N. 3 RICORSO PER CONFLITTO DI ATTRIBUZIONE 23 aprile 2020
Ricorso per conflitto di attribuzione tra enti depositato in
cancelleria il 23 aprile 2020 (del CODACONS - Coordinamento delle
associazioni e dei comitati di tutela dell'ambiente e dei diritti
degli utenti e dei consumatori).
Salute (tutela della) - Emergenza epidemiologica da COVID-19 - Misure
di contenimento del contagio per lo svolgimento in sicurezza delle
attivita' produttive industriali e commerciali - Riapertura delle
attivita' produttive e commerciali nella c.d. "fase 2" -
Accertamento della spettanza delle attribuzioni per la gestione
della c.d. "fase 2" - Azione, in via suppletiva, del
Codacons-Coordinamento delle associazioni e dei comitati di tutela
dell'ambiente e dei diritti degli utenti e dei consumatori -
Istanza di sospensione.
- Comportamenti formali posti in essere dalla Regione Lombardia e
dalla Regione Veneto [...] con riferimento alla riapertura delle
attivita' produttive e commerciali nell'ambito della c.d. fase 2.
(GU n.19 del 6-5-2020 )
Ricorso in azione suppletiva per conflitto di attribuzione tra
Stato e Regioni ex art. 39 L. n. 87/1953.
Per: CODACONS - Coordinamento delle associazioni e dei comitati
di tutela dell'ambiente e dei diritti degli utenti e dei consumatori,
(C.F. 97102780588), in persona del legale rappresentante p.t., Avv.
Giuseppe Ursini (C.F. RSNGPP49A29H7981), rappresentato e difeso,
giusta delega in calce al presente atto, dagli Avv.ti Prof. Carlo
Rienzi (C.F. RNZCRL46R08H703I), Gino Giuliano (C.F. GLNGNI65A02D636M)
e Guglielmo Saporito (C.F. SPRGLL53B09F839L), con domicilio eletto
presso l'Ufficio Legale Nazionale del CODACONS, in Viale G. Mazzini
n. 73, Roma (PEC carlorienzi@ordineavvocatiroma.org, fax:
06/3701709);
contro Regione Lombardia, in persona del Presidente p.t.; Regione
Veneto, in persona del Presidente p.t.;
e nei confronti di Presidenza del consiglio dei ministri, in
persona del Presidente p.t.
per l'accertamento in azione suppletiva dell'illegittimita'
costituzionale - dei comportamenti formali posti in essere dalla
Regione Lombardia e dalla Regione Veneto in violazione delle
attribuzioni costituzionalmente riservate allo Stato, ex art. 117,
comma 2, lett. q, lett. h), lett. d), 117 Cost., comma 3, 120 Cost.,
con riferimento alla riapertura della attivita' produttive e
commerciali nell'ambito della c.d. fase 2;
Fatto
E' ben nota la tragica situazione che sta vivendo il nostro
paese, a causa del COVID19, pertanto, in questa sede ci limiteremo ad
evidenziare gli aspetti piu' importanti ai fini del presente ricorso.
Dalla "Dichiarazione dello stato di emergenza in conseguenza del
rischio sanitario connesso all'insorgenza di patologie derivanti da
agenti virali trasmissibili" deliberata dal Consiglio dei Ministri il
31 gennaio u.s., il Governo attraverso una serie di DPCM (legittimati
in forza del DL 6/2020) gradualmente ha decretato il c.d. lockdown
del Paese.
Dal divieto di uscire da casa per la popolazione, se non per
comprovate ragioni lavorative o di salute, alla chiusura delle scuole
di ogni ordine e grado, si e' arrivati fino all'arresto dell'intero
sistema produttivo, salvo quelle filiere ritenute essenziali (come ad
es. quella alimentare).
Da ultimo, il DPCM del 10 aprile 2020, ha prorogato tutte le
misure messe in atto dal Governo fino al 3 maggio, data nella quale,
secondo gli esperti e gli annunci del Governo, dovrebbe iniziare la
c.d. fase 2.
Fase in cui gradualmente verra' riattivato il sistema produttivo
dell'Italia e verra' ripristinato il diritto di circolazione.
Sara' un momento delicatissimo: alla data del 3 maggio il virus
non sara' stato sicuramente debellato e, quindi, si aprira' una fase
di convivenza con il COVID19 con tutti i rischi che ne conseguono.
Sin dall'inizio dell'emergenza forti e aspri sono stati i
confronti, o meglio i conflitti, tra il Governo e le Regioni, sulle
modalita' di gestione dell'emergenza.
In particolare, Veneto e Lombardia, che sono anche le zone piu'
colpite dal contagio, hanno espresso numerose volte dichiarazioni di
segno opposto a quelle dello Stato.
Tali conflitti sono diventati piu' aspri quando si e' iniziato a
discutere della c.d. fase 2.
Da Nord a Sud regna la confusione. Le Regioni procedono in ordine
sparso, senza alcun coordinamento, e ogni ora c'e' un governatore che
alza il dito e fa una fuga in avanti o indietro, a seconda delle
necessita'. Ecco, sulla riapertura, sull'allentamento della serrata,
il disordine istituzionale sembra essere la costante e non si
intravede nemmeno la possibilita' di ricomporre il quadro delle
competenze. C'e' chi desidera aprire tutto e subito, chi preferisce
affidarsi agli scienziati, chi invoca la data del 4 maggio, e chi,
invece, leggi alla voce Vincenzo De Luca, e' pronto a chiudere i
confini del suo territorio. Siamo ad un passo dal caos.
Tutto sembra affidato a defatiganti quanto inconcludenti cabine
di regia dove il Governo cerca di mediare al fine di assicurare
unita' di condotta sull'intero territorio nazionale, anche in nome
della irrinunciabile funzione che ad esso assegna la Costituzione,
all'art. 120, erigendolo a garante dell'unita' di azione e indirizzo
dello Stato nelle particolari e rilevanti materie ivi indicate, tra
cui la salute, l'economia ed i diritti civili e sociali dei
cittadini. Inoltre, lo stesso art. 117 Cost., assegna alla potesta'
esclusiva dello Stato la materia della profilassi internazionale,
dell'ordine pubblico e della sicurezza dello Stato, materie tutte che
vengono in rilevo nella vicenda in esame.
A nessuno sfugge poi la stringente ed imperativa esigenza di una
gestione unitaria in capo al Governo della fase delle riaperture,
essendo questo l'unico soggetto istituzionale tra quelli in campo che
puo' fare una valutazione valida per l'intero territorio nazionale,
da cui non si puo' recedere. Infatti, ove si consideri che nel caso
venisse tollerato il fai da te delle singole Regioni, la scelta di
riapertura delle attivita' produttive e commerciali di una sola di
esse costringerebbe le altre a subire gli effetti di una tale scelta
senza che vi sia stato alcun loro consenso, su cui pure ricadono gli
effetti di una tale scelta, tenuto conto del rischio contagio
connesso alla drammatica pandemia in atto.
Del resto, la stessa idea trapelata sugli organi di stampa di
gestire la "fase 2" dividendo il Paese in macro aree (Nord, Centro e
Sud), a seconda dell'entita' del contagio, presuppone necessariamente
una gestione unitaria in capo al Governo. Ma basta scorrere le
agenzie e accorgersi che ogni Regione marcia per conto suo, incurante
del ruolo e dei poteri che la Costituzione assegna al Governo. Il
Governatore della Lombardia, ad esempio, negli ultimi giorni ha
ondeggiato fra misure stringenti, l'obbligatorieta' della mascherina
per i cittadini lombardi, e fughe in avanti: "Riapriamo tutto e
subito". Se pensiamo che solo domenica scorsa si diceva contrario
alla riapertura delle libreria e soltanto 72 ore dopo si presentava
in conferenza stampa al grido "di riapriamo tutto dal 4 maggio".
Insomma, un cambio di rotta per la Regione locomotiva del Nord che
creare ulteriore confusione e desta allarme in molti cittadini del
nostro Paese.
Per non parlare del Veneto il cui Presidente, Luca Zaia,
annuncia: "Se dipendesse da me riaprirei tutto il 4, con gradualita'
e senso di responsabilita'". Con tanto di Piano autonomo di
riapertura di ben 17 pagine. Ancor piu' aperturista il governatore
delle Marche, Luca Ceriscioli, che e' convinto che non occorre
aspettare maggio ma "lo dico al governo: consentiamo a chi e' in
grado di garantire la sicurezza dei lavoratori di ripartire ancora
prima", a un certo punto le parole di Vincenzo De Luca diventano un
caso. Insomma, Ceriscioli alzerebbe le saracinesche domattina. A sua
volta De Luca nei panni di sceriffo della Campania afferma: "Se
dovessimo avere corse in avanti in regioni dove c'e' il contagio
cosi' forte, la Campania chiudera' i confini. Faremo un'ordinanza per
vietare l'ingresso dei cittadini provenienti da quelle regioni".
Da ultimo lo scontro Nord/Sud sul Coronavirus, Zaia: "E' Sud
contro Nord, il 4 maggio la linea ultima oltre la quale sole
riaperture" (La Repubblica, del 19 aprile).
Al caos si somma caos. Da Palazzo d'Orleans, sede della
presidenza della Regione siciliana, l'imperativo categorico e':
"Prudenza massima fino al 3 maggio". Anche la Calabria non si
sbilancia sulla fase due. Da cui filtra che sarebbero al vaglio
misure che terranno conto dell'entita' del contagio delle prossime
settimane. Un'altra regione del Mezzogiorno apre all'ipotesi della
ripartenza dopo il 4 maggio. Si tratta della Basilicata. "Siamo in
grado di ripartire. Seppur con tutte le misure di sicurezza del
caso".
Siamo al disordine istituzionale. Ognuno tira acqua al suo
mulino. La riapertura si e' gia' trasformato in una vera battaglia
politica. Regioni contro Stato, Regioni contro Regioni, Comuni contro
Regioni. Insomma, tutti contro tutti, il caos.
A fronte di tale grave caos, che in termini giuridici, si sta
traducendo nella ormai quotidiana violazione di fondamentali principi
costituzionali, con le Regioni che da un lato pongono in essere atti
comportamenti gravemente lesivi delle attribuzioni dello Stato e
dall'altro il Governo quale rappresentante dello Stato che assiste
inerte a questa continua invasione delle sue competenze, che rischia
di infrangere l'unita' dello Stato, ci inducono ad agire col presente
ricorso a tutela delle attribuzioni che la Costituzione assegna allo
Stato con riferimento alla riapertura della attivita' produttive e
commerciali nell'ambito della c.d. fase 2. Cio' al fine di evitare
che vengano arrecate lesioni gravissime a tali interessi, con
conseguenti gravissimi danni per l'intero Paese.
Diritto
1. Sul potere della Corte ex art. 134 Cost. e art. 39 L. 11 marzo
1953 n. 87 e sulla configurabilita' di un'azione suppletiva.
E' pacifica la struttura del ricorso per conflitto di
attribuzioni tra Stato e Regioni nonche' tra Regioni.
Nell'inerzia dei soggetti titolari, l'odierno ricorrente ritiene
di poter agire in via suppletiva, rimediando a ritardi dell'Autorita'
centrale, in una logica applicazione del proprio ruolo di soggetto
interlocutore con dignita' pubblica.
La funzione suppletiva e' adiacente alla titolarita' che fa capo
a Stato e Regioni e consente un qualsiasi momento al soggetto
originariamente titolare di recuperare l'inerzia assumendo in proprio
la titolarita' del conflitto.
Con questa premessa si formulano le osservazioni che seguono.
2. Sull'ammissibilita', sotto il profilo soggettivo, del presente
ricorso. Sulla legittimazione del CODACONS a sollevare in via
incidentale e suppletiva il conflitto di attribuzione tra Stato e
Regione.
Codesta Corte ha gia' avuto modo di affermare che anche soggetti
ed organi diversi dallo Stato-apparato possono essere parti di un
conflitto tra poteri, ai sensi dell'art. 134 della Costituzione e del
citato art. 37 della 1. n. 87 del 1953, qualora risultino titolari di
una «pubblica funzione costituzionalmente rilevante e garantita»
(ordinanza n. 17 del 1978; ordinanza n. 256 del 2016).
Il Codacons e' in possesso dei suddetti requisiti, essendo
titolare di pubbliche funzioni di rilevanza costituzionale e
garantite dalla Costituzione.
Sulla rilevanza costituzionale delle funzioni svolte dal
Codacons:
Si premetta che il CODACONS, per legge e' chiamato a tutelare
gli interessi ed i diritti di consumatori e utenti, tra cui il loro
"diritto alla salute", ai sensi dell'art. 2 Cod. Cons. e art. 32
Cost. nonche' si pone quale garante del buon andamento della p.a.
(cfr. Statuto dell'ente).
Il CODACONS, infatti, e' un'Associazione senza fini di lucro, che
si propone di "tutelare con ogni mezzo legittimo, ivi compreso il
ricorso allo strumento giudiziario, i diritti e gli interessi dei
consumatori ed utenti [...] tale tutela si realizza nei confronti dei
soggetti pubblici e privati, produttori e/o erogatori di beni e
servizi, anche al fine di contribuire ad eliminare le distorsioni del
mercato determinate dalla commissione di abusi e di altre fattispecie
di reati contro la P.A.".
Il CODACONS persegue inoltre la tutela del "diritto alla
trasparenza, alla corretta gestione delle pubbliche amministrazioni"
(Cfr. art 2 Statuto) nonche' si pone quale associazione che persegue
anche il fine di garantire con i mezzi a disposizione "l'incolumita'
pubblica" (Cfr. art. 2.3 Statuto).
Al CODACONS, cosi' come alle altre Associazioni di consumatori,
inoltre, "e' stato effettivamente conferito un compito di un certo
rilievo pubblicistico", come riconosciuto dalla nota sentenza
dell'Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato, n. 1 del 2007.
Emblematica poi delle finalita' e del ruolo delle Associazioni
dei consumatori e utenti e' la sentenza della Corte di Cassazione, n.
17351, del 18 agosto 2011, laddove statuisce che compito degli Enti
esponenziali degli interessi collettivi e' quello di "far valere
l'interesse generale e comune ad un'intera categoria di utenti o di
consumatori ... allo scopo non di sostituirsi alle iniziative dei
singoli, ma di spianare ad esse la strada, tramite il superamento
degli ostacoli di ogni genere di cui tale strada potrebbe essere
disseminata, ove ad agire fosse il singolo: non ultimo quello insito
nelle remore del cittadino isolato ad affrontare costose controversie
per somme relativamente modeste, nei confronti di avversari
agguerriti".
Da ultimo l'Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato, n. 6 del
2020, ha riconosciuto la legittimazione ad agire del Codacons, quale
Associazione dei consumatori iscritta nell'elenco ex art. 137 del
Cod. Consumo, anche in assenza di una specifica norma, cosi'
esprimendosi in particolare: "Gli enti associativi esponenziali,
iscritti nello speciale elenco delle associazioni rappresentative di
utenti o consumatori oppure in possesso dei requisiti individuati
dalla giurisprudenza, sono legittimati ad esperire azioni a tutela
degli interessi legittimi collettivi di determinate comunita' o
categorie, e in particolare l'azione generale di annullamento in sede
di giurisdizione amministrativa di legittimita', indipendentemente da
un'espressa previsione di legge in tal senso".
Tanto esposto, non si puo' dubitare quindi della rilevanza, sul
piano costituzionale, delle funzioni assolte da questa Associazione
che svolge un'attivita' dal rilievo pubblicistico, finalizzata a
tutelare con ogni mezzo i cittadini/consumatori o utenti. Atta a
garantire anche il loro il supremo diritto alla salute sancito
dall'art. 32 Cost.
Bisogna sotto quest'ultimo aspetto sottolineare come il bene
della salute sia tutelato dalla Costituzione "non solo come interesse
della collettivita' ma anche e soprattutto come diritto inviolabile
dell'individuo (Corte Cost. sent. n. 356 del 1991)", di cui si impone
"piena ed esaustiva tutela" (sent. n. 307 e 445 del 1990), in quanto
"diritto primario e assoluto (sent. n. 202 del 1991, n. 559 del 1987,
n. 184 del 1986, n. 88 del 1979)".
Pertanto, alla luce di quanto esposto, ben puo' dirsi assolto il
primo requisito richiesto dalla Corte per sollevare in via suppletiva
un conflitto di poteri tra Stato e Regioni ovvero la rilevanza
costituzionale delle funzioni assolte dal soggetto promotore del
presente ricorso.
3. Sulla natura garantita, sul piano costituzionale, delle funzioni
assolte dal Codacons.
La funzione del Codacons, sul piano costituzionale, e' stata
recepita da ultimo con la Delibera della Corte Costituzionale, dell'8
gennaio 2020, avente ad oggetto modificazioni alle «Norme integrative
per i giudizi davanti alla Corte costituzionale».
Si premette che la L. n. 87 del 1953 rubricata "Norme sulla
costituzione e sul funzionamento della Corte costituzionale." e',
secondo autorevole opinione della dottrina (CICCONETTI, elementi di
diritto costituzionale, la giustizia costituzionale, Torino, 2003),
una legge costituzionale, attuativa dell'art. 135 Cost., e
conseguentemente i regolamenti previsti dagli artt. 14 e 22 hanno la
stessa valenza delle norme costituzionali.
Cio' posto, il nuovo art. 4 ter delle norme integrative per i
giudizi davanti alla Corte Costituzionale, riconosce la possibilita'
agli enti esponenziali, come il Codacons, di partecipare ai giudizi
di legittimita' costituzionale sulle leggi, attraverso il deposito di
apposite memorie. Costituzionalizzando, per cosi' dire, la posizione
degli Enti esponenziali.
Si deve inoltre ritenere che gli Enti esponenziali in virtu'
degli interessi che rappresentano e delle funzioni di cui le stesse
sono titolari (come ben delineate in punto di rilevanza), possano
sostituirsi allo Stato, quando questo rimanga del tutto inerte di
fronte alle ripetute e gravi violazioni della sua sfera di
attribuzioni, astenendosi dall'attivare gli strumenti che la
Costituzione li mette a disposizione per reagire a tali violazioni.
Al riguardo, si rileva che sono molteplici le norme che regolano
i casi in cui si puo' esercitare un potere sostitutivo:
1) Innanzitutto viene in rilievo, l'art. 120 co. 2, Cost.,
che prevede la possibilita' per lo Stato di sostituirsi alle Regioni,
alle Citta' Metropolitane, alle Province e ai Comuni per una serie di
ipotesi ivi disciplinate.
2) L'art. 9 del TUEL, che prevede la possibilita' per gli
Enti esponenziali di far valere in giudizio le azioni e i ricorsi che
spettano al Comune e alla Provincia.
3) Infine, la possibilita' disciplinata dall'art. 310 Cod.
Ambiente che attribuisce agli enti esponenziali un potere sostitutivo
in materia di danno ambientale, quando, ad. es. l'ente locale rimane
inerte.
Quindi il potere sostitutivo, e' un rimedio ben conosciuto dal
nostro Ordinamento e soprattutto vede come destinatari privilegiati
proprio gli enti esponenziali, come il Codacons, le cui funzioni ed
il cui ruolo e' garantito dall'art. 2 Cost., potere la cui ratio
risposa nell'esigenza di far si che certe funzioni sono cosi'
rilevanti ed importanti che in caso di inerzia del suo titolare, ci
debba essere qualcuno che possa agire al suo posto.
Pertanto, tale potere sostitutivo deve essere riconosciuto anche
nel caso in cui organi dello Stato assistano inerti alla violazione
delle proprie attribuzioni costituzionali, quando in gioco vi sono
interessi fondamentali dello Stato-Apparato, preservando cosi' gli
equilibri costituzionali, presidio irrinunciabile della sovranita'
popolare.
Come, appunto, sta avvenendo nel caso di specie, in cui numerose
Regioni, in particolare Lombardia e Veneto, si stanno
auto-attribuendo nella drammatica situazione pandemica in atto,
funzioni in materia di riapertura delle attivita' produttive e
commerciali, appartenenti all'esclusiva potesta' statale,
nell'inerzia assoluta del Governo, con gravissime conseguenze in
punto di contenimento dell'emergenza COVID. Non passa giorno ormai in
cui non vi sia una Regione che offra un suo piano di riapertura.
Ci sia consentito di dire: la misura e' colma, le Regioni vanno
in ordine sparso, rispondendo a frazionati interessi politici,
minando cosi' il Paese nelle sue fondamenta, nel momento in cui
servirebbe maggior unita' e collaborazione istituzionale.
Su tutti gli episodi successi, basti ricordarne uno, ESEMPLARE.
Era 1'8 marzo quando la bozza del DPCM (adottato il 10 Marzo) -
trasmessa alle Regioni per il principio di leale collaborazione prima
della sua pubblicazione in G.U. - che di fatto decretava il lockdown
del paese venne divulgato prima della sua pubblicazione in G.U. dalla
Regione Lombardia (come ha ammesso la CNN
https://www.giornalettismo.com/bozza-dpcm-cnn-lombardia/), con
l'effetto di far fuggire verso il Sud migliaia di cittadini
meridionali, diversi infetti dal COVID, che si trovavano in
Lombardia, allargando cosi' l'ulteriore diffondersi dell' infezione.
E lo Stato che sta facendo di fronte a questo disfattismo
istituzionale?
Sta assistendo inerte ed in silenzio al caos creato dalle varie
fazioni politiche rappresentative dei diversi enti locali che ogni
giorno da tre mesi a questa parte esprimono un'opinione diversa e
contrastante con quella del Governo.
Le conseguenze? di fatto lo Stato sta decretando lo svuotamento
delle proprie prerogative costituzionali, con il rischio enorme che
cosi' si "sfascino" i delicati equilibri disegnati dai nostri
Costituenti.
Fatto che, questa Ecc.ma Corte, garante suprema della
Costituzione, non puo' assolutamente permettere.
Per tutte queste ragioni, sopra elencate, in forza dell'art. 2
Cost., questa Corte deve riconoscere che, in situazioni delicate,
come quella che stiamo vivendo, in cui in gioco vi sono diritti
fondarnentali della persona e della collettivita', la stessa
collettivita' e per essa le associazioni che la rappresentino possano
e debbono ovviare all'inerzia dello Stato nel far valere le sue
prerogative costituzionali, al fine di evitare quella che noi osiamo
definire, utilizzando un'iperbole, una "necrosi" della Carta
Costituzionale.
4. Sull'ammissibilita', sotto il profilo oggettivo, della questione
relativa al conflitto di attribuzione.
Preliminarmente, bisogna osservare come dinanzi a codesta Ecc.ma
Corte, in sede di conflitto di attribuzioni tra Stato e Regioni,
possano essere sindacati anche i comportamenti di organi
istituzionali.
Sul punto sia consentito richiamare un precedente (Corte
Costituzionale, 15/01/2013, n.1) in cui, proprio in materia di
conflitto di attribuzione, codesta Corte ritenne ammissibile
esprimersi nel merito anche a fronte di comportamenti formali posti
in essere dall'organo istituzionale, coinvolto nel giudizio.
Tanto premesso, in punto di fatto abbiamo evidenziato come la
Regione Veneto abbia gia' adottato un programma per la c.d. fase 2
della crisi, senza che lo Stato abbia dettato i principi base e le
norme precettive di sua diretta competenza.
Tale programma contiene puntuali prescrizioni, che hanno come
destinatari cittadini e aziende, sul "come" si dovra' affrontare la
fase 2.
Pertanto esso costituisce l'espressione di un comportamento
formale.
Con riguardo alla Regione Lombardia, essa sin dall'inizio della
crisi ha preso con dichiarazioni, comunicati stampa e interviste
televisive, proprie e personali posizioni sulla gestione della crisi.
Queste prese di posizioni sono state cosi' insistenti, da costringere
un autorevole esponente della maggioranza a "minacciare" il
commissariamento della Regione.
Evidentemente, anche quelli adottati dalla Regione Lombardia sono
comportamenti formali.
Cio' posto, possiamo passare ad illustrare le norme attributive
di poteri statali, violate dalla Regione Veneto e dalla Regione
Lombardia:
Art. 117 co 2 lett. q).
Com'e' noto tale norma riserva la materia della profilassi
internazionale allo Stato. Per quest'ultima, comunemente e
pacificamente, si intende l'insieme di norme e di metodi intesi a
evitare o prevenire il diffondersi di malattie. In particolare, le
norme e i provvedimenti che si devono adottare, collettivamente o da
parte di singoli, per la difesa contro una determinata malattia, e la
loro applicazione pratica (ex multis Corte Costituzionale,
18/07/2019, (ud. 05/06/2019, dep. 18/07/2019), n.186).
Pertanto, appare fuori di dubbio che l'emergenza COVID ricada
sotto l'alveo della lettera q) dell'art. 117 co 2 Cost.
Ed invero, evidentemente, ogni misura finalizzata alla
prevenzione del diffondersi del contagio e' di pertinenza esclusiva
dello Stato, pertanto, comportamenti e programmi delle Regioni che
esprimono un orientamento diverso da quello del governo, o comunque
ne anticipano le decisioni, costituiscono una chiara invasione della
sfera di competenza riservata allo stato in subiecta materia.
Art. 117 co 2 lett h).
L'ordine pubblico e la sicurezza sono di competenza esclusiva
statale.
Codesta Corte ci insegna che tale norma «riserva allo Stato [...]
le funzioni primariamente dirette a tutelare beni fondamentali, quali
l'integrita' fisica o psichica delle persone, la sicurezza dei
possessi ed ogni altro bene che assume primaria importanza per
l'esistenza stessa dell'ordinamento (sent. 285/19)». Orbene appare
evidente che l'emergenza COVID investa chiaramente profili attinenti
all'ordine pubblico e alla sicurezza, minacciando beni fondamentali
quali il diritto alla salute dei cittadini.
Quindi e' di competenza esclusiva dello Stato dettare norme per
affrontare l'emergenza COVID e ogni comportamento delle Regioni,
difforme da esse o anticipatorio rispetto ad esse, invade la
competenza esclusiva dello Stato in subiecta materia.
Art. 117 co 2 lett. d).
Codesta Corte ci insegna che la sicurezza dello Stato investe la
sua personalita' in quanto tale che puo' essere minacciata
dall'esterno o dall'interno.
L'emergenza COVID sta piegando il paese con il rischio che nel
caso l'intervento dello Stato non giunga in tempo o si sostituisca ad
esso il disordine degli interventi Regionali, ci siano sommosse
popolari, accenni di ribellione ecc.
Basti prendere ad es. il tentato assalto ad un supermercato a
Palermo (Coronavirus, a Palermo tentato assalto al supermarket: "Non
abbiamo soldi". Forze dell' ordine presidiano centri commerciali -
https://www.ilfattoquotidiano.it/2020/03/27/coronavirus-a-palermo
-tentato-assalto-al-supermarket-non-abbiamo-soldi-forze-dellordine-pr
esidiano-i-centri-commerciali/5751393/) per avvedersi come se
l'emergenza non viene affrontata adeguatamente e' a rischio la stessa
sicurezza della Repubblica Italiana.
Pertanto, anche per questa ragione ogni misura per fronteggiare
la crisi e' di esclusiva competenza statale.
art. 117 co. 3 - la competenza concorrente in materia di
salute.
Secondo l'insegnamento di codesta Corte in subiecta materia
spetta allo Stato la definizione dei principi fondamentali e la
definizione delle prestazioni essenziali (c.d. LEA). Tale
orientamento e' stato trasfuso agli artt. 1 e 2 del D.lgs. n. 502 del
1992 che, in breve, attribuiscono, da un lato, allo Stato la
predisposizione del Piano Sanitario Nazionale che definisce obiettivi
attesi, i programmi, le aree d'intervento e le prestazioni essenziali
e, dall'altro lato, attribuiscono alle Regioni la gestione diretta
della sanita' attraverso le ASL e le altre strutture ospedaliere
pubbliche o private accreditate.
Cio' posto, e' evidente che per l'emergenza COVID, involgendo il
diritto primario alla salute, i principi fondamentali per la c.d.
fase 2 spettano allo Stato, e solo norme dal carattere integrativo
spettano alle Regioni.
- art. 120, co 2 Cost.
Tale norma, posta a presidio di interessi fondamentali dello
Stato, assegna al Governo il ruolo di granate dell'unita' di azione e
indirizzo dello Stato nelle particolari e rilevanti materie ivi
indicate, tra cui la salute, i diritti civili e sociali dei
cittadini, l'economia.
Ebbene, anche tale norma appare violata dalle reiterate condotte
poste in essere dalla Regione Lombardia e della Regione, che stanno
ogni giorno di piu' minando l'unita' dello Stato nella gestione di
questa gravissima pandemia e sta mettendo in pericolo l'uniforme
erogazione dei livelli essenziali delle prestazioni fondamentali, tra
le quali spiccano ovviamente quelle sanitarie.
Quindi, anche per questa ragione ci troviamo in presenza di
un'invasione ella sfera di attribuzione statale, da parte delle
Regioni de quibus.
Istanza cautelare, ex art. 40, L. Cost., n. 871953
Sul fumus bonis iuris, valgono le considerazioni sopra esposte
Quanto al periculum in mora, esso appare di tutta evidenza, ove
si consideri che i contestati comportamenti formali posti in essere
dalle Regioni Veneto e Lombardia, minacciano gravemente le
attribuzioni costituzionali dello Stato centrale, tese a garantire
l'unita' di indirizzo e di azione allorche' si tratti di affrontare
emergenze che coinvolgono interessi vitali e fondamentali quali
quelli connessi alla tutela della salute dell'intera collettivita'
nazionale, nonche' dei diritti civili e sociali dei cittadini,
nonche' alla tutela dell'Economia nazionale.
Invero, non crediamo serva spendere molte parole sul pericolo che
sta correndo lo Stato Italiano a causa del COVID19.
Tutto cio', peraltro, in un difficilissimo quadro che prevede una
contrazione del PIL del 9%, un calo della produzione industriale pari
all'8%, oltre a tutte le migliaia di persone gia' decedute a causa di
questa grave pandemia e che vede inoltre un duro e serrato confronto
con l'Europa, per la scelta sul piano europeo degli strumenti da
utilizzare per combattere la gravissima crisi economica che la
pandemia ha gia' aperto.
Per cio' l'unita' di azione dello Stato in questo delicatissimo
momento rappresenta il bene supremo che deve essere preservato, in
nome del rispetto delle sfere di attribuzioni disegnate dalla
Costituzione, su cui Codesta Ecc.ma Corte e' chiamata a vegliare.
Il termine sta scadendo, il 4 maggio dovrebbe aprirsi la fase 2.
Il pregiudizio e' imminente, se nel frattempo le Regioni
portassero ad ulteriore esecuzione i comportamenti formali da esse
gia' posti in essere.
Per tutte queste ragioni, appare necessario disporre, in via
d'urgenza, la sospensione dei gravati comportamenti formali posti in
essere dalle Regioni Veneto e Lombardia, ordinando alle stesse di
astenersi dal porre in essere ulteriori comportamenti lesivi delle
attribuzioni statali in subiecta materia.
P.Q.M.
Si chiede alla Ecc.ma Corte Costituzionale adita:
preliminarmente, di atto della posizione suppletiva
dell'odierno ricorrente nel giudizio per conflitto di attribuzione,
saldo il potere di intervento dello Stato.
In Via cautelare:
di voler disporre, in via d'urgenza, la sospensione dei
gravati comportamenti formali posti in essere dalle Regioni Veneto e
Lombardia, ordinando alle stesse di astenersi dal porre in essere
ulteriori comportamenti lesivi delle attribuzioni statali in subiecta
materia, definendo, in via provvisoria, a chi spettano le
attribuzioni, tra Stato e Regioni, per la gestione della c.d. fase 2,
nell'ambito dell'emergenza COVID 19.
Nel merito:
1) Di voler, in sede di definizione del sollevato conflitto
di attribuzioni tra Stato e Regione, accertare e dichiarare a chi
spettano, in base alle norme costituzionali sopra richiamate, le
attribuzioni per la gestione della c.d. fase 2, nell'ambito
dell'emergenza COVID19.
Roma, 21 aprile 2020
Gli Avvocati: Rienzi - Giuliano - Saporito
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