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martedì 1 luglio 2014

Corte Costituzionale: le Regioni non possono creare nuove figure professionali



Corte costituzionale
Sentenza 18 giugno 2014, n. 178

[...] nel giudizio di legittimità costituzionale degli artt. 62, comma 1, 63, commi 1, lettera b), e 2, 68 e 73 della legge della Regione Umbria 12 luglio 2013, n. 13 (Testo unico in materia di turismo), promosso dal Presidente del Consiglio dei ministri con ricorso notificato il 13-17 settembre 2013, depositato in cancelleria il 17 settembre 2013 ed iscritto al n. 87 del registro ricorsi 2013.

Udito nell'udienza pubblica del 6 maggio 2014 il Giudice relatore Paolo Maria Napolitano;

udito l'avvocato dello Stato Massimo Massella Ducci Teri per il Presidente del Consiglio dei ministri.

RITENUTO IN FATTO

1.- Con ricorso notificato il 13-17 settembre 2013 e depositato il successivo 17 settembre, il Presidente del Consiglio dei ministri ha impugnato - in riferimento all'art. 117, commi primo, secondo, lettera e), e terzo, della Costituzione - gli artt. 62, comma 1, 63, commi 1, lettera b), e 2, 68 e 73 della legge della Regione Umbria 12 luglio 2013, n. 13 (Testo unico in materia di turismo).

L'art. 62, comma 1, della legge reg. n. 13 del 2013 sotto la rubrica «Direttore tecnico», dispone che: «La gestione tecnica dell'agenzia di viaggio e turismo e delle filiali compete al titolare o al legale rappresentante della società in possesso delle conoscenze e attitudini professionali all'esercizio dell'attività di cui al decreto legislativo 9 novembre 2007, n. 206 (Attuazione della direttiva 2005/36/CE relativa al riconoscimento delle qualifiche professionali, nonché della direttiva 2006/100/CE che adegua determinate direttive sulla libera circolazione delle persone a seguito dell'adesione di Bulgaria e Romania), conseguite presso un'agenzia di viaggio e turismo operante in Italia o in altro Stato membro dell'Unione Europea».

Secondo il ricorrente, la norma violerebbe i principi fondamentali in materia di professioni e si porrebbe in contrasto con l'art. 117, terzo comma, Cost.

In particolare risulterebbe violato l'art. 20, comma 1, dell'Allegato 1 del decreto legislativo 23 maggio 2011, n. 79 (Codice della normativa statale in tema di ordinamento e mercato del turismo, a norma dell'articolo 14 della legge 28 novembre 2005, n. 246, nonché attuazione della direttiva 2008/122/CE, relativa ai contratti di multiproprietà, contratti relativi ai prodotti per le vacanze di lungo termine, contratti di rivendita e di scambio), che, sotto la medesima rubrica della norma impugnata «Direttore tecnico», prevede che «Con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri o del Ministro delegato sono fissati i requisiti professionali a livello nazionale dei direttori tecnici delle agenzie di viaggio e turismo, previa intesa con la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano».

Il legislatore regionale, infatti, nel consentire lo svolgimento delle funzioni di direttore tecnico dell'agenzia di viaggio e turismo a soggetti in possesso delle «conoscenze e attitudini professionali all'esercizio dell'attività di cui al decreto legislativo 9 novembre 2007, n. 206 (Attuazione della direttiva 2005/36/CE relativa al riconoscimento delle qualifiche professionali, nonché della direttiva 2006/100/CE che adegua determinate direttive sulla libera circolazione delle persone a seguito dell'adesione di Bulgaria e Romania), conseguite presso un'agenzia di viaggio e turismo operante in Italia o in altro Stato membro dell'Unione Europea», legittimerebbe l'esercizio di tale professione da parte di soggetti che non hanno conseguito la specifica abilitazione professionale, peraltro disciplinata dal successivo art. 63 della stessa legge regionale.

Il legislatore regionale, in tal modo, individuerebbe requisiti professionali del tutto generici (conoscenze e attitudini professionali), maturati nel corso di un arco temporale del tutto indeterminato, presso le stesse agenzie di viaggio e non certificati da alcun organismo, come idonei e sufficienti all'esercizio della richiamata professione.

Inoltre, improprio sarebbe il richiamo al d.lgs. n. 206 del 2007 che viene a disciplinare la diversa ipotesi del riconoscimento automatico, da parte degli Stati membri, delle qualifiche professionali acquisite in altri Stati membri dai soggetti che intendono esercitare una professione regolamentata in uno dei suddetti Stati diverso da quello nel quale hanno maturato l'esperienza.

L'art. 62 della legge reg. n. 13 del 2013 eccederebbe, quindi, dalle competenze regionali e si porrebbe in contrasto con l'art. 117, terzo comma, Cost., violando i principi fondamentali in materia di «professioni» di cui all'art. 20 dell'Allegato 1 del d.lgs. n. 79 del 2011.

L'Avvocatura dello Stato, a tal proposito, richiama la consolidata giurisprudenza costituzionale (da ultimo, la sentenza n. 98 del 2013) in base alla quale la potestà legislativa regionale nella materia concorrente delle «professioni» deve rispettare il principio secondo cui l'individuazione delle figure professionali, con i relativi profili e titoli abilitanti, è riservata, per il suo carattere necessariamente unitario, allo Stato, rientrando nella competenza delle Regioni la disciplina di quegli aspetti che presentano uno specifico collegamento con la realtà regionale.

2.- La seconda questione ha ad oggetto l'art. 63, commi 1, lettera b), e 2, della legge reg. n. 13 del 2013, il quale, sotto la rubrica «Abilitazione professionale», al comma 1, prevede due diverse modalità per il conseguimento dell'abilitazione professionale: alla lettera a) mediante la verifica del possesso, da parte delle Province, dei requisiti professionali di cui all'art. 20 del d.lgs. n. 79 del 2011 e alla successiva lettera b) «mediante l'attestazione del possesso dei requisiti di conoscenza e attitudini professionali all'esercizio dell'attività di cui al d.lgs. n. 206 del 2007 conseguiti presso un'agenzia di viaggio e turismo operante in Italia o in altro Stato membro dell'Unione Europea». Il successivo comma 2 dell'art. 63 della legge reg. n. 13 del 2013, a sua volta, dispone che: «Per il titolare dell'agenzia di viaggio e turismo e per i dipendenti della stessa, il periodo di formazione professionale previsto dal d.lgs. n. 206 del 2007 può essere sostituito da un equivalente numero di anni di attività lavorativa presso un'agenzia di viaggio e turismo».

Tali disposizioni, secondo il ricorrente, devono ritenersi costituzionalmente illegittime in quanto violano i principi fondamentali in materia di «professioni» e si pongono in contrasto con l'art. 117, terzo comma, Cost.

Il ricorrente fa riferimento anche in questo caso, all'art. 20 dell'Allegato 1 del d.lgs. n. 79 del 2011, il quale dispone che i requisiti professionali a livello nazionale dei direttori tecnici delle agenzie di viaggio e turismo sono fissati con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, previa intesa in sede di Conferenza Stato-Regioni.

Le norme impugnate si porrebbero in contrasto con la disposizione statale richiamata, atteso che non sussiste la competenza regionale per la individuazione dei requisiti professionali per l'accesso alle professioni, né per precisarne i contenuti o per individuarne alternative equivalenti che li possano sostituire.

Il legislatore regionale, nel consentire il conseguimento dell'abilitazione professionale mediante l'attestazione dei requisiti di conoscenza e attitudini professionali all'esercizio dell'attività di cui al d.lgs. n. 206 del 2007, conseguiti presso un'agenzia di viaggio e turismo operante in Italia o in un altro Stato membro dell'Unione europea, avrebbe individuato un percorso alternativo a quello previsto dal legislatore statale per il conseguimento dell'abilitazione professionale.

Inoltre, la Regione fa generico riferimento ad un testo normativo, senza indicare la specifica disciplina applicabile e senza neanche recepire i criteri ed i principi generali dallo stesso previsti al fine del riconoscimento delle qualifiche acquisite dai soggetti che intendono esercitare una professione regolamentata.

Ed infatti, per quanto attiene ai riconoscimenti sulla base dell'esperienza professionale, manca qualsivoglia indicazione dei tempi di esercizio dell'attività, come delle relative attestazioni e dei conseguenti riconoscimenti da parte delle autorità competenti di cui all'art. 5 del d.lgs. n. 206 del 2007.

Analoghe considerazioni valgono, poi, per il citato comma 2 ove si fa riferimento al requisito della formazione professionale, per prescinderne, e sostituirlo con il solo riferimento all'attività lavorativa presso una struttura privata.

L'art. 63, commi 1, lettera b), e 2, della legge reg. n. 13 del 2013 si porrebbe in contrasto con l'art. 117, terzo comma, Cost. eccedendo dalle competenze regionali e violando i principi fondamentali in materia di «professioni» posti dal legislatore statale.

3.- L'art. 68 della legge reg. n. 13 del 2013, sotto la rubrica «Impresa professionale di congressi», disciplina l'attività di organizzazione, produzione e gestione di manifestazioni congressuali, simposi, conferenze e convegni.

In particolare, il legislatore umbro, oltre a specificare i servizi che possono essere resi, ha previsto che i requisiti e le modalità per l'esercizio dell'attività sono disciplinati con regolamento regionale ed ha istituito gli elenchi provinciali delle imprese, da tenere secondo criteri e modalità stabiliti dalla Giunta regionale con il richiamato regolamento.

Secondo il ricorrente, la norma violerebbe i principi fondamentali in materia di «professioni» e si porrebbe in contrasto con l'art. 117, terzo comma, Cost. La medesima disposizione, inoltre, determinerebbe limitazioni all'attività economica in violazione dei principi di libera concorrenza e si porrebbe così in contrasto con l'art. 117, secondo comma, lettera e), Cost.

Per quanto attiene alla violazione dei principi in materia di «professioni» la difesa dello Stato precisa che l'attività di organizzazione, produzione e gestione di manifestazioni congressuali, simposi, conferenze e convegni non è regolamentata da alcuna norma statale. Il legislatore regionale invece, con la norma impugnata, avrebbe individuato una nuova figura professionale, demandando a un proprio regolamento l'ulteriore disciplina e prevedendo, altresì, l'iscrizione in specifici elenchi.

Anche in questo caso il ricorrente richiama la giurisprudenza della Corte in materia di «professioni» e in particolare la già citata sentenza n. 98 del 2013.

L'art. 68 della legge reg. n. 13 del 2013, pertanto, si porrebbe in contrasto con l'art. 117, terzo comma, Cost. violando anche in questo caso i principi fondamentali nella materia delle «professioni».

La norma, inoltre, lederebbe anche la competenza legislativa statale in materia di «tutela della concorrenza» in quanto introdurrebbe dei limiti non previsti dalla legislazione statale. Trattandosi, infatti, di normativa che incide sulla libertà di esercizio di attività economiche e, quindi, riconducibile alla materia della «tutela della concorrenza», sussiste la competenza esclusiva dello Stato, ai sensi dell'art. 117, secondo comma, lettera e), Cost.

4.- Infine è impugnato l'art. 73 della legge reg. n. 13 del 2013 che disciplina il riconoscimento e l'estensione dell'abilitazione all'esercizio delle professioni turistiche.

In particolare, il comma 4 dispone che «Le guide turistiche che hanno conseguito l'abilitazione all'esercizio della professione presso altre Regioni e che intendono svolgere la propria attività nella Regione Umbria, sono soggette all'accertamento, da parte della Provincia, limitatamente alla conoscenza del territorio, con le modalità stabilite dalla Giunta regionale ai sensi del comma 1 dell'articolo 72».

La disposizione ora riportata sarebbe costituzionalmente illegittima in quanto, violando il principio di libera circolazione dei servizi, di cui all'art. 56 del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea (TFUE), si porrebbe in contrasto con l'art. 117, primo comma, Cost.

La norma, inoltre, determinando limitazioni alla libertà di esercizio di un'attività economica, violerebbe i principi in materia di concorrenza e si porrebbe in contrasto con l'art. 117, secondo comma, lettera e), Cost.

Per quanto attiene alla violazione dell'art. 56 del TFUE e dell'art. 117, primo comma, Cost., si afferma, preliminarmente, che il legislatore statale, con la legge 6 agosto 2013, n. 97 (Disposizioni per l'adempimento degli obblighi derivanti dall'appartenenza dell'Italia all'Unione europea - Legge europea 2013), all'art. 3, ha dettato le «Disposizioni relative alla libera prestazione e all'esercizio stabile dell'attività di guida turistica da parte dei cittadini dell'Unione europea. Caso EU Pilot 4277/12/MARK».

In particolare, è stato stabilito che «1. L'abilitazione alla professione di guida turistica è valida su tutto il territorio nazionale. Ai fini dell'esercizio stabile in Italia dell'attività di guida turistica, il riconoscimento ai sensi del decreto legislativo 9 novembre 2007, n. 206, della qualifica professionale conseguita da un cittadino dell'Unione europea in un altro Stato membro ha efficacia su tutto il territorio nazionale. 2. Fermo restando quanto previsto dal decreto legislativo 9 novembre 2007, n. 206, i cittadini dell'Unione europea abilitati allo svolgimento dell'attività di guida turistica nell'ambito dell'ordinamento giuridico di un altro Stato membro operano in regime di libera prestazione dei servizi senza necessità di alcuna autorizzazione nè abilitazione, sia essa generale o specifica. 3. Con decreto del Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo, sentita la Conferenza unificata, da adottare entro 90 giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge, sono individuati i siti di particolare interesse storico, artistico o archeologico per i quali occorre una specifica abilitazione».

La norma impugnata, nel condizionare l'esercizio della professione di guida turistica ad un accertamento specifico (conoscenza del territorio) da parte delle Province umbre, violerebbe il principio comunitario di libera circolazione dei servizi ed il pieno riconoscimento dato allo stesso, nella materia, dal legislatore statale, con l'articolo sopra riportato. La disposizione, quindi, si porrebbe in aperto contrasto con l'art. 117, primo comma, Cost.

Con riferimento alla violazione dei principi di libera concorrenza, il ricorrente evidenzia che la norma censurata assoggetta ad un ulteriore accertamento da parte delle Province umbre, secondo le modalità stabilite dalla Giunta regionale, le guide turistiche già abilitate presso altri Stati dell'Unione europea o presso altre Regioni italiane e che intendono esercitare la loro attività nella Regione.

La disposizione, pertanto, restringerebbe in maniera ingiustificata la concorrenza e si porrebbe in netto contrasto con la piena liberalizzazione della materia introdotta dal richiamato art. 3 della legge n. 97 del 2013, che prevede la validità dell'abilitazione su tutto il territorio nazionale. Si tratterebbe, quindi, di un limite al libero esercizio di un'attività economica che incide sulla libertà di concorrenza.

5.- La Regione Umbria non si è costituita nel presente giudizio.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1.- Il Presidente del Consiglio dei ministri ha promosso questione di legittimità costituzionale - per violazione dell'art. 117, commi primo, secondo, lettera e), e terzo, della Costituzione - degli artt. 62, comma 1, 63, commi 1, lettera b), e 2, 68 e 73 della legge della Regione Umbria 12 luglio 2013, n. 13 (Testo unico in materia di turismo).

1.1.- La prima questione ha ad oggetto l'art. 62, comma 1, della legge reg. n. 13 del 2013 nella parte in cui dispone che «La gestione tecnica dell'agenzia di viaggio e turismo e delle filiali compete al titolare o al legale rappresentante della società in possesso delle conoscenze e attitudini professionali all'esercizio dell'attività di cui al decreto legislativo 9 novembre 2007, n. 206 (Attuazione della direttiva 2005/36/CE relativa al riconoscimento delle qualifiche professionali, nonché della direttiva 2006/100/CE che adegua determinate direttive sulla libera circolazione delle persone a seguito dell'adesione di Bulgaria e Romania), conseguite presso un'agenzia di viaggio e turismo operante in Italia o in altro Stato membro dell'Unione Europea».

Il ricorrente lamenta la violazione dell'art. 117, terzo comma, Cost. perché la norma impugnata interviene nella materia concorrente delle «professioni» non rispettando il principio secondo il quale la individuazione delle figure professionali con i relativi profili e titoli abilitanti è riservata alla competenza legislativa statale di principio, competenza che nel caso specifico il legislatore ha esercitato con l'art. 20, comma 1, dell'Allegato 1 del decreto legislativo 23 maggio 2011, n. 79 (Codice della normativa statale in tema di ordinamento e mercato del turismo, a norma dell'articolo 14 della legge 28 novembre 2005, n. 246, nonché attuazione della direttiva 2008/122/CE, relativa ai contratti di multiproprietà, contratti relativi ai prodotti per le vacanze di lungo termine, contratti di rivendita e di scambio), che, sotto la medesima rubrica della norma impugnata «Direttore tecnico», prevede che «Con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri o del Ministro delegato sono fissati i requisiti professionali a livello nazionale dei direttori tecnici delle agenzie di viaggio e turismo, previa intesa con la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano».

1.2.- La questione è fondata.

Il legislatore regionale differenzia i requisiti professionali che devono possedere i titolari o i legali rappresentanti delle agenzie di viaggio per lo svolgimento dell'attività di gestione tecnica, disciplinati dall'art. 62, comma 1, della legge reg. n. 13 del 2013, da quelli previsti per il cosiddetto «direttore tecnico» di agenzia di viaggio, disciplinati dal successivo art. 63, comma 1, della medesima legge, creando, con ciò, una nuova figura professionale che non si rinviene nella legislazione statale di riferimento. In particolare l'art. 20 dell'Allegato 1 del d.lgs. n. 79 del 2011, richiamato dal ricorrente, individua unicamente i requisiti professionali che deve possedere il «direttore tecnico», ovvero colui che svolge la gestione tecnica dell'agenzia di viaggio, senza che rilevi in alcun modo la titolarità o la rappresentanza legale dell'agenzia.

In altri termini, la norma impugnata, ai fini dell'individuazione dei requisiti professionali del titolare o del legale rappresentante dell'agenzia di viaggio che voglia occuparsi in prima persona della sua gestione tecnica fa riferimento esclusivamente al d.lgs. n. 206 del 2007 (che disciplina il caso di coloro che hanno ottenuto l'abilitazione in altro Stato membro dell'Unione europea), senza alcun richiamo al citato art. 20 dell'Allegato 1, del d.lgs. n. 79 del 2011.

Risulta evidente, pertanto, che il legislatore regionale ha previsto ulteriori e diversi requisiti professionali per i titolari e i legali rappresentanti di agenzie di viaggio rispetto a quelli previsti dal legislatore statale per l'abilitazione allo svolgimento dell'attività di «direttore tecnico» di agenzia di viaggio.

La giurisprudenza di questa Corte in molteplici occasioni ha avuto modo di affermare che «la potestà legislativa regionale nella materia concorrente delle "professioni" deve rispettare il principio secondo cui l'individuazione delle figure professionali, con i relativi profili e titoli abilitanti, è riservata, per il suo carattere necessariamente unitario, allo Stato, rientrando nella competenza delle Regioni la disciplina di quegli aspetti che presentano uno specifico collegamento con la realtà regionale; e che tale principio, al di là della particolare attuazione ad opera dei singoli precetti normativi, si configura infatti quale limite di ordine generale, invalicabile dalla legge regionale, da ciò derivando che non è nei poteri delle Regioni dar vita a nuove figure professionali (sentenze n. 138 del 2009, n. 93 del 2008, n. 300 del 2007, n. 40 del 2006 e n. 424 del 2005)» (sentenza n. 98 del 2013).

In conclusione la norma, attribuendo la possibilità della gestione tecnica delle agenzie di viaggio al titolare o al legale rappresentante in possesso di requisiti professionali diversi da quelli di cui all'art. 20 dell'Allegato 1 del d.lgs. n. 79 del 2011 si pone in contrasto con l'art. 117, terzo comma, Cost. in quanto, intervenendo nella materia concorrente delle «professioni», non rispetta il principio secondo il quale la individuazione delle figure professionali con i relativi profili e titoli abilitanti è riservata alla normativa dello Stato.

2.- Il Presidente del Consiglio dei ministri impugna per le medesime ragioni anche l'art. 63, comma 1, lettera b), della legge reg. n. 13 del 2013.

L'art. 63, comma 1, prevede che l'esercizio della professione di direttore tecnico di agenzia di viaggio è subordinato al conseguimento dell'abilitazione professionale che si ottiene in alternativa: a) mediante la verifica del possesso dei requisiti professionali di cui all'art. 20 del d.lgs. n. 79 del 2011, da parte delle Province; b) mediante l'attestazione del possesso dei requisiti di conoscenza e attitudini professionali all'esercizio dell'attività di cui al d.lgs. n. 206 del 2007 conseguiti presso un'agenzia di viaggio e turismo operante in Italia o in altro Stato membro dell'Unione europea.

Il ricorrente lamenta che, anche in questo caso, il legislatore regionale con la citata lettera b) del comma 1 dell'art. 63 abbia previsto, per l'attività di gestione tecnica di agenzia di viaggio, requisiti professionali abilitanti diversi da quelli di cui al citato art. 20 del d.lgs. n. 79 del 2011.

2.1.- La questione non è fondata.

La norma impugnata, nell'individuare i requisiti professionali di cui deve essere in possesso il «direttore tecnico» di agenzia di viaggio si limita a richiamare la legislazione statale che disciplina la materia.

L'art. 63, comma 1, in esame, infatti, a differenza dell'art. 62, rimanda in primo luogo al più volte citato art. 20 del d.lgs. n. 79 del 2011 e, per completezza, fa anche riferimento al d.lgs. n. 206 del 2007, che disciplina il riconoscimento, ai fini dell'accesso alle professioni regolamentate e al loro esercizio, delle qualifiche professionali già acquisite in uno o più Stati membri dell'Unione europea, che permettono al titolare di tali qualifiche di esercitare nello Stato membro di origine la professione corrispondente.

Tale decreto si applica ai cittadini degli Stati membri dell'Unione europea che vogliano esercitare sul territorio nazionale, quali lavoratori subordinati o autonomi, compresi i liberi professionisti, una professione regolamentata in base a qualifiche professionali conseguite in uno Stato membro dell'Unione europea e che, nello Stato d'origine, li abilitano all'esercizio di detta professione.

In particolare l'art. 27 del citato d.lgs. n. 206 del 2007 stabilisce che «Per le attività elencate nell'allegato IV il cui accesso o esercizio è subordinato al possesso di conoscenze e competenze generali, commerciali o professionali, il riconoscimento professionale è subordinato alla dimostrazione dell'esercizio effettivo dell'attività in questione in un altro Stato membro ai sensi degli articoli 28, 29 e 30».

L'attività di direttore tecnico di agenzia di viaggio rientra nella lista II dell'allegato IV disciplinato dall'art. 29 che a sua volta prevede che «l'attività in questione deve essere stata precedentemente esercitata: a) per cinque anni consecutivi come lavoratore autonomo o dirigente d'azienda; oppure b) per tre anni consecutivi come lavoratore autonomo o dirigente d'azienda, se il beneficiario prova di aver in precedenza ricevuto, per l'attività in questione, una formazione di almeno tre anni sancita da un certificato riconosciuto da uno Stato membro o giudicata del tutto valida da un competente organismo professionale; oppure c) per quattro anni consecutivi come lavoratore autonomo o dirigente d'azienda, se il beneficiario prova di aver in precedenza ricevuto, per l'attività in questione, una formazione di almeno due anni sancita da un certificato riconosciuto da uno Stato membro o giudicata del tutto valida da un competente organismo professionale; oppure d) per tre anni consecutivi come lavoratore autonomo o dirigente d'azienda, se il beneficiario prova di aver esercitato l'attività in questione per almeno cinque anni come lavoratore subordinato; oppure e) per cinque anni consecutivi come lavoratore subordinato, se il beneficiario prova di aver in precedenza ricevuto, per l'attività in questione, una formazione di almeno tre anni sancita da un certificato riconosciuto da uno Stato membro o giudicata del tutto valida da un competente organismo professionale; oppure f) per sei anni consecutivi come lavoratore subordinato, se il beneficiario prova di aver in precedenza ricevuto, per l'attività in questione, una formazione di almeno due anni sancita da un certificato riconosciuto da uno Stato membro o giudicata del tutto valida da un competente organismo professionale. 2. Nei casi di cui alle lettere a) e d) del comma 1, l'attività non deve essere cessata da più di 10 anni alla data di presentazione della documentazione completa dell'interessato alle autorità competenti di cui all'articolo 5».

Da quanto detto, emerge che la norma impugnata si limita a rimandare in modo esaustivo alla legislazione statale che disciplina i requisiti professionali in materia di direttore tecnico di agenzia di viaggi comprendendo anche le ipotesi relative al riconoscimento di tale qualifica professionale conseguita in altro Stato dell'Unione europea.

Ne consegue che l'art. 63, comma 1, lettera b), non si pone in contrasto con i principi fondamentali della legislazione statale in materia di «professioni», limitandosi a richiamarli e, pertanto, non viola l'art. 117, terzo comma, Cost.

3.- Il Presidente del Consiglio dei ministri impugna anche l'art. 63, comma 2, della legge reg. n. 13 del 2013 nella parte in cui dispone che: «Per il titolare dell'agenzia di viaggio e turismo e per i dipendenti della stessa, il periodo di formazione professionale previsto dal d.lgs. n. 206 del 2007 può essere sostituito da un equivalente numero di anni di attività lavorativa presso un'agenzia di viaggio e turismo».

Anche in questo caso il ricorrente lamenta la violazione dell'art. 117, terzo comma, Cost. in quanto la norma impugnata, intervenendo nella materia concorrente delle «professioni», fa riferimento al requisito della formazione professionale per prescinderne e sostituirlo con il solo riferimento all'attività lavorativa presso una struttura privata.

3.1.- La questione è fondata per gli stessi motivi evidenziati con riferimento alla prima questione.

In primo luogo deve osservarsi che, anche in questo caso, il legislatore regionale si riferisce esclusivamente ai titolari di agenzia e ai loro dipendenti equiparando, ai fini del conseguimento dell'abilitazione professionale, il periodo lavorativo svolto presso un'agenzia di viaggi al periodo di formazione professionale richiesto dal d.lgs. n. 206 del 2007.

Inoltre, il richiamo al d.lgs. n. 206 del 2007 è del tutto generico, senza alcun riferimento agli articoli cui il legislatore regionale intende riferirsi. Come si è visto, nel caso in esame rilevano gli artt. 27 e 29 del d.lgs. n. 206 del 2007 il cui contenuto si è già riportato al punto 2. In particolare l'art. 29, ai fini del riconoscimento del titolo abilitante e nei soli casi ivi disciplinati, prevede una serie di differenti ipotesi (lavoratore autonomo, dirigente d'azienda, lavoratore subordinato), tutte accomunate dalla necessità che l'effettivo svolgimento dell'attività lavorativa si accompagni alla formazione professionale.

Da quanto detto emerge in modo netto il contrasto tra la norma regionale che equipara lo svolgimento dell'attività lavorativa presso un'agenzia di viaggi e turismo con il periodo di formazione professionale e la disciplina statale sopra riportata che invece cumula la pregressa esperienza lavorativa con il periodo di formazione professionale.

Ne consegue che l'art. 63, comma 2, della legge reg. n. 13 del 2013 viola l'art. 117, terzo comma, Cost. individuando in modo difforme dalla legislazione statale e segnatamente dall'art. 29 del d.lgs. n. 206 del 2007, costituente principio fondamentale nella materia delle «professioni», i requisiti di accesso alla professione di direttore tecnico di agenzia di viaggio.

4.- La quarta questione sollevata dal Presidente del Consiglio dei ministri ha ad oggetto l'art. 68 della legge reg. n. 13 del 2013, rubricato «Impresa professionale di congressi», nella parte in cui disciplina quest'ultima quale «attività di organizzazione, produzione e gestione di manifestazioni congressuali, simposi, conferenze e convegni», rimandando ad un regolamento regionale la disciplina dei requisiti e delle modalità per l'esercizio dell'attività di organizzazione professionale di congressi ed istituendo gli elenchi provinciali delle imprese, da tenere secondo criteri e modalità stabiliti dalla Giunta regionale.

Secondo il ricorrente, ancora una volta, la norma impugnata violerebbe l'art. 117, terzo comma, Cost. in quanto, intervenendo nella materia concorrente delle «professioni», non rispetterebbe il principio secondo il quale l'individuazione delle figure professionali, con i relativi profili e titoli abilitanti, è riservata alla normativa dello Stato. Inoltre, la stessa, si porrebbe in contrasto anche con l'art. 117, secondo comma, lettera e), Cost., perché introdurrebbe limitazioni all'attività economica in violazione dei principi di libera concorrenza.

4.1.- La questione è fondata quanto al primo motivo di censura con assorbimento del secondo.

La norma impugnata introduce una nuova figura professionale non prevista espressamente dalla legislazione statale consistente nell'attività di organizzazione, produzione e gestione di manifestazioni congressuali, simposi, conferenze e convegni rimandando ad un regolamento regionale la disciplina dei requisiti e delle modalità per l'esercizio di tale attività ed istituisce anche gli elenchi provinciali delle imprese professionali esercenti tale attività.

Si è già richiamata la giurisprudenza di questa Corte in materia di «professioni» la quale ha affermato che la potestà legislativa concorrente delle Regioni deve rispettare il principio secondo cui l'individuazione delle figure professionali, con i relativi profili e titoli abilitanti, è riservata allo Stato, per il suo carattere di principio necessariamente unitario (ex plurimis, sentenze n. 108 del 2012, n. 230 del 2011 e n. 300 del 2010).

Tra gli indici sintomatici della istituzione di una nuova professione è stato ritenuto esservi quello della previsione di appositi elenchi, disciplinati dalla Regione, connessi allo svolgimento della attività che la legge regolamenta, giacché «l'istituzione di un registro professionale e la previsione delle condizioni per la iscrizione in esso hanno, già di per sé, una funzione individuatrice della professione, preclusa alla competenza regionale (sentenze n. 93 del 2008, n. 300 e n. 57 del 2007 e n. 355 del 2005), prescindendosi dalla circostanza che tale iscrizione si caratterizzi o meno per essere necessaria ai fini dello svolgimento della attività cui l'elenco fa riferimento (sentenza n. 300 del 2007)» (sentenza n. 98 del 2013).

Pertanto, l'art. 68 della legge reg. n. 13 del 2013 deve essere dichiarato costituzionalmente illegittimo, per violazione dell'art. 117, terzo comma, Cost. restando assorbito l'ulteriore profilo, evocato dal ricorrente in riferimento all'art. 117, secondo comma, lettera e), Cost.

5.- L'ultima norma sottoposta a scrutinio è l'art. 73, comma 4, della legge reg. n. 13 del 2013 nella parte in cui dispone che: «Le guide turistiche che hanno conseguito l'abilitazione all'esercizio della professione presso altre Regioni e che intendono svolgere la propria attività nella Regione Umbria, sono soggette all'accertamento, da parte della Provincia, limitatamente alla conoscenza del territorio, con le modalità stabilite dalla Giunta regionale ai sensi del comma 1 dell'articolo 72».

Secondo il ricorrente la norma impugnata violerebbe l'art. 117, primo comma, Cost., in quanto porrebbe un ostacolo ingiustificato all'accesso ed all'esercizio della professione di guida turistica, determinando un'indebita restrizione ai principi di libera circolazione delle persone e dei servizi, in contrasto con i principi comunitari espressi in materia dal Titolo IV, Parte terza, del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea.

Risulterebbe violato anche l'art. 117, secondo comma, lettera e), Cost., in quanto la norma impugnata contrasterebbe con la piena liberalizzazione della materia introdotta dall'art. 3 della legge 6 agosto 2013, n. 97 (Disposizioni per l'adempimento degli obblighi derivanti dall'appartenenza dell'Italia all'Unione europea - Legge europea 2013), che prevede la validità dell'abilitazione all'esercizio dell'attività di guida turistica su tutto il territorio nazionale e demanda ad un decreto del Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo, sentita la Conferenza unificata, l'individuazione dei siti di particolare interesse storico, artistico o archeologico per i quali occorre una specifica abilitazione.

La questione è fondata con riferimento al parametro di cui all'art. 117, secondo comma, lettera e), Cost.

L'art. 3 della legge n. 97 del 2013 - rubricato «Disposizioni relative alla libera prestazione e all'esercizio stabile dell'attività di guida turistica da parte di cittadini dell'Unione europea. Caso EU Pilot 4277/12/MARK» - prevede che «1. L'abilitazione alla professione di guida turistica è valida su tutto il territorio nazionale. Ai fini dell'esercizio stabile in Italia dell'attività di guida turistica, il riconoscimento ai sensi del decreto legislativo 9 novembre 2007, n. 206, della qualifica professionale conseguita da un cittadino dell'Unione europea in un altro Stato membro ha efficacia su tutto il territorio nazionale. 2. Fermo restando quanto previsto dal decreto legislativo 9 novembre 2007, n. 206, i cittadini dell'Unione europea abilitati allo svolgimento dell'attività di guida turistica nell'ambito dell'ordinamento giuridico di un altro Stato membro operano in regime di libera prestazione dei servizi senza necessità di alcuna autorizzazione né abilitazione, sia essa generale o specifica. [...]».

Questa Corte, in più occasioni, ha ricondotto le misure legislative di liberalizzazione di attività economiche alla materia «tutela della concorrenza» che l'art. 117, secondo comma, lettera e), Cost. riserva alla competenza legislativa esclusiva dello Stato. In particolare si è detto che: «la liberalizzazione, intesa come razionalizzazione della regolazione, costituisce uno degli strumenti di promozione della concorrenza capace di produrre effetti virtuosi per il circuito economico. Una politica di "ri-regolazione" tende ad aumentare il livello di concorrenzialità dei mercati e permette ad un maggior numero di operatori economici di competere, valorizzando le proprie risorse e competenze. D'altra parte, l'efficienza e la competitività del sistema economico risentono della qualità della regolazione, la quale condiziona l'agire degli operatori sul mercato: una regolazione delle attività economiche ingiustificatamente intrusiva - cioè non necessaria e sproporzionata rispetto alla tutela di beni costituzionalmente protetti (sentenze n. 247 e n. 152 del 2010, n. 167 del 2009) - genera inutili ostacoli alle dinamiche economiche, a detrimento degli interessi degli operatori economici, dei consumatori e degli stessi lavoratori e, dunque, in definitiva reca danno alla stessa utilità sociale. L'eliminazione degli inutili oneri regolamentari, mantenendo però quelli necessari alla tutela di superiori beni costituzionali, è funzionale alla tutela della concorrenza e rientra a questo titolo nelle competenze del legislatore statale» (sentenza n. 200 del 2012).

Nel caso in esame è evidente il contrasto tra l'art. 3 della legge n. 97 del 2013 secondo cui l'abilitazione alla professione di guida turistica è valida su tutto il territorio nazionale e l'art. 73, comma 4, della legge reg. n. 13 del 2013 che, invece, subordina la possibilità di svolgere la suddetta attività, per le guide turistiche che hanno conseguito l'abilitazione all'esercizio della professione presso altre Regioni e che intendono svolgere la propria attività nella Regione Umbria, all'accertamento, da parte della Provincia, della conoscenza del territorio, con le modalità stabilite dalla Giunta regionale. La norma impugnata, pertanto, introduce una barriera all'ingresso nel mercato, in contrasto con il principio di liberalizzazione introdotto dal legislatore statale.

Per quanto detto, deve essere dichiarata l'illegittimità costituzionale dell'art. 73, comma 4, della legge reg. n. 13 del 2013 per violazione dell'art. 117, secondo comma, lettera e), Cost. con assorbimento dell'altro profilo di censura.

P.Q.M.
LA CORTE COSTITUZIONALE

1) dichiara l'illegittimità costituzionale dell'art. 62, comma 1, della legge della Regione Umbria 12 luglio 2013, n. 13 (Testo unico in materia di turismo);

2) dichiara l'illegittimità costituzionale dell'art. 63, comma 2, della legge della Regione Umbria n. 13 del 2013;

3) dichiara l'illegittimità costituzionale dell'art. 68 della legge della Regione Umbria n. 13 del 2013;

4) dichiara l'illegittimità costituzionale dell'art. 73, comma 4, della legge della Regione Umbria n. 13 del 2013;

5) dichiara non fondata la questione di legittimità costituzionale dell'art. 63, comma 1, lettera b), della legge della Regione Umbria n. 13 del 2013, promossa, in riferimento all'art. 117, terzo comma, della Costituzione, dal Presidente del Consiglio dei ministri con il ricorso indicato in epigrafe.

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