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domenica 17 settembre 2023

Financial Times: “Ormai è fallita la controffensiva”.

 

Giorgio Bianchi Photojournalist
Financial Times: “Ormai è fallita la controffensiva”.

Londra Lo riconosce anche il Financial Times: la controffensiva ucraina non ha ottenuto i risultati sperati di Kiev e dai suoi alleati in Occidente. Il quotidiano economico se ne occupa in un lungo approfondimento in prima pagina, “Le dure lezioni dell’offensiva estiva”: cita lo stesso presidente Zelensky che lo scorso fine settimana, in una conferenza a Kiev, ha dovuto riconoscere la crisi. “Sì, le persone tendono a volere risultati immediatamente. È comprensibile, ma non siamo in un film in cui tutto accade in un’ora e mezza”. Insomma, chiosa il giornale, “l’idea che le forze ucraine, prive di copertura aerea, avrebbero sfondato le linee russe è sempre stata più una trama da film hollywoodiano che una realtà”.

Kiev, e Washington, si devono preparare a una guerra prolungata e di attrito, senza grandi possibilità di sfondamento del fronte russo, mentre “alcuni funzionari delle capitali occidentali rimpiangono che Kiev non abbia sfruttato l’opportunità offerta dai depositi di armi occidentali e dal possibile sostegno politico di alto livello”. Mentre gli ucraini rispondono che “le forze americane stesse non hanno mai condotto operazioni su campi di battaglia come quello dell’Ucraina, senza superiorità aerea, contro un esercito delle dimensioni e della qualità di quello russo e contro alcune delle sue tecnologie militari più avanzate”. Poi c’è il fattore tempo, in mesi e clima: gli americani sostengono ci siano solo da uno a sei mesi prima che le piogge rendano il terreno di battaglia impraticabile, irritando gli ucraini che conoscono il territorio e sostengono che il fronte meridionale, quello da sfondare, è relativamente asciutto anche in inverno. Frizioni sulla strategia adottata, e quella da adottare. Che passa, inutile girarci intorno, dalla disponibilità di risorse. Cioè dal livello e dalla durata del supporto occidentale, imprescindibile anche ora che Kiev, consapevole del rischio di saturazione, fa di tutto per auto-produrre il necessario. Lo scenario realistico ora è una guerra di logoramento, anche per limitare le perdite umane: indebolire le postazioni e le linee di rifornimento russe con attacchi di artiglieria e incursioni di droni, e poi avanzare con assalti di unità agili di fanteria. Strategia di buon senso, date le circostanze, ma che non può portare al crollo dell’armata russa: se è così, quanto può durare?

In un rapporto sulla controffensiva citato dal Financial Times, gli analisti militari Michael Kofman e Rob Lee scrivono che “è imperativo che l’Ucraina tragga lezioni dalla sua controffensiva in modo da poter continuare a respingere le forze russe lungo una linea del fronte di 1.000 km, probabilmente ben oltre il prossimo anno”. Ma sostengono anche che “gli alleati di Kiev devono riconoscere le carenze nella formazione e nell’equipaggiamento delle forze ucraine che hanno contribuito al progresso deludente”. Kiev e Washington dissentono anche: sulla formazione delle truppe ucraine da parte degli specialisti alleati, che gli ucraini accusano di mandarli a morire con consigli scollegati dalla realtà del territorio; sulla pianificazione della linea di comando; sulla distribuzione delle truppe migliori, che Kiev, contro il parere Usa, negli ultimi mesi ha sacrificato sul fronte nord-orientale invece di concentrarle nel tentativo per ora fallito di sfondamento a sud. Tutto mentre il campo russo fra progressi: pur molto gerarchico, meno reattivo e minato da corruzione e pressioni politiche, l’esercito di Mosca si sta adattando e ha il tempo dalla sua parte, visti i numeri del reclutamento e il fatto che un eventuale dissenso politico verrebbe comunque represso prima di portare a un cambio di regime.

Intanto un po’ a sorpresa ieri Vladimir Putin ha affermato: “La Russia non ha mai rifiutato negoziati sull’Ucraina, se la controparte li vuole, che lo dica”. E ancora: “Il tango è una bella danza, ma gli ucraini non devono dimenticare come si balla l’hopak. Altrimenti balleranno sulla musica degli altri. E gli americani non sanno ballare il tango”.

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