IMPIEGO PUBBLICO
T.A.R. Lazio Roma Sez. I quater, Sent., 02-07-2014, n. 6966
IMPIEGO PUBBLICO
Carriera
inquadramento
Fatto - Diritto P.Q.M.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio
(Sezione Prima Quater)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 15463 del 2000, proposto da:
..
contro
Ministero della Giustizia, Ministero Giustizia Dipartimento Amm.ne Penitenziaria, Presidenza del Consiglio dei Ministri, Dipartimento della Funzione Pubblica;
per l'accertamento del diritto all'equiparazione del trattamento giuridico ed economico a quello del personale di P.S..
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 17 giugno 2014 il dott. Nicola Fenicia e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Svolgimento del processo - Motivi della decisione
Con il ricorso in epigrafe, gli odierni ricorrenti (inizialmente insieme ad altri colleghi nei cui confronti il ricorso è stato dichiarato perento con D.P. del 20 novembre 2012 e D.P. del 9 luglio 2013, non opposti nei termini), inquadrati nei ruoli direttivi dell'Amministrazione penitenziaria, chiedono a questo Tribunale che venga dichiarata l'equipollenza delle funzioni da questi svolte con quelle del personale corrispondente della Polizia di Stato, ed il conseguente diritto all'uniformità del trattamento giuridico ed economico; ciò previa remissione alla Corte Costituzionale della questione di legittimità delle disposizioni di cui all'articolo 41, comma cinque della L. n. 449 del 27 dicembre 1997, nonché del D.Lgs. n. 146 del 21 maggio 2000.
Espongono, a tal fine, che con L. n. 449 del 1997 e con D.Lgs. n. 146 del 2000 si è proceduto all'adeguamento delle strutture e dotazioni organiche del Dipartimento dell'Amministrazione penitenziaria, estromettendo dal comparto "Forze di Polizia" i dipendenti dell'Amministrazione odierna intimata, che sono stati accorpati nel comparto "Ministeri". Ciò avrebbe comportato per i ricorrenti la perdita dei benefici di cui all'art. 40 della L. n. 395 del 1990, ossia della equiparazione al trattamento giuridico degli appartenenti alla Polizia di Stato
I ricorrenti a fondamento del gravame deducono:
1) Violazione e falsa applicazione della L. n. 395 del 1990; del D.Lgs. n. 29 del 1993, articolo 2, comma 4. Violazione del D.P.R. 9 dicembre 1992 del D.P.R. 15 febbraio 1999, n. 82; eccesso di potere per sviamento, illogicità, contraddittorietà disparità di trattamento, ingiustizia manifesta; illegittimità costituzionale dell'articolo 41, comma 5 della L. n. 449 del 1997 in riferimento agli articoli 2, 3,4, 35,36 e 97 della Costituzione;
2) Violazione del principio di perequazione retributiva desumibile dal combinato disposto degli articoli 3, comma 1, 36, comma 1 e 97 della Costituzione; disparità di trattamento in ragione del principio per cui ad omogeneità di funzioni deve corrispondere parità trattamento economico.
Ciò premesso, deve essere preliminarmente rilevato che con il ricorso in esame non è stato impugnato alcun provvedimento amministrativo applicativo del disposto della L. n. 449 del 1997 e del D.Lgs. n. 146 del 2000, che abbia inciso sulla qualifica o sulla retribuzione dei ricorrenti, con la conseguenza che devono essere giudicati inammissibili i motivi di ricorso nella parte in cui vengono prospettati vizi di violazione di legge ed eccesso di potere, non predicabili nei confronti di leggi e decreti legislativi.
Quanto invece alla pretesa sostanziale dei ricorrenti diretta ad ottenere la perequazione giuridica e retributiva con il personale corrispondente della P.S., previo incidente di costituzionalità del disposto della L. n. 449 del 1997 e del D.Lgs. n. 146 del 2000, essa è manifestamente infondata.
Ed infatti come recentemente statuito da questo Tribunale, Sez. I quater, Sent. 07-02-2014, n. 1556, emessa in relazione ad una fattispecie analoga a quella oggetto del presente giudizio: "la pretesa equiparazione ai fini giuridici ed economici con il personale di pubblica sicurezza deve ritenersi priva di fondamento in quanto l'opzione normativa di ritenere sostanzialmente abrogato l'articolo 40 della succitata L. n. 395 del 1990, in quanto espressione della potestà legislativa non può che ritenersi scevra dai paventati profili di illegittimità anche in relazione alle specifiche doglianze afferenti alla lesione di principi costituzionali, tenuto conto che, in ragione della specificità dei diversi Corpi di Polizia, tra cui quello della Polizia Penitenziaria, risulta pienamente legittima la sussistenza di differenziati regimi giuridici, anche con riferimento al regime giuridico ed economico".
Ed invero nessuna disposizione normativa prevede come principio generale la perequazione del trattamento economico spettante al personale delle varie Forze di Polizia.
In particolare, poi, l'inclusione, effettuata dall'art. 16 L. n. 121 del 1981, del Corpo di Polizia Penitenziaria nell'ambito delle Forze di Polizia non comporta l'identità delle funzioni svolte posto che proprio il comma 2 della disposizione in esame fa salve le specifiche attribuzioni del Corpo di Polizia Penitenziaria che "può" essere chiamato a "concorrere nell'espletamento di servizi di ordine e sicurezza pubblica".
Ne consegue che per il Corpo di Polizia Penitenziaria la salvaguardia dell'ordine e della sicurezza pubblica non costituisce la funzione principale ed esclusiva come si evince dalla mera eventualità che il personale sia utilizzato a tal fine.
La peculiarità dei compiti della Polizia Penitenziaria è, del resto, confermata dall'art. 1 comma 2 L. n. 395 del 1990, secondo cui "ferme restando le proprie attribuzioni, il Corpo fa parte delle Forze di Polizia", e dal successivo articolo 5 il quale prevede che "fatto salvo l'impiego ai sensi dell'articolo 16, secondo e terzo comma, della L. 1 aprile 1981, n. 121, gli appartenenti al Corpo di Polizia Penitenziaria non possono comunque essere impiegati in compiti che non siano direttamente connessi ai servizi di istituto" tra cui figurano l'esecuzione dei provvedimenti restrittivi della libertà personale, la tutela dell'ordine e della sicurezza all'interno degli istituti di prevenzione e di pena, la traduzione ed il piantonamento dei detenuti ed internati.
La maggior parte delle mansioni in esame, almeno nel loro svolgimento fisiologico, sono di competenza esclusiva del Corpo di Polizia Penitenziaria e non vengono espletate in via ordinaria dal personale della Polizia di Stato.
Quanto fin qui evidenziato induce il Tribunale a ritenere insussistente il presupposto (identità di mansioni e funzioni svolte) invocato dai ricorrenti a fondamento della chiesta perequazione retributiva.
Per lo stesso motivo manifestamente infondate appaiono, prima facie, le questioni d'illegittimità costituzionale prospettate non essendo, in fatto, configurabile la pretesa uguaglianza delle situazioni sostanziali poste a fondamento delle censure.
Per questi motivi il ricorso deve essere respinto.
Nessuna statuizione deve essere emessa in ordine alle spese processuali stante la mancata costituzione in giudizio delle amministrazioni intimate.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Sezione Prima Quater)
definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo respinge.
Nulla sulle spese.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 17 giugno 2014 con l'intervento dei magistrati:
Giampiero Lo Presti, Presidente
Alessandro Tomassetti, Consigliere
Nicola Fenicia, Referendario, Estensore
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