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venerdì 28 febbraio 2014

I.N.P.S. (Istituto nazionale della previdenza sociale) Circ. 25-2-2014 n. 27 Applicazione delle misure di prevenzione della corruzione previste dalla legge.


I.N.P.S. (Istituto nazionale della previdenza sociale)
Circ. 25-2-2014 n. 27
Applicazione delle misure di prevenzione della corruzione previste dalla legge.
Emanata dall'Istituto nazionale previdenza sociale, Direzione centrale risorse umane, Direzione centrale ispettorato audit e sicurezza.
Circ. 25 febbraio 2014, n. 27 (1).
Applicazione delle misure di prevenzione della corruzione previste dalla legge.
(1) Emanata dall'Istituto nazionale previdenza sociale, Direzione centrale risorse umane, Direzione centrale ispettorato audit e sicurezza.



Ai
Dirigenti centrali e periferici

Ai
Responsabili delle agenzie

Ai
Coordinatori generali, centrali e periferici dei Rami professionali

Al
Coordinatore generale medico legale e Dirigenti medici
e, p.c.:
Al
Presidente

Al
Presidente e ai componenti del consiglio di Indirizzo e Vigilanza

Al
Presidente e ai componenti del collegio dei sindaci

Al
Magistrato della Corte dei conti delegato all'esercizio del controllo

Ai
Presidenti dei comitati amministratori di fondi, gestioni e casse

Al
Presidente della commissione centrale per l'accertamento e la riscossione dei contributi agricoli unificati

Ai
Presidenti dei comitati regionali

Ai
Presidenti dei comitati provinciali





Premessa
Con la L. 6 novembre 2012, n. 190, pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale n. 265 del 13 novembre 2012, sono state approvate le "Disposizioni per la prevenzione e la repressione della corruzione e dell'illegalità nella pubblica amministrazione".
Con tale provvedimento legislativo è stato introdotto anche nel nostro ordinamento un sistema organico di prevenzione della corruzione che mira a garantire l'attuazione coordinata delle strategie elaborate in materia a livello nazionale ed internazionale e, al contempo, a fornire alle pubbliche amministrazioni le linee di indirizzo per la corretta applicazione delle misure e degli strumenti di prevenzione previsti dalla legge.
Sotto tale ultimo aspetto, riveste un ruolo fondamentale il Piano Nazionale Anticorruzione (di seguito PNA), predisposto dal Dipartimento della Funzione Pubblica ed approvato dalla CIVIT con Delib. n. 72 dell'11 settembre 2013, che fornisce una serie di diposizioni volte a guidare le amministrazioni nell'attuazione della normativa, attraverso l'emanazione di direttive interne idonee ad adeguare le procedure interne e a conformare la condotta dei dipendenti agli obblighi di legge.
Ciò premesso, tenuto conto che l'Istituto ha già emanato alcune disposizioni prevista dal PNA tra cui quelle in materia di inconferibilità ed incompatibilità degli incarichi dirigenziali ai sensi del D.Lgs. n. 39 del 2013 - si forniscono le seguenti direttive che, da un lato, completano la disciplina degli ambiti già trattati e, dall'altro, regolamentano ulteriori aspetti previsti dalle previsioni normative in materia.

1. Inconferibilità ed incompatibilità degli incarichi dirigenziali
Con Msg. Hermes n. 8175 del 17 maggio u.s. sono stati illustrati, in via generale e con riferimento esclusivo agli incarichi dirigenziali, i contenuti del D.Lgs. n. 39 del 2013 e sono state fornite le prime indicazioni in ordine alle dichiarazioni da presentare, ai sensi dell'art. 20 del predetto decreto, prevedendosi, tra l'altro, che le dichiarazioni di insussistenza di cause di incompatibilità debbano pervenire entro il 30 giugno di ogni anno.
Il PNA prevede che il controllo a carico delle pubbliche amministrazioni in ordine alla sussistenza di eventuali situazioni di incompatibilità nei confronti dei titolari di incarichi previsti nei Capi V e VI del D.Lgs. n. 39 del 2013, venga effettuato:
- all'atto del conferimento dell'incarico, precisando, al riguardo, che, ove la situazione di incompatibilità emerga al momento del conferimento dell'incarico, la stessa debba essere rimossa prima del conferimento stesso;
- annualmente e su richiesta nel corso del rapporto.
Pertanto, fermo restando l'obbligo di rilascio annuale della dichiarazione predetta secondo le modalità già chiarite nel citato Msg. Hermes n. 8175 del 17 maggio u.s., nonché ogniqualvolta l'Amministrazione lo richieda nel corso del rapporto, al fine di dare piena attuazione alle previsioni del PNA su tale specifico adempimento, è necessario che analoga dichiarazione di insussistenza di cause di incompatibilità rispetto all'incarico da conferire, venga acquisita anche all'atto del conferimento dell'incarico.
In ragione di quanto sopra, i Responsabili di Struttura centrale o regionale avranno cura di verificare, all'atto del conferimento di incarico dirigenziale di livello non generale a dirigenti interni, che detto conferimento non determini una delle situazioni di incompatibilità previste dal D.Lgs. n. 39 del 2013.
A tal fine, i destinatari dell'incarico dirigenziale di livello non generale dovranno produrre ai predetti Responsabili dichiarazione attestante di non trovarsi in una delle situazioni di incompatibilità di cui al predetto decreto.
Della produzione di detta dichiarazione dovrà darsi atto nel provvedimento di conferimento dell'incarico.
Per gli incarichi dirigenziali non generali da conferirsi a soggetti esterni, attesa la specifica disciplina individuata all'art. 19, comma 6, del D.Lgs. n. 165 del 2001 e dal vigente Regolamento di organizzazione dell'Istituto, la suddetta dichiarazione sarà acquisita dalla Direzione centrale Risorse Umane.
Per quanto riguarda il conferimento di incarichi di livello dirigenziale generale, sia a dirigenti interni che a soggetti esterni, la verifica in ordine alla insussistenza di cause di incompatibilità all'atto del conferimento degli incarichi stessi è demandata alla Direzione centrale Risorse Umane.
Pertanto, i destinatari dell'incarico dirigenziale di livello generale dovranno produrre alla predetta Direzione centrale dichiarazione attestante di non trovarsi in una delle situazioni di incompatibilità di cui al D.Lgs. n. 39 del 2013. Anche in questo caso della produzione di detta dichiarazione dovrà darsi atto nel provvedimento di conferimento dell'incarico.
Se la situazione di incompatibilità dovesse emergere al momento del conferimento dell'incarico, la stessa dovrà essere rimossa prima del conferimento stesso.
Nel caso in cui la situazione di incompatibilità dovesse emergere nel corso del rapporto, si applicano le previsioni di cui agli artt. 15 e 19 del D.Lgs. n. 39 del 2013 [1].
Infine, la Direzione centrale Risorse Umane avrà cura di prevedere che i bandi finalizzati all'assegnazione di incarichi dirigenziali facciano espresso riferimento all'insussistenza di situazioni di inconferibilità ed incompatibilità di cui ai capi II, III, V e VI del D.Lgs. n. 39 del 2013.

[1] Art. 15 Vigilanza sul rispetto delle disposizioni in materia di inconferibilità e incompatibilità nelle pubbliche amministrazioni e negli enti di diritto privato in controllo pubblico
1. Il responsabile del piano anticorruzione di ciascuna amministrazione pubblica, ente pubblico e ente di diritto privato in controllo pubblico, di seguito denominato "responsabile", cura, anche attraverso le disposizioni del piano anticorruzione, che nell'amministrazione, ente pubblico e ente di diritto privato in controllo pubblico siano rispettate le disposizioni del presente decreto sulla inconferibilità e incompatibilità degli incarichi. A tale fine il responsabile contesta all'interessato l'esistenza o l'insorgere delle situazioni di inconferibilità o incompatibilità di cui al presente decreto.
2. Il responsabile segnala i casi di possibile violazione delle disposizioni del presente decreto all'Autorità nazionale anticorruzione, all'Autorità garante della concorrenza e del mercato ai fini dell'esercizio delle funzioni di cui alla L. 20 luglio 2004, n. 215, nonché alla Corte dei conti, per l'accertamento di eventuali responsabilità amministrative.
3. Il provvedimento di revoca dell'incarico amministrativo di vertice o dirigenziale conferito al soggetto cui sono state affidate le funzioni di responsabile, comunque motivato, è comunicato all'Autorità nazionale anticorruzione che, entro trenta giorni, può formulare una richiesta di riesame qualora rilevi che la revoca sia correlata alle attività svolte dal responsabile in materia di prevenzione della corruzione. Decorso tale termine, la revoca diventa efficace.
Art. 19 Decadenza in caso di incompatibilità
1. Lo svolgimento degli incarichi di cui al presente decreto in una delle situazioni di incompatibilità di cui ai capi V e VI comporta la decadenza dall'incarico e la risoluzione del relativo contratto, di lavoro subordinato o autonomo, decorso il termine perentorio di quindici giorni dalla contestazione all'interessato, da parte del responsabile di cui all'articolo 15, dell'insorgere della causa di incompatibilità.
2. Restano ferme le disposizioni che prevedono il collocamento in aspettativa dei dipendenti delle pubbliche amministrazioni in caso di incompatibilità.


2. Prevenzione fenomeni corruttivi nella formazione di commissioni enell'assegnazione agli uffici
L'art. 35 bis del D.Lgs. n. 165 del 2001 introduce un'articolata previsione volta a prevenire l'insorgenza di fenomeni corruttivi in particolari circostanze, ovvero all'atto della formazione delle commissioni di concorso o di gara, nonché all'atto dell'assegnazione di dipendenti agli uffici preposti alla gestione delle risorse finanziarie, all'acquisizione di beni, servizi e forniture, ovvero all'attribuzione di ausili finanziari in genere o vantaggi economici a soggetti pubblici o privati.
La predetta norma prevede che coloro che abbiano riportato una sentenza di condanna, anche non passata in giudicato, per i reati previsti nel capo I del titolo II del libro secondo del codice penale (delitti contro la pubblica amministrazione):
"a) non possono far parte, anche con compiti di segreteria, di commissioni per l'accesso o la selezione a pubblici impieghi;
b) non possono essere assegnati, anche con funzioni direttive, agli uffici preposti alla gestione delle risorse finanziarie, all'acquisizione di beni, servizi e forniture, nonché alla concessione o all'erogazione di sovvenzioni, contributi, sussidi, ausili finanziari o attribuzioni di vantaggi economici a soggetti pubblici e privati;
c) non possono fare parte delle commissioni per la scelta del contraente per l'affidamento di lavori, forniture e servizi, per la concessione o l'erogazione di sovvenzioni, contributi, sussidi, ausili finanziari, nonché per l'attribuzione di vantaggi economici di qualunque genere" .
Pertanto, non possono essere nominati componenti di commissioni per l'accesso o la selezione a pubblici impieghi, per l'attribuzione di commesse di qualunque genere (beni, servizi e forniture), nonché per la concessione di ausili finanziari in genere o vantaggi economici a soggetti pubblici e privati, coloro che abbiano riportato sentenze di condanna, ivi compresi i casi di patteggiamento, per i delitti contro la pubblica amministrazione, anche allorché la decisione di condanna non sia passata in giudicato.
A tal fine, prima di procedere alla nomina dei componenti delle predette commissioni, è necessario, a cura del Responsabile della struttura nel cui ambito di competenze rientrano le attività della commissione, procedere all'accertamento in ordine alla eventuale sussistenza di precedenti penali a carico dei componenti medesimi, che sono tenuti a rendere dichiarazione sostitutiva di certificazione ai termini e alle condizioni di cui all'art. 46 del D.P.R. n. 445 del 2000.
Dell'accertata assenza di precedenti penali dovrà essere fatta espressa menzione nel provvedimento di costituzione della commissione.
Ricorrendo la richiamata condizione ostativa, l'incarico non potrà essere conferito. In conformità alle previsioni del PNA, in caso di violazione di tale specifica previsione di inconferibilità, l'incarico è nullo ai sensi dell'art. 17 del D.Lgs. n. 39 del 2013, così come gli atti e i contratti posti in essere in violazione delle limitazioni e condizioni ostative predette, e si applicano le sanzioni di cui al successivo art. 18 del medesimo decreto.
Ove, invece, la situazione di inconferibilità si appalesi nel corso del rapporto, il Responsabile della prevenzione effettuerà le contestazioni nei confronti dell'interessato, ai fini della successiva rimozione dello stesso dall'incarico.
La specifica preclusione di cui alla lett. b) del citato articolo 35 bis riguarda dirigenti e funzionari che abbiano riportato una sentenza di condanna, alle condizioni già descritte, per i quali vige il divieto di assegnazione agli uffici considerati a più elevato rischio corruttivo, in quanto preposti alla gestione di risorse finanziarie, all'acquisizione di beni, servizi e forniture o alla concessione di sovvenzioni, contributi, sussidi, ausili finanziari o attribuzione di vantaggi economici a soggetti pubblici o privati.
È, quindi, necessario che gli interessati, all'atto dell'assegnazione ad uno predetti uffici, rendano al Responsabile della struttura ove è incardinato l'ufficio medesimo le dichiarazioni sostitutive di certificazione in ordine all'insussistenza della condizione ostativa in parola.
Ove detta condizione si appalesi nel corso del rapporto, il Responsabile della prevenzione effettuerà le contestazioni nei confronti dell'interessato, ai fini della successiva assegnazione ad altro ufficio.
Anche in questo caso, come previsto dal PNA, si applicano le disposizioni di cui agli artt. 17 e 18 del D.Lgs. n. 39 del 2013.
La situazione impeditiva viene meno ove venga pronunciata, per il medesimo reato, una sentenza di assoluzione anche non definitiva.

3. Attività successiva alla cessazione del rapporto di lavoro
L'art. 53, comma 16 ter, del D.Lgs. n. 165 del 2001, introdotto dall'art. 1, comma 42, della L. n. 190 del 2012, prevede che "i dipendenti che negli ultimi tre anni di servizio, hanno esercitato poteri autoritativi o negoziali per conto delle pubbliche amministrazioni di cui all'art. 1, comma 2, non possono svolgere, nei tre anni successivi alla cessazione del rapporto di pubblico impiego, attività lavorativa o professionale presso i soggetti privati destinatari dell'attività della pubblica amministrazione svolta attraverso i medesimi poteri. I contratti conclusi e gli incarichi conferiti in violazione di quanto previsto dal presente comma sono nulli ed è fatto divieto ai soggetti privati che li hanno conclusi o conferiti di contrattare con le pubbliche amministrazioni per i successivi tre anni con obbligo di restituzione dei compensi eventualmente percepiti e accertati ad essi riferiti".
La norma introduce un divieto temporalmente e soggettivamente circoscritto, prevedendo che nel triennio successivo alla cessazione del rapporto con l'amministrazione, quei dipendenti che, nel corso degli ultimi tre anni di servizio, abbiano esercitato poteri autoritativi o negoziali per conto dell'amministrazione, non possano svolgere alcuna attività lavorativa o professionale, autonoma o subordinata, presso i soggetti privati destinatari di provvedimenti, contratti o accordi sottoscritti nell'esercizio di quei poteri.
L'allegato 1 del PNA delimita il campo di applicazione della norma a "coloro che per il ruolo e la posizione ricoperti nell'amministrazione hanno avuto il potere di incidere in maniera determinante sulla decisione oggetto dell'atto e, quindi, coloro che hanno esercitato la potestà o il potere negoziale con riguardo allo specifico procedimento o procedura".
Alla violazione del divieto consegue, da un lato, la sanzione della nullità dei contratti di lavoro conclusi e degli incarichi conferiti e, dall'altro, che i soggetti privati che abbiano eluso tale normativa non possano contrattare con le pubbliche amministrazioni per i successivi tre anni, con obbligo di restituzione dei compensi eventualmente percepiti e accertati in esecuzione dell'affidamento illegittimo.
In relazione a quanto sopra, la Direzione centrale Risorse Umane e le Direzioni regionali, all'atto dell'assunzione di personale, avranno cura di inserire nei relativi contratti una specifica clausola che preveda il divieto di prestare attività lavorativa, a titolo di lavoro subordinato o autonomo, per i tre anni successivi alla cessazione del rapporto di lavoro nei confronti dei destinatari di provvedimenti adottati o conclusi con l'apporto decisionale del dipendente.
Inoltre, le Strutture deputate alla predisposizione dei bandi di gara o degli atti prodromici agli affidamenti, anche mediante procedura negoziata, dovranno inserirvi apposita clausola che faccia espresso riferimento alla condizione soggettiva di non aver concluso contratti di lavoro subordinato o autonomo e, comunque, di non aver attribuito incarichi ad ex dipendenti che hanno esercitato poteri autoritativi o negoziali per conto delle pubbliche amministrazioni nei loro confronti per il triennio successivo alla cessazione del rapporto.
Qualora emerga la predetta situazione, deve essere disposta l'esclusione dalla procedura di affidamento nei confronti degli interessati.
Ne consegue, altresì, l'obbligo di agire in giudizio, con finalità risarcitorie, nei confronti di quegli ex dipendenti che abbiano agito in violazione della norma de qua.

4. Rotazione del personale sottoposto a procedimento penale o disciplinare percondotte di natura corruttiva
L'art. 16, comma 1, lett. I) quater dispone che i dirigenti titolari di uffici dirigenziali generali "provvedono al monitoraggio delle attività nell'ambito delle quali è più elevato il rischio corruzione svolte nell'ufficio a cui sono preposti, disponendo, con provvedimento motivato, la rotazione del personale nei casi di avvio di procedimenti penali o disciplinari per condotte di natura corruttiva".
In conformità alle previsioni di cui all'allegato 1 del PNA, riguardo alle misure gestionali da adottare nei confronti del personale addetto alle aree a più elevato rischio di corruzione, in caso di notizia formale di avvio di procedimento penale a carico di un dipendente (ad esempio, quando si ha conoscenza di un'informazione di garanzia o viene emesso un ordine di esibizione, una perquisizione o un sequestro) o in caso di avvio di procedimento disciplinare per fatti di natura corruttiva, il Direttore centrale o regionale, ovvero, in mancanza, il Direttore centrale Risorse Umane, con provvedimento motivato, dispongono l'assegnazione del dipendente medesimo ad altro ufficio.
Nei confronti del personale con qualifica dirigenziale dovrà essere disposta la revoca dell'incarico, in caso di rinvio a giudizio per condotte di natura corruttiva.

5. Obblighi di astensione
Il PNA sottolinea l'importanza di assicurare, mediante idonee direttive e misure organizzative, la conoscenza, da parte dei dipendenti, degli obblighi di astensione nelle situazioni di conflitto di interessi, nonchè delle modalità di segnalazione del conflitto e delle responsabilità scaturenti in caso di violazione.
La normativa di riferimento è contenuta nell'art. 6 bis della L. 7 agosto 1990, n. 241, introdotto dalla citata L. n. 190 del 2012, e negli artt. 6, comma 2, e 7 del D.P.R. n. 62 del 2013, recante il Codice di comportamento dei dipendenti pubblici, come di seguito riportati:
- "Il responsabile del procedimento e i titolari degli uffici competenti ad adottare i pareri, le valutazioni tecniche, gli atti endoprocedimentali e il provvedimento finale devono astenersi in caso di conflitto di interessi, segnalando ogni situazione di conflitto, anche potenziale" (art. 6-bis L. n. 241 del 1990).
- "Il dipendente si astiene da prendere decisioni o svolgere attività inerenti alle sue mansioni in situazioni di conflitto, anche potenziale, di interessi con interessi personali, del coniuge, di conviventi, di parenti, di affini entro il secondo grado. Il conflitto può riguardare interessi di qualsiasi natura, anche non patrimoniali, come quelli derivanti dall'intento di voler assecondare pressioni politiche, sindacali o dei superiori gerarchici" (art. 6, comma 2, D.P.R. n. 62 del 2013);
- "Il dipendente si astiene dal partecipare all'adozione di decisioni o ad attività che possano coinvolgere interessi propri, ovvero di suoi parenti, affini entro il secondo grado, del coniuge o di conviventi, oppure di persone con le quali abbia rapporti di frequentazione abituale, ovvero, di soggetti od organizzazioni con cui egli o il coniuge abbia causa pendente o grave inimicizia o rapporti di credito o debito significativi, ovvero di soggetti od organizzazioni di cui sia tutore, curatore, procuratore o agente, ovvero di enti, associazioni anche non riconosciute, comitati, società o stabilimenti di cui sia amministratore o gerente o dirigente. Il dipendente si astiene in ogni altro caso in cui esistano gravi ragioni di convenienza. Sull'astensione decide il responsabile dell'ufficio di appartenenza" (art. 7, D.P.R. n. 62 del 2013).
Se, quindi, un potenziale conflitto di interessi sia rinvenibile in tutte quelle situazioni tipizzate dalle citate norme, l'obbligo di astensione si impone, al di là delle situazioni descritte, laddove esistano "gravi ragioni di convenienza".
Il dettato normativo è tale, per la sua genericità ed ampiezza, da ricomprendere le più varie e molteplici fattispecie, imponendo un dovere di segnalazione del potenziale conflitto e di conseguente astensione dall'esercizio della funzione.
Sul piano concreto, ed in fase di prima applicazione della normativa (nonché nelle more dell'emanazione del Codice di comportamento dell'Istituto, ai sensi dell'art. 54, comma 5, D.Lgs. n. 165 del 2001), si stabilisce quanto segue.
a) Il dipendente nei cui confronti ricorra una situazione di conflitto di interessi, anche potenziale, ha l'obbligo di segnalare tale circostanza al dirigente responsabile dell'ufficio di appartenenza o, in mancanza, al Direttore centrale Risorse Umane.
Il dirigente responsabile dell'ufficio di appartenenza del dipendente, ricevuta la segnalazione, ne valuterà la fondatezza in termini di idoneità a ledere l'imparzialità dell'azione amministrativa, formulando le proprie motivate valutazioni e proposte da inoltrare in via gerarchica:
- al Direttore regionale o centrale cui fa capo l'ufficio di appartenenza,
- al Direttore centrale Risorse Umane, in mancanza,
per le decisioni del caso, da adottarsi sulla scorta di un criterio di uniformità per l'intera area di competenza, e da assumere con adeguata motivazione.
Nel caso in cui, in mancanza di un dirigente responsabile dell'ufficio di appartenenza, il dipendente inoltri la segnalazione al Direttore centrale Risorse Umane, questi assumerà direttamente la decisione.
b) I dirigenti, a tutti i livelli, nei casi in cui abbiano comunque notizia di possibili situazioni di conflitto di interessi, hanno, a loro volta, l'obbligo di acquisire, di propria iniziativa, dichiarazioni dall'interessato a conferma o meno della notizia ricevuta.
Acquisita la dichiarazione, il dirigente procede nel rispetto delle modalità di cui al precedente punto a), in relazione al suo livello di appartenenza.
Nell'ipotesi in cui il dipendente venga confermato nell'espletamento dell'incarico, è necessario che il Direttore centrale o regionale che ha assunto la decisione monitori, per il tramite del dirigente responsabile dell'ufficio di appartenenza del dipendente interessato - ovvero in proprio nel caso di decisione assunta dal Direttore centrale Risorse Umane ove direttamente investito della segnalazione del dipendente - anche attraverso controlli a campione, la corretta esecuzione delle attività poste in essere.
Ove la situazione di conflitto di interessi, ancorché potenziale, riguardi dirigenti, medici e professionisti (legali, tecnico-edilizi, statistico-attuariali), la decisione di sollevare o confermare l'interessato nell'espletamento dell'attività, sarà assunta, in linea con quanto indicato nell'allegato 1 del PNA, dal Responsabile della prevenzione della corruzione all'esito della procedura di seguito esplicitata:
I. i dirigenti con incarico di livello dirigenziale non generale, con esclusione dei titolari di incarico di responsabili di Direzione regionale di II fascia, inoltrano la segnalazione del conflitto di interessi al proprio Direttore centrale o regionale, ovvero, in mancanza, al Direttore centrale Risorse Umane. L'autorità investita provvede alla trasmissione al citato Responsabile unitamente ad una dettagliata relazione, nell'ambito della quale è tenuta ad esporre tutti gli elementi di conoscenza della situazione in esame, le sue motivate valutazioni e le conseguenti proposte. Ove il dirigente sia assegnato all'area manageriale di una Sede provinciale/Direzione metropolitana/Filiale di coordinamento, il Direttore regionale provvede ad acquisire anche le valutazioni del Direttore della struttura territoriale di appartenenza dell'interessato;
II. i medici ed i professionisti inoltrano la segnalazione al proprio Coordinatore generale per il tramite degli eventuali coordinatori centrali o periferici sovraordinati. Il Coordinatore generale provvede ad interessare il Responsabile della prevenzione della corruzione con le stesse modalità previste al precedente punto I. per i Direttori centrali e regionali;
III. i Direttori centrali e regionali, nonché i Coordinatori generali dei rami professionali, segnalano il conflitto di interesse che li riguarda direttamente al Responsabile della prevenzione della corruzione.
L'omissione della segnalazione di potenziale conflitto e il compimento dell'atto comportano l'attivazione, a carico del dipendente, del procedimento disciplinare.

6. Obblighi di comunicazione
Fermo restando l'obbligo di astensione ed i conseguenti adempimenti descritti al paragrafo 5, il Codice di comportamento di cui al citato D.P.R. n. 62 del 2013 impone anche specifici obblighi di comunicazione, individuati negli artt. 5, 6, comma 1, e 13, comma 3, i quali, nelle more della emanazione del già citato Codice di comportamento dell'Istituto, vengono regolamentati come segue.
Ai sensi del citato art. 5 "il dipendente comunica tempestivamente al responsabile dell'ufficio di appartenenza la propria adesione o appartenenza ad associazioni o organizzazioni, a prescindere dal loro carattere riservato o meno, i cui ambiti di interessi possano interferire con lo svolgimento dell'attività dell'ufficio". La disposizione "non si applica all'adesione a partiti politici o a sindacati".
Detta comunicazione dovrà essere resa dagli interessati al loro diretto superiore, e precisamente:
I. da ciascun dipendente al dirigente responsabile dell'ufficio di appartenenza o, in mancanza, al Direttore centrale Risorse Umane;
II. dai dirigenti con incarico di livello dirigenziale non generale, con esclusione dei titolari di incarico di responsabili di Direzione regionale di II fascia, al proprio Direttore centrale o regionale o Direttore della struttura territoriale di appartenenza, ovvero, in mancanza, al Direttore centrale Risorse Umane, e, per conoscenza, al Responsabile della prevenzione della corruzione;
III. dai medici e professionisti al proprio Coordinatore generale, centrale o periferico, e, per conoscenza, al Responsabile della prevenzione della corruzione.
I Direttori centrali e regionali, ed i Coordinatori generali, effettueranno le comunicazioni al Responsabile della prevenzione della corruzione.
L'art. 6, comma 1, prevede, invece, che "(...) all'atto dell'assegnazione all'ufficio, il dipendente dovrà informare per iscritto il dirigente dei rapporti diretti o indiretti di collaborazione avuti con soggetti privati, in qualunque modo retribuiti, nei tre anni precedenti, precisando:
a) se in prima persona, o suoi parenti o affini entro il secondo grado, il coniuge o il convivente abbiano ancora rapporti finanziari con il soggetto con cui ha avuto i predetti rapporti di collaborazione;
b) se tali rapporti siano intercorsi o intercorrano con soggetti che abbiano interessi in attività o decisioni inerenti all'ufficio, limitatamente alle pratiche a lui affidate".
La predetta comunicazione dovrà essere resa da ciascun dipendente interessato al dirigente responsabile dell'ufficio di appartenenza o, in mancanza, al Direttore centrale Risorse Umane.
Premesso che i prescritti obblighi di comunicazione di cui ai citati artt. 5 e 6, comma 1, del D.P.R. n. 62 del 2013 decorrono dal 19 giugno 2013 - data di entrata in vigore del decreto medesimo e che, in particolare, le comunicazioni di cui al citato art. 6, comma 1, debbono essere rese "all'atto dell'assegnazione all'ufficio", i dipendenti che siano interessati dall'applicazione delle suddette norme, qualora non vi abbiano già provveduto, effettueranno le previste comunicazioni senza ritardo e, comunque, non oltre 30 giorni dalla data di pubblicazione della presente circolare.
Si precisa che la dichiarazione di cui all'art.5 deve essere resa anche nel caso in cui l'appartenenza all'associazione o organizzazione decorra da data antecedente al 19 giugno 2013.
Specifici obblighi di comunicazione riguardano il dirigente, il quale "prima di assumere le sue funzioni, comunica all'amministrazione, le partecipazioni azionarie e gli altri interessi finanziari che possano porlo in conflitto di interessi con la funzione pubblica che svolge e dichiara se ha parenti e affini entro il secondo grado, coniuge o convivente che esercitano attività politiche, professionali o economiche che il pongano in contatti frequenti con l'ufficio che dovrà dirigere o che siano coinvolti nelle decisioni o nelle attività inerenti all'ufficio" (art. 13, comma 3).
Premesso che la previsione si applica anche ai medici e ai professionisti dell'Istituto, i dirigenti, medici o professionisti con incarico conferito o rinnovato a decorrere dal 19 giugno 2013, che si trovino in una delle fattispecie previste dal citato art. 13, comma 3, qualora non vi abbiano già provveduto, devono informare per iscritto, senza ritardo, i soggetti sopra indicati nei punti II) e III) del presente paragrafo.
I Direttori centrali e regionali, ed i Coordinatori generali, effettueranno la comunicazione al Responsabile della prevenzione della corruzione.
La dichiarazione deve essere resa, senza ritardo e con le richiamate modalità, anche da coloro che, dirigenti, medici o professionisti, si dovessero venire a trovare in una delle fattispecie di cui all'art. 13, comma 3, nel corso dell'incarico.
Con riferimento agli incarichi da conferirsi o rinnovarsi a decorrere dalla pubblicazione della presente circolare, la comunicazione dovrà essere resa prima dell'assunzione degli incarichi stessi e di tale comunicazione dovrà essere fatta espressa menzione nei relativi provvedimenti di conferimento.
Il mancato rispetto dei predetti obblighi di comunicazione comporta l'attivazione, a carico del dipendente, del procedimento disciplinare.

7. Contratti ed altri atti negoziali
Particolare attenzione viene riservata alle prescrizioni comportamentali da seguire nell'espletamento di attività maggiormente esposte a rischio corruttivo, quali le attività contrattuali e negoziali in genere.
L'art. 14 del citato D.P.R. n. 62 del 2013 prevede che "nella conclusione di accordi o negozi e nella stipulazione di contratti per conto dell'amministrazione, nonché nella fase di esecuzione degli stessi, il dipendente non ricorre a mediazione di terzi, né corrisponde o promette ad alcuno utilità a titolo di intermediazione, né per facilitare o aver facilitato la conclusione o esecuzione del contratto. Il presente comma non si applica ai casi in cui l'amministrazione abbia deciso di ricorrere all'attività di intermediazione professionale.
Il dipendente non conclude, per conto dell'amministrazione, contratti di appalto, fornitura, servizio, finanziamento o assicurazione con imprese con le quali abbia stipulato contratti a titolo privato o ricevuto altre utilità nel biennio precedente, ad eccezione di quelli conclusi ai sensi dell'articolo 1342 del codice civile.
Nel caso in cui l'amministrazione concluda contratti di appalto, fornitura, servizio, finanziamento o assicurazione con imprese con le quali il dipendente abbia concluso contratti a titolo privato o ricevuto altre utilità nel biennio precedente, questi si astiene dal partecipare all'adozione delle decisioni ed alle attività relative all'esecuzione del contratto, redigendo verbale scritto di tale astensione da conservare agli atti dell'ufficio.
Il dipendente che conclude accordi o negozi ovvero stipula contratti a titolo privato, ad eccezione di quelli conclusi ai sensi dell'articolo 1342 del codice civile, con persone fisiche giuridiche private con le quali abbia concluso, nel biennio precedente, contratti di appalto, fornitura, servizio, finanziamento ed assicurazione, per conto dell'amministrazione, ne informa per iscritto il dirigente dell'ufficio.
Se nelle situazioni di cui ai commi 2 e 3 si trova il dirigente, questi informa per iscritto il dirigente apicale responsabile della gestione del personale.
Il dipendente che riceva, da persone fisiche o giuridiche partecipanti a procedure negoziali nelle quali sia parte l'amministrazione, rimostranze orali o scritte sull'operato dell'ufficio o su quello dei propri collaboratori, ne informa immediatamente, di regola per iscritto, il proprio superiore gerarchico o funzionale".
La norma prescrive, quindi, che il dipendente non debba, da un lato, assumere iniziative volte a favorire o concludere attività di mediazione di terzi nella conclusione di accordi, negozi o nella stipula di contratti per conto dell'amministrazione e, dall'altro, concludere, per conto dell'amministrazione, contratti di appalto, fornitura, servizio, finanziamento o assicurazione con imprese con le quali abbia intrattenuto rapporti negoziali o dalle quali abbia ricevuto utilità nel biennio precedente.
Nel caso in cui l'amministrazione intenda concludere i contratti medesimi, il dipendente che si venga a trovare nella situazione descritta ha l'obbligo di astenersi dal partecipare all'adozione delle decisioni ed alle attività relative all'esecuzione del contratto, redigendo apposito verbale scritto.
La norma disciplina anche il caso inverso, ovvero quello in cui il dipendente intenda concludere accordi, negozi o contratti a titolo privato con persone fisiche o giuridiche con le quali abbia concluso, nel biennio precedente, contratti di appalto, fornitura, servizio, finanziamento ed assicurazione per conto dell'amministrazione, prevedendo che, in tale circostanza, il dipendente ne informi per iscritto il dirigente responsabile dell'ufficio di appartenenza.
La norma si rivolge a quei dipendenti che, per il ruolo e la posizione ricoperti nell'amministrazione, siano investiti di poteri autoritativi o negoziali per conto dell'amministrazione.
Ove le fattispecie descritte riguardino un dirigente, la prescritta comunicazione, per espressa previsione normativa, va indirizzata al Direttore centrale Risorse Umane.
Infine, il dipendente che riceva eventuali rimostranze orali o scritte sull'operato dell'ufficio o su quello dei singoli collaboratori, da parte di partecipanti alle procedure negoziali nelle quali sia parte l'amministrazione, ne informerà prontamente, per iscritto, il dirigente responsabile dell'ufficio di appartenenza.


Il Direttore generale
Nori

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