Riceviamo da Ficiesse e pubblichiamo
Sanità Militare: la casta che ci costa
32 milioni di euro l'anno
Il buco nero che il ministro della
Difesa, Giampaolo Di Paola, adesso vuole riformare
Ospedali che non eseguono interventi,
medici che si danno malati pur di non partire per l’Afghanistan, generali
e colonnelli che non operano da anni, un puzzle di dipartimenti di medicina
legale disseminati per l’Italia in gran parte inutili.
Questo ed altro è il buco nero della
sanità militare, che ci costa oltre 32 milioni di euro all’anno.
Una delle caste con le stellette, ma in camice bianco, che dovrebbe avere i mesi
contati secondo le draconiane direttive del ministro della Difesa, Giampaolo
Di Paola.
“Il riordino in senso interforze della
Sanità Militare è un’esigenza fortemente avvertita già da molto tempo ma che,
in questo particolare momento storico caratterizzato da una forte compressione
delle risorse e dal processo di riorganizzazione di tutta la struttura militare,
acquisisce ancor più rilevanza ed urgenza” scrive Di Paola. Il documento del 9
agosto, in possesso di Panorama, ( in fondo all'articolo) è indirizzato
al capo di stato maggiore della Difesa, generale Biagio Abrate.
“Il riordino deve essere intrapreso con
incisività , rapidità temporale e senza tentennamenti o ingiustificate viscositÃ
e resistenze” aggiunge il ministro della Difesa. Non solo: Di Paola ordina che
entro il 30 settembre gli venga presentata una “road map” dello stravolgimento
della sanità militare e “una relazione sui risultati conseguiti (...) entro la
fine del corrente anno e a marzo 2013”. Il dado sembra tratto, ma fonti con le
stellette di Panorama temono “che si punti a cambiare tutto per non cambiare
nulla”.
La sanità militare, con regolamenti ancora
da esercito regio, ci costa 32.588.379,94 euro l’anno. Gli ufficiali medici sono
1800, compresi dentisti e veterinari e 1995 i sottufficiali da infermieri a
fisioterapisti. Una piccola armata tenendo conto che non esiste più l’esercito
di leva, che si professa sempre sotto organico. Per non parlare degli ospedali
militari. Il ministro della Difesa ammette che quello di Milano “dovrà essere
drasticamente ridotto nei suoi organici e nelle funzioni”. Da 10 anni si parla
di chiusura, ma nel capoluogo lombardo l’ospedale militare resiste senza sale
operatorie funzionanti.
La Difesa punterà tutto sul Policlinico
del Celio a Roma che è costato nel bilancio 2011 ben 17.829.965,32 euro.
Secondo la Difesa impiega “518 unità , di cui 218 ufficiali”. Al Celio sono
previsti 4 generali e 21 colonnelli. La stessa Difesa, però, ammette: “E’
comunque possibile e frequentemente attuato che il numero effettivo dei
Colonnelli superi le dotazioni organiche”.
Secondo l’inchiesta di Panorama il
grande ospedale militare è un “posto al sole” per ufficiali superiori. Gli
addetti ai lavori rivelano: “Ci sono chirurghi che hanno il titolo ma operano
pochissimo, anestesisti che addormentano raramente i pazienti, professionisti
sulla carta che non fanno pratica medica quotidiana”.
E ancora peggio il Celio non esprime un
Role 2, un ospedale da campo avanzato in teatri operativi di guerra, dai tempi
dell’Iraq, a parte la defilata missione in Chad. In pratica i feriti più gravi
in Afghanistan vengono evacuati prima a Camp Bastion a Kandahar e poi al Role 4
americano in Germania per tentare di salvarli. Solo dopo arrivano al Celio.
Nelle sue direttive lo stesso Di Paola chiede che “dovrà essere realisticamente
rivalutato il livello di ambizione delle strutture sanitarie sostenibili nelle
missioni internazionali (ROLE 3 e ROLE 2)”.
Un altro aspetto scandaloso è quello del
numero sempre più ingente di medici e personale sanitario che marcano visita
per non andare in Afghanistan. “E’ capitato che giovani laureati siano stati
mandati ad Herat, sui fronti più caldi, perchè nessuno ci voleva andare”
racconta una fonte di Panorama, che ha provato sulla propria pelle l’avventura.
Oppure all’ultimo momento vieni spostato dalla missione soft in Libano al teatro
afghano.
Nel 2011 è stato il generale Giuseppe
Valotto, allora capo di stato maggiore dell’Esercito a denunciare gli
imboscati con il camice bianco. “Non mi posso esimere dal ribadire l’assoluta
necessità di una totale disponibilità del personale del corpo ad accettare
l’impiego all’estero, specie nei teatri più insidiosi - ha dichiarato il
generale alla festa della sanità militare a Roma - E’ questo un messaggio forte
che intendo inviare in particolare a quei 106 che lo scorso anno si sono resi
indisponibili adducendo differenti motivazioni”. Sembra che un medico su tre si
“ammali” prima di partire per l’Afghanistan.
Altre fonti parlano di percentuali ben
più alte che comprendono anche i sottufficiali, come lo stesso Valotto aveva
denunciato: “E’ una problematica seria, soprattutto se riferita ai dati per
quest’anno (2011 ndr), che nel primo quadrimestre mostrano un incremento
preoccupante degli indisponibili, soprattutto ai bassi gradi”. Chi non vuole
partire si fa certificare da un collega civile in camice bianco un problema di
salute. “E’ una specie di lotta per la sopravvivenza - racconta un giovane
medico militare - Qualcuno mangia addirittura frittura per mesi con l’obiettivo
di alzarsi le transaminasi e non partire”.
Nel buco nero della Sanità con le
stellette le strutture più inutili sono i 13 Dipartimenti militari di medicina
legale (Dmml) disseminati per la penisola. “Servono solo per trovare un posto ad
uno stuolo di colonnelli fra i 50 e 60 anni. I medici si trasformano in
burocrati” sibila chi ci lavora. Secondo Di Paola quella della medicina legale
“è l’area che dovrà subire un drastico ridimensionamento. Pertanto verranno
mantenuti in servizio solo 7 DMML (Roma, Milano, Padova, Messina, Cagliari, La
Spezia e Bari)”.
Nel mondo della sanità militare spiccano
aspetti tragicomici, come il regolamento del 1935 che prevede ancora visite
periodiche per controllare se il militare si lava e cambia le
mutande.
Fra i medici con le stellette non mancano
i soliti furbi, come un direttore di sanità che ha un incarico al sud, ma passa
molto del suo tempo a Roma per seguire studi odontoiatrici privati. Lo scorso
anno a Novara un medico dell’esercito in servizio a Milano ha patteggiato per i
rilasci “facili” di certificati per il rinnovo della patente. I camici bianchi
con le stellette, per arrotondare, certificano i requisiti per la licenza di
guida e di caccia. Dal 2010 lo possono fare non solo i medici militari in
servizio, ma pure quelli “in quiescenza”, ovvero in pensione.
23-02-2013
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