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mercoledì 6 giugno 2018

N. 109 SENTENZA 11 aprile - 30 maggio 2018 Giudizio di legittimita' costituzionale in via principale. Beni demaniali dello Stato e delle Regioni - Procedura per l'affidamento in concessione di aree demaniali marittime - Deroghe agli obblighi di pubblicita' delle istanze - Principi e criteri per l'aggiudicazione - Limite di durata massima del titolo concessorio - Gettone di presenza per i componenti esterni del Comitato tecnico di valutazione-sezione demaniale - Indennizzo a carico del concessionario subentrante a favore di quello uscente. - Legge della Regione autonoma Friuli-Venezia Giulia 21 aprile 2017, n. 10 (Disposizioni in materia di demanio marittimo regionale e demanio marittimo stradale, nonche' modifiche alle leggi regionali 17/2009, 28/2002 e 22/2006), artt. 7, comma 4, 8, 9, commi 2 e 3, 41, 48, comma 6, e 49. - (GU n.23 del 6-6-2018 )



N. 109 SENTENZA 11 aprile - 30 maggio 2018

Giudizio di legittimita' costituzionale in via principale.

Beni  demaniali  dello  Stato  e  delle  Regioni  -   Procedura   per
  l'affidamento in concessione di aree demaniali marittime -  Deroghe
  agli obblighi di pubblicita' delle istanze - Principi e criteri per
  l'aggiudicazione - Limite di durata massima del titolo  concessorio
  - Gettone di presenza per i componenti esterni del Comitato tecnico
  di  valutazione-sezione  demaniale  -  Indennizzo  a   carico   del
  concessionario subentrante a favore di quello uscente.
- Legge della Regione autonoma Friuli-Venezia Giulia 21 aprile  2017,
  n. 10 (Disposizioni in materia di  demanio  marittimo  regionale  e
  demanio marittimo stradale, nonche' modifiche alle leggi  regionali
  17/2009, 28/2002 e 22/2006), artt. 7, comma 4, 8, 9, commi 2  e  3,
  41, 48, comma 6, e 49.

(GU n.23 del 6-6-2018 )
 

                       LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori:
Presidente:Giorgio LATTANZI;
Giudici  :Aldo  CAROSI,  Marta  CARTABIA,  Mario   Rosario   MORELLI,
  Giancarlo CORAGGIO,  Giuliano  AMATO,  Silvana  SCIARRA,  Daria  de
  PRETIS,   Franco   MODUGNO,   Augusto   Antonio   BARBERA,   Giulio
  PROSPERETTI, Giovanni AMOROSO, Francesco VIGANO',
     
    ha pronunciato la seguente

                              SENTENZA

    nel giudizio di legittimita' costituzionale degli artt. 7 (recte:
art. 7, comma 4), 8, 9, commi 2 e 3, 41, 48,  comma  6,  e  49  della
legge della Regione autonoma Friuli-Venezia Giulia 21 aprile 2017, n.
10 (Disposizioni in materia di demanio marittimo regionale e  demanio
marittimo stradale, nonche' modifiche alle leggi  regionali  17/2009,
28/2002 e 22/2006), promosso con ricorso del Presidente del Consiglio
dei  ministri,  notificato  il  23-29  giugno  2017,  depositato   in
cancelleria il 27 giugno 2017 ed  iscritto  al  n.  46  del  registro
ricorsi 2017 e pubblicato nella Gazzetta Ufficiale  della  Repubblica
n. 30, prima serie speciale, dell'anno 2017.
    Visto   l'atto   di   costituzione   della    Regione    autonoma
Friuli-Venezia Giulia;
    udito  nell'udienza  pubblica  del  10  aprile  2018  il  Giudice
relatore Augusto Antonio Barbera;
    uditi l'avvocato dello Stato Gianna Galluzzo  per  il  Presidente
del Consiglio dei ministri e l'avvocato Giandomenico  Falcon  per  la
Regione autonoma Friuli-Venezia Giulia.

                          Ritenuto in fatto

    1.- Con il ricorso in epigrafe, spedito per  la  notifica  il  23
giugno 2017 e depositato il 27 giugno del  2017,  il  Presidente  del
Consiglio  dei  ministri,  rappresentato  e  difeso   dall'Avvocatura
generale dello Stato, ha impugnato gli artt. 7, 8, 9, commi  2  e  3,
41,  48,  comma  6,  e  49  della  legge   della   Regione   autonoma
Friuli-Venezia Giulia 21 aprile 2017, n. 10 (Disposizioni in  materia
di demanio marittimo regionale e demanio marittimo stradale,  nonche'
modifiche alle leggi regionali 17/2009, 28/2002 e 22/2006).
    Le disposizioni impugnate, ad  avviso  del  ricorrente,  sono  in
contrasto con l'art. 117, primo comma, secondo comma, lettera  e),  e
terzo comma, della Costituzione, quest'ultimo in riferimento all'art.
6, comma 2, del decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78  (Misure  urgenti
in  materia  di  stabilizzazione  finanziaria  e  di   competitivita'
economica), convertito, con  modificazioni,  nella  legge  30  luglio
2010, n. 122.
    2.- Il ricorrente premette che la legge regionale impugnata  reca
una disciplina organica della gestione dei beni del demanio marittimo
nella laguna di Marano-Grado, introducendo, inoltre,  modifiche  alle
disposizioni contenute  nelle  previgenti  discipline  della  Regione
chiamate a regolare  le  materie  del  demanio  marittimo,  idrico  e
stradale.
    Precisa, ancora, che le norme oggetto  di  scrutinio  afferiscono
alle  materie  «industria  e  commercio»  e  «turismo   e   industria
alberghiera», attribuite alla  potesta'  legislativa  primaria  della
Regione resistente, ai sensi dell'art. 4, numero  6)  e  numero  10),
della legge costituzionale 31 gennaio 1963, n. 29  (Statuto  speciale
della  Regione  Friuli-Venezia  Giulia),  non  senza  rimarcare,   al
contempo,  che  la   relativa   competenza   primaria,   per   quanto
espressamente previsto dalla medesima disposizione  statutaria,  deve
comunque esplicarsi «[i]n armonia con la Costituzione, con i principi
generali dell'ordinamento giuridico della Repubblica,  con  le  norme
fondamentali delle  riforme  economico-sociali  e  con  gli  obblighi
internazionali dello Stato,  nonche'  nel  rispetto  degli  interessi
nazionali e di quelli delle altre Regioni [...]» e che, tra le  norme
di  grande  riforma  economico-sociale  poste  dallo   Stato,   vanno
annoverate quelle emanate in tema di «tutela della concorrenza».
    Sempre in via di premessa, il Governo evidenzia, ancora,  che  le
disposizioni censurate ineriscono  a  beni  appartenenti  al  demanio
idrico regionale in forza del trasferimento operato  con  il  decreto
legislativo 25 maggio 2001, n. 265 (Norme di attuazione dello Statuto
speciale della regione Friuli-Venezia Giulia per il trasferimento  di
beni del demanio idrico e marittimo, nonche' di funzioni  in  materia
di risorse idriche, e di difesa del suolo); che la gestione  relativa
ai  detti  beni  deve  comunque  rispettare  direttive   e   principi
comunitari, le leggi nazionali in materia di  ambiente  e  paesaggio,
oltre a quanto previsto dal regio  decreto  30  marzo  1942,  n.  327
(Codice della navigazione); che le disposizioni censurate  ineriscono
agli  aspetti  relativi  all'affidamento   ed   alla   durata   delle
concessioni demaniali marittime, eccedendo le  competenze  statutarie
nella parte  in  cui  restringono  il  campo  di  applicazione  delle
procedure ad  evidenza  pubblica  finalizzate  all'affidamento  della
concessione, cosi' da limitare il meccanismo della concorrenza  nella
scelta dell'affidatario in violazione dell'art. 117,  secondo  comma,
lettera e), Cost.; che le stesse si pongono in contrasto anche con  i
principi dettati dal diritto  dell'Unione  europea  nella  materia  e
segnatamente,  per  quel  che  qui  immediatamente  interessa,  dalla
direttiva 2006/123/CE del Parlamento Europeo e del Consiglio  del  12
dicembre 2006, relativa ai  servizi  nel  mercato  interno  (da  qui:
direttiva servizi), attuata nell'ordinamento interno con  il  decreto
legislativo  26  marzo  2010,  n.  59  (Attuazione  della   direttiva
2006/123/CE relativa ai servizi nel mercato interno).
    Alla luce di tali premesse, il ricorrente mette in evidenza,  per
ciascuna delle disposizioni censurate, gli  aspetti  di  contrarieta'
rispetto ai  citati  parametri  costituzionali  cosi'  integrati  dai
riferimenti inerenti al diritto dell'Unione.
    3.- Secondo il Governo, l'art. 7 della legge regionale impugnata,
nel disciplinare la procedura per  l'affidamento  in  concessione  di
aree demaniali marittime, al comma  4  detta  una  serie  di  deroghe
all'obbligo di pubblicazione delle istanze di concessione imposto dai
commi precedenti, senza  fornire  alcuna  giustificazione,  cosi'  da
porsi in contrasto con i principi di derivazione comunitaria in  tema
di  trasparenza  nelle  procedure  di  assegnazione  nonche'  con  la
normativa statale in materia e segnatamente con l'art. 18 della legge
28 gennaio 1994,  n.  84  (Riordino  della  legislazione  in  materia
portuale) nonche' con l'art. 18 del d.P.R. 15 febbraio 1952, n.  328,
recante «Approvazione del Regolamento  per  l'esecuzione  del  Codice
della navigazione (Navigazione marittima»).
    Di qui l'addotta lesione dell'art. 117, primo comma,  Cost.,  per
la  ritenuta  violazione  dei  vincoli   derivanti   dall'ordinamento
comunitario; nonche', il contrasto con  l'art.  117,  secondo  comma,
lettera e), Cost. per  la  stretta  correlazione  funzionale  tra  le
disposizioni in materia di pubblicita' e trasparenza delle  procedure
di assegnazione e la materia della concorrenza, cosi' che spetterebbe
al legislatore statale fissare i principi fondamentali in materia.
    4.-  Il  Governo  censura  anche  l'art.  8  della   legge   reg.
Friuli-Venezia Giulia n. 10 del 2017.
    Evidenzia  il  ricorrente  che  l'articolo  in   questione,   nel
disciplinare  la  procedura  che  porta  alla  aggiudicazione   della
concessione, al comma 1 indica i criteri  da  applicare  in  caso  di
domande concorrenti; al comma  2  impone  alla  Giunta  regionale  di
comunicare, contestualmente all'invito a  presentare  le  istanze  di
concessione, il principio che dovra' guidare, insieme ai  criteri  di
cui al comma 1, il giudizio relativo all'aggiudicazione,  scelto  tra
quelli espressamente indicati nella citata disposizione; al comma  3,
infine, rimanda ad un regolamento l'individuazione  delle  procedure,
dei termini e dei criteri attuativi dei principi di cui ai primi  due
commi e le disposizioni per l'aggiudicazione «[...] anche ai fini  di
una  valorizzazione  dell'esperienza  e  della  professionalita'  del
concessionario».
    La norma, ad avviso del ricorrente, si pone in contrasto  con  le
indicazioni  di  principio   contenute   nella   direttiva   servizi,
applicabili alle  concessioni  in  questione  in  ragione  di  quanto
statuito  dalla  Corte  di  Giustizia  dell'Unione  Europea,   quinta
sezione,  con  la  sentenza  14  luglio  2016,  nelle  cause  riunite
C-458/14, Promoimpresa srl e C-67/15, Mario Melis e altri.
    Di qui l'addotta violazione dell'art. 117, primo comma, Cost.
    La procedura comparativa introdotta, in particolare,  riposerebbe
su  criteri  eccessivamente  generici  senza  delineare   un   quadro
sufficientemente chiaro ne' pro-concorrenziale. Nel consentire,  poi,
che, attraverso il  regolamento  attuativo,  possa  essere  presa  in
considerazione e valorizzata l'esperienza e la  professionalita'  del
concessionario uscente, permetterebbe, tramite la  fonte  secondaria,
l'introduzione di prescrizioni volte a favorire quest'ultimo, creando
discriminazioni tra i diversi operatori economici. I temi oggetto del
rinvio  al   regolamento,   sarebbero,   inoltre,   troppo   ampi   e
involgerebbero, comunque, campi  coperti  da  disposizioni  di  rango
primario quali quelle dettate dal decreto-legge 5  ottobre  1993,  n.
400  (Disposizioni  per  la  determinazione  dei  canoni  relativi  a
concessioni  demaniali  marittime),  convertito,  con  modificazioni,
nella legge 4 dicembre 1993,  n.  494.  Anche  con  riferimento  alla
disposizione in esame, infine, la stretta correlazione  con  il  tema
della concorrenza renderebbe concreta la  violazione  dell'art.  117,
secondo comma, lettera e), Cost.
    5.-   Il   ricorrente   dubita,   inoltre,   della   legittimita'
costituzionale dell'art. 9, comma 2, della legge regionale impugnata,
sempre per l'addotta violazione dell'art. 117, primo comma e  secondo
comma, lettera e), Cost.
    Ad avviso del Governo, la disposizione censurata,  nel  prevedere
che la durata delle concessioni possa estendersi sino  ad  un  limite
massimo di anni cinquanta con riguardo alle concessioni per finalita'
produttive, commerciali, industriali, ivi comprese  le  attivita'  di
cantieristica navale e per la  realizzazione  di  strutture  dedicate
alla nautica da diporto (inerenti  ai  beni  ricompresi  nel  demanio
marittimo  afferente  alla  laguna  di  Marano-Grado),  si  pone   in
contrasto con la disciplina statale che, all'art.  03,  comma  4-bis,
del d.l. n. 400 del 1993, fissa in una forbice tra i sei  e  i  venti
anni la durata dei relativi titoli; si pone,  ancora,  in  conflitto,
con le indicazioni di principio emergenti  dalla  direttiva  servizi,
come interpretate dalla Corte di Giustizia dell'Unione europea con la
citata sentenza del 14 luglio 2016.
    Secondo il ricorrente, la disposizione censurata, autorizzando un
utilizzo prolungato di una risorsa scarsa, limita la concorrenza e la
rende  recessiva  nel  confronto  con  l'esigenza  di  garantire  sia
l'integrale  ammortamento   degli   investimenti,   sia   una   piena
remunerazione del capitale investito dal concessionario. L'equilibrio
economico-finanziario dell'iniziativa  del  concessionario  non  puo'
infatti  sacrificare  il  confronto  concorrenziale  lungo  un   arco
temporale eccessivamente esteso.
    Di  qui  la  ritenuta  violazione  dei  parametri  costituzionali
evocati, richiamati dal ricorrente anche per addurre l'illegittimita'
costituzionale,   giustificata    dalle    medesime    considerazioni
argomentative, sia  dell'art.  9,  comma  3,  della  legge  regionale
impugnata, che pone in anni quaranta il medesimo  limite  massimo  di
durata per la concessioni con finalita' turistico ricreative relative
a beni ricompresi  all'interno  della  laguna  di  Marano-Grado;  sia
dell'art. 41 della stessa legge, il quale, introducendo l'art.  6-bis
nella legge della Regione autonoma Friuli-Venezia Giulia 13  novembre
2006, n. 22 (Norme in materia  di  demanio  marittimo  con  finalita'
turistico-ricreativa e modifica alla legge regionale  n.  16/2002  in
materia di difesa del suolo e di demanio idrico), prevede, per i beni
estranei  alla  laguna  di  Marano-Grado,  che  «[n]el  rispetto  del
principio  di  proporzionalita',  le  concessioni  aventi   finalita'
turistico-ricreativa sono rilasciate per  il  periodo  richiesto  dal
soggetto istante e, comunque, per  il  periodo  massimo  di  quaranta
anni, sulla base del piano economico-finanziario di cui  all'articolo
8, comma  1,  lettera  c),  tale  da  giustificare  la  durata  della
concessione».
    6.- Il Governo censura, ancora, l'art. 48, comma 6,  della  legge
reg. Friuli-Venezia Giulia n. 10 del 2017, con il  quale  si  dispone
che,  per   i   componenti   esterni   del   «Comitato   tecnico   di
valutazione-Sezione demaniale» previsto  dal  medesimo  articolo,  il
gettone da corrispondere per ogni seduta venga  determinato  in  euro
120. Tanto contrasterebbe con l'art. 6 del d.l. n. 78 del  2010  (che
fissa in 30 euro la soglia massima del gettone  di  presenza),  quale
norma di coordinamento della finanza pubblica, non  derogabile  dalla
Regione nell'esercizio della sua  potesta'  legislativa  concorrente,
con conseguente violazione dell'art. 117, terzo comma, Cost.
    7.-  Ad  avviso  del  Governo,  infine,   e'   costituzionalmente
illegittimo l'art. 49 della legge  regionale  impugnata,  perche'  in
asserito conflitto  con  l'art.  117,  primo  comma,  secondo  comma,
lettera e), e terzo comma, Cost. La previsione in oggetto  impone  al
concessionario subentrante il pagamento, in favore  dell'uscente,  di
un indennizzo computato considerando il valore degli investimenti non
ancora ammortizzati e l'avviamento maturato nella gestione  pregressa
del bene.
    La mancata rinnovazione del titolo, dunque, potrebbe  determinare
riflessi negativi per la finanza pubblica, legittimando l'uscente  ad
una azione risarcitoria nei confronti dell'amministrazione, statale o
regionale,  cui  va  riferita  la  titolarita'  dominicale  sul  bene
coinvolto, cosi' da contrastare con la normativa statale  in  materia
di coordinamento della finanza pubblica di cui  all'art.  117,  terzo
comma, Cost.
    La  disposizione,  inoltre,  avrebbe  l'effetto   di   attribuire
all'uscente un indebito vantaggio, cosi' da provocare una restrizione
della concorrenza, in aperto contrasto con l'art. 117,  primo  comma,
Cost., integrato dal tenore dell'art. 12 della direttiva  servizi,  e
con il comma secondo, lettera e), della stessa norma costituzionale.
    8.- La Regione autonoma resistente si e' costituita  in  giudizio
con  memoria  depositata  il  1°  agosto  2017,  concludendo  per  la
inammissibilita' o  comunque  per  la  infondatezza  delle  questioni
prospettate dal Governo.
    8.1.-   In    linea    generale,    la    resistente    eccepisce
l'inammissibilita' delle questioni, tutte prospettate  con  esclusivo
riferimento ai parametri costituzionali  in  luogo  delle  previsioni
contenute nello statuto speciale, pur nella  consapevolezza  espressa
nel ricorso, che la legge impugnata e' stata approvata nell'esercizio
della  competenza  legislativa  primaria  in  materia  di  turismo  e
industria alberghiera, ai sensi  dell'art.  4,  n.  10),  del  citato
statuto.
    Eccepisce, ancora, l'inammissibilita' delle questioni prospettate
in riferimento all'art. 117, primo e terzo  comma,  Cost.,  parametri
non richiamati nella delibera autorizzativa.
    8.2.-   Relativamente   all'art.   7,   la   resistente    deduce
l'inammissibilita' della questione avuto riguardo  alle  disposizioni
diverse  da  quella  contenuta  nel  comma  4,  avendo   il   Governo
argomentato la  censura  riferendosi  esclusivamente  a  tale  ultima
previsione.  Nel  merito,  ne  contrasta  la  fondatezza  perche'  la
pubblicazione della domanda di concessione  non  e'  imposta  neppure
dalla stessa legislazione nazionale  richiamata  dal  ricorrente.  In
ogni caso, diversamente da quanto addotto nel ricorso, le deroghe  al
sistema  di  pubblicita'  previste   dalla   disposizione   censurata
avrebbero ragion d'essere perche'  afferenti  a  concessioni  in  cui
l'occupazione del bene demaniale risponde ad  un  interesse  pubblico
specifico preminente,  tanto  da  risultare  strumentale  o  servente
rispetto ad altri provvedimenti  emessi  all'esito  di  procedure  ad
evidenza pubblica; in alternativa, sarebbero riferibili a concessioni
prive  di  rilevanza  economica,  cosi'  da  rendere  inconferenti  i
principi evocati in tema di trasparenza e tutela della concorrenza.
    8.3.-  Quanto  alle  censure  rivolte  all'art.  8  della   legge
regionale impugnata, la resistente  evidenzia  che,  diversamente  da
quanto sostenuto nel ricorso, i criteri dettati dalla norma censurata
contribuiscono ad offrire un quadro  chiaro  e  delineato,  utile  ad
orientare la discrezionalita' amministrativa nel valutare le  domande
di affidamento concessorio, in linea con quanto previsto dall'art. 12
della direttiva servizi ed in assenza  di  una  legislazione  statale
che, altrettanto precisamente, segni le linee  guida  della  relativa
azione amministrativa. L'unica norma rilevante  al  fine,  ad  avviso
della resistente, andrebbe individuata nell'art. 37 del codice  della
navigazione, il cui  contenuto  non  si  pone  in  conflitto  con  le
disposizioni censurate.
    Ne', ancora, puo'  ritenersi  sanzionabile  l'asserita  eccessiva
latitudine del rinvio alla norma regolamentare, considerato il  grado
di analiticita' della  norma  primaria.  Le  disposizioni  censurate,
inoltre, non  sarebbero  in  contrasto  con  il  diritto  dell'Unione
europea,  o   con   la   disciplina   statale,   non   identificabile
nell'inconferente riferimento al contenuto del d.l. n. 400 del 1993.
    Il riferimento, poi, alla valorizzazione dell'esperienza e  della
professionalita' del  concessionario  e'  erroneamente  interpretato:
nella  sua  corretta  esegesi  si   riferisce   ad   una   esperienza
generalmente acquista nel settore di riferimento, in linea con quanto
previsto del resto dall'art. 83, comma 1, del decreto legislativo  18
aprile 2016, n. 50 (Attuazione delle direttive 2014/23/UE, 2014/24/UE
e 2014/25/UE sull'aggiudicazione dei contratti di concessione,  sugli
appalti pubblici e sulle procedure d'appalto degli enti erogatori nei
settori  dell'acqua,  dell'energia,  dei  trasporti  e  dei   servizi
postali, nonche' per il riordino della disciplina vigente in  materia
di contratti pubblici relativi a lavori, servizi e forniture).
    Ancora,  sarebbe  inammissibile  il   profilo   di   incompetenza
prospettato evocando l'art 117, secondo comma, lettera e), Cost.  sia
perche', a fronte di una competenza primaria, sarebbe  stata  violata
la clausola di cui all'art. 10 della legge costituzionale 18  ottobre
2001,  n.  3  (Modifiche  al  Titolo  V  della  parte  seconda  della
Costituzione); sia perche' non possono coesistere, se non dedotte nel
ricorso in termini di subordinazione, censure  attinenti  sia  all'an
che al quomodo di esercizio della potesta' regionale. Nel  merito  la
relativa prospettazione  sarebbe  inoltre  infondata  considerato  il
carattere trasversale della relativa competenza, non evocabile quando
la concorrenza, come nel  caso,  non  e'  l'oggetto  immediato  della
disciplina censurata.
    8.4.- La resistente, inoltre, eccepisce l'inammissibilita'  delle
censure prospettate avverso gli artt. 9, comma 2, 41 e 48,  comma  6,
della legge reg. Friuli-Venezia Giulia n. 10 del 2017, trattandosi di
disposizioni  non  ricomprese  nella   delibera   di   autorizzazione
approvata dal Consiglio dei ministri.
    Nel merito ne afferma l'infondatezza.
    8.5.- Con riguardo al comma 3 dell'art. 9 della  legge  regionale
impugnata, la resistente evidenzia che il limite  massimo  di  durata
del titolo concessorio previsto  dalla  disposizione  censurata  deve
essere considerato alla luce del  dato  offerto  dal  riferimento  al
piano economico-finanziario che  deve  supportare  l'affidamento  del
bene demaniale: una tale durata massima sara', dunque,  assentita  se
lo impongono la  complessita'  delle  opere  da  realizzare  e  degli
impegni economici da assumere. Del resto, la durata delle concessioni
si pone in linea con quanto previsto dall'art. 168 del d.lgs.  n.  50
del 2016, in attuazione della  direttiva  2014/23/UE  del  Parlamento
europeo e del Consiglio del 26 febbraio 2014, sull'aggiudicazione dei
contratti di concessione. Ne'  la  competenza  esclusiva  in  materia
della Regione autonoma e' ostacolata dalla previsione di cui al comma
4-bis dell'art. 03 del d.l. n. 400 del  1993,  disposizione  che  non
integra una norma di grande  riforma  economico-sociale,  perche'  la
legge attraverso la quale e' stata introdotta - l'art. 1, comma  253,
della legge 27 dicembre 2006, n. 296, recante  «Disposizioni  per  la
formazione del bilancio annuale  e  pluriennale  dello  Stato  (legge
finanziaria 2007)» - impone di interpretarne  il  contenuto  in  modo
compatibile con le disposizioni degli statuti speciali (ai sensi  del
comma 1363 del citato art. 1).
    8.6.- Infine, con riferimento all'art. 49 della  legge  regionale
impugnata,  ferma  la   eccepita   inammissibilita'   della   censura
prospettata in relazione all'art 117,  terzo  comma,  Cost.,  per  la
mancata  menzione   del   parametro   in   oggetto   nella   delibera
autorizzativa,  la  difesa  della   resistente   evidenzia   che   la
disposizione in questione non si  pone  in  conflitto  con  il  comma
secondo, lettera e), dello stesso art. 117 Cost., perche' il rispetto
della remunerazione degli  investimenti  operati  dal  concessionario
uscente  deve  ritenersi  coerente   con   quanto   evidenziato   nel
considerando n. 52  della  direttiva  2014/23/UE;  il  riconoscimento
dell'avviamento, quale ulteriore parametro dell'indennizzo dovuto dal
subentrante,  finisce,  inoltre,  per  riequilibrare  la   situazione
provocata dal subentro  di  un  nuovo  concessionario,  il  quale  si
avvantaggia di tale componente  positiva  inerente  all'attivita'  di
impresa svolta sul bene concesso in affidamento.
    9.-  Con  memoria  depositata  il  16  marzo  2018,  l'Avvocatura
generale dello Stato ha  precisato  che  le  questioni  portate  allo
scrutinio della Corte vanno limitate a quelle indicate nella delibera
autorizzativa. Ancora, la difesa erariale ha replicato alle ulteriori
eccezioni   di   inammissibilita'   sollevate    dalla    resistente,
segnalandone l'infondatezza, ribadendo,  inoltre,  le  argomentazioni
esposte nel merito a fondamento dell'impugnazione.
    10.- La Regione autonoma resistente  ha  ulteriormente  replicato
alle difese erariali con memoria depositata il 20 marzo 2018.
    Oltre a ribadire  le  eccezioni  di  inammissibilita'  nonche'  i
motivi  di  infondatezza  prospettati  in  riferimento  alle  diverse
questioni poste dal Governo, la resistente ha  anche  segnalato  che,
dopo la proposizione del ricorso, con la legge della Regione autonoma
Friuli-Venezia Giulia 4 agosto 2017, n. 31 (Assestamento del bilancio
per gli anni 2017-2019 ai sensi dell'articolo 6 della legge regionale
10 novembre 2015, n. 26) e' stata sospesa  l'efficacia  di  tutte  le
disposizioni  impugnate,  ad  eccezione  dell'art.  48,   fino   alla
definizione del giudizio costituzionale.
    La Regione segnala altresi' che, con il  comma  22  dell'art.  11
della legge regionale da ultimo citata, e' stato, inoltre, modificato
il tenore dell'impugnato  comma  6  dell'art.  48  della  legge  reg.
Friuli-Venezia Giulia n.  10  del  2017,  eliminando  il  riferimento
quantitativo al gettone di presenza in origine previsto e  disponendo
che l'ammontare  del  detto  gettone  venga  determinato  «[...]  nel
rispetto dei principi di contenimento della spesa  pubblica  per  gli
organi collegiali secondo quanto previsto dalla  legge  regionale  29
dicembre 2010, n. 22 (Legge finanziaria 2011)».
    Tale modifica, ad avviso della resistente, dovrebbe soddisfare le
ragioni di doglianza esposte dal Governo a  sostegno  della  relativa
questione, con conseguente cessazione della materia  del  contendere;
declaratoria, tuttavia, impedita nella specie in ragione  della  gia'
rilevata inammissibilita' del ricorso in parte qua,  non  essendo  la
disposizione  impugnata  tra  quelle  espressamente  indicate   nella
delibera autorizzativa.
    Avuto  riguardo,  poi,  alla  questione  proposta  in   relazione
all'art. 49 della  legge  regionale  impugnata,  la  resistente,  pur
mostrandosi  consapevole  della  analogia   di   contenuti   tra   la
disposizione censurata e quella della Regione Toscana  scrutinata  da
questa Corte con la sentenza n. 157 del 2017, ha tuttavia evidenziato
che  in  quella   occasione   la   declaratoria   di   illegittimita'
costituzionale e'  stata  ancorata  al  parametro  di  cui  al  comma
secondo, lettera e), dell'art 117 Cost.; parametro, questo,  che  nel
presente giudizio non dovrebbe trovare applicazione in ragione  della
autonomia speciale  della  resistente,  nonche'  della  riferibilita'
dell'intervento legislativo  in  esame  alla  competenza  legislativa
primaria dettata dall'art. 4, numero 6), dello statuto  regionale  ed
in considerazione del limite  deducibile  dall'art.  10  della  legge
cost. n. 3 del 2001.

                       Considerato in diritto

    1.- Il Presidente del Consiglio dei  ministri  ha  impugnato  gli
artt. 7, 8, 9, commi 2 e 3, 41, 48, comma 6, e 49 della  legge  della
Regione  autonoma  Friuli-Venezia  Giulia  21  aprile  2017,  n.   10
(Disposizioni in materia di demanio  marittimo  regionale  e  demanio
marittimo stradale, nonche' modifiche alle leggi  regionali  17/2009,
28/2002 e 22/2006), ritenuti  in  contrasto  con  l'art.  117,  primo
comma, secondo comma, lettera e), e terzo comma, della Costituzione.
    2.-  In  via  preliminare,  va  evidenziato  che  le  conclusioni
prospettate con il ricorso, in linea con la  delibera  del  Consiglio
dei ministri che ha autorizzato la proposizione  delle  questioni  di
legittimita'  costituzionale  (il  cui  contenuto  e'  definito   dal
pedissequo richiamo alla  relazione  del  Dipartimento  degli  Affari
regionali e per le autonomie  resa  nell'occasione),  non  contengono
alcun riferimento agli  artt.  9,  comma  2,  41  e  48  della  legge
impugnata.
    Nel contesto del ricorso, tuttavia, si argomenta  diffusamente  e
viene in coerenza chiesta anche  la  declaratoria  di  illegittimita'
costituzionale  di  queste  ultime  disposizioni.   L'interpretazione
dell'atto di promovimento, letto nel suo  complessivo  tenore,  porta
dunque a ritenere che  l'impugnazione  e'  stata  estesa  anche  alle
citate disposizioni, malgrado le  stesse  certamente  esondino  dagli
argini tracciati dall'atto autorizzativo.
    Di  qui  la  fondatezza  della  eccezione   di   inammissibilita'
sollevata  dalla  difesa   della   resistente   con   riguardo   alla
impugnazione delle disposizioni contenute negli artt. 9, comma 2,  41
e 48, comma 6, della legge reg. Friuli-Venezia Giulia n. 10 del 2017,
per la corrispondenza che deve sussistere, relativamente  alle  norme
censurate, tra la  deliberazione  con  cui  l'organo  legittimato  si
determina all'impugnazione ed il contenuto del ricorso.
    L'evidenziata    inammissibilita'    del    ricorso,    per    la
pregiudizialita' che la connota, non rende necessario approfondire il
profilo della sopravvenuta modifica del censurato art. 48,  comma  6,
della legge regionale impugnata, apportata dall'art.  11,  comma  22,
della legge della Regione autonoma  Friuli-Venezia  Giulia  4  agosto
2017, n. 31 (Assestamento del bilancio  per  gli  anni  2017-2019  ai
sensi dell'articolo 6 della legge regionale 10 novembre 2015, n. 26).
    3.- Sempre in via preliminare, va anche rimarcato che la delibera
autorizzativa del Consiglio dei Ministri prospetta la violazione  del
secondo comma, lettere e) ed l),  dell'art.  117  Cost.,  in  ragione
della ritenuta lesione della competenza legislativa  esclusiva  dello
Stato nelle materie della tutela della concorrenza e dell'ordinamento
civile.
    3.1.-  Il  ricorso  si   allinea   solo   parzialmente   all'atto
autorizzativo.
    In primo luogo, nell'atto di promovimento non  viene  prospettata
alcuna censura in riferimento all'art. 117,  comma  secondo,  lettera
l), Cost., evocando espressamente la lettera e) del medesimo  secondo
comma dell'articolo in  questione,  parametro  riferito  a  tutte  le
questioni.
    In termini di evidente eccentricita' rispetto  alla  delibera  di
autorizzazione, nel ricorso si fa altresi' riferimento all'art.  117,
primo comma, Cost., integrato dallo specifico  richiamo  all'art.  12
della direttiva 2006/123/CE del Parlamento Europeo  e  del  Consiglio
del 12 dicembre 2006, relativa ai servizi  nel  mercato  interno  (da
qui: direttiva servizi); si adduce, altresi', la violazione dell'art.
117,  comma  terzo,  Cost.,  limitatamente  alla  sola   impugnazione
dell'art. 49 della legge reg. Friuli-Venezia Giulia n. 10 del 2017.
    Infine,    in     linea     con     l'argomentare     complessivo
dell'autorizzazione governativa, l'atto di promovimento individua  le
competenze legislative primarie della resistente,  dettate  dall'art.
4, numero 6) e numero 10),  della  legge  costituzionale  31  gennaio
1963, n. 1 (Statuto speciale della  Regione  Friuli-Venezia  Giulia),
rispettivamente  afferenti  alle   materie   dell'industria   e   del
commercio, nonche' del turismo e dell'industria  alberghiera,  queste
ultime due richiamate anche dal legislatore regionale (art.  1  della
legge  regionale  impugnata)   per   legittimare   l'adozione   delle
disposizioni censurate. Al contempo, nel ricorso, viene  puntualmente
rimarcata la recessivita' di siffatte previsioni rispetto al  limite,
imposto dal primo periodo del citato art. 4 dello  statuto  speciale,
inerente al  necessario  rispetto  delle  norme  «fondamentali  delle
riforme economico-sociali», emanate dallo Stato nella  materia  della
«tutela della concorrenza», cui risultano  connesse,  ad  avviso  del
Governo ricorrente, le disposizioni censurate.
    3.2.- I rilievi che precedono portano alla inammissibilita' delle
questioni prospettate con riferimento all'art.  117,  commi  primo  e
terzo, Cost.; parametri, questi, certamente  estranei  al  contenuto,
anche solo argomentativo, della delibera autorizzativa.
    Sebbene la giurisprudenza costituzionale attribuisca alla  difesa
del ricorrente un'autonomia tecnica nella indicazione  dei  parametri
di censura, riconoscendo ad essa il potere  di  integrare  il  tenore
della autorizzazione (sentenza n. 39 del 2017), tale discrezionalita'
trova comunque «[...] il  suo  limite  nel  perimetro  delle  ragioni
espresse nella deliberazione a ricorrere poiche' e' evidente che  non
possono essere introdotte censure  diverse  o  ulteriori  rispetto  a
quelle indicate dall'organo politico» (cosi', da ultimo, sentenze  n.
270 e n. 228 del 2017).
    3.3.- Non e' fondata,  invece,  l'eccezione  di  inammissibilita'
sollevata dalla  difesa  della  resistente  in  ordine  alla  mancata
evocazione dei parametri statutari nelle conclusioni del ricorso.
    3.3.1.- E' ben vero che, secondo la  costante  giurisprudenza  di
questa Corte, l'art. 10 della legge costituzionale 18  ottobre  2001,
n. 3 (Modifiche al Titolo V della parte seconda  della  Costituzione)
limita l'applicabilita' alle Regioni a  statuto  speciale  «dell'art.
117 Cost., nel testo introdotto da quest'ultima legge, alle parti  in
cui esso  assicura  forme  di  autonomia  piu'  ampie  rispetto  alle
disposizioni  statutarie.  Laddove  venga  sottoposta  a  censura  di
legittimita' costituzionale una disposizione di legge di un  soggetto
ad autonomia  speciale,  la  compiuta  definizione  dell'oggetto  del
giudizio [...] non puo' pertanto prescindere  dall'indicazione  delle
competenze legislative assegnate dallo Statuto speciale,  tanto  piu'
se queste risultino astrattamente pertinenti all'oggetto del giudizio
[...]» (da ultimo, sentenza n. 52 del 2017).
    Tuttavia la stessa giurisprudenza costituzionale ha precisato che
siffatto requisito di ammissibilita' va inteso  nel  senso  che,  dal
contesto del ricorso, deve emergere l'esclusione  della  possibilita'
di operare il sindacato di legittimita' costituzionale in  base  allo
statuto   speciale,    ritenendo    sufficiente,    ma    necessaria,
un'indicazione,  sia  pure   sintetica   al   riguardo,   in   ordine
all'estraneita' della materia alla sfera  di  attribuzioni  stabilita
dallo stesso, nonche' una pur non diffusamente argomentata evocazione
dei limiti di competenza fissati da quest'ultimo (sentenze n. 142 del
2015 e n. 288 del 2013).
    Nel caso in esame, per quanto prima evidenziato, il  ricorso  del
Presidente del Consiglio dei ministri, in coerenza con la delibera di
autorizzazione, sotto questo  profilo  non  puo'  ritenersi  sfornito
degli  elementi  argomentativi   minimi   richiesti   per   valutarne
positivamente l'ammissibilita'.
    Ne consegue l'infondatezza della relativa eccezione.
    3.4.-  Il  ricorso,  risulta,  quindi,  correttamente  articolato
rivendicando congiuntamente (sentenza n. 151 del 2015) sia la lesione
del parametro statutario, in ragione dei limiti che lo stesso statuto
detta rispetto all'espansione della competenza  legislativa  primaria
della Regione autonoma; sia  la  conflittualita'  delle  disposizioni
impugnate rispetto al  parametro  di  cui  all'art.  117  Cost.,  ora
delimitato,  in  ragione  dei  profili   di   inammissibilita'   gia'
riscontrati, al solo secondo comma, lettera e), relativo alla «tutela
della concorrenza».
    4.- Definito il perimetro oggettivo  della  verifica  ascritta  a
questa Corte, giova sottolineare che  le  disposizioni  impugnate  si
inseriscono  in  un  piu'  ampio  intervento  normativo  destinato  a
coinvolgere oggetti diversi, innovando le previgenti discipline della
Regione autonoma in tema di demanio marittimo, idrico e stradale. Per
quel che qui immediatamente interessa, le norme  censurate  attengono
primariamente al demanio marittimo regionale e, solo in minima parte,
anche al demanio idrico; ed ineriscono al profilo  della  concessione
in uso dei relativi beni demaniali.
    4.1.- La legge impugnata introduce, in primo luogo, una  apposita
disciplina relativa alle funzioni amministrative inerenti al  demanio
marittimo della laguna di Marano-Grado,  individuata  in  ragione  di
quanto previsto dall'art. 30, comma 2, della legge 5 marzo  1963,  n.
366 (Nuove norme relative alle lagune di Venezia e di  Marano-Grado).
A tale ambito demaniale viene dedicato il Titolo II  della  legge  de
qua, cui si riferiscono, in particolare, gli impugnati artt. 7,  8  e
9, inseriti nel Capo afferente alle concessioni ed  autorizzazioni  e
rispettivamente inerenti all'affidamento concessorio, ai criteri  che
devono guidare le procedure di aggiudicazione nonche' alla durata dei
titoli in questione.
    4.2.- Sempre in tema di demanio marittimo, la legge in  esame  ha
inoltre  ampliato  l'oggetto  della  legge  della  Regione   autonoma
Friuli-Venezia Giulia 13 novembre 2006, n. 22 (Norme  in  materia  di
demanio marittimo con finalita' turistico-ricreativa e modifica  alla
legge regionale n. 16/2002 in  materia  di  difesa  del  suolo  e  di
demanio idrico), in origine chiamata a dettare  la  disciplina  delle
sole  concessioni  demaniali  aventi  finalita'  turistico-ricreativa
relative  ad  ambiti  demaniali  estranei  alla  citata   laguna   di
Marano-Grado (l'art. 1, comma 3, ne prevede, ancora oggi,  l'espressa
esclusione).
    Innovando l'art. 1 della citata  legge,  la  relativa  disciplina
normativa risulta oggi  rivolta,  con  la  precisazione  territoriale
sopra richiamata, a regolare tutte le concessioni in uso dei beni del
demanio marittimo della Regione resistente.
    4.3.- Infine, per quel che qui  interessa,  il  Titolo  IV  della
legge reg. Friuli-Venezia Giulia n.  10  del  2017  introduce  alcune
disposizioni  generali,  indistintamente  rivolte   alla   disciplina
amministrativa dei beni demaniali.
    Tra queste, rileva quella dettata dal censurato art. 49,  con  la
quale si impone al concessionario  subentrante  il  pagamento  di  un
indennizzo in favore dell'uscente in  caso  di  mancato  rinnovo  dei
relativi titoli inerenti al demanio marittimo e idrico.
    5.- Ad avviso del  ricorrente,  le  disposizioni  impugnate  sono
tutte caratterizzate da una stretta correlazione  funzionale  con  la
materia della «tutela della concorrenza», riservata  alla  competenza
legislativa esclusiva dello Stato, da ritenersi applicabile in  luogo
di quelle primarie della  Regione  autonoma  resistente,  rivendicate
dalla stessa a sostegno della legittima emanazione delle disposizioni
impugnate.
    6.- La disciplina concernente il rilascio  delle  concessioni  su
beni demaniali investe, in via di principio, diversi ambiti materiali
di spettanza sia statale che regionale. 
    6.1.- Si e' gia' evidenziato che le norme  censurate  afferiscono
alla disciplina delle funzioni amministrative in materia  di  demanio
marittimo e di demanio idrico, trasferite  alla  Regione  resistente,
quanto al demanio marittimo, in attuazione dell'art. 7 del d.P.R.  15
gennaio 1987, n. 469 (Norme integrative di attuazione  dello  statuto
speciale  della  regione  Friuli-Venezia  Giulia);  quanto  ai   beni
ricompresi nella laguna di Marano-Grado,  in  forza  degli  artt.  1,
comma 2, e 2, comma 3, del decreto legislativo 25 maggio 2001, n. 265
(Norme  di  attuazione   dello   Statuto   speciale   della   regione
Friuli-Venezia Giulia per il trasferimento di beni del demanio idrico
e marittimo, nonche' di funzioni in materia di risorse idriche  e  di
difesa del suolo);  infine,  quanto  al  demanio  idrico,  in  virtu'
dell'art. 2 del citato d.lgs. n. 265 del 2001.
    6.2.- Le norme impugnate,  nella  comune  opinione  delle  stesse
parti in giudizio, intersecano  anche  competenze  primarie  ascritte
alla Regione resistente in ragione di quanto previsto dall'art. 4, n.
10), dello statuto (in materia di turismo e  industria  alberghiera),
espressamente richiamato dall'art. 1 della legge impugnata. Non  sono
poi estranee anche alla  competenza,  sempre  primaria,  prevista  in
materia  di  commercio  (art.  4,  n.  6  dello  statuto),   peraltro
richiamata dallo stesso ricorrente.
    6.3.-  Tuttavia,  laddove   l'intervento   legislativo   riguardi
l'affidamento in concessione del bene demaniale, le citate competenze
regionali  trovano  un  limite  insuperabile  in  quella,  esclusiva,
ascritta allo Stato ex art. 117, secondo comma, lettera e), Cost., in
materia di «tutela della concorrenza».
    I  criteri  e  le  modalita'  di  affidamento  delle  concessioni
inerenti al demanio marittimo (ex plurimis, sentenze n. 157 e  n.  40
del 2017) e idrico (sentenze n. 117 del 2015, n. 114 del  2012  e  n.
235 del 2011) devono, infatti, essere stabiliti  nell'osservanza  dei
principi della libera concorrenza e della liberta'  di  stabilimento,
previsti dalla normativa dell'Unione comunitaria e nazionale;  ambiti
da ritenersi generalmente estranei alla  possibilita'  di  intervento
legislativo  delle  Regioni  per  la  natura  trasversale  che  viene
ascritta alla citata competenza legislativa statale (sentenza  n.  30
del 2016).
    6.4.-  Diversamente  da  quanto  ritenuto  dalla   difesa   della
resistente,  l'autonomia  speciale  e  la  potenziale,  concomitante,
riconducibilita' delle norme censurate anche alle citate  ipotesi  di
competenza   legislativa,   anche   primaria,   della   stessa,   non
impediscono, a  monte,  l'evocazione  delle  competenze  statali,  in
ragione di quanto previsto dall'art. 10 della legge cost.  n.  3  del
2001.
    6.4.1.- Si tratta di competenze,  quelle  evocate  dalla  Regione
autonoma a supporto della legittima approvazione  delle  disposizioni
censurate, che, in forza di espressa previsione  statutaria,  trovano
comunque un limite - per quel che qui  immediatamente  interessa,  in
ragione delle censure prospettate rimaste estranee ai  gia'  rilevati
profili di inammissibilita' - nel necessario  rispetto  delle  «norme
fondamentali delle riforme economico-sociali». Limite,  questo,  come
si e' detto, puntualmente evocato dalla difesa statale, con specifico
riferimento al disposto del primo periodo dell'art. 4  dello  statuto
speciale  della  resistente;  e  che,  certamente,   ricomprende   le
disposizioni che incidono sulla tutela della  concorrenza,  ancor  di
piu'  considerando  il  legame  che  corre,  in  detta  materia,  tra
l'ordinamento interno  e  quello  derivato  dal  diritto  dell'Unione
europea, tanto da imporre un'imprescindibile uniformita' territoriale
di regolazione.
    6.4.2.- Non a caso,  sul  tema  in  oggetto,  assume  un  rilievo
dirimente l'art. 16 del decreto legislativo  26  marzo  2010,  n.  59
(Attuazione della  direttiva  2006/123/CE  relativa  ai  servizi  nel
mercato interno), emanato  in  attuazione  dell'art.  12  della  gia'
citata direttiva servizi; disposizione,  quest'ultima,  pacificamente
attratta  all'area  della  tutela  della   concorrenza,   che   trova
applicazione in tema di affidamento in uso dei beni  demaniali,  come
piu' volte affermato da questa Corte (sentenze n. 117 del 2015  e  n.
171 del 2013) in riferimento al demanio marittimo ed a quello idrico,
in linea, del resto, con quanto recentemente ribadito dalla Corte  di
Giustizia dell'Unione europea (sentenza 14 luglio 2016,  nelle  cause
riunite C-458/14, Promoimpresa srl e C-67/15, Mario Melis e altri).
    In particolare, il citato art. 16 del  d.lgs.  n.  59  del  2010,
ribadendo il contenuto della direttiva, impone - laddove  l'attivita'
sottesa all'affidamento in uso debba  essere  contingentata  a  causa
della scarsita' delle risorse naturali suscettibili di sfruttamento -
procedure di evidenza pubblica  per  la  scelta  del  concessionario,
nonche' una durata limitata del titolo assentito  ed  il  divieto  di
norme volte ad avvantaggiare il concessionario uscente.
    Indicazioni di principio, queste, che, per  espressa  e  coerente
indicazione  resa  dal  medesimo  legislatore,  costituiscono  «norme
fondamentali di riforma economico-sociale»  (ai  sensi  dell'art.  1,
comma  3,  del  citato  d.lgs.),  cosi'  da  limitare  le  competenze
legislative anche primarie  delle  autonomie  speciali  in  forza  di
previsioni  statutarie  omologhe  a  quella  vigente  nella   Regione
autonoma resistente.
    6.4.3.- Ne consegue che il parametro  costituzionale  ritualmente
evocato nel ricorso, quello afferente alla tutela della  concorrenza,
finisce per riempire di contenuti il  limite  statutario  altrettanto
prospettato a  fondamento  dell'impugnazione  (sentenza  n.  263  del
2016).
    Nel disciplinare  l'affidamento  in  concessione  di  detti  beni
demaniali, la legislazione regionale, anche  se  espressione  di  una
correlata competenza primaria, e' dunque destinata a cedere il  passo
alla competenza legislativa  esclusiva  dello  Stato  in  materia  di
«tutela della concorrenza» ogni qualvolta l'oggetto della regolazione
finisca per influire sulle modalita' di scelta del contraente o sulla
durata del rapporto, ove si incida  sull'assetto  concorrenziale  dei
mercati in termini tali da restringere  il  libero  esplicarsi  delle
iniziative imprenditoriali.
    6.5.-  Lo  scrutinio  di  legittimita'   costituzionale   impone,
pertanto, di verificare se le norme impugnate, considerate in ragione
della ratio, della finalita', dell'oggetto e  del  contenuto  che  le
connota, hanno o meno invaso la competenza esclusiva  in  materia  di
tutela della concorrenza. Non  senza  trascurare,  tuttavia,  che  il
riferimento alla detta materia non puo' ritenersi cosi' pervasivo  da
impedire, aprioristicamente, ogni spazio di intervento  alle  Regioni
nella materia che interessa (sentenza n. 98  del  2017);  e  che,  in
particolare,  non  sono  in  grado  di  arrecare   l'addotto   vulnus
competenziale quelle  norme  che  possano  ritenersi  dotate  di  una
valenza pro-competitiva (sentenze n. 97 del 2014 e n. 288 del 2010).
    7.- Alla luce delle superiori indicazioni di principio, puo'  ora
procedersi  allo  scrutinio  delle  singole  questioni  residuate  al
giudizio di inammissibilita' anticipato in  precedenza  con  riguardo
all'impugnazione proposta nei confronti degli artt. 9, comma 2, 41  e
48 della legge reg. Friuli-Venezia Giulia n. 10 del 2017.
    8.- Prendendo le mosse dalla  questione  proposta  nei  confronti
dell'art. 7 della legge impugnata, il comma 1  di  esso  prevede  che
«[i]l procedimento per l'affidamento in concessione di aree demaniali
marittime, nel rispetto dei principi di  trasparenza,  pubblicita'  e
concorrenza, puo' essere avviato su istanza di parte o d'ufficio».
    Lo stesso articolo dispone, inoltre, che, in linea di  principio,
le istanze di concessione sono pubblicate con le  forme  imposte  dal
comma 2, diversificate  nei  tempi  e  modi  di  pubblicazione  avuto
riguardo alle strutture dedicate alla nautica di diporto (comma 3).
    Il comma 4  del  detto  articolo,  limitatamente  all'affidamento
avviato su istanza di parte, dispone che «[...] non sono  soggette  a
pubblicazione le istanze di: a) concessione per la realizzazione o il
mantenimento di opere pubbliche, di  pubblica  utilita'  o  destinate
all'erogazione  di  pubblici   servizi;   b)   concessione   per   la
realizzazione o il mantenimento di opere finalizzate al  trasporto  o
all'erogazione  di  fonti  energetiche;  c)  autorizzazioni  di   cui
all'articolo 5, commi 2 e 3; d) concessione per la  realizzazione  di
interventi di ripristino e protezione delle barene, degli argini o di
pulizia dei canali; e) concessione per l'utilizzo temporaneo dei beni
del demanio marittimo regionale di cui all'articolo 9,  comma  7;  f)
concessione  finalizzata  allo   svolgimento   di   esercitazioni   o
manifestazioni   di   protezione   civile    o    alla    prevenzione
dell'incolumita' pubblica o alla salvaguardia ambientale».
    Gli ulteriori commi dell'articolo in  questione  ineriscono  alla
pubblicita' delle istanze concorrenti aventi un  oggetto  diverso  da
quella in scadenza (comma 5); alla procedura di  affidamento  avviata
dall'ufficio (comma 6); alla  concessione  in  uso  finalizzata  alla
realizzazione di manifestazioni organizzate da  enti  pubblici  o  da
associazioni senza scopo di lucro, per una durata  massima  di  dieci
giorni (comma 7).
    8.1.- Secondo  il  Presidente  del  Consiglio  dei  ministri,  le
deroghe all'onere di pubblicita' previste dal comma 4  dell'impugnato
art. 7 della legge reg. Friuli-Venezia Giulia  n.  10  del  2017  non
sarebbero in alcun  modo  giustificate.  Si  porrebbero,  dunque,  in
contrasto con i principi di matrice europea ribaditi dalla  normativa
statale in tema  di  trasparenza  nelle  procedure  di  assegnazione,
violando  la  competenza  statale  in  materia   di   «tutela   della
concorrenza».
    8.2.- Il ricorso, anche con riferimento a siffatta questione,  e'
inammissibile.
    8.3.- In  linea  preliminare  va  segnalato  che  la  censura  e'
esclusivamente riferita  alle  disposizioni  contenute  nel  comma  4
dell'articolo in esame.
    L'oggetto della questione va dunque limitato solo a tale comma.
    8.4.- Cio' premesso, non e' revocabile  in  dubbio  che  il  tema
della  pubblicita'  delle  istanze  che  portano  all'affidamento  in
concessione e' immediatamente connesso ai profili della  competizione
concorrenziale, garantita, quanto alla  scelta  dell'affidatario,  da
una selezione aperta, pubblica e trasparente cosi' come delineata, in
via di principio, prima dalla direttiva servizi e poi dalla normativa
interna di attuazione della stessa, gia' richiamata.
    Tuttavia, per evocare la tutela della concorrenza, e'  necessario
che  l'affidamento  riguardi   un   utilizzo   del   bene   demaniale
strettamente  correlato  ad  iniziative  economiche  suscettibili  di
attivare  la  dinamica  concorrenziale.  In  mancanza,  le   relative
disposizioni  devono  ritenersi  estranee  alla   citata   competenza
statale, per rientrare nei campi regolatori coperti dalle  competenze
legislative ascritte alla Regione, piu' volte citate, prima tra tutte
quella  immediatamente  inerente  alla  disciplina   delle   funzioni
amministrative legate alla gestione dei beni  del  demanio  marittimo
(nel caso, quelli relativi alla laguna di Marano-Grado).
    8.4.1.- Questa Corte ha piu' volte chiarito che  «il  ricorso  in
via principale [...] deve contenere una argomentazione  di  merito  a
sostegno   della    richiesta    declaratoria    di    illegittimita'
costituzionale, giacche'  l'esigenza  di  un'adeguata  motivazione  a
supporto della impugnativa si pone in termini perfino piu'  pregnanti
nei giudizi diretti rispetto  a  quelli  incidentali»  (ex  plurimis,
sentenze n. 64 del 2016 e n. 82 del 2015).
    8.4.2.- La censura in  esame  non  si  pone  in  linea  con  tali
indicazioni.
    Il ricorso, in  parte  qua,  riposa  esclusivamente  sull'addotto
legame che corre, in linea di principio, tra l'onere  di  pubblicita'
dell'istanza di concessione ed  il  profilo  competitivo  del  libero
accesso al mercato di riferimento, altrimenti pretermesso in mancanza
della adeguata conoscibilita' della prospettiva di affidamento in uso
del bene demaniale.
    Il ricorrente trascura, invece,  integralmente  di  descrivere  e
precisare in che termini le deroghe previste  dalla  legge  regionale
impugnata  inciderebbero  sulla  competitivita'  imprenditoriale;   e
siffatta carenza di approfondimento assume ancor piu' rilievo ove  si
consideri,  in  linea  con  quanto  prospettato  dalla  difesa  della
resistente,   il   portato   letterale   delle   ipotesi   prese   in
considerazione dalle disposizioni censurate, prima  facie  legate  ad
occupazioni del bene demaniale prive di rilievo economico o correlate
ad attivita' di interesse pubblico, rispetto alle quali la  selezione
dell'affidatario e' stata svolta in precedenza,  nel  rispetto  delle
regole di evidenza pubblica.
    Di qui l'inammissibilita' della questione  riferita  al  comma  4
dell'art. 7 della legge reg. Friuli-Venezia Giulia n. 10 del 2017.
    9.- Il Presidente del Consiglio dei ministri ha  anche  censurato
l'intero disposto dell'art. 8 della legge regionale in esame.
    9.1.- Il comma 1 di tale articolo prevede  che  «  [i]n  caso  di
pluralita'  di  domande  di  concessione  per  l'utilizzo  del   bene
demaniale la comparazione delle  domande  e'  fatta  sulla  base  dei
seguenti quattro principi: a) migliore  utilizzo  pubblico  del  bene
demaniale; b) armonizzazione delle  azioni  sul  territorio  per  uno
sviluppo sostenibile; c) valutazione degli standard  qualitativi  dei
servizi; d) misure migliorative della  fruibilita'  e  accessibilita'
per i soggetti diversamente abili».
    Ai sensi del comma 2, in aggiunta ai predetti criteri, la  Giunta
regionale e' chiamata ad individuare  «[...]  preventivamente  almeno
uno  dei  seguenti  principi  che  sono  comunicati   contestualmente
all'invito  a  presentare  istanze  concorrenti:  a)  qualita'  degli
impianti e manufatti, da valutarsi anche con  riferimento  al  pregio
architettonico;  b)   valorizzazione   paesaggistico-ambientale;   c)
ricadute a favore del territorio e sviluppo  occupazionale  dell'area
interessata; d) piano di manutenzione, conservazione  e  salvaguardia
del bene demaniale; e) utilizzo di impianti e manufatti costruiti con
pratiche eco-sostenibili; f) somministrazione di prodotti locali».
    Il comma 3, infine, prevede che «[l]e  procedure,  i  termini,  i
criteri attuativi dei principi di cui ai commi 1 e 2, con riferimento
agli utilizzi previsti all'articolo 4, comma 2, e le disposizioni per
l'aggiudicazione delle concessioni sono individuati, anche ai fini di
una  valorizzazione  dell'esperienza  e  della  professionalita'  del
concessionario, con regolamento da  adottarsi,  previo  parere  della
competente Commissione consiliare, entro dodici mesi  dalla  data  di
entrata in vigore della presente legge».
    9.2.- Ad avviso del Presidente del  Consiglio  dei  ministri,  la
norma e' in contrasto con le indicazioni di principio contenute nella
direttiva servizi: la procedura comparativa introdotta riposerebbe su
criteri   eccessivamente   generici   senza   delineare   un   quadro
sufficientemente chiaro ne' pro-concorrenziale. Nel consentire,  poi,
che attraverso il regolamento  attuativo,  possano  essere  prese  in
considerazione e valorizzata l'esperienza e la  professionalita'  del
concessionario,  la  norma  assegnerebbe  alla  fonte  secondaria  la
possibilita'  di  introdurre  prescrizioni  volte   a   favorire   il
concessionario  uscente,  creando  discriminazioni  tra   i   diversi
operatori economici. Le  tematiche  oggetto  del  rinvio  alla  fonte
secondaria  sarebbero,  inoltre,  troppo  ampie   e   involgerebbero,
comunque, campi coperti da  disposizioni  di  rango  primario,  quali
quelle dettate dal decreto-legge 5 ottobre 1993, n. 400 (Disposizioni
per la determinazione dei canoni  relativi  a  concessioni  demaniali
marittime), convertito, con modificazioni,  nella  legge  4  dicembre
1993, n. 494.
    9.3.- Le censure non sono fondate.
    9.3.1.- Giova precisare che il dato normativo di riferimento, sia
nazionale  che  di  matrice  europea,  non  contiene  indicazioni  di
dettaglio sui criteri che devono guidare la pubblica  amministrazione
nel selezionare i soggetti che competono per l'affidamento in uso del
bene facente parte del demanio marittimo.
    La direttiva servizi, all'art  12,  primo  comma,  si  limita  ad
imporre procedure di selezione improntate ad «imparzialita'  e  [...]
trasparenza».  Il  d.lgs.  n.  59  del  2010,  che   ne   costituisce
attuazione, all'art. 16, comma 1,  impone  la  predeterminazione  dei
criteri  e  la  propalazione  degli  stessi  in   epoca   antecedente
l'affidamento; al comma 2 dello stesso articolo, dispone altresi' che
nel  «[...]  fissare  le  regole  della  procedura  di  selezione  le
autorita' competenti possono tenere conto di considerazioni di salute
pubblica, di obiettivi di politica  sociale,  della  salute  e  della
sicurezza dei lavoratori dipendenti  ed  autonomi,  della  protezione
dell'ambiente, della salvaguardia del patrimonio culturale e di altri
motivi  imperativi   d'interesse   generale   conformi   al   diritto
comunitario».
    A sua volta, il codice della navigazione non contiene indicazioni
precettive particolarmente dettagliate, imponendo la preferenza,  tra
piu' domande  concorrenti,  per  quella  che  offre  «[...]  maggiori
garanzie  di  proficua  utilizzazione  della  concessione»  e  che  a
giudizio  dell'amministrazione  «risponda  ad   un   piu'   rilevante
interesse pubblico» (art. 37). Il d.l. n. 400 del 1993, genericamente
evocato in ricorso, non contiene, infine, argomenti in proposito.
    Cio', del resto, risponde ad una logica coerenza di  sistema,  se
si considera che la definizione dei criteri  dettagliati  chiamati  a
guidare la selezione dei concorrenti all'affidamento rientra  tra  le
competenze  legislative  demandate   alle   Regioni   in   esito   al
trasferimento  delle  funzioni  amministrative  legate   al   demanio
marittimo e idrico nel rispetto dei principi di concorrenza. E  tanto
legittima   le   conseguenti,   diverse,   discipline   territoriali:
l'interesse pubblico correlato all'utilizzo del  bene  demaniale  ben
puo'  giustificare  linee   guida   di   selezione   motivate   dalle
peculiarita' di riferimento e dagli obiettivi di  matrice  collettiva
che ciascuna realta'  regionale,  sulla  base  delle  indicazioni  di
principio contenute nella legislazione statale di  riferimento,  puo'
ritenere  preminenti  nel  procedere  alla   scelta   dei   possibili
utilizzatori.
    9.3.2.- La relativa predisposizione  normativa  dei  criteri,  in
se', non invade, dunque,  la  competenza  legata  alla  tutela  della
concorrenza. Semmai, e' il contenuto dei  criteri  che,  di  caso  in
caso, puo' portare  alla  violazione  addotta,  ove  siano  fonte  di
discriminazioni  e  pongano  in  discussione  la  par  condicio   dei
partecipanti.
    Tuttavia, i criteri dettati dai  primi  due  commi  dell'articolo
censurato non mettono in crisi il profilo della dinamica competitiva;
ne', del resto, la difesa erariale,  segnala  profili  effettivi  del
vulnus prospettato.
    9.3.3.- Anche il riferimento che  il  comma  3  dell'articolo  in
esame  pone   all'intervento   integrativo   demandato   alla   fonte
regolamentare non merita di essere censurato, perche' coerente con la
tipica  dinamica  che  intercorre  tra  fonte  primaria   e   momenti
regolatori di ulteriore dettaglio, rimessi alla normazione secondaria
rispetto alle indicazioni offerte dalla prima.
    E cio' vale anche  con  riferimento  alla  scelta,  adottata  dal
legislatore regionale, di attribuire  al  regolamento  il  potere  di
introdurre, nell'attuare  i  principi  di  cui  ai  primi  due  commi
dell'articolo  censurato,  parametri   di   valutazione   diretti   a
valorizzare l'esperienza e la professionalita' del concessionario.
    La disposizione censurata, nel  suo  portato  letterale,  non  fa
riferimento  al  concessionario  uscente;  piu'   genericamente,   si
riferisce al concessionario, il che lascia coerentemente  pensare  al
soggetto chiamato all'affidamento in esito alla selezione.
    Un tale riferimento, alla luce  delle  indicazioni  di  principio
provenienti dalla direttiva servizi (e oggi dalla relativa  normativa
interna di attuazione) - poste a fondamento della modifica del  comma
1 dell'art. 37 cod.  nav.,  apportata  dall'art.  1,  comma  18,  del
decreto-legge 30 dicembre 2009, n. 194 (Proroga di  termini  previsti
da disposizioni legislative), convertito,  con  modificazioni,  nella
legge 26 febbraio 2010, n.  25,  nella  parte  in  cui  accordava  al
concessionario uscente una preferenza nella  competizione  con  altri
soggetti interessati  all'affidamento  in  uso  della  relativa  area
demaniale - non puo' che essere letto in termini tali da dare rilievo
all'esperienza genericamente maturata nel settore, prescindendo dalla
specifica correlazione con il bene oggetto della concessione.
    Una diversa interpretazione della  norma  primaria,  erroneamente
posta a fondamento dell'intervento regolamentare da adottare e che si
risolva nell'introduzione di un ulteriore criterio valutativo diretto
a favorire il concessionario uscente rispetto agli altri  concorrenti
dotati della medesima esperienza professionale, si porrebbe, infatti,
in immediato conflitto con il disposto del comma 4 dell'art.  16  del
d.lgs. n. 59 del  2010  nella  parte  in  cui,  in  attuazione  della
direttiva servizi e proprio al fine di  evitare  discriminazioni  nel
libero accesso al  mercato  di  riferimento,  impone  il  divieto  di
accordare  «vantaggi  al   prestatore   uscente»   al   momento   del
conferimento del titolo.
    Cosi' interpretata la disposizione in oggetto, ne consegue la non
fondatezza della censura riferita alla stessa.
    10.- Il Presidente del Consiglio dei ministri ha censurato  anche
l'art. 9, comma 3, della legge reg. Friuli-Venezia Giulia  n  10  del
2017,   il   quale,   per    le    concessioni    aventi    finalita'
turistico-ricreative relative a beni che insistono  nella  laguna  di
Marano-Grado, fissa in quaranta anni il termine di durata massima del
titolo.
    10.1.- La disposizione censurata, ad avviso  del  ricorrente,  si
pone in contrasto con la disciplina statale che, all'art.  03,  comma
4-bis, del citato d.l. n. 400 del 1993, fissa in una  forbice  tra  i
sei e i venti anni la durata per le concessioni  aventi  la  medesima
finalita'; sarebbe  altresi'  in  conflitto  con  le  indicazioni  di
principio emergenti dalla direttiva servizi e dal decreto legislativo
che ha dato attuazione alla stessa.  Autorizzando  una  utilizzazione
prolungata  di  una  risorsa  scarsa,   la   norma   limiterebbe   la
concorrenza, rendendola recessiva rispetto alle esigenze di integrale
ammortamento  degli  investimenti  e  alla  piena  remunerazione  del
capitale  investito  dal   concessionario,   sottese   all'intervento
normativo regionale impugnato.
    10.2.- La questione e' fondata.
    Le indicazioni di disciplina derivanti  dalla  direttiva  servizi
(comma secondo dell'art. 12) e dalla norma di attuazione della stessa
(ultimo comma dell'art. 16 del d.lgs. n. 59 del 2010)  impongono  una
durata limitata del titolo concessorio, in ragione dell'incidenza che
il prolungarsi dell'affidamento assume sulle prospettive legate  alle
potenzialita'  di  ingresso  nel  mercato  di  riferimento  di  altri
potenziali operatori economici.
    Di qui l'affermazione di questa Corte in  forza  della  quale  la
disciplina inerente alla durata delle concessioni demaniali marittime
e'  di  esclusiva  competenza  legislativa  dello  Stato,  in  quanto
immediatamente   attinente   alla   materia   della   «tutela   della
concorrenza» ex art. 117,  secondo  comma,  lettera  e)  (da  ultimo,
sentenza n. 40 del 2017).
    Tale competenza, del resto, e' stata esercitata dallo  Stato  con
la previsione, contenuta nel comma 4-bis dell'art. 03 del d.l. n. 400
del 1993, cosi' come introdotto dall'art. 1, comma 253,  della  legge
27 dicembre 2006, n. 296, recante «Disposizioni per la formazione del
bilancio annuale e pluriennale dello Stato (legge finanziaria 2007)».
Disposizione, questa, con la quale e' stato fissato, in modo uniforme
per  l'intero  territorio  nazionale,  un  termine  di  durata  delle
concessioni  aventi  finalita'  turistico-ricreative,  quali   quelle
considerate dalla norma impugnata, nel massimo pari  ad  anni  venti,
palesemente diverso da quello, sempre  nel  massimo,  previsto  dalla
legge regionale in esame.
    Ne consegue l'illegittimita' costituzionale dell'art. 9, comma 3,
della legge regionale impugnata per  la  riscontrata  violazione  del
limite della tutela della concorrenza.
    11.- Infine, il Presidente del Consiglio dei  ministri  ha  anche
impugnato l'art. 49 della legge reg. Friuli-Venezia Giulia n. 10  del
2017, esteso, in rubrica, in via generale, alle concessioni demaniali
marittime e idriche di pertinenza della Regione resistente.
    11.1.- Il comma 1,  lettere  a)  e  b),  dell'articolo  censurato
prevede  che  il  concessionario  subentrante   debba   corrispondere
all'uscente un indennizzo che tenga conto sia della quota parte degli
investimenti   non   ammortizzati,   sia   del   valore   commisurato
all'avviamento  maturato  in  forza  dell'attivita'   imprenditoriale
svolta utilizzando il bene concesso in uso. Indennizzo,  questo,  che
andra' «determinato dall'amministrazione concedente sulla base di una
perizia asseverata, redatta da un professionista abilitato,  nominato
dal concessionario uscente a sue spese  e  sottoposta  al  parere  di
congruita' del Comitato tecnico di valutazione  di  cui  all'articolo
48» (comma 2); il cui valore, inoltre, dovra' essere  «reso  pubblico
in  occasione  della  indizione  della   procedura   comparativa   di
selezione»  (comma  3);  e,  infine,  che  costituira'  l'oggetto  di
apposita fideiussione rilasciata da ogni partecipante alla  procedura
comparativa di selezione, a pena di esclusione  dalla  stessa  (comma
4).
    11.2.-  Ad  avviso  del  ricorrente,  la   disposizione   avrebbe
l'effetto di attribuire all'uscente un indebito vantaggio,  cosi'  da
determinare una restrizione della concorrenza,  in  aperto  contrasto
con le gia'  richiamate  indicazioni  di  principio  derivanti  dalla
direttiva servizi e dalle norme di attuazione della stessa.
    11.3.- La questione e' fondata.
    11.3.1.- La disposizione impugnata  riproduce,  nei  suoi  tratti
essenziali, il contenuto di  altra  norma,  approvata  dalla  Regione
Toscana,  recentemente  scrutinata  da  questa   Corte   e   ritenuta
costituzionalmente illegittima (sentenza n. 157  del  2017),  per  la
riscontrata violazione del parametro di  cui  all'art.  117,  secondo
comma,  lettera  e),  Cost.,  con  valutazioni  che  possono   essere
certamente estese alla odierna verifica.
    La  difesa  della  Regione,  nella  consapevolezza   dell'omologo
contenuto delle due disposizioni, con  la  memoria  depositata  prima
dell'udienza, ha eccepito  l'inapplicabilita'  del  citato  parametro
costituzionale in virtu' di quanto previsto dall'art. 10 della  legge
cost. n. 3 del 2001. Eccezione, questa,  come  gia'  anticipato,  che
deve ritenersi  infondata  in  ragione  del  limite  statutario  alla
competenza legislativa primaria puntualmente evocato nel ricorso  del
Governo insieme alla competenza esclusiva dello Stato in  materia  di
«tutela della concorrenza».
    11.3.2.- Piuttosto, va rimarcato che il pagamento dell'indennizzo
previsto  dalla  norma  censurata  si  lega  sia   alle   aspettative
patrimoniali del concessionario uscente all'esito  della  definizione
del rapporto concessorio, sia agli obblighi che  dovra'  assumere  il
nuovo concessionario in  conseguenza  dell'avvenuto  subentro.  Temi,
questi, che non trovano regolamentazione nella disciplina legislativa
statale di riferimento, contenuta nel codice  della  navigazione,  in
caso di ordinaria definizione del rapporto.
    In particolare, in ordine al mancato rinnovo della concessione in
essere, il codice della navigazione non assegna  alcun  rilievo  alle
componenti  economico-aziendali   dell'impresa   del   concessionario
uscente e, in ogni caso, non prevede oneri destinati  a  gravare  sul
nuovo concessionario.
    11.3.3.- Non diversamente dalla citata disposizione della Regione
Toscana gia'  dichiarata  illegittima,  anche  quella  oggetto  della
odierna impugnazione  introduce,  pertanto,  evidenti  novita'  nella
regolamentazione  delle  situazioni  patrimoniali  conseguenti   alla
cessazione, per scadenza  del  termine,  delle  relative  concessioni
demaniali, differenziando la disciplina della Regione  resistente  da
quella prevista per il resto del territorio nazionale. 
    Ne viene che, quali che siano le «[...]  giustificazioni  addotte
dalla Regione a sostegno della  scelta  normativa  in  esame,  e'  di
chiara evidenza che un siffatto obbligo [...] influisce sensibilmente
sulle prospettive di acquisizione della  concessione,  rappresentando
una  delle  componenti  del  costo  dell'affidamento.  La  previsione
dell'indennizzo [...] incide infatti sulle possibilita' di accesso al
mercato  di  riferimento  e  sulla  uniforme  regolamentazione  dello
stesso, potendo costituire, per le imprese diverse dal concessionario
uscente, un disincentivo alla partecipazione al  concorso  che  porta
all'affidamento» (sentenza n. 157 del 2017)
    Di qui la ritenuta violazione del parametro di cui all'art.  117,
secondo comma, lettera e), Cost.
     

                          per questi motivi
                       LA CORTE COSTITUZIONALE

    1) dichiara l'illegittimita' costituzionale degli artt. 9,  comma
3, e 49 della legge della Regione autonoma Friuli-Venezia  Giulia  21
aprile 2017, n. 10 (Disposizioni  in  materia  di  demanio  marittimo
regionale e demanio marittimo stradale, nonche' modifiche alle  leggi
regionali 17/2009, 28/2002 e 22/2006);
    2)  dichiara   inammissibili   le   questioni   di   legittimita'
costituzionale dell'art. 7, comma 4, della legge reg.  Friuli-Venezia
Giulia n. 10 del 2017, promosse  dal  Presidente  del  Consiglio  dei
ministri, in riferimento all'art. 117, primo e secondo comma, lettera
e), della Costituzione, con il ricorso indicato in epigrafe;
    3)  dichiara   inammissibile   la   questione   di   legittimita'
costituzionale dell'art. 8 della legge reg. Friuli-Venezia Giulia  n.
10 del 2017, promossa dal Presidente del Consiglio dei  ministri,  in
riferimento all'art. 117, primo comma, Cost., con il ricorso indicato
in epigrafe;
    4)  dichiara   inammissibili   le   questioni   di   legittimita'
costituzionale degli  artt.  9,  comma  2,  e  41  della  legge  reg.
Friuli-Venezia Giulia n. 10 del 2017,  promosse  dal  Presidente  del
Consiglio dei ministri, in riferimento all'art. 117, primo e  secondo
comma, lettera e), Cost., con il ricorso indicato in epigrafe;
    5)  dichiara   inammissibili   le   questioni   di   legittimita'
costituzionale dell'art. 48, comma 6, della legge reg. Friuli-Venezia
Giulia n. 10 del 2017, promosse  dal  Presidente  del  Consiglio  dei
ministri, in riferimento all'art. 117, primo  comma,  secondo  comma,
lettera e),  e  terzo  comma,  Cost.,  con  il  ricorso  indicato  in
epigrafe;
    6) dichiara non fondata, nei sensi  di  cui  in  motivazione,  la
questione di legittimita' costituzionale dell'art. 8 della legge reg.
Friuli-Venezia Giulia n. 10 del 2017,  promossa  dal  Presidente  del
Consiglio dei ministri, in riferimento all'art. 117,  secondo  comma,
lettera e), Cost., con il ricorso indicato in epigrafe.
    Cosi' deciso in Roma,  nella  sede  della  Corte  Costituzionale,
Palazzo della Consulta, l'11 aprile 2018.

                                F.to:
                    Giorgio LATTANZI, Presidente
                 Augusto Antonio BARBERA, Redattore
                     Roberto MILANA, Cancelliere

    Depositata in Cancelleria il 30 maggio 2018.

                   Il Direttore della Cancelleria
                        F.to: Roberto MILANA

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