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sabato 23 luglio 2011

«La mattanza del G8 Fu una scelta politica» .."POLIZIA L'accusa di Claudio Giardullo, segretario generale del sindacato Silp Cgil.."


«La mattanza del G8 Fu una scelta politica»
di Eleonora Martini
su il manifesto del 23/07/2011
Dieci anni dopo Tra imponenti misure di «sicurezza» la città si prepara al corteo conclusivo di oggi. Attese almeno dieci mila persone. Avvocati e giuristi riflettono sui diritti democratici violati. L'accusa di Claudio Giardullo
Claudio Giardullo, segretario generale del Silp Cgil, non rappresenta certo quella parte del corpo della Polizia di Stato che davanti all'evidente violazione dei diritti costituzionali che si consumò nelle giornate di Genova reagì con atteggiamenti corporativi o addirittura omertosi. Crede in una polizia democratica e trasparente, Giardullo, anche se col manifesto, sul tema, non sempre è d'accordo.
Fin qui nessuno ha chiesto scusa per le violenze commesse a Genova dalle forze dell'ordine, nemmeno di quelle confermate da una verità processuale.
Ancora non definitiva.

Certo, anche se esiste una verità storica ormai acquisita. Lei non crede che ci siano stati degli abusi da parte di alcuni suoi colleghi?

Ci sono stati dei comportamenti inaccettabili e noi da subito abbiamo detto «chi ha sbagliato paghi fino in fondo». Immediatamente dopo il G8 di Genova noi della Silp Cgil chiedemmo ed ottenemmo un incontro col Social Forum perché era chiaro che si stava consumando il tentativo di alcune forze conservatrici del Paese di creare un solco incolmabile tra la società civile e le forze di polizia, e tra la polizia e la magistratura. Insieme ribadimmo la nostra contrarietà all'uso della violenza come strumento di lotta politica e la nostra volontà di ottenere giustizia.

E allora, le scuse sono superflue?

In questi dieci anni è stato riconosciuto il fatto che a Genova si è aperta una delle peggiori ferite nella storia recente di questo Paese. Noi ne abbiamo preso coscienza subito ma abbiamo rifiutato ogni generalizzazione, inaccettabile perché la stragrande maggioranza dei poliziotti lavora - e perfino a Genova ha lavorato - nel rispetto della legge e dei diritti dei cittadini. Chi ha sbagliato paghi. Però c'è un aspetto ancora troppo poco approfondito e cioè con quali intenzioni politiche siamo andati a Genova.

Un indizio fu la presenza, durante il summit, dell'allora vice premier Gianfranco Fini nella sala operativa della questura.

Sì, ma soprattutto c'era il capo del governo che ancora aveva l'incubo del '94, cioè di una spallata di piazza - che all'epoca riguardava le pensioni - che costrinse Berlusconi a dimettersi. Per cui io ritengo che sia fondata la tesi secondo la quale a Genova si voleva delegittimare la piazza e nell'autunno che si prospettava caldo si voleva mandare un messaggio ai moderati dicendo «tenetevi lontano dalla piazza».

Un modello di gestione dell'ordine pubblico che è tutto politico. Ma, seppure Genova rappresenti una delle peggiori cadute di credibilità di certe istituzioni, non è stato l'unico caso.

Le ricordo che il modello di ordine pubblico che è stato adottato nel successivo G8 di Firenze, che non è solo tecnico ma è soprattutto politico, fu di segno opposto. Ed è quello che noi vorremmo adottare sempre: fondato sulla prevenzione, sul rapporto con gli organizzatori delle manifestazioni, sull'uso limitato e governato della forza - una forza che si sappia moderare - e nessuna esibizione muscolare. Ci vuole formazione, perché naturalmente ci deve essere sempre il rispetto della legge, e un più stretto rapporto tra società civile e forze di polizia.

Perché invece della sospensione o della rimozione dal servizio degli imputati o dei condannati come richiedono i parametri internazionali, abbiamo assistito a conferme di cariche se non a promozioni? Non sarebbe stato un segnale importante per separare le cosiddette «mele marce»?

La cosa è più complessa: se si è garantisti lo si deve essere a 360 gradi e non si possono confondere il rispetto delle leggi in senso stretto con aspetti di opportunità politica. I governi che si sono succeduti in questi dieci anni hanno scelto di non intervenire in nessuno modo prima della verità processuale definitiva. Non è una questione di rispetto delle leggi ma di scelta politica.

In alcuni casi i reati sono già andati in prescrizione, in altri come per l'uccisione di Carlo Giuliani non c'è mai stato un dibattimento pubblico.

Quello della giustizia è uno dei problemi centrali del nostro Paese e non riguarda solo gli operatori di polizia. Guardarlo solo con la lente del G8 di Genova significa dimenticare che in questo Paese chi ha responsabilità istituzionali ben maggiori, a qualunque livello, spesso non arriva a sentenza e a giudizio. Noi della Silp-Cgil abbiamo fiducia nella magistratura e siamo certi che si arriverà a giustizia.

Ma come si fa a far pagare chi sbaglia se, differentemente da ogni comune cittadino, è impossibile l'identificazione degli agenti, soprattutto se in tenuta antisommossa. Lei sarebbe favorevole, per esempio, all'introduzione del codice alfanumerico sulla divisa per una maggiore trasparenza?

No, e le spiego perché. Bisogna sicuramente rendere più certe le procedure di identificazione successiva, attraverso i corpi di appartenenza. Invece col codice alfanumerico si rischia, in un paese come l'Italia dove esistono anche contesti particolarmente insidiosi e violenti, di aumentare il rischio del singolo operatore che a torto o a ragione potrebbe essere individuato e essere sottoposto a un attacco aggressivo o violento. E se si espone il singolo poliziotto a più rischi di quanto non si possa legittimamente chiedergli, si alza il livello dello scontro. Ma se dico no al codice di identificazione, dico anche no ai proiettili di gomma e all'uso del Cs, il gas contenuto nei lacrimogeni, che è tossico per la salute di tutti, dei cittadini e degli operatori.

Lei sarebbe favorevole all'introduzione del reato di tortura come prevede il diritto internazionale?

C'è un'alternativa possibile a questa strada, che io considero solo formale, ideologica e di pancia. L'introduzione del reato di tortura sarebbe solo un messaggio di sfiducia alle forze di polizia che secondo tutte le statistiche godono da parte degli italiani di una fiducia seconda solo a quella del capo dello Stato. E allora non mi sembra assolutamente necessario introdurre un nuovo reato per evitare che in singole e rare occasioni accadano purtroppo cose che non dovrebbero accadere.

Ma anche se fosse in un'unica occasione, non sarebbe uno strumento utile anche per voi?

Non sarà certo il reato ad impedirla, quell'occasione. Io sono del parere che si debbano inasprire le norme solo se c'è un fenomeno sociale di una certa dimensione. Preferisco invece l'altra strada, che aiuti a superare le imposizioni politiche del singolo governo: quella della trasparenza, della formazione e del controllo anche da parte del Parlamento e non soltanto da parte dell'esecutivo. E, aggiungo, non capisco perché la polizia non debba avere un codice etico e di deontologia professionale. Si dica con chiarezza quali comportamenti il cittadino si può legittimamente aspettare da un agente che stia in una piazza, in un ufficio o in un carcere. Ci si dica con quali strumenti dobbiamo operare; quali investimenti, quale formazione, a quali valori si ispirano le forze dell'ordine. Anche questi sono dettami internazionali, eppure nel nostro Paese non ce n'è traccia. Questa è la strada da seguire, e non quella della minaccia, dell'aggravamento delle norme che servono semplicemente a dare la sensazione di aver risolto il problema. Mentre poi, nella realtà quotidiana, la polizia democratica è senza strumenti.

Inpdap 18/2011 - Obbligo contributivo verso Inps per malattia e maternità-integrazione nota operativa 18/2009

LEGGI LA NOTA

Inpdap 27/2011 - Legge 15 luglio 2011, n. 111 – Interventi aventi riflessi sui trattamenti pensionistici


La casta " Sindacato di polizia: si spende più per un ministro che per un quartiere"













venerdì 22 luglio 2011

Ansa "A Roma ci sono troppe personalita' sotto scorta, che sottraggono uomini delle forze dell'ordine al controllo del territorio. La 'vox populi' diventa qualcosa di piu' dopo i dati diffusi ieri dal sindacato di polizia Silp, legato alla Cgil - 400 auto a protezione di singoli e solo 50 di pattuglia nella capitale e in provincia - e preoccupa il sindaco Gianni Alemanno"

ANSA/ SICUREZZA: ALEMANNO A MARONI,BASTA SCORTE PRIVILEGIO CASTA
LETTERA AL MINISTRO, VERIFICARE SE AGENTI TOLTI AL TERRITORIO
(di Luca Laviola)
(ANSA) - ROMA, 22 LUG - A Roma ci sono troppe personalita'
sotto scorta, che sottraggono uomini delle forze dell'ordine al
controllo del territorio. La 'vox populi' diventa qualcosa di
piu' dopo i dati diffusi ieri dal sindacato di polizia Silp,
legato alla Cgil - 400 auto a protezione di singoli e solo 50 di
pattuglia nella capitale e in provincia - e preoccupa il sindaco
Gianni Alemanno. Che definisce la situazione ''piu' grave di
quello che pensavamo'' e scrive al ministro dell'Interno Maroni
per chiedere ''un'immediata revisione di tutti gli elenchi delle
personalita' sotto scorta'' nella capitale.
''Nessun cittadino di Roma deve avere il sospetto di essere
piu' esposto alla criminalita' per garantire i privilegi
inammissibili delle 'caste' politiche, economiche ed
amministrative'', afferma in una nota Alemanno. ''Non e'
ammissibile che per decisioni prese da altri Enti la Prefettura
di Roma sia costretta a distogliere un cosi' elevato numero di
macchine dal quotidiano controllo del territorio'', aggiunge.
Il problema della sicurezza nella capitale, riproposto da
recenti e ripetuti fatti di sangue, si intreccia con la polemica
sulla cosiddetta 'casta' e sulla riduzione dei costi della
politica. In sostanza Alemanno chiede al Viminale di controllare
se tutti coloro che hanno una scorta ne hanno davvero bisogno e,
nel caso, di non sguarnire la citta' per garantirne la
protezione.
Il segretario romano del Silp-Cgil Gianni Ciotti ha parlato
di ''persone minacciate 30 anni fa dalle Brigate Rosse'' e del
presidente di una squadra di calcio, probabilmente il patron
della Lazio Claudio Lotito (che ha ricevuto intimidazioni dal
clan camorristico dei Casalesi). Esempi a giudizio di Ciotti di
scorte ingiustificate o che potrebbero essere svolte da privati.
La lettera di Alemanno a Maroni arriva all'indomani
dell'annuncio del sottosegretario all'Interno Alfredo Mantovano
sull'utilizzo da settembre delle guardie giurate come ausilio
alle forze dell'ordine a Roma. I vigilantes segnaleranno
eventuali crimini o situazioni di rischio a polizia e
carabinieri. Una misura prevista dal protocollo 'Mille occhi
sulla citta'', che pero' suscita polemiche. L'opposizione in
Campidoglio la considera un'altra prova dell'incapacita' di
Alemanno di garantire la sicurezza della capitale.
(ANSA).

LAL
22-LUG-11 19:58 NNNN

MINISTERO DELL'INTERNO DECRETO 30 giugno 2011 Disposizioni da osservarsi durante il rifornimento di carburante agli aeromobili. (11A09534) (GU n. 169 del 22-7-2011 )

TAR "...Sospensione licenza di farmacista a seguito segnalazione Nas Carabinieri"



T.A.R. Puglia Bari Sez. III, Sent., 25-05-2011, n. 786Fatto Diritto P.Q.M.
Svolgimento del processo
Espone  l'odierno ricorrente che in data 1° ottobre 2010 il Sindaco del Comune di ####################, su segnalazione del Comando dei Carabinieri per la tutela della salute - N.A.S. di Bari, sospendeva la licenza per lo svolgimento dell'attività farmaceutica, per aver il dott. S. detenuto nella propria farmacia medicinali scaduti dalla validità, circostanza contraria alle disposizioni normative previste ai sensi dell'art.123 commi 3 e 4 del T.U.LL.SS. per il regolare svolgimento dell'attività farmaceutica e, configurante gli estremi dei reati penali previsti ai sensi degli artt. 443 c.p. (commercio e somministrazione di farmaci guasti) e 640 c.p. (truffa ai danni del servizio sanitario nazionale) per i quali è prevista l'applicazione di pene amministrative accessorie.
Con  ricorso notificato in data 12 ottobre 2010 ritualmente depositato, l'odierno ricorrente, come sopra rappresentato e difeso, impugna i provvedimenti in epigrafe indicati, chiedendone l'annullamento previa concessione di idonee misure cautelari.
A sostegno del gravame il ricorrente deduceva le seguenti censure:
1)  violazione e falsa applicazione degli artt. 7, 8 e 9 della L.241/90, eccesso di potere per manifesta illogicità e irrazionalità, difetto di istruttoria, omessa comunicazione dell'avvio del procedimento;
2)  violazione dell'art. 123 commi 3 e 4 del T.U.LL.SS. - R.D. 1265/34, eccesso di potere per difetto di istruttoria, eccesso di potere per difetto di motivazione;
Con ordinanza n. 834/2010 veniva accolta la domanda incidentale di sospensione e, pertanto, sospesa l'efficacia dell'impugnato provvedimento.
All'udienza del 13 aprile 2011 il ricorso veniva introitato per la decisione.Motivi della decisione
Il ricorso è fondato.
Deve  infatti ritenersi provato, anche alla stregua delle dichiarazioni rese dal ricorrente e non contraddette dall'Amministrazione resistente, che i  farmaci scaduti erano contenuti all'interno di buste chiuse e sigillate  (e cioè contenitori appositamente predisposti per il successivo inoltro  allo smaltimento) e, peraltro, all'interno di un ambiente separato dai locali di vendita.
Tali dichiarazioni, assolutamente credibili e non smentite dall'Amministrazione, rendono evidente l'insussistenza delle denunciate violazioni, anche perché gli appositi contenitori (buste di plastica sigillate) recavano all'esterno la dicitura "medicinali scaduti" ed erano collocati in una zona deposito  della farmacia, la quale - essendo ben distinta dalla zona destinata alla commercializzazione e alla vendita - rendeva impossibile il verificarsi di un errore o scambio di prodotti per la vendita anche per l'addetto di farmacia più sprovveduto.
Senza infine considerare che quanto sopra risulta altresì documentato e documentabile attraverso la registrazione audiovideo delle stesse attività di verifica da parte dei N.A.S. realizzate attraverso le riprese delle telecamere a circuito chiuso in data 17.10.2010.
Risulta  quindi fondato il vizio di eccesso di potere per difetto di istruttoria  e per falsa ed erronea presupposizione in fatto, nonché il dedotto vizio di violazione del sub procedimento partecipativo di agli artt. 7 e  ss. della L. n. 241/90, atteso che - se fosse stato avviato il debito contraddittorio - l'impugnato provvedimento non avrebbe avuto ragion d'essere.
Il ricorso va dunque accolto.
Ricorrono tuttavia giustificati motivi per dichiarare interamente compensate tra le parti le spese di giudizio.P.Q.M.
Il  Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia (Sezione Terza), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo accoglie e, per l'effetto, annulla i provvedimenti di cui in epigrafe.
Spese compensate tra le parti.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.



TAR "M.llo dei Carabinieri.."non idoneo permanentemente al S.M. in modo assoluto e da collocare in congedo assoluto"...."




RESPONSABILITA' CIVILE
T.A.R. Calabria Catanzaro Sez. II, Sent., 09-06-2011, n. 850
Fatto - Diritto P.Q.M.
Svolgimento del processo - Motivi della decisione
1. In data 5 aprile 1999 il Maresciallo Capo ####################, Comandante della Stazione dei Carabinieri di ####################, veniva ricoverato presso l'Ospedale Civile di Cosenza in quanto colto da infarto acuto del miocardio. Il militare veniva dimesso il successivo 15 aprile con la seguente diagnosi: "miocardiopatia dilatativa postischemica in esiti di ima".
Il Centro Militare di Medicina Legale di Catanzaro - Commissione Medica Ospedaliera, all'esito di visita medica collegiale, giudicava il militare "non idoneo permanentemente al s.m. in modo parziale ai sensi del D.P.R. 738/81 a datare dal 20.07.2000, controindicato l'impiego in incarichi che comportano l'esposizione ad umidità perfrigerazioni ed inclemenze stagionali nonché stress psicofisici intensi e prolungati".
Le infermità venivano riconosciute dipendenti da causa di servizio.
Successivamente, con nota del 20 gennaio 2001, il Comando Regione Carabinieri della Calabria comunicava al ricorrente l'avvio dell'esame della posizione di impiego ai fini dell'eventuale trasferimento per l'assunzione di incarico confacente alle sue condizioni di salute, con invito ad individuare le sedi di eventuale gradimento. L'interessato indicava quali sedi gradite la Compagnia di Cosenza, il Comando Provinciale di Cosenza e la Compagnia di ####################.
In data 6 marzo 2001 il Comando Regione Carabinieri della Calabria comunicava, a mezzo della Compagnia di ####################, foglio n. 1362/16121983T del 14 febbraio 2001, con il quale si disponeva il trasferimento del Sottufficiale alla Compagnia CC di #################### ####################, Nucleo Comando, quale dattilografo, senza alloggio di servizio.
A  seguito di ricorso proposto dal ricorrente, il TAR del Lazio, con ordinanza n. 2459/2001, accoglieva l'istanza cautelare con la seguente motivazione: "ritenuto che sussistono le ragioni richieste dalla legge per l'accoglimento della sospensiva, ai fini del riesame dell'assegnazione della sede di servizio, alla luce di motivi di ricorso  e della documentazione depositata in atti, tenuto conto della necessità di assegnazione a funzioni compatibili, anche in soprannumero".
Successivamente,  dopo un incontro con il Comandante della Regione Calabria, che, a detta  del ricorrente, aveva manifestato segni di dissenso per l'iniziativa giurisdizionale promossa ed aveva riservato ogni determinazione al riguardo, lo S. riceveva foglio n. 1362/16191983T del Comando Regione Carabinieri Calabria, che ne disponeva il trasferimento in via provvisoria presso il Comando Provinciale CC di ####################. La sede di servizio veniva raggiunta dal militare, dopo un periodo di convalescenza, il 24 agosto 2001.
In data 30 ottobre 2001 il Sottufficiale  inviava a mezzo ufficiale giudiziario atto di invito e diffida stragiudiziale all'esecuzione dell'ordinanza n. 2459/2001 del TAR Lazio.
In  data 25 novembre 2001 il ricorrente, che si apprestava a raggiungere la  sede di servizio presso il Comando di ####################, veniva colto da malore e  ricoverato presso l'Ospedale di Cosenza, doveva veniva sottoposto a terapia intensiva. Veniva dimesso il 3 dicembre 2001 con la diagnosi di "miocardiopatia postinfartuale".
Con foglio n. 1362/16241983T del 23 novembre 2001 il Comando Regione Carabinieri Calabria disponeva la revoca del trasferimento presso la sede di #################### ####################. Con foglio n. 1362/1911983T del 26 novembre 2001 lo stesso Comando comunicava l'avvio dell'esame della posizione di impiego a seguito del provvedimento cautelare del TAR del Lazio.
In  data 8 giugno 2002 il Centro Militare di Medicina Legale di Catanzaro -  Commissione Medica Ospedaliera, in esito a visita collegiale, giudicava  lo S. "non idoneo permanentemente al S.M. in modo assoluto e da collocare in congedo assoluto".
Lo S. veniva, quindi, riformato.
In  data 19 ottobre 2006 lo S. diffidava il Ministero della Difesa a risarcire tutti i danni subiti dallo stesso a seguito dell'inottemperanza del provvedimento giurisdizionale. Il Ministero non dava alcun riscontro alla diffida.
2. Con ricorso notificato il 24 dicembre 2007, depositato nella Segreteria del Tribunale il successivo 29 dicembre, lo S. ha convenuto in giudizio il Ministero della Difesa, chiedendone la condanna al risarcimento dei danni correlati alla lesione dell'integrità fisica e psichica ed ai postumi invalidanti subiti dal ricorrente, nonché ai pregiudizi psichici  ed agli stress subiti dai componenti del nucleo familiare.
A  fondamento della domanda l'attore ha richiamato l'ordinanza del Tribunale Amministrativo del Lazio, che ha accolto la domanda incidentale di sospensione del provvedimento di trasferimento presso il Comando CC di #################### ####################, nei limiti e nei termini di cui alla motivazione sopra riportata, rilevando che l'Amministrazione resistente,  nonostante la notifica dell'ordinanza cautelare, avvenuta il 24 aprile 2001, è rimasta inerte, non provvedendo alla revoca del provvedimento sospeso, che ha avuto luogo col foglio n. 1362/1911983T del 26 novembre 2001. Tale revoca, ha evidenziato l'attore, è stata disposta solo a seguito della diffida dell'interessato e il nuovo ricovero in ospedale, in data 25 novembre 2001, conseguente al malore accusato dallo stesso mentre raggiungeva la sede del Comando CC di ####################, ove era stato provvisoriamente trasferito il 30 luglio 2007. Ciò in aperto
contrasto con le previsioni dell'ordinanza cautelare del TAR del Lazio, che vincolavano la scelta della sede ai motivi del ricorso, alla documentazione depositata ed alle funzioni espletate, contemplando anche  la possibilità dell'assegnazione ad una sede in soprannumero.
L'Amministrazione,  disattendendo l'ordinanza cautelare ed adottando il provvedimento di trasferimento provvisorio a ####################, avrebbe cagionato l'evento successivamente verificatosi, come riconosciuto dalla stessa Amministrazione allorché ha dato tardiva esecuzione all'ordinanza cautelare, revocando il trasferimento a #################### ####################.
Il  ricorrente ha sottolineato di avere tempestivamente tutelato il bene della propria integrità psicofisica, indicando le sedi di gradimento, in  conformità alle prescrizioni mediche della CMO. L'Amministrazione, per contro, avrebbe mantenuto una condotta illecita, mantenendo operativo il  provvedimento sospeso in sede cautelare ed emettendo un nuovo provvedimento contrastante con le prescrizioni del provvedimento giurisdizionale.
Il ritardo nella revoca del provvedimento sospeso in sede cautelare darebbe luogo a responsabilità dell'Amministrazione e tale responsabilità sarebbe connessa, da un lato,  all'illegittimità del provvedimento sospeso e, dall'altro, al ritardo nel dare tempestiva risposta alle prescrizioni dei sanitari e del giudice amministrativo.
I danni di cui viene chiesto ristoro sono individuati, innanzi tutto, in quelli derivati dalla lesione permanente subita a seguito dell'evento lesivo, sia sotto il profilo dell'integrità fisica, sia sotto il profilo dell'integrità psicofisica. Accanto a questi vengono indicati quelli da perdita di chances, dalla mancanza di possibilità di carriera, con perdita del conseguente vantaggio economico, sotto il profilo del danno emergente e del lucro cessante, il danno alla vita di relazione ed il danno biologico, nonché il danno ai componenti del nucleo familiare, pregiudicati sotto il profilo dell'assistenza materiale e morale, fisica  e psichica e della sofferenza.
Parte ricorrente ha chiesto, inoltre, il risarcimento del danno per il ritardo  nell'adozione della revoca del provvedimento di trasferimento.
L'attore  ha chiesto la nomina di CTU al fine di accertare il nesso eziologico tra e condotta ed evento lesivo nonché per accertare l'entità dei danni ed ha, comunque, quantificato la somma dovuta a titolo risarcitorio dall'Amministrazione in Euro 500.000,00.
Si è costituito il Ministero della Difesa resistendo al ricorso.
Il  ricorrente ha prodotto memoria, deducendo che l'Amministrazione resistente, nella relazione all'Avvocatura dello Stato, prodotta in giudizio da quest'ultima, avrebbe ammesso di avere disatteso la misura cautelare concessa dal TAR del Lazio, che non sarebbe stata comunicata alla stessa da parte della difesa erariale. Ciò implicherebbe una confessione giudiziale.
3. Parte ricorrente agisce contro l'Amministrazione di cui era dipendente per il risarcimento di danni per la lesione della propria integrità psicofisica.
Il Collegio ritiene, innanzi tutto, che in relazione alla domanda proposta debba essere affermata la giurisdizione del giudice amministrativo, ai sensi dell'art. 63, comma 4, del d.lgs. n. 165/2001.
La  condotta dell'Amministrazione di cui il ricorrente assume l'illiceità consiste essenzialmente nell'omessa adozione, sia pure in esecuzione di una misura giurisdizionale, di provvedimenti inerenti al rapporto di impiego pubblico e, quindi, in attività correlate al rapporto contrattuale che legava l'Amministrazione stessa al proprio dipendente.
Ne  deriva che il rapporto di lavoro non costituisce mera occasione dell'evento dannoso e che l'azione, conseguentemente, tende a far valere  una responsabilità contrattuale dell'Amministrazione datrice di lavoro.
Da  qui l'affermazione della giurisdizione del giudice amministrativo in relazione alla domanda proposta dal ricorrente (tra le altre, Cass. Sez.  Un., 6 marzo 2009 n. 5468; TAR Lazio, sez. III, 2 settembre 2008 n. 8008).
4. Ciò premesso, deve rilevarsi che, come si desume da quanto in precedenza riportato, l'assunto centrale su cui si basano le pretese risarcitorie avanzate dal ricorrente è quello secondo cui, pur a fronte del provvedimento cautelare del TAR del Lazio,  l'Amministrazione della difesa è rimasta inerte, non avendo provveduto a  revocare il provvedimento di trasferimento presso il Comando Provinciale CC di #################### ####################. Parte ricorrente osserva, come si è detto, che la misura cautelare è rimasta inottemperata fino al 4 dicembre 2001, data in cui si è provveduto alla revoca del provvedimento  di trasferimento.
Osserva il Collegio che le argomentazioni del ricorrente non appaiono condivisibili.
Non  risulta esatto, innanzi tutto, che l'accoglimento dell'istanza incidentale di sospensione implichi un obbligo di revoca del provvedimento a carico dell'Amministrazione.
L'accoglimento  di tale istanza importa, essenzialmente, l'obbligo dell'amministrazione  di evitare il procrastinarsi degli effetti, anche di carattere materiale, connessi all'esecuzione del provvedimento impugnato, ma non fa sorgere l'obbligo di adozione di un atto di ritiro del precedente atto oggetto di gravame.
Certamente un atto di  ritiro, sotto specie di annullamento d'ufficio o di revoca, potrà essere adottato, come nel caso di specie è stato, alla fine, adottato, ma ciò nell'esercizio di un potere dell'amministrazione che, come generalmente riconosciuto, ha carattere ampiamente discrezionale e non costituisce oggetto di un obbligo giuridico.
Né  un obbligo di ritiro del precedente atto può ricavarsi dall'ordine, contenuto nell'ordinanza in questione, di riesame dell'assegnazione della sede di servizio alla luce dei motivi di ricorso e della documentazione depositata in atti. Ciò imponeva all'Amministrazione di valutare, in base agli elementi evidenziati, l'adozione di un provvedimento di diverso contenuto, in esecuzione dell'ordinanza cautelare, non certo di ritirare il precedente atto di trasferimento.
Fatta  questa necessaria premessa, va rilevato che non è proprio ipotizzabile l'esistenza di un nesso eziologico tra il provvedimento di trasferimento, e quindi la sua mancata tempestiva revoca, e la lesione dell'integrità psicofisica del ricorrente. Ciò in quanto, come risulta dagli atti, l'ordine di trasferimento a #################### #################### non è stato mai eseguito dallo S.. In nessun caso, quindi, potrebbe ravvisarsi un nesso di causalità tra la perdurante esistenza del provvedimento di trasferimento e la lesione dell'integrità psicofisica del militare, poiché il provvedimento è rimasto ineseguito.
Quanto  detto implica che non sussiste una situazione di inottemperanza dell'ordine impartito in sede giurisdizionale, che sarebbe ravvisabile solo nel caso in cui il provvedimento di trasferimento fosse stato portato ad effetto. Certamente è rimasto ineseguito l'ordine di riesame,  ma l'odierno ricorrente non se ne può dolere, giacché esso implicava solo l'obbligo di valutare nuovamente il contenuto del provvedimento, tenuto conto della necessità di assegnazione a mansioni compatibili anche in soprannumero, non certo di trasferire comunque il militare in una determinata sede, tra quelle gradite allo stesso.
Né  è ravvisabile responsabilità alcuna dell'Amministrazione per il ritardo  nell'adozione del provvedimento di revoca del trasferimento, in quanto,  fermo quanto testé rilevato riguardo all'insussistenza di un nesso eziologico tra la perdurante esistenza del provvedimento di trasferimento e la lesione dell'integrità psicofisica, non sussisteva, come precisato, alcun obbligo giuridico di revoca dell'atto.
Per  quanto sopra precisato, non può avere alcun rilievo la circostanza, rilevabile dalla relazione inviata dal Comando della Regione Carabinieri all'Avvocatura dello Stato, che l'Amministrazione ha ammesso di non avere avuto tempestiva conoscenza dell'ordinanza cautelare. Si è rilevato, infatti, che non è ravvisabile un effettivo contrasto tra il contenuto dell'ordinanza ed il comportamento tenuto dall'Amministrazione.
Vi è poi la vicenda dell'invio in servizio provvisorio dell'Ispettore presso il Comando Provinciale CC di ####################, che, ad avviso dell'odierno ricorrente, implicherebbe ulteriore violazione dell'ordine impartito con l'ordinanza  cautelare e contrasterebbe comunque, con l'accertamento sanitario della  CMO che aveva giudicato controindicato l'impiego del militare in incarichi che comportano l'esposizione ad umidità perfrigerazioni ed inclemenze stagionali nonché stress psicofisici intensi e prolungati.
Quanto  al primo profilo, non è dato comp####################re come tale provvedimento possa porsi in contrasto con l'ordinanza cautelare più volte richiamata, che riguardava il trasferimento del militare al Comando Provinciale di #################### ####################. Essa, certo, non poteva costituire ostacolo all'adozione di un  provvedimento di invio in servizio provvisorio presso una sede diversa,  né, come si è già detto, imponeva il trasferimento definitivo presso una delle sedi gradite all'interessato.
Riguardo  all'altro aspetto, al di là del fatto che il provvedimento non ha costituito a suo tempo oggetto di gravame, il che avrebbe comunque rilievo perlomeno alla luce del disposto dell'art. 1227 cod. civ.,  va comunque rilevato che parte ricorrente non deduce elemento alcuno da  cui ricavare l'effettiva esistenza di una controindicazione all'impiego  nel posto di scrivano cui era stato destinato l'Ispettore e, quindi, l'esistenza di un nesso di causalità tra il provvedimento e la sua esecuzione e la lesione dell'integrità psicofisica subita.
Un  siffatto accertamento non può essere demandato sic et simpliciter al consulente tecnico d'ufficio, giacché l'operato di questi non può sopperire alla mancata delineazione degli elementi chiave che caratterizzano la causa petendi. Né il giudice può essere chiamato a sostituirsi alla parte nell'individuazione di elementi essenziali della domanda.
Parte ricorrente avrebbe dovuto dedurre in modo specifico le caratteristiche del servizio prestato presso il Comando Provinciale di ####################, ritenute contrastanti con le indicazioni risultanti dagli accertamenti effettuati presso il Centro di  Medicina Legale Militare di Catanzaro. L'unica cosa che viene specificata è che il militare è stato colto da ulteriore malore mentre si recava nella sede di servizio di ####################, in data 25 novembre 2001.
Tale data, peraltro, come risulta dalla relazione del Comando della Regione Carabinieri, coincide con la conclusione di un periodo di convalescenza.
5. In conclusione, il ricorso è infondato e deve essere rigettato.
Sussistono giusti motivi per compensare fra le parti le spese di giudizio.P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Calabria (Sezione Seconda)
rigetta il ricorso.
Spese compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.



Occhi stanchi per 'drogati' di smartphone e immagini 3D



SALUTE: OCCHI STANCHI PER 'DROGATI' DI SMARTPHONE E IMMAGINI 3D =
COLPA DELLA MESSA A FUOCO CHE SI COMPLICA

Roma, 22 lug. (Adnkronos/Adnkronos Salute) - Incollati allo
smatphone per leggere l'ultima mail, sbirciare le previsioni del
tempo, rispondere a Sms e fare acquisti online? A pagare saranno gli
occhi. Specie se poi, nel tempo libero, ci si rilassa davanti a un
film in 3D.

Secondo un nuovo studio, pubblicato sul 'Journal of Vision', i
disagi lamentati dai 'maniaci' dei telefonini di ultima generazione e
da alcuni spettatori di film e videogame in 3D potrebbero essere
dovuti al fatto che chiediamo troppo ai nostri occhi: devono
concentrarsi sullo schermo e contemporaneamente mettere a fuoco il
contenuto che e' posto davanti o dietro allo schermo stesso.

In pratica l'effetto 'occhi stanchi', che spesso porta con se'
anche mal di testa e secchezza oculare, sarebbe legato all'uso intenso
degli smartphone e di altri dispositivi per la visione in 3D. Questo
perche' gli occhi devono concentrarsi sulla distanza dallo schermo e
su quella del contenuto che si sta guardando, che magari 'ruota'
all'interno dello schermo stesso, o si sposta in avanti. (segue)

(Mal/Col/Adnkronos)
22-LUG-11 15:50

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SALUTE: OCCHI STANCHI PER 'DROGATI' DI SMARTPHONE E IMMAGINI 3D (2) =

(Adnkronos/Adnkronos Salute) - Una rivoluzione high-tech per cui
pero' gli occhi faticano, perche' sono costretti a mettere a fuoco
distanze diverse, spiega l'autore della ricerca, Martin Banks
dell'University of California a Berkeley. Lo studioso ha esaminato 24
adulti, sottoponendoli a una serie di esperimenti, e osservando cosi'
l'interazione tra la distanza di visione gli effetti per gli
spettatori.

I risultati hanno dimostrato che, con i dispositivi come i
telefonini e gli schermi del pc e dei videogame, che vengono guardati
a breve distanza, il contenuto 3D posto di fronte allo schermo - che
appare piu' vicino allo spettatore - e' meno comodo di quello che
appare collocato dietro. Al contrario, durante la visualizzazione da
lontano - come ad esempio al cinema nel caso dei film in 3 D - il
contenuto posizionato dietro lo schermo, che appare come se lo
spettatore guardasse attraverso una finestra, diventa meno agevole da
osservare. "Si tratta di disagi che possono limitare l'uso della
tecnologia", spiega Banks. "Ci auguriamo che i nostri risultati
possano ispirare la ricerca in questo settore". Il team suggerisce
infatti di ampliare le indagini, includendo un campione piu' ampio e
anche i bambini, per capire in che modo i loro occhi reagiscono a
questi stimoli visivi. Con l'esplosione dei film e delle tv in 3D,
secondo i ricercatori e' davvero importante approfondire gli studi per
verificare gli effetti di questo tipo di visione.

(Mal/Col/Adnkronos)
22-LUG-11 16:10

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Roma. 'Indecente'. Cosi' ha definito la gestione degli agenti a Roma il segretario del sindacato di polizia Silp Cgil. 400 pattuglie ogni giorno vengono utilizzate per garantire sicurezza ai politici quando nel resto della citta' ce ne sono solo 50. Intanto si sta pensando di aumentare i poteri dei vigilantes e della polizia municipale. Servizio di Angela Nittoli

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