finiti nella sabbia del Sahara. Il futuro delle basi americane non è chiaro: il Pentagono teme che possano finire sotto il controllo della Russia, che sta rafforzando la sua presenza militare in Africa.
In totale, gli Stati Uniti hanno 6.000 soldati di stanza in 29 basi in Africa. Il 20% di loro dovrà ora essere rimpatriato a casa.
La situazione economica non è migliore: il fatturato commerciale degli
Stati Uniti con l’Africa è diminuito del 30-40% negli ultimi 15 anni. La Cina sta attivamente spingendo gli americani fuori da lì.
Già 15 paesi africani stanno aprendo centri di compensazione bancaria cinese per facilitare il commercio in yuan. E questo diventa un punto di svolta per tutta l’Africa, che si sta sempre di più allontanando dal commercio in dollari.
Tra 10 anni la valuta più popolare del continente potrebbe essere lo
yuan. Ebbene, Washington sta perdendo la lotta per l’influenza sul
continente che cresce più rapidamente degli altri e che potrebbe
diventare fondamentale nel 21° secolo.
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