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mercoledì 2 maggio 2012
Il lavoro torna "povero": 3.000 giovani fanno i pastori contro la crisi
Il lavoro torna "povero": 3.000 giovani fanno i pastori contro la crisi
Un ritorno consapevole: si mettono alla 'guida' di un gregge e fanno prodotti made in Italy
ROMA - In Italia circa tremila giovani hanno scelto di mettersi
alla guida di un gregge come precisa scelta di vita "per non
arrendersi alla crisi provocata dalle delusioni dell'economia di
carta". E' quanto stima la Coldiretti, in occasione delle
rilevazioni Istat sull'occupazione, nel sottolineare che si
tratta in gran parte di giovani che intendono dare continuita'
all'attivita' dei genitori ma ci sono anche ingressi ex novo
spinti da una scelta di vita alternativa a contatto con gli
animali e la natura. Quando a guidare il gregge sono i piu'
giovani si assiste, secondo l'associazione, ad un impulso
nell'attivita', con il 78 per cento dei giovani investe - anche
nella crisi - sul miglioramento dei prodotti aziendali. La
diffusa capacita' di innovazione si concentra sulla qualita' e
sulla sicurezza del prodotto ma anche nella capacita' di
presidiare il mercato attraverso nuove formule commerciali come
la vendita diretta del proprio prodotto.
Non mancano quanti - continua la Coldiretti - rivolgono la
loro attenzione a consumatori emergenti come gli immigrati
musulmani che per motivi religiosi apprezzano particolarmente la
carne di pecora e chi riesce a valorizzare la lana italiana
considerata spesso un sottoprodotto con costi aggiuntivi per lo
smaltimento.
Le storie sono le piu' diverse. Davide Bortoluzzi ha 25 anni e
con il diploma dell'istituto tecnico era pronto ad entrare nello
studio del padre geometra. Lui invece ha realizzato il suo sogno
(sin da piccolo chiedeva a babbo natale caprette): un gregge di
500 pecore per scorazzare sulle Dolomiti. Nessuna macchina
sportiva, ma solo le sue gambe per portare da Puos D'Alpago una
mandria di ovini con cani, muli e soprattutto garantire la
sopravvivenza di una particolare razza "l'agnello alpagoto". In
lui c'e' tutta la convinzione di fare il "pastore
professionista". Con lui molte volte ci va anche la fidanzata,
una modella, a riprova che fare il pastore piace.
Giuseppe Stocchi invece ha 28 anni conduce una grande azienda di
pecore a Leonessa in provincia di Rieti.
Possiede ben 1.500 pecore, Comisane (razza siciliana) e Sarde con
una spruzzatina di Sopravissana che producono 220/230 litri di
latte al giorno per ricavarne ottimi formaggi (pecorino
stagionato in grotta, pecorino primo sale, pecorino media
stagionatura, pecorino fresco) e ricotta che vende direttamente
nei mercati degli agricoltori di Campagna amica. Simone Cualbu e'
un allevatore di 35 anni di Gavoi e conduce, in agro di Macomer,
un'azienda agricola con ordinamento ovi-caprino di 75 ettari con
300 capi. Il formaggio (Dop), prodotto esclusivamente con latte
crudo di pecora di razza sarda allevate al pascolo, viene
affumicato e successivamente portato a stagionare nelle cantine a
Gavoi. La passione per il suo lavoro non gli ha fatto dimenticare
l'impegno civile. E' presidente della Coldiretti di
Nuoro-Ogliastra ed e' anche componente del direttivo del
Consorzio di tutela del formaggio Fiore sardo (Dop) nonche'
presidente del Consorzio produttori storici pastori.
La presenza dei giovani e' una garanzia per il futuro della
pastorizia in Italia dove si producono - sottolinea la Coldiretti
- oltre 60 milioni di chili di formaggi pecorini dei quali oltre
la meta' a denominazione di origine (Dop). All'esportazione va
oltre il 25 per cento della produzione. Nella produzione Made in
Italy a denominazione di origine a fare la parte del leone e' il
Pecorino romano Dop che copre l'80 per cento, ma hanno ottenuto
la protezione comunitaria come denominazioni di origine anche il
pecorino Sardo, il Siciliano e il Toscano e quello di Filiano
oltre al Fiore sardo ed al Canestrato pugliese.
Il pecorino e' uno dei formaggi italiani piu' antichi: veniva
prodotto gia' nella Roma imperiale e faceva parte delle derrate
dei legionari, ma e' probabile che le sue origini siano ancora
piu' lontane, vista la diffusione delle pecore sul nostro
territorio.
La pastorizia e' un mestiere ricco di tradizione che ha anche
un elevato valore ambientale e dalla sua sopravvivenza dipende la
salvaguardia di razze in via di estinzione a vantaggio della
biodiversita' del territorio, dalla rustica pecora sarda alla
pecora sopravissana dall'ottima lana, dalla pecora comisana con
la caratteristica testa rossa a quella massese dall'insolito
manto nero che rappresentano un patrimonio di biodiversita' il
cui futuro e' minacciato da un concreto rischio di estinzione.
Tra i fattori che mettono a rischio il futuro della pastorizia
ci sono il fatto che, sostiene la Coldiretti, "piu' della la
meta' della carne di agnello in vendita e' importata, soprattutto
dai paesi dell'est, all'insaputa dei consumatori e spacciata come
Made in Italy perche' non e' stato ancora introdotto l'obbligo di
indicare l'origine in etichetta previsto dalla legge nazionale
sostenuta dalla Coldiretti ed approvata all'unanimita' dal
Parlamento. E non va meglio per il latte. Dalla mungitura
quotidiana di una pecora si ottiene in media solo un litro di
latte che viene pagato attorno ai 70 centesimi al litro ben al di
sotto dei costi di allevamento si avvicinano all'euro. Qui a
pesare e' la concorrenza sui mercati internazionale dei pecorini
low cost prodotti soprattutto nell'est Europa e spacciati come
Made in Italy".
2 maggio 2012
(Pic/ Dire)
10:56 02-05-12
NNNN
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