N. 109 SENTENZA 11 aprile - 30 maggio 2018
Giudizio di legittimita' costituzionale in via principale.
Beni demaniali dello Stato e delle Regioni - Procedura per
l'affidamento in concessione di aree demaniali marittime - Deroghe
agli obblighi di pubblicita' delle istanze - Principi e criteri per
l'aggiudicazione - Limite di durata massima del titolo concessorio
- Gettone di presenza per i componenti esterni del Comitato tecnico
di valutazione-sezione demaniale - Indennizzo a carico del
concessionario subentrante a favore di quello uscente.
- Legge della Regione autonoma Friuli-Venezia Giulia 21 aprile 2017,
n. 10 (Disposizioni in materia di demanio marittimo regionale e
demanio marittimo stradale, nonche' modifiche alle leggi regionali
17/2009, 28/2002 e 22/2006), artt. 7, comma 4, 8, 9, commi 2 e 3,
41, 48, comma 6, e 49.
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(GU n.23 del 6-6-2018 )
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori:
Presidente:Giorgio LATTANZI;
Giudici :Aldo CAROSI, Marta CARTABIA, Mario Rosario MORELLI,
Giancarlo CORAGGIO, Giuliano AMATO, Silvana SCIARRA, Daria de
PRETIS, Franco MODUGNO, Augusto Antonio BARBERA, Giulio
PROSPERETTI, Giovanni AMOROSO, Francesco VIGANO',
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nel giudizio di legittimita' costituzionale degli artt. 7 (recte:
art. 7, comma 4), 8, 9, commi 2 e 3, 41, 48, comma 6, e 49 della
legge della Regione autonoma Friuli-Venezia Giulia 21 aprile 2017, n.
10 (Disposizioni in materia di demanio marittimo regionale e demanio
marittimo stradale, nonche' modifiche alle leggi regionali 17/2009,
28/2002 e 22/2006), promosso con ricorso del Presidente del Consiglio
dei ministri, notificato il 23-29 giugno 2017, depositato in
cancelleria il 27 giugno 2017 ed iscritto al n. 46 del registro
ricorsi 2017 e pubblicato nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica
n. 30, prima serie speciale, dell'anno 2017.
Visto l'atto di costituzione della Regione autonoma
Friuli-Venezia Giulia;
udito nell'udienza pubblica del 10 aprile 2018 il Giudice
relatore Augusto Antonio Barbera;
uditi l'avvocato dello Stato Gianna Galluzzo per il Presidente
del Consiglio dei ministri e l'avvocato Giandomenico Falcon per la
Regione autonoma Friuli-Venezia Giulia.
Ritenuto in fatto
1.- Con il ricorso in epigrafe, spedito per la notifica il 23
giugno 2017 e depositato il 27 giugno del 2017, il Presidente del
Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall'Avvocatura
generale dello Stato, ha impugnato gli artt. 7, 8, 9, commi 2 e 3,
41, 48, comma 6, e 49 della legge della Regione autonoma
Friuli-Venezia Giulia 21 aprile 2017, n. 10 (Disposizioni in materia
di demanio marittimo regionale e demanio marittimo stradale, nonche'
modifiche alle leggi regionali 17/2009, 28/2002 e 22/2006).
Le disposizioni impugnate, ad avviso del ricorrente, sono in
contrasto con l'art. 117, primo comma, secondo comma, lettera e), e
terzo comma, della Costituzione, quest'ultimo in riferimento all'art.
6, comma 2, del decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78 (Misure urgenti
in materia di stabilizzazione finanziaria e di competitivita'
economica), convertito, con modificazioni, nella legge 30 luglio
2010, n. 122.
2.- Il ricorrente premette che la legge regionale impugnata reca
una disciplina organica della gestione dei beni del demanio marittimo
nella laguna di Marano-Grado, introducendo, inoltre, modifiche alle
disposizioni contenute nelle previgenti discipline della Regione
chiamate a regolare le materie del demanio marittimo, idrico e
stradale.
Precisa, ancora, che le norme oggetto di scrutinio afferiscono
alle materie «industria e commercio» e «turismo e industria
alberghiera», attribuite alla potesta' legislativa primaria della
Regione resistente, ai sensi dell'art. 4, numero 6) e numero 10),
della legge costituzionale 31 gennaio 1963, n. 29 (Statuto speciale
della Regione Friuli-Venezia Giulia), non senza rimarcare, al
contempo, che la relativa competenza primaria, per quanto
espressamente previsto dalla medesima disposizione statutaria, deve
comunque esplicarsi «[i]n armonia con la Costituzione, con i principi
generali dell'ordinamento giuridico della Repubblica, con le norme
fondamentali delle riforme economico-sociali e con gli obblighi
internazionali dello Stato, nonche' nel rispetto degli interessi
nazionali e di quelli delle altre Regioni [...]» e che, tra le norme
di grande riforma economico-sociale poste dallo Stato, vanno
annoverate quelle emanate in tema di «tutela della concorrenza».
Sempre in via di premessa, il Governo evidenzia, ancora, che le
disposizioni censurate ineriscono a beni appartenenti al demanio
idrico regionale in forza del trasferimento operato con il decreto
legislativo 25 maggio 2001, n. 265 (Norme di attuazione dello Statuto
speciale della regione Friuli-Venezia Giulia per il trasferimento di
beni del demanio idrico e marittimo, nonche' di funzioni in materia
di risorse idriche, e di difesa del suolo); che la gestione relativa
ai detti beni deve comunque rispettare direttive e principi
comunitari, le leggi nazionali in materia di ambiente e paesaggio,
oltre a quanto previsto dal regio decreto 30 marzo 1942, n. 327
(Codice della navigazione); che le disposizioni censurate ineriscono
agli aspetti relativi all'affidamento ed alla durata delle
concessioni demaniali marittime, eccedendo le competenze statutarie
nella parte in cui restringono il campo di applicazione delle
procedure ad evidenza pubblica finalizzate all'affidamento della
concessione, cosi' da limitare il meccanismo della concorrenza nella
scelta dell'affidatario in violazione dell'art. 117, secondo comma,
lettera e), Cost.; che le stesse si pongono in contrasto anche con i
principi dettati dal diritto dell'Unione europea nella materia e
segnatamente, per quel che qui immediatamente interessa, dalla
direttiva 2006/123/CE del Parlamento Europeo e del Consiglio del 12
dicembre 2006, relativa ai servizi nel mercato interno (da qui:
direttiva servizi), attuata nell'ordinamento interno con il decreto
legislativo 26 marzo 2010, n. 59 (Attuazione della direttiva
2006/123/CE relativa ai servizi nel mercato interno).
Alla luce di tali premesse, il ricorrente mette in evidenza, per
ciascuna delle disposizioni censurate, gli aspetti di contrarieta'
rispetto ai citati parametri costituzionali cosi' integrati dai
riferimenti inerenti al diritto dell'Unione.
3.- Secondo il Governo, l'art. 7 della legge regionale impugnata,
nel disciplinare la procedura per l'affidamento in concessione di
aree demaniali marittime, al comma 4 detta una serie di deroghe
all'obbligo di pubblicazione delle istanze di concessione imposto dai
commi precedenti, senza fornire alcuna giustificazione, cosi' da
porsi in contrasto con i principi di derivazione comunitaria in tema
di trasparenza nelle procedure di assegnazione nonche' con la
normativa statale in materia e segnatamente con l'art. 18 della legge
28 gennaio 1994, n. 84 (Riordino della legislazione in materia
portuale) nonche' con l'art. 18 del d.P.R. 15 febbraio 1952, n. 328,
recante «Approvazione del Regolamento per l'esecuzione del Codice
della navigazione (Navigazione marittima»).
Di qui l'addotta lesione dell'art. 117, primo comma, Cost., per
la ritenuta violazione dei vincoli derivanti dall'ordinamento
comunitario; nonche', il contrasto con l'art. 117, secondo comma,
lettera e), Cost. per la stretta correlazione funzionale tra le
disposizioni in materia di pubblicita' e trasparenza delle procedure
di assegnazione e la materia della concorrenza, cosi' che spetterebbe
al legislatore statale fissare i principi fondamentali in materia.
4.- Il Governo censura anche l'art. 8 della legge reg.
Friuli-Venezia Giulia n. 10 del 2017.
Evidenzia il ricorrente che l'articolo in questione, nel
disciplinare la procedura che porta alla aggiudicazione della
concessione, al comma 1 indica i criteri da applicare in caso di
domande concorrenti; al comma 2 impone alla Giunta regionale di
comunicare, contestualmente all'invito a presentare le istanze di
concessione, il principio che dovra' guidare, insieme ai criteri di
cui al comma 1, il giudizio relativo all'aggiudicazione, scelto tra
quelli espressamente indicati nella citata disposizione; al comma 3,
infine, rimanda ad un regolamento l'individuazione delle procedure,
dei termini e dei criteri attuativi dei principi di cui ai primi due
commi e le disposizioni per l'aggiudicazione «[...] anche ai fini di
una valorizzazione dell'esperienza e della professionalita' del
concessionario».
La norma, ad avviso del ricorrente, si pone in contrasto con le
indicazioni di principio contenute nella direttiva servizi,
applicabili alle concessioni in questione in ragione di quanto
statuito dalla Corte di Giustizia dell'Unione Europea, quinta
sezione, con la sentenza 14 luglio 2016, nelle cause riunite
C-458/14, Promoimpresa srl e C-67/15, Mario Melis e altri.
Di qui l'addotta violazione dell'art. 117, primo comma, Cost.
La procedura comparativa introdotta, in particolare, riposerebbe
su criteri eccessivamente generici senza delineare un quadro
sufficientemente chiaro ne' pro-concorrenziale. Nel consentire, poi,
che, attraverso il regolamento attuativo, possa essere presa in
considerazione e valorizzata l'esperienza e la professionalita' del
concessionario uscente, permetterebbe, tramite la fonte secondaria,
l'introduzione di prescrizioni volte a favorire quest'ultimo, creando
discriminazioni tra i diversi operatori economici. I temi oggetto del
rinvio al regolamento, sarebbero, inoltre, troppo ampi e
involgerebbero, comunque, campi coperti da disposizioni di rango
primario quali quelle dettate dal decreto-legge 5 ottobre 1993, n.
400 (Disposizioni per la determinazione dei canoni relativi a
concessioni demaniali marittime), convertito, con modificazioni,
nella legge 4 dicembre 1993, n. 494. Anche con riferimento alla
disposizione in esame, infine, la stretta correlazione con il tema
della concorrenza renderebbe concreta la violazione dell'art. 117,
secondo comma, lettera e), Cost.
5.- Il ricorrente dubita, inoltre, della legittimita'
costituzionale dell'art. 9, comma 2, della legge regionale impugnata,
sempre per l'addotta violazione dell'art. 117, primo comma e secondo
comma, lettera e), Cost.
Ad avviso del Governo, la disposizione censurata, nel prevedere
che la durata delle concessioni possa estendersi sino ad un limite
massimo di anni cinquanta con riguardo alle concessioni per finalita'
produttive, commerciali, industriali, ivi comprese le attivita' di
cantieristica navale e per la realizzazione di strutture dedicate
alla nautica da diporto (inerenti ai beni ricompresi nel demanio
marittimo afferente alla laguna di Marano-Grado), si pone in
contrasto con la disciplina statale che, all'art. 03, comma 4-bis,
del d.l. n. 400 del 1993, fissa in una forbice tra i sei e i venti
anni la durata dei relativi titoli; si pone, ancora, in conflitto,
con le indicazioni di principio emergenti dalla direttiva servizi,
come interpretate dalla Corte di Giustizia dell'Unione europea con la
citata sentenza del 14 luglio 2016.
Secondo il ricorrente, la disposizione censurata, autorizzando un
utilizzo prolungato di una risorsa scarsa, limita la concorrenza e la
rende recessiva nel confronto con l'esigenza di garantire sia
l'integrale ammortamento degli investimenti, sia una piena
remunerazione del capitale investito dal concessionario. L'equilibrio
economico-finanziario dell'iniziativa del concessionario non puo'
infatti sacrificare il confronto concorrenziale lungo un arco
temporale eccessivamente esteso.
Di qui la ritenuta violazione dei parametri costituzionali
evocati, richiamati dal ricorrente anche per addurre l'illegittimita'
costituzionale, giustificata dalle medesime considerazioni
argomentative, sia dell'art. 9, comma 3, della legge regionale
impugnata, che pone in anni quaranta il medesimo limite massimo di
durata per la concessioni con finalita' turistico ricreative relative
a beni ricompresi all'interno della laguna di Marano-Grado; sia
dell'art. 41 della stessa legge, il quale, introducendo l'art. 6-bis
nella legge della Regione autonoma Friuli-Venezia Giulia 13 novembre
2006, n. 22 (Norme in materia di demanio marittimo con finalita'
turistico-ricreativa e modifica alla legge regionale n. 16/2002 in
materia di difesa del suolo e di demanio idrico), prevede, per i beni
estranei alla laguna di Marano-Grado, che «[n]el rispetto del
principio di proporzionalita', le concessioni aventi finalita'
turistico-ricreativa sono rilasciate per il periodo richiesto dal
soggetto istante e, comunque, per il periodo massimo di quaranta
anni, sulla base del piano economico-finanziario di cui all'articolo
8, comma 1, lettera c), tale da giustificare la durata della
concessione».
6.- Il Governo censura, ancora, l'art. 48, comma 6, della legge
reg. Friuli-Venezia Giulia n. 10 del 2017, con il quale si dispone
che, per i componenti esterni del «Comitato tecnico di
valutazione-Sezione demaniale» previsto dal medesimo articolo, il
gettone da corrispondere per ogni seduta venga determinato in euro
120. Tanto contrasterebbe con l'art. 6 del d.l. n. 78 del 2010 (che
fissa in 30 euro la soglia massima del gettone di presenza), quale
norma di coordinamento della finanza pubblica, non derogabile dalla
Regione nell'esercizio della sua potesta' legislativa concorrente,
con conseguente violazione dell'art. 117, terzo comma, Cost.
7.- Ad avviso del Governo, infine, e' costituzionalmente
illegittimo l'art. 49 della legge regionale impugnata, perche' in
asserito conflitto con l'art. 117, primo comma, secondo comma,
lettera e), e terzo comma, Cost. La previsione in oggetto impone al
concessionario subentrante il pagamento, in favore dell'uscente, di
un indennizzo computato considerando il valore degli investimenti non
ancora ammortizzati e l'avviamento maturato nella gestione pregressa
del bene.
La mancata rinnovazione del titolo, dunque, potrebbe determinare
riflessi negativi per la finanza pubblica, legittimando l'uscente ad
una azione risarcitoria nei confronti dell'amministrazione, statale o
regionale, cui va riferita la titolarita' dominicale sul bene
coinvolto, cosi' da contrastare con la normativa statale in materia
di coordinamento della finanza pubblica di cui all'art. 117, terzo
comma, Cost.
La disposizione, inoltre, avrebbe l'effetto di attribuire
all'uscente un indebito vantaggio, cosi' da provocare una restrizione
della concorrenza, in aperto contrasto con l'art. 117, primo comma,
Cost., integrato dal tenore dell'art. 12 della direttiva servizi, e
con il comma secondo, lettera e), della stessa norma costituzionale.
8.- La Regione autonoma resistente si e' costituita in giudizio
con memoria depositata il 1° agosto 2017, concludendo per la
inammissibilita' o comunque per la infondatezza delle questioni
prospettate dal Governo.
8.1.- In linea generale, la resistente eccepisce
l'inammissibilita' delle questioni, tutte prospettate con esclusivo
riferimento ai parametri costituzionali in luogo delle previsioni
contenute nello statuto speciale, pur nella consapevolezza espressa
nel ricorso, che la legge impugnata e' stata approvata nell'esercizio
della competenza legislativa primaria in materia di turismo e
industria alberghiera, ai sensi dell'art. 4, n. 10), del citato
statuto.
Eccepisce, ancora, l'inammissibilita' delle questioni prospettate
in riferimento all'art. 117, primo e terzo comma, Cost., parametri
non richiamati nella delibera autorizzativa.
8.2.- Relativamente all'art. 7, la resistente deduce
l'inammissibilita' della questione avuto riguardo alle disposizioni
diverse da quella contenuta nel comma 4, avendo il Governo
argomentato la censura riferendosi esclusivamente a tale ultima
previsione. Nel merito, ne contrasta la fondatezza perche' la
pubblicazione della domanda di concessione non e' imposta neppure
dalla stessa legislazione nazionale richiamata dal ricorrente. In
ogni caso, diversamente da quanto addotto nel ricorso, le deroghe al
sistema di pubblicita' previste dalla disposizione censurata
avrebbero ragion d'essere perche' afferenti a concessioni in cui
l'occupazione del bene demaniale risponde ad un interesse pubblico
specifico preminente, tanto da risultare strumentale o servente
rispetto ad altri provvedimenti emessi all'esito di procedure ad
evidenza pubblica; in alternativa, sarebbero riferibili a concessioni
prive di rilevanza economica, cosi' da rendere inconferenti i
principi evocati in tema di trasparenza e tutela della concorrenza.
8.3.- Quanto alle censure rivolte all'art. 8 della legge
regionale impugnata, la resistente evidenzia che, diversamente da
quanto sostenuto nel ricorso, i criteri dettati dalla norma censurata
contribuiscono ad offrire un quadro chiaro e delineato, utile ad
orientare la discrezionalita' amministrativa nel valutare le domande
di affidamento concessorio, in linea con quanto previsto dall'art. 12
della direttiva servizi ed in assenza di una legislazione statale
che, altrettanto precisamente, segni le linee guida della relativa
azione amministrativa. L'unica norma rilevante al fine, ad avviso
della resistente, andrebbe individuata nell'art. 37 del codice della
navigazione, il cui contenuto non si pone in conflitto con le
disposizioni censurate.
Ne', ancora, puo' ritenersi sanzionabile l'asserita eccessiva
latitudine del rinvio alla norma regolamentare, considerato il grado
di analiticita' della norma primaria. Le disposizioni censurate,
inoltre, non sarebbero in contrasto con il diritto dell'Unione
europea, o con la disciplina statale, non identificabile
nell'inconferente riferimento al contenuto del d.l. n. 400 del 1993.
Il riferimento, poi, alla valorizzazione dell'esperienza e della
professionalita' del concessionario e' erroneamente interpretato:
nella sua corretta esegesi si riferisce ad una esperienza
generalmente acquista nel settore di riferimento, in linea con quanto
previsto del resto dall'art. 83, comma 1, del decreto legislativo 18
aprile 2016, n. 50 (Attuazione delle direttive 2014/23/UE, 2014/24/UE
e 2014/25/UE sull'aggiudicazione dei contratti di concessione, sugli
appalti pubblici e sulle procedure d'appalto degli enti erogatori nei
settori dell'acqua, dell'energia, dei trasporti e dei servizi
postali, nonche' per il riordino della disciplina vigente in materia
di contratti pubblici relativi a lavori, servizi e forniture).
Ancora, sarebbe inammissibile il profilo di incompetenza
prospettato evocando l'art 117, secondo comma, lettera e), Cost. sia
perche', a fronte di una competenza primaria, sarebbe stata violata
la clausola di cui all'art. 10 della legge costituzionale 18 ottobre
2001, n. 3 (Modifiche al Titolo V della parte seconda della
Costituzione); sia perche' non possono coesistere, se non dedotte nel
ricorso in termini di subordinazione, censure attinenti sia all'an
che al quomodo di esercizio della potesta' regionale. Nel merito la
relativa prospettazione sarebbe inoltre infondata considerato il
carattere trasversale della relativa competenza, non evocabile quando
la concorrenza, come nel caso, non e' l'oggetto immediato della
disciplina censurata.
8.4.- La resistente, inoltre, eccepisce l'inammissibilita' delle
censure prospettate avverso gli artt. 9, comma 2, 41 e 48, comma 6,
della legge reg. Friuli-Venezia Giulia n. 10 del 2017, trattandosi di
disposizioni non ricomprese nella delibera di autorizzazione
approvata dal Consiglio dei ministri.
Nel merito ne afferma l'infondatezza.
8.5.- Con riguardo al comma 3 dell'art. 9 della legge regionale
impugnata, la resistente evidenzia che il limite massimo di durata
del titolo concessorio previsto dalla disposizione censurata deve
essere considerato alla luce del dato offerto dal riferimento al
piano economico-finanziario che deve supportare l'affidamento del
bene demaniale: una tale durata massima sara', dunque, assentita se
lo impongono la complessita' delle opere da realizzare e degli
impegni economici da assumere. Del resto, la durata delle concessioni
si pone in linea con quanto previsto dall'art. 168 del d.lgs. n. 50
del 2016, in attuazione della direttiva 2014/23/UE del Parlamento
europeo e del Consiglio del 26 febbraio 2014, sull'aggiudicazione dei
contratti di concessione. Ne' la competenza esclusiva in materia
della Regione autonoma e' ostacolata dalla previsione di cui al comma
4-bis dell'art. 03 del d.l. n. 400 del 1993, disposizione che non
integra una norma di grande riforma economico-sociale, perche' la
legge attraverso la quale e' stata introdotta - l'art. 1, comma 253,
della legge 27 dicembre 2006, n. 296, recante «Disposizioni per la
formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (legge
finanziaria 2007)» - impone di interpretarne il contenuto in modo
compatibile con le disposizioni degli statuti speciali (ai sensi del
comma 1363 del citato art. 1).
8.6.- Infine, con riferimento all'art. 49 della legge regionale
impugnata, ferma la eccepita inammissibilita' della censura
prospettata in relazione all'art 117, terzo comma, Cost., per la
mancata menzione del parametro in oggetto nella delibera
autorizzativa, la difesa della resistente evidenzia che la
disposizione in questione non si pone in conflitto con il comma
secondo, lettera e), dello stesso art. 117 Cost., perche' il rispetto
della remunerazione degli investimenti operati dal concessionario
uscente deve ritenersi coerente con quanto evidenziato nel
considerando n. 52 della direttiva 2014/23/UE; il riconoscimento
dell'avviamento, quale ulteriore parametro dell'indennizzo dovuto dal
subentrante, finisce, inoltre, per riequilibrare la situazione
provocata dal subentro di un nuovo concessionario, il quale si
avvantaggia di tale componente positiva inerente all'attivita' di
impresa svolta sul bene concesso in affidamento.
9.- Con memoria depositata il 16 marzo 2018, l'Avvocatura
generale dello Stato ha precisato che le questioni portate allo
scrutinio della Corte vanno limitate a quelle indicate nella delibera
autorizzativa. Ancora, la difesa erariale ha replicato alle ulteriori
eccezioni di inammissibilita' sollevate dalla resistente,
segnalandone l'infondatezza, ribadendo, inoltre, le argomentazioni
esposte nel merito a fondamento dell'impugnazione.
10.- La Regione autonoma resistente ha ulteriormente replicato
alle difese erariali con memoria depositata il 20 marzo 2018.
Oltre a ribadire le eccezioni di inammissibilita' nonche' i
motivi di infondatezza prospettati in riferimento alle diverse
questioni poste dal Governo, la resistente ha anche segnalato che,
dopo la proposizione del ricorso, con la legge della Regione autonoma
Friuli-Venezia Giulia 4 agosto 2017, n. 31 (Assestamento del bilancio
per gli anni 2017-2019 ai sensi dell'articolo 6 della legge regionale
10 novembre 2015, n. 26) e' stata sospesa l'efficacia di tutte le
disposizioni impugnate, ad eccezione dell'art. 48, fino alla
definizione del giudizio costituzionale.
La Regione segnala altresi' che, con il comma 22 dell'art. 11
della legge regionale da ultimo citata, e' stato, inoltre, modificato
il tenore dell'impugnato comma 6 dell'art. 48 della legge reg.
Friuli-Venezia Giulia n. 10 del 2017, eliminando il riferimento
quantitativo al gettone di presenza in origine previsto e disponendo
che l'ammontare del detto gettone venga determinato «[...] nel
rispetto dei principi di contenimento della spesa pubblica per gli
organi collegiali secondo quanto previsto dalla legge regionale 29
dicembre 2010, n. 22 (Legge finanziaria 2011)».
Tale modifica, ad avviso della resistente, dovrebbe soddisfare le
ragioni di doglianza esposte dal Governo a sostegno della relativa
questione, con conseguente cessazione della materia del contendere;
declaratoria, tuttavia, impedita nella specie in ragione della gia'
rilevata inammissibilita' del ricorso in parte qua, non essendo la
disposizione impugnata tra quelle espressamente indicate nella
delibera autorizzativa.
Avuto riguardo, poi, alla questione proposta in relazione
all'art. 49 della legge regionale impugnata, la resistente, pur
mostrandosi consapevole della analogia di contenuti tra la
disposizione censurata e quella della Regione Toscana scrutinata da
questa Corte con la sentenza n. 157 del 2017, ha tuttavia evidenziato
che in quella occasione la declaratoria di illegittimita'
costituzionale e' stata ancorata al parametro di cui al comma
secondo, lettera e), dell'art 117 Cost.; parametro, questo, che nel
presente giudizio non dovrebbe trovare applicazione in ragione della
autonomia speciale della resistente, nonche' della riferibilita'
dell'intervento legislativo in esame alla competenza legislativa
primaria dettata dall'art. 4, numero 6), dello statuto regionale ed
in considerazione del limite deducibile dall'art. 10 della legge
cost. n. 3 del 2001.
Considerato in diritto
1.- Il Presidente del Consiglio dei ministri ha impugnato gli
artt. 7, 8, 9, commi 2 e 3, 41, 48, comma 6, e 49 della legge della
Regione autonoma Friuli-Venezia Giulia 21 aprile 2017, n. 10
(Disposizioni in materia di demanio marittimo regionale e demanio
marittimo stradale, nonche' modifiche alle leggi regionali 17/2009,
28/2002 e 22/2006), ritenuti in contrasto con l'art. 117, primo
comma, secondo comma, lettera e), e terzo comma, della Costituzione.
2.- In via preliminare, va evidenziato che le conclusioni
prospettate con il ricorso, in linea con la delibera del Consiglio
dei ministri che ha autorizzato la proposizione delle questioni di
legittimita' costituzionale (il cui contenuto e' definito dal
pedissequo richiamo alla relazione del Dipartimento degli Affari
regionali e per le autonomie resa nell'occasione), non contengono
alcun riferimento agli artt. 9, comma 2, 41 e 48 della legge
impugnata.
Nel contesto del ricorso, tuttavia, si argomenta diffusamente e
viene in coerenza chiesta anche la declaratoria di illegittimita'
costituzionale di queste ultime disposizioni. L'interpretazione
dell'atto di promovimento, letto nel suo complessivo tenore, porta
dunque a ritenere che l'impugnazione e' stata estesa anche alle
citate disposizioni, malgrado le stesse certamente esondino dagli
argini tracciati dall'atto autorizzativo.
Di qui la fondatezza della eccezione di inammissibilita'
sollevata dalla difesa della resistente con riguardo alla
impugnazione delle disposizioni contenute negli artt. 9, comma 2, 41
e 48, comma 6, della legge reg. Friuli-Venezia Giulia n. 10 del 2017,
per la corrispondenza che deve sussistere, relativamente alle norme
censurate, tra la deliberazione con cui l'organo legittimato si
determina all'impugnazione ed il contenuto del ricorso.
L'evidenziata inammissibilita' del ricorso, per la
pregiudizialita' che la connota, non rende necessario approfondire il
profilo della sopravvenuta modifica del censurato art. 48, comma 6,
della legge regionale impugnata, apportata dall'art. 11, comma 22,
della legge della Regione autonoma Friuli-Venezia Giulia 4 agosto
2017, n. 31 (Assestamento del bilancio per gli anni 2017-2019 ai
sensi dell'articolo 6 della legge regionale 10 novembre 2015, n. 26).
3.- Sempre in via preliminare, va anche rimarcato che la delibera
autorizzativa del Consiglio dei Ministri prospetta la violazione del
secondo comma, lettere e) ed l), dell'art. 117 Cost., in ragione
della ritenuta lesione della competenza legislativa esclusiva dello
Stato nelle materie della tutela della concorrenza e dell'ordinamento
civile.
3.1.- Il ricorso si allinea solo parzialmente all'atto
autorizzativo.
In primo luogo, nell'atto di promovimento non viene prospettata
alcuna censura in riferimento all'art. 117, comma secondo, lettera
l), Cost., evocando espressamente la lettera e) del medesimo secondo
comma dell'articolo in questione, parametro riferito a tutte le
questioni.
In termini di evidente eccentricita' rispetto alla delibera di
autorizzazione, nel ricorso si fa altresi' riferimento all'art. 117,
primo comma, Cost., integrato dallo specifico richiamo all'art. 12
della direttiva 2006/123/CE del Parlamento Europeo e del Consiglio
del 12 dicembre 2006, relativa ai servizi nel mercato interno (da
qui: direttiva servizi); si adduce, altresi', la violazione dell'art.
117, comma terzo, Cost., limitatamente alla sola impugnazione
dell'art. 49 della legge reg. Friuli-Venezia Giulia n. 10 del 2017.
Infine, in linea con l'argomentare complessivo
dell'autorizzazione governativa, l'atto di promovimento individua le
competenze legislative primarie della resistente, dettate dall'art.
4, numero 6) e numero 10), della legge costituzionale 31 gennaio
1963, n. 1 (Statuto speciale della Regione Friuli-Venezia Giulia),
rispettivamente afferenti alle materie dell'industria e del
commercio, nonche' del turismo e dell'industria alberghiera, queste
ultime due richiamate anche dal legislatore regionale (art. 1 della
legge regionale impugnata) per legittimare l'adozione delle
disposizioni censurate. Al contempo, nel ricorso, viene puntualmente
rimarcata la recessivita' di siffatte previsioni rispetto al limite,
imposto dal primo periodo del citato art. 4 dello statuto speciale,
inerente al necessario rispetto delle norme «fondamentali delle
riforme economico-sociali», emanate dallo Stato nella materia della
«tutela della concorrenza», cui risultano connesse, ad avviso del
Governo ricorrente, le disposizioni censurate.
3.2.- I rilievi che precedono portano alla inammissibilita' delle
questioni prospettate con riferimento all'art. 117, commi primo e
terzo, Cost.; parametri, questi, certamente estranei al contenuto,
anche solo argomentativo, della delibera autorizzativa.
Sebbene la giurisprudenza costituzionale attribuisca alla difesa
del ricorrente un'autonomia tecnica nella indicazione dei parametri
di censura, riconoscendo ad essa il potere di integrare il tenore
della autorizzazione (sentenza n. 39 del 2017), tale discrezionalita'
trova comunque «[...] il suo limite nel perimetro delle ragioni
espresse nella deliberazione a ricorrere poiche' e' evidente che non
possono essere introdotte censure diverse o ulteriori rispetto a
quelle indicate dall'organo politico» (cosi', da ultimo, sentenze n.
270 e n. 228 del 2017).
3.3.- Non e' fondata, invece, l'eccezione di inammissibilita'
sollevata dalla difesa della resistente in ordine alla mancata
evocazione dei parametri statutari nelle conclusioni del ricorso.
3.3.1.- E' ben vero che, secondo la costante giurisprudenza di
questa Corte, l'art. 10 della legge costituzionale 18 ottobre 2001,
n. 3 (Modifiche al Titolo V della parte seconda della Costituzione)
limita l'applicabilita' alle Regioni a statuto speciale «dell'art.
117 Cost., nel testo introdotto da quest'ultima legge, alle parti in
cui esso assicura forme di autonomia piu' ampie rispetto alle
disposizioni statutarie. Laddove venga sottoposta a censura di
legittimita' costituzionale una disposizione di legge di un soggetto
ad autonomia speciale, la compiuta definizione dell'oggetto del
giudizio [...] non puo' pertanto prescindere dall'indicazione delle
competenze legislative assegnate dallo Statuto speciale, tanto piu'
se queste risultino astrattamente pertinenti all'oggetto del giudizio
[...]» (da ultimo, sentenza n. 52 del 2017).
Tuttavia la stessa giurisprudenza costituzionale ha precisato che
siffatto requisito di ammissibilita' va inteso nel senso che, dal
contesto del ricorso, deve emergere l'esclusione della possibilita'
di operare il sindacato di legittimita' costituzionale in base allo
statuto speciale, ritenendo sufficiente, ma necessaria,
un'indicazione, sia pure sintetica al riguardo, in ordine
all'estraneita' della materia alla sfera di attribuzioni stabilita
dallo stesso, nonche' una pur non diffusamente argomentata evocazione
dei limiti di competenza fissati da quest'ultimo (sentenze n. 142 del
2015 e n. 288 del 2013).
Nel caso in esame, per quanto prima evidenziato, il ricorso del
Presidente del Consiglio dei ministri, in coerenza con la delibera di
autorizzazione, sotto questo profilo non puo' ritenersi sfornito
degli elementi argomentativi minimi richiesti per valutarne
positivamente l'ammissibilita'.
Ne consegue l'infondatezza della relativa eccezione.
3.4.- Il ricorso, risulta, quindi, correttamente articolato
rivendicando congiuntamente (sentenza n. 151 del 2015) sia la lesione
del parametro statutario, in ragione dei limiti che lo stesso statuto
detta rispetto all'espansione della competenza legislativa primaria
della Regione autonoma; sia la conflittualita' delle disposizioni
impugnate rispetto al parametro di cui all'art. 117 Cost., ora
delimitato, in ragione dei profili di inammissibilita' gia'
riscontrati, al solo secondo comma, lettera e), relativo alla «tutela
della concorrenza».
4.- Definito il perimetro oggettivo della verifica ascritta a
questa Corte, giova sottolineare che le disposizioni impugnate si
inseriscono in un piu' ampio intervento normativo destinato a
coinvolgere oggetti diversi, innovando le previgenti discipline della
Regione autonoma in tema di demanio marittimo, idrico e stradale. Per
quel che qui immediatamente interessa, le norme censurate attengono
primariamente al demanio marittimo regionale e, solo in minima parte,
anche al demanio idrico; ed ineriscono al profilo della concessione
in uso dei relativi beni demaniali.
4.1.- La legge impugnata introduce, in primo luogo, una apposita
disciplina relativa alle funzioni amministrative inerenti al demanio
marittimo della laguna di Marano-Grado, individuata in ragione di
quanto previsto dall'art. 30, comma 2, della legge 5 marzo 1963, n.
366 (Nuove norme relative alle lagune di Venezia e di Marano-Grado).
A tale ambito demaniale viene dedicato il Titolo II della legge de
qua, cui si riferiscono, in particolare, gli impugnati artt. 7, 8 e
9, inseriti nel Capo afferente alle concessioni ed autorizzazioni e
rispettivamente inerenti all'affidamento concessorio, ai criteri che
devono guidare le procedure di aggiudicazione nonche' alla durata dei
titoli in questione.
4.2.- Sempre in tema di demanio marittimo, la legge in esame ha
inoltre ampliato l'oggetto della legge della Regione autonoma
Friuli-Venezia Giulia 13 novembre 2006, n. 22 (Norme in materia di
demanio marittimo con finalita' turistico-ricreativa e modifica alla
legge regionale n. 16/2002 in materia di difesa del suolo e di
demanio idrico), in origine chiamata a dettare la disciplina delle
sole concessioni demaniali aventi finalita' turistico-ricreativa
relative ad ambiti demaniali estranei alla citata laguna di
Marano-Grado (l'art. 1, comma 3, ne prevede, ancora oggi, l'espressa
esclusione).
Innovando l'art. 1 della citata legge, la relativa disciplina
normativa risulta oggi rivolta, con la precisazione territoriale
sopra richiamata, a regolare tutte le concessioni in uso dei beni del
demanio marittimo della Regione resistente.
4.3.- Infine, per quel che qui interessa, il Titolo IV della
legge reg. Friuli-Venezia Giulia n. 10 del 2017 introduce alcune
disposizioni generali, indistintamente rivolte alla disciplina
amministrativa dei beni demaniali.
Tra queste, rileva quella dettata dal censurato art. 49, con la
quale si impone al concessionario subentrante il pagamento di un
indennizzo in favore dell'uscente in caso di mancato rinnovo dei
relativi titoli inerenti al demanio marittimo e idrico.
5.- Ad avviso del ricorrente, le disposizioni impugnate sono
tutte caratterizzate da una stretta correlazione funzionale con la
materia della «tutela della concorrenza», riservata alla competenza
legislativa esclusiva dello Stato, da ritenersi applicabile in luogo
di quelle primarie della Regione autonoma resistente, rivendicate
dalla stessa a sostegno della legittima emanazione delle disposizioni
impugnate.
6.- La disciplina concernente il rilascio delle concessioni su
beni demaniali investe, in via di principio, diversi ambiti materiali
di spettanza sia statale che regionale.
6.1.- Si e' gia' evidenziato che le norme censurate afferiscono
alla disciplina delle funzioni amministrative in materia di demanio
marittimo e di demanio idrico, trasferite alla Regione resistente,
quanto al demanio marittimo, in attuazione dell'art. 7 del d.P.R. 15
gennaio 1987, n. 469 (Norme integrative di attuazione dello statuto
speciale della regione Friuli-Venezia Giulia); quanto ai beni
ricompresi nella laguna di Marano-Grado, in forza degli artt. 1,
comma 2, e 2, comma 3, del decreto legislativo 25 maggio 2001, n. 265
(Norme di attuazione dello Statuto speciale della regione
Friuli-Venezia Giulia per il trasferimento di beni del demanio idrico
e marittimo, nonche' di funzioni in materia di risorse idriche e di
difesa del suolo); infine, quanto al demanio idrico, in virtu'
dell'art. 2 del citato d.lgs. n. 265 del 2001.
6.2.- Le norme impugnate, nella comune opinione delle stesse
parti in giudizio, intersecano anche competenze primarie ascritte
alla Regione resistente in ragione di quanto previsto dall'art. 4, n.
10), dello statuto (in materia di turismo e industria alberghiera),
espressamente richiamato dall'art. 1 della legge impugnata. Non sono
poi estranee anche alla competenza, sempre primaria, prevista in
materia di commercio (art. 4, n. 6 dello statuto), peraltro
richiamata dallo stesso ricorrente.
6.3.- Tuttavia, laddove l'intervento legislativo riguardi
l'affidamento in concessione del bene demaniale, le citate competenze
regionali trovano un limite insuperabile in quella, esclusiva,
ascritta allo Stato ex art. 117, secondo comma, lettera e), Cost., in
materia di «tutela della concorrenza».
I criteri e le modalita' di affidamento delle concessioni
inerenti al demanio marittimo (ex plurimis, sentenze n. 157 e n. 40
del 2017) e idrico (sentenze n. 117 del 2015, n. 114 del 2012 e n.
235 del 2011) devono, infatti, essere stabiliti nell'osservanza dei
principi della libera concorrenza e della liberta' di stabilimento,
previsti dalla normativa dell'Unione comunitaria e nazionale; ambiti
da ritenersi generalmente estranei alla possibilita' di intervento
legislativo delle Regioni per la natura trasversale che viene
ascritta alla citata competenza legislativa statale (sentenza n. 30
del 2016).
6.4.- Diversamente da quanto ritenuto dalla difesa della
resistente, l'autonomia speciale e la potenziale, concomitante,
riconducibilita' delle norme censurate anche alle citate ipotesi di
competenza legislativa, anche primaria, della stessa, non
impediscono, a monte, l'evocazione delle competenze statali, in
ragione di quanto previsto dall'art. 10 della legge cost. n. 3 del
2001.
6.4.1.- Si tratta di competenze, quelle evocate dalla Regione
autonoma a supporto della legittima approvazione delle disposizioni
censurate, che, in forza di espressa previsione statutaria, trovano
comunque un limite - per quel che qui immediatamente interessa, in
ragione delle censure prospettate rimaste estranee ai gia' rilevati
profili di inammissibilita' - nel necessario rispetto delle «norme
fondamentali delle riforme economico-sociali». Limite, questo, come
si e' detto, puntualmente evocato dalla difesa statale, con specifico
riferimento al disposto del primo periodo dell'art. 4 dello statuto
speciale della resistente; e che, certamente, ricomprende le
disposizioni che incidono sulla tutela della concorrenza, ancor di
piu' considerando il legame che corre, in detta materia, tra
l'ordinamento interno e quello derivato dal diritto dell'Unione
europea, tanto da imporre un'imprescindibile uniformita' territoriale
di regolazione.
6.4.2.- Non a caso, sul tema in oggetto, assume un rilievo
dirimente l'art. 16 del decreto legislativo 26 marzo 2010, n. 59
(Attuazione della direttiva 2006/123/CE relativa ai servizi nel
mercato interno), emanato in attuazione dell'art. 12 della gia'
citata direttiva servizi; disposizione, quest'ultima, pacificamente
attratta all'area della tutela della concorrenza, che trova
applicazione in tema di affidamento in uso dei beni demaniali, come
piu' volte affermato da questa Corte (sentenze n. 117 del 2015 e n.
171 del 2013) in riferimento al demanio marittimo ed a quello idrico,
in linea, del resto, con quanto recentemente ribadito dalla Corte di
Giustizia dell'Unione europea (sentenza 14 luglio 2016, nelle cause
riunite C-458/14, Promoimpresa srl e C-67/15, Mario Melis e altri).
In particolare, il citato art. 16 del d.lgs. n. 59 del 2010,
ribadendo il contenuto della direttiva, impone - laddove l'attivita'
sottesa all'affidamento in uso debba essere contingentata a causa
della scarsita' delle risorse naturali suscettibili di sfruttamento -
procedure di evidenza pubblica per la scelta del concessionario,
nonche' una durata limitata del titolo assentito ed il divieto di
norme volte ad avvantaggiare il concessionario uscente.
Indicazioni di principio, queste, che, per espressa e coerente
indicazione resa dal medesimo legislatore, costituiscono «norme
fondamentali di riforma economico-sociale» (ai sensi dell'art. 1,
comma 3, del citato d.lgs.), cosi' da limitare le competenze
legislative anche primarie delle autonomie speciali in forza di
previsioni statutarie omologhe a quella vigente nella Regione
autonoma resistente.
6.4.3.- Ne consegue che il parametro costituzionale ritualmente
evocato nel ricorso, quello afferente alla tutela della concorrenza,
finisce per riempire di contenuti il limite statutario altrettanto
prospettato a fondamento dell'impugnazione (sentenza n. 263 del
2016).
Nel disciplinare l'affidamento in concessione di detti beni
demaniali, la legislazione regionale, anche se espressione di una
correlata competenza primaria, e' dunque destinata a cedere il passo
alla competenza legislativa esclusiva dello Stato in materia di
«tutela della concorrenza» ogni qualvolta l'oggetto della regolazione
finisca per influire sulle modalita' di scelta del contraente o sulla
durata del rapporto, ove si incida sull'assetto concorrenziale dei
mercati in termini tali da restringere il libero esplicarsi delle
iniziative imprenditoriali.
6.5.- Lo scrutinio di legittimita' costituzionale impone,
pertanto, di verificare se le norme impugnate, considerate in ragione
della ratio, della finalita', dell'oggetto e del contenuto che le
connota, hanno o meno invaso la competenza esclusiva in materia di
tutela della concorrenza. Non senza trascurare, tuttavia, che il
riferimento alla detta materia non puo' ritenersi cosi' pervasivo da
impedire, aprioristicamente, ogni spazio di intervento alle Regioni
nella materia che interessa (sentenza n. 98 del 2017); e che, in
particolare, non sono in grado di arrecare l'addotto vulnus
competenziale quelle norme che possano ritenersi dotate di una
valenza pro-competitiva (sentenze n. 97 del 2014 e n. 288 del 2010).
7.- Alla luce delle superiori indicazioni di principio, puo' ora
procedersi allo scrutinio delle singole questioni residuate al
giudizio di inammissibilita' anticipato in precedenza con riguardo
all'impugnazione proposta nei confronti degli artt. 9, comma 2, 41 e
48 della legge reg. Friuli-Venezia Giulia n. 10 del 2017.
8.- Prendendo le mosse dalla questione proposta nei confronti
dell'art. 7 della legge impugnata, il comma 1 di esso prevede che
«[i]l procedimento per l'affidamento in concessione di aree demaniali
marittime, nel rispetto dei principi di trasparenza, pubblicita' e
concorrenza, puo' essere avviato su istanza di parte o d'ufficio».
Lo stesso articolo dispone, inoltre, che, in linea di principio,
le istanze di concessione sono pubblicate con le forme imposte dal
comma 2, diversificate nei tempi e modi di pubblicazione avuto
riguardo alle strutture dedicate alla nautica di diporto (comma 3).
Il comma 4 del detto articolo, limitatamente all'affidamento
avviato su istanza di parte, dispone che «[...] non sono soggette a
pubblicazione le istanze di: a) concessione per la realizzazione o il
mantenimento di opere pubbliche, di pubblica utilita' o destinate
all'erogazione di pubblici servizi; b) concessione per la
realizzazione o il mantenimento di opere finalizzate al trasporto o
all'erogazione di fonti energetiche; c) autorizzazioni di cui
all'articolo 5, commi 2 e 3; d) concessione per la realizzazione di
interventi di ripristino e protezione delle barene, degli argini o di
pulizia dei canali; e) concessione per l'utilizzo temporaneo dei beni
del demanio marittimo regionale di cui all'articolo 9, comma 7; f)
concessione finalizzata allo svolgimento di esercitazioni o
manifestazioni di protezione civile o alla prevenzione
dell'incolumita' pubblica o alla salvaguardia ambientale».
Gli ulteriori commi dell'articolo in questione ineriscono alla
pubblicita' delle istanze concorrenti aventi un oggetto diverso da
quella in scadenza (comma 5); alla procedura di affidamento avviata
dall'ufficio (comma 6); alla concessione in uso finalizzata alla
realizzazione di manifestazioni organizzate da enti pubblici o da
associazioni senza scopo di lucro, per una durata massima di dieci
giorni (comma 7).
8.1.- Secondo il Presidente del Consiglio dei ministri, le
deroghe all'onere di pubblicita' previste dal comma 4 dell'impugnato
art. 7 della legge reg. Friuli-Venezia Giulia n. 10 del 2017 non
sarebbero in alcun modo giustificate. Si porrebbero, dunque, in
contrasto con i principi di matrice europea ribaditi dalla normativa
statale in tema di trasparenza nelle procedure di assegnazione,
violando la competenza statale in materia di «tutela della
concorrenza».
8.2.- Il ricorso, anche con riferimento a siffatta questione, e'
inammissibile.
8.3.- In linea preliminare va segnalato che la censura e'
esclusivamente riferita alle disposizioni contenute nel comma 4
dell'articolo in esame.
L'oggetto della questione va dunque limitato solo a tale comma.
8.4.- Cio' premesso, non e' revocabile in dubbio che il tema
della pubblicita' delle istanze che portano all'affidamento in
concessione e' immediatamente connesso ai profili della competizione
concorrenziale, garantita, quanto alla scelta dell'affidatario, da
una selezione aperta, pubblica e trasparente cosi' come delineata, in
via di principio, prima dalla direttiva servizi e poi dalla normativa
interna di attuazione della stessa, gia' richiamata.
Tuttavia, per evocare la tutela della concorrenza, e' necessario
che l'affidamento riguardi un utilizzo del bene demaniale
strettamente correlato ad iniziative economiche suscettibili di
attivare la dinamica concorrenziale. In mancanza, le relative
disposizioni devono ritenersi estranee alla citata competenza
statale, per rientrare nei campi regolatori coperti dalle competenze
legislative ascritte alla Regione, piu' volte citate, prima tra tutte
quella immediatamente inerente alla disciplina delle funzioni
amministrative legate alla gestione dei beni del demanio marittimo
(nel caso, quelli relativi alla laguna di Marano-Grado).
8.4.1.- Questa Corte ha piu' volte chiarito che «il ricorso in
via principale [...] deve contenere una argomentazione di merito a
sostegno della richiesta declaratoria di illegittimita'
costituzionale, giacche' l'esigenza di un'adeguata motivazione a
supporto della impugnativa si pone in termini perfino piu' pregnanti
nei giudizi diretti rispetto a quelli incidentali» (ex plurimis,
sentenze n. 64 del 2016 e n. 82 del 2015).
8.4.2.- La censura in esame non si pone in linea con tali
indicazioni.
Il ricorso, in parte qua, riposa esclusivamente sull'addotto
legame che corre, in linea di principio, tra l'onere di pubblicita'
dell'istanza di concessione ed il profilo competitivo del libero
accesso al mercato di riferimento, altrimenti pretermesso in mancanza
della adeguata conoscibilita' della prospettiva di affidamento in uso
del bene demaniale.
Il ricorrente trascura, invece, integralmente di descrivere e
precisare in che termini le deroghe previste dalla legge regionale
impugnata inciderebbero sulla competitivita' imprenditoriale; e
siffatta carenza di approfondimento assume ancor piu' rilievo ove si
consideri, in linea con quanto prospettato dalla difesa della
resistente, il portato letterale delle ipotesi prese in
considerazione dalle disposizioni censurate, prima facie legate ad
occupazioni del bene demaniale prive di rilievo economico o correlate
ad attivita' di interesse pubblico, rispetto alle quali la selezione
dell'affidatario e' stata svolta in precedenza, nel rispetto delle
regole di evidenza pubblica.
Di qui l'inammissibilita' della questione riferita al comma 4
dell'art. 7 della legge reg. Friuli-Venezia Giulia n. 10 del 2017.
9.- Il Presidente del Consiglio dei ministri ha anche censurato
l'intero disposto dell'art. 8 della legge regionale in esame.
9.1.- Il comma 1 di tale articolo prevede che « [i]n caso di
pluralita' di domande di concessione per l'utilizzo del bene
demaniale la comparazione delle domande e' fatta sulla base dei
seguenti quattro principi: a) migliore utilizzo pubblico del bene
demaniale; b) armonizzazione delle azioni sul territorio per uno
sviluppo sostenibile; c) valutazione degli standard qualitativi dei
servizi; d) misure migliorative della fruibilita' e accessibilita'
per i soggetti diversamente abili».
Ai sensi del comma 2, in aggiunta ai predetti criteri, la Giunta
regionale e' chiamata ad individuare «[...] preventivamente almeno
uno dei seguenti principi che sono comunicati contestualmente
all'invito a presentare istanze concorrenti: a) qualita' degli
impianti e manufatti, da valutarsi anche con riferimento al pregio
architettonico; b) valorizzazione paesaggistico-ambientale; c)
ricadute a favore del territorio e sviluppo occupazionale dell'area
interessata; d) piano di manutenzione, conservazione e salvaguardia
del bene demaniale; e) utilizzo di impianti e manufatti costruiti con
pratiche eco-sostenibili; f) somministrazione di prodotti locali».
Il comma 3, infine, prevede che «[l]e procedure, i termini, i
criteri attuativi dei principi di cui ai commi 1 e 2, con riferimento
agli utilizzi previsti all'articolo 4, comma 2, e le disposizioni per
l'aggiudicazione delle concessioni sono individuati, anche ai fini di
una valorizzazione dell'esperienza e della professionalita' del
concessionario, con regolamento da adottarsi, previo parere della
competente Commissione consiliare, entro dodici mesi dalla data di
entrata in vigore della presente legge».
9.2.- Ad avviso del Presidente del Consiglio dei ministri, la
norma e' in contrasto con le indicazioni di principio contenute nella
direttiva servizi: la procedura comparativa introdotta riposerebbe su
criteri eccessivamente generici senza delineare un quadro
sufficientemente chiaro ne' pro-concorrenziale. Nel consentire, poi,
che attraverso il regolamento attuativo, possano essere prese in
considerazione e valorizzata l'esperienza e la professionalita' del
concessionario, la norma assegnerebbe alla fonte secondaria la
possibilita' di introdurre prescrizioni volte a favorire il
concessionario uscente, creando discriminazioni tra i diversi
operatori economici. Le tematiche oggetto del rinvio alla fonte
secondaria sarebbero, inoltre, troppo ampie e involgerebbero,
comunque, campi coperti da disposizioni di rango primario, quali
quelle dettate dal decreto-legge 5 ottobre 1993, n. 400 (Disposizioni
per la determinazione dei canoni relativi a concessioni demaniali
marittime), convertito, con modificazioni, nella legge 4 dicembre
1993, n. 494.
9.3.- Le censure non sono fondate.
9.3.1.- Giova precisare che il dato normativo di riferimento, sia
nazionale che di matrice europea, non contiene indicazioni di
dettaglio sui criteri che devono guidare la pubblica amministrazione
nel selezionare i soggetti che competono per l'affidamento in uso del
bene facente parte del demanio marittimo.
La direttiva servizi, all'art 12, primo comma, si limita ad
imporre procedure di selezione improntate ad «imparzialita' e [...]
trasparenza». Il d.lgs. n. 59 del 2010, che ne costituisce
attuazione, all'art. 16, comma 1, impone la predeterminazione dei
criteri e la propalazione degli stessi in epoca antecedente
l'affidamento; al comma 2 dello stesso articolo, dispone altresi' che
nel «[...] fissare le regole della procedura di selezione le
autorita' competenti possono tenere conto di considerazioni di salute
pubblica, di obiettivi di politica sociale, della salute e della
sicurezza dei lavoratori dipendenti ed autonomi, della protezione
dell'ambiente, della salvaguardia del patrimonio culturale e di altri
motivi imperativi d'interesse generale conformi al diritto
comunitario».
A sua volta, il codice della navigazione non contiene indicazioni
precettive particolarmente dettagliate, imponendo la preferenza, tra
piu' domande concorrenti, per quella che offre «[...] maggiori
garanzie di proficua utilizzazione della concessione» e che a
giudizio dell'amministrazione «risponda ad un piu' rilevante
interesse pubblico» (art. 37). Il d.l. n. 400 del 1993, genericamente
evocato in ricorso, non contiene, infine, argomenti in proposito.
Cio', del resto, risponde ad una logica coerenza di sistema, se
si considera che la definizione dei criteri dettagliati chiamati a
guidare la selezione dei concorrenti all'affidamento rientra tra le
competenze legislative demandate alle Regioni in esito al
trasferimento delle funzioni amministrative legate al demanio
marittimo e idrico nel rispetto dei principi di concorrenza. E tanto
legittima le conseguenti, diverse, discipline territoriali:
l'interesse pubblico correlato all'utilizzo del bene demaniale ben
puo' giustificare linee guida di selezione motivate dalle
peculiarita' di riferimento e dagli obiettivi di matrice collettiva
che ciascuna realta' regionale, sulla base delle indicazioni di
principio contenute nella legislazione statale di riferimento, puo'
ritenere preminenti nel procedere alla scelta dei possibili
utilizzatori.
9.3.2.- La relativa predisposizione normativa dei criteri, in
se', non invade, dunque, la competenza legata alla tutela della
concorrenza. Semmai, e' il contenuto dei criteri che, di caso in
caso, puo' portare alla violazione addotta, ove siano fonte di
discriminazioni e pongano in discussione la par condicio dei
partecipanti.
Tuttavia, i criteri dettati dai primi due commi dell'articolo
censurato non mettono in crisi il profilo della dinamica competitiva;
ne', del resto, la difesa erariale, segnala profili effettivi del
vulnus prospettato.
9.3.3.- Anche il riferimento che il comma 3 dell'articolo in
esame pone all'intervento integrativo demandato alla fonte
regolamentare non merita di essere censurato, perche' coerente con la
tipica dinamica che intercorre tra fonte primaria e momenti
regolatori di ulteriore dettaglio, rimessi alla normazione secondaria
rispetto alle indicazioni offerte dalla prima.
E cio' vale anche con riferimento alla scelta, adottata dal
legislatore regionale, di attribuire al regolamento il potere di
introdurre, nell'attuare i principi di cui ai primi due commi
dell'articolo censurato, parametri di valutazione diretti a
valorizzare l'esperienza e la professionalita' del concessionario.
La disposizione censurata, nel suo portato letterale, non fa
riferimento al concessionario uscente; piu' genericamente, si
riferisce al concessionario, il che lascia coerentemente pensare al
soggetto chiamato all'affidamento in esito alla selezione.
Un tale riferimento, alla luce delle indicazioni di principio
provenienti dalla direttiva servizi (e oggi dalla relativa normativa
interna di attuazione) - poste a fondamento della modifica del comma
1 dell'art. 37 cod. nav., apportata dall'art. 1, comma 18, del
decreto-legge 30 dicembre 2009, n. 194 (Proroga di termini previsti
da disposizioni legislative), convertito, con modificazioni, nella
legge 26 febbraio 2010, n. 25, nella parte in cui accordava al
concessionario uscente una preferenza nella competizione con altri
soggetti interessati all'affidamento in uso della relativa area
demaniale - non puo' che essere letto in termini tali da dare rilievo
all'esperienza genericamente maturata nel settore, prescindendo dalla
specifica correlazione con il bene oggetto della concessione.
Una diversa interpretazione della norma primaria, erroneamente
posta a fondamento dell'intervento regolamentare da adottare e che si
risolva nell'introduzione di un ulteriore criterio valutativo diretto
a favorire il concessionario uscente rispetto agli altri concorrenti
dotati della medesima esperienza professionale, si porrebbe, infatti,
in immediato conflitto con il disposto del comma 4 dell'art. 16 del
d.lgs. n. 59 del 2010 nella parte in cui, in attuazione della
direttiva servizi e proprio al fine di evitare discriminazioni nel
libero accesso al mercato di riferimento, impone il divieto di
accordare «vantaggi al prestatore uscente» al momento del
conferimento del titolo.
Cosi' interpretata la disposizione in oggetto, ne consegue la non
fondatezza della censura riferita alla stessa.
10.- Il Presidente del Consiglio dei ministri ha censurato anche
l'art. 9, comma 3, della legge reg. Friuli-Venezia Giulia n 10 del
2017, il quale, per le concessioni aventi finalita'
turistico-ricreative relative a beni che insistono nella laguna di
Marano-Grado, fissa in quaranta anni il termine di durata massima del
titolo.
10.1.- La disposizione censurata, ad avviso del ricorrente, si
pone in contrasto con la disciplina statale che, all'art. 03, comma
4-bis, del citato d.l. n. 400 del 1993, fissa in una forbice tra i
sei e i venti anni la durata per le concessioni aventi la medesima
finalita'; sarebbe altresi' in conflitto con le indicazioni di
principio emergenti dalla direttiva servizi e dal decreto legislativo
che ha dato attuazione alla stessa. Autorizzando una utilizzazione
prolungata di una risorsa scarsa, la norma limiterebbe la
concorrenza, rendendola recessiva rispetto alle esigenze di integrale
ammortamento degli investimenti e alla piena remunerazione del
capitale investito dal concessionario, sottese all'intervento
normativo regionale impugnato.
10.2.- La questione e' fondata.
Le indicazioni di disciplina derivanti dalla direttiva servizi
(comma secondo dell'art. 12) e dalla norma di attuazione della stessa
(ultimo comma dell'art. 16 del d.lgs. n. 59 del 2010) impongono una
durata limitata del titolo concessorio, in ragione dell'incidenza che
il prolungarsi dell'affidamento assume sulle prospettive legate alle
potenzialita' di ingresso nel mercato di riferimento di altri
potenziali operatori economici.
Di qui l'affermazione di questa Corte in forza della quale la
disciplina inerente alla durata delle concessioni demaniali marittime
e' di esclusiva competenza legislativa dello Stato, in quanto
immediatamente attinente alla materia della «tutela della
concorrenza» ex art. 117, secondo comma, lettera e) (da ultimo,
sentenza n. 40 del 2017).
Tale competenza, del resto, e' stata esercitata dallo Stato con
la previsione, contenuta nel comma 4-bis dell'art. 03 del d.l. n. 400
del 1993, cosi' come introdotto dall'art. 1, comma 253, della legge
27 dicembre 2006, n. 296, recante «Disposizioni per la formazione del
bilancio annuale e pluriennale dello Stato (legge finanziaria 2007)».
Disposizione, questa, con la quale e' stato fissato, in modo uniforme
per l'intero territorio nazionale, un termine di durata delle
concessioni aventi finalita' turistico-ricreative, quali quelle
considerate dalla norma impugnata, nel massimo pari ad anni venti,
palesemente diverso da quello, sempre nel massimo, previsto dalla
legge regionale in esame.
Ne consegue l'illegittimita' costituzionale dell'art. 9, comma 3,
della legge regionale impugnata per la riscontrata violazione del
limite della tutela della concorrenza.
11.- Infine, il Presidente del Consiglio dei ministri ha anche
impugnato l'art. 49 della legge reg. Friuli-Venezia Giulia n. 10 del
2017, esteso, in rubrica, in via generale, alle concessioni demaniali
marittime e idriche di pertinenza della Regione resistente.
11.1.- Il comma 1, lettere a) e b), dell'articolo censurato
prevede che il concessionario subentrante debba corrispondere
all'uscente un indennizzo che tenga conto sia della quota parte degli
investimenti non ammortizzati, sia del valore commisurato
all'avviamento maturato in forza dell'attivita' imprenditoriale
svolta utilizzando il bene concesso in uso. Indennizzo, questo, che
andra' «determinato dall'amministrazione concedente sulla base di una
perizia asseverata, redatta da un professionista abilitato, nominato
dal concessionario uscente a sue spese e sottoposta al parere di
congruita' del Comitato tecnico di valutazione di cui all'articolo
48» (comma 2); il cui valore, inoltre, dovra' essere «reso pubblico
in occasione della indizione della procedura comparativa di
selezione» (comma 3); e, infine, che costituira' l'oggetto di
apposita fideiussione rilasciata da ogni partecipante alla procedura
comparativa di selezione, a pena di esclusione dalla stessa (comma
4).
11.2.- Ad avviso del ricorrente, la disposizione avrebbe
l'effetto di attribuire all'uscente un indebito vantaggio, cosi' da
determinare una restrizione della concorrenza, in aperto contrasto
con le gia' richiamate indicazioni di principio derivanti dalla
direttiva servizi e dalle norme di attuazione della stessa.
11.3.- La questione e' fondata.
11.3.1.- La disposizione impugnata riproduce, nei suoi tratti
essenziali, il contenuto di altra norma, approvata dalla Regione
Toscana, recentemente scrutinata da questa Corte e ritenuta
costituzionalmente illegittima (sentenza n. 157 del 2017), per la
riscontrata violazione del parametro di cui all'art. 117, secondo
comma, lettera e), Cost., con valutazioni che possono essere
certamente estese alla odierna verifica.
La difesa della Regione, nella consapevolezza dell'omologo
contenuto delle due disposizioni, con la memoria depositata prima
dell'udienza, ha eccepito l'inapplicabilita' del citato parametro
costituzionale in virtu' di quanto previsto dall'art. 10 della legge
cost. n. 3 del 2001. Eccezione, questa, come gia' anticipato, che
deve ritenersi infondata in ragione del limite statutario alla
competenza legislativa primaria puntualmente evocato nel ricorso del
Governo insieme alla competenza esclusiva dello Stato in materia di
«tutela della concorrenza».
11.3.2.- Piuttosto, va rimarcato che il pagamento dell'indennizzo
previsto dalla norma censurata si lega sia alle aspettative
patrimoniali del concessionario uscente all'esito della definizione
del rapporto concessorio, sia agli obblighi che dovra' assumere il
nuovo concessionario in conseguenza dell'avvenuto subentro. Temi,
questi, che non trovano regolamentazione nella disciplina legislativa
statale di riferimento, contenuta nel codice della navigazione, in
caso di ordinaria definizione del rapporto.
In particolare, in ordine al mancato rinnovo della concessione in
essere, il codice della navigazione non assegna alcun rilievo alle
componenti economico-aziendali dell'impresa del concessionario
uscente e, in ogni caso, non prevede oneri destinati a gravare sul
nuovo concessionario.
11.3.3.- Non diversamente dalla citata disposizione della Regione
Toscana gia' dichiarata illegittima, anche quella oggetto della
odierna impugnazione introduce, pertanto, evidenti novita' nella
regolamentazione delle situazioni patrimoniali conseguenti alla
cessazione, per scadenza del termine, delle relative concessioni
demaniali, differenziando la disciplina della Regione resistente da
quella prevista per il resto del territorio nazionale.
Ne viene che, quali che siano le «[...] giustificazioni addotte
dalla Regione a sostegno della scelta normativa in esame, e' di
chiara evidenza che un siffatto obbligo [...] influisce sensibilmente
sulle prospettive di acquisizione della concessione, rappresentando
una delle componenti del costo dell'affidamento. La previsione
dell'indennizzo [...] incide infatti sulle possibilita' di accesso al
mercato di riferimento e sulla uniforme regolamentazione dello
stesso, potendo costituire, per le imprese diverse dal concessionario
uscente, un disincentivo alla partecipazione al concorso che porta
all'affidamento» (sentenza n. 157 del 2017)
Di qui la ritenuta violazione del parametro di cui all'art. 117,
secondo comma, lettera e), Cost.
per questi motivi
LA CORTE COSTITUZIONALE
1) dichiara l'illegittimita' costituzionale degli artt. 9, comma
3, e 49 della legge della Regione autonoma Friuli-Venezia Giulia 21
aprile 2017, n. 10 (Disposizioni in materia di demanio marittimo
regionale e demanio marittimo stradale, nonche' modifiche alle leggi
regionali 17/2009, 28/2002 e 22/2006);
2) dichiara inammissibili le questioni di legittimita'
costituzionale dell'art. 7, comma 4, della legge reg. Friuli-Venezia
Giulia n. 10 del 2017, promosse dal Presidente del Consiglio dei
ministri, in riferimento all'art. 117, primo e secondo comma, lettera
e), della Costituzione, con il ricorso indicato in epigrafe;
3) dichiara inammissibile la questione di legittimita'
costituzionale dell'art. 8 della legge reg. Friuli-Venezia Giulia n.
10 del 2017, promossa dal Presidente del Consiglio dei ministri, in
riferimento all'art. 117, primo comma, Cost., con il ricorso indicato
in epigrafe;
4) dichiara inammissibili le questioni di legittimita'
costituzionale degli artt. 9, comma 2, e 41 della legge reg.
Friuli-Venezia Giulia n. 10 del 2017, promosse dal Presidente del
Consiglio dei ministri, in riferimento all'art. 117, primo e secondo
comma, lettera e), Cost., con il ricorso indicato in epigrafe;
5) dichiara inammissibili le questioni di legittimita'
costituzionale dell'art. 48, comma 6, della legge reg. Friuli-Venezia
Giulia n. 10 del 2017, promosse dal Presidente del Consiglio dei
ministri, in riferimento all'art. 117, primo comma, secondo comma,
lettera e), e terzo comma, Cost., con il ricorso indicato in
epigrafe;
6) dichiara non fondata, nei sensi di cui in motivazione, la
questione di legittimita' costituzionale dell'art. 8 della legge reg.
Friuli-Venezia Giulia n. 10 del 2017, promossa dal Presidente del
Consiglio dei ministri, in riferimento all'art. 117, secondo comma,
lettera e), Cost., con il ricorso indicato in epigrafe.
Cosi' deciso in Roma, nella sede della Corte Costituzionale,
Palazzo della Consulta, l'11 aprile 2018.
F.to:
Giorgio LATTANZI, Presidente
Augusto Antonio BARBERA, Redattore
Roberto MILANA, Cancelliere
Depositata in Cancelleria il 30 maggio 2018.
Il Direttore della Cancelleria
F.to: Roberto MILANA
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