Consiglio di Stato "...Ordine pubblico.
Condizioni per la revoca di licenza di guardia
giurata e porto d’armi.
..."
..."
N. 03370/2011REG.PROV.COLL.
N. 01303/2007 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Terza)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 1303 del 2007,
proposto da:
#################### ####################, rappresentato e difeso dagli avv. ---
#################### ####################, rappresentato e difeso dagli avv. ---
contro
il Ministero dell'Interno, in persona del Ministro p.t., e
la Prefettura di Foggia, in persona del Prefetto p.t., rappresentati e difesi dall'Avvocatura Generale dello Stato, domiciliata in Roma, via dei Portoghesi, 12;
la Prefettura di Foggia, in persona del Prefetto p.t., rappresentati e difesi dall'Avvocatura Generale dello Stato, domiciliata in Roma, via dei Portoghesi, 12;
nei confronti di
l’Istituto di Vigilanza Urbana, Campestre e Scorta Valori del
rag. #################### ####################;
per la riforma
della sentenza del T.A.R. PUGLIA, Sede di Bari, Sezione II n.
5170 del 5 dicembre 2005, resa tra le parti, concernente la revoca della nomina
a guardia particolare giurata e della licenza di porto d'armi del signor
####################.
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Vista la costituzione in giudizio dell'Avvocatura Generale
dello Stato;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 6 maggio 2011 il
Cons. Dante D'Alessio e uditi per le-
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
1.- Il signor #################### #################### aveva
impugnato davanti al TAR per la Puglia il decreto, n. 365/P.A./AREA I, del 2
febbraio 2004, con il quale il Prefetto di Foggia aveva disposto la revoca della
sua nomina a guardia particolare giurata e della licenza di porto di d'armi per
difesa personale con il divieto di detenere armi, munizioni e materie
esplodenti.
La revoca dei titoli di polizia era stata determinata dal
venir meno dei requisiti di cui all’art. 138 del t.u.l.p.s., e per la
sussistenza delle condizioni di cui agli artt. 10 ed 11, a causa della gravità
delle imputazioni ascritte al sig. #################### che era stato denunciato
per avere fermato e minacciato con la pistola l’ex moglie Patrizia Zammarano.
2.- Il TAR per la Puglia, dopo aver accolto, il 21 aprile
2004, la domanda di sospensione cautelare del provvedimento impugnato, con la
sentenza appellata, n. 5170 del 5 dicembre 2005, ha respinto il ricorso.
Il TAR, ricordato che l’onere dell’amministrazione di indicare
i fatti ostativi al rilascio o alla permanenza della licenza, “anche sotto il
profilo della possibilità di abuso ex art. 10 T.U.L.P.S., può ritenersi assolto
mercé il riferimento alla pendenza di procedimenti penali o di prevenzione,
nonché alla presentazione di circostanziate denunce” e che deve considerarsi
“sufficientemente motivato il giudizio negativo mediante l’indicazione di
episodi, dati e circostanze, riferiti ad un soggetto, che, secondo il comune
sentire, inducono a ritenere il non possesso dei requisiti della buona condotta
e dell’affidabilità”, ha ritenuto che, nella fattispecie, “nell’escludere
l’esistenza della buona condotta e dell’affidabilità, richieste per lo
svolgimento delle funzioni in questione, i suddetti principi sono stati
correttamente applicati, con conseguente infondatezza di quanto dedotto”.
Era infatti risultato che l’ex moglie del signor
#################### aveva dichiarato oralmente di essere stata “bersagliata con
messaggi offensivi” sulla sua utenza telefonica e di essere stata, in data 27
gennaio 2004, fermata dal ricorrente e minacciata con la pistola. Altri episodi
di aggressione e minacce risultavano essersi verificati nel 2003.
Secondo il TAR per la Puglia, pertanto, l’episodio della
minaccia con la pistola d’ordinanza del 27 gennaio 2004, riportato nel
provvedimento impugnato, “indubbiamente incide sul requisito della buona
condotta e sull’affidabilità ad esercitare le funzioni di guardia giurata,
rendendo attuate il pericolo d’abuso ove si abbia riguardo anche all’insieme
degli elementi di fatto risultanti dai rapporti di servizio redatti dall’Ufficio
Polstato di Manfredonia ed allegati alla richiamata nota istruttoria 28 gennaio
2004 n.16/B/2004”, con la conseguenza che “il giudizio espresso del venir meno
del requisito della ‘buona condotta’ e della capacità di abuso non è, dunque,
fondato nell’atto impugnato su una sola circostanza di fatto (la denunziata
minaccia) di dubbia certezza, ma trova un logico riscontro in più documentati e
rilevati episodi”.
3.- Il signor #################### ha appellato l’indicata
sentenza chiedendone la riforma. In particolare, dopo aver ricordato di aver
svolto il servizio di guardia giurata sempre con professionalità, di essere
incensurato e che nessun seguito aveva avuto la denuncia per l’episodio del 27
gennaio 2004, il signor #################### ha sostenuto che illegittimamente
l’amministrazione aveva dato rilievo alla denuncia della ex moglie (e quindi
alle dichiarazioni di una sola parte, peraltro da lui querelata per calunnia)
senza svolgere ulteriori obiettivi accertamenti e senza consentirgli alcun
contraddittorio. Ed erronea in conseguenza risulta la sentenza del TAR per la
Puglia che ha ritenuto di dover respingere il suo ricorso facendo riferimento a
tale denuncia e ad alcuni irrilevanti precedenti, peraltro non indicati nel
provvedimento impugnato.
4.- A seguito del provvedimento con il quale, il 19 febbraio
2007, l’amministrazione poneva in esecuzione l’appellata sentenza, il signor
#################### ne chiedeva la sospensione che veniva concessa dalla V
Sezione di questo Consiglio di Stato nella Camera di Consiglio del 13 marzo
2007.
5.- Tutto ciò premesso, si deve ricordare che, come affermato
anche nella sentenza del TAR di Bari, per principio consolidato l'esigenza di
garantire l'ordine e la sicurezza pubblica impongono al titolare
dell'autorizzazione allo svolgimento dell'attività di guardia particolare
giurata di avere una condotta irreprensibile e immune da censure e che, nella
valutazione di tale requisito, l'autorità di pubblica sicurezza dispone di un
ampio potere di apprezzamento discrezionale, in funzione della pericolosità
dell'attività soggetta ad autorizzazione e della delicatezza degli interessi
pubblici coinvolti, che può essere censurato solo se risultano vizi di
irrazionalità e incoerenza (fra le più recenti, Consiglio Stato, sez. VI, 27
agosto 2010, n. 5981).
Nell’esercizio di tale potere l'Amministrazione deve peraltro
dare puntualmente atto delle ragioni che inducono a ritenere che i fatti
accertati (o il reato commesso), per tipologia e per modalità di realizzazione,
abbiano fatto venir meno il necessario requisito della buona condotta (Consiglio
Stato, sez. VI, 26 luglio 2010, n. 4853). E tale accertamento deve essere
particolarmente rigoroso quando, come nella fattispecie, il venir meno del
requisito della buona condotta si riflette direttamente sulla capacità
lavorativa del soggetto interessato.
6.- Si deve quindi ritenere che i fatti che costituiscono il
presupposto per l’emanazione del provvedimento di revoca debbano essere oggetto
di un approfondito accertamento che può anche nascere dalla denuncia proveniente
da un terzo ma non può basarsi esclusivamente su tale denuncia, occorrendo
invece l'individuazione di seri elementi ostativi, frutto (anche) di
accertamenti di polizia, direttamente riferibili alla condotta della parte
interessata.
E deve essere escluso, in assenza di ulteriori elementi
probatori circa lo svolgimento dei fatti e le responsabilità dell'interessato,
qualsiasi automatismo tra una denuncia penale e la revoca dell'autorizzazione
all'esercizio della professione di guardia particolare giurata.
Mentre, per il periodo necessario allo svolgimento delle
necessarie indagini, può essere adottata, sempre che ne sussistano i
presupposti, la misura più lieve della sospensione della licenza (ai sensi
dell’art. 10 del t.u.l.p.s.).
7.- Applicando tali principi alla fattispecie in esame
l’appello risulta fondato.
Il Prefetto di Foggia ha infatti disposto, il 2 febbraio 2004,
la revoca del decreto di approvazione della nomina a guardia particolare giurata
e della licenza di porto di d'armi per difesa personale del signor
####################, con il divieto di detenere armi, munizioni e materie
esplodenti, facendo esclusivo riferimento alla denuncia della ex moglie Patrizia
Zammarano per la minaccia del 27 gennaio 2004.
Nel giudizio di primo grado risulta poi depositata una
informativa, in data 28 gennaio 2004, dell’Ufficio della Polizia di Stato di
Manfredonia nella quale sono stati indicati alcuni episodi di minor rilievo
(sempre riguardanti il rapporto conflittuale con l’ex coniuge) verificatisi
nell’anno precedente.
A giudizio di questo Collegio tali elementi, nel loro
complesso, non potevano giustificare il provvedimento di revoca adottato (mentre
forse avrebbero potuto giustificare un meno grave e non definitivo provvedimento
di sospensione della licenza) e dimostrano la mancanza di una adeguata attività
istruttoria volta a dare consistenza ed attendibilità agli addebiti.
Con la conseguenza che deve ritenersi illegittimo, per difetto
di istruttoria e di motivazione, il provvedimento del Prefetto di Foggia,
impugnato davanti al TAR per la Puglia.
8.- Tale conclusione è confortata dalla circostanza, dedotta
in giudizio dal signor #################### (e non contraddetta
dall’amministrazione), che nessun seguito di rilevanza penale ha avuto la
denuncia dell’ex coniuge per il citato episodio del 27 gennaio 2004.
Non è poi stato fornito in giudizio dall’amministrazione alcun
ulteriore elemento (neanche riguardante fatti successivi) capace di dimostrare
la non idoneità all’esercizio della funzione di guardia particolare giurata del
signor #################### che, si ricorda, per effetto delle misure cautelari
disposte prima dal TAR per la Puglia e poi dalla Sezione V di questo Consiglio,
in tutti questi anni ha continuato a svolgere la sua attività lavorativa di
guardia giurata.
9.- Occorre a questo punto esaminare la domanda risarcitoria,
riproposta anche in appello dal signor ####################.
Al riguardo si deve preliminarmente rilevare che, come si è
già in precedenza accennato, i provvedimenti impugnati in primo grado hanno
avuto effetti molto contenuti nel tempo in quanto sia il TAR per la Puglia, nel
giudizio di primo grado, e sia la Sezione V del Consiglio di Stato, nel grado di
appello, ne hanno tempestivamente sospeso gli effetti pregiudizievoli.
La richiesta, per i residui periodi non coperti dalle indicate
misure cautelari, deve essere peraltro respinta non potendo ravvisarsi nella
condotta dell’amministrazione quella colpa (grave) che costituisce il
presupposto per il riconoscimento di un danno ingiusto e quindi risarcibile.
Si deve infatti ricordare che, ai fini dell'ammissibilità
della domanda di risarcimento del danno, non è sufficiente il solo annullamento
del provvedimento lesivo, ma è altresì necessario che sia configurabile la
sussistenza dell'elemento soggettivo del dolo ovvero della colpa, dovendo quindi
verificarsi se l'adozione e l'esecuzione dell'atto impugnato sia avvenuta in
violazione delle regole di imparzialità, di correttezza e di buona fede alle
quali l'esercizio della funzione pubblica deve costantemente ispirarsi, con la
conseguenza che può essere affermata detta responsabilità quando la violazione
risulti grave e commessa in un contesto di circostanze di fatto e in un quadro
di riferimenti normativi e giuridici tali da palesare la negligenza e
l'imperizia dell'organo nell'assunzione del provvedimento viziato e negarla,
invece, quando l'indagine conduce al riconoscimento dell'errore scusabile per la
sussistenza di contrasti giudiziari, per l'incertezza del quadro normativo di
riferimento o per la complessità della situazione di fatto (Consiglio Stato,
sez. V, 26 maggio 2010, n. 3367).
10.- Per tutti gli esposti motivi l’appello deve essere
accolto, la sentenza appellata deve essere annullata e deve essere anche
disposto l’annullamento del provvedimento del Prefetto di Foggia, in data 2
febbraio 2004, impugnato davanti al TAR per la Puglia.
Le spese possono essere integralmente compensate fra le parti.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Terza
definitivamente pronunciando sull'appello (n. 1303 del 2007), come in epigrafe
proposto, accoglie l 'appello e, per l'effetto, annulla la sentenza del T.A.R.
Puglia, Sede di Bari, Sezione II, n. 5170 del 2005, e dispone l’annullamento del
provvedimento del Prefetto di Foggia, in data 2 febbraio 2004, impugnato davanti
al TAR per la Puglia.
Respinge la domanda di risarcimento dei danni avanzata
dall’appellante.
Dispone la compensazione integrale fra le parti delle spese e
competenze di giudizio.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità
amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 6
maggio 2011 con l'intervento dei magistrati:
Pier Luigi Lodi, Presidente
Marco Lipari, Consigliere
Angelica Dell'Utri, Consigliere
Roberto Capuzzi, Consigliere
Dante D'Alessio, Consigliere, Estensore
L'ESTENSORE | IL PRESIDENTE | |
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 06/06/2011
IL SEGRETARIO
(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)
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