Translate

mercoledì 19 ottobre 2022

DL 81/08 Le strutture delle Forze armate e di Polizia: il regime di valutazione dei rischi

 

DL 81/08   Le strutture delle Forze armate e di Polizia: il regime di valutazione dei rischi

1 Introduzione
A tutt'oggi, nonostante il termine di adozione, a distanza di oltre quattordici anni, sia abbondantemente scaduto (1), uno dei Ministeri interessati al governo delle Forze armate e di Polizia (2) non è ancora intervenuto ad emanare il prescritto Regolamento volto all'individuazione delle "particolari esigenze connesse al servizio espletato": si tratta del Ministero dei trasporti e della navigazione. Gli altri Dicasteri (Ministero della difesa, Ministero dell'interno, Ministero delle finanze, Ministero delle politiche agricole e forestali) hanno già assunto, per il settore, i Corpi e le strutture di rispettiva competenza, le loro determinazioni (3).
Prima dell'avvento del D.Lgs. 19 settembre 1994, n. 626, la giurisprudenza aveva comunque da tempo, sia pure a fatica, affermato ad esempio, con riguardo alle Forze armate, come "la normativa in materia di prevenzione degli infortuni sul lavoro deve considerarsi applicabile all'ambiente militare ed alle attività svolte dai militari di leva all'interno dei relativi presidi, nonostante non si tratti di attività dirette alla produzione di beni e servizi e nonostante non si abbia in tali casi rapporto di lavoro subordinato in senso tecnico". ( Pret. Pordenone, 19 gennaio 1994, in Cass. Pen. 1994, Giuffrè Ed., p. 2244. Nello stesso senso dell'applicabilità, nell'ambito di strutture militari, della normativa di prevenzione, si è espressa Cass. pen. sez. IV, 29 gennaio 1990, Milano e, più recentemente, Cass. pen., sez. IV, 11 agosto 2000, Ribetto; Cass. pen. sez. IV, 9 marzo 2001, Santagati e altro).
-----------------------

(1) Il termine per l'adozione dei decreti ministeriali di cui all' art. 1, comma 2, D.Lgs. 19 settembre 1994, n. 626 era originariamente fissato, ai sensi dell' art. 30, comma 2, D.Lgs. 19 marzo 1996, n. 242, alla data del 6 novembre 1996. Nell'imminenza dell'entrata in vigore del D.Lgs. 19 settembre 1994, n. 626, il Governo era peraltro intervenuto con un provvedimento urgente (D.L. 31 dicembre 1996, n. 670, in G.U. 31 dicembre 1996, n. 305: cd. decreto "milleproroghe"), ad elevare da "sei mesi" a "diciotto mesi" il termine di emanazione di tali decreti ministeriali (art. 7, comma 1). Ma questo "slittamento" di un anno per una parte delle Amministrazioni pubbliche (ampiamente criticato per l'irragionevole trattamento di favore nel settore pubblico, il quale da sempre è in cronico ritardo - anche culturale - rispetto ai privati sul versante della sicurezza e dell'igiene del lavoro) è stato di più breve durata, dal momento che il decreto- legge, causa la mancata conversione, è
decaduto in data 18 marzo 1997.

(2) Ricordiamo che, in base alla tassativa elencazione dell' art. 16, L. 1 aprile 1981, n. 121 (intitolata "Nuovo ordinamento dell'Amministrazione della pubblica sicurezza"), rientrano nel concetto di "Forze Armate" i Corpi (Esercito, Marina, Aeronautica) adibiti alla difesa del territorio nazionale dall'esterno, e nel concetto di "Forze di Polizia" i Corpi aventi il compito di assicurare nei vari campi l'ordine pubblico all'interno dello Stato (Polizia di Stato, Arma dei Carabinieri, Corpo della Guardia di Finanza, Corpo degli Agenti di custodia, Corpo Forestale dello Stato). Restano esclusi i vigili del fuoco e i vigili urbani, salvo - tra questi ultimi - quelli contemplati dall' art. 5, L. 7 marzo 1986, n. 65, ("legge-quadro sull'ordinamento della polizia municipale") per i quali è sancita la possibilità di conferimento, con decreto prefettizio, della qualità di agenti di pubblica sicurezza, sempre che questa qualità assuma carattere di continuità. (Così C. Conti sez.
contr., 2 marzo 1992, n. 15; contra, nel senso che "non compete ai vigili urbani che rivestono la qualifica di agenti di pubblica sicurezza l'indennità pensionabile prevista dall' art. 43, comma 3, L. 18 aprile 1981, n. 121 a favore del personale che espleta funzioni di polizia", T.A.R. Piemonte, sez. II, 13 novembre 1987, n. 540; Cons. Stato, sez. IV, 11 dicembre 1984, n. 909).

(3) Si tratta, nell'ordine, del D.M. 13 agosto 1998, n. 325 (Finanze) (Regolamento recante norme per l'applicazione al Corpo della guardia di finanza delle disposizioni in materia di sicurezza e salute dei lavoratori nel luogo di lavoro), in G.U. 10 settembre 1998, n. 211; del D.M. 14 giugno 1999, n. 450 (Interni), (Regolamento recante norme per l'individuazione delle particolari esigenze connesse al servizio espletato nelle strutture della Polizia di Stato, del Corpo nazionale dei vigili del fuoco e degli uffici centrali e periferici dell'Amministrazione della pubblica sicurezza, comprese le sedi delle autorità aventi competenze in materia di ordine e sicurezza pubblica, di protezione civile e di incolumità pubblica, delle quali occorre tener conto nell'applicazione delle disposizioni concernenti il miglioramento della sicurezza e salute dei lavoratori nei luoghi di lavoro), in G.U. 2 dicembre 1999, n. 283; del D.M. 14 giugno 2000, n. 284 (Difesa), (Regolamento di attuazione dei
D.Lgs. 15 agosto 1991, n. 277, D.Lgs. 19 settembre 1994, n. 626 e D.Lgs. 19 marzo 1996, n. 242 in materia di sicurezza dei lavoratori sui luoghi di lavoro nell'ambito del Ministero della difesa), in G.U. 13 ottobre 2000, n. 240; del D.M. 6 febbraio 2001, n. 110 (Politiche agricole e forestali), (Regolamento recante norme per l'applicazione al Corpo forestale dello Stato delle disposizioni in materia di sicurezza e salute dei lavoratori nel luogo di lavoro), in G.U. 11 aprile 2001, n. 85.
Quanto al Ministero dei trasporti e della navigazione, deve tuttavia essere precisato che l' art. 2, comma 3, D.M. 14 giugno 2000, n. 284 (Difesa) (sul presupposto che l'art. 16, lett. f), L. 2 luglio 1926, n. 1176 include il Corpo delle Capitanerie di porto tra i Corpi militari della Marina militare) stabilisce che "le norme del presente regolamento si applicano anche alle attività lavorative svolte dal personale del Corpo delle capitanerie di porto nelle aree di pertinenza, fermi restando a carico del Ministero dei trasporti e della navigazione gli oneri finanziari derivanti dall'applicazione della normativa vigente, in particolare delle norme del D.Lgs. 15 agosto 1991, n. 277 e del D.Lgs. 19 settembre 1994, n. 626 e dalla L. 6 agosto 1991, n. 255 ". Per altro verso il settore portuale e marittimo è regolato dal D.Lgs. 27 luglio 1999, n. 271, recante "Adeguamento della normativa sulla sicurezza e salute dei lavoratori marittimi a bordo delle navi mercantili da pesca nazionali", e
dal D.Lgs. 27 luglio 1999, n. 272, recante "Adeguamento della normativa sulla sicurezza e salute dei lavoratori nell'espletamento di operazioni e servizi portuali, nonché di operazioni di manutenzione, riparazione e trasformazione delle navi in ambito portuale", emanati entrambi a norma della L. 31 dicembre 1998, n. 485. In proposito va segnalato che, secondo quanto dispone l'art. 3, commi 2 e 3, D.Lgs. 9 aprile 2008, n. 81, (nel testo emendato prima dall'art. 32, comma 2-ter del D.L. 30 dicembre 2008, n. 207, conv. con modif. dalla L. 27 febbraio 2009, n. 14 e successivamente dall’art. 6, comma 9-ter, D.L. 30 dicembre 2009, n. 194, conv. con modif. dalla L. 26 febbraio 2010, n. 25), entro il 15 maggio 2010 è prevista l'emanazione di specifici Decreti Interministeriali per "dettare le disposizioni necessarie a consentire il coordinamento con la disciplina recata dal presente decreto della normativa relativa alle attività lavorative a bordo delle navi, di cui al D.Lgs. 27 luglio
1999, n. 271, in ambito portuale, di cui al D.Lgs. 27 luglio 1999, n. 272, e per il settore delle navi da pesca, di cui al D.Lgs. 17 agosto 1999, n. 298". Decorso inutilmente tale termine del 15 maggio 2011, è previsto che trovino incondizionata applicazione le disposizioni del Testo Unico anche a questi settori particolari (il che appare francamente eccessivo, oltre a costituire un totale arretramento con riguardo all' Attuazione della Dir. 23 novembre 1993, n. 93/103/CE relativa alle prescrizioni minime di sicurezza e di salute per il lavoro a bordo delle navi da pesca).

2 Valutazione del rischio
In che modo dunque assolvere alle imposizioni normative, prima fra tutte quella legata alla valutazione del rischio (all'esito della quale si deve elaborare e redigere il documento di valutazione: piano di sicurezza e piano di emergenza) senza sacrificare quelle che sono (e che devono essere anche individuate) le effettive particolari esigenze connesse al servizio espletato o alle peculiarità organizzative, delle quali il datore di lavoro deve imprescindibilmente tenere conto? (4)
Prima di passare all'esame dei singoli provvedimenti, ci pare utile sottolineare alcuni aspetti ed evidenziare i criteri più significativi sui quali far ruotare il complesso degli adempimenti e degli obblighi di sicurezza e di salute, stabiliti dal D.Lgs. 9 aprile 2008, n. 81, negli specifici settori dei quali qui si tratta. Così, ad esempio, le aree della consultazione e della partecipazione, dell'accesso ai luoghi di lavoro, della collaborazione, dell'informazione e della formazione professionale dei lavoratori subordinati (art. 36, art. 37 e art. 50 del decreto legislativo), non possono essere valutate senza tener conto della particolare struttura del rapporto di lavoro, e del particolare concetto di gerarchia e di supremazia funzionale - non necessariamente di ambito e valenza solo militare - che permea le Forze armate e le Forze di Polizia. Sotto questo aspetto anche l'obbligo, imposto ai lavoratori (sia pure non più sotto la comminatoria della sanzione penale già prevista
dagli art. 39 e art. 44 , D.Lgs. 19 settembre 1994, n. 626), di sottoporsi ai programmi di formazione e di addestramento all'uso, in tema di attrezzature di lavoro e di dispositivi di protezione individuale (DPI), organizzati dal datore di lavoro, assume una connotazione peculiare in rapporto alla fisiologia e al modo di atteggiarsi dell'addestramento militare, così come con riferimento all'uso delle armi e degli altri strumenti di difesa (5).
Appare pertanto di particolare aderenza al tema la modifica all'art. 28, comma 1, D.Lgs. 9 aprile 2008, n. 81 (operata dal D.Lgs. 3 agosto 2009, n. 106), la quale impone ora che la valutazione dei rischi deve riguardare anche quelli "connessi alla specifica tipologia contrattuale attraverso cui viene resa la prestazione di lavoro".
-----------------------

(4) Si richiamano qui le Circolari emanate dalle varie Amministrazioni (30 luglio 1996, n. 268000 per la G.d.F.; 13 marzo 1997, n. 112/C/97 per il C.F.S.; 5 novembre 1996, n. 8653922/A.G. del Comando Generale delle Capitanerie di porto e Circ. SMM 1062/UEU dello Stato Maggiore della Marina). Si segnalano altresì le norme - più che altro di principio, ma riferite specificamente al D.Lgs. 19 settembre 1994, n. 626 (da intendersi ora riferite al D.Lgs. 9 aprile 2008, n. 81) - di cui agli art. 18 e art. 51 (rubricati: "Prevenzione infortuni, igiene e sicurezza del lavoro"), D.P.R. 31 luglio 1995, n. 395, concernenti l'approvazione degli accordi sindacali e di concertazione sul personale delle Forze di polizia ad ordinamento civile e di quelle ad ordinamento militare.

(5) Stabilisce al riguardo il comma 3 dell' art. 51, D.P.R. 31 luglio 1995, n. 395 citato alla nota che precede, con riguardo alle Forze di Polizia ad ordinamento militare (Arma dei Carabinieri e Corpo della Guardia di Finanza) che "l'Amministrazione favorisce l'informazione del personale in merito agli interventi di primo soccorso, con particolare priorità per quello addetto a mansioni rischiose".

3 Obblighi del datore di lavoro
Altro aspetto di peculiare rilievo è quello che attiene all'obbligo, per il datore di lavoro (nonché per i dirigenti e i preposti), di esigere, da parte dei singoli lavoratori, l'osservanza delle norme di legge e delle procedure interne in tema di sicurezza, nonché l'uso dei mezzi di protezione e dei dispositivi di protezione individuale messi a loro disposizione; non dimenticando che, diversamente dalle oscillazioni della normativa di sicurezza e di igiene precedente (6), il D.Lgs. 19 settembre 1994, n. 626 - quale normativa di carattere generale -
aveva chiaramente stabilito come l'inosservanza di tale obbligo fosse autonomamente presidiata dalla sanzione penale (art. 4, comma 5, lett. f) e art. 89, comma 2, lett. b) del decreto). Tale scelta, inizialmente non confermata nel Testo Unico della sicurezza sul lavoro (D.Lgs. 9 aprile 2008, n. 81), ove la violazione dell'art. 18, comma 1, lett. f) si riduceva ad una norma di principio sul piano contravvenzionale, in quanto sfornita di sanzione per il caso di inosservanza, è stata ora condivisa dal legislatore, nel quadro degli interventi integrativi operati con il D.Lgs. 3 agosto 2009, n. 106 (art. 55, comma 5, lett. c): arresto da due a quattro mesi o ammenda da 1.200 a 5.200 Euro).
Significativo, sul tema specifico, il caso di un infortunio occorso ad un militare - già dichiarato inidoneo alla conduzione di automezzi - il quale si pose alla guida di un autocarro, in violazione all'ordine interdittivo impartito dai suoi diretti superiori. Il giudice di primo grado non aveva ritenuto sufficiente ad esonerare da responsabilità penali coloro che sovrintendevano ai lavori l'avere impartito un ordine non seguito da specifica e costante vigilanza circa la sua osservanza; la Corte di cassazione (sez. IV, 29 gennaio 1990, Milano) ha invece espresso il principio secondo cui "in tema di prevenzione infortuni sul lavoro, anche nell'ambito di strutture militari vige l'obbligo ... gravante sui dirigenti e sui preposti di disporre l'osservanza di misure di sicurezza e di esigerne con la costante sorveglianza, l'osservanza da parte dei subordinati addetti ai lavori; tuttavia, quando addetti (ai lavori) siano militari, soggetti al particolare vincolo scaturente dalla relativa
disciplina, deve ritenersi sufficiente, ai fini esonerativi della penale responsabilità dei dirigenti e preposti, l'avere impartito ordini adeguati all'osservanza delle prefate misure, dovendosi ritenere legittima l'aspettativa, da parte dei superiori gerarchici, del rispetto dell'ordine, la cui inosservanza è particolarmente sanzionata in relazione ai vincoli propri alla disciplina militare".
Sotto altro profilo anche i concetti di ergonomia degli ambienti e dei posti (postazioni) di lavoro (7), così come quello di salubrità e di idonee condizioni microclimatiche (8) non possono non risentire del condizionamento derivante dalle "effettive particolari esigenze connesse al servizio espletato o alle peculiarità".
Quanto al servizio di traduzione dei detenuti e degli internati, gradualmente ceduto, ai sensi della L. 15 dicembre 1990, n. 395, dall'Arma dei Carabinieri e dalla Polizia di Stato al Corpo di Polizia penitenziaria (9), pure per esso si pone il problema di conciliare l'applicazione delle disposizioni del D.Lgs. 9 aprile 2008, n. 81 con le "effettive particolari esigenze connesse al servizio espletato o alle peculiarità organizzative". Lo stesso dicasi per i piantonamenti e le relative traduzioni degli arrestati nei procedimenti per direttissima ai sensi dell' art. 558 c.p.p. (salvo che il Pubblico ministero abbia ordinato che l'arrestato in flagranza sia posto a sua disposizione ai sensi del comma 4 del medesimo art. 558 c.p.p.), i quali esulano dalla competenza del Corpo di Polizia penitenziaria è sono effettuati dalle Forze di Polizia che hanno operato l'arresto. Del pari è escluso il trasferimento al Corpo di Polizia penitenziaria del servizio di traduzione e piantonamento dei
detenuti militari e dei soggetti comunque ristretti in Istituti di pena militari.
Vi è da dire poi che in nessun caso l'adempimento di obblighi derivanti dal D.Lgs. 9 aprile 2008, n. 81 e, più in generale, dalla restante normativa di prevenzione può porsi in conflitto con l'adempimento di doveri derivanti dallo status della categoria di appartenenza, così come definiti dalla legge (codice penale, codice penale militare, leggi regolatrici del Corpo di appartenenza e altre leggi speciali, ecc.), perlomeno in tutti quei casi in cui sia in gioco la tutela di beni di rango pari o prevalente (ad es. il bene della vita, o quello della sicurezza pubblica o dell'ordine pubblico) rispetto alla più limitata integrità psico-fisica del lavoratore.
Altra ipotesi di "applicazione compatibile" della normativa di prevenzione, del pari prevista dall' art. 3, comma 2, D.Lgs. 9 aprile 2008, n. 81, è poi quella riferita allo svolgimento dei servizi di protezione civile, quali ad es. quelli svolti dalle Forze armate nonché dal Corpo Forestale dello Stato. Altra ipotesi di specifica esenzione dall'applicazione della normativa di prevenzione, parimenti giustificabile con riferimento allo svolgimento di servizi di protezione civile è quella prevista dall' art. 100, comma 6, D.Lgs. 9 aprile 2008, n. 81, il quale, per il caso di effettuazione di lavori edili o di genio civile "... la cui esecuzione immediata è necessaria per prevenire incidenti imminenti o per organizzare urgenti misure di salvataggio, o per garantire la continuità in condizioni di emergenza nell'erogazione di servizi essenziali per la popolazione quali corrente elettrica, acqua, gas, reti di comunicazione", esonera dalla redazione del piano di sicurezza e di
coordinamento anche in quei casi in cui, in relazione alle dimensioni o alla durata del cantiere, essa sarebbe obbligatoria. (10)
-----------------------

(6) Nel D.P.R. 27 aprile 1955, n. 547, che è stata, fino all'avvento del Testo Unico della sicurezza sul lavoro, una delle normative di settore più importante nella materia di prevenzione degli infortuni, la violazione dell' art. 4, lett. c) ("disporre ed esigere che i singoli lavoratori osservino le norme di sicurezza ed usino i mezzi di protezione messi a loro disposizione") non era esplicitamente sanzionata al successivo art. 389: cosicché - ci si domandava - quid iuris nel caso in cui un dispositivo di sicurezza fosse esistente sul luogo di lavoro, ma non fosse concretamente utilizzato dai lavoratori? La giurisprudenza era divisa tra la tesi della non sanzionabilità a titolo autonomo dell' art. 4, lett. c) (così Cass. pen., sez. VI, 15 gennaio 1975, Menardo) e quella opposta, per la quale la disposizione doveva farsi rientrare tra le "altre norme" sanzionate dall' art. 389, lett. c) del D.P.R. (in questo senso Cass. pen., sez. VI, 4 giugno 1974, Pelloni). Tale secondo
orientamento proponeva la distinzione - per vero condivisibile - tra inesistenza e mancato impiego di una misura di sicurezza; concludendo per l'applicazione dell' art. 4, lett. c) solo nel secondo caso, che è anche quello dell'esempio proposto. Tale prospettiva era stata peraltro codificata nel D.P.R. 19 marzo 1956, n. 303 (altra normativa ora abrogata dal Testo unico), ove la violazione dell' art. 4, lett. d) trovava autonoma sanzione all' art. 58, lett. c). Il D.Lgs. 15 agosto 1991, n. 277 e il D.Lgs. 25 gennaio 1992, n. 77 (del pari abrogati dal Testo unico) avevano anch'essi, confermato la tesi dell'autonoma sanzionabilità dell'omessa "pretesa d'uso", poi sancita inequivocabilmente dal D.Lgs. 19 settembre 1994, n. 626 (art. 4, comma 5, lett. f). In giurisprudenza, si vedano le pronunce di Cass. pen. sez. IV, 12 aprile 2001, Strazzacappa, e di Cass. pen., sez. IV, 20 marzo 2002, Motola.

(7) Il concetto di "ergonomia" è contenuto nella Dir. 12 giugno 1989, n. 89/391/CEE, art. 6, paragrafo 2, ed è definito quale principio generale di prevenzione, con la finalità di adeguare il lavoro all'uomo. L'ergonomia di ambito lavorativo si sostanzia in tre momenti fondamentali: la concezione dei posti di lavoro, la scelta delle attrezzature, e la definizione dei metodi di lavoro e produzione.

(8) Con riguardo al concetto di "salubrità", vengono in rilievo lo spazio dei locali di lavoro, la loro ventilazione (ariosità, aerazione, ricambio d'aria), pulizia, illuminazione (naturale e artificiale) e temperatura (riscaldamento, condizionamento e umidità, irraggiamento). La composizione sintetica dei parametri di ventilazione, illuminazione e temperatura introduce poi il concetto di "microclima", il quale dovrebbe porsi quale loro equilibrata risultante.

(9) Oltre i casi in cui il trasferimento del servizio è espressamente escluso, l' art. 2, comma 7, D.M. 11 aprile 1997 (G.U. 19 aprile 1997, n. 91) dispone che "... il servizio di traduzione dei detenuti e degli internati a mezzo ferrovia, nonché delle traduzioni dei soggetti "dissociati" e "collaboratori di giustizia" ristretti negli istituti penitenziari o che comunque si trovino in condizione di restrizione della libertà personale, ove non sottoposti alle misure urgenti disposte dal Capo della polizia o allo speciale programma di protezione adottati ai sensi della L. 15 marzo 1991, n. 82, è ceduto al Corpo di polizia penitenziaria dopo che questo avrà assunto, nelle regioni indicate nell'art. 1, il servizio delle traduzioni da effettuarsi su strada, con il mezzo aereo e con quello navale. Per i collaboratori di giustizia sottoposti alle misure ordinarie di protezione che si trovino in condizione di restrizione della libertà personale al di fuori degli istituti penitenziari,
l'autorità giudiziaria competente, ove ritenuto necessario, disporrà la traduzione a mezzo dell'organo di Polizia dalla stessa individuato".

(10) Si veda, sul tema, il Decreto del Presidente del Consiglio dei ministri -D.P.C.M. 23 gennaio 2009 (G.U. n. 104 del 7 maggio 2009), con il quale si è provveduto a disciplinare l'applicazione del D.Lgs. n. 81/2008 "alla complessiva azione di gestione dell'emergenza rifiuti nella regione Campania". Per un commento al D.P.C.M., P. Soprani, Emergenza rifiuti e tutela delle condizioni di lavoro: il "caso Campania", in ISL, IPSOA Ed., n. 7/2009, p. 373.

4 Aspetti operativi degli adempimenti di sicurezza
Esaminiamo ora nel dettaglio alcuni aspetti operativi degli adempimenti di sicurezza e di salute nell'ambito delle Forze armate e delle Forze di polizia.
Il primo aspetto da considerare è quello relativo all'individuazione della figura del datore di lavoro nell'ambito degli uffici centrali e periferici delle varie Amministrazioni. La situazione attuale al riguardo è la seguente:
- Ministero della difesa: l'individuazione della figura del datore di lavoro è avvenuta con il D.M. 1 febbraio 1997 (diffuso con Circ.18 marzo 1997, n. 52/801/51M del Comando del Corpo di sanità dell'Esercito), il quale ha ritenuto di indicare, in linea generale, l'Amministrazione Difesa, e, nel suo ambito, i responsabili ai vari livelli delle attività produttive (Dirigenti centrali, territoriali e periferici, Comandanti e direttori di Ente), conformemente alla distribuzione della responsabilità produttiva, secondo i differenti livelli di competenze ed attribuzioni. In tal senso la responsabilità gestionale è stata ripartita, nella sostanza, tra il Dirigente centrale/territoriale da un lato, e il Dirigente periferico dall'altro: il primo con "compiti di gestione finanziaria delle risorse e con responsabilità in ordine alla organizzazione e gestione delle misure di prevenzione e riduzione dei rischi"; il secondo "deputato all'impiego del personale dipendente e delle risorse
assegnate con responsabilità in ordine alla esatta applicazione delle misure per la tutela della salute e per la sicurezza dei lavoratori e della valutazione dei rischi nell'ambito delle strutture militari".
- Ministero dell'interno: l'atto di individuazione del datore di lavoro nell'ambito degli uffici centrali e periferici dell'Amministrazione è intervenuto con il D.M. 29 ottobre 1996, il quale ha individuato, quali datori di lavoro degli uffici periferici della Polizia di Stato, il Questore, i dirigenti di compartimento della Polizia stradale, postale, ferroviaria, i dirigenti di zona di Polizia di frontiera, nonché i dirigenti di altri istituti e reparti speciali (istruzione, volo, ecc.) e di quelli di ogni altro ufficio o reparto avente autonomia funzionale.
- Ministero delle finanze: l'individuazione del datore di lavoro nell'ambito degli uffici centrali e periferici della Guardia di finanza è avvenuta con Det. 4 dicembre 1997, n. 432000 del Comandante generale del Corpo (sostitutiva degli analoghi abrogati provvedimenti 28 giugno 1996, n. 234745 e 20 settembre 1996, n. 334494) (11). A livello centrale tale figura è stata individuata nel Comandante di Corpo, mentre a livello periferico il riferimento è al Comandante alla sede, come definito dall'art. 18, D.M. 30 novembre 1991 (Nuovo regolamento di servizio interno della Guardia di finanza) ovvero, in sede diversa dal Comando sovraordinato, dal Comandante di scuola o battaglione allievi;
- Ministero dei trasporti e della navigazione: il Comando generale del Corpo delle Capitanerie di porto (12) ha individuato il datore di lavoro a livello centrale nel Capo del Compartimento marittimo, nel Comandante della Base aeromobili (laddove costituita) e nel Comandante di ogni Nucleo aereo, e ciò anche per gli uffici dipendenti, come ad es. le Capitanerie di porto ed i Reparti di volo, e quelli minori (Circondari marittimi);
- Ministero per le politiche agricole e forestali: il D.M. 26 luglio 1996 ha individuato la figura del datore di lavoro in una serie di soggetti, variamente articolata, in ragione delle molteplici aree di competenza funzionale del Corpo forestale dello Stato (13). L'indicazione di maggior rilievo, tenuto conto che il C.F.S. è presente in tutte le Regioni a statuto ordinario (le Regioni e Province a statuto speciale possiedono un Corpo forestale autonomo), ed è strutturato in Coordinamenti regionali presenti in tutti i capoluoghi di Regione, dai quali dipendono i Coordinamenti provinciali presenti nei capoluoghi di Provincia, ed ulteriormente da questi, quali uffici minori, le articolazioni di oltre 1.200 uffici periferici (Comandi stazione), dislocati su tutto il territorio nazionale, è quella che fa riferimento all'"Ufficiale del C.F.S. Coordinatore regionale, provinciale, territoriale per l'ambiente e distrettuale competente per il rispettivo territorio con riferimento anche ai
Comandi Distaccamento e stazione C.F.S. dipendenti, ivi compresi quelli operanti nelle aree doganali per il servizio CITES".
A scorrere i criteri utilizzati per l'individuazione del datore di lavoro, la notazione critica è che molte Amministrazioni hanno male interpretato il concetto di datore di lavoro nel settore pubblico, quale definito prima dall' art. 2, comma 1, lett. b), secondo periodo, D.Lgs. 19 settembre 1994, n. 626, e ora dall'art. 2, comma 1, lett. b), D.Lgs. 9 aprile 2008, n. 81. Infatti, diversamente dal datore di lavoro operante nel settore privato, il datore di lavoro pubblico è caratterizzato nel decreto per la titolarità non tanto di poteri decisionali e di spesa, quanto per la titolarità di un potere di gestione del settore o dell'ufficio cui è preposto. Se così è, non si vede perché la figura del datore di lavoro in sede periferica non potesse essere individuata, secondo la rispettiva competenza strutturale e di governo territoriale - tanto per fare qualche esempio - anche nel Comandante di gruppo della Guardia di finanza, oltre che nel superiore Comandante di zona e di
legione; ovvero nel Comandante degli Uffici circondariali marittimi (oltre che nel Capo del Compartimento marittimo).
Più condivisibile - anche se non in linea con il rigido assetto dei profili funzionali che, sotto il profilo della ripartizione delle attribuzioni e delle competenze soggettive, caratterizza il diritto penale del lavoro - l'opzione organizzativa proposta dal Ministero della difesa. Nell'impossibilità di conciliare completamente, all'epoca, le modalità applicative ordinarie del D.Lgs. 19 settembre 1994, n. 626 (ora da riferirsi al D.Lgs. 9 aprile 2008, n. 81) con le particolari esigenze connesse al servizio espletato dalle Forze armate (14), si è ritenuta soluzione ottimale - proprio in applicazione della clausola di compatibilità espressa nell' art. 1, comma 2 del decreto legislativo - quella di articolare la figura del datore di lavoro secondo due differenti livelli (centrale e periferico): riconoscendo a livello centrale il più alto livello di "organizzazione del lavoro" e di "assegnazione delle risorse" (anche di quelle destinate al soddisfacimento degli obiettivi di
sicurezza e di salute del personale dipendente), e a livello periferico compiti organizzativamente più limitati, e prevalentemente deputati all'"impiego" sia del personale, sia delle risorse assegnate (15).
Vediamo ora di passare sinteticamente in rassegna alcuni dei decreti emanati ai sensi dell' art. 1, comma 2, D.Lgs. 19 settembre 1994, n. 626.
Il D.M. 14 giugno 1999, n. 450 (Interno) si pone quale linea guida sia per la fondamentale attività di valutazione del rischio e di elaborazione (e redazione) del piano di sicurezza e del piano di emergenza da parte del datore di lavoro delle strutture della Polizia di Stato, del Corpo nazionale dei vigili del fuoco e degli uffici centrali e periferici dell'Amministrazione della pubblica sicurezza (nonché delle autorità aventi competenze in materia di ordine e sicurezza pubblica, di protezione civile e di incolumità pubblica, e degli altri organi, anche privati, aventi compiti diretti o ausiliari in materia di sicurezza pubblica), sia per l'adempimento, più in generale, degli altri obblighi di sicurezza e di salute introdotti dal D.Lgs. 19 settembre 1994, n. 626 (ora confluiti nel D.Lgs. 9 aprile 2008, n. 81).
Nel dettaglio, il D.M. 14 giugno 1999, n. 450 detta specifiche indicazioni con riguardo agli edifici, alle strutture, ai mezzi (art. 1), assegnando preminenza alle caratteristiche strutturali degli immobili con funzionalità operativa, compresi gli edifici adibiti a sedi dei Corpi che svolgono funzioni in materia di ordine e sicurezza pubblica, protezione civile e incolumità pubblica. Tale preminenza deve essere valutata - e rispettata - in base a criteri predeterminati ed inderogabili, che sono (l'elencazione per "genere" deve considerarsi tassativa, ponendosi quale eccezione alla opposta regola generale della preminenza delle esigenze di tutela della sicurezza e della salute dei lavoratori):
- la tutela del personale operante, da intendersi quale incolumità individuale (concetto più ristretto a quello di integrità psico-fisica che è il bene tutelato dalla normativa prevenzionale e di igiene del lavoro), e che deve essere valutata in relazione alle specifiche condizioni di impiego delle risorse umane, la cui prontezza ed efficacia operativa per la tutela dell'ordine e della sicurezza pubblica, della protezione civile e dell'incolumità pubblica vengono considerati obiettivi prioritari (si pensi a strutture mobili da campo, le cui caratteristiche non possono - ovviamente - soddisfare i requisiti strutturali che, in base alle disposizioni del Titolo II, D.Lgs. 9 aprile 2008, n. 81, devono possedere i luoghi di lavoro);
- l'esigenza della difesa cd. "istituzionale" contro il pericolo di attentati, sabotaggi o aggressioni, ovvero di interruzione di servizi essenziali (si pensi al mancato rispetto dei principi ergonomici nella concezione dei posti di lavoro preordinati alla difesa contro il pericolo di attentati portati dall'esterno; o al rispetto delle condizioni microclimatiche nel corso di particolari disagevoli azioni di resistenza a manifestazioni lesive dell'ordine pubblico, come i moti di piazza);
- l'esigenza di prevenire la fuga delle persone sottoposte a provvedimenti restrittivi della libertà personale (ad es. perché arrestate, o fermate, o accompagnate coattivamente in uffici di Polizia a fini di identificazione personale), cui possiamo aggiungere quella di prevenire anche atti auto ed eteroaggressivi, di autolesionismo o di autosoppressione, o condotte rivolte alla introduzione e all'uso di armi o di esplosivi.
La conseguente necessità di adattare a tali specifiche esigenze l'applicazione delle disposizioni del D.Lgs. 19 settembre 1994, n. 626 (ora D.Lgs. 9 aprile 2008, n. 81) si pone, secondo la previsione del Regolamento ministeriale, con riguardo innanzitutto al rispetto di quelle che sono le caratteristiche di idoneità strutturale ed organizzative di tali luoghi, così come dei sistemi di controllo (anche ai fini di selezione dell'accesso del pubblico), e dei sistemi di difesa predisposti per fronteggiare gli eventi negativi sopra indicati.
Anche per ciò che concerne la necessità di apportare interventi strutturali o manutentivi ai luoghi di lavoro delle Forze di Polizia (ed assimilate), al fine di adeguarli alle previsioni della normativa di prevenzione e di salute, vale il regime - comune al settore pubblico - cosiddetto della "valutazione differenziata dei rischi", attualmente previsto dall' art. 18, comma 3, D.Lgs. 9 aprile 2008, n. 81 (16).
In quei casi in cui nell'immobile in uso alle Forze di Polizia coesistono uffici del Ministero dell'interno e di altri soggetti pubblici o privati, l' art. 4 del citato D.M. 29 ottobre 1996 prevede che, ai fini della gestione delle parti comuni, si deve procedere ad intese.
Per quanto riguarda poi la tutela della sicurezza e della salute del personale di Polizia che presta servizio nell'ambito di edifici e infrastrutture gestite da altre Amministrazioni dello Stato (come avviene, ad es., per il personale delle Sezioni di Polizia giudiziaria istituite presso ogni ufficio giudiziario di Procura della Repubblica, e poste alla dipendenza e sotto la direzione dell'Autorità giudiziaria), è evidente che degli obblighi e degli adempimenti di legge si debba fare carico, in linea tendenziale, il datore di lavoro dell'Amministrazione ospitante. In tal senso - pur con le eccezioni costituite dall'area della sorveglianza sanitaria e della tenuta del registro degli infortuni - dispone espressamente l' art. 3 , D.M. 13 agosto 1998, n. 325 già citato, concernente il Corpo della Guardia di finanza .
Relativamente all'area della sorveglianza sanitaria, disciplinata dall' art. 2, va detto che la Circolare del Capo della Polizia 10 giugno 1997, n. 559 riconosce ai sanitari della Polizia di Stato, oltre la competenza esclusiva in tema di vigilanza sui luoghi di lavoro, anche quella relativa alla sorveglianza sanitaria sul personale dipendente (escluso il personale non appartenente alla Polizia di Stato). Peraltro va detto che essi in tanto potevano svolgere la suddetta attività di sorveglianza sanitaria (e più in generale tutti gli altri compiti attribuiti al medico competente) in quanto fossero in possesso dei requisiti professionali specifici richiesti per tale figura, dovendo in caso contrario i singoli uffici predisporre specifiche convenzioni con l'esterno.
Il D.M. 14 giugno 1999, n. 450 contiene opportunamente l'indicazione esplicita sul punto che in nessun caso la sorveglianza sanitaria può essere svolta da personale interno che non sia in possesso dei requisiti richiesti in via generale dalla normativa (D.Lgs. 15 agosto 1991, n. 277 e D.Lgs. 19 settembre 1994, n. 626, indicazione ora da riferirsi al D.Lgs. 9 aprile 2008, n. 81), cosa che precedenti Regolamenti emanati ai sensi dell' art. 1 , comma 2, D.Lgs. 19 settembre 1994, n. 626 (ad es. il D.M. 29 agosto 1997, n. 338 per le strutture giudiziarie e penitenziarie) non avevano chiarito.
In tema di vigilanza sui luoghi di lavoro, per l'accertamento di eventuali contravvenzioni alla normativa prevenzionale, va detto che la riserva stabilita originariamente dall' art. 23, comma 4, D.Lgs. 19 settembre 1994, n. 626 (attuale art. 13, comma 3, D.Lgs. 9 aprile 2008, n. 81) circa l'individuazione delle competenze, nonché delle cd. "aree riservate" e delle "aree operative" o con esigenze analoghe , è venuta meno, quanto alle Forze di Polizia, con l'emanazione del decreto del Ministro dell'interno 15 aprile 1997, cui ha fatto seguito la citata Circolare del Capo della Polizia 10 giugno 1997, n. 559 (l'individuazione ha riguardato, tra l'altro, gli edifici classificati come "opere destinate alla difesa militare", i centri radio e di telecomunicazione, gli Uffici di gabinetto e le Prefetture, le sale operative della Protezione civile, le sedi delle Questure, dei commissariati e delle altre strutture della Polizia di Stato; i mezzi e le installazioni fisse o mobili utilizzate
dal personale della Polizia di Stato per compiti operativi e di addestramento; le sedi operative ed addestrative del Corpo nazionale dei vigili del fuoco).
In tema di competenze, la vigilanza sul rispetto della normativa di prevenzione in tali luoghi è stata attribuita, in via esclusiva, e secondo le rispettive competenze, al Corpo nazionale dei vigili del fuoco (17)e al "personale amministrativo, sanitario e tecnico dell'Amministrazione dell'interno appositamente incaricato" (18) (19).
Il D.M. 14 giugno 2000, n. 284 (Difesa), per ragioni di economia provvedimentale dipendenti dall'identica natura delle esigenze da individuare, ha dato al tempo stesso contestuale attuazione sia alla previsione dell' art. 1, comma 2, D.Lgs. 19 settembre 1994, n. 626 (attuale art. 3, comma 2, D.Lgs. 9 aprile 2008, n. 81, sia a quella analoga dell' art. 1, comma 4, D.Lgs. 15 agosto 1991, n. 277 (ora abrogato dall'art. 304, D.Lgs. 9 aprile 2008, n. 81), in materia di protezione dei lavoratori contro i rischi derivanti da esposizione ad agenti chimici, fisici e biologici durante il lavoro.
Dopo aver espresso (art. 1) il principio della generale applicabilità, alle attività e al personale operante nell'ambito e per conto delle Forze armate, della legislazione vigente in materia di prevenzione, protezione, sicurezza, igiene del lavoro e rispetto dell'integrità dell'ambiente, il D.M. introduce (art. 2) un'eccezione secca e lapidaria, che, pur aderente all'indicazione dell' art. 2, paragrafo 2, Dir. 12 giugno 1989, n. 89/391/CEE (20), contrasta invece proprio sia con l' art. 1, comma 2, D.Lgs. 19 settembre 1994, n. 626, che ne è la disposizione di riferimento principale, sia con l'attuale art. 3, comma 2, D.Lgs. 9 aprile 2008, n. 81. Infatti detta norma, nello stabilire che le norme del decreto legislativo si applicano "tenendo conto delle effettive particolari esigenze connesse al servizio espletato o alle peculiarità organizzative", non introduce una riserva di applicabilità, ma, più limitatamente, una riserva di compatibilità: il che equivale a dire che le
"particolari esigenze" non possono in alcun modo fungere da ragione giustificatrice di una generale inapplicabilità della disciplina del D.Lgs. 9 aprile 2008, n. 81 (e prima del D.Lgs. 19 settembre 1994, n. 626); ma, al contrario, rappresentano la variabile specifica che bensì condiziona, ma in quanto la presuppone, l'opposta regola di applicabilità della normativa generale.
A questo riguardo si può dire che il legislatore italiano, nel recepire l'indicazione contenuta nella citata Dir. 12 giugno 1989, n. 89/391/CEE (Direttiva-quadro), e nel trasfonderla, all'epoca, nel testo dell' art. 1, comma 2, D.Lgs. 19 settembre 1994, n. 626, ebbe a ribaltare completamente la prospettiva del legislatore europeo (da "inapplicabilità" a "applicabilità compatibile"), con l'effetto di determinare un innalzamento del livello di tutela rispetto allo standard fissato nella sede comunitaria. Ciò si può dire sia avvenuto conformemente alla previsione dell' art. 118 A, Trattato 25 marzo 1957, in base alla quale le prescrizioni delle Direttive comunitarie, fissando quello che è il livello minimo di tutela, consentono al legislatore di ciascuno Stato membro di innalzare tale livello con effetto migliorativo (in melius).
Di ciò il Ministero della difesa avrebbe dovuto tener conto (come correttamente ha fatto, ad es., il Ministero degli interni nell'emanare il D.M. 14 giugno 1999, n. 450, relativo alle Forze di Polizia): al contrario, stabilendo per alcune attività e luoghi la non applicabilità della legislazione vigente in materia di prevenzione, protezione, sicurezza, igiene del lavoro e rispetto dell'integrità dell'ambiente, e la prevalenza delle speciali norme di tutela tecnico-militari per la sicurezza e la salute del personale impiegato, ha determinato un'evidente antinomia, sul piano della gerarchia delle fonti normative, con l' art. 1, comma 2, D.Lgs. 19 settembre 1994, n. 626 (attuale art. 3, comma 2, D.Lgs. 9 aprile 2008, n. 81). Tale discrasia, ispirata al regime dell'"inapplicabilità", piuttosto che a quello dell'"applicazione compatibile", rischia di paralizzare in concreto l'efficacia del D.M., che è normativa di rango inferiore rispetto agli atti aventi forza di legge, tra i quali
rientra a pieno titolo il D.Lgs. 19 settembre 1994, n. 626 (ora il D.Lgs. 9 aprile 2008, n. 81).
Il suddetto regime di esenzione riguarda tutte le attività ed i luoghi destinati ai compiti istituzionali delle Forze armate, quali sono "l'impiego della forza militare ed il relativo addestramento, la gestione delle informazioni riguardanti la funzionalità dell'intera struttura militare e la tutela del segreto di Stato, l'impiego dei mezzi militari operativi, quali unità navali, aeromobili, mezzi armati e di trasporto e relativo supporto logistico".
In punto di sorveglianza sanitaria, l' art. 2 stabilisce poi che, nei luoghi destinati ai compiti istituzionali delle Forze armate, le funzioni di medico competente sono svolte esclusivamente dagli ufficiali medici, sempre che essi siano in possesso dei requisiti di legge, definiti all'art. 38, D.Lgs. 9 aprile 2008, n. 81, (21).
L'ultimo comma dell' art. 2 estende la disciplina del D.M. 14 giugno 2000, n. 284 anche alle attività lavorative svolte dal personale del Corpo delle capitanerie di porto nelle aree di pertinenza. Tale previsione si giustifica tenendo conto - come abbiamo già rilevato - che l'art. 16, lett. f), L. 2 luglio 1926, n. 1176 include il Corpo delle Capitanerie di porto tra i Corpi militari della Marina militare.
L' art. 3 , D.M. 14 giugno 2000, n. 284 disciplina gli aspetti legati all'esercizio dell'attività di vigilanza rivolta a verificare la corretta applicazione e il rispetto della legislazione in materia di sicurezza e salute nei luoghi di lavoro. Nel rispetto dell'indicazione dell' art. 23, comma 4, D.Lgs. 19 settembre 1994, n. 626 (attuale art. 13, comma 3, D.Lgs. 9 aprile 2008, n. 81), è stabilito che detta vigilanza è "effettuata ... dal personale militare e civile dell'Amministrazione della difesa, nominato dal Ministro" (22) (23).
All' art. 4 sono individuate le aree "riservate" o "operative": si tratta dei mezzi, delle strutture e delle infrastrutture in cui sono trattate le materie di carattere militare (o comunque concernenti l'efficienza dello strumento militare del Paese), nell'ambito delle quali, nell'interesse della sicurezza dello Stato e ai sensi delle vigenti norme unificate per la tutela del segreto di Stato (PCM - ANS 1/R), è ritenuta vietata la divulgazione di notizie. Gli immobili e le aree suddetti, se di pertinenza dell'Amministrazione della difesa, devono essere unitariamente classificati, a cura del Ministero della difesa. La classificazione avviene mediante notifica agli enti, ai comandi e ai reparti interessati.
Il D.M. 14 giugno 2000, n. 284 è l'espressione che, oltre ai beni della sicurezza e della salute dei lavoratori sul luogo di lavoro, vi sono altri interessi in gioco, meritevoli di tutela e di essere opportunamente salvaguardati. Dalla lettura del decreto si trae, come dato di carattere generale, che i compiti istituzionali svolti dalle Forze armate si esplicano in una dimensione più rilevante e a tutela di valori di maggior rango rispetto all'esigenza di tutela della popolazione occupata al lavoro. Alle esigenze di difesa dello Stato è così riconosciuta prevalenza sulle esigenze prevenzionali e di igiene.
Il D.M. 6 febbraio 2001, n. 110 (Politiche agricole e forestali), nell'individuare il regime di applicazione compatibile del D.Lgs. 19 settembre 1994, n. 626 (da riferirsi ora al D.Lgs. 9 aprile 2008, n. 81) al Corpo forestale dello Stato, ma tenendo in grande considerazione il dovere del personale incaricato di operare con tempestività ed efficacia anche in condizioni di emergenza ed alto rischio, ha stabilito (art. 1) che nelle strutture destinate, per finalità istituzionali, alle attività del Corpo forestale dello Stato, le norme del D.Lgs. 19 settembre 1994, n. 626 (da riferirsi ora al D.Lgs. 9 aprile 2008, n. 81) e della restante legislazione prevenzionistica e di igiene del lavoro sono applicate compatibilmente alle caratteristiche strutturali, organizzative e funzionali preordinate a realizzare la tutela del personale operante (in relazione alle specifiche condizioni di impiego, anche con riguardo alla prontezza ed efficacia operativa); la protezione e tutela delle sedi di
servizio, installazioni e mezzi, contro il pericolo di attentati, sabotaggi o aggressioni, ovvero di interruzione di servizi essenziali; la prevenzione della fuga delle persone legittimamente arrestate o fermate, ovvero trattenute, nei casi previsti dalla legge, in una struttura dell'Amministrazione forestale; la riservatezza e la sicurezza delle telecomunicazioni e dei trattamenti dei dati personali, con divieto assoluto, tra l'altro, dell'eliminazione o della riduzione dei sistemi di controllo, anche ai fini della selezione degli accessi del pubblico, dei sistemi di difesa ritenuti necessari e degli idonei percorsi per l'esodo. è poi prevista l'adozione delle misure di sicurezza e protezione anche individuale predisposte, fatto salvo il dovere d'intervento degli appartenenti al Corpo anche in situazioni di personale esposizione al pericolo.
Quanto agli impianti, alle macchine, alle attrezzature di lavoro (uniformi, armi, strumenti di lavoro, impianti specifici quali i poligoni di tiro, i laboratori di analisi, ricerche e collaudi, le palestre e le installazioni addestrative speciali, le installazioni di sicurezza e le attrezzature di protezione, individuali e di reparto, ed i mezzi operativi del Corpo forestale dello Stato), fermo restando in capo ai terzi il rispetto degli obblighi previsti dall' art. 6, D.Lgs. 19 settembre 1994, n. 626 (attuali artt. 22 - 24, D.Lgs. 9 aprile 2008, n. 81), il decreto prevede che essi rimangono disciplinati dalle specifiche disposizioni che li riguardano, previo controllo tecnico, verifica o collaudo da parte del personale tecnico dell'Amministrazione forestale in possesso dei requisiti professionali o culturali previsti dalla normativa vigente.
Va da sé che, per le aree di lavoro "tradizionali" (ad es. quelle relative all'uso di attrezzature munite di videoterminali, ai servizi logistici e di mensa, all'attività amministrativa in senso stretto e ad ogni attività svolta dal personale civile non appartenente alle Forze armate e di Polizia) varranno invece, a meno che anche per esse non si profilino "effettive particolari esigenze connesse al servizio espletato o alle peculiarità organizzative", i principi, gli obblighi, la disciplina di carattere generale ora stabiliti dal D.Lgs. 9 aprile 2008, n. 81 e dalla restante normativa prevenzionistica e di igiene del lavoro.
Analogamente, in assenza di competenze specifiche (24), il regime generale di vigilanza sull'applicazione della legislazione in materia di sicurezza e salute nei luoghi di lavoro, applicabile anche alle Forze armate e di Polizia, è quello che fa capo ai competenti Servizi delle Unità sanitarie locali (25), come si evince chiaramente scorrendo la Relazione di accompagnamento al testo dell' art. 23, D.Lgs. 19 settembre 1994, n. 626 (come sostituito dall' art. 10, D.Lgs. 19 marzo 1996, n. 242). In via subordinata, in presenza di indicazioni normative vaghe (26) - quando non assenti - si potrebbe far ricorso, come indicazione di carattere generale, alla competenza degli organi della sanità militare, individuati dalla L. 9 maggio 1940, n. 368 (Ordinamento del regio esercito), il cui art. 22, che delinea la struttura del servizio sanitario, prevede, oltre agli uffici ispettivi, direttivi e farmaceutici, anche gli "ospedali militari" (27)
Quanto ai servizi "tecnici" istituiti per le Forze armate, l' art. 3 della citata L. 9 maggio 1940, n. 368 vi ricomprende l'Arma del "Genio", le cui Direzioni generali (Genio per l'Esercito, Genio militare per la Marina, Demanio per l'Aeronautica) sono confluite - e le attribuzioni trasferite ex art. 1 D.M. 30 settembre 1966, (Difesa) - alla Direzione generale dei lavori, del demanio e dei materiali del Genio del Ministero della difesa (28) (29).
Per quanto riguarda poi la necessità di apportare interventi strutturali o manutentivi al fine di adeguare i luoghi di lavoro alle previsioni della normativa di prevenzione e di salute, si richiamano qui le osservazioni in tema di "statuto differenziato sulla valutazione dei rischi" riservato alla pubblica Amministrazione, previsto dall' art. 18, comma 3, D.Lgs. 9 aprile 2008, n. 81, già svolte, tra le quali anche la previsione, stabilita dall' art. 1 , R.D. 18 maggio 1931, n. 544, del concentramento nel Ministero delle infrastrutture (ex Ministero dei lavori pubblici) dei servizi relativi alla esecuzione di lavori pubblici per conto dello Stato (30).
Segnaliamo, da ultimo, che, anche in tema di designazione del responsabile e degli addetti componenti del Servizio di prevenzione e protezione, così come del rappresentante per la sicurezza, le opzioni operative consentite dal D.Lgs. 9 aprile 2008, n. 81 (nomina interna od esterna) devono contemperarsi con la particolare struttura organica che contraddistingue le Forze armate e le Forze di Polizia. Così, ad es., il citato D.M. 13 agosto 1998, n. 325 emanato dal Ministero delle finanze prevede modalità particolari per l'individuazione dei rappresentanti per la sicurezza da nominare ai sensi dell' art. 18, D.Lgs. 19 settembre 1994, n. 626 (ora art. 47, D.Lgs. 9 aprile 2008, n. 81), e fissa quale regola generale (anche per il personale della Guardia di finanza in servizio nell'ambito di infrastrutture gestite da altre Amministrazioni dello Stato), quella della scelta "tra i delegati eletti negli organi di rappresentanza militare ... relativamente alle infrastrutture ove essi
abitualmente operano o che ospitano il reparto al quale gli stessi sono in forza".
Di uguale avviso la Circolare n. 268000 del 30 luglio 1996 del Comando generale della Guardia di finanza, la quale suggerisce inoltre di attivare il Servizio di prevenzione e protezione "facendo leva, per quanto possibile, su risorse interne". Analogamente la Circolare n. 8653922/A.G. del 5 novembre 1996 del Comando generale delle Capitanerie di porto, in attesa che siano emanate le procedure per definire le modalità di rappresentanza del personale civile (si veda in proposito il Provvedimento del Presidente del Consiglio dei Ministri 5 giugno 1996, in G.U. n. 177 del 30 giugno 1996), invita i Comandi delle Capitanerie di porto ad attuare "le procedure idonee a consentire l'espressione dei rappresentanti del personale militare", e, quanto alla nomina dei componenti del Servizio di prevenzione e protezione, prevede che, nella scelta del personale, "venga designato personale del proprio Comando e/o degli uffici dipendenti".
Il D.M. 1 febbraio 1997 (Difesa) prevede poi la possibilità di istituire un unico servizio di prevenzione e protezione, a livello comprensoriale, costituito con il concorso di personale di tutti gli organismi, con l'incarico di operare a favore dei singoli datori di lavoro, assicurando una gestione coordinata degli interventi, ferme restando - beninteso - "le responsabilità di ciascun titolare per la propria area e di uno di essi anche per le aree, impianti e servizi comuni" (31).
Avviandoci alle conclusioni di questa non breve disamina, bisogna prendere atto che né le strutture penitenziarie, né quelle giudiziarie, e neppure le strutture delle Forze armate e di Polizia possono sottrarsi, in linea di principio - se mai ve ne fosse dubbio - alla applicazione di quella normativa "invasiva" e "totalizzante" che è il Testo Unico della Sicurezza sul lavoro adottato con D.Lgs. 9 aprile 2008, n. 81, la cui parte generale (Titolo I, artt. da 1 a 61) costituisce il punto di riferimento unitario e "ricombinante" per l'attività di programmazione della prevenzione e della protezione dei lavoratori negli ambienti di lavoro (32).
Il punto "mediano" della salvaguardia delle particolari esigenze connesse al servizio espletato è assicurato dalla definizione di criteri stabiliti da (emanati o emanandi) Regolamenti ministeriali.
Gli statuti cd. "particolari" già delineati all' art. 1, comma 2, D.Lgs. 19 settembre 1994, n. 626, e riconfermati dall'art. 3, comma 2, D.Lgs. 9 aprile 2008, n. 81 sono peraltro una delle poche esemplificazioni di come l'obiettivo sicurezza possa anch'esso assumere - in casi, situazioni ed ambiti predeterminati - tratti di cedevolezza.
-----------------------

(11) Notazione curiosa al riguardo è che il citato D.M. 13 agosto 1998, n. 325 faccia peraltro riferimento, nel preambolo, alle "determinazioni" del Comandante generale della Guardia di finanza n. 234745 del 28 giugno 1996 e n. 334494 del 20 settembre 1996, le quali - come è indicato nel testo - non sono più operative. Si tratta, evidentemente, di una svista in cui sono incorsi i compilatori del provvedimento.

(12) L' art. 3, L. 28 gennaio 1994, n. 84 (Riordino della legislazione in materia portuale) ha elevato l'Ispettorato generale delle Capitanerie di porto al rango di Comando generale e lo ha posto alle dipendenze del Ministero dei trasporti per quanto attiene ai servizi di istituto di competenza di tale Amministrazione. Sotto il profilo organizzativo, il D.P.R. 24 aprile 1998, n. 202 (Regolamento recante norme sull'organizzazione del Ministero dei trasporti e della navigazione ...) ha confermato (art. 15) tale impostazione. Quanto alle Capitanerie di porto, il codice della navigazione (R.D. 30 marzo 1942, n. 327) stabilisce, all' art. 30, che l'Amministrazione della Marina mercantile regola l'uso del demanio marittimo e vi esercita la polizia; dispone, all' art. 81, che il comandante del Porto provvede per tutto quanto concerne in genere la sicurezza e la polizia del porto o dell'approdo e delle relative adiacenze. Le principali sezioni operative su cui si esercita il potere
provvedimentale e ordinatorio delle Capitanerie di Porto sono Direzione Marittima, Operativa, Tecnica, Merci pericolose, Sicurezza della navigazione, Armamenti e Spedizioni, Demanio, Naviglio, Diporto, Pesca, Contenzioso, Gente di mare, Leva e mobilitazione.

(13) Il Corpo forestale dello Stato, corpo tecnico con funzioni di polizia, cui furono affidati i compiti di gestione ed amministrazione di tutto il patrimonio forestale nazionale, è stato istituito nel 1948. La legislazione di riferimento (D.Lgs. 12 marzo 1948, n. 804, ora abrogato dalla L. 6 febbraio 2004 , n. 36, recante il nuovo ordinamento del Corpo forestale dello Stato) ha non solo attribuito agli ufficiali e sottufficiali la qualifica di Ufficiale di Polizia giudiziaria e agente di Pubblica sicurezza, e alle guardie quella di agente di Polizia giudiziaria ed agente di Pubblica sicurezza, ma ne ha definito le molteplici competenze (Polizia ambientale, forestale e repressione frodi; interventi nella protezione civile; lotta contro gli incendi boschivi; Polizia venatoria; applicazione della Convenzione di Washington per le specie animali e vegetali protette e pericolose; gestione dei Parchi nazionali e delle Riserve naturali statali).

(14) Si pensi, ad esempio, al rispetto di alcuni principi istituzionali che presiedono l'ordinamento delle Forze armate, quali quello dell'unicità di comando e di controllo, posto che è dalla prontezza e funzionalità dell'intera struttura militare che dipende la sua potenzialità operativa. Si considerino ancora le ovvie imprescindibili esigenze di tutela del segreto di Stato.

(15) L' art. 5 del decreto interministeriale prevede poi un'ulteriore ripartizione di competenze tra il Dirigente centrale/territoriale e il Dirigente periferico: il primo competente alla nomina del medico competente, il secondo competente alla designazione del responsabile del Servizio di prevenzione e protezione e degli addetti al servizio.

(16) In questo ambito, vale la pena di ricordare che, secondo quanto dispone l' art. 1, R.D. 18 maggio 1931, n. 544, tutti gli interventi ed i servizi relativi alla esecuzione delle opere edilizie da eseguirsi per conto dello Stato spettano e sono concentrati nel Ministero delle infrastrutture (ex Ministero dei lavori pubblici).

(17) Ai sensi dell' art. 6, D.Lgs. 8 marzo 2006, n. 139 (recante il Riassetto delle disposizioni relative alle funzioni ed ai compiti del Corpo nazionale dei vigili del fuoco, a norma dell' art. 11, L. 29 luglio 2003, n. 229 - G.U. 5 aprile 2006, n. 80, s.o.), il quale, contestualmente abrogandola, ha ripreso la identica previsione dell' art. 16, L. 13 maggio 1961, n. 469 (Ordinamento dei servizi antincendi e del Corpo nazionale dei vigili del fuoco e stato giuridico e trattamento economico del personale, dei sottufficiali, vigili scelti e vigili del Corpo nazionale dei vigili del fuoco), nonché la identica previsione dell' art. 8, comma 1, L. 27 dicembre 1941, n. 1570 (tuttora vigente), nell'esercizio delle proprie funzioni, il personale del Corpo nazionale dei vigili del fuoco svolge funzioni di polizia giudiziaria. Al personale appartenente al ruolo di vigile del fuoco sono attribuite le funzioni di agente di polizia giudiziaria; al personale appartenente agli altri ruoli
dell'area operativa del Corpo nazionale sono attribuite le funzioni di ufficiale di polizia giudiziaria. La competenza del Corpo nazionale dei vigili del fuoco all'esercizio della attività di vigilanza sui luoghi di lavoro è regolata dall'art. 19, D.Lgs. 8 marzo 2006, n. 139, il quale, facendo menzione nella rubrica dell' art. 23, D.Lgs. 19 settembre 1994, n. 626 (il riferimento deve ora intendersi all'art. 13, D.Lgs. 9 aprile 2008, n. 81), dispone che il Corpo nazionale dei vigili del fuoco esercita, con i poteri di polizia amministrativa e giudiziaria, la vigilanza sull'applicazione della normativa di prevenzione incendi in relazione alle attività, costruzioni, impianti, apparecchiature e prodotti ad essa assoggettati. La vigilanza si realizza attraverso visite tecniche, verifiche e controlli disposti di iniziativa dello stesso Corpo, anche con metodo a campione o in base a programmi settoriali per categorie di attività o prodotti, ovvero nelle ipotesi di situazioni di
potenziale pericolo segnalate o comunque rilevate. Nell'esercizio dell'attività di vigilanza, il Corpo nazionale può avvalersi di amministrazioni, enti, istituti, laboratori e organismi aventi specifica competenza. La norma dispone altresì che al personale incaricato delle visite tecniche, delle verifiche e dei controlli è consentito: l'accesso alle attività, costruzioni ed impianti interessati, anche durante l'esercizio; l'accesso ai luoghi di fabbricazione, immagazzinamento e uso di apparecchiature e prodotti; l'acquisizione delle informazioni e dei documenti necessari; il prelievo di campioni per l'esecuzione di esami e prove e ogni altra attività necessaria all'esercizio della vigilanza.
Ulteriormente l' art. 1, comma 7, D.L. 18 ottobre 1996, n. 512 (Disposizioni urgenti concernenti l'incremento e il ripianamento di organico dei ruoli del Corpo nazionale dei vigili del fuoco e misure di razionalizzazione per l'impiego del personale nei servizi d'istituto" (conv. con modif. dalla L. 28 novembre 1996, n. 609), dispone che "i dirigenti del ruolo tecnico del Corpo nazionale dei vigili del fuoco possono essere destinati allo svolgimento di funzioni ispettive nell'interesse del Corpo nazionale. Le procedure relative sono stabilite con decreto del Ministro dell'interno ...". Il D.M. 22 dicembre 1997, n. 518 (Regolamento recante norme sull'espletamento di funzioni ispettive nell'ambito del Corpo nazionale dei vigili del fuoco) ha stabilito (art. 3, comma 2) che "Gli ispettori ... provvedono, in particolare, a svolgere la vigilanza per accertare ... l'attuazione della normativa in materia di tutela della sicurezza e della salute dei lavoratori sul luogo di lavoro per le sedi
del Corpo nazionale dei vigili del fuoco".

(18) Si segnala che, secondo quanto dispone l' art. 7, comma 2, D.P.R. 24 aprile 1982, n. 338, "tutti gli appartenenti ai ruoli professionali dei sanitari della polizia di Stato, con esclusione dei dirigenti superiori e generali e qualifiche equiparate del ruolo di cui all' art. 21, e limitatamente alle funzioni esercitate, hanno la qualità di ufficiale di polizia giudiziaria".

(19) Da segnalare inoltre quanto prevede il citato D.M. 13 agosto 1998, n. 325 emanato dal Ministero delle finanze, e cioè che le competenze in tema di vigilanza sui luoghi e sulle aree riservate ed operative (od analoghe) della Guardia di finanza sono attribuite solo ed unicamente al personale dei servizi sanitari e tecnici indicati all' art. 23, commi 1 e 2, D.Lgs. 19 settembre 1994, n. 626 (da riferirsi ora all'art. 13, commi 1 e 2, D.Lgs. 9 aprile 2008, n. 81) che siano in possesso dell'abilitazione prevista dal R.D. 11 luglio 1941, n. 1151 (Norme relative al segreto militare), concessa con il rilascio dell'apposito nulla osta di segretezza.

(20) Riportiamo il testo della norma:
"La presente Direttiva non è applicabile quando particolarità inerenti ad alcune attività specifiche nel pubblico impiego, per esempio nelle forze armate o nella polizia, o ad alcune attività specifiche nei servizi di protezione civile vi si oppongono in modo imperativo".

(21) Vi è da dire che tale norma, introdotta il 1° luglio 1987 dall'Atto unico europeo, a seguito delle modifiche e rinumerazioni apportate dal Trattato di Amsterdam 2 ottobre 1997, dal Trattato di Nizza 26 febbraio 2001 e dal Trattato di Lisbona del 13 dicembre 2007, è ora rifluita nella previsione degli artt. 151 e ss. del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea (ratificato in Italia con L.. 2 agosto 2008, n. 130, ed entrato in vigore sul piano internazionale il 1° dicembre 2009).

(22) L'ulteriore previsione della possibilità di avvalimento funzionale degli ufficiali medici che "abbiano svolto, per almeno quattro anni, attività di medico nel settore del lavoro nell'ambito del Ministero della difesa", deve intendersi nel senso che la collaborazione non può in ogni caso assumere una valenza totalmente sostitutiva, ma solo di supporto operativo.

(23) L'organismo da investire per le consulenze tecniche sullo stato di sicurezza e di salubrità dei luoghi di lavoro dovrebbe essere la Direzione Genio militare territorialmente competente.

(24) Il richiamo dell' art. 19 , D.Lgs. 19 dicembre 1994, n. 758 deve intendersi alla clausola di riserva contenuta nella lett. b) del comma 1 di detta norma, la quale, nel definire l'"organo di vigilanza" agli effetti del meccanismo sanzionatorio delineato al capo II del decreto legislativo, fa salve "le diverse competenze previste da altre norme". Posto tuttavia che il provvedimento di nomina del Ministro non può essere classificato quale "norma" giuridica, la conseguenza obbligata è che esso non può, di per sé solo e in assenza di una specifica previsione normativa (come specificamente richiesto dal citato art. 19 , D.Lgs. 19 dicembre 1994, n. 758), soddisfare il requisito di attribuzione della competenza. Viene inoltre da chiedersi se, in questo modo, il D.M. 14 giugno 2000, n. 284 non sia andato, all'epoca, oltre la previsione dell' art. 23, comma 4, D.Lgs. 19 settembre 1994, n. 626 (attuale art. 13, comma 3, D.Lgs. 9 aprile 2008, n. 81), la quale demanda alla decretazione
ministeriale solo l'individuazione delle "aree che presentano esigenze analoghe" alle aree riservate o operative delle Forze armate, non anche l'individuazione del personale deputato all'esercizio dell'attività di vigilanza (tant'è che dal tenore del citato art. 23, D.Lgs. 19 settembre 1994, n. 626 (attuale art. 13, comma 3, D.Lgs. 9 aprile 2008, n. 81), il quale dispone che "Restano ferme le competenze in materia di sicurezza e salute dei lavoratori attribuite dalle disposizioni vigenti ... ai servizi sanitari e tecnici istituiti per le Forze armate", si ricava che le competenze in materia erano quelle già definite dalla legislazione vigente).

(25) È opportuno ricordare che, in base a quanto dispone l' art. 6, comma 1, lett. v) e z), L. 23 dicembre 1978, n. 833 (Istituzione del servizio sanitario nazionale), "sono di competenza dello Stato le funzioni amministrative concernenti: (omissis) v) l'organizzazione sanitaria militare; z) i servizi sanitari istituiti per le Forze armate ed i Corpi di polizia, per il Corpo degli agenti di custodia e per il Corpo nazionale dei vigili del fuoco". È in base a questa disposizione di carattere generale che va letta la clausola di riserva di competenza contenuta attualmente nell' art. 13, comma 3, D.Lgs. 9 aprile 2008, n. 81.
Va tuttavia segnalato il D.M. 14 febbraio 2002 (Economia e Finanze), (in G.U. n. 61 del 13 marzo 2002), il quale, in attuazione dell' art. 23, comma 4, D.Lgs. 19 settembre 1994, n. 626 (attuale art. 13, comma 3, D.Lgs. 9 aprile 2008, n. 81), ha provveduto ad individuare le aree riservate e operative e quelle che presentano analoghe esigenze, nonché le modalità di effettuazione del controllo in dette aree da parte dei servizi sanitari e tecnici istituiti nell'ambito del Corpo della guardia di finanza.

(26) Si tratta dei Servizi di prevenzione e sicurezza degli ambienti di lavoro (S.P.S.A.L.), ricompresi nell'ambito dei Dipartimenti di prevenzione costituiti presso ciascuna Azienda-USL, cui sono state attribuite, con la riforma della sanità da ultimo operata dall' art. 8 , D.Lgs. 7 dicembre 1993, n. 517 e dalla L. 21 gennaio 1994, n. 61, le funzioni già svolte, ai sensi degli art. 16, art. 20 e art. 21, L. 23 dicembre 1978, n. 833, dai Servizi di medicina preventiva ed igiene del lavoro (S.M.P.I.L.) costituiti presso ciascuna USL, ed ora diversamente strutturati e denominati.

(27) La Circolare n. 8653922/A.G. del 5 novembre 1996 del Comando generale delle Capitanerie di porto stabilisce che, in assenza di convenzioni in atto con medici che siano in possesso dei requisiti professionali di cui all' art. 2, comma 1, lett. d), D.Lgs. 19 settembre 1994, n. 626 (attuale art. 38, D.Lgs. 9 aprile 2008, n. 81) per esercitare le funzioni di medico competente, bisogna rivolgersi alla Direzione di Sanità dipartimentale competente per zona.

(28) Si segnala anche il D.M. 30 settembre 1966 sulla "Costituzione, ordinamento e attribuzioni della Direzione generale della sanità militare del Ministero della difesa".

(29) Segnaliamo, come norma di riferimento, anche l' art. 5, D.P.R. 18 novembre 1965, n. 1479 (Riordinamento delle carriere e revisione degli organici degli impiegati civili del Ministero della difesa), il quale ha istituito "il ruolo organico della carriera direttiva tecnica degli ingegneri del servizio del Genio militare".

(30) Vi è da dire che, per quanto riguarda le Forze armate, l'unificazione dei ruoli tecnici e sanitari si è avuta con il D.Lgs. 30 dicembre 1997, n. 490 (Riordino del reclutamento, dello stato giuridico e dell'avanzamento degli ufficiali, a norma dell' art. 1, comma 97, L. 23 dicembre 1996, n. 662, in G.U. n. 17 del 22 gennaio 1998, s.o.). Relativamente ai ruoli dell'Arma dei Carabinieri si applicano invece le disposizioni di cui al D.Lgs. 5 ottobre 2000, n. 298 (G.U. 23 ottobre 2000, n. 248, s.o.).

(31) Da segnalare, peraltro, la articolata soluzione, meritevole di apprezzamento, e rispettosa della disciplina stabilita dall' art. 18, comma 3, D.Lgs. 9 aprile 2008, n. 81, adottata dal Ministero della difesa. Significativa in particolare la previsione dell' art. 4 , D.M. 1 febbraio 1997, per la quale "nel caso di richieste di adempimento, i soggetti responsabili investiti del potere di gestione dei fondi di bilancio, assumono, in relazione agli obblighi contemplati nel primo comma dell' art. 2 del presente decreto, la qualificazione di datore di lavoro al momento della notificazione delle richieste stesse".

(32) In conformità alle indicazioni contenute nell'art. 3 del D.M. citato nel testo, organismo idoneo ad assumere la gestione coordinata degli interventi previsti dall'art. 3 del decreto interministeriale potrebbe forse essere l'ufficio logistico dello S.M. dei Comandi regionali.

(33) Per la verità vi sono altre norme specifiche di settore che regolano la materia della prevenzione infortuni, igiene e sicurezza del lavoro nelle Forze di polizia ad ordinamento militare ed in quelle ad ordinamento civile. Per le prime (costituite dalla Polizia di Stato, dal Corpo di Polizia penitenziaria e dal Corpo forestale dello Stato) dispone l' art. 18, D.P.R. 31 luglio 1995, n. 395 (G.U. n. 222 del 22 settembre 1995, s.o.); per le seconde (costituite dall'Arma dei Carabinieri e dal Corpo della Guardia di finanza) il successivo art. 51. Si tratta per la verità più che altro di norme di principio.

Nessun commento: